Israele, 8 bambini e 5 donne gli ostaggi rilasciati ieri da Hamas
Erano stati rapiti nel kibbutz Be'eri. Tra loro anche Emily Hand, la bambina di nove anni israelo-irlandese la cui storia aveva tenuto con il fiato sospeso
Otto bambini e cinque donne, tra cui quattro mamme, sono gli ostaggi israeliani che sono stati rilasciati nelle scorse ore da Hamas e che erano stati rapiti nel kibbutz Be'eri. Tra loro anche Emily Hand, la bambina di nove anni israelo-irlandese la cui storia aveva tenuto con il fiato sospeso. Inizialmente le autorità israeliane avevano comunicato al padre, Thomas Hannd, che la bambina era stata uccisa lo stesso 7 ottobre durante dall'assalto di Hamas al kibbutz. Successivamente l'intelligence di Israele aveva avuto prove dalla Striscia di Gaza che la bambina era ancora viva.
Le autorità israeliane hanno fornito i nomi degli ostaggi rilasciati nelle scorse ore, dopo un rinvio deciso da Hamas accusando Israele di aver violato l'accordo della tregua. Si tratta di Shoshan Haran, 67 anni, sua figlia Adi Shoham, 38 anni, e suoi nipoti, Naveh e Yahel, rispettivamente di otto e tre anni. Sono state liberate anche Shiri Weiss, 53 anni, e sua figlia Noga, 18 anni, Sharon Avigdori, 52 anni, e suo figlio Noam, 12 anni, e i fratelli Noam e Alma Or, rispettivamente di 17 e 13 anni. Sono state rilasciate anche Maya Regev, 21 anni e Hila Rotem, 12, oltre a Emily Hand, nove anni.
Giovane rilasciata ieri verrà operata, Hamas le ha sparato il 7/10
A Mia Regev i miliziani di Hamas hanno sparato, prima di rapirla lo scorso 7 ottobre dal kibbutz di Be'eri. Così la giovane donna, 21 anni, camminava con le stampelle quando è stata rilasciata. Lo si è visto nel video del rilascio diffuso da Hamas e per le sue condizioni mediche, spiegano fonti israeliane, è stata trasferita nell'ospedale di Soroka perché è l'unica a necessitare di cure urgenti
L'emittente N12 riferisce che Mia Regev verrà sottoposta oggi da un intervento chirurgico. Il ministero della Salute israeliano precisa comunque che ''le condizioni di salute della giovane donna dopo 7 settimane di prigionia sono stabili''.
La famiglia di Emily: "Gioia indescrivibile, impegno per chi ancora ostaggio"
"Emily è tornata da noi. Non troviamo le parole per descrivere le nostre emozioni dopo 50 giorni impegnativi e complicati'', ha detto in una nota la famiglia di Emily Hand. "Siamo felicissimi di riabbracciare Emily, ma allo stesso tempo ricordiamo tutti gli ostaggi che devono ancora tornare. Continueremo a fare tutto ciò che è in nostro potere per riportarli a casa", prosegue la nota della famiglia della bambina, che ha compiuto nove anni mentre era in ostaggio e che ha doppia cittadinanza israeliana e irlandese.
Esteri
Siria, Trump ha già rimpiazzato Biden? Il tycoon detta la...
Il presidente eletto, dopo la visita a Parigi con gli incontri con i leader internazionali, ha di fatto preso il controllo del proscenio globale
Almeno sulla Siria, il presidente Usa uscente Joe Biden sembra ormai aver ceduto il posto prima del tempo al successore Donald Trump. Ritardando di quasi un giorno dai fatti l'intervento sulla fine del regime di Assad, il dem ha di fatto lasciato che il tycoon dettasse la linea americana sulla crisi a Damasco. Ma non solo. Il presidente eletto continua ormai da giorni, attraverso una valanga di messaggi sui social, sia a dispensare possibili soluzioni alla guerra tra Ucraina e Russia che, più in generale, a lasciar intendere quella che poi sarà la politica estera americana della nuova era.
Di fronte all'inarrestabile avanzata verso la capitale siriana, spiega infatti il New York Times, l'amministrazione Biden ha trasmesso messaggi ai gruppi ribelli che hanno guidato l'offensiva. E lo ha fatto, spiega il quotidiano citando funzionari statunitensi e turchi, usando canali diplomatici, militari e d'intelligence turchi per inviare messaggi tesi inizialmente a dire "cosa non fare", in primis non coinvolgere lo Stato Islamico nell'offensiva, nel quadro dell'obiettivo di arrivare ad una transizione pacifica in questo "momento di opportunità storica". Ma, dopo il ritardo nell'intervenire sugli ultimi sviluppi di politica estera, a poco più di un mese dall'inaugurazione del 20 gennaio gli occhi di tutti sembrano ora già puntati su Trump. Che con la visita di sabato a Parigi ha di fatto preso il controllo del proscenio globale con gli incontri con leader internazionali.
Biden cede, Trump già presidente
Insomma, ancora una volta il tycoon si conferma una forza che sovverte le consuetudini politiche americane, infrangendo la tradizione che vuole che ci sia, tra elezioni e insediamento, un solo presidente. Ora questo presidente sembra sia lui, osserva il Wall Street Journal, notando come questo sia avvenuto anche perché Biden ha ceduto i riflettori, aspettando praticamente 24 ore prima di intervenire sulla Siria.
Il silenzio del presidente in carica è risaltato ancora di più nel contrasto con il lungo e articolato post con cui Trump, poco prima di sedersi sabato scorso all'Eliseo con Volodymyr Zelensky e Emmanuel Macron, legava apertamente l'imminente caduta di Assad alla guerra in Ucraina, dicendo che la prima sarebbe stata la "cosa migliore" per la Russia "troppo occupata in Ucraina dove ha perso 600mila militari".
Ma soprattutto diceva che gli "Stati Uniti non devono farsi coinvolgere" nel "caos in Siria", perché "non è la nostra battaglia". E poi domenica, dopo la fuga di Assad, un altro post per dire che la Russia "non ha più interesse a proteggerlo" ed ancora, chiaramente, il link con il conflitto ucraino: "Hanno perso interesse in Siria per l'Ucraina, una guerra che non sarebbe dovuta iniziare e che potrebbe andare avanti per sempre".
Caduta di Assad grande opportunità per Trump, l'analisi
Nonostante quindi i suoi proclami apparentemente isolazionistici, Trump ha nella caduta di Assad, e la presa di potere da parte di fazioni sunnite, una grande opportunità: "L'America ha sempre voluto un Stato guidato dai sunniti a Damasco per danneggiare l'Iran. E la Russia. E ora lo ha avuto, quindi perché mordere la mano che volevi?", afferma Joshua Landis, capo del Center for Middle East Studies dell'università dell'Oklahoma, spiegando a Politico come si sia di fronte ad una cambiamento drastico di tutti gli equilibri in Medio Oriente.
A chi gli ricorda che fu proprio l'amministrazione Trump a mettere Hayat Tahrir al-Sham (Hts), nella lista delle organizzazioni terroristiche nel 2018, con una taglia da 10 milioni di dollari sulla testa del suo leader Abu Mohammed al-Jawlani, Landis risponde che gli Usa dovranno fare una nuova considerazione. "Jolani ha detto chiaramente che non c'è posto per l'estremismo in Siria, che vuole essere amico di tutti, che gli unici nemici sono Iran, Hezbollah e Assad", aggiunge.
Insomma, sta dicendo tutte le cose giuste e Washington deve decidere se credergli o no, ma "se non dichiara guerra all'America e dice che sta cercando di costruire un governo e dare da mangiare alla popolazione in modo da far tornare i rifugiati, gli Usa saranno in una posizione negativa se non faranno i conti con questo", argomenta Landis confermando che il leader delle forze anti-Assad "sta già cercando un dialogo con il governo americano".
E, conclude l'analista, "ci sono molte persone a Washington che stanno lavorando per toglierlo dalla lista dei terroristi. Il Washington Institute for Near East Policy ha diverse persone che stanno sostenendo a gran voce che gli Usa dovrebbero riconsiderare Jawlani, un moderato che ha fatto molte cose buone".
Esteri
Siria, finite le ricerche a Sednaya: nel carcere...
Non sono stati trovati altri detenuti nel complesso simbolo della brutalità del regime. Il leader dei ribelli al Jawlani: "Presto i nomi di chi ha torturato i siriani"
Finite le ricerche nel famigerato carcere 'mattatoio' di Sednaya, a nord di Damasco. Lo hanno reso noto i caschi bianchi, precisando che non sono stati trovati altri detenuti nel complesso, divenuto simbolo della brutalità del regime di Bashar al Assad.
“La ricerca non ha portato alla luce alcuna area non aperta o nascosta all'interno della struttura”, ha reso noto l'organizzazione di difesa civile siriana in un comunicato, precisando di aver completato una ricerca sistematica del vasto complesso, cercando celle segrete, scantinati nascosti e controllando i cortili e le aree circostanti della prigione, dopo che gli insorti entrati domenica all'alba a Damasco hanno aperto i cancelli del carcere.
Cinque squadre, tra cui due unità cinofile della polizia K9, sono state coinvolte nella ricerca di ingressi, uscite, pozzi di ventilazione, sistemi fognari, tubature dell'acqua, telecamere di sorveglianza. Nonostante gli sforzi, non sono state individuate aree nascoste o sigillate. “Condividiamo la profonda delusione delle famiglie delle migliaia di persone ancora disperse e il cui destino rimane sconosciuto”, hanno dichiarato i Caschi Bianchi.
Circa 150.000 persone in totale sono state imprigionate nella struttura, che è nota tra i siriani come il “mattatoio” per le brutalità e le torture commesse anche contro migliaia di civili arrestati solo perché oppositori del regime.
"Presto i nomi di chi ha torturato siriani"
Il nuovo governo di transizione a Damasco diffonderà presto una lista di ex funzionari del regime "coinvolti nelle torture al popolo siriano",ha intanto annunciato il leader dei ribelli Mohammed al Jawlani su Telegram, dove si firma con il suo vero nome, Ahmed al Sharaa: "Offriremo ricompense a chiunque fornisca informazioni sugli ufficiali dell'esercito e della sicurezza coinvolti in crimini di guerra".
"Non esiteremo - ha aggiunto il leader di Hayat Tahrir al Sham (Hts), entrato domenica a Damasco - a ritenere responsabili i criminali, gli assassini, gli ufficiali coinvolti nelle torture al popolo siriano. Perseguiremo i criminali di guerra e chiederemo la loro consegna ai Paesi nei quali sono fuggiti". Poi, al Jawlani ha ribadito "l'impegno alla tolleranza verso coloro i quali non hanno le mani macchiate del sangue del popolo siriano e abbiamo concesso l'amnistia a quanti erano in servizio obbligatorio".
Esteri
Usa, oltre 75 premi Nobel scrivono al Senato: “No a...
E' "dannoso" per la salute pubblica, scrivono nella lettera
Oltre 75 premi Nobel hanno firmato una lettera in cui esortano i senatori a non confermare la scelta del presidente eletto Donald Trump di nominare Robert F. Kennedy Jr. per guidare il Dipartimento della Salute. Lo riporta il New York Times. Nella lettera si parla di "mancanza di credenziali o esperienza rilevante", definendo Robert Kennedy jr "dannoso" per la salute pubblica.
"Considerando il suo passato, affidare a Kennedy la responsabilità del Ministero della Salute rappresenterebbe un rischio per la salute pubblica", scrivono i 77 premi Nobel per la medicina, la fisica, la chimica e l'economia in questa lettera indirizzata ai senatori americani. Tra i firmatari c’è Drew Weissman, Premio Nobel per la Medicina nel 2023 per il suo lavoro sullo sviluppo di vaccini a Rna messaggero, decisivi nella lotta al Covid-19.
Robert Kennedy Jr, nipote del presidente Usa assassinato "JFK", ha condotto per un certo periodo una campagna come candidato presidenziale a novembre prima di unirsi a Donald Trump. Il repubblicano lo ha premiato per il suo sostegno dopo la vittoria assegnandogli un portafoglio ministeriale, ma questa nomina deve essere soggetta al voto di conferma del Senato, come prevede la Costituzione.
"Oltre alla sua mancanza di qualifiche o di esperienza rilevante in medicina, scienza, sanità pubblica o governo, il signor Kennedy è stato un oppositore di molti vaccini che hanno contribuito a proteggere la salute e salvare vite umane, come quelli contro il morbillo e la poliomielite", scrivono i firmatari della lettera aperta. “Vi incoraggiamo fortemente a votare contro la conferma della sua nomina a ministro della Salute”.