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Salute e Benessere

Otto persone su 10 con Hiv sviluppano disturbi di salute...

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Otto persone su 10 con Hiv sviluppano disturbi di salute mentale, al via campagna

I dati di una ricerca presentati al Congresso Simit in corso a Firenze

PROVETTE ANALISI HIV AIDS (Aresu, MILANO - 2004-08-02) p.s. la foto e' utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e' stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate - FOTOGRAMMA

L’Hiv ha un impatto devastante sulla salute psicologica e mentale di 8 pazienti su 10. Lo dice uno studio i cui dati sono stati presentati al Congresso della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit), in corso a Firenze. La disponibilità di terapie antiretrovirali efficaci – si legge in una nota - ha migliorato l’aspettativa di vita delle persone con Hiv, oggi paragonabile a quella della popolazione generale a patto che la terapia venga assunta correttamente. Tuttavia, le persone con Hiv affrontano delle sfide importanti e il peso psicologico e clinico dell’infezione rimane alto. La depressione è una condizione comune e può ridurre l’aderenza alla terapia e quindi innescare un circolo vizioso che porta a condizioni di salute peggiori. I tassi di disturbi del sonno sono 2-3 volte maggiori rispetto alla popolazione generale, colpiscono 6 persone con Hiv su 10 e sono associati a comorbidità e ad una scarsa aderenza alla terapia.

Per indagare la situazione italiana Elma Research ha condotto una ricerca su 500 persone con Hiv. I risultati parlano chiaro: per il 77% del campione la condizione di infezione da Hiv ha un impatto sulla salute psicologica e mentale; fenomeno statisticamente rilevante in chi ha iniziato la terapia da almeno 5 anni. Le condizioni prevalenti risultano essere ansia (45%), disturbi dell’umore (37%) e del sonno (36%). Fra gli interventi più efficaci per migliorare la qualità di vita vengono citati l’attività fisica e mentale (43%) e il coinvolgimento in percorsi clinici specifici (36%). La fonte di informazione principale rimane il medico infettivologo (62%), seguito da Internet (48%). Dai dati elaborati da Elma Research – dettaglia la nota - è stata ideata la campagna di sensibilizzazione “HIV. Ne parliamo?”, promossa da Gilead Sciences con il patrocinio di 16 associazioni di pazienti, della Simit e dell’Italian conference on Aids and antiviral research (Icar).

Attraverso la voce di chi vive con l’Hiv, la campagna pone l’attenzione sugli aspetti di vita che possono essere migliorati, per prenderne consapevolezza e iniziare ad affrontarli. A partire da una semplice domanda da fare al proprio medico: ne parliamo? Dagli aspetti psicologici alle relazioni con gli altri, dal dialogo con il medico alla corretta assunzione della terapia, questa campagna vuole offrire, attraverso le storie di chi vive con Hiv, degli spunti di riflessione sulla propria condizione e informazioni utili per migliorarla. Tutto disponibile su www.hivneparliamo.it

"Quello della salute mentale e del benessere psicologico più in generale è un aspetto molto importante a cui non sempre viene data la giusta attenzione – spiega Alessandro Lazzaro, Dipartimento di Sanità pubblica e malattie infettive, Sapienza Università di Roma, uno degli autori del poster presentato al congresso Simit - Numerose sono le persone con Hiv a rischio depressione o che presentano disturbi come insonnia, ansia, depressione che possono avere un impatto importante sulla qualità di vita”. Le cause possono essere diverse: “lo stigma sociale, purtroppo ancora fortemente presente, è una delle principali. Ma dietro alcuni di questi disturbi può esserci una causa biologica, legata agli effetti del virus o della stessa terapia antiretrovirale. In tale contesto, il dialogo medico-paziente ha un ruolo cruciale per prendere consapevolezza e affrontare queste problematiche, non solo dal punto di vista delle scelte terapeutiche, ma anche per indirizzare chi ne ha bisogno verso un percorso integrato di tipo multidisciplinare", conclude.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Salute e Benessere

Covid, AstraZeneca ritira autorizzazione vaccino in Ue:...

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Cosa ha detto l'azienda anglo-svedese all'Adnkronos Salute. Cavaleri (Ema): "Ci aspettiamo ritiro vaccini non più usati"

AstraZeneca

"Considerata la quantità di vaccini disponibili ed efficaci per le nuove varianti di Covid-19, non c'è più stata domanda per il vaccino Vaxzevria che di conseguenza non è più stato prodotto ne distribuito. Non prevedendo quindi una futura domanda" per il prodotto, "AstraZeneca ha pertanto deciso di ritirare l'autorizzazione all'immissione in commercio per Vaxzevria all'interno dell'Ue". Lo precisa l'azienda anglo-svedese all'Adnkronos Salute.

Ema: "Ci aspettiamo ritiro vaccini non più usati"

"L'autorizzazione del vaccino anti-Covid Vaxzevria" di AstraZeneca "sarà ritirata e il processo è già ufficialmente iniziato con la Commissione europea. Questo è in linea con le aspettative che vaccini non più usati e aggiornati vengano ritirati, come da nostra indicazione". A chiarirlo all'Adnkronos Salute è Marco Cavaleri, che all'Agenzia europea del farmaco Ema è responsabile Rischi sanitari e Strategie vaccinali e presiede la Task force emergenze (Etf). Le indicazioni a cui fa riferimento l'esperto sono quelle che l'Etf ha diffuso in due documenti, uno datato 16 febbraio e l'altro del 30 aprile scorso, in cui si entra nel merito della raccomandazione Ema di aggiornare la composizione dei vaccini anti-Covid per l'uso nella campagna vaccinale 2024-2025, nello specifico adattandoli alla famiglia di sottovarianti Omicron JN.1, l'ultima 'dinastia' dominante.

Gli esperti dell'Etf spiegavano che la composizione dei vaccini Covid è cambiata 3 volte dalla loro prima approvazione nel 2020, seguendo la rapida evoluzione del virus che lo ha portato ad accumulare tantissime mutazioni allontanandosi tanto dalla sua 'versione' iniziale. Nella nota diffusa dall'Ema per informare sui prossimi passi, si spiegava anche che i titolari delle Aic dei vaccini avrebbero dovuto contattare l'Ema per discutere gli aggiornamenti alle autorizzazioni all'immissione in commercio dei loro prodotti, essendo previsto che tutti aggiornino la composizione dei loro vaccini autorizzati, in conformità con la raccomandazione dell'Etf. "Ci aspettiamo che tutti i vaccini monovalenti con ceppo originale tipo Wuhan vengano ritirati", conferma Cavaleri. Che il vaccino a vettore adenovirale AstraZeneca andasse nella direzione del ritiro dell'autorizzazione, come spiegato dalla stessa azienda anche oggi, era 'scritto' nei numeri da tempo. Già i grafici finanziari rilasciati sul secondo trimestre 2023 mostravano una casella vuota: nessuna vendita registrata per il vaccino Covid nel periodo aprile-maggio-giugno.

"Stiamo lavorando con tutti produttori per sfoltire il numero dei vaccini approvati, così da gestire solo quelli che vengono regolarmente aggiornati come da nostre raccomandazioni", continua Cavaleri.

La ratio viene approfondita nel documento del 16 febbraio: "Mentre Sars-CoV-2 circola e si evolve, nuove varianti continuano ad emergere con la capacità per eludere l'immunità indotta da una precedente infezione o vaccinazione. Di conseguenza, i vaccini Covid richiedono aggiornamenti regolari dei ceppi, una situazione molto simile ai vaccini antinfluenzali aggiornati regolarmente", si legge. Oggi, continuavano gli autori nel documento, "il virus ancestrale e le prime varianti genetiche" di Sars-CoV-2 "non circolano più nella popolazione umana in misura significativa".

E, come ricorda anche l'esperto, si evidenziava che "si potrebbe ottenere un reindirizzamento preferenziale della risposta anticorpale verso le varianti attualmente circolanti mediante esposizione a vaccini contenenti la proteina spike di virus attualmente circolanti senza includere la Spike del ceppo originario, oramai distante dal punto di vista immunologico".

L'ammissione choc: "Vaccino anti covid AstraZeneca può causare trombosi rara"

Il primo maggio scorso, in una notizia diffusa dal 'Telegraph' e rimbalzata sui media britannici, l'ammissione choc dell'azienda. Il vaccino anti-Covid di AstraZeneca "in casi molto rari può causare Tts", la cosiddetta 'sindrome da trombosi con trombocitopenia', caratterizzata da coaguli di sangue e bassi livelli ematici di piastrine, ha ammesso per la prima volta il gruppo farmaceutico anglo-svedese, nell'ambito di una causa collettiva nel Regno Unito.

"Il meccanismo causale" con cui il vaccino può provocare Tts "non è noto", ha precisato l'azienda nei documenti legali depositati in febbraio. "La Tts - ha puntualizzato inoltre AstraZeneca - può verificarsi anche in assenza della somministrazione del vaccino. Il nesso di causalità in ogni singolo caso sarà oggetto di prove da parte di esperti", ha aggiunto la società.

Il vaccino Covid-19 di AstraZeneca, Covishield - ricorda l''Independent' - è stato sviluppato dal colosso anglo-svedese in collaborazione con l'università di Oxford e prodotto dal Serum Institute of India. E' stato largamente somministrato in oltre 150 Paesi, tra cui Gran Bretagna e India. Alcuni studi condotti durante la pandemia avevano indicato per il vaccino un'efficacia anti-Covid del 60-80%, ma in alcune persone che avevano ricevuto l'iniezione sono stati segnalati casi di trombosi anche potenzialmente fatali.

I cittadini che in Uk hanno intentato la causa collettiva contro AstraZeneca sostengono che il vaccino Covishield ha provocato morti e lesioni gravi, chiedendo danni fino a 100 milioni di sterline per risarcire circa 50 vittime. Uno dei denuncianti ha riferito che il vaccino gli ha causato una lesione permanente al cervello, successiva a un evento trombotico, che gli ha impedito di lavorare. Pur contestando l'accusa, in uno dei documenti giudiziari depositati AstraZeneca ha riconosciuto che il vaccino può causare Tts in casi molto rari. Finora, invece, il gruppo farmaceutico aveva sempre tenuto il punto. Anche nel 2023, riporta sempre l'Independent, insisteva nel non accettare l'affermazione generale secondo cui la Tts è provocata dal vaccino.

L'Organizzazione mondiale della sanità, rammenta l'Independent, ha confermato che "dopo la vaccinazione con Covishield è stato segnalato un evento avverso molto raro chiamato trombosi con trombocitopenia, che comporta eventi insoliti e gravi di coagulazione del sangue associati a una bassa conta piastrinica". Secondo il Council for International Organizations of Medical Sciences, si definiscono effetti collaterali molto rari quelli segnalati in meno di 1 caso su 10mila. Per l'Oms, comunque, "nei Paesi con trasmissione Sars-CoV-2 in corso il beneficio della vaccinazione nella protezione contro Covid-19 supera di gran lunga i rischi".

"Dall'insieme delle evidenze raccolte negli studi clinici e dai dati del mondo reale, è stato continuamente dimostrato che il vaccino" anti-Covid "AstraZeneca-Oxford ha un profilo di sicurezza accettabile e gli enti regolatori di tutto il mondo affermano costantemente che i benefici della vaccinazione superano i rischi di effetti collaterali potenzialmente estremamente rari". Lo precisa un portavoce del gruppo farmaceutico.

"La nostra solidarietà - aggiunge AstraZeneca - va a chiunque abbia perso i propri cari o abbia riportato problemi di salute. La sicurezza dei pazienti è la nostra massima priorità e le autorità regolatorie hanno standard chiari e rigorosi per garantire l'impiego sicuro di tutti i farmaci, compresi i vaccini".

Le informazioni di prodotto relative al vaccino AstraZeneca-Oxford - disponibili al pubblico - sono state aggiornate nell'aprile 2021 con l'approvazione dell'agenzia del farmaco britannica Mhra, includendo l'eventualità che il vaccino possa, in casi molto rari, di essere un fattore scatenante di Tts.

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Salute e Benessere

Ai cattivo pediatra, non riconosce i bimbi con ritardo di...

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Foto di repertorio - FOTOGRAMMA

L'intelligenza artificiale ha tante doti che possono e potranno rivelarsi utili in medicina, ma al momento mostra parecchie lacune quando si misura con questioni pediatriche come il sospetto di un ritardo di sviluppo nei bambini. A mettere alla prova ChatGpt, chatbot basato su Ai e apprendimento automatico, è uno studio presentato al Meeting Pas - Pediatric Academic Societies 2024, che si apre oggi a Toronto in Canada. Le performance di ChatGpt sono state valutate da medici certificati che per ora bocciano l'Ai nei panni di pediatra.

I ricercatori hanno esaminato come ChatGpt ha risposto a 108 preoccupazioni espresse da genitori che temevano un ritardo di sviluppo del loro bimbo, confrontando anche i responsi dell'Ai con quelli del medico in carne e ossa. E' risultato che "ChatGpt raramente classificava un caso come anomalo", dando ragione alle "preoccupazioni dei pediatri secondo cui" oggi "lo strumento non è preparato per essere affidabile" nella valutazione dei "modelli comportamentali dei bambini".

Rispetto ai medici umani, nel 36% dei casi l'intelligenza artificiale si è mostrata meno preoccupata di avere davanti un bimbo con possibile ritardo dello sviluppo. Solo nel 5% dei casi l'Ai ha espresso preoccupazioni maggiori, ma i pediatri veri hanno identificato circa il 30% in più di possibili ritardi di sviluppo rispetto a ChatGpt. Complessivamente, nel 41% dei casi l'intelligenza artificiale è arrivata a conclusioni diverse dal pediatra vero rispetto a un sospetto ritardo dello sviluppo. Ai e medici sono stati in disaccordo soprattutto quando gli elementi che preoccupavano i genitori erano di tipo sociale, emotivo e comportamentale, piuttosto che fisico, e quando riguardavano bambini maggiori di un anno.

"Gli strumenti di intelligenza artificiale come ChatGpt possono fornire informazioni accurate ai genitori riguardo allo sviluppo del loro bambino, ma non si comportano ancora come i medici" quando vengono chiamati a "determinati compiti", afferma Joseph G. Barile, assistente di ricerca presso il Cohen Children's Medical Center, Usa, l'autore che ha illustrato la ricerca al congresso.

In particolare, rimarca l'esperto, "questo studio indica che i pediatri sono più convinti di ChatGpt quando si tratta di definire alcuni ritardi dello sviluppo come anomali".

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Salute e Benessere

Cure palliative pediatriche, torna il Giro d’Italia...

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Domani a Roma la presentazione della terza edizione - Il tour al via dall'11 maggio al 16 giugno lungo tutta la Penisola

Cure palliative pediatriche, torna il Giro d'Italia per dar voce alle Cpp

Domani, sabato 4 maggio, alle 16 a Roma sul Ponte delle Musica, sarà presentata la terza edizione del Giro d'Italia delle cure palliative pediatriche. L'evento, patrocinato dal Comune di Roma, vedrà la partecipazione di Alessandra Locatelli, ministro per le Disabilità, e Alessandro Onorato, assessore allo Sport, turismo, moda e grandi eventi di Roma Capitale, e avrà come testimonial d'eccezione l'ex campione della nazionale di rugby italiana Andrea Lo Cicero. Dopo il grande successo delle prime due edizioni - che hanno visto la presenza di circa 35mila partecipanti, con più di 100 eventi in 17 regioni italiane e il coinvolgimento di oltre 200 associazioni - il 2024 si annuncia ancora più̀ denso di eventi. Obiettivo della terza edizione è promuovere lo sviluppo delle Reti di cure palliative pediatriche (Cpp) coinvolgendo la società civile e sensibilizzando i professionisti sociosanitari e le istituzioni al fine di renderle operative in tutte le Regioni.

"Questa iniziativa - dichiara Onorato - è molto nobile e sono contento di partecipare. In Italia sono 30mila i minori che hanno bisogno di cure palliative pediatriche ed è necessario sensibilizzare le persone sul tema. E non c'è modo migliore di farlo attraverso lo sport, veicolo ideale per diffondere le sane abitudini di vita e spingere le persone a prendersi cura di loro stesse. Salute e attività sportiva vanno di pari passo. Complimenti anche per l'idea di abbinare un messaggio così importante a una pedalata in questo scenario suggestivo".

La Rete di Cpp - riporta una nota - è un modello organizzativo previsto dalla legge 38/2010 che definisce attori e servizi per garantire la miglior qualità di vita possibile al minore con patologia inguaribile ad alta complessità assistenziale e alla sua famiglia. "Molteplici sono i bisogni a cui è necessario dare risposte corrette e adeguate. Nessuno da solo può fornirle tutte - sottolinea Silvia Lefebvre d'Ovidio, presidente della Fondazione Maruzza - Per questo è importante operare insieme favorendo la creazione e lo sviluppo delle reti. La disponibilità̀ di accesso ai servizi di Cpp in Italia è quanto mai eterogenea, con aree in cui l'organizzazione è carente o del tutto assente. Questo provoca un senso di smarrimento e di abbandono che impedisce ai piccoli pazienti di andare a scuola, praticare uno sport e condividere momenti di socialità, esperienze che sono uno stimolo importante e necessario di crescita e di confronto, e danno significato alla vita".

Lo studio PalliPed, recentemente pubblicato sull''Italian Journal of Pediatrics' - si legge nella nota - offre una panoramica sullo stato dell'arte dei servizi specialistici di Cpp in Italia, concentrandosi sulle strutture e le risorse dei 19 centri mappati di 12 regioni e 2 province autonome. Sono invece 7 le Regioni che hanno dichiarato di non avere centri o strutture dedicate ai servizi specialistici di Cpp. Per quanto riguarda le risorse impiegate nei centri, l'indagine rivela come il personale non sia sufficiente a coprire la richiesta: sono infatti 115 gli infermieri, 55 i medici, 31 gli assistenti sociali, 27 gli psicologi e 13 i fisioterapisti che lavorano in Cpp. Peraltro, alcune non dedicate a tempo pieno e spesso disponibili solo al bisogno o su base volontaria. E' emerso, inoltre, che il 77% degli infermieri non ha una formazione specifica, che solo 54% dei medici e il 30% degli psicologi ha conseguito un master degree in Cpp.

"Avere dei dati aggiornati relativi allo stato dell'arte delle Cpp in Italia, di come funzionano i servizi/strutture dedicate, delle risorse disponibili nonché della numerosità e tipologia di pazienti seguiti è fondamentale ed inderogabile per poter proporre ed organizzare azioni/interventi migliorativi - afferma Franca Benini, responsabile del Centro regionale veneto di terapia del dolore e cure palliative pediatriche, Dipartimento Salute della donna e del bambino Aou - interventi che possano portare ad un cambiamento di vita e di assistenza reale e proficuo per i pazienti e le loro famiglia".

Proprio in quest'ottica la Fondazione Maruzza - riferisce la nota - ha dato avvio a una seconda fase del progetto PalliPed, fase che si propone di monitorare in tempo reale l'evoluzione organizzativa delle Reti/Servizi di Cpp nelle diverse regioni italiane e della loro capacità di dare risposte appropriate alla moltitudine di bisogni che la malattia inguaribile in ambito pediatrico innesca. I dati di tale ricognizione saranno disponibili entro il primo semestre dell'anno in corso.

Il Giro d'Italia delle cure palliative pediatriche si svolgerà̀ dall'11 maggio al 16 giugno su tutta la Penisola (https://www.girocurepalliativepediatriche.it/), con eventi di carattere sportivo, scientifico, istituzionale, culturale e ricreativo per dare voce alle Cpp. Quest'anno il tema dell'iniziativa è 'Ciascuno a suo Nodo, insieme siamo Rete'. Verranno infatti esplorati 'nodi' necessari a costruire la rete assistenziale in grado di dare risposte efficaci ai bisogni dei bambini malati inguaribili e delle loro famiglie.

Le cure palliative pediatriche sono un approccio assistenziale in grado di garantire ai minori affetti da malattie inguaribili e alle loro famiglie la miglior qualità̀ di vita possibile, attraverso il lavoro di professionisti specializzati che si prendono cura dei bambini, preferibilmente a domicilio, sostenendo le famiglie in tutte le fasi della malattia, alleviando sofferenze fisiche, psicologiche, emotive e spirituali. Non solo: tali cure si occupano di un'ampia varietà̀ di patologie, molte delle quali rare o senza diagnosi, la cui natura specifica determina il tipo di progetto assistenziale per il singolo paziente e tutto il suo nucleo familiare.

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