Salute e Benessere
Morbillo, Bassetti: “E’ partita...
Morbillo, Bassetti: “E’ partita l’epidemia, il peggio deve arrivare”
Iss: 213 casi da gennaio, oltre l'88% tra non vaccinati. Ciccozzi: "Aumento dell'incidenza fra bimbi 0-4 anni nonostante obbligo vaccinale"
"E' partita l'epidemia" di morbillo e "il peggio deve arrivare". A lanciare l'allarme con l'Adnkronos Salute è il primario di Malattie infettive del policlinico San Martino di Genova, Matteo Bassetti, che commenta i dati pubblicati oggi dall'Iss.
Dati dell'Iss sul morbillo
Nei primi 3 mesi del 2024 sono stati 213 i casi di morbillo in Italia, l'85% dei quali confermati (181). Trentaquattro infezioni sono state notificate a gennaio, 93 a febbraio e 86 a marzo. Quasi 9 contagiati su 10 (88,2%) non erano vaccinati, indica l'Istituto superiore di sanità nell'ultimo bollettino curato dalla sorveglianza epidemiologica nazionale su morbillo e rosolia.
Sul totale dei casi di morbillo registrati dal primo gennaio al 31 marzo, 18 (8,4%) sono importati. Il 68% dei contagi (146 su 213) è stato segnalato da tre regioni (Lazio, che riporta l'incidenza più alta; Sicilia; Toscana). L'età mediana degli infettati è pari a 31 anni, ma l'incidenza più elevata è stata osservata nella fascia di età 0-4 anni; 11 contagiati avevano meno di un anno di età. In 20 casi la trasmissione è avvenuta in ospedale e sono stati segnalati 11 casi tra operatori sanitari. Cinquantasei casi (26,3%) hanno riportato almeno una complicanza, inclusi 23 casi di polmonite e un caso di encefalite in un giovane adulto, non vaccinato. Nello stesso periodo, non sono stati segnalati casi di rosolia.
Bassetti
I dati "confermano che purtroppo in questo 2024 è partita un'epidemia: abbiamo numeri significativi, 213 casi in 3 mesi, rispetto al 2023 con pochi casi. E' solo l'inizio, il peggio deve arrivare e temo che sarà a cavallo dell'estate. La popolazione colpita è non vaccinata o con una sola dose, tra 15 e 40 anni, una fascia già messa in evidenza dal report dell'Ecdc che aveva registrato 30mila casi nel 2023. Mi colpisce che nessuno si preoccupi per le complicazioni: non è una malattia tranquilla e gestibile, se la prendi in età adulta può essere grave e dare complicazioni", afferma Bassetti che sottolinea: "La vaccinazione è lo strumento di protezione che il Servizio sanitario nazionale deve mettere in campo. Non è più iniziativa del singolo, ma serve l'intervento dello Stato che deve tutelarsi con le vaccinazioni".
**Morbillo: Pregliasco, 'servono campagne vaccinali con chiamata attiva'**
'Recuperare seconde dosi mancate e proteggere soggetti a rischio come insegnanti e operatori sanitari'
Il ritorno del morbillo in Italia, con 86 casi segnalati solo a marzo (aumentati del 150% rispetto ai 34 di gennaio) per un totale di 213 da inizio 2024, "non vede altra opzione se non la vaccinazione". Per Fabrizio Pregliasco, virologo dell'università Statale di Milano, c'è "la necessità di promuovere campagne per ripristinare la protezione vaccinale. Serve informazione - spiega all'Adnkronos Salute commentando l'ultimo bollettino diffuso dall'Istituto superiore di sanità - e serve un impegno proattivo da parte dei Dipartimenti di prevenzione", una 'chiamata' alla vaccinazione per le categorie a più alto rischio di contagio.
Oltre a proteggere i non vaccinati, secondo l'esperto occorre "recuperare le seconde dosi mancate per quanto riguarda i giovani", mentre "fra gli adulti bisogna puntare ai soggetti più esposti, come insegnanti e operatori sanitari".
"Sicuramente vediamo una situazione legata al calo della copertura vaccinale", sottolinea Pregliasco. "Essendo il morbillo una malattia con un indice di trasmissibilità R0 molto alto (ogni caso ne può generare 13-15), e avvenendo il contagio attraverso il respiro, l'unica strategia - insiste il medico - è la vaccinazione".
Pregliasco
Il ritorno del morbillo in Italia, con 86 casi segnalati solo a marzo (aumentati del 150% rispetto ai 34 di gennaio) per un totale di 213 da inizio 2024, "non vede altra opzione se non la vaccinazione". Per Fabrizio Pregliasco, virologo dell'università Statale di Milano, c'è "la necessità di promuovere campagne per ripristinare la protezione vaccinale. Serve informazione - spiega all'Adnkronos Salute commentando l'ultimo bollettino diffuso dall'Istituto superiore di sanità - e serve un impegno proattivo da parte dei Dipartimenti di prevenzione", una 'chiamata' alla vaccinazione per le categorie a più alto rischio di contagio.
Oltre a proteggere i non vaccinati, secondo l'esperto occorre "recuperare le seconde dosi mancate per quanto riguarda i giovani", mentre "fra gli adulti bisogna puntare ai soggetti più esposti, come insegnanti e operatori sanitari".
"Sicuramente vediamo una situazione legata al calo della copertura vaccinale", sottolinea Pregliasco. "Essendo il morbillo una malattia con un indice di trasmissibilità R0 molto alto (ogni caso ne può generare 13-15), e avvenendo il contagio attraverso il respiro, l'unica strategia - insiste il medico - è la vaccinazione".
Ciccozzi
"C'è una classe di età 0-4 anni in cui è chiaro un picco di incidenza del morbillo nei primi tre mesi del 2024. Mi chiedo come possa esserci visto che dal 2017 c'è l'obbligo vaccinale. Una ipotesi è che non siano tutti bambini italiani, ovvero l'informazione sulle vaccinazioni potrebbe non aver raggiunto alcune etnie. E forse su questo punto dovremmo interrogarci e agire di conseguenza migliorando la comunicazione. Preoccupa il fatto che il trend dei casi di morbillo dei primi tre mesi 2024 sia in aumento e questo non ci lascia tranquilli per i prossimi mesi", afferma dal canto suo con l'Adnkronos Salute l'epidemiologo Massimo Ciccozzi.
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Pressione alta, il ruolo del Dna: lo studio
Maxi-studio internazionale apre a diagnosi di precisione, cure su misura e all'identificazione di nuovi bersagli terapeutici
La pressione alta dipende certo dai cattivi stili di vita, ma sulla probabilità di ammalarsi di ipertensione - un fattore di rischio chiave per le patologie cardiovascolari - pesa anche il Dna. In un maxi studio sui dati di oltre un milione di persone, il più grande mai condotto finora sull'argomento, ricercatori e collaboratori dei National Institutes of Health-Nih americani hanno scoperto oltre 2mila regioni del genoma umano (loci genomici) legati alla pressione sanguigna, comprese 113 nuove regioni. Il lavoro è pubblicato su 'Nature Genetics' e secondo gli autori permetterà di capire meglio come viene regolata la pressione del sangue, nonché di identificare possibili bersagli per nuovi farmaci.
"Il nostro studio aiuta a spiegare una percentuale molto maggiore di differenze tra la pressione sanguigna di due persone rispetto a quanto precedentemente noto", afferma Jacob Keaton, sezione Informatica sanitaria di precisione del National Human Genome Research Institute (Nhgri), primo autore della ricerca alla quale hanno contribuito più di 140 scienziati di oltre 100 università, istituti e agenzie governative. I ricercatori sono riusciti anche a calcolare un punteggio di rischio poligenico, che combina gli effetti di tutte le varianti genomiche presenti in una persona, per prevederne la pressione e il pericolo ipertensione. "Conoscere il rischio di un paziente di sviluppare ipertensione potrebbe portare a trattamenti su misura, che hanno maggiori probabilità di essere efficaci", sottolinea Keaton.
Tra i nuovi loci genomici scoperti, molti si trovano in geni che svolgono un ruolo nel metabolismo del ferro, confermando precedenti evidenze secondo cui alti livelli di ferro possono contribuire alle malattie cardiovascolari, precisano gli autori. Gli scienziati hanno inoltre confermato l'associazione tra pressione sanguigna e varianti del gene Adra1A, che codifica per un recettore cellulare detto adrenergico, già target di farmaci per la pressione. Ecco perché gli autori ritengono che altre varianti genomiche individuate nella nuova ricerca potrebbero diventare bersagli farmacologici per sviluppare nuove terapie.
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Cardiologi: “Ecg con Ai è salto in avanti, screening...
Lo studio sull'efficacia dell'uso di nuovi Ecg con intelligenza artificiale nel prevenire i decessi individuando pazienti ad alto rischio mortalità, "ci dice che non si deve avere paura e non si deve essere scettici rispetto all'uso dell'Ai nella pratica clinica. Questa ricerca e altre del genere forniscono una indicazione importante sul tema della prevenzione. Se un medico, grazie appunto all'Ai, riceve un alert su un paziente specifico può dedicargli più attenzione, si può identificare uno scompenso cardiaco, si possono usare farmaci antiaritmici in modo selettivo, ma anche individuare aritmie maligne. L'Ecg intelligente ci permette un salto in avanti con uno screening più approfondito rispetto a quello che si esegue di routine, riducendo anche i costi e l'inappropriatezza". Così all'Adnkronos Leonardo De Luca, vice presidente Anmco, l'Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri, e direttore della struttura complessa di Cardiologia del Policlinico San Matteo di Pavia.
Rispetto alle innovazioni, in Italia "c'è un problema culturale", avverte De Luca. "Secondo un nostro censimento di tutte le strutture cardiologiche pubbliche, convenzionate e private presenti in Italia - spiega - parliamo di 790 strutture, solo nel 20% sono presenti strumenti di telemedicina, teleconsulto e telerefertazione. Il Pnrr doveva intervenire proprio su queste settore e sull'ammodernamento del parco tecnologico".
Il balzo tecnologico, favorito anche dall'Ai, può essere un rischio nel far aumentare la richiesta di offerta sanitaria 'hi-tech'? "C'è il rischio, come c'è un rischio di esagerare con l'interpretazione dei dati che arrivano dai vari software oggi a disposizione - risponde il primario di Cardiologia - Questo studio dimostra che proprio l'Ai applicata a un esame importante e ormai consolidato come l'Ecg può ridurre la mortalità del paziente ospedalizzato, ma c'è da considerare anche l'effetto Hawthorne, che accade quando c'è una variazione del comportamento in presenza di qualcuno che ti osserva. Questo - chiarisce - potrebbe essere accaduto nello studio quando il medico, che sa di partecipare a un ricerca, è più attento ai dati e all'osservazione clinica del paziente. Magari è più sensibile all'alert dell'Ai e interviene istantaneamente. Ma al di là di questa considerazione, davvero ormai con intelligenze artificiali che passano in rassegna milioni di dati e immagini in pochissimo tempo, siamo in presenza di una rivoluzione nel campo della cardiologia, e non solo".
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Nuovo cancro seno ereditario, Aiom: “Passo avanti per...
E' "un passo avanti importante sulla strada della diagnosi di precisione" lo studio dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, pubblicato su 'Jama Network Open', che ha scoperto una nuova forma ereditaria di cancro al seno, associata al gene Cdh1. A spiegare all'Adnkronos Salute il valore del lavoro dei senologi Ieo è Francesco Perrone, presidente dell'Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) e direttore dell'Unità Sperimentazioni cliniche dell'Istituto nazionale tumori Fondazione Pascale di Napoli.
In donne operate per un tumore lobulare del seno, gli autori hanno definito una nuova sindrome chiamata 'carcinoma mammario lobulare ereditario', associata a mutazioni patogenetiche del gene Cdh1. Una forma di cancro e che si differenzia integralmente - sottolineano i ricercatori - dalla classica sindrome del carcinoma mammario ereditario causata dalle note mutazioni dei geni Brca1 e Brca2. I cosiddetti 'geni Jolie', che hanno spinto l'attrice americana e più di recente la supermodella Bianca Balti a ricorrere alla chirurgia preventiva per scongiurare il rischio cancro. Per i senologi Ieo, "le donne con un tumore lobulare, con età sotto i 45 anni, o con storia familiare positiva o con tumore lobulare bilaterale, dovrebbero essere tutte testate per il gene Cdh1".
Su questo punto Perrone precisa: "Non faccio anticipazioni sui contenuti delle future linee guida Aiom, che sono frutto di un processo lungo e complesso, e che sono valide una volta approvate dall'Istituto superiore di sanità e pubblicate". Ciò premesso, lo studio dell'Irccs fondato da Umberto Veronesi indica "una nuova potenziale possibilità di fare diagnosi di precisione", afferma l'oncologo. Le conclusioni del lavoro, puntualizza, aprono all'eventualità di "aggiungere, nei prossimi anni, qualcosa all'armamentario diagnostico già disponibile per cercare di identificare tumori che hanno una causa ereditaria". Un'opportunità molto importante per i pazienti con mutazioni genetiche a rischio cancro, ma anche per i loro familiari, sui quali potrà essere cercata la stessa mutazione, valutando strategie personalizzate di prevenzione.
La nuova ricerca dell'Ieo, commenta il presidente Aiom, "è uno studio sicuramente importante su un tema molto importante che è quello delle forme ereditarie di cancro. In questo caso una forma di cancro della mammella, il carcinoma lobulare, che non è la più frequente", rimarca Perrone. L'oncologo si complimenta pertanto con gli autori anche "per la capacità di mettere insieme una grande casistica, iniziata prima del 2000", così da produrre risultati abbastanza 'pesanti' da poter sperare di orientare in futuro la diagnosi oncologica di precisione.
"Al momento - ribadisce il numero uno dell'associazione oncologi medici - mi sembra che il senso di questa pubblicazione possa essere quello di aggiungere potenzialmente, nei prossimi anni, qualcosa all'armamentario diagnostico di cui disponiamo per individuare i tumori con una causa ereditaria. Che ciò si potrà tradurre in una modifica della terapia o della prognosi è molto presto per dirlo, però è una cosa importante. Con i più noti e importanti 'geni Jolie' - ricorda infatti Perrone - quello che accade" già oggi "è che si fa una diagnosi di un tumore che è legato a un'anomalia di questi geni, e quindi si può poi discutere e ragionare anche per la prevenzione del cancro nei familiari che potrebbero avere la stessa mutazione. Un elemento, questo, molto importante".