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Iran, due bombe esplose vicino tomba Soleimani a Kerman:...

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Iran, due bombe esplose vicino tomba Soleimani a Kerman: almeno 73 morti

Teheran: "Crimine responsabilità Usa e sionisti". Usa e Israele: "Non siamo coinvolti". Nasrallah: "Non abbiamo paura della guerra, se ci sarà andremo fino in fondo"

Kerman, il luogo della strage (Afp)

Strage a Kerman, in Iran, provocata da una doppia esplosione: sono 95 i morti e oltre 200 i feriti. Teheran ha rivisto lievemente al ribasso il bilancio delle vittime: è stato il ministro della Sanità iraniano, Bahram Eynollahi, a riferire che i morti sono 95 e non 103 come comunicato in precedenza e questo perché in alcuni casi le vittime sono state contate due volte. I feriti sono 211, di cui 30 in condizioni critiche. La strage è avvenuta sulla strada che porta al cimitero dove è sepolto il generale Qassem Soleimani, ucciso in un raid americano proprio 4 anni fa.

Le esplosioni sono state provocate da due bombe, hanno riferito i servizi d'emergenza, come riportano i media locali. I due ordigni, riferisce l'agenzia Tasnim, sarebbero stati nascosti in borse e attivati da remoto. Una delle esplosioni è avvenuta nei pressi della moschea Sahib al-Zaman. Le forze di sicurezza hanno rafforzato la loro presenza nell'area, dove sono state inviate numerose ambulanze per evacuare i feriti che stavano commemorando Soleimani.

Khamenei: "Risposta sarà dura"

Ci sarà "una dura risposta" al "disastro" causato a Kerman dai "nemici malvagi e criminali della nazione iraniana", ha dichiarato la Guida Suprema dell'Iran, l'ayatollah Ali Khamenei. "I criminali dal cuore duro non potevano tollerare l'amore e l'entusiasmo delle persone nel visitare il santuario del loro grande comandante Qassem Soleimani. Fate loro sapere che i soldati del puro Soleimani non tollereranno la loro viltà e il loro crimine", ha aggiunto Khamenei, sottolineando che "sia le mani macchiate del sangue degli innocenti, sia i cervelli corrotti che li hanno condotti a questo errore, saranno d'ora in poi il bersaglio della repressione e della giusta punizione".

La risposta dell'Iran a quest'"atto terroristico" sarà "potente e schiacciante" e sarà portata "nel più breve tempo possibile", ha detto il ministro dell'Interno di Teheran, Ahmed Vahidi. "La situazione a Kerman è normale e sotto il controllo delle forze dell'ordine", ha aggiunto Vahidi in diretta tv, secondo quanto riporta l'agenzia Irna. Il ministro ha precisato che la prima esplosione è avvenuta intorno alle 15 ora locale (le 12.30 in Italia), ma è stata la seconda, 20 minuti più tardi, a causare il maggior numero di vittime dal momento che ha colpito i soccorritori.

Israele agli alleati: "Non siamo coinvolti"

Israele ha informato i suoi alleati di non essere coinvolta nella duplice esplosione di Kerman. Lo rivela il Wall Street Journal, che cita fonti famigliari con le operazioni israeliane, che sottolineano come il modus operandi nella strage non coincida con quello di altri attacchi attribuiti allo Stato ebraico in Iran, più precisi e diretti a individui specifici o a infrastrutture militari.

Usa: "Né noi né Israele coinvolti"

"Gli Stati Uniti non sono coinvolti nell'esplosione in Iran e non abbiamo ragione di pensare che lo sia Israele", ha detto il portavoce del dipartimento di Stato americano, Matthew Miller. "Non abbiamo indicazioni che Israele sia coinvolto" nella strage di oggi a Kerman, ha ribadito il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, secondo cui gli Stati Uniti "non hanno altri dettagli su chi possa essere il responsabile" della strage.

Teheran: "Crimine Kerman responsabilità Usa e sionisti"

La replica di Teheran non si è fatta attendere. "Washington afferma che Stati Uniti e Israele non hanno avuto alcun ruolo nell’attacco terroristico a Kerman, in Iran. Veramente? La volpe annusa per prima la propria tana. Non fate errori. La responsabilità di questo crimine ricade sugli Stati Uniti e sui regimi sionisti e il terrorismo è solo uno strumento", ha scritto su X Mohammad Jamshidi, vice capo dello staff per gli Affari politici del presidente iraniano Ebrahim Raisi.

Nasrallah: "Non abbiamo paura della guerra"

"Rinnoviamo le nostre condoglianze per i martiri di oggi. Quello che è successo oggi a Kerman è un attacco contro chi commemorava l'assassinio di Soleimani: donne, uomini e bambini. Condoglianze alle loro famiglie". Così, secondo quanto riferisce 'L'Orient - Le Jour', il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, in occasione di un suo discorso per l'anniversario della morte di Soleimani.

"Presentiamo le nostre condoglianze al nostro fratello, il grande sceicco Saleh al-Arouri, vicepresidente dell'ufficio politico di Hamas, che è caduto da martire ieri durante un'evidente aggressione israeliana nella periferia sud di Beirut", ha aggiunto poi Nasrallah, sottolineando che "il crimine di ieri", ossia l'uccisione del numero 2 di Hamas, "non resterà impunito".

"Israele ha completamente fallito sul piano morale - ha scandito - Israele che assassina donne e bambini, che affama la gente". "Hamas ha il più forte sostegno della sua storia all'interno della popolazione palestinese ed è un grande risultato. L'immagine di Israele nel mondo è crollata", ha detto il leader di Hezbollah.

"Se il nemico pensa di condurre una guerra contro il Libano combatteremo senza limiti e senza regole - ha avvertito - Sanno di cosa parlo. Non abbiamo paura di una guerra. Quelli che pensano di andare in guerra contro di noi lo rimpiangeranno. La guerra contro di noi costerà caro. Se una guerra sarà condotta contro il Libano, l'interesse del Libano sarà di andare alla guerra fino in fondo senza trattenersi".

Strage cimitero Soleimani, "unica regia" con uccisioni al-Arouri e Mousavi

"E' chiaro che c'è un'unica regia" dietro l'attacco di oggi al cimitero dove è sepolto il generale Qassem Soleimani, l'attentato di ieri a Beirut nel quale è morto il numero due di Hamas, Saleh al-Arouri, e l'uccisione a Natale, in un raid contro un sobborgo di Damasco, di Sayyed Razi Mousavi, comandante dei pasdaran iraniani in Siria. A Teheran non hanno dubbi sulla matrice straniera dei tre attacchi, il filo rosso che li unisce, ma, sottolineano fonti all'Adnkronos, per il momento sono cauti nell’attribuire esplicitamente la responsabilità ad Israele, limitandosi a parlare di "attentato terroristico" per "non essere costretti a reagire subito, anche se l'attacco è di un livello tale che prima o poi una risposta dovrà arrivare".

Finora, proseguono le fonti a Teheran, la Repubblica islamica ha reagito "in modo moderato" a raid e attacchi contro suoi obiettivi perché "non ha alcun interesse a entrare in una guerra diretta contro Israele, che sta dimostrando di poter colpire quando vuole farlo, esponendo delle fragilità nella sicurezza che sono vistose".

A Teheran sono convinti che Israele "li voglia trascinare in un conflitto aperto", ma, sostengono gli osservatori, in realtà Benjamin Netanyahu potrebbe anche avere altri obiettivi: "Diluire le sue responsabilità" per non aver impedito gli attacchi del 7 ottobre o "avvertire l'Iran, attraverso queste azioni di deterrenza, di fermarsi" nel sostegno agli Houthi, a Hezbollah e alle milizie in Siria e in Iraq.

In ogni caso il messaggio arrivato ancora oggi con "un attentato che ha una portata storica", per il numero di vittime ma anche per l''obiettivo', "è molto chiaro", sostengono le fonti, secondo cui Israele così vorrebbe anche distogliere l'attenzione dal mancato raggiungimento dei suoi obiettivi nella Striscia di Gaza. Un comportamento "pericoloso ed esplosivo che potrebbe non piacere agli americani", mai stanchi di ripetere gli avvertimenti sul rischio di un allargamento del conflitto.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Berlusconi a caccia con Putin: quando il leader russo...

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Lo racconta Fabrizio Cicchitto al Corriere: "Cav restò turbato da gesto e vomitò dietro un albero"

Putin e Berlusconi

Una battuta di caccia e un cuore strappato al capriolo. Non è passato inosservato il crudo racconto di caccia con protagonisti Silvio Berlusconi e Vladimir Putin, proposto oggi al Corriere della Sera da Fabrizio Cicchitto, ex capogruppo del Popolo della Libertà alla Camera.

Negli anni in cui era vicino al presidente russo, il Cav ospitò l'amico in Sardegna e nelle sue dimore. Poi fu Putin a invitare Berlusconi, accolto in una dacia in Russia, per una battuta di caccia. Una storia che risale a tanti anni fa, ai primi anni del duemila, e che lasciò, secondo il racconto di Cicchitto, alquanto contrariato lo stesso Berlusconi. "Putin mi ha detto 'Silvio, andiamo a caccia'. Ho pensato 'a caccia? Non ho mai toccato un fucile'. Ma lui insisteva e allora l'ho accompagnato -fu il racconto di Berlusconi riportato oggi da Cicchitto- . Quando siamo arrivati nel bosco mi ha dato un fucile e mi è venuta l’ansia. Mentre camminavamo nella neve, Putin ha visto due caprioli e mi ha fatto cenno di mirarne uno. 'Quello è il tuo. Spara'. Gli ho fatto capire che manco morto avrei sparato. Allora ha sparato lui a entrambi e li ha uccisi".

Seguì l'episodio che lasciò di stucco l'ex premier italiano. "Putin mi ha guardato soddisfatto e mi ha detto 'oggi ti offrirò un cibo straordinario'. È sceso giù dal pendio per andare verso gli animali, impugnando un coltello e ha squartato una bestia estraendogli il cuore. Poi si è fatto consegnare da un uomo della scorta un vassoio di legno, me lo ha dato e ci ha messo sopra quel pezzo di carne sanguinante e mi ha detto 'sarà un pasto eccezionale'. Mi è venuto un colpo. Mi sono nascosto dietro un albero e ho vomitato".

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Israele ‘spegne’ al-Jazeera, blitz negli uffici...

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La tv: "Decisione criminale". Hamas: "Violazione palese della libertà di stampa e rappresaglia per il lavoro della rete"

al Jazeera - (Afp)

Blitz negli uffici di al-Jazeera a Gerusalemme Est dopo la decisione del governo israeliano di 'spegnere' la tv satellitare in Israele. Secondo le notizie dei media israeliani sarebbero state sequestrate attrezzature. Al-Jazeera ha denunciato come i fornitori di servizi via cavo e via satellite abbiano rimosso il canale.

Il ministro israeliano delle Comunicazioni, Shlomo Karhi, ha firmato il bando alle trasmissioni dopo che il governo di Benjamin Netanyahu ha dato il via libera allo stop delle attività della rete, in linea con una legge passata ad aprile dalla Knesset. "Le nostre disposizioni entreranno in vigore immediatamente - afferma Karhi in dichiarazioni rilanciate dal Times of Israel - E' passato troppo tempo e ci sono stati troppi impedimenti legali inutili per fermare finalmente la macchina ben oleata di istigazione di al-Jazeera, che nuoce alla sicurezza dello Stato". "La propaganda di Hamas, coloro che istigano contro Israele, che danneggiano le sicurezza di Israele e dei soldati delle Idf, non trasmetteranno più da Israele e saranno sequestrate le attrezzature", aggiunge Karhi.

La decisione del governo israeliano "è criminale": commenta al Jazeera in una nota pubblicata su X. La tv del Qatar accusa: "Condanniamo e denunciamo questo atto criminale di Israele che viola il diritto umano di accesso all'informazione".

La decisione di Israele è una "violazione palese della libertà di stampa", una "rappresaglia" per il lavoro della rete. Parola di Hamas, che - riporta la stessa tv satellitare - chiede alle organizzazioni internazionali per la libertà di stampa e i diritti umani di "condannare" le mosse israeliane e "adottare misure punitive". In un comunicato diffuso su Telegram il gruppo, che nel 2007 prese il controllo della Striscia di Gaza, afferma che la "chiusura di al-Jazeera è una misura repressiva e una rappresaglia per il ruolo professionale del canale nell'esporre i crimini e le violazioni dell'occupazione a Gaza e in Cisgiordania".

Anche l'Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani deplora "la decisione del governo israeliano". "Media liberi e indipendenti sono essenziali per garantire trasparenza e responsabilità. Ora ancor di più alla luce delle rigide restrizioni sulle notizie da Gaza - si legge in un post su X - La libertà di espressione è un diritto umano fondamentale. Sollecitiamo il governo a revocare il divieto".

Reporters sans frontières denuncia l'ordine di chiusura di al-Jazeera in Israele. Rsf "condanna con fermezza una legislazione liberticida che censura la rete per la sua copertura della guerra a Gaza", si legge su X. "Israele cerca in tutti i modi di mettere a tacere al-Jazeera per la sua copertura della realtà sulle sorti dei palestinesi in Cisgiordania e a Gaza dal 7 ottobre", dall'attacco in Israele e dall'avvio delle operazioni militari israeliane contro Hamas nella Striscia, commenta Jonathan Dagher, responsabile dell'ufficio Medio Oriente di Rsf.

Dagher bolla come "inaccettabili il voto del Parlamento israeliano per censurare al-Jazeera e le affermazioni diffamatorie di Benjamin Netanyahu rispetto ai suoi giornalisti". Rsf "chiede alle autorità israeliane di porre fine al loro accanimento violento contro al-Jazeera". "Una simile legge di censura, sotto la copertura delle regole democratiche, prendendo di mira implicitamente un mezzo d'informazione, crea un precedente pieno di minacce per il giornalismo in Israele", aggiunge Dagher.

Rsf ricorda che dall'inizio del conflitto tra Israele e Hamas, sono stati uccisi 103 giornalisti (tre di al-Jazeera, due nella Striscia e uno in Libano) in raid israeliani, almeno 22 dei quali mentre stavano lavorando.

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Ucraina, Panebianco: “La guerra va male e gli...

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L'editorialista: "Vladimir Putin ci vede ben cotti e pronti per essere serviti a tavola"

Macerie in Ucraina - (Afp)

"Ben cotti e pronti per essere serviti a tavola. È ciò che, probabilmente, Vladimir Putin pensa di noi occidentali mentre osserva le nostre mosse. Di fronte alle sfide internazionali le democrazie nulla possono se non hanno dietro di sé, compatte o quasi, le opinioni pubbliche. E quella compattezza Putin, di sicuro, non la vede. A parole, c’è consapevolezza in Occidente di quanto catastrofica, e non solo per gli ucraini, sarebbe una vittoria russa in Ucraina. A parole". Lo scrive Angelo Panebianco in un editoriale sul Corriere della Sera, secondo cui "i fatti dicono altro, i fatti dicono che i governi occidentali faticano a mantenere un fronte unito sulla crisi ucraina e faticano a farlo perché le loro opinioni pubbliche sono divise".

"Mentre la guerra va male per l’Ucraina gli occidentali mandano segnali contraddittori, anche se coerenti con le rispettive tradizioni nazionali. Se Emmanuel Macron ribadisce che se le cose si mettessero davvero male gli occidentali dovrebbero intervenire direttamente in Ucraina, gli altri governi europei (tedeschi e italiani in testa) ne prendono le distanze, lo smentiscono: armi sì, soldati sul terreno no, mai. A parte il fatto che queste divisioni fanno capire quanto ci sia di chimerico in tanti bei discorsi sulla difesa comune europea, come si pensa che divergenze di questa portata vengano interpretate dagli strateghi del Cremlino?", sottolinea l'editorialista.

Secondo Panebianco, "in ogni caso è una specie di miracolo il fatto che finora non ci siano state diserzioni, che nessun governo europeo abbia rotto il fronte, abbia smesso di sostenere l’Ucraina. Tenuto conto del fatto che al loro interno sono presenti consistenti correnti di opinione che, in nome della pace, vorrebbero regalare l’Ucraina a Putin. Credendo o fingendo di credere che, mangiata l’Ucraina, la Russia sarebbe finalmente sazia, non avrebbe ancora appetito".

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