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Interviste

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Chiara Conti: luce oltre la bellezza, l’intervista esclusiva tra sfide e tripla arte

Chiara Conti è un’attrice italiana che ha iniziato la sua carriera negli anni ’90 lavorando in televisione nella trasmissione Non è la Rai. Dopo aver vinto il concorso Bellissima nel 1995, ha frequentato corsi di improvvisazione teatrale e di recitazione oltre a corsi di dizione, per migliorare la sua tecnica. Ha esordito come attrice teatrale e poi è passata al cinema e alla televisione.

La bellezza come limite nel cinema italiano

Nonostante la sua bellezza, Chiara Conti ha dichiarato che all’inizio della sua carriera questo aspetto ha rappresentato un limite nel cinema italiano. Il suo viso regolare, senza tratti particolari, non era considerato adatto a certi ruoli. Tuttavia grazie al talento e alla determinazione è riuscita a superare questo ostacolo e a farsi apprezzare per le sue doti artistiche.

I primi lavori cinematografici e televisivi

Tra i suoi primi lavori cinematografici, si ricordano Faccia di Picasso di Massimo Ceccherini e L’ultima lezione, regia di Fabio Rosi. Nel 2004 interpreta Fulvia nel film Promessa d’amore, diretta da Fabrizio Giordani. Nel 2005 lavora per Franco Battiato in Musikanten, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia dello stesso anno e uscito nelle sale il 3 marzo 2006.

Nel 2005 è anche parte del cast della fiction di Rai 1 La Omicidi nel personaggio di Irene. Nel 2006 è la Olivia protagonista di H2Odio, sotto la regia di Alex Infascelli. Successivamente nello stesso anno ottiene un grande successo con la miniserie tv trasmessa su Rai 1 Butta la luna e diretta da Vittorio Sindoni. Prende parte anche alla serie tv E poi c’è Filippo, lavorando insieme all’attore Giorgio Pasotti.

Nel 2007 recita nel video e nel film con la regia di Franco Battiato dal titolo Niente è come sembra. È tra gli attori protagonisti nella mini serie tv in due puntate, Le ragazze di San Frediano di Vittorio Sindoni, interpretando Gina. Sempre nel 2007 è scelta come protagonista femminile de Il capitano 2, di nuovo sotto la regia di Vittorio Sindoni.

Successi televisivi e ultimi lavori

Tra le sue interpretazioni più significative si ricordano la miniserie tv in tredici puntate, Butta la luna 2 di Vittorio Sindoni, e la miniserie David Copperfield, sotto la direzione di Leone Pompucci, prestando il suo volto a Clara Copperfield. Inoltre è parte del cast principale di La scelta di Laura, una produzione Taodue trasmessa da Canale 5 con la regia di Alessandro Piva.

Nel 2011 recita nell’ultima stagione di Distretto di Polizia, nel ruolo della ex moglie del vicequestore Brandi (Andrea Renzi). Dopo la sua partecipazione alla serie televisiva, Chiara Conti ha continuato a dedicarsi principalmente al cinema e alla sua vita privata.

Nel 2020 torna sul piccolo schermo nella serie tv Il commissario Ricciardi, diretta da Alessandro D’Alatri, dove ha interpretato il ruolo di Marta, la madre del commissario. Nello stesso anno è entrata a far parte del cast della soap opera italiana Un posto al sole, dove interpreta il personaggio di Lara Martinelli.

Chiara Conti: attrice e pittrice, amata sui social

Oltre alla recitazione Chiara ha un’altra grande passione: la pittura. Sul suo profilo Instagram principale si definisce come “un’attrice che dipinge o una pittrice che recita“. Ha un altro account Instagram dove pubblica le immagini delle sue opere, descritte così: “Tutto quello che viene dal cuore: incido l’alluminio e lo dipingo.”

Si tratta di opere dal carattere tridimensionale, alcune molto colorate, altre sui toni dell’argento e dell’oro, che raffigurano statue, monumenti, bambole, corpi, forme immaginarie e talvolta anche volti di icone dello spettacolo (come una delle sue più recenti, dedicata a David Bowie). Un talento davvero grande quello di Chiara come creativa ed artista: le sue opere sono spesso esposte in pubbliche mostre e protagoniste di spettacoli dove le arti della pittura e dell’incisione si uniscono alla musica e alla recitazione.

Denunce e sfide: Chiara Conti e il cinema italiano

Nel corso della sua carriera Chiara ha più volte denunciato lo stato del cinema italiano in cui le donne ricevono cachet più bassi rispetto ai colleghi uomini. Inoltre in un’intervista ha raccontato di un’aggressione subita da un uomo in ascensore, in un palazzo di Milano, ma di essere riuscita a scampare alla violenza grazie anche alle arti di difesa personale apprese negli anni precedenti.

Chiara Conti: una donna poliedrica tra recitazione, pittura e impegno sociale

Chiara Conti è una donna poliedrica, appassionata di recitazione e di pittura, che ha fatto della sua determinazione e del suo talento le armi per superare i limiti imposti dalla società e dalla sua bellezza. La sua carriera è stata contraddistinta da numerosi successi, sia in campo artistico, che cinematografico e televisivo, dimostrando di essere una delle attrici più versatili e apprezzate del panorama italiano. Noi l’abbiamo incontrata per farle qualche domanda ed ecco la nostra intervista esclusiva!

Come hai iniziato la tua carriera nel mondo della recitazione?

“Ho fatto scuole straniere (tedesca asilo e elementari, inglese medie e liceo). Le materie artistiche erano molto considerate, si faceva musica, arte, tra scultura e pittura, e recitazione, per chi ne avesse avuto voglia. Io ero molto timida, la mia insegnante mi disse: “sopra questo palco puoi ridere, piangere, saltare, urlare, puoi fare ed essere tutto quello che vuoi. Sopra questo palco, sei libera.” E quel palco è diventato il posto dove mi sono sempre sentita nel posto giusto, a casa. Dove mi sento libera. Recitare mi aiuta a buttar fuori. È un modo per conoscermi, affrontarmi, sfogarmi, stare bene. Una necessità.”

Quali sono state le maggiori difficoltà che hai incontrato per interpretare un ruolo così ambiguo come Lara Martinelli?

“Ho amato ed amo molto Lara, un personaggio così diverso dai miei precedenti, così ambiguo, complesso, audace, sfacciato e sfaccettato. Mi diverte spesso, mi insegna a combattere, a osare. Sicuramente ho avuto grandissima difficoltà nella storia dell’ultimo periodo. La storia del piccolo Tommy è stata per me difficilissima da affrontare, non riesco a pensare di poter usare o peggio, far del male ad un bambino, non riesco a pensare che si possa non provare amore di fronte ad un bimbo, è una realtà che non riesco ad accettare, soprattutto perché amo con tutto il cuore i bambini, mi commuovono, adoro averli vicino. Ed ho sempre e solo desiderato diventare madre, il mio sogno più grande, più voluto. Ho cercato di mettere quel dolore nel gesto terribile, ma è stato davvero difficile per me. Ed in questo caso, ho dovuto cercare molto a fondo dentro me per capire, capirla e trovare un motivo per ritornare ad accettarla. Ed ho pensato al suo amore malato e distorto nei confronti di Roberto, e che quell’amore possa essere distorto anche nei confronti del bimbo. Ecco, ho visto un’ossessione d’amore, sbagliata, arrabbiata, prepotente. Ma è il modo d’amare di Lara. Non ne conosce altri. Per ora, almeno.”

Quali invece le maggiori soddisfazioni?

“Lara è un personaggio potente. È scomoda, prepotente, sfacciata, coraggiosa, ambiziosa, distruttiva, ma piena di contrasti, agisce per amore (per quanto sbagliato possa essere). È un personaggio pieno di luci ed ombre (in questo momento più nero), ed è bellissimo scoprire che susciti tante emozioni contrastanti anche nel pubblico. Lara non resta mai indifferente. E questa per me è una grande conquista. Personalmente ho sempre amato i personaggi scomodi, ma scoprire che è così per molti, mi riempie di gioia.”

Qual è il tuo ruolo preferito tra quelli che hai interpretato?

“Sono legata a tutti i miei personaggi, perché ognuno mi ha regalato qualcosa. Posso nominare Diana in “L’ora di religione” perché è il film che ha cambiato la mia vita, conoscere e lavorare con Bellocchio e Castellitto come primo film da protagonista, mi ha arricchita infinitamente: ho incontrato due artisti che mi hanno insegnato e guidata con generosità e passione. Mi hanno dato fiducia ed hanno fatto in modo che mi affidassi. È stato uno scambio bellissimo. Cosima di Butta la luna è il ruolo che mi ha fatto conoscere al grande pubblico, ho adorato la sua profonda sensibilità, il suo combattere per i valori in cui crede, in una serie a parer mio bellissima, perché trattava argomenti di cui si era sempre parlato molto poco, come il razzismo, gli istituti minorili, figure più nascoste, come gli assistenti sociali. Grazie a Cosima (ho saputo da alcune ragazze che mi hanno scritto!!), alcune fans della serie hanno intrapreso gli studi di psicologia e si occupano di minori, proprio come lei. E questo è bellissimo. Simona in 1993 la serie, mi ha coinvolta tantissimo, la sua disperazione, la sua dignità. E ne Il commissario Ricciardi, vorrei parlare non tanto di Marta, quanto dell’amore per questo mestiere a volte così difficile che mi ha trasmesso Alessandro D’Alatri. Ho fatto con lui un provino di 2 ore per il ruolo, cosa che non succede spesso purtroppo, 2 ore in cui ci siamo confrontati, scontrati, trovati. Venivo da un periodo di crisi con me stessa ed il mio lavoro, e lui mi ha rimesso in pace. Mi ha ricordato perché ho scelto di essere un’attrice: per emozionarmi e donare emozioni. Perché, grazie al mio mestiere, a volte, ho la fortuna di incontrare persone meravigliose con una passione fortissima, con la voglia di creare qualcosa di bello, di profondo, con la capacità di guardare oltre, di andare a fondo, di lottare e vincere. Lui amava profondamente gli attori. Più di tutti. E tu eri disposto a dare tutto in scena, perché quell’amore che lui metteva nel suo film era ovunque. Lo sentivi. Lo vedevi. Sono grata per tutto quello che finora e arrivato, per tutti i ruoli che ho avuto la fortuna di vivere e scoprire, per le persone che hanno arricchito la mia strada e per quelle che ogni giorno mi insegnano qualcosa.”

Quanto è stata importante la formazione teatrale nella tua carriera di attrice?

“Importantissima. Il teatro ti aiuta a trovare il tuo posto in scena, ti rende consapevole del tuo corpo, della potenza della tua voce, del gesto, delle infinite capacità che puoi ottenere esercitandoti. Ed in più regala magia. Non solo a chi guarda, ma soprattutto a chi sta sopra quel palco, con quel profumo di legno e polvere, regala emozioni talmente forti che nessuno dovrebbe farne a meno.”

Come è stato lavorare con registi come Franco Battiato e Vittorio Sindoni?

Franco mi ha insegnato l’ascolto, la semplicità di un abbraccio, i sorrisi che coinvolgono, la curiosità di tutto quello che ci circonda, la voglia di conoscere e scoprire, il coraggio di osare e di giocare, l’umiltà dei grandi. Ho amato ogni momento con lui. Perché mi ha dato fiducia, mi ha avvolto nella sua positività e giovinezza di cuore. Mi sono sentita sempre nel posto giusto e al sicuro con lui accanto. Vittorio ha creduto in me dal primo momento ed ha combattuto per avermi nelle sue serie tv, visto che non ero un volto abbastanza conosciuto e quindi più difficile da scegliere come protagonista. Mi ha dato la possibilità di esplorare un personaggio bellissimo e molto amato. Mi ha dato l’occasione per crescere molto. E mi ha insegnato tanto, con i suoi modi a volte burberi, ma sempre pieni d’affetto. Mi mancano le nostre discussioni sul personaggio, il nostro lavorare fianco a fianco. E gli sarò sempre grata.”

C’è stato un episodio nella tua vita professionale o privata in cui hai riso così tanto da diventare un momento indimenticabile?

“Ho la fortuna di ridere tanto, e di avere accanto persone che hanno voglia di ridere tanto. E questo è bellissimo. Le serate con le mie amiche, i giochi con Olivia (la sua barboncina, ndr), gli scherzi con la mia famiglia, i viaggi nei posti più assurdi, ma divertenti proprio per le persone che ho accanto. E ovviamente il lavoro, con i miei compagni d’avventura ridiamo tanto. Mi ricordo in “E poi c’è Filippo”, non riuscivamo ad essere seri nemmeno per un momento, o ridevamo noi attori (Neri Marcorè, G. Pasotti) o, le rare volte che stavamo per riuscire a finire la scena, qualcuno della troupe cominciava a ridere e si ricominciava. Ci abbiamo messo un mese in più a finire la serie, per il tempo delle risate tra noi. Una serie che mi fa sorridere ogni volta che ci penso.”

Come riesci a bilanciare la tua vita privata con la carriera?

“Con rispetto e attenzione. Cerco di esserci sempre per la mia famiglia e le persone che amo, anche da lontano. Sono la mia vita. Sempre. Più di tutto. Il lavoro mi rende migliore, più serena, più calma, e questo fa del bene anche a chi mi sta vicino. Ma cerco comunque di proteggere le persone che amo e di tenerle separate da quello che è il mio lavoro. Sono molto riservata nell’esposizione dei miei affetti, perché ritengo l’amore troppo prezioso per essere sempre condiviso.”

Quali sono le tue fonti di ispirazione nella pittura e come hai iniziato a dedicarti a quest’arte?

“Ho sempre amato disegnare, ma non lo facevo da tanto tempo. Come suonare. Tutto quello che è creazione mi libera. Ho scoperto l’incisione durante il lockdown. Avevo una lastra di alluminio ed ho cominciato ad inciderla con un coltello. Ho scoperto che l’alluminio è molto morbido, oltre ad essere un materiale bellissimo. Ho inciso e inciso e inciso e sbagliato mille volte (ancora sbaglio!!), ma piano piano sto scoprendo tecniche e strumenti. Ho preso un trapano, delle punte e la mia tecnica improvvisata si è affinata. Poi ho scoperto i colori, che prima non avevo il coraggio di usare, mentre adesso li vivo con immensa curiosità. I colori sono liberatori, sono potenti, coinvolgenti, così simili a quello che si ha dentro. Uso le mani, le dita, la carta con i colori, pochissimi pennelli, qualche rullo, qualche spatola. Mi immergo nel suono del trapano sull’alluminio o nella pastosità dei colori e non penso a niente, la mente diventa leggera. Ed è bellissimo.”

Cosa ti spinge a condividere le tue opere d’arte e qual è il messaggio che vuoi trasmettere?

“Condivido perché racconto me. Ogni mio quadro è un momento, una sensazione, un’emozione, un avvenimento mio o del mondo intorno. L’arte serve a trasmettere qualcosa: un messaggio, una considerazione, un’emozione. Io spero che qualcosa arrivi guardando le mie lastre e perdendosi nei personaggi che ci metto dentro. Ma la cosa più importante è che quello che metto là dentro, libera me da qualcosa che avevo la necessità di raccontare.”

Quali consigli vorresti dare alle giovani attrici che si affacciano nel mondo del cinema e della televisione?

“Di studiare, di leggere, di essere curiosi sempre, di ascoltare, di essere generosi e non troppo concentrati su se stessi. Di cercare di migliorarsi sempre. Perché in questo lavoro non si finisce mai di imparare. Mai. E che a volte può essere molto complicato, le infinite attese per una chiamata, che forse non arriverà, lo sconforto quando si viene scartati, la paura di non essere abbastanza. E quindi bisogna amarlo sopra ogni cosa, per avere la forza di non rinunciare. E mi sento anche di dire, abbiate sempre un piano B, perché a volte l’occasione arriva tardi, e a volte, purtroppo, non arriva.”

Quali sono i tuoi progetti futuri?

“La prossima mostra, il film che sto scrivendo su una grande donna della storia, ma soprattutto vorrei la mia famiglia accanto e continuare a guardare il mare di Napoli, per molto tempo ancora.”

© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.

Animato da un’indomabile passione per il giornalismo, Junior ha trasceso il semplice ruolo di giornalista per intraprendere l’avventura di fondare la sua propria testata, Sbircia la Notizia Magazine, nel 2020. Oltre ad essere l’editore, riveste anche il ruolo cruciale di direttore responsabile, incarnando una visione editoriale innovativa e guidando una squadra di talenti verso il vertice del giornalismo. La sua capacità di indirizzare il dibattito pubblico e di influenzare l’opinione è un testamento alla sua leadership e al suo acume nel campo dei media.

Interviste

Intervista esclusiva a Mariù Adamo, al timone su Tele A di...

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“L’intervista deve insegnarmi e lasciarmi qualcosa. Ciascuna delle interviste che ho condotto nel corso della mia carriera e le esperienze di vita degli ospiti che ho incontrato mi hanno permesso di arrivare dove sono oggi, nel programma che ho ideato.”

Sono queste le parole pronunciate dalla giornalista Mariù Adamo, al timone su Tele A di “Casa Mariù”, format mattutino da lei stessa ideato e condotto. Dopo tanti anni di esperienza alla guida di programmi di intrattenimento e sportivi, la Adamo ha vinto anche questa nuova sfida realizzando in prima persona questo progetto televisivo, che è seguitissimo.

Ma Mariù non ha certo l’intenzione di fermarsi qui: nel suo nuovo ruolo di autrice ha già in mente di guidare la sua squadra di professionisti alla realizzazione di tante nuove trasmissioni. Ma facciamocelo raccontare da lei.

A cura di Roberto Mallò

Ciao Mariù. Partiamo da Casa Mariù, il nuovo programma che ti vede alla conduzione ma non solo…

“Sì, “Casa Mariù” è il nuovo programma che conduco dal mese di dicembre su Tele A e che mi vede anche ideatrice e autrice. È un “contenitore”, all’interno del quale il pubblico può trovare tante opportunità di approfondimento, che spaziano dagli argomenti più leggeri alle tematiche scientifiche fino ai temi di attualità, talvolta anche particolarmente delicati. È un format che mi consente di elaborare continuamente nuove idee, alle quali lavoriamo continuamente per migliorare la nostra offerta televisiva al pubblico che ci segue. Aspettatevi sempre grandi sorprese.

Quali sono le rubriche a cui tieni di più?

“È una domanda difficile a cui rispondere: è come se mi chiedessi a quale dei tuoi figli vuoi più bene. Sicuramente una delle rubriche a cui tengo di più è “Il coraggio di essere donna”, nel corso della quale, ogni venerdì, ospito una donna in grado di fornirci una testimonianza forte e originata da una sua esperienza di vita, spesso dolorosa e a volte tragica. Donne che si sono mosse in vari settori: da quello del giornalismo al sociale, passando per il mondo dello sport e della cultura. Donne che hanno avuto il coraggio di attuare un cambiamento nella loro vita, senza se e senza ma, affrontando rischi che ci fanno capire quanto sia sbagliato fermarsi agli stereotipi. Intervistare donne come Filomena Lamberti, Daniela Di Maggio, Maria Teresa Giglio, Luciana Esposito, Alessandra Vitale, Angela Procida, Trisha Palma, Alessandra Cuevas, Daniela Lourdes Falanga, Rossana Pasquino, Stefania Zambano, mi hanno consentito di vivere un’esperienza che è andata oltre la “semplice” intervista e che mi porterò nel cuore per tutta la vita”.

Complimenti Mariù. Parlaci di un’altra.

“Al momento sta andando davvero forte la rubrica del Food, perché chiudo sempre la puntata con il mondo dei grandi chef, maestri chef o pizzaioli dal respiro nazionale. Personaggi che, mentre si raccontano, preparano una ricetta. Questo è un momento molto atteso dal pubblico che ci segue. La tradizione gastronomica napoletana, e dell’Italia tutta, è sempre una vera sicurezza in termini di interesse da parte del pubblico di ogni età ed estrazione”.

Abbiamo parlato di Mariù conduttrice e ora anche autrice. Ma c’è anche una Mariù donna, mamma e moglie. Come concili i tuoi impegni quotidiani con quelli professionali e quanto della tua persona possiamo ritrovare nei contenuti della tua trasmissione?

“Si, è un impegno che richiede veramente tanto sacrificio e dedizione, ma lo faccio con la stessa passione che mi guida nella mia vita familiare. Ed è anche per questo che amo mettere al centro del programma “le storie”. Intendo quelle storie che possano destare l’interesse e la curiosità del pubblico, coinvolgendo il telespettatore al punto di riconoscersi o immedesimarsi in esse e poterne trarre un insegnamento. Storie con le quali trovare dei semi di speranza per riuscire a cambiare la propria vita o a riflettere su di essa. Insomma, mi piace parlare di quello che ad ognuno di noi può accadere. Tutti passiamo infatti attraverso le stesse problematiche, prima o dopo. Parlarne, sensibilizzare e dialogare, secondo me, può essere di grande importanza per il pubblico, che si sente vicino alla storia. Non a caso, ci sono tanti argomenti che ci uniscono, come il mondo delle tendenze o quello della salute. Personalmente, cerco di trattare tutte queste tematiche in una chiave un po’ diversa, un po’ più intima. Cerco di parlarne come se fossi a casa. Ed è da qui che deriva il nome del programma. “Casa Mariù”: è la casa di tutti, dove tutti si devono sentire a proprio agio e possono riconoscersi nelle storie che raccontiamo, con l’amore tipico di chi vive in ambiente familiare, nel quale tende sempre a ritornare perché si sente amato. Amore e casa, dal mio punto di vista, sono parole che navigano di pari passo”.

Un programma dove metti in scena tutta la tua personalità. Forse è anche in questo che Casa Mariù si distingue dagli altri programmi?

“Sì. Utilizzo un tono garbato e familiare, senza etichette e giudizi. Non mi piace, infatti, giudicare quello che si è raccontato. Il mio intento è quello di informare il pubblico, con un tono che possa unire le persone piuttosto che dividerle. Stiamo vivendo un’epoca storica dove, ormai, l’individualismo è il mood di tutti. Penso però che, se qualcuno di noi tende la mano, le persone pian piano si avvicinano. Ed è così che si abbatte quel muro di cristallo, quella parete che i social hanno contribuito a far sorgere. Con Casa Mariù cerco di dare la possibilità alle persone di ascoltare, di riconoscersi e di maturare una riflessione rispetto agli argomenti che trattiamo. Per esempio, anche quando parliamo di sesso nella rubrica dei sentimenti lo faccio con un tono elegante. E mi affianco a chi può trattarlo con una competenza specifica, come il professor Maurizio Bossi, che ha partecipato a diverse trasmissioni. Una rubrica con cui cerchiamo di educare ai sentimenti, considerando anche i tanti episodi di violenza verso le donne che popolano la cronaca. Ci chiediamo che cosa ci sia di sbagliato: forse bisognerebbe parlare di sesso e di sentimenti in maniera diversa, utilizzando le parole giuste? Ed è qui che, per trovare queste parole giuste, interviene l’esperto di settore. Raccontiamo il bello e il brutto del nostro territorio, in una chiave sempre positiva e propositiva”.

Quando è nato il tuo amore per il mondo dello spettacolo e per quello dell’informazione, che ha sempre avuto spazio nei tuoi programmi?

“Amo l’arte, che sia musica o teatro, a 360° e la conduzione mi permette di abbracciare un po’ tutte le sue forme. E poi sono di Napoli, città che mi ha sempre attratto per la sua storia, per la sua cultura, per i suoi magnifici paesaggi. Perché, fondamentalmente, Napoli è sempre stata protagonista nel mondo dell’arte. Da che ho memoria sono appassionata di arte. E nel mondo dello spettacolo ci vivo da sempre. Sono laureata in Lettere Classiche alla Federico II di Napoli, ma ho anche un diploma di danza classica. Sono stata in tournee con Maurisa Laurito come ballerina, ma ho avuto anche esperienze di attrice e di speaker radiofonica. Ho vissuto il mondo dell’arte a 360°. E in televisione avevo voglia di raccontare il bello che accadeva nella mia città. Mi arrabbiavo perché Napoli veniva spesso etichettata in maniera negativa, soffrendo per quanto di buono della città non riusciva ad emergere. E’ vero che ha le sue criticità, ma pure tanto di bello da raccontare. Napoli è un Giano bifronte, luci ed ombre. Da innamorata della mia città, ho incominciato a portare alla luce le sue storie belle, in tv ma anche in radio, intrise di arte e teatro. E ho voluto farlo in una chiave solare e positiva, senza mai nascondere ciò che la realtà racconta, ma valorizzando tutti gli aspetti positivi. Perché così possono emergere delle cose veramente belle. E da lì ho deciso di portare avanti un’informazione, una narrazione un po’ diversa su Napoli. E ci ho messo la faccia in prima persona: sono orgogliosa di essere napoletana e mi auguro di esserne diventata una buona testimone, insieme ai miei intervistati e al mio pubblico. Da lì mi sono affacciata al mondo del giornalismo e sto continuando a crescere in questo settore. Ho intenzione, anche in questo caso, di sviluppare un’informazione su diversi ambiti”.

Mi ha raccontato della sua passione per la recitazione. Se capitasse un’occasione tornerebbe in teatro?

“Certo. Prenderei in considerazione di tornare a teatro per portare in scena una tematica sociale, che possa ad esempio mettere al centro le donne. Voglio infatti che anche il teatro sia uno strumento di messaggio, di cambiamento. Per me, il teatro è quella scatola magica dove avviene qualsiasi tipo di magia. È il luogo ideale per portare il pubblico a riflettere e per smuovere le coscienze. Chissà se la prossima intervista me la farai proprio sul palcoscenico…”.

Casa Mariù è in diretta il lunedì, mercoledì e venerdì dalle 11:00 alle 12:30 e in diretta streaming sul sito e sui canali social Facebook, Instagram.

La replica, il martedì ed il giovedì alle 6:30 e l’edizione della domenica dalle 10:45.

“Casa Mariù” è presente sul canale YouTube dove è possibile rivedere tutte le interviste con la playlist dedicata alle singole rubriche.

Il programma è prodotto da Goeldlin Production ed è offerto dalla Goeldlin srl.

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Interviste

Intervista esclusiva a Anthony Peth, il padrone di casa di...

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Ritorno in tv per Anthony Peth, padrone di casa dal 25 aprile di Vip4Padel, il nuovo talent show di Sportitalia in onda, ogni giovedì sera, alle 20.30. Assente dagli schermi da circa un anno, durante il quale si è dedicato alla stesura della sua biografia, il conduttore sardo è pronto a prendere il timone del suo primo programma sportivo, nato da un’idea di Fabio Lauricella e con la regia di Mario Maellaro. Un’esperienza del tutto nuova, della quale ci ha parlato in questa intervista, dove ci ha svelato un altro suo prossimo progetto.

A cura di Roberto Mallò

Anthony, parliamo di Vip4Padel, il programma che attualmente la rivede nelle vesti di conduttore. Di che cosa si tratta?

Vip4Padel è il primo talent sportivo che andrà in onda in tv, in prima serata su Sportitalia. E’ un vero e proprio campionato sportivo di padel, che è lo sport del momento, come ben sappiamo. Dopo la pandemia c’è stata davvero l’esplosione di questa disciplina, che ormai appassiona diverse persone. E il programma televisivo che abbiamo messo in scena vuole essere, appunto, un momento di spensieratezza per chi ci segue da casa”. 

Com’è strutturato?

“In ogni puntata ci sono due personaggi famosi che si sfidano l’un l’altro. Ciascuna partita di padel prevede però che ci siano due componenti per squadra; quindi, ogni vip è affiancato da un suo fan. Abbiamo scelto personaggi, in accordo con la produzione, che appartengono al mondo dello spettacolo e della televisione, alcuni dei quali hanno deciso di cimentarsi per la prima volta in questo sport. Per citarne uno la ‘iena’ Filippo Roma. Pensava che sarebbe stato del tutto impacciato, ma alla fine ha scoperto la sua passione per il padel. Ci sono poi Garrison Rochelle, Amedeo Goria, Milena Miconi, Matilde Brandi, dalla radio Lucilla Agosti e Sabrina Bambi di R101, il comico di Zelig Fabio Di Dario, passando per tanti altri personaggi che sveleremo nel corso delle varie settimane”.

Un cast scelto accuratamente, immagino…

“Assolutamente sì. Si voleva dare un impatto televisivo con un’idea nuova e vincente che portasse in scena tutte le professioni artistiche: dalla danza al canto, fino ad arrivare al giornalismo. Volevamo aprirci a diversi tipi di pubblico, facendo in modo che tutti potessero seguire i loro beniamini”.

Si tratta però di un vero e proprio torneo sportivo, giusto?

“Certo, al termine del campionato olimpionico, che prevede le tre finali e la finalissima, ci sarà l’elezione della squadra vincitrice di questa prima edizione. Non avremo uno studio, ma saremo dentro un campo di padel vicino a Bergamo. Il format è stato, infatti,girato interamente presso l’Academy Manenti & Malgaroli e patrocinato dal Comune di Brusaporto e dal Comitato Italiano Fair Play”.

Arriviamo a lei. Perché è stato scelto come conduttore?

“La scelta è arrivata subito dopo la decisione di lasciare, dopo diversi anni, la conduzione di Chef in Campo. Sento sempre la necessità di cambiare, dopo aver portato avanti i programmi per diverse stagioni. In precedenza, avevo fatto lo stesso con Gustibus, in onda su La7. Non so se agisco così un po’ per incoscienza, che fa parte del mio carattere, o per la voglia di fare un salto nel buio. Tuttavia, anche per quanto riguarda Chef in Campo ho mollato una trasmissione certa, senza sapere che cosa mi avrebbe riservato il futuro. E proprio in seguito all’annuncio del mio addio, è arrivata la proposta di Vip4Padel. Con la N&M Management, la casa di produzione di Mariaraffaella Napolitano,avevo già condotto su La5 il programma Trend, affiancato da Silvana Giacobini, e sono stato contattato per sapere se me ne intendessi o meno di padel. Ho voluto essere sincero e ho ammesso di conoscerlo poco. Con un po’ di ironia e diverse battute che ho lanciato in quella telefonata, la sincerità mi ha premiato. Non a caso, mi hanno detto: ‘Guarda, se tu lo presenti con questa ironia è perfetto. Vogliamo che ci sia anche quella, per fare un programma leggero e frizzante’. E infatti così è successo…

Ah sì? Quindi è un programma dove si sorride?

“Posso anticiparle che nel campo mi succede un po’ di tutto. Non riesco a lanciare bene la racchetta, le palline mi arrivano addosso. Sono sicuro che vi divertirete, perché mi identifico nella ‘macchietta’ di Vip4Padel, anche se alla fine sono il conduttore. Non metto mai da parte il fatto che si tratta comunque di un concorso sportivo vero e proprio. Ci saranno due vincitori assoluti e il ‘senso di ironia’ non metterà mai da parte la professionalità e il rigore della gara stessa. Tutti gli artisti che hanno partecipato alle registrazioni sono andati via contenti; mi hanno riempito di messaggi mentre tornavano nelle loro case per dirmi che si erano divertiti. Tutti mi hanno ringraziato per questa possibilità che ho dato loro”.

Ha ammesso che non conosceva il padel, prima di arrivare alla conduzione del talent. Adesso si sente un po’ più preparato?

“Si, è stata la giusta occasione per immergermi in quel mondo. Tra l’altro, non avevo mai fatto nemmeno la conduzione di un programma sportivo. All’interno di Vip4Padel ci sarà tanta telecronaca e cambierà il mio modo di presentare: al di là dell’ironia, che ha sempre fatto parte di me, non farò sentire il mio accento sardo, mio tratto distintivo, perché si tratta di un programma sportivo che ha bisogno di una certa dialettica, di dizione. Tecnica che ho studiato seriamente, ma che nelle mie trasmissioni precedenti non avevo avuto ancora modo di sperimentare”. 

E’ curioso dei feedback che riceverà dal pubblico riguardo questa sua nuova avventura?

“Sì. Come ho già detto, è la prima volta in assoluto che presento un programma sportivo. Ho sempre condotto programmi di cucina, seppur diversi l’uno dall’altro e in tante reti televisive nazionali, e mi sono creato una zona di comfort. Sono quindi curioso di sapere come il pubblico reagirà, sia per ciò che concerne gli ascolti, sia per leggere i feedback e le eventualicritiche, che non mancano mai. A volte vieni criticato anche senza che ti diano modo di dimostrare ciò che sai fare, ma fa parte del gioco. E sono pronto anche a questo”.

Dunque, data la nuova esperienza positiva, non ha nessun rimpianto ad aver lasciato Chef in Campo?

“No, perché è nata un’altra opportunità entusiasmante. Inizialmente, quando ho dato le mie dimissioni da Chef in Campo, la squadra di autori non mi ha preso molto sul serio. Quando hanno capito che non stavo scherzando, mi hanno chiesto come mai volessi lasciare la trasmissione. Anche in quel caso, sono stato sincero: ho detto loro che, dopo tante puntate, non avevo più stimoli nel ripetere sempre le stesse cose. E così, lavorando insieme, abbiamo scelto di metterci in moto per una sorta di spin off di Chef in Campo, incentrato sul mondo dei dolci, che si intitola appunto Dolci in Campo. La messa in onda, al momento, è prevista per la prima serata, sempre su AlmaTv, in uno studio nuovo e innovato. I personaggi famosi del mondo dello spettacolo saranno chiamati a cimentarsi nella preparazione del dolce dell’infanzia, che darà loro l’occasione di raccontarsi, proprio come avveniva nel programma madre con la ricetta del cuore. Scopriremo così aneddoti dal passato di tutti gli artisti che seguiamo in tv. E ci saranno ancora l’esperto di vini Matteo Carreri , la cake creator Manuela Romiti e Terry Alaimo, che farà l’oroscopo dei dolci. E Vittorio Cesarini, dal centro di Roma al  Colosseo, preparerà per ogni personaggio un aperitivo. Un percorso nuovo, attraverso i sentieri del gusto, che affronto piacevolmente, anche perché adoro i dolci”.

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Interviste

Riflessi artistici: il percorso luminoso di Lorenzo Balducci

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A cura di Pierluigi Panciroli

Lorenzo Balducci inizia il suo viaggio nell’arte all’età di quattordici anni immergendosi negli studi di recitazione. Il palcoscenico diventa la sua casa nel 2001, quando, in perfetta armonia con l’attrice Myriam Catania, emerge come protagonista nella raffinata opera teatrale “Romeo e Giulietta” di Claudio Boccaccini. Tuttavia è sul grande schermo che la sua presenza si consolida, facendo il suo debutto con il film “I cavalieri che fecero l’impresa” (2001) diretto da Pupi Avati, seguito da “Il cuore altrove” (2003).

La sua carriera si snoda tra gli schermi del cinema e della televisione, con incursioni nel mondo della musica nel 2002 quando appare nel video musicale della canzone “Telecomando” di Matteo Bassi. Le serie televisive come “Giorni da Leone” (2002), “Il Papa buono” (2003) e “48 ore” (2006) mettono in risalto il suo talento sotto la guida di registi del calibro di Francesco Barilli e Ricky Tognazzi.

Il mondo del cinema celebra la sua espressione artistica attraverso una vasta selezione di pellicole, incluse opere come “Ma che colpa abbiamo noi” (2003), “Tre metri sopra il cielo” (2004) e “Gas” (2005). Nel 2007, si distingue per una stagione cinematografica ricca di titoli come “Last Minute Marocco,” “I testimoni,” e “Il sole nero.” Il 2009 segna il ritorno di Balducci sul grande schermo con tre film che evidenziano la sua ecletticità artistica.

Il suo percorso in “Due vite per caso”, “Io, Don Giovanni” e “Ce n’è per tutti” lo mette in mostra, come interprete di primaria importanza.

Oltre alle sue gesta cinematografiche, Lorenzo si immerge nelle acque internazionali, dando vita a opere come “31 días” (girato in Messico) e “Stella cadente – Estel fugaç” (film in costume spagnolo). La sua incursione nella regia si materializza nel 2022, con il videoclip del singolo “Per dirsi mai” della violinista elettro-pop H.E.R.

Il suo impegno sul fronte LGBTQ+ emerge con chiarezza. Il 2012 segna il suo coming out durante un’intervista a Il Venerdì di Repubblica, e da allora, Lorenzo diventa un assertivo sostenitore dei diritti gay. Nel 2015 appare come giudice al Torino Gay & Lesbian Film Festival, unendo la sua voce a un coro di cambiamento. Nel 2023, la sua partecipazione ai Florence Queer Festival è ulteriore testimonianza del suo costante impegno nel sostegno della comunità LGBTQ+.

La sua carriera continua a brillare, spaziando dalla televisione con serie come “Solo per amore” (2015) e “Medici: Masters of Florence” (2016), all’internazionalità cinematografica con “In Search of Fellini” (2017). Nel 2024, mentre naviga nelle acque della terza stagione di “Doc – Nelle tue mani,” ha iniziato in marzo a portare in scena il suo nuovo spettacolo di stand-up comedy, “E.G.O. – L’Arte della felicità.”

La vita di Lorenzo Balducci è una narrazione di successi artistici e impegno sociale, unendo il suo talento alle sfide della sua epoca.

Qual è stata la tua prima esperienza nell’arte e come hai deciso di intraprendere la recitazione?

La mia prima esperienza nel mondo dell’arte è stata un corso di recitazione che ho fatto a 14 anni, per tre anni. Da bambino giocavo spesso da solo o con amici inventando storie, interpretando personaggi di mondi fantastici, realizzando video con la telecamera dei miei genitori. Sentivo che volevo esprimermi attraverso la recitazione, malgrado la mia timidezza. Spesso le storie che raccontavo rappresentavano un universo fantasy, l’arte era pura fantasia ai miei occhi. A 14 anni sapevo di voler diventare un attore e mia madre mi ha consigliato di frequentare un laboratorio teatrale. Era l’inizio di tutto. Lì ebbi la conferma: recitare mi rendeva felice.

Puoi raccontarci la tua esperienza nel debutto teatrale con “Romeo e Giulietta” nel 2001 e come ha influenzato la tua carriera? 

È stato il mio primo vero lavoro teatrale, ho un bellissimo ricordo del lavoro fatto con Claudio e Miriam, avevo 19 anni e mi sembrava di vivere un’esperienza più grande di me, come se non fossi all’altezza. Ma è stato bellissimo, ricordo che provavo un forte affetto verso tutto il cast, li consideravo una famiglia in quel momento, mi sentivo protetto. Partecipare a quel progetto mi ha fatto sentire più adulto per la prima volta.

Come è stato il tuo debutto cinematografico con “I cavalieri che fecero l’impresa” nel 2001, e come hai affrontato questa transizione dal teatro al grande schermo?

È stata un’esperienza molto breve, un giorno di set, ero totalmente affascinato dalla “macchina” del cinema. Vedere come funzionava un set, ammirare Pupi Avati all’opera, ero terrorizzato, felice, era quello che avevo sempre desiderato, io volevo fare cinema, lavorare davanti alla macchina da presa. La transizione da teatro a cinema è solo questione di tecnica, l’essenza del lavoro di ricerca della verità rimane la stessa.

Hai lavorato con registi rinomati come Carlo verdone, Alessandro Aronadio, e Gianluca Maria Tavarelli. Qual è stata la tua esperienza lavorando con queste figure di spicco?  

Sono registi che ammiro e che hanno segnato il mio percorso. Alessandro Aronadio è anche un amico e interpretare il protagonista della sua opera prima è stata un’esperienza unica, che ripeterei mille volte. Lavorare con Verdone un vero onore, vederlo in azione come regista è meraviglioso, ero affascinato dalla sua serietà e precisione assoluta in tutto quello che faceva. Tavarelli è un grandissimo regista, simpaticissimo, e mi ha diretto in uno dei progetti a cui sono più legato, “Le cose che restano”. Non dimenticherò mai quel set, quel personaggio, quella troupe.

Tra le numerose pellicole in cui hai recitato, c’è un film o una serie TV che ritieni abbia avuto un impatto particolare sulla tua crescita artistica?

Se dovessi scegliere tra le più importanti direi “Gas”, l’opera prima di Luciano Melchionna, che è stato il mio primo film da protagonista. Avevo 21 anni e affrontavo un personaggio fortemente drammatico, al centro di una vera e propria tragedia. Sentivo di essere davvero grato per l’esperienza di lavoro che stavo vivendo, era la mia prima vera completa esperienza artistica, esattamente come la desideravo. Luciano Melchionna, con cui poi ho lavorato in seguito a teatro, è stato bravissimo nel dirigere tutti noi attori del cast. Si era formata di nuovo una grande famiglia.

Come hai affrontato il ritorno sul grande schermo nel 2009 con tre film e quali sfide hai dovuto superare in questo periodo della tua carriera? 

Quello è stato probabilmente l’anno più intenso dal punto di vista lavorativo. Tre progetti che ho amato, tre personaggi a cui sono molto affezionati, tre storie drammatiche. Essendo una persona tendenzialmente iperattiva mi piace l’idea di dovermi districare tra mille impegni. È stato un periodo molto bello, forse l’apice di una prima parte della mia carriera. Le difficoltà, gli ostacoli, li ho vissuti più in seguito, scoprendo però un’altra parte di me, come persona e come artista. Dal 2012, per 8 anni, ho lavorato spessissimo come cameriere, mentre continuavo a fare l’attore, ma con meno frequenza. È stata l’esperienza più formativa della mia vita.

Hai sperimentato l’ambito internazionale con opere come “31 días” e “Stella cadente – Estel fugaç”. Qual è stata la tua prospettiva e sfida nell’approcciarti a progetti internazionali?

Viaggiare lavorando è il sogno più grande. Io amo la Spagna, amo la lingua spagnola. Recitare in spagnolo per me è stato un sogno, conoscere Carlos Saura sul set di “Io, Don Giovanni” mi ha insegnato tantissimo. Il set di Stella Cadente è stato meraviglioso, recitavo in castigliano mentre quasi tutto il cast recitava in catalano. “31 Dìas “è stato girato in Messico. Lavorare immerso nella cultura messicana è stato un sogno. Il film era una commedia romantica dallo stile americano, sentivo che quando sei all’estero il tuo corpo e la tua mente ti chiedono di più, perché desideri essere all’altezza della situazione, e questo mi regala una dose di energia maggiore nel lavoro.

Il tuo impegno nel supporto della comunità LGBTQ+ è evidente. Come ha influenzato la tua carriera e quali sono le sfide che hai affrontato nel diventare un assertivo sostenitore dei diritti gay?

Ha sicuramente influenzato la mia vita perché da quando ho fatto coming out pubblicamente mi sono sentito libero, trasparente, senza filtri, e questo ha aiutato il mio lavoro, le mie scelte lavorative, ma soprattutto la mia vita. Mi sono sempre sentito un sostenitore della mia comunità, penso che sia fondamentale metterci la faccia, ognuno a modo suo, ma non tirarsi indietro, e continuare ogni singolo giorno quello che si celebra e manifesta durante il Gay Pride.

Come hai affrontato la terza stagione di “Doc – Nelle tue mani” e cosa possiamo aspettarci dal tuo nuovo spettacolo di stand-up comedy, “E.G.O. – L’Arte della felicità”? 

Il set di Doc è stata un’esperienza breve ma molto intensa. Non è facilissimo entrare in un contesto così collaudato da anni e cercare di dare il meglio delle proprie possibilità nell’arco di pochissimo tempo. Ho molto amato il lavoro dinamico della regia. Hai l’impressione di essere su una montagna russa che non si ferma mai, è davvero stimolante. Ed è sicuramente emozionante ritrovarsi circondato da un cast stellare, ho davvero un bel ricordo. Per quanto riguarda E.G.O., abbiamo debuttato il primo Marzo a Modena per poi proseguire tra Nord e Sud. E’il terzo progetto teatrale a cui partecipo con Mariano Lamberti e Riccardo Pechini che sono gli autori del testo. Questa volta il tema è la morte, in chiave comica, ma soprattutto tutte quelle cose si fanno in vita per esorcizzarla. È un monologo spietato, divertente, che offre diversi spunti di riflessione.

Come bilanci il successo artistico con il tuo impegno sociale? Quali sono le tue aspirazioni future nella tua carriera e nell’attivismo? 

Per me l’unica forma di successo è la fortuna di poter fare nella vita ciò che si ama. Oggi ho la fortuna di vivere la vita che desidero nel campo artistico. Desidero poter scrivere per il teatro, perché non l’ho mai fatto prima. Mi piacerebbe portare i personaggi a cui do vita sui social, su un palcoscenico. Per quanto riguarda l’attivismo, non mi sono mai sentito veramente un attivista, ma come dicevamo prima un sostenitore della comunità LGBTQIA+, e lo sarò sempre.

La tua presenza nei social è molto attiva. Come gestisci il bilanciamento tra la tua vita online e offline?

Sicuramente l’uso dei social crea dipendenza, chi più chi meno. Se poi i social diventano il tuo lavoro il rischio di quella dipendenza diventa maggiore. Di base uso i social per raccontare il mondo di personaggi surreali, quella è la mia priorità, la vita privata è poco presente sul mio Instagram. Lo preferisco. Mi è capitato di condividere momenti della mia vita sui social o attraverso delle interviste, ma sono delle scelte precise, che nascono dal piacere o il bisogno di condividere qualcosa di personale.

Quali sono i tuoi obiettivi e le tue motivazioni sul fatto di interagire sulle piattaforme social? Qual è il messaggio principale che vuoi trasmettere? 

L’obiettivo principale è sprigionare la mia creatività, poter raccontare il mio mondo a modo mio, senza alcun compromesso. Questa è una grande libertà, essere coerenti con la propria cifra artistica. Non c’è un messaggio preciso che voglio trasmettere, non amo i messaggi in realtà. Preferisco le suggestioni, gli spunti di riflessione, o più semplicemente scioccare il pubblico. Ma con un senso, mai in un modo fine a sé stesso.

Grazie per questa intervista. Quale può essere il tuo “slogan”?

Grazie a te. Non credo di avere un vero e proprio slogan. Da piccolo ho sentito dire tante volte “la libertà è il rispetto delle regole”. E io dicevo sempre di no, ero contrario alle regole. Col tempo ho trasgredito troppo a queste regole, danneggiando me stesso e a volte gli altri. Oggi vorrei imparare a rispettarle di più.

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