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Politica
Mo, S. Craxi: “Escalation? C’è il rischio di...
Mo, S. Craxi: “Escalation? C’è il rischio di scivolare in un conflitto, temo ‘l’anarchico di Sarajevo’…”
"Teheran usa la causa palestinese come alibi, tutti dobbiamo impegnarci per un legame stretto con il mondo arabo moderato ma sono gli Usa a poter mitigare Netanyahu"
![Mo, S. Craxi:](https://www.adnkronos.com/resources/028c-1aa74c11dada-3940f9771f94-1000/format/big/israele_soldatoftg.jpeg)
"Benché tutti gli attori coinvolti dichiarano di non volere una escalation, noi continuiamo reazione dopo reazione a correre il rischio di scivolare in un conflitto. I o temo sempre l'anarchico di Sarajevo". Così la presidente della Commissione Affari esteri e Difesa in Senato Stefania Craxi (Fi) che parlando con l'Adnkronos sollecita: "E' importante che tutto il mondo faccia la sua parte, mantenendo un legame stretto con il mondo arabo moderato. Certamente tutti dobbiamo impegnarci ad evitare tensioni, non è infatti argomento in cui ci si può dividere in tifoserie. Il governo italiano fa la sua parte, anche come presidente di turno del G7, con un lavorio diplomatico del ministro Tajani; così anche il Parlamento. Stasera saranno riunite le commissioni estere di Camera e Senato in un dibattito che registrerà un atteggiamento responsabile per lo meno da una parte dell'opposizione. Ma sappiamo che sono gli Usa il paese che maggiormente può mitigare l'istinto di Netanyahu alla reazione. La posta in gioco è chiara: o Mediterraneo e Medio Oriente pacifici luoghi di scambio economico, politico, culturale, esempio di civilizzazione; o scontro di civiltà e quindi la catastrofe per l'umanità".
Secondo Craxi, "sì, ci sono stati naturalmente errori anche da parte israeliana e dello stesso Netanyahu, ma non bisogna dimenticare da dove nasce questo conflitto che viene scatenato da Hamas nella mattanza del 7 ottobre, contro cittadini civili di ogni età uccisi, torturati e presi in ostaggio" "per obiettivi strategici ben precisi di Teheran: Il primo, dichiarato dagli esordi del regime teocratico, distruggere Israele; il secondo assumere la leadership del mondo arabo facendo dimenticare anche l'origine sciita del conflitto".
"Teheran sa quanto la causa palestinese sia popolare presso le regioni arabe e la usa quindi come alibi in un conflitto che ha tutt'altri obiettivi. Mi duole dirlo - sottolinea la presidente della Comissione Esteri a palazzo Madama - ma tutto ciò discende da un errore di Arafat che appoggiò il golpe di Khomeyni nella illusione di trovare un'altra sponda alla sua causa e così allontanò l'Olp dal mondo musulmano sciita. In questo quadro è paradossale il fatto commenta - che tanti giovani che difendono la causa palestinese sono poi gli stessi che attaccano il regime teocratico dell'Iran".
"La causa palestinese - ribadisce la parlamentare - non è l'origine del conflitto ma l'ostaggio del regime teocratico iraniano contro gli interessi del popolo palestinese e contro quel mondo arabo moderato che da sempre interagisce con l' Occidente e che l'Iran sta tentando di destabilizzare. E' notizia di questi giorni - ricorda - che l'Iran sta tentando di armare i profughi palestinesi in Giordania e ricordo che la Giordania ha partecipato alla difesa di Israele con il suo assetto aereo".
E la Cina, che invita alla calma e moderazione? "Il ruolo della Cina rimane ambiguo: da un lato - risponde Stefania Craxi - ha interesse alla pace per continuare i suoi commerci in un momento anche di difficoltà economica. Dall'altro, ha anche interesse che l'Occidente abbia la testa rivolta verso l'est dell'Europa, tanto è che appoggia la guerra della Russia sostenendone l'economia, mentre le sue navi sono preservate dall'attacco degli Houthi. Pechino quindi è un grande attore. Se si vuole ragionare sul nuovo ordine mondiale si deve parlare ovviamente con la Cina, ma resta sullo sfondo una sua ambiguità di fondo". (di Roberta Lanzara)
Politica
Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa...
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"A viale Mazzini dovrebbero fare una statua a me accanto al cavallo, ho salvato Rai Way dai piani della sinistra"
![Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa non si farà mai](https://www.adnkronos.com/resources/028f-1b762149555d-ff8b94576863-1000/format/big/gasparri.jpeg)
L’ipotesi di privatizzazione della Rai? “Le norme per farlo esistono da 20 anni, sono nella legge che porta il mio nome. Ma cedere Rai1, Rai2, e Rai3, non accadrà mai”. Esordisce così con l’Adnkronos il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia. Che, da ministro delle Comunicazioni del governo Berlusconi, preparò il disegno di legge sul sistema radiotelevisivo italiano approvato dal Parlamento nell’aprile 2004. “Ci sono due possibilità: o una quotazione in borsa, e all’epoca la strada fu esplorata tanto che con l’amministratore delegato Flavio Cattaneo andammo a parlarne con i vertici di Borsa Italiana; oppure la cessione di rami d’azienda. Non bisogna dimenticare che la Rai ha più di dieci canali: oltre ai tre generalisti, ci sono quelli dedicati a storia, cinema, bambini, sport… Nulla vieta, se serve fare cassa, di cedere quelli, in tutto o in parte, o magari di fare delle joint venture con altri editori. Non mi pare che la Rai verrebbe meno al suo ruolo di servizio pubblico se Rai YoYo facesse un accordo con una società che produce contenuti per bambini”.
In un articolo del ‘Foglio’ si fa riferimento alla cessione di un 50% della società per abbattere il debito e gli oneri per le casse dello Stato. “Per un simile scenario ci vorrebbe una quotazione. E' vero, non serve avere il 50+1 di una società per controllarla, basta vedere cosa è successo con Enel, Eni e Leonardo. Ma attenzione: per portare in borsa un asset come la Rai bisogna prima valorizzarlo, renderlo appetibile per investitori e risparmiatori. E al momento mi sembra un compito difficile”. Altro discorso la cessione di rami d’azienda. “A viale Mazzini dovrebbero installare una statua dedicata a me, accanto a quella del cavallo. Fui infatti io nel 2001, da ministro, a oppormi all’operazione che era stata predisposta dal precedente governo di sinistra. Il piano era di cedere a una società privata un pezzo di Rai Way, ovvero le antenne e le infrastrutture di trasmissione, ma la Rai in cambio avrebbe avuto solo la minoranza nel consiglio di amministrazione. Dissi di no a questa idea balzana, sollevando grandi polemiche. Invece fu la scelta giusta: Rai Way è stata quotata anni dopo e ha garantito un ricco assegno per le casse pubbliche. Che hanno potuto monetizzare un asset strategico senza però perderne il controllo. Dico strategico perché con il Covid abbiamo avuto la dimostrazione del fatto che lo Stato deve avere il controllo sulle infrastrutture di comunicazione essenziali come quelle televisive. Durante i lockdown internet non arrivava ovunque, ma i canali del digitale terrestre sì, e hanno potuto informare anche quei cittadini che non sono dotati di smartphone o connessione veloce. Ora si parla di una possibile fusione con Ei Tower, su cui viaggiano le tv private. Non ho nulla in contrario, basta che alla fine dell’operazione la maggioranza di controllo resti in mano pubblica”.
Politica
La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa,...
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Gli uffici di Viale Mazzini da mesi preparano il terreno per una possibile assunzione a tempo indeterminato del direttore generale
![La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa, Rossi stabilizzato?](https://www.adnkronos.com/resources/028f-1b761220d127-96aa2395eeb0-1000/format/big/agenzia_fotogramma_fgr4137909_pr_.jpeg)
L’ipotesi di una privatizzazione della Rai, che oggi è tornata nel dibattito politico, ha fatto molto rumore a Viale Mazzini, rimettendo in moto un progetto che è sul tavolo da circa 30 anni, con altrettante declinazioni e ipotesi. Staccare un solo canale? Tenere Rai1, Rai2 e Rai3 ma cedere tutti gli altri, in blocco o creando delle joint venture con altri editori e produttori? Fare una ‘bad company’ da lasciare in mano pubblica, con i programmi del servizio pubblico che hanno minore ritorno commerciale, mentre una ‘newco’ con i pezzi più pregiati potrebbe essere messa sul mercato? I rumor sono ripartiti a partire dall’articolo di prima pagina del “Foglio” di oggi, che parlava della cessione di un 50% degli asset della tv e radio pubblica.
Come sottolinea Claudio Cerasa, la privatizzazione sarebbe una grande mossa politica, soprattutto in risposta a chi accusa la premier di aver messo in piedi ‘TeleMeloni’. Il problema è che il nuovo assetto sarebbe accolto con ostilità da Mediaset e gruppo Cairo: con l’abbandono dei tetti pubblicitari, la Rai privata sottrarrebbe inserzionisti agli altri broadcaster.
Il dossier è complicato inoltre dal rinnovo dei vertici: mercoledì 31 luglio il parlamento potrebbe (potrebbe) finalmente votare i componenti del cda che sostituiranno gli attuali, scaduti da due mesi. Nel frattempo sono arrivate le dimissioni della presidente Marinella Soldi (che non aveva alcuna possibilità di riconferma) e si aspetta la nomina dei nuovi membri votare al suo posto Simona Agnes, in quota Forza Italia.
Il rischio è però che anche l’appuntamento di mercoledì non sia risolutivo e che tutto slitti a settembre. Anzi a ottobre, mese in cui è attesa la sentenza del Tar sul ricorso contro l’attuale procedura di selezione per il cda. Sarebbe infatti inutile trovare l’accordo per poi rischiare di dover ripartire da capo con la scelta dei candidati.
Lo stallo sul rinnovo si spiega con le tensioni tra Lega e Fratelli d’Italia. Il partito della premier vorrebbe promuovere Giampaolo Rossi, attuale direttore generale, ad amministratore delegato. I salviniani temono però che una mossa simile darebbe troppo potere agli alleati di governo, e finora hanno preso tempo, sapendo di non poter imporre un nome alternativo. Nel frattempo, risalgono le quotazioni di Roberto Sergio, attuale ad, che non avendo appartenenze (se non quella, filosofica, alla regola democristiana) è l’unico nome in grado di tutelare tutte le parti in causa.
Una conferma di Sergio per il prossimo mandato potrebbe scatenare una reazione negativa di Rossi? Non necessariamente: l’Adnkronos può confermare che negli uffici della Rai da mesi si studia il modo per consolidare il suo ruolo in azienda, ad esempio con un’assunzione a tempo indeterminato nel ruolo di direttore generale, così da non essere più in balìa delle tempeste politiche ma in grado di restare a lungo ai vertici di un’azienda con cui in questi anni ha creato un rapporto sempre più stretto.
Politica
Giovanni Toti si è dimesso, Liguria alle urne entro 90...
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Il governatore ha inviato una lettera all'ufficio protocollo della Regione
Con una lettera fatta pervenire all'ufficio protocollo della Regione Liguria il presidente Giovanni Toti ha rassegnato le sue irrevocabili dimissioni. L'addio del presidente comporta automaticamente lo scioglimento della del Consiglio ligure. Nuove elezioni dovranno avvenire entro 90 giorni.