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A Palermo ‘Thesaurus’, in mostra il tesoro della Cappella Palatina

Una grande mostra che offre un approfondimento sull’aspetto spirituale del Palazzo Reale di Palermo

A Palermo 'Thesaurus', in mostra il tesoro della Cappella Palatina

Una grande mostra che offre un approfondimento sull’aspetto spirituale del Palazzo Reale di Palermo, un viaggio attraverso un corpus consistente del famoso 'Tesoro della Cappella Palatina'. E' 'Thesaurus', l'esposizione con cui torna a splendere un patrimonio 'segreto', finora noto a pochi. Accanto al tesoro della Cappella Palatina altri reperti supportano la continuità, forse l’immortalità, del significato di quella pagina di storia, non a caso divenuta Patrimonio dell’Umanità. La mostra offre una selezione accurata e non casuale dei tesori: 56 reperti che insieme creano un vero documento del messaggio culturale universale, in grado di mantenere viva le complessità. Si tratta di cofanetti, argenti raffinatissimi, pergamene, fonti battesimali, opere raffiguranti la Madonna Odigitria, gioielli appartenenti a Costanza d’Aragona, una bolla raffigurante Ruggero II, un sigillo mesopotamico trovato in uno dei cofanetti, che catapulta indietro fino a Babilonia, al terzo millennio a.C. (VIDEO)

'Thesaurus', che aprirà al pubblico domani e resterà visitabiole sino al 30 settembre 2024, è stata presentata oggi a Palazzo Reale. E' frutto di una sinergia tra la Fondazione Federico II e il Fondo edifici di culto (ministero dell’Interno) e della collaborazione con la Prefettura di Palermo, l’assessorato regionale dei Beni culturali e dell’identità siciliana, l’Arcivescovado e il Museo diocesano di Palermo, l’Arcivescovado e il Museo diocesano di Monreale, la Soprintendenza di Palermo, la Soprintendenza dei Beni archivistici, il Museo regionale di Messina (MuMe), la Biblioteca regionale di Palermo e l’Archivio Paladino. Il tesoro assume la funzione concreta e affascinante di 'history keeper', custode della storia. La raffinatezza e magnificenza dei reperti diviene la chiave di accesso per un viaggio senza tempo alla scoperta di un periodo 'meraviglioso': il tesoro sembra contenere e voler raccontare quell’aspetto immateriale che metteva insieme maestranze di culture e prospettive religiose diverse. In questo senso il tesoro della Cappella Palatina può essere definito il 'Tesoro delle civiltà mediterranee'.

Galvagno, 'patrimonio da custodire e preservare per l'umanità'

"La Fondazione Federico II prosegue con la mostra 'Thesaurus' nell’opera di svelamento e valorizzazione degli infiniti contenuti del Palazzo Reale - dice il presidente dell’Assemblea regionale siciliana e della Fondazione Federico II, Gaetano Galvagno -. L’iniziativa si svolge nell’ottica di una sempre crescente fruibilità dell’importante edificio siciliano, in linea con la mission di un sito Unesco. I manufatti oggetto della mostra narrano storie di tempi lontani e di evidenze di grandi accadimenti culturali che hanno reso la Sicilia centro nevralgico del Mediterraneo". Per Galvagno "il tesoro della Cappella Palatina, in particolare, simboleggia l’identità di un popolo dalle molteplici eredità culturali e geopolitiche raccolte nei secoli. La mostra Thesaurus, al di là del pregio estetico, è testimonianza di un patrimonio da custodire, far conoscere e preservare per l’Umanità", dice Galvagno che ringrazia il Fondo edifici di culto, il ministero dell’Interno e tutti gli enti prestatori per "aver creduto in questa operazione culturale, che rappresenta il racconto di una pagina di storia dai valori eterni".

"L’iniziativa della Fondazione Federico II è piena di consapevolezza scientifica, ma anche di una passione e un’urgenza civile che colpiscono - sottolinea il direttore centrale degli affari dei culti e per l’amministrazione del Fondo edifici di culto, prefetto Fabrizio Gallo -. Gli oggetti esposti nella mostra 'Thesaurus' sono il portato di tradizioni culturali e religiose diverse, a volte anche in conflitto, ma che nel meridione d’Italia, governato dai Normanni, trovavano la loro originale sintesi. Credo che l’urgenza civile della Federico II - aggiunge - parta da questa considerazione e dal convincimento che quell’esperienza storica, testimoniata da oggetti muti eppure eloquenti, abbia molto da dire ancora oggi al nostro Paese e al Mezzogiorno. Si tratta di un’urgenza che caratterizza anche l’azione del Fondo edifici di culto, ente proprietario del Tesoro della Cappella palatina, amministrato dal ministero dell’Interno, ed è rivolta a soddisfare l’esigenza di rendere fruibile l’ingente patrimonio culturale, civile e religioso posseduto a un pubblico sempre più vasto, nel convincimento che la bellezza e la conoscenza devono essere disponibili per tutti e che occorra promuovere ogni tipo di azione positiva affinché la tradizione culturale del passato vivifichi il presente e predisponga al futuro".

Monterosso, 'Patrimonio universale e transgenerazionale'

"Quando abbiamo programmato la realizzazione della mostra 'Thesaurus' – spiega Patrizia Monterosso, direttore generale della Fondazione Federico II - avevamo già consapevolezza del rilievo che una mostra di tale portata dovesse assumere rispetto al processo di valorizzazione, inteso come miglioramento delle condizioni di conoscenza e come incentivazione di una fruizione in grado di trasmettere valori di cui il patrimonio in esposizione è portatore. Abbiamo progettato un allestimento in grado non solo di porre il visitatore in rapporto con le opere in relazione alla percezione estetica, ma anche di favorire la comprensione di una eredità corrispondente a un patrimonio universale e transgenerazionale. In effetti il riconoscimento Unesco del Palazzo Reale e della Cappella Palatina quali Patrimonio dell’Umanità ha proprio questo significato".

Tra le opere in esposizione anche due di Mimmo Paladino: una scultura di bronzo (2018) e un quadro ottagonale (2011), entrambe di grandi dimensioni e intitolate 'Stupor Mundi'. Segno che il fascino di quella cultura esercita un forte impulso atemporale, al punto da stimolare uno dei più grandi artisti internazionali contemporanei. Tornando al tesoro della Cappella Palatina, tra i cofanetti in esposizione, il cofano di foggia rettangolare (secolo XII) è particolarmente significativo poiché chiara testimonianza della coesistenza tra iconografie cristiane e islamiche. Queste iconografie sono un perfetto palinsesto evocativo della Sala di Ruggero del Palazzo Reale, del soffitto ligneo a muqarnas della Cappella Palatina. Il cofanetto di foggia ellittica (secolo XII-XIII) è unico nel suo genere nel Medioevo per ornamentazione. La forma del coperchio bombato è una vera rarità nell’arte islamica. È uno dei pezzi più pregiati del tesoro della Cappella Palatina, è caratterizzato da un testo epigrafico con iscrizioni arabe in caratteri naskhi.

Tra i reperti anche la bolla regia di Ruggero II e vasca battesimale

Il cofanetto di foggia rettangolare con chiusura a scorritoio in legno e rivestito in avorio (secolo IX-XI) rappresenta, invece, gli stilemi tipici della cultura bizantina. Ogni personaggio rappresentato è inquadrato in uno spazio delimitato da piccoli fiori stilizzati con otto petali, in grado di ricordare le sezioni decorative stellate del soffitto a muqarnas della Cappella Palatina di Palermo. Il sigillo mesopotamico è stata la sorpresa più gradita e inattesa che ha riservato il cosiddetto Cofano X. Solo nel 1981, esattamente il 20 gennaio, monsignor Benedetto Rocco, prete-archeologo del capitolo palatino, trovò una chiave arrugginita e finalmente riuscì ad aprirlo: all’interno questo piccolo cilindro-sigillo di pietra dura (aragonite) risalente al lontano terzo millennio a.C. La datazione, che tiene conto della iconografia e della mancanza di epigrafe, è ritenuta concordemente del III millennio a.C., è il primo sigillo mesopotamico entrato a far collezione in Europa.

La bolla regia di Ruggero II fu confezionata a partire dall’acquisizione del titolo di re di Sicilia (25 dicembre 1130) per accompagnare i documenti emessi dalla sua cancelleria al fine di conferire loro valore legale. Svolgeva anche la funzione di materializzare la presenza fisica del re lì raffigurato ai sudditi di tutte le terre del Regno. Nonostante le dimensioni ridotte di questa bolla in piombo (35 millimetri), l’immagine del re è molto dettagliata e si distingue efficacemente. La vasca battesimale (1135), esposta alla mostra Thesaurus, è proveniente dalla Chiesa del SS. Salvatore di Messina e oggi custodita al Mume ed è simile a un’altra vasca battesimale, ubicata un tempo all’Abbazia di Santa Maria del Patìr in Calabria ed esposta attualmente al Metropolitan Museum di New York. Commissionate dallo stesso archimandrita ed entrambe realizzate da Gandolfo, scultore attivo durante il regno di Ruggero II.

Nel libro catalogo - 396 pagine - contributi di studiosi italiani e stranieri

Il Palazzo Reale fu durante la fase normanno-sveva un luogo di sintesi artistica tra latini, bizantini e islamici, così come raccontato dai documenti ufficiali, dai viaggiatori e dai membri della corte. Ne è un esempio l’acquasantiera di marmo con inserti musivi, databile tra il XII e il XIII secolo, che ricorda negli inserti musivi la tipica decorazione definita arabo-normanna con motivi geometrici realizzati con tessere musive lapidee, dorate e vitree che riconducono agli elementi geometrici presenti nella Cappella Palatina o all’interno della Sala di Re Ruggero. Il libro-catalogo – 396 pagine con un’edizione in italiano e una in inglese - propone un'ulteriore pagina di approfondimento secondo un approccio multidisciplinare grazie al contributo di importanti studiosi stranieri (Henri Bresc, Vera Falkenhausen, Kristian Toomaspoeg e William Tronzo) e italiani (Fabrizio Agnello, Maria Giulia Aurigemma, Monica Chiovaro, Roberta Civiletto, Franco D’Angelo, Maria Concetta Di Natale, , Antonio Di Maggio, Antonio Giuffrida, Marco Masseti, Carlo Aloe Nero, Giuseppe Sarcinelli, Lucinia Speciale, Giovanni Travagliato, Lucia Travaini, Mirko Vagnoni). Il risultato è un’analisi storica, storico-artistica, antropologica, semiotica, archeologica, archivistica, architettonica, zoologica e paleologica con riferimento al Vicino Oriente e al Mediterraneo. Con la mostra e in modo particolare con il libro-catalogo, la Fondazione Federico II rende omaggio alla memoria di Vlado Zoric, storico innamorato della Sicilia scomparso nel 2021, con cui la Fondazione ha collaborato.

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Libri, Santo Versace alla Lum per presentare...

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Libri, Santo Versace alla Lum per presentare 'Fratelli. Una famiglia italiana'

Martedì 21 maggio alle 11, presso l’Aula Aldo Rossi dell’Università Lum, a Casamassima (Ba), Santo Versace presenterà agli studenti il volume da titolo: 'Fratelli. Una famiglia italiana'. Nell’ambito dell’evento l’imprenditore, cui verrà conferito il Sigillo Accademico, terrà una lectio magistralis su 'La famiglia, l’impresa, la crescita'. L’intervento, moderato dal giornalista Vito Marinelli, sarà introdotto da Antonello Garzoni, Rettore della Lum ed Economista Aziendale e da Pasquale Lettieri, critico d’arte.

Santo Versace, fratello di Donatella e di Gianni che è stato uno dei più celebri stilisti del mondo fondatore dell'omonima casa di moda, scomparso nel 1997, è presidente della Fondazione Santo Versace, ente filantropico nato per sostenere e aiutare le persone che vivono in condizioni di fragilità e di disuguaglianza sociale.

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A Milano va in scena l’assenza nelle Polaroid di...

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Sabato 18 maggio l'apertura negli spazi dell'Opificio della Fotografia

A Milano va in scena l'assenza nelle Polaroid di Patrizio Cipollini

Fra le forme di fotografia analogica la Polaroid si afferma anno dopo anno fra le più tenaci, per longevità ed espressività. Lo conferma la mostra 'Ai lembi dell'assenza' che il polaroider romano Patrizio Cipollini inaugura sabato 18 maggio presso l'Opificio della Fotografia, uno degli spazi più stimolanti di Milano, in collaborazione con Casa Museo Spazio Tadini. E' un percorso attraverso 140 polaroid che propone al pubblico uno sguardo intimo e riflessivo sul tema - appunto - dell'assenza ma che punta a stimolare anche una riflessione critica sulla relazione tra la fotografia istantanea e il concetto stesso di assenza, esaltato da una immagine istantanea che - a differenza del digitale - si afferma sotto gli occhi dei soggetti in una forma 'fisica', ma poi inevitabilmente si deteriora nel tempo con i soggetti che possono addirittura scomparire, e quindi risultare completamente assenti. Insomma, la Polaroid piace per la sua istantanea (ma lenta rispetto al digitale) matericità e, nel tempo, può trasformarsi invece in una concreta mancanza.

Come si spiega nella nota di presentazione "l'assenza in questa mostra a volte è giocata come negazione della presenza umana, come per esempio nella serie sui sex toys, i papaveri, i pontili e i dittici architettonici o naturali; a volte si muove tra soggetti viventi in spazi quasi astratti o vuoti; altre si veste di forme e posizioni erotiche mancanti della figura completa; altre ancora abita polaroid deteriorate nel tempo in cui quasi tutto o tutto è scomparso. Si propone di esplorare narrazioni personali quanto sociali, ricordando la complessità e la profondità delle relazioni umane".

“Ai lembi dell’assenza” si inserisce in un contesto ampio di riflessione: come evidenziato da alcuni teorici come Rosalind Krauss e Geoffrey Batchen, l'assenza nelle immagini fotografiche si trasforma in una sorta di presenza silenziosa, che parla delle nostre esperienze umane con un'intensità senza tempo.

"Molti lavori di fotografi americani del XX secolo, come Robert Mapplethorpe, Nan Goldin o Sally Mann solo per citarne alcuni, hanno aperto nuove prospettive sull'espressione emotiva, l'utilizzo della bellezza come strumento estetico ed emotivo e l'enfasi sulla fotografia come oggetto fisico. Questi elementi hanno influenzato profondamente la fotografia contemporanea, aprendo spazi di riflessione sul tempo, l’erotismo, la mortalità, l'intimità, la bellezza, l’assenza”. - scrive l’ideatrice e curatrice della mostra Federicapaola Capecchi - Da qui siamo partiti io e Patrizio Cipollini. Per mesi abbiamo indagato e navigato insieme la mia idea, ispirata dal suo corpo di lavoro di 30 anni e abbiamo trovato molte strade da percorrere … infatti credo questa sarà la prima mostra di una serie”.

Le polaroid in mostra sono sia cicli che immagini indipendenti. Durante l'apertura della mostra - che si chiude il 16 giugno - Patrizio Cipollini tiene due workshop: il primo è 'Lift Off' in calendario il 25 e 26 maggio, il secondo “Instant … stereo e 3d” si terrà il 15 e 16 giugno.

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‘Ostiawood’, il primo romanzo di Daniele Orazi:...

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Il racconto del patinato mondo del cinema che può essere una giungla, attraverso gli occhi di Andy, personaggio che ha vissuto un’adolescenza travagliata nella Ostia degli anni Ottanta

'Ostiawood', il primo romanzo di Daniele Orazi:

Il protagonista si chiama Adriano Schroeder, ma tutti lo chiamano Andy, e ama il suo lavoro: l’agente cinematografico. Nel suo primo romanzo 'Ostiawood', Daniele Orazi racconta il patinato mondo del cinema che può essere una giungla, attraverso gli occhi di Andy, personaggio che ha vissuto un’adolescenza travagliata nella Ostia degli anni Ottanta. Andy, cresciuto da albino tra criminalità e bullismo, ha accumulato una notevole collezione di traumi. Tuttavia, il passato appartiene al passato: oggi è il rispettato e ammirato fondatore della W, un’agenzia che rappresenta attori e attrici famosi ed emergenti.

Il libro "è ispirato anche a quello che mi è successo nella vita, sia privata che professionale. C’è tanto di quello che ho vissuto e visto negli anni Ottanta", racconta all'Adnkronos Orazi, da 35 anni nel mondo del cinema come manager. Ed è proprio la passione per il suo lavoro che lo ha spinto in questa nuova avventura di scrittore: "In maniera un po' divertente e comica ho pensato di far conoscere meglio questa professione intorno alla quale c'è sempre un alone di mistero".

Iniziamo con il chiarire che "l’agente non è l’ufficio stampa ma è un ruolo specifico che ha bisogno di essere riconosciuto. Oggi, rispetto al passato, è una professione un po’ più nota anche grazie alla serie 'Call My Agent' di Sky" ma sono ancora tanti i falsi miti da sfatare. Uno fra tutti? "Che si guadagnano tanti soldi. Non è così. Per essere precisi: prendiamo il 10% degli importi degli artisti", risponde Orazi.

Il protagonista del romanzo è l'agente di alcuni artisti che, spiega l'autore, "rappresentano un po' i cliché del cinema che noi tutti conosciamo. C'è la giovane starlet , l'attore impegnato e la vecchia diva, ognuno con le sue esigenze e i suoi capricci". La forza di Andy "sta nel riconoscere che quei capricci in realtà, in quel momento preciso rappresentano per l'artista una questione di vita o di morte". L’agente "sta nel mezzo: deve capire l’artista e le esigenze del mercato puntando sempre al risultato, ovvero la performance. L’obiettivo è sempre quello di illuminare l’arte".

'Ostiawood', dunque, è una commedia scritta da chi il mondo del cinema lo conosce davvero e il messaggio "che mi piacerebbe arrivasse è per i giovani, ovvero che le cose si ottengono se dietro c'è lavoro e costanza. Se il nostro protagonista è riuscito ad emergere da un quartiere periferico e svantaggiato degli anni 80, diventando un uomo di successo allora ci può riuscire chiunque ma bisogna veramente volerlo. Dietro a dei grandi risultati c'è sempre tanto sacrificio", ricorda Orazi. I diritti d’autore saranno devoluti alle associazioni non-profit Every Child Is My Child e Pen Paper Peace. (di Loredana Errico)

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