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Global Reporting Initiative ha pubblicato due nuove bozze per la rendicontazione ESG

ESG

In tema di energia e clima il Global Reporting Initiative (GRI) ha di recente pubblicato due nuovi standard che hanno l'obiettivo di esortare sempre più imprese ad assumersi maggiore responsabilità sui temi ESG. Ricordiamo che GRI è un'organizzazione internazionale indipendente che sviluppa standard e strumenti di rendicontazione per misurare la compliance delle aziende ai criteri ESG. In particolare l'attenzione dei nuovi standard GRI, che diventeranno definitivi entro fine 2024, si focalizza sulle modalità di riduzione delle emissioni di gas serra e sul consumo di energia da parte delle aziende. In pratica le aziende dovranno dimostrare come il proprio operato si collega all'obiettivo principale di limitare l'aumento della temperatura globale a 1,5° C, come stabilito dall'Accordo di Parigi sul clima. La revisione degli standard da parte del GRI esprime le crescenti aspettative di più parti, tra cui gli investitori, su come in concreto si stiano riducendo le emissioni, aprendo la strada verso rendicontazioni più strutturate e comparabili a livello internazionale. A seguito della pubblicazione delle due bozze, ha inizio una fase di consultazione pubblica per raccogliere pareri e feedback a livello globale, che possono essere utili alla compilazione delle versioni definitive degli standard stessi.

Nuovo standard sul cambiamento climatico

L'obiettivo principale del progetto è rivedere gli attuali standard sul cambiamento climatico ed eventualmente integrarli con nuove tematiche sollevate dalle parti interessate, in modo da permettere alle aziende di rendicontare in maniera più chiara e approfondita sui piani di azione di transizione e adattamento al cambiamento climatico. In questo modo le società avranno gli strumenti adeguati e riconosciuti a livello internazionale per comunicare dettagliatamente i progressi annuali in tema di riduzione delle emissioni. Inoltre, la nuova proposta GRI consente alle imprese di dimostrare con la massima trasparenza l'eventuale ricorso ai crediti di carbonio, gli strumenti che permettono di compensare le emissioni di CO2. Non ultimo, lo standard prevede l'introduzione della componente sociale legata al cambiamento climatico che attiene alla responsabilità che i comportamenti scorretti o illegali hanno sulle singole comunità e sui lavoratori.

Nuovo standard sulla transizione energetica

In tema di transizione energetica la bozza GRI propone una revisione degli standard attualmente in vigore che si rifanno al GRI 302: Energia 2016, pubblicato dal Global Sustainability Standard Board (GSSB) e definisce i requisiti di rendicontazione in materia di energia. L'attenzione del nuovo standard viene posta in particolare su come le imprese stanno affrontando il tema del contenimento del consumo di energia, con specifico riferimento all'efficientamento energetico e all'utilizzo di energia da fonti rinnovabili. In definitiva, si tratta di un passo fondamentale per fissare parametri certi e uniformi per contrastare il cambiamento climatico attraverso azioni sempre più responsabili e trasparenti da parte delle aziende.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Sostenibilità

Sostenibilità, appello di Ecopneus: fare sistema per...

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Dal 2011 ha raccolto e avviato al recupero oltre 2,8 milioni di tonnellate di Pfu

Sostenibilità, appello di Ecopneus: fare sistema per superare le sfide del settore dei Pfu

Italia tra i Paesi leader in Europa nel settore del riciclo, grazie a una filiera industriale in grado di generare valore. Un esempio è rappresentato dalla gestione degli Pneumatici Fuori Uso (Pfu), una filiera che in Italia ha consolidato processi virtuosi di raccolta, trattamento e trasformazione, con applicazioni industriali delle materie prima seconde derivanti dal riciclo degli pneumatici a fine vita che spaziano dagli asfalti modificati alle superfici sportive.

In Italia, Ecopneus, realtà attiva nella raccolta, nel tracciamento e nella valorizzazione degli pneumatici a fine vita, dal 2011 ha raccolto e avviato al recupero oltre 2,8 milioni di tonnellate di Pfu, superando regolarmente i target di legge e supportando lo sviluppo innovativo, tecnologico ed economico dell'intera filiera. Il settore coinvolge, infatti, un'ampia rete di imprese specializzate che operano in tutte le fasi del processo, dalla raccolta alla produzione di nuovi materiali; nel solo 2023, le attività legate alla gestione dei Pfu hanno generato un valore economico complessivo di 44,4 milioni di euro, contribuendo a sostenere l'occupazione in un settore ad alta specializzazione. Inoltre, il risparmio derivante dalla riduzione delle importazioni di materiali vergini è stato stimato in circa 81 milioni di euro, dimostrando come un sistema integrato di riciclo possa rappresentare un potente driver di competitività economica.

Ampliare questi benefici, alimentare lo sviluppo economico e tecnologico del settore e promuovere un sistema nazionale di gestione dei Pfu basato su una visione industriale e coordinata. Questo l'obiettivo che Ecopneus al fine di rafforzare il mercato del riutilizzo delle materie prime seconde (Mps), garantendo elevati standard qualitativi grazie ai criteri del decreto End of Waste (EoW). Nell’attuale scenario operativo, la frammentazione delle azioni rischia, tuttavia, di indebolire il percorso verso una piena economia circolare per i Pfu, limitando la capacità di sviluppare opportunità innovative anche in Italia. Un esempio emblematico - osserva Ecopneus - è il riciclo chimico tramite pirolisi, già una realtà consolidata in diversi Paesi del Nord Europa, come la Svezia, ma ancora poco esplorato nel nostro contesto.

Secondo Giuseppina Carnimeo, direttore generale di Ecopneus, “per superare questi ostacoli, ci stiamo impegnando a costruire una sinergia con altri attori della filiera, ridurre la frammentazione del sistema e affrontare le sfide del settore con una strategia condivisa, capace di trasformare i Pfu in una risorsa chiave per lo sviluppo industriale e ambientale del Paese”. Da qui la richiesta di Ecopneus di un approccio coordinato per rafforzare il mercato delle materie prime seconde.

Una sfida per la competitività, dunque, ma anche per l’eco-sostenibilità. Qualche dato: nel 2023, le attività di recupero dei Pfu hanno evitato l'emissione di 297mila tonnellate di CO2 equivalente e il consumo di 1,2 milioni di metri cubi di acqua, oltre a risparmiare 274mila tonnellate di risorse minerali e fossili.

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Sostenibilità

‘Cibo2050’, viaggio nel futuro del cibo e della...

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Presentato l'eBook dell'Osservatorio Cirfood District

'Cibo2050', viaggio nel futuro del cibo e della nutrizione

Cosa mangeremo nel 2050? Nella nostra alimentazione si faranno sempre più spazio prodotti semplici, con un’attenzione preponderante verso una dieta più sostenibile, anche Plant Based, ma pur sempre mediterranea. E' una delle evidenze emerse dall'eBook Cibo2050 dell'Osservatorio Cirfood District, un team di professionisti, coadiuvato da importanti Istituti di ricerca, nato per poter ascoltare e osservare i cambiamenti e i nuovi bisogni di consumatrici e consumatori.

Redatto grazie alla collaborazione di 15 esperte ed esperti appartenenti a diversi campi di ricerca tra cui scienza, innovazione, medicina, mondo accademico e food, la pubblicazione analizza i possibili scenari futuri del cibo. Partendo dall’assunto che i temi legati a demografia, tecnologia, salute e sostenibilità influenzano e continueranno ad influenzare sempre più le dinamiche legate alla nutrizione, con una prospettiva che guarda al 2050, il saggio esplora i principali fattori di trasformazione del settore e indaga le direzioni che daranno forma all’alimentazione di domani, per fare luce su come potrebbero cambiare i sistemi di produzione e consumo, su come evolverà il dialogo tra l’uomo, il cibo, il pianeta e la tecnologia, per conoscere i cibi o i prodotti che diventeranno di uso comune o che potrebbero addirittura non essere più disponibili sul mercato.

“Come impresa che ogni anno serve oltre 100 milioni di pasti, abbiamo la responsabilità di comprendere i cambiamenti della società e di rispondere ai nuovi bisogni di consumatrici e consumatori, soprattutto in uno scenario complesso e fortemente influenzato da mutamenti climatici, demografici e tecnologici che modificano in modo repentino il contesto in cui viviamo - afferma Daniela Fabbi, direttore Comunicazione e Marketing di Cirfood - Cibo2050, grazie ai contributi di 15 autorevoli voci, evidenzia i possibili scenari futuri del cibo e le sfide che tutto il sistema deve cogliere per garantire, a livello globale, un accesso equo e sostenibile al cibo. Il legame tra clima, nutrizione e salute è evidente e da Cibo2050 emerge come questa connessione debba guidare le scelte future di imprese, istituzioni e di tutta la società, nel suo complesso”.

Cosa mangeremo nel 2050? Dalla pubblicazione emerge una coerenza di visioni in merito alle direzioni che prenderà il cibo nei prossimi decenni, evidenziando il ruolo cruciale che avrà l’educazione alimentare per le scelte di consumatrici e consumatori. Nella nostra alimentazione si faranno sempre più spazio prodotti semplici, con un’attenzione preponderante verso una dieta più sostenibile, anche Plant Based, ma pur sempre mediterranea: si andrà incontro a piatti a base vegetale e proteine alternative, legumi o novel food come alghe, piante che, in modo bilanciato, concorreranno ad implementare abitudini di consumo sane e a impatto positivo sull’ambiente e la salute delle persone. Inoltre, grazie alle numerose innovazioni tecnologiche (dalla fermentazione di precisione alla nutraceutica, fino alla nutrigenomica), sarà possibile creare alimenti con determinate caratteristiche, personalizzati e quindi più funzionali al nostro benessere e più idonei ai fabbisogni di ciascuna persona. Proprio il benessere sarà l’elemento verso cui si muoverà l’alimentazione grazie all’approccio 'Food as Medicine', che vede nel cibo una fonte di salute e prevenzione primaria.

Cosa, invece, non mangeremo più nel 2050? Sulla nostra tavola del futuro, non vengono immaginate pillole e beveroni. I contributi raccolti nel saggio evidenziano che l’alimentazione globale prevederà sempre meno proteine di origine animale (carne e latticini), anche grazie ad una maggiore consapevolezza sugli impatti degli allevamenti intensivi. Inoltre, consapevoli dei rischi legati ad un’alimentazione poco equilibrata e scarsa di nutrienti, chi consuma escluderà sempre di più dalle diete cibi ultra-processati, ricchi di zuccheri e il junk food. Al contempo, la nostra alimentazione dovrà fare i conti con i cambiamenti climatici e le conseguenze che questi avranno sulle coltivazioni, sulla stagionalità dei prodotti e sui sistemi di produzione. Molti esperti, ad esempio, prevedono che potremmo dover rinunciare ad alimenti quali cacao e caffè così come li conosciamo oggi, a causa degli eventi meteorologici estremi e all’insostenibilità economica e ambientale di queste filiere. Tuttavia, gli esperti rassicurano: caffè e cacao non spariranno dalla nostra alimentazione grazie al ricorso a pratiche di coltivazione più sostenibili o all’uso di altre piante, come i carrubi nel caso del cacao per produrre il tanto amato cioccolato.

Dove e come mangeremo nel 2050? Tirando le fila sulle maggiori tendenze al 2050, le contributor e i contributor confermano l’importante valore sociale e aggregativo del cibo che, sempre più, rappresenterà l’occasione per rafforzare i legami con le persone, con la famiglia e la comunità di riferimento. Ma non solo. L’alimentazione sarà, inoltre, leva per arricchire le nostre tradizioni, grazie a contaminazione di idee e gusti generati dai flussi migratori. La cucina sarà sempre il luogo dove sperimentare e vivere in maniera conviviale il rapporto con l’altro. Allo stesso tempo, i ristoranti, i locali e le mense si evolveranno con le esigenze dei consumatori in chiave tecnologica e sostenibile: attraverso format altamente esperienziali e connessi, con offerte alimentari trasparenti e personalizzate. Sarà, infatti, importante approfondire tutte le potenzialità del metaverso, il quale potrebbe consentire un consumo fuori casa diverso, più consapevole rispetto all’attualità.

Infine, in futuro si potrà accedere a un livello di informazioni ancor più dettagliato su ciò che mangiamo, che consentirà di conoscere in tempo reale la freschezza degli alimenti, le specifiche nutrizionali e la tracciabilità, grazie ad un approccio definito 'cibo connesso'. All’interno della pubblicazione, alcuni contributi sono stati dedicati alla revisione dei sistemi di produzione agricoli: dall’agricoltura di precisione, all’agroecologia passando per la necessità di avviare processi rigenerativi dei terreni, per evitare la desertificazione, è indispensabile ripensare tutto il sistema agricolo per far fronte alle esigenze nutrizionali di 10 miliardi di persone che popoleranno la Terra nel 2050.

L’obiettivo di Cirfood attraverso il Saggio Cibo2050 vuole essere quello di esplorare il futuro e indirizzare l’attività di progettazione del Cirfood District (il centro di ricerca e innovazione di Cirfood) per trovare nuove soluzioni orientate al miglioramento dei modelli alimentari e dei servizi a essi connessi, partendo dalle necessità delle comunità. Con lo scopo ultimo di assicurare, anche in futuro, un’alimentazione accessibile, sostenibile, personalizzata e che sia parte integrante del sistema di welfare ed educativo del Paese.

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Sostenibilità

Green Social Impact, sostenibilità aziende passa da...

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Dare valore alla sostenibilità. Una mano arriva dalla valutazione e dalla misurazione dell’impatto sociale delle scelte green, il solo termometro che può orientare i benefici verso i cittadini.

Green Social Impact, sostenibilità aziende passa da crescita delle comunità

Dare valore alla sostenibilità. Una mano arriva dalla valutazione e dalla misurazione dell’impatto sociale delle scelte green, il solo termometro che può orientare i benefici verso i cittadini. Una road map che tiene conto soprattutto delle ricadute sociali. La discussione sull’auto elettrica ha dimostrato i limiti del cammino dell’economia verde e dei rigori ideologici dell’Unione europea che stanno per essere riconsiderati. La transizione deve essere sostenibile dal punto di vista economico, sociale e geopolitico. Gradualità, misure eque e solidali senza lasciare nessuno indietro. Il banco di prova per una soluzione è sempre quello con la realtà. Ovvero come nella vita quotidiana la sostenibilità incide sulla crescita delle comunità di cittadini. Ci vuole un nuovo modello di sviluppo e di crescita attraverso una economia partecipativa. I piccoli correttivi non servono. Occorre una rinascita valoriale. Il bene comune, il benessere condiviso. Un bilancio dettagliato di quello che è stato fatto e quello che rimane da fare è scaturito dal confronto serrato uscito oggi, 12 dicembre, dall’European Colloquium 'Green Social Impact', AdnKronos è tra i media partner dell’evento, organizzato da Istud Business School, la più antica business school privata italiana, insieme e Cottino Social Impact Campus di Torino,

"La transizione ecologica – spiega Marella Caramazza, direttore generale Istud Business School e Board Member Cottino Social Impact Campus, direttore strategie del CeVIS, Centro di competenze per la valutazione e la misurazione dell’impatto - non è solo una questione ambientale ma è intrinsecamente legata a come viviamo, lavoriamo e connettiamo come comunità. Ed è essenziale gestire attentamente questa transizione per evitare che le comunità più vulnerabili ne subiscano le conseguenze negative. Possiamo iniziare a monitorare alcuni dati. Salute delle comunità; Accesso a innovazioni green e fonti di energia rinnovabile; Economia circolare; Diversità e inclusione".

Quindi è del tutto lecito in una fase congiunturale caratterizzata da una preoccupazione diffusa dell’opinione pubblica, alimentata dalla progressiva perdita di competitività dell’industria europea e dagli effetti delle interminabili crisi internazionali e dalla fine della pandemia, chiedersi se la transizione ecologica sta rallentando. "Che l’economia verde goda buona salute lo dicono innanzitutto le imprese. C’è un’Italia – si sofferma Danilo Bonato Direttore Sviluppo Strategico e Relazioni Istituzionali di Erion Compliance Organization – che sta proseguendo il proprio impegno climatico riducendo del 25% le sue emissioni di gas serra rispetto al 1990 e spingendo con decisione sulle fonti rinnovabili con 6 GW incrementali nello scorso anno. Serve un maggior coinvolgimento delle imprese a sostegno del Green Deal europeo secondo le linee di investimento indicate da Mario Draghi".

Sottovalutare la crisi climatica non farebbe che limitare le possibilità di sviluppo economico futuro. Ne è convinto il professore Valentino Piana Direttore Economics Web Institute e Senior Climate Strategist dell’European Network of Living Labs. "La Cop 29 ha avviato un discorso sulle cifre da mobilitare che rapidamente vanno verso le centinaia e migliaia di miliardi. Qualunque imprenditore dovrebbe sentire che il mercato va lì e che i suoi prodotti innovativi possono trovare co-progettazione e adattamento alle condizioni locali attraverso gli strumenti non-di-mercato, tra cui processi sociali di condivisione e formazione delle competenze e delle tecnologie".

E’ atteso il recepimento negli Stati Membri, entro il 2026 "di obblighi stringenti per le imprese quali la rendicontazione di sostenibilità, la gestione responsabile – elenca l’avvocato Paolo Peroni di Rödl & Partner – delle catene del valore e l’eliminazione o minimizzazione degli impatti negativi sui diritti umani e l’ambiente. Non è solo un adempimento normativo ma una scelta strategica per generare valore condiviso e garantire competitività nel lungo periodo".

La parola crisi è ricorrente "il termine – lo insegna il professor Andrea Farinet docente di Economia e Gestione delle imprese della Liuc-Università Cattaneo - viene etimologicamente dal verbo greco krinomai e significa decidere. Dobbiamo decidere, scegliere un nuovo tipo di progresso economico e sociale, pensare e sperimentare architetture dove esseri umani e ambiente convivono in equilibrio. In uno scenario come quello attuale l’approccio socialing è probabilmente l’unico che va veramente incontro alle reali necessità degli individui che vogliono sentirsi compresi, che sono alla ricerca di un confronto autentico e che sempre di più sentono il bisogno di condividere esigenze e difficoltà oggettive. Una terza via né catastrofista né negazionista".

Un progetto sostenibile non è altro che un co-creato hub di persone, economia e scienza. Lo pensa Massimiliano Braghin Presidente e Co-Founder di Infinityhub S.p.A. Benefit. "Tutto è collegato. Azioni nativamente sostenibili nelle tre accezioni di sostenibilità: ambientale, economica e sociale. Quando tutti sono integrati fin dall’inizio, tutti partecipano al capitale. La partecipazione di tutti ai valori e alla distribuzione del valore garantisce una risposta positiva diffusa. Chi si muove prima avrà sicuramente dei vantaggi". Per questo un dettaglio non trascurabile è la formazione e la conoscenza. Education prima del business. Dalle scuole medie. Dai giovani studenti. "Nel 2023 – commenta Eliana Baruffi country communications manager di Abb - abbiamo coinvolto ventimila ragazzi e ragazze, Spieghiamo loro come la tecnologia possa aiutare la sostenibilità e di come ciascun professionista può portare il suo contributo. Per noi progresso sociale significa, oltre che salute e sicurezza per i nostri lavoratori, impegno per una società più inclusiva e motivata".

E’ quel sentiment che ritroviamo anche quando si parla di economia circolare costituita da atti concreti delle comunità dove la valutazione dell’impatto sociale è quotidianità. Un esempio arriva da Roberto Sancinelli Presidente di Montello S.p.A., il più grande centro di riciclo di plastica e umido a livello europeo. La plastica si trasforma in minuscoli granuli che possono essere riutilizzati per tutto. L’organico invece è trasformato in energia elettrica e termica, in biometano e fertilizzante organico, mentre l’anidride carbonica viene reimmessa nel ciclo industriale anche per trasformare in gassata l’acqua minerale. "Se vogliamo limitare il consumo di materie prime fossili c’è solo una opzione - precisa Sancinelli -, ovvero riciclare. Entro il 2050 la plastica vergine aumenterà del 3-3,5% e questo significa che in trent’anni raddoppieremo la quantità di plastica che circolerà nel pianeta".

Il riciclo ha similitudini anche nel giro “riscaldare, risparmiare e non inquinare”. Purtroppo "la penetrazione delle rinnovabili non emissive – spiega Riccardo Bani, presidente di Teon – nel settore termico che pesa per il 65% dei consumi finali in energia, in Italia è solo del 6%". E se prima di pensare alle auto elettriche si metteva mano al cambio delle vecchie caldaie con le pompe di calore? I risparmi di spesa sarebbero dal 40 al 70% con emissioni azzerate. La transizione ecologica va fatta adottando soluzioni meditate affrancate da inutili contrapposizioni. "Quella che Carlo Petrini – ricorda l’editorialista e saggista Maurizio Guandalini, chairman dell’evento e curatore del libro La Transizione Ecologica (raccontata da chi la fa) punto di riferimento per gli studiosi- chiama la saggezza contadina dei saperi secolari che insieme alla scienza potranno fronteggiare scenari di geoeconomia e geopolitica popolati da ‘squali’, i decisori finali della rivoluzione energetica, impegnati a duellare per il controllo delle materie prime e delle risorse del sottosuolo".

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