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Cronaca

Cani grandi e piccoli, ecco chi vive di più e che malattie...

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Cani grandi e piccoli, ecco chi vive di più e che malattie rischia

Un maxi studio Usa su oltre 27mila quattrozampe fa chiarezza, a ogni taglia i suoi acciacchi

Cani al parco - (Fotogramma)

Cani grandi versus cani piccoli: chi vive di più e chi affronta il maggior rischio di malattie? Se in termini di quantità di affetto che sono in grado di dare ai loro compagni di vita umani la taglia di Fido non conta, il discorso cambia se il raffronto tra 'big' e 'toy' lo si fa sulle questioni di salute e in particolare di longevità. Su questo fronte, un nuovo studio pubblicato sulla rivista open access 'Plos One' potrebbe aiutare a comprendere e a spiegare un dato: in media, i cani più piccoli tendono a vivere più a lungo dei cani più grandi.

Perché a dispetto dei minori centimetri gli anni di vita sono di più? Per capirlo, e provare a confermare un'eventuale relazione, un team di scienziati Usa - Yunbi Nam dell'University of Washington e colleghi - ha preso in esame oltre 27mila cani statunitensi e 238 razze, e ha collegato la taglia del cane a diversi modelli di rischio per patologie nel corso della vita. Le evidenze raccolte suggeriscono che i cani più grandi non tendono ad avere più problemi di salute, precisano gli scienziati. Piuttosto, cani di dimensioni diverse possono affrontare diversi livelli di rischio per diverse patologie. A ogni taglia i suoi acciacchi? Potrebbe sembrare di sì, ma "sono necessarie ulteriori ricerche per chiarire i collegamenti tra età, taglia e prevalenza di malattia nel cane", chiariscono gli autori. Però delle differenze emergono.

Per approfondire, il gruppo di ricerca ha analizzato i dati di un sondaggio realizzato su 27.541 cani, compilato dai proprietari che partecipano al 'Dog Aging Project'. Nel complesso, i quattrozampe più grandi coinvolti nello studio avevano maggiori probabilità di aver affrontato a un certo punto della loro vita alcuni tipi di patologie, tra cui cancro, malattie legate alle ossa, problemi gastrointestinali, problemi a orecchio/naso/gola, disturbi neurologici ed endocrini e malattie infettive. Dal canto loro, i cani più piccoli avevano maggiori probabilità di soffrire di malattie oculari, cardiache, respiratorie e di fegato/pancreas. L'anamnesi di malattie renali-urinarie, invece, non differiva significativamente tra i cani più imponenti e quelli mini.

Per molti tipi di patologie - tra cui cancro, patologie oculari, cardiache, ortopediche e dell'orecchio/naso/gola - le diverse dimensioni dei cani erano associate a diversi modelli di rischio nel corso della vita del pet. I risultati, si spiega nello studio, sono rimasti validi anche dopo che i ricercatori hanno tenuto conto statisticamente del sesso dei cani, del luogo in cui vivevano e del fatto che fossero di razza pura o mista.

I ricercatori notano che questo lavoro non conferma una relazione causale tra taglia del cane, età e malattia. Tuttavia, evidenziano, i risultati potrebbero aiutare a comprendere più a fondo i tipi di condizioni che potrebbero essere alla base della minore durata di vita dei cani più grandi. Ad esempio, all'interno delle categorie di malattie esplorate nel lavoro, la ricerca futura potrebbe concentrarsi sui modelli di età e dimensione associati a patologie specifiche.

"Questi risultati - concludono gli scienziati - forniscono approfondimenti sulle categorie di malattie che possono contribuire a ridurre la durata della vita nei cani più grandi e suggeriscono molteplici strade per ulteriori esplorazioni".

Il veterinario: "Cani più sono piccoli più sono longevi, chihuahua da record"

"Nella mia professione di veterinario ho la fortuna di visitare 20 cani al giorno tra grandi e piccoli, li faccio nascere e ahimè li vedo lasciarci per malattie irreversibili o per morte naturale. In 30 anni di lavoro, nella mia statistica e della struttura in cui lavoro posso confermare che i cani di piccola taglia vivono più di quelli grandi: tra la grandezza e la lunghezza della vita c'è un legame direttamente proporzionale. I cani più sono piccoli e più vivono a lungo. Razze come il chihuahua, lo yorkshire, il volpino, hanno una vita media di 10-14 anni. Ma ho in cura un chihuahua femmina di 18 anni". Così Federico Coccìa, medico veterinario a Roma e dottore di ricerca all'università di Teramo, commenta all'Adnkronos Salute un nuovo studio pubblicato su 'Plos One', che potrebbe aiutare a comprendere e a spiegare un dato: in media, i cani più piccoli tendono a vivere più a lungo dei cani più grandi.

"Le razze grandi come l'alano, il cane corso (il maschio vive in media 8 anni, ma la femmina è un po' più à longeva), il san bernardo, il mastino napoletano, il maremmano - prosegue l'esperto - hanno una vita media di 8-10 anni. Poi ci sono sempre le eccezioni che confermano la regola: ho avuto in cura un cane corso maschio che è vissuto 14 anni, ma è una caso straordinario", precisa il veterinario.

"Ma non vanno dimenticati - aggiunge - ultimi ma non ultimi, i meticci grandi, medi e piccoli. Questi sono più longevi, sia come taglia grande che piccola, dei cani di razza. Possiamo dire che sono naturalmente più forti".

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Cronaca

Calabria, a Cotronei la prima edizione di ‘Sila...

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Il sindaco Antonio Ammirati: "Questo evento scientifico, su cui puntiamo moltissimo per elevare il valore dell’offerta culturale e per la crescita del turismo, si ripeterà ogni anno"

Il Comune di Cotronei - Foto dal sito del Comune

"Oggi è iniziata un’alleanza tra la scienza e la comunità locale, per studiare, conoscere e valorizzare il territorio secondo l’approccio e il modello della One Health, fondato sul legame indissolubile tra la salute umana, la salute animale e la salute dell’ecosistema". Così la professoressa Domenica Taruscio, presidente del Centro studi Kos, già direttrice del Centro nazionale malattie rare dell’Istituto Superiore di Sanità e da poco cittadina onoraria di Cotronei (Kr), di cui è originaria, ha commentato l’avvio della prima edizione dell’evento culturale “Sila Scienza”.

Organizzato dal Comune di Cotronei e dal Centro studi Kos, patrocinato dall’Istituto superiore di sanità (Iss) e dal Consiglio regionale della Calabria, si è tenuto nella mattinata del 27 aprile nella sala consiliare dello stesso municipio, con un fitto programma di relazioni scientifiche preceduto dal saluto delle autorità: il sindaco Antonio Ammirati; il presidente dell’lss, Rocco Bellantone; la presidente dell’assemblea consiliare cittadina, Antonella Borza; il parroco, don Francescantonio Spadola; la scienziata Amalia Bruni, consigliera regionale della Calabria; il consigliere provinciale Raffaele Gareri; il presidente dell’Uncem Calabria, Vincenzo Mazzei; il presidente del Gal Kroton, Natale Carvello; il presidente del Gal Sila, Antonio Candalise, e Domenico Cerminara, funzionario del Parco nazionale della Sila.

Il sindaco Ammirati ha sottolineato il nesso tra specificità del territorio, salute e benessere. Il professor Alberto Mantovani, tossicologo di fama internazionale e vicepresidente del Centro studi Kos, ha tra l’altro anticipato attività di osservazione e ricerca nel territorio comunale di Cotronei, "con l’obiettivo – ha chiarito – di valorizzarne e promuoverne le risorse, dall’aria più pulita d’Europa all’acqua di qualità, dal paesaggio alla biodiversità, all’agricoltura sostenibile e non intensiva".

Seguita da un pubblico attento e numeroso, la prima giornata di “Sila Scienza” è stata dedicata all’approfondimento sul rapporto tra ecosistema, biodiversità, salute e benessere nel territorio silano, tema declinato sotto diversi aspetti e da scienziati di primo piano; pure con riferimenti ai benefici, per l’organismo umano, delle piante officinali della Sila, dell’olio extravergine di oliva della zona e dei prodotti del sottobosco. Domenica 28, l’evento scientifico è proseguito nella vicina località Trepidò, all’Hotel del Lago, con sessioni di approfondimento su ambiente, biodiversità e filiere agroalimentari e un’escursione guidata nel Parco nazionale della Sila, a cura del gruppo “Il barattolo” e della guida ufficiale Giovanni Vizza, finalizzata anche all’osservazione scientifica dei partecipanti.

"Nel prossimo autunno – ha concluso il sindaco di Cotronei – ci sarà la seconda parte di “Sila Scienza” su questioni diverse. Questo evento scientifico, su cui puntiamo moltissimo per elevare il valore dell’offerta culturale e per la crescita del turismo, si ripeterà ogni anno, con la supervisione dell’Istituto superiore di sanità, via via con argomenti nuovi legati al territorio e agli studi sul campo".

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Cronaca

“Meglio in carcere che con mia moglie”, 33enne...

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Un 33enne è stato arrestato per evasione dai carabinieri e ora attende la decisione del giudice

Sbarre di un carcere - (123RF)

"Meglio in carcere che a casa con mia moglie". Con questa spiegazione, un 33enne del centro storico di Napoli, sottoposto alla detenzione domiciliare, è finito in manette ieri. Durante un controllo di routine, i carabinieri non lo hanno trovato in casa, nonostante fosse peraltro agli arresti domiciliari. Nessuna autorizzazione a permettergli l’uscita ma solo un litigio con la moglie che l’avrebbe motivato a lasciare le quattro mura. Durante le ricerche, il 33enne si è presentato all’ingresso della caserma Pastrengo, sede anche della stazione Carabinieri di Napoli San Giuseppe. Lì ha chiesto di parlare con un maresciallo: non voleva più scontare la pena in casa ma in carcere, lontano dalla moglie. L’uomo è stato arrestato per evasione e ha trascorso la notte in camera di sicurezza, in attesa di conoscere la decisione del giudice sul suo prossimo collocamento.

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Cronaca

Malaria tornerà in Italia? L’esperto: “No...

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L'analisi del biologo Paolo Gabrieli: "Oggi poche anofele e manca un serbatoio però attenzione al fattore clima"

Una zanzara (Fotogramma)

In Italia ritornerà la malaria? Alla domanda rispondono gli esperti dopo che in Puglia sono stati scoperti esemplari di zanzare della malaria. "Le condizioni attuali non giustificano un allarme immediato", perché le zanzare anofele vettrici dell'infezione "oggi ci sono, ma sono troppo poche per sostenere il ciclo di trasmissione della malattia. Se però dovessero verificarsi condizioni propizie a un'esplosione della popolazione di questi insetti, allora certamente la domanda dovremmo farcela". Quindi "guardia alta", è il monito del biologo Paolo Gabrieli, professore di Zoologia dell'università Statale di Milano, una carriera dedicata allo studio delle arbovirosi. Dopo che l'Istituto zooprofilattico sperimentale della Puglia e della Basilicata ha scoperto in Puglia esemplari di zanzare della malaria non più rilevate da oltre 50 anni, l'esperto spiega all'Adnkronos Salute perché "è fondamentale continuare a seguire il comportamento di questi insetti e controllarne la proliferazione". Soprattutto, avverte, con un cambiamento climatico in corso.

Fino agli anni '60 del Novecento, ricorda Gabrieli, l'Italia era un Paese malarico e qualche zanzara anofele nello Stivale è rimasta. "Abbiamo ancora zanzare appartenenti al cosiddetto complesso maculipennis, un gruppo di 7-8 specie molto simili fra loro - illustra lo scienziato - che sono potenziali vettori di malaria. Sono diffuse in diverse zone della Penisola, soprattutto nelle aree costiere del Centro-Sud Italia e nelle isole, dove un tempo erano di casa. In questo momento stiamo dunque vivendo quello che viene definito 'anofelismo senza malaria'". Due le ragioni. La prima è che "avere la zanzara giusta non basta perché ci sia anche la malattia", la seconda è che le anofele italiane "oggi non sono sufficienti".

"Nel ciclo di trasmissione di patogeni come quello della malaria - precisa Gabrieli argomentando il primo punto - le zanzare fungono solo da vettori. Quando nascono, tendenzialmente sono sane. Per poter trasmettere il patogeno devono prima infettarsi loro stesse e affinché ciò accada ci deve essere un serbatoio della malattia che in Italia ancora non abbiamo. Anche se pungessero una persona tornata infetta da un Paese malarico, potrebbero al massimo originare qualche caso di trasmissione locale, ma non certo un'epidemia su larga scala". Quanto al secondo punto, prosegue il biologo, è legato a "un parametro che viene chiamato 'capacità vettoriale delle zanzare'. E' simile all'R0 delle malattie infettive e permette di capire quanto una popolazione di zanzare sia in grado di trasmettere una determinata malattia". Questo indice "dipende da tantissimi fattori, ma uno dei più importanti è la probabilità effettiva che le zanzare possano incontrare (e pungere) l'uomo. Meno le zanzare anofele sono numerose, e oggi in Italia lo sono molto poco, e meno è probabile che l'incontro con l'uomo avvenga".

Insomma, poche zanzare anofele da un lato, nessun vero serbatoio umano o animale dall'altro. Ecco perché, sul fronte malaria, secondo Gabrieli "al momento possiamo stare relativamente tranquilli". Ma in futuro? Se ad oggi "la probabilità che possa esserci una trasmissione sostenuta dell'infezione in Italia è bassa - ribadisce l'esperto - è assolutamente importante mantenere alta la guardia".

Innanzitutto c'è il fatto che "noi uomini - riflette lo scienziato - tendiamo a creare le condizioni ottimali per la proliferazione delle zanzare senza rendercene conto": dal sottovaso sul terrazzo ai depositi di acqua piovana, sono diversi i possibili habitat 'a misura di insetto' che nella vita quotidiana rischiamo di creare. E poi c'è l'emergergenza clima: "Umidità e caldo" alle zanzare piacciono, si sa, e la tropicalizzazione del meteo anche alle nostre latitudini "sicuramente non aiuta". Anche gli esperti riuniti a Barcellona per il Congresso della Società europea di microbiologia clinica e malattie infettive (Escmid) hanno lanciato l'allarme: "Se le emissioni di carbonio e la crescita della popolazione continueranno ad aumentare ai ritmi attuali, entro il 2100 saranno a rischio di malaria e Dengue 4,7 miliardi di persone in più nel mondo". Italiani compresi.

Gabrieli concorda e invita a scongiurare soprattutto un pericolo: il rischio di 'bissare' quanto è accaduto in passato con la zanzara tigre, specie aliena divenuta in poco tempo invasiva in tutta Italia. "La preoccupazione - conclude il biologo - non riguarda tanto le zanzare anofele di casa nostra, perché alla fine le conosciamo e sappiamo come si comportano. Bisogna stare attenti, piuttosto, a non creare delle condizioni che favoriscano la diffusione di nuove zanzare invasive che possono portarci malattie dall'estero. Comprese altre zanzare in grado di trasmettere la malaria".

"In Italia vive una zanzara Anopheles labranchiae che è in grado di trasmettere la malaria. Il fatto che in Puglia sia stata trovata l'Anopheles maculipennis ci dice che dobbiamo stare un po' più attenti ma nulla di più - sottolinea all'Adnkronos Salute Massimo Andreoni direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) e professore ordinario di Malattie infettive Università Tor Vergata di Roma - Quest'ultima zanzara è solo 'più competente' rispetto alla prima nel trasmettere la malaria ma va chiarito che alcuni casi di malaria in Italia, la maggior parte di importazione, ci sono e non hanno mai portato a focolai o situazioni endemiche. In più questa scoperta risale a due anni fa e non mi pare sia successo nulla di drammatico. La circolazione della Anopheles maculipennis va monitorata ma senza allarmi", dice Andreoni tornando sullo studio dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Puglia e della Basilicata che ha scoperto in Puglia esemplari di zanzara della malaria dopo oltre 50 anni.

Per Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive ospedale policlinico San Martino di Genova, il fatto di avere trovato una zanzara del genere Anopheles in Puglia "non deve allarmare la popolazione perché non c'è un rischio immediato di trasmissione della malaria però pone problema che si inserisce in un discorso globale sulle zanzare e i cambiamenti climatici che stanno favorendo la proliferazione. L'Anopheles però pone il problema della malaria per il futuro e del controllo delle zanzare: spero che questa scoperta in Puglia serva a lavorare meglio su tutti i generi di zanzare attraverso larvicidi e pesticidi. Chi dice oggi di far crescere l'erba senza tagliarla per difendere la biodiversità, spero stia scherzando perché le zanzare sono vettori di Dengue, West Nile, Chikungunya e poi, appunto, della malaria".

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