Esteri
Hamas: “Israele ha fallito a Gaza, ora vuole...
Hamas: “Israele ha fallito a Gaza, ora vuole esportare crisi”
Il gruppo terrorista palestinese: "Nemico sionista ha fallito a Gaza, ora vuole esportare crisi". Nuovi raid dello Stato Ebraico su obiettivi Hezbollah in Libano. Media: "In Israele ministri contro militari"
Il raid che ha portato all'eliminazione a Beirut del numero due di Hamas, Saleh al-Arouri, ha aiutato il primo ministro Benjamin Netanyahu ed il suo partito Likud a risalire nei sondaggi. Secondo l'ultima ricerca pubblicata dal quotidiano Maariv, se si votasse oggi il Likud otterrebbe 19 seggi alla Knesset, due in più rispetto alla precedente rilevazione, portando il totale della coalizione di governo a 46 seggi su un totale di 120. In leggera crescita anche Netanyahu, che secondo il 34% degli intervistati (+2%) è adatto al ruolo di primo ministro. L'attuale capo del governo rimane comunque 14 punti dietro il leader di Unità Nazionale, Benny Gantz.
Il sondaggio è stato condotto il 3 e 4 gennaio dall'istituto Lazar in collaborazione con Panel4All su un campione di 519 persone maggiorenni. Il margine di errore è del 4,3%.
Israele bombarda obiettivi Hezbollah in Libano
L'esercito israeliano (Idf) stamane è intanto tornato a bombardare obiettivi di Hezbollah nel sud del Libano. Lo riporta il Times of Israel, precisando che le Idf hanno colpito infrastrutture gestite da operativi dell'organizzazione sciita filo-iraniana, tra cui un punto di osservazione e un sito militare nelle zone di Ayta ash-Shab e Majdal Zoun.
Sono più di 76mila le persone sfollate dal sud del Libano negli ultimi tre mesi a causa degli scontri transfrontalieri tra le forze israeliane e i miliziani di Hezbollah. Lo stima l'Oim, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni delle Nazioni Unite, che riferisce in un rapporto dello sfollamento di 76.018 persone che vivevano nel Libano meridionale. Degli sfollati, oltre l'80 per cento vive presso parenti e solo il due per cento è ospitato in 14 rifugi collettivi nel sud del Libano, soprattutto nella città costiera di Tiro e nella regione di Hasbaya.
Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha invece dichiarato all'inviato speciale degli Stati Uniti nella regione Amos Hochstein che più di 80mila residenti nel nord di Israele sono stati sfollati a causa degli scontri alla frontiera con il Libano.
Hamas: "Israele ha fallito a Gaza, ora vuole espandere crisi"
"Questo nemico sionista arrogante a criminale, nonostante il suo fallimento e la delusione dopo tre mesi di aggressione brutale contro Gaza" ora "vuole esportare all'estero la crisi" e "allargare il cerchio dell'aggressione, pensando che questo confonda i calcoli della resistenza e della regione". Si è espresso così l'esponente di Hamas Khaled Meshal con accuse a Israele, in dichiarazioni riportate dai media dai media arabi e rilanciate dal Times of Israel.
Le parole di Meshal, ex capo dell'ufficio politico di Hamas, arrivano dopo l'uccisione nella capitale libanese Beirut del numero due del gruppo. Secondo Meshal, "il nemico pensa che l'uccisione dei nostri leader spezzerà la volontà della resistenza e indebolirà la leadership", ma "non sa che questa è una grande illusione". E, ha sostenuto, in passato "per ogni leader caduto si è elevato un altro leader e il martirio di un leader pone altri sulla stessa strada, con la medesima volontà e determinazione".
Media: "In Israele ministri contro militari"
Intanto in Israele si sarebbe trasformata in una lite accesa, in uno scontro furioso tra ministri e vertici militari una riunione che sarebbe dovuta servire per discutere dei piani per il dopoguerra a Gaza e che invece è stata segnata da caos e urla. E' quanto si legge sul Times of Israel secondo cui sarebbe stato preso di mira da politici di destra - anche da esponenti del Likud del premier Benjamin Netanyahu - il capo di Stato Maggiore delle forze israeliane, Herzi Halevi.
Ad infiammare la riunione, secondo la ricostruzione, sarebbero stati i piani dell'Esercito di indagare sui propri errori, dopo il terribile attacco del 7 ottobre in Israele, la tempistica dell'inchiesta e l'inclusione dell'ex ministro della Difesa, Shaul Mofaz.
E, si legge sul giornale che rilancia notizie di media locali, Netanyahu avrebbe messo fine alla riunione dopo tre ore. Un incontro che era iniziato in contemporanea con l'emergere di notizie secondo cui Halevi stava mettendo insieme una commissione di ex ufficiali della Difesa per fare luce sull'attacco del 7 ottobre mentre prosegue l'offensiva militare israeliana nella Striscia di Gaza, scattata dopo quell'assalto.
E, stando alle notizie, il ministro dei Trasporti Miri Regev si sarebbe scagliato contro Halevi e a lui si sarebbero uniti i ministri di Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, Finanze, Bezalel Smotrich, e Cooperazione regionale, David Amsalem. A difendere Halevi, ci sarebbero stati il ministro della Difesa, Yoav Gallant, e Benny Gantz, che siede nel gabinetto di guerra.
Secondo l'emittente Kan, Netanyahu avrebbe posto fine alla riunione, dicendo a Halevi che "a volte i ministri vanno ascoltati".
E il leader dell'opposizione, Yair Lapid, non ha perso tempo nel chiedere un nuovo governo. "Quanto trapelato - ha scritto su X - è una vergogna e un'ulteriore prova della pericolosità di questo governo". Secondo Lapid, "lo Stato di Israele deve sostituire il governo e il suo leader" perché "queste persone non sono degne del sacrificio e dell'eroismo degli uomini e delle donne delle Idf e non saranno in grado di prendere una decisione strategica". Quindi, "devono andarsene ora".
Morto un altro rapito da Hamas
In Israele il kibbutz di Nir Oz conferma la morte di un altro dei suoi abitanti, il 38enne Tamir Adar, passati quasi tre mesi dall'attacco del 7 ottobre. Secondo le notizie riportate dal Jerusalem Post, Adar è stato preso da Hamas, ucciso e il suo corpo è nella Striscia di Gaza. La nonna, l'85enne Yaffa Adar, era stata rapita quel 7 ottobre ed è stata rilasciata lo scorso novembre, durante i sette giorni di pausa nelle ostilità.
Scontri in Cisgiordania, ucciso 17enne
Un ragazzo palestinese di 17 anni è stato ucciso ed altri sette sono rimasti feriti negli scontri con le forze israeliane a Beit Rima, località della Cisgiordania a nord-ovest di Ramallah. Lo ha riferito l'agenzia di stampa Wafa, precisando che gli scontri sono scoppiati dopo un blitz dei militari israeliani che hanno fatto irruzione in diverse case e attività commerciali. Nell'operazione si sono registrati anche diversi arresti.
Save the Childrem: "Non c'è nessun luogo sicuro a Gaza"
"Non lo sottolineerò mai abbastanza: non c’è nessun luogo sicuro a Gaza. Ma secondo il diritto internazionale umanitario, dovrebbe esserci. I campi di sfollati, i rifugi, le scuole, gli ospedali, le case e le cosiddette 'zone sicure' non dovrebbero essere terreno di scontri. Eppure, Gaza è stata devastata. Questi ordini di trasferimento non offrono una reale sicurezza. Se le persone restano, vengono uccise. Se si muovono, vengono uccise. La popolazione si trova a dover 'scegliere' tra una condanna a morte o un’altra". Lo ha detto Jason Lee, direttore per i territori palestinesi occupati di Save the Children. Ieri mattina, ricorda l'organizzazione in un comunicato, 14 persone, per la maggior parte bambini sotto i dieci anni, sarebbero state uccise durante attacchi aerei israeliani vicino ad Al-Mawasi, un'area indicata come “zona umanitaria” dalle autorità israeliane, in cui è stato ordinato ai civili di rifugiarsi per la loro sicurezza.
Dal 7 ottobre, ricorda l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine a rischio e garantire loro un futuro, le forze israeliane hanno emesso diversi "ordini di evacuazione", indirizzando i civili principalmente verso tre aree del sud: Khan Younis, Rafah e Al-Mawasi. Tutte e tre le aree sono state successivamente colpite da attacchi aerei israeliani nei quali i civili, compresi i bambini, sono stati uccisi e feriti, denuncia un comunicato.
“I leader mondiali devono garantire ora un cessate il fuoco definitivo. Ogni ora che passa senza una tregua, sempre più bambini pagheranno il prezzo del fallimento della politica con la loro vita e il loro futuro. Fino a quando non ci sarà un cessate il fuoco, non ci sarà nessun luogo sicuro a Gaza”, ha detto ancora Jason Lee.
Save the Children fornisce servizi essenziali e sostegno ai bambini palestinesi dal 1953. Lo staff di Save the Children nei Territori palestinesi lavora 24 ore su 24, preparando beni salvavita per la distribuzione alle persone più vulnerabili e cercando modi per portare assistenza a Gaza.
Esteri
Macron e l’invio di soldati in Ucraina, cosa dice...
Le reazioni alle parole del presidente francese
Emmanuel Macron unisce Matteo Renzi e Matteo Salvini. Il presidente della Francia, a The Economist, non esclude l'invio di soldati in Ucraina: la presenza di truppe occidentali, dice il capo di stato, sarebbe legata ad una situazione particolare. "Se i russi dovessero sfondare le linee del fronte, se ci fosse una richiesta ucraina - cosa che oggi non avviene - dovremmo legittimamente porci la domanda", dice Macron con dichiarazioni che, ovviamente, alimentano un dibattito articolato.
"L'Italia ha una posizione equilibrata" e "pur sostenendo il diritto dell'Ucraina a rimanere un Paese libero, l'Italia non è in guerra con la Russia e mai invieremo militari italiani", dice il vice premier e ministro degli Esteri Antonio Tajani intervenendo al Tavolo di lavoro per le imprese italiane in Russia.
Più 'frizzanti' le reazioni di altre figure politiche e istituzionali. "Mai un soldato italiano a morire nel nome di Macron. Io la penso così", scrive sui social Matteo Salvini, leader della Lega, ribadendo una posizione netta, in dissenso dalla linea del presidente francese. Con sfumature diverse, le parole di Macron vengono bocciate anche da Matteo Renzi. "Macron? Un passo avanti eccessivo e azzardato. Non lo condivido. Il problema non è inviare le truppe. L'Europa deve mandare avanti il progetto di difesa comune e esercito comune europeo ma ci vuole anche una politica diplomatica più forte", dice il leader di Italia Viva a Metropolis sul sito di Repubblica.
Esteri
Ucraina, strage di soldati russi: il primo colpo degli...
I missili a lungo raggio colpiscono un centro di addestramento
Una strage di soldati russi uccisi dagli Atacms. I missili a lungo raggio che gli Stati Uniti hanno fornito all'Ucraina dall'inizio di aprile lasciano un segno pesantissimo nella guerra. Analisti e esperti accendono i riflettori su un attacco portato da Kiev e documentato nelle ultime ore. Un'azione condotta con il lancio di 4 missili su un campo di addestramento nell'area di Mozhnyakivka, nell'oblast di Luhansk. L'attacco è documentato da una serie di video - che sono stati geolocalizzati - diffusi su X dal profilo OSINTechnical, una fonte di intelligence open source.
"Almeno un Atacms ha colpito un gruppo di oltre 100 soldati russi", si legge nell'analisi affidata a una serie di post. Non è chiaro quando sia stata compiuta l'azione: Newsweek ha cercato di interpellare il ministero della Difesa russo ma non ha ottenuto informazioni di nessun tipo.
L'attacco trova spazio anche nel resoconto dell'Institute for the Study of War (ISW), think tank americano che monitora la guerra quotidianamente. L'ISW fa riferimento ad un'azione che ha colpito un campo di addestramento a circa 80 km dalla linea del fronte. "Un video geolocalizzato indica che le forze armate ucraine hanno colpito un campo di addestramento russo a sudovest di Mozhnyakivka, probabilmente con 4 Atacms, e avrebbero ucciso 116 soldati russi".
L'operazione è una delle prime tracce, se non la prima, degli Atacms appena arrivati in Ucraina. Le armi sono in grado di colpire a circa 300 km di distanza, con un raggio d'azione nettamente superiore rispetto a quello che caratterizzava la versione fornita in precedenza dagli Usa. I nuovi missili consentono a Kiev di colpire in profondità, ben oltre la linea del fronte, con la possibilità di infliggere danni pesantissimi.
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Londra, in centinaia contro il trasferimento dei migranti...
Blocchi dei manifestanti lungo la strada intorno al Best Western di Londra
Almeno 45 attivisti sono stati arrestai mentre cercavano di impedire il trasferimento di migranti da Londra alla Bibby Stockholm, la controversa chiatta nel Dorset usata dal governo britannico per i richiedenti asilo. Centinaia di manifestanti oggi hanno bloccato la strada intorno Best Western di Londra, da dove dovevano partire i pulmann con i migranti. All'arrivo della polizia, hanno formato una catena ed alcuni si sono seduti di fronte al veicolo e sono stati trascinati via con la forza dagli agenti.
La chiatta ha una capacità di 500 posti, da quando è stata noleggiata dal governo britannico per usarla per i migranti è stata la centro di polemiche per le condizioni di sicurezza e sanitarie, con anche un'epidemia di legionella e nei mesi scorsi la morte di un richiedente asilo albanese.
"Alloggiare migranti negli alberghi costa milioni di sterline al giorno ai contribuenti britannici - ha dichiarato il ministro dell'Interno, James Cleverly - non permetteremo ad un piccolo gruppo di studenti che si mettono in posa per i social di fare la cosa giusta per i britannici".
Le proteste di oggi sono un'indicazione del tipo di resistenza che il governo britannico potrà incontrare quando incomincerà ad applicare la controversa legge per la deportazione dei migranti in Ruanda.