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“Zelensky dopo la guerra andrà a vivere in Italia o a...
“Zelensky dopo la guerra andrà a vivere in Italia o a Cipro”
La previsione di un colonnello Usa, vicino a Trump, molto critico verso il presidente ucraino
"Quando la guerra" tra Ucraina e Russia "sarà finita, Volodymyr Zelensky andrà a vivere in Italia". E' lo scenario che, con tono polemico, delinea il colonnello Douglas McGregor. L'ufficiale dell'esercito degli Stati Uniti, ora in pensione, è stato un consulente del Pentagono durante la presidenza di Donald Trump. Ora, tra tv e social, è un portavoce delle posizioni più vicine a chi, negli Usa, chiede un progressivo disimpegno americano dalla guerra che dura da quasi 2 anni. "Quando la guerra in Ucraina sarà finalmente finita, Zelensky finirà in una delle sue ville a Cipro o in Italia o forse finirà in Florida. Tutta questa faccenda è una truffa e gli ucraini sono stati sfruttati dagli Stati Uniti", scrive McGregor su X in un messaggio che, non a caso, viene rilanciato con enfasi dall'agenzia russa Tass.
Scorrendo il profilo del colonnello, si trovano messaggi che evidenziano una posizione totalmente critica nei confronti dell'operato del presidente Joe Biden. Spiccano i giudizi estremamente negativi sul presidente ucraino.
"Se la verità venisse scritta o annunciata pubblicamente, la gente avrebbe un quadro molto più chiaro su Zelensky. È un totale e totale impostore e qualcuno che non rappresenta affatto gli interessi del popolo ucraino. Sta andando in giro nel tentativo di svendere il suo paese" al fondo "Blackrock".
McGregor è un sostenitore della soluzione diplomatica del conflitto: "Non so quante figure politiche di primo piano si siano rivolte a me all'inizio della guerra chiedendo cosa pensassi. L'ho detto allora e lo ripeto ora: è una catastrofe. Avremmo potuto fermarla e evitare 500.000 morti", dice facendo riferimento al numero delle perdite ucraine secondo le sue stime.
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Israele, governo approva l’operazione a Rafah –...
Il Gabinetto di guerra israeliano ha approvato all'unanimità l'operazione a Rafah, di cui l'esercito ha preparato i piani, dopo l'interruzione dei negoziati tra Israele e Hamas. Una volta evacuata la popolazione in un'azione definita dall'Idf "limitata e temporanea", l'operazione militare dovrebbe cominciare entro pochi giorni. Le famiglie palestinesi hanno iniziato a fuggire dalle zone orientali della città Rafah dopo l'ordine di evacuazione da parte dell'esercito israeliano che ha lanciato volantini e inviato messaggi alla popolazione. Hamas nel frattempo si prepara all'offensiva israeliana.
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Cooperante palestinese a Rafah: ”La gente è impazzita...
Sami Abu Omar è fuggito con la sua famiglia da Khan Yunis e ora, dopo l'ordine di evacuazione, parla di situazione gravissima, di persone che non sano cosa fare e di prezzi alle stelle.
A Rafah ''la gente è impazzita, non sa più dove andare''. E' ''una situazione gravissima'' quella che il cooperante palestinese Sami Abu Omar descrive ad Adnkronos dopo ''l'annuncio da parte dell'esercito israeliano di voler invadere Rafah''. Lui, come moltissimi altri, a Rafah aveva trovato rifugio insieme alla famiglia dopo che a dicembre era stato costretto a lasciare la sua casa a Khan Yunis, poi distrutta nei raid israeliani. Oggi ha visto arrivare ''i volantini lanciati su Rafah dai droni per chiedere a chi si trovava a est di Rafah di andare verso ovest''. Ovvero, ''hanno chiesto a centomila persone che si trovano a est di Rafah di andare verso la zona vicino al mare''. Ma, spiega, ''si tratta di una zona già strapiena di gente, dove sono concentrate quelle persone che sono venute dal nord, da Gaza city e da altre città'' dell'enclave palestinese. ''Sono a Rafah e vedono persone che vanno avanti e indietro, c'è molto traffico, davvero non si sa che fare'', aggiunge.
L'ordine di evacuazione arrivato oggi è stato quindi un colpo durissimo per persone che già avevano partecipato a un ''esodo di massa'' nei mesi scorsi. Inoltre, ''oggi i prezzi sono saliti alle stelle - racconta il cooperante - Se ieri le speranze di una tregua avevano portato a un grande calo dei prezzi, con un sacco di farina che costava 10 shekel, dopo l'annuncio di un'invasione vicina lo stesso sacco di farina costa adesso 100 shekel. Lo stesso vale per il gasolio, ieri costava 20 shekel al litro, oggi 50''.
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Rafah, con incursione Israele a rischio la vita di 600mila...
L'organizzazione avverte: "L’intero sistema degli aiuti umanitari sarebbe bloccato, la comunità internazionale non può continuare a distogliere lo sguardo"
Non c’è più tempo per proteggere i bambini a Rafah: l’incombente attacco di terra sta costringendo centinaia di migliaia di persone alla fuga e impedendo gli sforzi per portare aiuti umanitari nell'“ultimo rifugio” di Gaza. E' l’allarme lanciato da Save the Children, che ricorda che oggi, 6 maggio, le forze israeliane hanno emesso degli ordini di trasferimento chiedendo ai civili nella parte orientale di Rafah di spostarsi nella cosiddetta “zona umanitaria” israeliana di Al-Mawasi, che, secondo quanto riferito, viene contemporaneamente ampliata. Allo stesso tempo, gli ordini invitano i civili a non spostarsi verso Gaza City e l'area di Wadi Gaza, lasciando la popolazione senza opzioni.
Gli ordini seguono una notte di intensi bombardamenti a Rafah, che hanno ucciso almeno 22 persone, tra cui otto bambini. Sempre ieri sera, gli attacchi al valico di Kerem Shalom avrebbero ucciso 3 persone. Non c'è stato alcun dialogo tra le autorità israeliane e le agenzie umanitarie attraverso strutture formali di coordinamento umanitario prima dell'espansione della cosiddetta “zona umanitaria” ad Al-Mawasi, evidenzia il comunicato.
“Speravamo che questo giorno non arrivasse mai - ha dichiarato Inger Ashing, direttrice generale di Save the Children International - Per settimane abbiamo avvisato che non esiste un piano di evacuazione fattibile per sfollare e proteggere legalmente i civili. Per settimane abbiamo avvertito delle conseguenze devastanti che tutto ciò avrà sui bambini e sulla nostra capacità di assisterli in una situazione già molto complessa. Per settimane abbiamo chiesto un'azione preventiva. Invece, la comunità internazionale ha distolto lo sguardo. Ora non può più farlo".
"L'incursione annunciata non solo metterà a rischio la vita di oltre 600.000 bambini, ma nel migliore dei casi interromperà e nel peggiore causerà il collasso del sistema degli aiuti umanitari che attualmente lotta per mantenere in vita la popolazione di Gaza - prosegue - L’intervento umanitario in questo momento è concentrato a Rafah, l'unico valico consentito alle agenzie umanitarie come Save the Children. Ora il sistema di coordinamento istituito a Rafah è a rischio di interruzione, i magazzini, i veicoli, gli uffici, gli alloggi del personale. Non c'è nessun posto sicuro a Gaza e, con le attuali restrizioni, non c'è nessun posto dove le persone possano accedere ai beni di prima necessità per sopravvivere. L'allontanamento forzato delle persone da Rafah e l'ulteriore interruzione degli aiuti segneranno probabilmente il destino di molti bambini".
"Avevamo già esaurito le parole per descrivere la situazione catastrofica di Rafah, ma il prossimo capitolo la porterà a livelli indescrivibili - continua l'organizzazione - Più della metà della popolazione di Gaza è fuggita a Rafah e non ha un posto sicuro dove andare. Molti sono feriti o semplicemente troppo vecchi, malati o deboli per fuggire di nuovo. Le famiglie cercano disperatamente di evitare che i loro figli muoiano di fame e la malnutrizione sta già mietendo vittime. L'intera popolazione di Gaza sta sperimentando la fame estrema e sappiamo che l'imminente incursione avrà un impatto sull'accesso dei bambini a cibo, acqua e cure mediche nel momento in cui ne hanno più bisogno. La negazione dell'accesso umanitario è una grave violazione contro i bambini, la fame non deve mai essere usata come arma di guerra".
"Chiediamo a tutti gli Stati di agire ora per proteggere i civili e prevenire ulteriori atrocità a Rafah. Il governo di Israele deve rispettare il divieto di trasferimento forzato e di deportazione dei civili previsto dal diritto internazionale umanitario e fornire ai civili i beni di prima necessità per la sopravvivenza - prosegue - Ora più che mai abbiamo bisogno di un cessate il fuoco immediato e definitivo, attuato dalle parti in conflitto. C'è molto di più che può e deve essere fatto per salvare le vite dei bambini".
Save the Children fornisce servizi e supporto essenziali ai bambini palestinesi dal 1953. L’Organizzazione ha messo in atto tutte le misure possibili per sostenere il proprio personale, tenerlo al sicuro e continuare a supportare i bambini e le famiglie nella Striscia di Gaza. Tuttavia, queste opzioni sono limitate dalla condotta delle ostilità: nessun luogo è sicuro a Gaza, anche per il nostro personale e i nostri partner, conclude il comunicato.