

Finanza
Mediobanca, ad assemblea vince la lista del Cda
Ha votato a favore il 52,60% dell'azionariato presente, equivalente al 40,4% del capitale sociale. Per la lista Delfin ha votato invece il 41,74%, equivalente al 32,06% del capitale

All’assemblea dei soci di Mediobanca nella sede di Piazzetta Cuccia, a Milano, ha votato a favore della lista del cda il 52,60% dell'azionariato presente, equivalente al 40,4% del capitale sociale. Per la lista Delfin ha votato invece il 41,74% dell'azionariato presente, equivalente al 32,06% del capitale. A favore della terza lista, quella di Assogestioni, ha votato il 4,64% dell'azionariato presente, pari al 3,5% del capitale.
Molto basso il dato che ha riguardato le astensioni, pari allo 0,99% dell’azionariato presente, mentre la percentuale dei non votanti si è attestata allo 0,02%. Voto contrario è stato invece espresso dallo 0,01% dell’azionariato presente.
Con il voto dell’assemblea dei soci di Mediobanca entrano in cda 12 consiglieri della lista board, con i nomi di Renato Pagliaro, Alberto Nagel, Laura Cioli, Valérie Hortefeux, Francesco Saverio Vinci, Laura Penna, Vittorio Pignatti Morano, Angel Vilà Boix, Virginie Banet, Marco Giorgino, Mana Abedi, e Maximo Ibarra; due consiglieri di Delfin, Sandro Panizza, Sabrina Pucci e uno di Assogestioni, Angela Gamba.
Via libera dall’assemblea degli azionisti di Mediobanca al bilancio dell'esercizio 2022-2023 chiuso il 30 giugno 2023 e al dividendo. Il bilancio è stato approvato dal 99,93% delle azioni presenti, mentre il dividendo dal 99,92%. Presente in assemblea il 76,81% del capitale sociale, un'affluenza record registrata dall'istituto di piazzetta Cuccia negli ultimi dieci anni.
"Il Cda potrà contare sul pieno sostegno di risorse di alto profilo, per la prima volta indipendenti, e in grado di offrire il proprio contributo al rinnovamento della banca, supportandola nella realizzazione degli obiettivi previsti nel piano strategico" fanno sapere fonti vicine a Delfin, al termine dell'assemblea degli azionisti di Mediobanca.
Il verdetto dell'assemblea, che rappresenta uno snodo cruciale per la governance di Mediobanca, arriva oggi dopo mesi di scontri e di tensioni tra l'istituto di Piazzetta Cuccia e Delfin nel tentativo, fallito, di arrivare a una soluzione condivisa per il rinnovo del consiglio di amministrazione. Per la lista presentata Delfin, azionista con il 19,8% del capitale, ha votato infatti il 41,74% dell'azionariato presente, equivalente al 32,06% del capitale, mentre per Assogestioni, ha votato il 4,64% dell'azionariato presente, pari al 3,5% del capitale. Molto basso il dato delle astensioni, pari allo 0,99% dell’azionariato presente.
A ripercorrere il periodo difficile attraversato da Mediobanca negli ultimi mesi è stato lo stesso Nagel, rispondendo alle domande dei soci. "Abbiamo ricercato attivamente sia con il socio Delfin sia con il socio Caltagirone una quadra, un accordo sulla composizione sul consiglio. Sempre all’interno di un dialogo costruttivo e facile", spiega. "Ci sono stati due temi che hanno impedito di trovare un accordo. Il primo di carattere tecnico, perché sarebbe stato un accordo fatto per la prima volta nel sistema bancario. Tra un cda e due azionisti, per di più con una partecipazione superiore al 25% che è la soglia autorizzativa per l’opa obbligatoria, ci sono state diverse tematiche che non hanno reso facile questo tipo di predisposizione".
Il secondo tema, prosegue Nagel, "è che all’interno del dialogo costruttivo si è registrata una differenza di vedute sull’impianto di governance tra il cda e principalmente Delfin, che è stato il nostro principale interlocutore più che il gruppo Caltagirone. Abbiamo messo tutti e tre la massima buona volontà, non c’è stato nessuno che non ha voluto fare questo accordo". "Ci sono stati questi due temi, quindi non è stato un tema di 3-4-5 posti", puntualizza ancora l'ad, ma "un tema di impostazione e di tecnica". E "siamo ben contenti che Delfin partecipi al nostro consiglio, dia il suo contributo. Le voci critiche, con critiche che esse siano, per noi sono salutari e utili, quindi è un problema che da questo punto di vista non si pone", assicura. E toni distensivi si registrano anche sul fronte di Delfin. "Oggi si apre un nuovo capitolo nella storia della governance di Mediobanca" e che il cda "potrà contare sul pieno sostegno di risorse di alto profilo, per la prima volta indipendenti, e in grado di offrire il proprio contributo al rinnovamento della banca, supportandola nella realizzazione degli obiettivi previsti nel piano strategico".
Chiusa la partita del rinnovo del cda, ora Mediobanca guarda avanti. E sulla rotta da seguire, Nagel non ha dubbi: occorre proseguire sul percorso di crescita intrapreso nell'ultimo decennio che vede risultati "molto buoni" che verranno confermati anche nei prossimi trimestri. "Bisogna continuare a investire per crescere. L'abilità di Mediobanca di fronteggiare le incertezze, la diversificazione e il progetto di crescita hanno prodotto risultati molto buoni, che prevediamo vengano confermati anche nei prossimi trimestri", dice Nagel nel suo intervento in assemblea. Il piano di Mediobanca One brand One culture "ha degli asset secondo noi unici nel panorama italiano, ha un suo brand, una cultura e una specializzazione nell’investment banking che molte altre banche in Italia non hanno. Abbiamo pensato di far leva su questi aspetti unici per la crescita baricentrandolo sul Wealth management".
Il piano 2013-16, ha ricordato Nagel, prevedeva due miliardi di euro di ricavi, un Rote del 7%, un Cet1 pari al 12% e una distribuzione totale di 0,5 miliardi. Nel piano 2016-19 erano previsti ricavi da 2,5 miliardi, un Rote del 10%, Cet1 al 14% e una distribuzione pari a 1,3 miliardi. Successivamente, il piano 2019-2023 ipotizzava ricavi da 3,3 miliardi, un Rote del 13%, Cet1 al 15,9% e una distribuzione di 2,2 miliardi. Nagel ha infine rivendicando i risultati di successo e l'implementazione del piano 2023-2026 'One Brand One Culture' apprezzato dal mercato, che prevede 3,8 miliardi di ricavi, un Rote di circa il 15%, Cet1 superiore al 14,5% e una distribuzione pari a 3,7 miliardi.
"Questi numeri li facciamo perché abbiamo un gruppo eccezionale di persone che ogni mattina viene a lavorare con passione e ci dà l'incentivo di fare meglio e rimanere ancorati a quella cultura che ha reso possibili questi risultati", dice Nagel rivolgendo il ringraziamento "sentito e caloroso" ai dipendenti di Mediobanca. Dal canto suo, Delfin, che è riuscita a ottenere la nomina di due consiglieri assicura che "oggi si apre un nuovo capitolo nella storia della governance di Mediobanca" e che il cda "potrà contare sul pieno sostegno di risorse di alto profilo, per la prima volta indipendenti, e in grado di offrire il proprio contributo al rinnovamento della banca, supportandola nella realizzazione degli obiettivi previsti nel piano strategico".
Chi sono i membri del nuovo Consiglio
Ecco chi sono i membri del nuovo consiglio:
Renato Pagliaro: viene confermato alla presidenza per un nuovo mandato. Nato a Milano nel 1957, bocconiano, Pagliaro è presidente di Mediobanca dal maggio 2010. A Piazzetta Cuccia è entrato nel 1981 e vi ha ricoperto diversi ruoli tra cui quello di vice direttore generale a partire dall'aprile 2002, di condirettore generale-segretario del consiglio di amministrazione dall’aprile 2003, di direttore generale dall’ottobre 2008 al maggio 2010. Ha poi ricoperto le cariche di presidente del consiglio di gestione dal luglio 2007 all'ottobre 2008 e di consigliere di amministrazione dall'ottobre 2008.
Alberto Nagel: nato nel 1965 a Milano, ha conseguito una laurea in Economia aziendale presso l’Università Bocconi di Milano. Assunto nel 1991, la sua carriera si è svolta all’interno del gruppo Mediobanca con crescenti responsabilità fino a diventare direttore centrale nel febbraio del 1998, vice direttore generale nell’aprile del 2002, direttore generale nell’aprile del 2003 e consigliere delegato nel luglio del 2007. Riveste la carica di ad dal 2008. Negli anni Novanta ha partecipato alle privatizzazioni italiane seguite da Mediobanca. Tra queste, le privatizzazioni di Enel (1999), Bnl (1998), Banca di Roma (1999) e Finmeccanica (2000). Negli stessi anni ha partecipato ad alcune delle più grandi operazioni di M&A italiane. Nel '94/'95 ha curato l'Opa del Credito Italiano sul Credito Romagnolo; nel '99 ha partecipato all'Opa dell'Olivetti su Telecom Italia e nel 2000/'01 ha seguito l'Opa di Generali su Ina. Si è occupato inoltre del processo di consolidamento delle Banche popolari italiane.
Laura Cioli: laureata in Ingegneria Elettronica all'Università di Bologna e master in business administration alla Bocconi, è amministratore delegato di Sirti dal 2022. Tra i diversi incarichi, Dal 2018 al 2020 ha rivestito l'incarico di ad del gruppo editoriale Gedi. Sempre nell'editoria, è stata ad di Rcs MediaGrou. Prima di questo incarico, è stata ad di CartaSì (ora Nexi), e dg di Sky Italia.
Economia
Manovra 2024, modifiche Bilancio e riforma Ue: dicembre...

Doppio binario con l'esame del ddl in Parlamento e la revisione di Maastricht: due partite da chiudere auspicabilmente entro 31 dicembre

Dicembre caldo per la politica economica del governo impegnato sul doppio binario dell'esame della Manovra 2024 in Parlamento e il confronto con i sindacati sul fronte interno, e la riforma del Patto Ue sul fronte europeo. Due partite da chiudere auspicabilmente entro il 31 dicembre per evitare, nel primo caso, che scatti l'esercizio provvisorio e, nel secondo caso, che si torni alle vecchie regole di Maastricht .
A questo quadro va aggiunto il tassello dell'incontro con i sindacati martedì, nel pieno degli scioperi generali indetti da Cgil e Uil a partire dal 17 novembre scorso. Più attendista e moderata la posizione della Cisl, che non ha partecipato alla mobilitazione ma rivendica con forza modifiche alla manovra, stretta alle pensioni di alcune categorie di statali e medici in primis.
Sulla manovra l'esame si preannuncia difficile a causa della raffica di emendamenti presentati dalle opposizioni, circa 2.650. Toccherà alla scure delle ammissibilità iniziare a scremare la montagna di richieste di modifica su un ddl che, nelle intenzioni originarie del governo, doveva essere blindato. Ad ogni modo questo lavoro di potatura non verrà concluso prima di venerdì prossimo con il rischio di allungare i tempi dell'esame della manovra in commissione Bilancio al Senato. La legge è attesa in Aula a Palazzo Madama tra il 12 e il 15 dicembre, dovrà passare poi alla Camera e, senza incidenti di percorso, il via libera arriverebbe a ridosso di Natale.
Su questo iter pesa però l'accoglienza che verrà riservata al maxi- emendamento nel quale il governo farebbe convergere le correzioni della manovra. Intanto per martedì mattina il premier Giorgia Meloni ha convocato il tavolo con i sindacati.
Ma alla partita tutta nazionale che il governo gioca in casa, si affianca un'altra partita che l'esecutivo gioca nell'assise Ue. Incassato il via libera alla revisione del Pnrr, con circa 3 mld di prestiti aggiuntivi che portano la dotazione complessiva del Piano a 194,4 miliardi, ora Roma si trova alla stretta finale con gli altri partner Ue sulla riforma del Patto di Stabilità. Sullo sfondo il caso del Mes, il fondo salva-stati Ue che l'Italia - unica nell'Unione - non ha ancora approvato.
Sulle nuove regole di bilancio gli stati membri sono agli ultimi, decisivi passi per l'intesa o la débâcle. Nello scenario più roseo un accordo sulla proposta della presidenza spagnola di turno dell'Ue all' Eurogruppo e all'Ecofin del 7 e 8 dicembre aprirebbe la strada al via libera del Consiglio europeo in programma il 14 e 15 dicembre a Bruxelles. Se così non fosse però il dossier piomberebbe direttamente sul tavolo dei leader per trattative serrate che scongiurino che dal primo gennaio scatti la tagliola delle vecchie regole di bilancio.
Economia
Dichiarazione dei redditi 2023, ultima scadenza: cosa...

Il 30 novembre scadono i termini per la presentazione

Il 30 novembre si chiude definitivamente la stagione della dichiarazione dei redditi 2023 con il termine ultimo di presentazione del modello Redditi. Questo modello, va ricordato, non serve solo a dichiarare i redditi di partite Iva e lavoratori autonomi, ma viene utilizzato anche:
- come correttivo di un modello 730 presentato con errori od omissioni;
- da lavoratori dipendenti e pensionati in caso di mancata presentazione del 730 nei termini;
da lavoratori dipendenti e pensionati che abbiano anche redditi derivanti da investimenti all’estero: in questo caso si utilizza il modello Redditi aggiuntivo compilando solo i quadri RM, RS, RT e RW.
Va ricordato che i titolari di partita Iva sono obbligati alla presentazione della dichiarazione dei redditi con il modello Redditi anche nel caso di redditi conseguiti, nel periodo di imposta 2022, pari a zero.
Dopo il 30 novembre 2023, con la conclusione della stagione dichiarativa 2023, si affronteranno le novità previste per la dichiarazione dei redditi 2024. Per il prossimo anno i cambiamenti in arrivo sono molteplici e riguardano in modo particolare il modello Redditi che vede non solo cambiare la scadenza della presentazione, ma anche mutare radicalmente la platea dei contribuenti che lo utilizzano.
Dal 2024 sia il modello Redditi che il modello 730 avranno la stessa data di scadenza di presentazione: la dichiarazione dei redditi, indipendentemente dal modello usato, si presenterà entro il 30 settembre di ogni anno.
Un’altra novità importante riguarda la platea dei contribuenti che utilizzano l’uno o l’altro modello dichiarativo. Il cambiamento, che investe il modello 730 prevede che non sia più necessario utilizzare il modello Redditi aggiuntivo in caso di redditi derivanti da investimenti all’estero. Anche questi importi potranno essere inseriti nell modello 730 (cosa che fino al 2023 non era possibile fare). Questa decisione porterà inevitabilmente il modello Redditi a essere utilizzato solo ed esclusivamente dai lavoratori autonomi con partita Iva, visto che non potrà essere più impiegato come correttivo entro i termini del modello 730, avendo la stessa scadenza di presentazione.
Economia
Permessi Inps legge 104, quando spettano 6 giorni e non 3

Il limite di 3 giorni può essere superato in alcuni casi

La legge n. 104 del 1992 riconosce 3 giorni di permesso retribuito ogni mese al lavoratore che deve assistere un parente (o un affine) con disabilità. Questo limite può essere derogato laddove i familiari disabili da assistere siano due, ma solamente nel caso in cui se ne soddisfino i requisiti.
Nel dettaglio, è l’articolo 6 del decreto n. 119 del 2011 a riconoscere 6 giorni di permesso al posto dei soliti 3 qualora sia necessario assistere distintamente due persone con disabilità, a patto però che entrambi siano parenti (genitori o figli) o affini (suocero o suocera) entro il primo grado, con l’aggiunta del coniuge.
Vale anche per parenti (fratelli, sorelle, nipoti, nonni) e affini entro il secondo grado se il coniuge o il genitore della persona da assistere non è presente o comunque non è nella condizione di potersi prendere cura del disabile (ad esempio se sono invalidi a loro volta oppure nel caso in cui abbiano compiuto 65 anni di età).
Tuttavia, il fatto che le persone che necessitano di assistenza siano parenti o affini entro il secondo grado non è di per sé sufficiente per far sì che i permessi a disposizione possano raddoppiare. Nel momento in cui si fa domanda - che dovrà essere separata per ogni persona per la quale si richiede l’assistenza ai sensi della legge n. 104 del 1992 - bisognerà allegare la documentazione con cui si dimostra che ciascuna di queste necessita di un’assistenza continua e soprattutto esclusiva.
Ha invece sempre diritto a 6 giorni di permesso il disabile che a sua volta deve assistere un parente o un affine, ma solo previa certificazione medica con il quale viene attestata la sua capacità a potersi prendere cura dell’altra persona.