Salute e Benessere
Tumori, in Lombardia 60mila diagnosi l’anno, convegno...
Tumori, in Lombardia 60mila diagnosi l’anno, convegno su ricerca e prevenzione
A seno, polmone e colon-retto le neoplasie più diffuse, intercettarle prima che si manifestino nuova frontiera della lotta al cancro
In Lombardia il 18,3% degli over 14 fuma, il 31,3% è in sovrappeso, il 10,5% è obeso, il 9,9% consuma alcol in quantità eccessiva, il 22,6% è totalmente sedentario. Dati allarmanti responsabili dell'insorgenza di numerose malattie, in primo luogo quelle cardiovascolari e oncologiche. "Ogni anno 60mila cittadini lombardi vengono colpiti da un tumore, il 40% dei quali potrebbe essere evitato correggendo gli stili di vita sbagliati. Prevenzione, dunque, si conferma la parola d'ordine, ma una prevenzione che deve essere personalizzata e attiva", ha affermato oggi Gianluca Vago, direttore del Dipartimento di Oncologia ed Emato-oncologia dell'università Statale di Milano e presidente della Fondazione Cnao (Centro nazionale di adroterapia oncologica), durante un convegno nazionale promosso dalla Regione Lombardia al Pirellone. "Anche nella nostra regione, come nel resto del Paese - ha precisato - i tumori più diffusi sono quelli al seno (10.000 casi l'anno), al polmone (7.600) e al colon-retto (7.100)".
"In questa occasione vogliamo focalizzare l'attenzione sugli sforzi che tutta la ricerca sta facendo per riconoscere il più precocemente possibile la presenza di una neoplasia, ma più ancora per identificare dei marcatori di rischio prima ancora dello sviluppo del tumore", ha evidenziato Vago. "Il tumore impiega anni prima di svilupparsi - ha ricordato Luca Quagliata, biotecnologo molecolare dell'università di Heidelbergin Germania - Il Dna di ciascuno di noi riceve migliaia di lesioni quotidiane che vengono però riparate dai geni oncosoppressori. Se questi geni smettono di funzionare, non riparano più i danni e si formano mutazioni somatiche (acquisite) che rappresentano un indicatore della inattività sopraggiunta dei geni e, quindi, della condizione prodromica dello sviluppo dei tumori solidi. E' l'instabilità genomica". Questa, "l'infiammazione cronica, lo squilibrio del sistema immunitario e della flora batterica costituiscono i fattori prodromici che possono portare nel tempo al cancro".
Uno dei modelli più studiati e in cui si sono avuti i maggiori risultati in questo senso - è emerso dall'incontro - è quello dei tumori del colon-retto. Andrea Sartore-Bianchi, ospedale Niguarda e università di Milano, ha portato l'esperienza e il lavoro di anni a Niguarda, sottolineando come l'utilizzo di metodiche innovative, in particolare della cosiddetta biopsia liquida, stia fornendoci degli strumenti di indagine che stanno trasformando l'approccio diagnostico e di monitoraggio della malattia.
"Uno degli scenari più interessanti per la prevenzione personalizzata è rappresentato da quella che viene chiamata Cancer Driver Interception - ha riferito Giuseppe Mucci, presidente di Bioscience Foundation - Come per le malattie cardiovascolari possiamo controllare la pressione arteriosa e il livello di colesterolo, fattori di rischio davvero importanti, oggi possiamo verificare e monitorare le mutazioni che portano all'insorgenza dei tumori. E' un approccio potenzialmente in grado di 'intercettare', appunto, la storia naturale della progressione tumorale ancora prima dell'insorgenza della malattia; approccio che naturalmente richiede studi di conferma e validazione su grandi dati di popolazione, ma che sempre più sta prendendo piede in ambito oncologico".
Nella lotta al cancro in questi anni si "stanno registrando progressi significativi - ha rimarcato Giuseppe Curigliano, professore di Oncologia medica all'università di Milano e direttore Divisione Sviluppo di nuovi farmaci per terapie innovative all'Istituto europeo di oncologia (Ieo) - grazie alle nuove terapie che hanno portato risultati straordinari in molte neoplasie, in particolare nel carcinoma della mammella. Avere individuato mutazioni genetiche come quelle Her2 e Brca ci ha permesso di intervenire efficacemente con terapie sempre più specifiche, anche nelle fasi più avanzate della malattia".
La ricerca in questo campo è "davvero rilevante" e "la Lombardia - ha precisato Curigliano - rappresenta un'eccellenza con gruppi di ricerca all'avanguardia nel mondo. Oggi nel nostro Paese l'88% delle donne con questa patologia è vivo a 5 anni, percentuali davvero significative, ma bisogna insistere sulla prevenzione, in particolare sull'adesione allo screening. In Lombardia il 62% delle donne chiamate risponde a questo esame fondamentale per la diagnosi precoce, un dato più alto rispetto alla media nazionale, ma si può fare molto meglio. Prevenzione attiva e diagnosi precoce possono fare la differenza. Un modo concreto anche per garantire la sostenibilità dell'intero sistema sanitario".
"La prevenzione deve essere estesa anche a chi ha già ricevuto una diagnosi di tumore alla mammella - hanno dichiarato Anna Maria Mancuso di Salute Donna e Adele Patrini di Europa Donna Italia - Oggi in Italia vivono oltre 830mila donne con alle spalle una diagnosi di tumore. La gran parte delle quali ha un'ottima qualità di vita, ma ancora troppe ex pazienti riprendono a fumare, a consumare alcol in modo eccessivo, a non svolgere alcuna attività fisica. Come associazioni di pazienti siamo impegnate per sensibilizzare su questi temi, anche ribadendo il ruolo fondamentale della riabilitazione psiconcologica, il ritorno a una vita lavorativa e affettiva normale, con l'obiettivo di evitare l’insorgenza di recidive. Bisogna insistere molto per sensibilizzare le ex malate per evitare l'insorgenza di recidive".
Al convegno, dove ha portato i saluti il governatore Attilio Fontana, è intervenuta anche Gabriella Pravettoni, professoressa di Psicologia cognitiva e delle decisioni all'università di Milano, che ha evidenziato l'importanza e la necessità degli interventi utili a modificare gli stili di vita.
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Pressione alta, il ruolo del Dna: lo studio
Maxi-studio internazionale apre a diagnosi di precisione, cure su misura e all'identificazione di nuovi bersagli terapeutici
La pressione alta dipende certo dai cattivi stili di vita, ma sulla probabilità di ammalarsi di ipertensione - un fattore di rischio chiave per le patologie cardiovascolari - pesa anche il Dna. In un maxi studio sui dati di oltre un milione di persone, il più grande mai condotto finora sull'argomento, ricercatori e collaboratori dei National Institutes of Health-Nih americani hanno scoperto oltre 2mila regioni del genoma umano (loci genomici) legati alla pressione sanguigna, comprese 113 nuove regioni. Il lavoro è pubblicato su 'Nature Genetics' e secondo gli autori permetterà di capire meglio come viene regolata la pressione del sangue, nonché di identificare possibili bersagli per nuovi farmaci.
"Il nostro studio aiuta a spiegare una percentuale molto maggiore di differenze tra la pressione sanguigna di due persone rispetto a quanto precedentemente noto", afferma Jacob Keaton, sezione Informatica sanitaria di precisione del National Human Genome Research Institute (Nhgri), primo autore della ricerca alla quale hanno contribuito più di 140 scienziati di oltre 100 università, istituti e agenzie governative. I ricercatori sono riusciti anche a calcolare un punteggio di rischio poligenico, che combina gli effetti di tutte le varianti genomiche presenti in una persona, per prevederne la pressione e il pericolo ipertensione. "Conoscere il rischio di un paziente di sviluppare ipertensione potrebbe portare a trattamenti su misura, che hanno maggiori probabilità di essere efficaci", sottolinea Keaton.
Tra i nuovi loci genomici scoperti, molti si trovano in geni che svolgono un ruolo nel metabolismo del ferro, confermando precedenti evidenze secondo cui alti livelli di ferro possono contribuire alle malattie cardiovascolari, precisano gli autori. Gli scienziati hanno inoltre confermato l'associazione tra pressione sanguigna e varianti del gene Adra1A, che codifica per un recettore cellulare detto adrenergico, già target di farmaci per la pressione. Ecco perché gli autori ritengono che altre varianti genomiche individuate nella nuova ricerca potrebbero diventare bersagli farmacologici per sviluppare nuove terapie.
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Cardiologi: “Ecg con Ai è salto in avanti, screening...
Lo studio sull'efficacia dell'uso di nuovi Ecg con intelligenza artificiale nel prevenire i decessi individuando pazienti ad alto rischio mortalità, "ci dice che non si deve avere paura e non si deve essere scettici rispetto all'uso dell'Ai nella pratica clinica. Questa ricerca e altre del genere forniscono una indicazione importante sul tema della prevenzione. Se un medico, grazie appunto all'Ai, riceve un alert su un paziente specifico può dedicargli più attenzione, si può identificare uno scompenso cardiaco, si possono usare farmaci antiaritmici in modo selettivo, ma anche individuare aritmie maligne. L'Ecg intelligente ci permette un salto in avanti con uno screening più approfondito rispetto a quello che si esegue di routine, riducendo anche i costi e l'inappropriatezza". Così all'Adnkronos Leonardo De Luca, vice presidente Anmco, l'Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri, e direttore della struttura complessa di Cardiologia del Policlinico San Matteo di Pavia.
Rispetto alle innovazioni, in Italia "c'è un problema culturale", avverte De Luca. "Secondo un nostro censimento di tutte le strutture cardiologiche pubbliche, convenzionate e private presenti in Italia - spiega - parliamo di 790 strutture, solo nel 20% sono presenti strumenti di telemedicina, teleconsulto e telerefertazione. Il Pnrr doveva intervenire proprio su queste settore e sull'ammodernamento del parco tecnologico".
Il balzo tecnologico, favorito anche dall'Ai, può essere un rischio nel far aumentare la richiesta di offerta sanitaria 'hi-tech'? "C'è il rischio, come c'è un rischio di esagerare con l'interpretazione dei dati che arrivano dai vari software oggi a disposizione - risponde il primario di Cardiologia - Questo studio dimostra che proprio l'Ai applicata a un esame importante e ormai consolidato come l'Ecg può ridurre la mortalità del paziente ospedalizzato, ma c'è da considerare anche l'effetto Hawthorne, che accade quando c'è una variazione del comportamento in presenza di qualcuno che ti osserva. Questo - chiarisce - potrebbe essere accaduto nello studio quando il medico, che sa di partecipare a un ricerca, è più attento ai dati e all'osservazione clinica del paziente. Magari è più sensibile all'alert dell'Ai e interviene istantaneamente. Ma al di là di questa considerazione, davvero ormai con intelligenze artificiali che passano in rassegna milioni di dati e immagini in pochissimo tempo, siamo in presenza di una rivoluzione nel campo della cardiologia, e non solo".
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Nuovo cancro seno ereditario, Aiom: “Passo avanti per...
E' "un passo avanti importante sulla strada della diagnosi di precisione" lo studio dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, pubblicato su 'Jama Network Open', che ha scoperto una nuova forma ereditaria di cancro al seno, associata al gene Cdh1. A spiegare all'Adnkronos Salute il valore del lavoro dei senologi Ieo è Francesco Perrone, presidente dell'Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) e direttore dell'Unità Sperimentazioni cliniche dell'Istituto nazionale tumori Fondazione Pascale di Napoli.
In donne operate per un tumore lobulare del seno, gli autori hanno definito una nuova sindrome chiamata 'carcinoma mammario lobulare ereditario', associata a mutazioni patogenetiche del gene Cdh1. Una forma di cancro e che si differenzia integralmente - sottolineano i ricercatori - dalla classica sindrome del carcinoma mammario ereditario causata dalle note mutazioni dei geni Brca1 e Brca2. I cosiddetti 'geni Jolie', che hanno spinto l'attrice americana e più di recente la supermodella Bianca Balti a ricorrere alla chirurgia preventiva per scongiurare il rischio cancro. Per i senologi Ieo, "le donne con un tumore lobulare, con età sotto i 45 anni, o con storia familiare positiva o con tumore lobulare bilaterale, dovrebbero essere tutte testate per il gene Cdh1".
Su questo punto Perrone precisa: "Non faccio anticipazioni sui contenuti delle future linee guida Aiom, che sono frutto di un processo lungo e complesso, e che sono valide una volta approvate dall'Istituto superiore di sanità e pubblicate". Ciò premesso, lo studio dell'Irccs fondato da Umberto Veronesi indica "una nuova potenziale possibilità di fare diagnosi di precisione", afferma l'oncologo. Le conclusioni del lavoro, puntualizza, aprono all'eventualità di "aggiungere, nei prossimi anni, qualcosa all'armamentario diagnostico già disponibile per cercare di identificare tumori che hanno una causa ereditaria". Un'opportunità molto importante per i pazienti con mutazioni genetiche a rischio cancro, ma anche per i loro familiari, sui quali potrà essere cercata la stessa mutazione, valutando strategie personalizzate di prevenzione.
La nuova ricerca dell'Ieo, commenta il presidente Aiom, "è uno studio sicuramente importante su un tema molto importante che è quello delle forme ereditarie di cancro. In questo caso una forma di cancro della mammella, il carcinoma lobulare, che non è la più frequente", rimarca Perrone. L'oncologo si complimenta pertanto con gli autori anche "per la capacità di mettere insieme una grande casistica, iniziata prima del 2000", così da produrre risultati abbastanza 'pesanti' da poter sperare di orientare in futuro la diagnosi oncologica di precisione.
"Al momento - ribadisce il numero uno dell'associazione oncologi medici - mi sembra che il senso di questa pubblicazione possa essere quello di aggiungere potenzialmente, nei prossimi anni, qualcosa all'armamentario diagnostico di cui disponiamo per individuare i tumori con una causa ereditaria. Che ciò si potrà tradurre in una modifica della terapia o della prognosi è molto presto per dirlo, però è una cosa importante. Con i più noti e importanti 'geni Jolie' - ricorda infatti Perrone - quello che accade" già oggi "è che si fa una diagnosi di un tumore che è legato a un'anomalia di questi geni, e quindi si può poi discutere e ragionare anche per la prevenzione del cancro nei familiari che potrebbero avere la stessa mutazione. Un elemento, questo, molto importante".