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Nuovo Patto Stabilità, accordo unanime in Ue. Meloni: “Migliorativo per l’Italia”

Il ministro dell'Economia Giorgetti: "Cose positive e altre meno, ma il Paese ha ottenuto molto"

Bandiere europee (Fotogramma)

Accordo trovato in Ue sulla riforma del Patto di Stabilità. L'intesa tra i ministri delle Finanze europei è stata trovata con un parere "unanime" come ha detto la ministra spagnola Nadia Calvino. Anche l'Italia ha dato il suo assenso, in uno "spirito di compromesso" ha riferito durante la videoconferenza dell'Ecofin il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti. Il nuovo patto, ha aggiunto, è "più realistico" di quello precedente. Il ministro ha sottolineato, inoltre, che "l'Italia ha ottenuto molto e, soprattutto, quello che sottoscriviamo è un accordo sostenibile per il nostro Paese, volto da una parte a una realistica e graduale riduzione del debito, mentre dall'altra guarda agli investimenti, specialmente del Pnrr, con spirito costruttivo”.

Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, considera "importante che sia stato trovato tra i 27 Stati membri della Ue un compromesso di buonsenso per un accordo politico sul nuovo Patto di stabilità e crescita". "Nonostante posizioni di partenza ed esigenze molto distanti tra gli Stati, il nuovo Patto risulta per l'Italia migliorativo rispetto alle condizioni del passato" si legge nella nota di Palazzo Chigi. L'accordo sul Patto di stabilità prevede ''regole meno rigide e più realistiche di quelle attualmente in vigore, che scongiurano il rischio del ritorno automatico ai precedenti parametri, che sarebbero stati insostenibili per molti Stati membri".

L'accordo, raggiunto in Consiglio sulla posizione negoziale, si basa sulla proposta avanzata dalla Commissione in primavera, ma la complica parecchio. L'obiettivo di semplificare il quadro della governance economica non viene raggiunto: era complicato e resterà complicato, essenzialmente per motivi legati alle esigenze di politica interna di ciascun governo. Per il commissario Paolo Gentiloni, se la riforma aggiunge "complessità" alla proposta della Commissione, ne conserva però "il cuore", in primis "l'equilibrio tra stabilità nella finanza pubblica e riforme e investimenti".

L'Europa, aggiunge, "ha bisogno di regole comuni, non di nostalgie dell'Austerity" e "penso che questo compromesso ci aiuterà in questa direzione". Quella concordata nell'Ecofin non è la versione definitiva delle regole, che dovranno ora essere negoziate con il Parlamento Europeo, probabilmente prima di fine legislatura: si tratta, tecnicamente, di tre proposte legislative. Per la ministra spagnola, la riforma è "equilibrata", dato che prevede ben "quattro salvaguardie: sul debito, sul deficit, sulla controciclicità e per proteggere gli investimenti". Restano due bracci del patto: quello correttivo e quello preventivo. La procedura per deficit eccessivo non cambia (cambiano le sanzioni, che vengono abbassate in modo che sia più facile infliggerle ai 'reprobi'), ma cambiano le condizioni cui dovranno sottostare i Paesi sotto procedura.

Per evitare che gli Stati che finiranno in procedura la prossima primavera, tra cui quasi sicuramente l'Italia e la Francia, debbano tagliare gli investimenti in un momento in cui devono essere fatti (quelli per la transizione climatica vanno fatti "ora", rimarca una fonte di Bercy), viene introdotta nel testo, tramite un 'considerando', una forma di flessibilità, per cui la Commissione Europea tiene conto della maggiore spesa per interessi valutando il percorso di rientro da concordare con il Paese (piani di aggiustamento basati su una traiettoria di spesa, di 4 anni estendibili a 7 tenendo conto di riforme e investimenti), limitatamente al periodo 2025-27.

In particolare, la Commissione terrà conto dei Pnrr nella decisione sull'estensione del piano, un punto che stava a cuore sia alla Francia che all'Italia. Il parametro che conta è quello della spesa netta, il rispetto del quale verrà controllato tramite un apposito conto: al superamento di determinate soglie di scostamento (0,3% di Pil di deficit annuo, 0,6% cumulativo nel periodo di piano), la Commissione redige un rapporto e può lanciare una procedura per deficit. Il conto viene azzerato alla fine del periodo di piano. Vengono introdotte nel braccio preventivo, per volontà soprattutto della Germania, due salvaguardie 'orizzontali', valide per tutti, una sulla riduzione minima del debito annua (1% del Pil per i Paesi sopra il 90%, 0,5% per quelli tra il 60% e il 90%), l'altra sul deficit, più complessa, che era particolarmente problematica per l'Italia.

La salvaguardia sul deficit, fortemente voluta dal tedesco Christian Lindner, prevede un obiettivo di deficit dell'1,5% strutturale, con un margine di 1,5% del Pil rispetto all'obiettivo del 3%, per i Paesi con debito sopra il 90% del Pil; il margine è dell'1% per i Paesi al di sotto del 90% (quindi l'obiettivo di deficit strutturale è del 2%). Per mitigarne l'impatto, si è deciso che il ritmo di convergenza verso questo obiettivo sarà graduale, con un aggiustamento minimo strutturale primario dello 0,4% annuo, che si riduce allo 0,25% annuo nel caso di estensione del periodo di piano (sono soglie leggermente superiori a quelle incluse nella bozza dell'ultimo Ecofin, rispettivamente 0,3% e 0,2%).

Per l'Italia, e per la Francia, rispetto alle regole attuali, irrealistiche, si tratta di un guadagno netto: rispetto all'Mto, Parigi guadagna oltre un punto di Pil, Roma ancora di più. E l'aggiustamento minimo, dello 0,25% strutturale primario, è assai più dolce di quello previsto dalle regole attuali (minimo di 0,5% di saldo strutturale ogni anno). Per una fonte di Bercy, "non si può dire" che le nuove regole portino l'austerità, perché, paragonandole a quelle vecchie, il miglioramento è netto. E per l'Italia si tratta di "un buon accordo", sottolineano da Parigi.

L'intesa è stata annunciata martedì sera dai ministri francese, Bruno Le Maire, e tedesco, Christian Lindner, dalla capitale francese, in una conferenza stampa congiunta, ma secondo fonti di Bercy il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, e la presidenza spagnola, sono stati costantemente informati e tenuti al corrente. Del resto, secondo la fonte, era indispensabile che Francia e Germania si accordassero tra loro, per arrivare ad un accordo a 27, concetto che avevano trasmesso a Parigi "molti Stati membri".

L'accordo risponde alle necessità politiche di ciascun ministro: ognuno può rivendicare qualcosa, in un pacchetto complessivamente "equilibrato", come l'ha definito Nadia Calvino. In particolare Christian Lindner, che lotta per la propria sopravvivenza politica (il suo partito, l'Fdp, balla intorno al 5% nei sondaggi, la soglia di sbarramento del Bundestag, rispetto all'11% del 2021), porta a casa regole "severe", come ha rivendicato ieri, mentre quelle del vecchio patto di stabilità erano severe "solo sulla carta".

Che poi questo quadro di governance economica, oltre ad essere 'tarato' sulle esigenze di politica interna dei singoli governi, sia anche quello che davvero servirebbe all'Ue nel suo insieme, per recuperare gli enormi ritardi accumulati rispetto agli Usa e alla Cina in particolare dopo la crisi finanziaria iniziata nel 2008 e i danni autoinflitti con le politiche di austerity, è da vedere.

Come notava lo European Council on Foreign Relations, nel 2008, anno del fallimento di Lehman Brothers, l’economia dell’Ue, che ha molti più abitanti del colosso d'Oltreatlantico, era leggermente più grande di quella americana: 16,2 trilioni di dollari, contro 14,7 trilioni di dollari. Nel 2022, l’economia statunitense era cresciuta fino a raggiungere i 25mila miliardi di dollari, mentre l’Ue e il Regno Unito insieme avevano raggiunto solo i 19.800 miliardi di dollari. L’economia americana è ora quasi un terzo più grande ed è oltre del 50% più grande dell’Ue, senza il Regno Unito.

Si vedrà se il quadro di governance economica è quello che serve ad una Ue che si vuole "geopolitica". Per contrastare la rinascita dell'imperialismo russo sotto Vladimir Putin, che pare determinato a ridurre l'Ucraina, grande esportatore di derrate alimentari, ad un Paese pressoché privo di sbocchi sul mare, affidarsi solo alla mano invisibile del mercato rischia di non bastare. Per non parlare della transizione verde e digitale. Serviranno investimenti pubblici, e non pochi. E se le regole non li incoraggeranno, come ammoniva Mario Draghi da premier, semplicemente non verranno fatti. Con quali conseguenze, lo si vede già oggi, con la promessa di consegnare 1 milioni di munizioni d'artiglieria all'Ucraina entro fine marzo 2024, clamorosamente disattesa dall'Ue.

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Taxi, Orsa dichiara stato di agitazione settore

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E' "inaccettabile l'intervento del Ministro Urso su materie che dovrebbero essere di competenza in primis del Ministero dei Trasporti". Lo scrive l'organizzazione sindacale Or.S.A. Trasporti che "chiede trasparenza e lealtà con la necessaria convocazione da parte del Ministero in merito alla definitiva discussione dei decreti attuativi e nel contempo proclama stato di agitazione del settore taxi". Il sindacato denuncia l'assenza, "ormai da troppo tempo, di concrete risposte da parte del Ministero dei Trasporti in materia di decreti attuativi": "in attesa della definitiva convocazione per la conclusione dell' iter di presentazione degli stessi da parte del Ministro Salvini, dobbiamo constatare che il silenzio stranamente riecheggia nelle nostre esperienze e non sembrerebbe altro che un presagio che va a scontrarsi con promesse elettorali avvenute poco più di un annetto fa".

Il sindacato Orsa segnala poi un incontro tra il Vice Presidente di Uber e il Presidente della Regione Calabria Occhiuto che "fa passare il tutto come il benvenuto alla multinazionale californiana nella sua Regione". "Ovviamente la scena per noi appare come la rivisitazione di quello che è successo due anni prima quando il Presidente del consiglio Draghi ricevette il CEO di Uber" scrive il sindacato che parla di "uno schiaffo in pieno volto da parte di un ministro che dovrebbe tutelare ciò che è prodotto nella nostra nazione ed invece guarda caso alimenta nella stessa maniera di come ha tentato sia Monti che Draghi l'entrata nel nostro settore di multinazionali che cercano da tempo di monopolizzare il settore taxi nel nostro paese".

"Non abbiamo mai chiesto l'esclusività ma abbiamo difeso il nostro diritto al lavoro, la nostra legge che stabilisce delle esatte differenze tra gli operatori del trasporto non di linea e garantire alla cittadinanza un prezzo stabile ed equo come sin adesso avvenuto. Non siamo disposti a farci stravolgere la vita, né da strette di mano, né da false promesse" continua la nota che parla di una "azione irresponsabile e fuori luogo da parte del Ministro Urso in questa fase lavorativa in cui stiamo cercando di riportare ordine attraverso l'attenta osservazione dei decreti attuativi affinchè si metta un argine al potere" delle multinazionali nel settore che sono invece accolte "in pompa magna".

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Energia, Mazzoncini (A2A): “Possiamo anche...

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Renato Mazzoncini

"Se consideriamo di avere un mondo dove il giorno in cui finiamo le risorse del pianeta si piazza più o meno a metà dell’anno, è evidente che così non si va lontano".

E’ il monito del Ceo e General Manager di A2a, Renato Mazzoncini A Torino, in occasione del G7 Industry Stakeholder Conference, il confronto tra le associazioni delle imprese ed i governi del G7. Per Mazzoncini, sono due i grandi temi di cui occorre occuparsi: “Il primo è che ci sia il maggior allineamento possibile sui due tavoli che sono la transizione energetica e l'economia circolare e quindi quanti soldi spendere per raggiungere questi obiettivi in tempo. Il secondo grande tavolo – continua - è la questione dei paesi come l'Africa. Oggi non possiamo pensare che si sviluppi un continente come l'Africa passando da più di un miliardo a più di due miliardi e mezzo di persone senza dargli una mano per esempio a sviluppare il solare”.

Così come bisogna aiutare per avere un ciclo ordinato dei rifiuti. Ad oggi il 40% delle discariche non controllate del pianeta si trovano in Africa con impatti devastanti per tutto il mondo . Bisogna lavorarci”. “ Il Fondo loss and damage deve passare dall’essere un fondo da qualche centinaia di milioni di euro a un fondo di qualche decina di miliardi di euro per poter dare una risposta seria a questi temi”, conclude Mazzoncini.

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Energia, Era: “Aumentare livelli crescita ma dobbiamo...

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Angelo Era, Partner ed Energy, Resources & Industrials Industry Leader

"L'efficienza energetica è un tema di cui non si parla moltissimo ma è, se vogliamo, l'arma principale che noi abbiamo per raggiungere gli obiettivi della Cop28 ".

A dirlo, Angelo Era, Partner ed Energy, Resources & Industrials Industry Leader di Deloitte, a margine del B7 Italy 2024, di cui Deloitte Italia è l'unico Knowledge Partner, è guidato da Confindustria e presieduto da Emma Marcegaglia e ha un ruolo chiave nell’identificare e indirizzare le priorità dell’agenda economica globale, guidando i Paesi G7 nelle grandi sfide di oggi.

“L’obiettivo della COP28 è sicuramente sfidante. Per raggiungerlo dobbiamo aumentare il livello di crescita che già stiamo sperimentando, molto positivo negli ultimi anni e che ci porterebbe a raggiungere un obiettivo di 2,5 volte la produzione attuale,

mentre quello definito nella COP28 è di triplicare la produzione” Continua Era.

“Sull'efficienza energetica il progresso del mondo tecnologicamente avanzato occidentale è già positivo. La componente invece più problematica è legata alla trasformazione dei consumi dell'industria dei paesi meno avanzati. Le proiezioni dei principali analisti ci ricordano che su questo tema è necessario investire 4 mila miliardi e sappiamo che l'accesso al capitale e alle tecnologie per i paesi meno avanzati è un aspetto sicuramente da risolvere e da favorire” conclude Era.

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