Cronaca
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25 novembre, corteo a Roma contro la violenza sulle donne: “Siamo tutte Elena Cecchettin”
In piazza a Roma contro la violenza sulle donne. Al corteo anche Elly Schlein, Paola Cortellesi, Fiorella Mannoia. Donna con bandiera Palestina aggredita
"Siamo 500mila". Così le attiviste di Non una di meno che hanno organizzato la manifestazione di Roma in occasione della giornata per l'eliminazione della violenza contro le donne, oggi 25 novembre. Il corteo partito dal Circo Massimo e arrivato al Colosseo ha poi raggiunto piazza San Giovanni. Ci sono state tensioni davanti alla sede di Pro Vita.
In apertura di corteo le attiviste hanno intonato il coro ''Insieme siamo partite, insieme torneremo non una, non una, non una di meno". Alla manifestazione, la segretaria del Pd, Elly Schlein, insieme al sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. Tra i tanti partecipanti anche Paola Cortellesi, Fiorella Mannoia, Malika Ayane, Noemi, Luisa Ranieri, Luca Zingaretti e Ferzan Ozpetek.
"Siamo qui per contrastare l'idea violenta di possesso sulla vita e il corpo delle donne. Siamo qui per questo, per fare la nostra parte ogni giorno", ha detto Schlein. “Una partecipazione straordinaria di tante generazioni. Insieme contro la violenza di genere in tutte le sue forme. Serve un salto avanti non solo nella repressione - ha sottolineato la leader dem - ma anche nella prevenzione nelle scuole e nella formazione degli operatori. Tante le ragioni per essere qui. E' ora di dire basta”.
Alla manifestazione c'è stato un abbraccio tra Schlein e Maurizio Landini. La segretaria del Pd e il numero uno della Cgil si sono intrattenuti a parlare a margine del corteo.
Tra i tanti slogan, "siamo il grido altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce". Tantissimi i cartelli, tra cui "questa rabbia ci protegge", "se non abbiamo le stesse paure è perché non abbiamo gli stessi diritti". E ancora: "Uomini indignatevi come noi, con noi, per tutti noi, bruciamo tutto". Su uno dei cartelli anche una citazione di Fabrizio De André: "Per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti".
E, ancora: "Contro il governo Meloni fascista scateniamo la furia delle donne, serve un movimento femminista proletario rivoluzionario". Su un altro con la foto della premier Giorgia Meloni e della segretaria del Pd Elly Schlein la scritta: "Unità sui nostri corpi? Non in nostro nome". E ancora: "Per Giulia, per tutte le donne uccise estendiamo rumore e rivolta femminicidi/stupri fatti da uomini che odiano le donne ma preparati da governo e Stato". In mezzo ai tanti cartelli anche bandiere palestinesi.
Tensioni davanti alla sede di Pro Vita
Durante il corteo c'è stata un'azione delle attiviste di Non una di meno davanti alla sede di Pro Vita e famiglia in viale Manzoni (VIDEO). Le attiviste hanno aperto uno striscione con su scritto 'voi pro vita, noi pro vibra' e hanno acceso alcuni fumogeni. "Pro Vita e famiglia, dopo un femminicidio, osa dire che non serve l'educazione affettiva a scuola - avevano detto poco prima al megafono - Pro Vita e famiglia incarna il patriarcato più becero. Noi non ci stiamo più. Non vi renderemo la vita facile". Si sono registrate tensioni tra manifestanti e forze dell'ordine. Alcuni manifestanti hanno lanciato bottiglie contro la sede di Pro Vita che era presidiata dalle forze dell'ordine. Poi il gruppo di manifestanti si è allontanato e al momento sul posto ci sono blindati della polizia e agenti in tenuta antisommossa. La situazione è ora tornata alla calma.
"Le forze dell'ordine ci hanno preso a manganellate mentre facevamo un'azione con fumogeni e scritte sul muro davanti alla sede di Pro Vita e famiglia", hanno raccontato alcune attiviste. "Due ragazze sono rimaste ferite", ha detto un'attivista: una al viso ed è stata portata in ospedale e l'altra alla testa.
"Quelli 'contro ogni violenza' stanno perpetrando una violenza inaudita contro la nostra sede di @ProVitaFamiglia. Stanno rompendo i vetri delle nostre vetrine, stanno dando fuoco alle serrande. Un odio cieco e una violenza furiosa. Chi non condanna è complice!#25Novembre2023 #nonunadimeno", ha scritto in un post su X Jacopo Coghe portavoce di Pro Vita e Famiglia.
Donna con bandiera Palestina aggredita al corteo
Una donna che esponeva la bandiera palestinese è stata aggredita durante il corteo. Lo denuncia la stessa donna, Maya Issa, presidente del movimento studenti palestinesi. "Una donna mi si è avvicinata e mi ha detto di togliere la bandiera perché il corteo è contro la violenza sulle donne e non per la Palestina e che ci sono donne stuprate da Hamas - ha detto - Poi quando le ho detto di no, me l'ha strappata dalle mani, dandomi due calci e urlando 'terroristi'". Due ragazzi hanno difeso la donna e anche con loro ci sono stati momenti di tensione.
Non una di meno
“Ci aspettiamo una larga partecipazione, più degli altri anni. L’attenzione dopo gli ultimi femminicidi, in particolare di Giulia Cecchettin, si è alzata. In realtà ci sono state mobilitazioni durante tutti gli ultimi giorni e questo è soltanto il prosieguo della serie di mobilitazioni in tante città italiane”. Così all’Adnkronos la Rete di Non una di meno prima dell'avvio del corteo. “Non vogliamo bandiere politiche, né sindacali”.
Ma ci saranno le bandiere pro Palestina? “Per noi significa portare la bandiera di un popolo oppresso che sta subendo violenza. Di uno Stato non riconosciuto a livello internazionale. Noi siamo contro tutte le violenze e non esistono vittime di serie A e di serie B. La violenza patriarcale si esprime anche nei paesi colonizzati e non riconosciuti come tali, quindi verso un popolo che non ha la possibilità di autodeterminarsi. Poi è ovvio che noi siamo contro la guerra anche perché i corpi delle donne e delle persone razzializzate e non conformi sono i primi su cui la violenza viene riversata. La guerra in sé ha una forte radice patriarcale”.
Quanto alla partecipazione di Elena, sorella di Giulia Cecchettin, “siamo tutte Elena Cecchettin, lei è qui con tutte noi” al di là della sua partecipazione, “portiamo avanti la sua voce e la sua lotta. Ci siamo riconosciute tutte nelle sue parole”, ha sottolineato il gruppo di Non una di meno che ha ringraziato Elena Cecchettin, "ha trasformato lutto in una pratica politica".
“Le misure che sta prendendo questo governo per contrastare la violenza di genere, che è un fenomeno dilagante, sono assolutamente insufficienti - hanno inoltre sottolineato dalla Rete di Non una di meno - E noi questo lo vogliamo dire: c’è bisogno della riscrittura dei programmi governativi all’interno delle scuole, non ci bastano le 12 ore proposte dal ministro dell’Istruzione Valditara per contrastare un fenomeno tanto invasivo e capillare, così come non ci bastano fondi ai centri antiviolenza. Qui a Roma sta per chiudere un’esperienza fondamentale che riguarda le donne che decidono di scappare da situazioni di violenza”.
Cronaca
Ferrovie, sciopero del 19 e 20 maggio. Salvini firma la...
La nota con le motivazioni del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti
Il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini ha firmato un'ordinanza di precettazione nei confronti delle sigle sindacali che hanno indetto lo sciopero del trasporto ferroviario tra domenica 19 e lunedì 20 maggio. Lo rende noto il Mit in un comunicato.
Il motivo
La decisione, fanno sapere dal Mit, è maturata "soprattutto in vista dell'importante weekend per gli appassionati di Formula 1, in quanto coincide con la manifestazione sportiva 'Gran Premio del Made in Italy e dell'Emilia-Romagna' all'Autodromo di Imola. L'afflusso di turisti e appassionati stimato è di oltre 200mila persone. Lo sciopero causerebbe notevoli ripercussioni e problemi di ordine e sicurezza pubblica". Sulla base di queste motivazioni il ministro Salvini "ha pertanto disposto il differimento".
Cronaca
Superenalotto, numeri combinazione vincente oggi 16 maggio
Nessun 6 nè 5+1 e jackpot sale a 22,3 milioni
Nessun 6 né 5+1, mentre in 3 hanno centrato il montepremi a disposizione dei punti 5 incassando rispettivamente 57.872,38. Il jackpot stimato per il prossimo concorso a disposizione dei punti 6 raggiunge così quota 22.300.000,00 euro.
Quali punteggi vincono
Al SuperEnalotto si vince con punteggi da 2 a 6, passando anche per il 5+. L'entità dei premi è legata anche al jackpot complessivo. In linea di massima:
- con 2 numeri indovinati, si vincono orientativamente 5 euro;
- con 3 numeri indovinati, si vincono orientativamente 25 euro;
- con 4 numeri indovinati, si vincono orientativamente 300 euro;
- con 5 numeri indovinati, si vincono orientativamente 32mila euro;
- con 5 numeri indovinati + 1 si vincono orientativamente 620mila euro.
Ho vinto o no?
E' possibile verificare eventuali vincite attraverso l'App del SuperEnalotto. Per controllare eventuali schedine giocate in passato e non verificate, è disponibile on line un archivio con i numeri e i premi delle ultime 30 estrazioni.
Quanto costa una schedina
La schedina minima nel concorso del SuperEnalotto prevede 1 colonna (1 combinazione di 6 numeri). La giocata massima invece comprende 27.132 colonne ed è attuabile con i sistemi a caratura, in cui sono disponibili singole quote per 5 euro, con la partecipazione di un numero elevato di giocatori che hanno diritto a una quota dell'eventuale vincita. In ciascuna schedina, ogni combinazione costa 1 euro. L'opzione per aggiungere il numero Superstar costa 0,50 centesimi.
La giocata minima della schedina è 1 colonna che con Superstar costa quindi 1,5 euro. Se si giocano più colonne basta moltiplicare il numero delle colonne per 1,5 per sapere quanto costa complessivamente la giocata.
Come scoprire se ho vinto
E' possibile verificare eventuali vincite attraverso l'App del SuperEnalotto. Per controllare eventuali schedine giocate in passato e non verificate, è disponibile on line un archivio con i numeri e i premi delle estrazioni precedenti.
I numeri dell'estrazione vincente di oggi
La combinazione vincente del SuperEnalotto: 10, 11, 27, 31, 66, 83; Numero Jolly 25; SuperStar 57.
Cronaca
Chico Forti, chi è e perché era in prigione in Usa: la...
Il 1 marzo scorso l'annuncio di Giorgia Meloni da Washington: "Rientrerà in Italia"
Ultime settimane negli Usa per Chico Forti, il 65enne trentino detenuto per quasi 24 anni a Miami dopo una condanna all'ergastolo senza appello per l'omicidio dell'imprenditore australiano Dale Pike, ha lasciato oggi il carcere per essere trasferito in una struttura federale per l'immigrazione, ultimo passaggio prima del trasferimento in un carcere italiano.
Dal wind surf all'accusa di omicidio
Enrico Forti, detto Chico prima di essere arrestato era un campione di windsurf, documentarista e produttore televisivo. Ma la sua carriera venne interrotta bruscamente nel 1998 quando viene accusato dell'omicidio di Pike.
Dal 15 giugno 2000, giorno del verdetto, Forti si dice vittima di un complotto. Pike fu trovato morto in un boschetto che limita una spiaggia, a poca distanza dal parcheggio dove lui stesso aveva chiesto a Forti di accompagnarlo, dopo averlo prelevato all'aeroporto. La morte fu fatta risalire tra le ore 20 e le 22 del giorno precedente, poco tempo dopo il suo commiato da Chico Forti.
La sentenza
Secondo la sentenza, non appellabile, Forti è stato condannato all'ergastolo per "aver personalmente e/o con altra persona o persone allo stato ancora ignote, agendo come istigatore e in compartecipazione, ciascuno per la propria condotta partecipata, e/o in esecuzione di un comune progetto delittuoso, provocato, dolosamente e preordinatamene, la morte di Dale Pike".
La storia di Forti è legata a doppio filo all’omicidio di Gianni Versace, avvenuto il 15 luglio 1997, a Miami Beach, due chilometri in linea d’aria dal luogo dove, sette mesi dopo (il 15 febbraio 1998), fu trovato cadavere Dale Pike, ucciso fra l’altro con lo stesso tipo di pistola che esplose i suoi colpi mortali contro Versace; due proiettili alla testa, come per Pike.
La battaglia per il rientro e l'annuncio di Meloni
Per anni la famiglia di Forti, soprattutto l'anziana madre, si è battuta per un suo rientro in Italia. Nel marzo 2021, un primo spiraglio era stato annunciato dall'allora ministro degli Esteri Luigi Di Maio: "Chico Forti è stato trasferito in un altro penitenziario americano, dove si collocano i detenuti in attesa di trasferimento", le parole di Di Maio. Ma poi qualcosa si è inceppato. Fino alla svolta, annunciata dalla premier Giorgia Meloni lo scorso 1 marzo dagli Usa: "Sono felice di annunciare che, dopo 24 anni di detenzione negli Stati Uniti, è stata appena firmata l'autorizzazione al trasferimento in Italia di Chico Forti".
Un passaggio cruciale al quale sono seguiti una serie di adempimenti burocratici. Oggi, l'ultimo: la firma dell'accordo di Forti con il giudice federale statunitense per scontare il resto della pena in Italia.