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Salute e Benessere

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Tumori, dal Giappone a Legnano l’inventore dell”ago bisturi’ salva-intestino

Naohisa Yahagi, padre della tecnica Esd che ha rivoluzionato la cura delle neoplasie dell'apparato digerente, in missione in città per 10 giorni e 20 interventi. "Radicale come la chirurgia, ma senza tagli, previene le ricadute e preserva la qualità della vita": ecco la metodica 'super soft' su cui l'Asst Ovest Milanese sogna di fare scuola

Il professor Naohisa Yahagi, al centro, insieme  ai vertici dell'Asst Ovest Milanese, e alle autorità cittadine e regionali (foto Adnkronos Salute)

Naohisa Yahagi, luminare dell'endoscopia digestiva, al Cancer Center della Keio University di Tokyio dove lavora ci resta quando va bene un mese all'anno. Il resto lo passa a girare il mondo, dall'Asia all'Europa fino alle Americhe, per insegnare la tecnica che ha inventato 25 anni fa e che ha cambiato la storia del tumori gastrointestinali: si chiama Esd (dissezione endoscopica sottomucosa) e con aghi speciali usati come bisturi permette di asportare in un unico blocco lesioni precoci, salvando in toto l'organo colpito dal cancro. Questo mese il viaggio infinito di Yahagi si è fermato a Legnano, nell'ospedale capofila dei 4 presidi che fanno capo all'Asst Ovest Milanese. Qualcosa come 20 interventi in 10 giorni, a perfezionare il team diretto da Pietro Gambitta che coltiva un sogno: "Creare qui in azienda, grazie alla collaborazione col Giappone e alla sinergia con l'università, una scuola su questa metodica rivoluzionaria".

"L'Esd è la tecnica più potente e affidabile di resezione endoscopica", spiega Yahagi che ieri sera è stato festeggiato a Legnano con una cerimonia nella Sala Stemmi del Comune, alla presenza dei vertici dell'azienda socio sanitaria territoriale e delle autorità cittadine e regionali. "Consente di trattare anche casi difficili - sottolinea lo specialista, docente di Medicina e direttore della Divisione di Ricerca e sviluppo per trattamenti mini-invasivi al Cancer Center della Keio University School of Medicine - garantendo al paziente una buona qualità di vita, preservando la funzione gastrointestinale e prevenendo il rischio di recidive locali" del tumore. Una metodica 'super soft' che abbina alla forza terapeutica anche un valore diagnostico. Permette infatti "una valutazione istologica precisa" della lesione, ulteriore garanzia contro future ricadute.

"L'Esd consente di resecare nell'intero apparato digerente - dall'esofago allo stomaco, dal duodeno al colon, fino al retto - neoplasie precoci con la stessa radicalità e lo stesso effetto curativo della chirurgia, ma senza alcuna demolizione. Significa preservare l'organo e insieme la qualità di vita del paziente. Niente amputazioni, niente 'sacchetto'", evidenzia Gambitta, direttore della Struttura complessa di Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva dell'Asst Ovest Milanese, che ha portato la tecnica in azienda, con 200 interventi Esd eseguiti in 5 anni. "Vuol dire non accorgersi quasi di essere stati operati: un risultato ancora più prezioso - precisa il primario - considerando l'età sempre più avanzata dei nostri pazienti".

Non è un caso che l'Esd sia nata in Giappone, come metodica endoscopica mini-invasiva per la resezione dei carcinomi superficiali dello stomaco, particolarmente frequenti nel Paese del Sol Levante. Seguendo "una curva di apprendimento" che gli esperti definiscono "lunga e complessa", negli anni la tecnica è cresciuta fino a essere adottata nel trattamento dei tumori di tutto il distretto gastrointestinale.

Gambitta insiste sull'importanza dell'intervento "soprattutto contro il cancro del colon. Osserviamo un aumento esponenziale di questi tumori, mentre diminuiscono quelli all'esofago e allo stomaco", precisa all'Adnkronos Salute. "In Lombardia vediamo una marea di neoplasie precoci del colon, intercettate grazie a un programma regionale di screening che fa registrare numeri in costante aumento: se fino a 2 anni fa in ospedale calcolavamo di effettuare ogni giorno 10 colonscopie su pazienti 'da screening', positivi alla ricerca del sangue occulto nelle feci - riferisce lo specialista durante l'incontro legnanese - oggi ne facciamo 20 al giorno. Un +100%, raddoppiate". Questo si traduce in "una mole enorme di tumori precoci del colon-retto, a volte benigni, ma spesso maligni. Pensate dunque all'importanza di poterli asportare in maniera minimamente invasiva, preservando completamente l'organo e la sua funzionalità, salvando il malato e nello stesso tempo la sua qualità di vita".

Quello tra Yahagi e Gambitta è "uno scambio continuo - racconta il primario dell'Asst di Legnano - Lui viene qui a perfezionarci e anche io vado spesso in Giappone, da dove ho importato questa metodica intorno alla quale vorrei costruire una scuola", è l'ambizione dell'allievo diventato a sua volta maestro. Gambitta ci tiene a lanciare un messaggio: "Ultimamente si parla solo di malasanità, di quello che non funziona. Ma è una narrazione che non rispecchia il nostro quotidiano, fatto di tante belle notizie come questa. Fatto di medici, infermieri e operatori sanitari che faticano ogni giorno per migliorare la vita dei pazienti. Anche questo andrebbe detto".

Esprime "soddisfazione e orgoglio per queste sinergie così importanti" Francesco Laurelli, da inizio 2024 direttore generale dell'Asst Ovest Milanese, dove "contiamo ogni anno 4.700 ricoveri oncologici, sia chirurgici sia medici, e 18mila prestazioni di gastroenterologia". L'obiettivo, afferma, è valorizzare il "ruolo della nostra struttura quale punto di riferimento per tecniche innovative come questa", in un processo di "evoluzione costante nella ricerca, nell'acquisizione di nuove strumentazioni, procedure e competenze, e nella formazione, incentivando la presenza di giovani specialisti". Senza dimenticare che "dietro ogni tecnologia ci sono le persone, il vero cuore pulsante della sanità".

A salutare e ringraziare Yahagi - che sabato 13 aprile illustrerà il passato, il presente e il futuro dell'Esd durante un congresso scientifico a Stresa, sul Lago Maggiore - sono intervenuti alla serata, tra gli altri, Aldo Bruno Giannì dell'università Statale di Milano, presidente del Comitato di direzione della Facoltà di Medicina e Chirurgia; l'assessore ai Trasporti e Mobilità sostenibile della Regione Lombardia, Franco Lucente; Silvia Scurati, consigliera regionale della Lega, e il sindaco di Legnano Lorenzo Radice. "Quest'anno - dichiara - celebriamo il centenario di Legnano Città, all'insegna dello slogan 'Legnano città aperta e accogliente'. Ospitare il professor Yahagi ci onora ed è un segnale, un simbolo della ricchezza portata dall'apertura alla conoscenza e al sapere. Cent'anni fa Legnano diventava città e l'ospedale c'era", ha voluto ricordare il sindaco. "Legnano e il suo ospedale sono una cosa sola". ​

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Scoperto interruttore che spegne il grasso bruno...

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Allo studio contro l'obesità, scienziati al lavoro per una strategia che lo attivi in modo sicuro con dei farmaci

Bambino obeso - Fotogramma

E' diverso dal solito grasso, 'nemico giurato' di molti, un tormento quando si accumula attorno alla pancia e alle cosce. Il grasso bruno, noto anche come Bat (tessuto adiposo bruno), è un altro tipo di grasso presente nel nostro corpo e ha una missione speciale: aiuta a bruciare le calorie degli alimenti che consumiamo trasformandole in calore, il che può essere utile, soprattutto quando siamo esposti a temperature fredde come durante il nuoto invernale o la crioterapia. Per molto tempo gli scienziati hanno pensato che solo i neonati e piccoli animali come i topi lo avessero. Ma una nuova ricerca mostra invece che un certo numero di adulti mantiene il grasso bruno per tutta la vita. E gli scienziati stanno cercando un modo per attivarlo in modo sicuro utilizzando farmaci che aumentino la sua capacità di produrre calore, e sfruttando questa sua efficacia nel bruciare calorie. Un nuovo lavoro svela un possibile 'interruttore'.

Nel dettaglio, i gruppi di ricerca di Jan-Wilhelm Kornfeld dell'University of Southern Denmark/Novo Nordisk Center for Adipocyte Signaling (Adiposign) e di Dagmar Wachten dell'University Hospital e dell'università di Bonn (Germania) hanno scoperto che un meccanismo integrato finora sconosciuto che spegne il grasso bruno subito dopo essere stato attivato. Ciò limita la sua efficacia come trattamento contro l'obesità, evidenziano gli esperti. Secondo la prima autrice dello studio, Hande Topel, la 'chiave' è una proteina responsabile di questo processo di spegnimento. Si chiama 'AC3-AT'.

"Guardando al futuro, riteniamo che trovare modi per bloccare AC3-AT potrebbe essere una strategia promettente per attivare in modo sicuro il grasso bruno e affrontare l'obesità e i problemi di salute correlati", afferma l'esperta. Il gruppo di ricerca ha trovato la proteina di spegnimento utilizzando una tecnologia avanzata: "Quando abbiamo studiato topi che geneticamente non avevano AC3-AT, abbiamo scoperto che erano protetti dal diventare obesi, in parte perché i loro corpi erano semplicemente più bravi a bruciare calorie ed erano in grado di aumentare i loro tassi metabolici attivando grasso bruno".

Gli scienziati hanno quindi nutrito due gruppi di topi con una dieta ricca di grassi per 15 settimane, cosa che li ha resi obesi. Il gruppo a cui è stata rimossa la proteina AC3-AT ha guadagnato meno peso rispetto al gruppo di controllo ed era metabolicamente più sano. "Questi topi hanno anche aumentato la massa magra rispetto ai topi di controllo", sottolinea la coautrice Ronja Kardinal. "Poiché AC3-AT si trova non solo nei topi, ma anche negli esseri umani e in altre specie, ci sono implicazioni terapeutiche dirette per gli esseri umani".

Anche se la prevalenza del grasso bruno diminuisce con l'invecchiamento, e nonostante gli adulti non ne abbiano tanto quanto i neonati, il grasso bruno può comunque essere attivato, ad esempio dall'esposizione al freddo e aumenta il tasso di metabolismo delle persone, il che può aiutare a stabilizzare la perdita di peso in condizioni in cui l'apporto calorico è (troppo) elevato. I ricercatori hanno anche identificato altre versioni sconosciute di proteine/geni, che rispondono all'esposizione al freddo, simili ad AC3-AT. "Tuttavia - puntualizza Wachten - sono necessarie ulteriori ricerche per chiarire l'impatto terapeutico di questi prodotti genetici alternativi e dei loro meccanismi regolatori" durante l'attivazione del grasso bruno.

"La comprensione di questo tipo di meccanismi molecolari non solo fa luce sulla regolazione del grasso bruno, ma promette anche di svelare meccanismi simili in altri percorsi cellulari. Questa conoscenza può essere determinante per migliorare la nostra comprensione di varie malattie e per lo sviluppo di nuovi trattamenti", conclude Kornfeld.

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Covid, caratteristiche genetiche influenzano risposta a...

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Ricercatori italiani di diverse università hanno unito le proprie forze per studiare le basi genetiche delle differenze interindividuali nella risposta anticorpale alla vaccinazione anti-Covid-19 con il vaccino Pfizer-Biontech

Vaccino anti covid Pfizer - Afp

La risposta al vaccino contro Covid-19 non è univoca ma individuale, influenzata dalle caratteristiche genetiche di ognuno. Lo rivela uno studio condotto da un gruppo di ricercatori della Fondazione Irccs Istituto neurologico “Carlo Besta” (Fincb), dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs, dell’azienda ospedaliera Senese e della Fondazione Irccs Casa sollievo della sofferenza che, guidati dall’Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio nazionale delle ricerche di Segrate (Cnr-Itb), ha unito le proprie forze per studiare le basi genetiche delle differenze interindividuali nella risposta anticorpale alla vaccinazione anti-Covid-19 con il vaccino Bnt162b2 (Pfizer-Biontech).

Cosa rivela lo studio

Lo studio ha mostrato come alcuni soggetti con determinate varianti genetiche nei geni del complesso maggiore di istocompatibilità (proprietà delle cellule di un tessuto di essere riconosciute come proprie da parte dell'organismo e non essere quindi eliminate dal sistema immunitario), coinvolto nei principali meccanismi di difesa del nostro sistema immunitario, producevano differenti quantità di anticorpi diretti contro l’antigene del coronavirus Sars-CoV-2. Lo studio è disponibile in open access su 'Communications Medicine'.

I ricercatori hanno valutando la correlazione tra milioni di varianti genetiche germinali e i livelli anticorpali nel siero di soggetti vaccinati contro il Covid-19, a 30 giorni di distanza dalla vaccinazione. Infatti, sin dall’inizio della campagna vaccinale si era osservata una differenza sostanziale nelle quantità di anticorpi prodotti dai soggetti vaccinati. “Come per la maggior parte dei farmaci, così anche per i vaccini ogni individuo può rispondere in maniera più o meno efficace e questo è dovuto, almeno in parte, alla costituzione genetica individuale”, spiega Francesca Colombo, ricercatrice del Cnr-Itb, che ha guidato la ricerca. “Il nostro studio ha coinvolto 1.351 soggetti, (operatori sanitari vaccinati nei primi mesi del 2021, nei tre centri ospedalieri coinvolti nello studio) ai quali è stato prelevato un campione di sangue per l’estrazione del Dna e di siero per la misurazione degli anticorpi anti-Sars-CoV-2 dopo un mese dalla somministrazione della seconda dose del vaccino Pfizer-Biontech”.

“Con le analisi statistiche effettuate abbiamo scoperto che una particolare regione del genoma, sul cromosoma 6, era significativamente associata ai livelli anticorpali - prosegue Martina Esposito, primo autore dello studio e assegnista di ricerca presso il Cnr-Itb - In questa specifica regione genomica sono presenti dei geni che codificano per delle molecole presenti sulla superficie cellulare, coinvolte nei meccanismi di risposta immunitaria. Questi geni sono molto variabili ed esistono differenti combinazioni. Il nostro studio ha evidenziato che alcune combinazioni erano associate a livelli di anticorpi più alti, mentre altre a livelli più bassi, spiegando quindi dal punto di vista genetico le differenze nella risposta alla vaccinazione osservate tra individui diversi”.

“I modelli matematici usati e le analisi statistiche effettuate per arrivare a questi risultati sono molto complessi perché complessa è l’interazione tra i geni e dei geni stessi con il vaccino. L’expertise maturata negli studi genetici in molti anni di ricerca condotta a Casa Sollievo della Sofferenza ci ha permesso di gestire tale complessità nei dati, contribuendo a giungere a questi importanti risultati", sottolinea Massimiliano Copetti, responsabile Biostatistica della Fondazione Irccs Casa Sollievo della Sofferenza.

"L’identificazione di specifici alleli Hla che conferiscono una predisposizione ad un’alta o bassa produzione di anticorpi dopo la somministrazione del vaccino anti-Covid ci può permettere ora di differenziare e personalizzare la campagna vaccinale, fornendo a ciascun individuo il vaccino più adatto, cioè quello che gli permetterà di produrre più anticorpi possibili. Questo approccio può essere esteso anche ad altri vaccini ideati contro altre malattie, nell’ottica di una vaccinazione di precisione supportata dalla vaccinogenomica", afferma Massimo Carella, biologo genetista e vice-direttore scientifico della Fondazione Irccs Casa Sollievo della Sofferenza. La ricerca è stata finanziata dell’Istituto Buddista italiano Soka Gakkai.

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Infettivologi, ‘coperture vaccinali in calo, serve...

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Infettivologi, 'coperture vaccinali in calo, serve rivedere campagna autunnale'

"C'è un problema di coperture vaccinali in Italia. E' emerso anche durante il congresso Escmid Global a Barcellona", l'evento annuale che riunisce i microbiologi e infettivologi da tutta Europa e non solo, "quella anti-Covid in Italia non è stata molto efficace, siamo arrivati al 12% dei soggetti a rischio immunizzati mentre il resto d'Europa è sopra il 50%. L'Italia deve rivedere la politica sulle vaccinazioni e tra pochi giorni uscirà un documento congiunto Simit-Siti per preparare la prossima campagna vaccinale autunnale che - secondo noi - dovrà raccomandare anche l'anti-Covid insieme all'antinfluenzale. C'è anche preoccupazione per l'epidemia di morbillo che sta creando diversi problemi in vari stati europei. Insomma, il tema delle coperture vaccinali deve tornare la priorità delle politiche sanitarie". Lo sottolinea all'Adnkronos Salute Massimo Andreoni direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) e professore ordinario di Malattie infettive Università Tor Vergata di Roma, che ha partecipato al congresso Escmid Global.

Quali sono stati i focus principali dell'evento congressuale? "L'antibiotico resistenza rappresenta un problema di sanità pubblica in tutti i paesi - risponde Andreoni - All'Escmid sono stati presentati diversi studi su nuovi approcci per arrivare a combattere i super batteri. Tra queste strategie sembra interessante quella che usa i 'virus fagi' che aggrediscono i batteri in maniera molto specifica. Sono virus non in grado di infettare le cellulare umane ma di attaccare le cellule batteriche di pseudomonas o stafilococco, ad esempio".

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