Romano Prodi: Addio a Flavia, un amore tra Cielo e Terra
“Io e Flavia uniti tra cielo e terra.” Sono queste le parole più toccanti con le quali Romano Prodi ha voluto salutare il feretro della moglie Flavia Franzoni, morta dopo 54 anni di matrimonio.
La morte improvvisa dovuta a un malore
Un improvviso malore. Poi lo scivolone mentre camminava lungo un sentiero tra Gubbio e Assisi, infine gli inutili soccorsi. Questo è stato il triste susseguirsi degli eventi che hanno portato al decesso di Flavia Franzoni. La moglie dell’ex primo ministro è morta mentre si trovava in Umbria insieme al marito e in compagnia di alcuni amici, tra cui l’ex ministro della difesa Arturo Parisi.
Flavia e Romano, una vita insieme
Con un filo di voce rotta più volte dall’emozione, l’ex premier si è voluto soffermare sui sorrisi che gli ha regalato la moglie poco prima di morire. Romano Prodi ha poi ricordato la loro giovinezza, sottolineando di non essersi mai pentito di averla sposata dopo più di due anni di fidanzamento.
Durante la cerimonia funebre, l’ex primo ministro ha più volte ribadito come Flavia Franzoni abbia spesso rinunciato alla sua carriera pur di restargli accanto, accompagnandolo nella sua vita politica, senza però rinunciare a un radicalismo dolce e persuasivo.
Romano Prodi ha poi raccontato ai presenti come durante tutto il corso della loro vita, lui e Flavia avessero condiviso ogni pensiero, tanto da definirla la sua consigliera personale. Commosso, l’ex primo ministro ha poi confidato un piccolo aneddoto ai presenti. Prima di partire per l’Umbria, camminando attraverso i vicoli della loro amata Bologna, si sono chiesti a vicenda se Piazza Santo Stefano fosse visibile dal Paradiso. La risposta è stata sì, ha poi concluso Prodi.
I funerali nell’amata Bologna
La cerimonia, officiata sabato 17 giugno dall’arcivescovo e presidente della CEI Matteo Zuppi all’interno della chiesa di San Giovanni in Monte, ha visto la partecipazione composta e commossa di molti concittadini della famiglia Prodi, attenti alle parole del prelato che ha definito come la vita di coppia e lo stare insieme rispettandosi, sia garanzia di armonia e diversità.
La passione per l’insegnamento
Flavia Franzoni era nata a Reggio Emilia il 01 febbraio del 1947, stessa città dove ha conosciuto il marito. Una volta portati a termine gli studi e conseguito il diploma di scuola superiore, Flavia ha poi deciso d’inscriversi all’Università di Bologna, laureandosi in Scienze Politiche. L’innata passione per l’insegnamento e i molti approfondimenti sul welfare acquisiti grazie all’esperienza presso la Fondazione Zancan, hanno portato la moglie di Romano Prodi a intraprendere con successo la carriera accademica.
Diventata docente di metodi e tecniche del servizio sociale presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Alma Mater, Flavia Franzoni ha contribuito nel corso degli anni a formare intere generazioni di assistenti sociali. Annoverata tra i fondatori dell’IRESS di Bologna, si è fatta amare dai suoi concittadini attraverso il suo modello di welfare definito “municipale e comunitario”, partecipando in maniera attiva al benessere della persona.
Una mamma dolce ma severa
“Non urlava mai. Il tono della voce era sempre fermo e risoluto. Non incuteva paura ma rispetto e dialogo.” A parlare di una mamma dai sani principi morali è stato il figlio maggiore Giorgio Prodi che ha ricordato emozionato gli insegnamenti impartiti dalla madre a lui e al fratello minore Antonio.
Giorgio Prodi, con il volto rigato dalle lacrime, ha ricordato come la madre sia stata una donna equilibrata e molto brava nel sistemare quei rari dissapori che avvenivano all’interno del nucleo familiare, grazie soprattutto all’innata capacità di ascolto. Infine, secondo il figlio maggiore, una delle doti che riconosceva in mamma Flavia era la forza con la quale univa le persone, cercando sempre di valorizzarle.
Don Ciotti ha raccontato di una donna umile e impegnata
Tra i tanti politici e volti noti presenti alle esequie, don Ciotti ha ricordato con affetto Flavia Franzoni. Il sacerdote, impegnato nella lotta alla criminalità organizzata, ha voluto sottolineare il forte legame che ha sempre legato lui e la famiglia Prodi, definendo come Flavia sia sempre stata una donna umile, attenta alle necessità del prossimo e molto impegnata sulle tematiche sociali.
Tante le personalità presenti
In rappresentanza del Governo era presente Anna Maria Bernini, Ministro dell’Università, mentre il Premier Giorgia Meloni ha inviato una corona di fiori. Tra le navate della chiesa hanno trovato posto anche gli ex premier Mario Draghi e Mario Monti.
Molto nutrita la rappresentanza del Centro Sinistra. Insieme alla segretaria del Pd Elly Schlein, hanno voluto rendere l’ultimo omaggio a Flavia Franzoni anche Walter Veltroni, Piero Fassino e un commosso Pierluigi Bersani. Oltre alla politica, ai funerali erano presenti personalità dello spettacolo e della televisione come Gianni Morandi e la giornalista Milena Gabanelli
Papa Francesco ha voluto partecipare inviando una lettera alla famiglia Prodi, invitandola nel continuare a testimoniare la bellezza del loro amore. Flavia Franzoni è stata tumulata nella tomba della famiglia Prodi, all’interno del piccolo cimitero di San Ruffino, nella frazione di Scandiano a pochi passi dalla casa in cui è nato il marito.

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Attualità
Gene Hackman, un patrimonio da 80 milioni e un testamento che divide: quali spiragli per...

Ci sembra doveroso condividere una storia che lascia molte domande in sospeso. Gene Hackman, attore iconico e vincitore di un Premio Oscar, non è più tra noi, e con lui se n’è andata anche Betsy Arakawa, la compagna che gli è stata accanto a lungo. Come testata, non possiamo evitare di ripensare alla complessità di un legame familiare che, alla fine, si ritrova racchiuso in un testamento controverso. E sono 80 milioni di dollari a fare da sfondo a questa vicenda.
Una fortuna che sembrava destinata alla moglie… e poi alla beneficenza
Le carte che circolano, documenti che abbiamo esaminato con attenzione, riferiscono di un’eredità inizialmente destinata alla moglie di Hackman. In seguito, sarebbe stato creato un trust finalizzato a supportare enti benefici e a coprire spese mediche. Ora che entrambi sono scomparsi, sembra che la rete di volontà e vincoli legali diventi sempre più intricata. Non sappiamo, con certezza assoluta, chi finirà per gestire davvero questi fondi, ma diversi esperti hanno già avanzato ipotesi su eventuali strascichi giudiziari.
Ci colpisce, però, il dettaglio più sconcertante: i figli di Hackman, nati dalla precedente unione con Faye Maltese, non sarebbero menzionati. Christopher Allen, 65 anni, avrebbe manifestato in passato difficoltà nel rapporto con il padre dopo il divorzio. Leslie, 58, ed Elizabeth Jean, 62, sembrano invece aver avuto contatti più regolari con lui, almeno stando ai racconti di chi li ha visti insieme a qualche prima cinematografica. Questa potenziale esclusione, in ogni caso, ha acceso le speculazioni su un conflitto legale che potrebbe aprirsi ora che né Hackman né la moglie sono in vita.
Un testamento del 2005 e l’ombra dell’Alzheimer
Gira voce che le ultime volontà dell’attore siano state firmate nel 2005, in un periodo in cui alcune fonti ipotizzavano una diagnosi di Alzheimer. La domanda che ci poniamo, e che forse anche voi condividete, è quanto questa condizione possa aver inciso sulle sue decisioni. Non esistono prove incontrovertibili, ma persiste un senso di incertezza sulle possibili motivazioni che avrebbero portato a escludere i tre figli.
Resta la prospettiva di un lungo iter per chiarire come questi 80 milioni verranno effettivamente ripartiti. Noi continueremo a seguire la vicenda, perché sentiamo che ogni ulteriore dettaglio potrà gettare nuova luce su una storia familiare carica di dubbi e lacune. E forse, soltanto il tempo riuscirà a diradare ogni sospetto.
Attualità
Jim Morrison, il fantasma che non trova pace? Il nuovo documentario risveglia l’enigma

Una storia che mette i brividi, quasi come se ci fosse una porta socchiusa nel passato pronta a riaprirsi. Potremmo persino dire che questa vicenda ci riporta a un bivio in cui ogni certezza traballa: si parla ancora di Jim Morrison. Non si tratta della solita leggenda metropolitana da bar, ma di una questione che è riemersa con vigore grazie al documentario Before the End: Searching for Jim Morrison, firmato dal regista Jeff Finn e disponibile su Apple TV+.
Guardandolo, saltano fuori sussurri, ipotesi, tracce polverose. E c’è una domanda, lì, che spiazza: Morrison è davvero morto a Parigi nel 1971 per un attacco di cuore, come afferma la versione ufficiale, oppure ha inscenato la propria uscita di scena per sfuggire ai riflettori?
Un documentario che sfida i referti
Il film di Finn fa qualcosa di audace: non si limita a riflettere sulla vita travagliata del frontman dei Doors, ma rilancia l’idea che il suo decesso possa essere stato, in realtà, un piano per sparire. Vecchie testimonianze, interviste raccolte nel tempo e voci che continuano a puntare su un uomo misterioso, un tale “Frank,” risvegliano antiche curiosità. Alcuni sostengono di aver incontrato questo sconosciuto negli Stati Uniti, in luoghi anonimi come un condominio di Syracuse, e di aver notato su di lui una cicatrice esattamente dove Jim aveva un piccolo neo in volto.
Una realtà capovolta
Diventa sconcertante pensare a un Morrison che abbandona tutto: musica, fan, ribalta mediatica. Cosa l’avrebbe spinto a tanto? Per alcuni, la pressione insopportabile di essere un’icona rock. Per altri, la semplice voglia di respirare una vita più normale, lontana dagli assedi dei paparazzi e dall’industria discografica. C’è chi considera questa ipotesi un’eresia, eppure il documentario s’insinua negli spiragli di dubbio come un’ombra tenace.
La fragilità di un mito
Tutto ruota attorno a un conflitto tra la storia che conosciamo e le supposizioni che resistono da decenni. Da un lato, abbiamo un certificato di morte che parla chiaro: insufficienza cardiaca. Dall’altro, individui che giurano di aver visto il leggendario artista ben oltre la data del 1971. Pura follia? Oppure frammenti di verità rimasti in sordina per mezzo secolo?
A ben pensarci, la fascinazione verso i miti eterni è una costante: tanti fan, forse, non vogliono accettare che il Re Lucertola se ne sia andato così presto. E Before the End rimescola le carte, trasformando una vecchia ferita in un nuovo motivo di stupore. Noi non pretendiamo di fornirvi risposte definitive, ma ammettiamo che questa storia – proprio come la voce di Morrison – sa risvegliare in chiunque un’indomita voglia di andare oltre ciò che appare.
Attualità
Blake Lively e Justin Baldoni, scontro giudiziario a Hollywood: l’attrice ottiene un...

Una vicenda che intreccia accuse gravi, contrattacchi e il timore che dettagli intimi finiscano in pasto alla stampa. Sembra un romanzo drammatico, invece è un fatto reale: Blake Lively, in lotta legale contro il regista e attore Justin Baldoni, ha ottenuto un parziale successo per tenere al sicuro alcune informazioni delicate. Non un trionfo definitivo, ma un primo passo per impedire che conversazioni private e dati strettamente personali possano raggiungere un pubblico affamato di scandali.
È una disputa che si sta consumando nei corridoi di un tribunale federale, dove Lively ha denunciato Baldoni con pesanti accuse di molestie sessuali e ritorsione. Come se non bastasse, Baldoni ha scelto di contrattaccare, portando in causa lei e Ryan Reynolds per diffamazione. Un intreccio complicatissimo di accuse incrociate, punteggiato da strategie legali sofisticate e decisioni giudiziarie che potrebbero fare giurisprudenza. Il giudice Lewis Liman, pochi giorni fa, ha parzialmente accolto la richiesta di Lively di mantenere “solo per gli avvocati” alcuni materiali di divulgazione. Parliamo di messaggi, piani e appunti creativi che Baldoni vorrebbe introdurre come prove per sostenere le proprie ragioni.
Perché mai limitare l’accesso soltanto ai legali?
La motivazione, in fondo, è semplice: proteggere segreti commerciali, piani di marketing, questioni di salute e persino i sistemi di sicurezza dell’attrice, che sarebbero esposti a un rischio enorme se condivisi liberamente. Senza dimenticare l’aspetto ancora più delicato: la salvaguardia di terzi estranei alle diatribe giudiziarie, i cui dati riservati potrebbero emergere involontariamente e generare danni irreparabili.
L’incubo della fuga di notizie aleggia come un’ombra su tutta la vicenda. Il giudice Liman ha sottolineato che quando in gioco ci sono star, addetti stampa e un case ufficiale di accuse pesanti, il pericolo di rivelazioni non autorizzate si alza vertiginosamente. Ciò che in teoria resta “riservato” rischia di finire nel circolo dei pettegolezzi – soprattutto all’interno della comunità artistica, dove una semplice allusione può devastare carriere e reputazioni.
Gli avvocati di Baldoni, dal canto loro, ammettono la necessità di proteggere materiale sensibile ma contestano l’idea di una condivisione esclusiva fra legali. Ritengono che un simile muro possa rallentare il processo, generando inevitabili attriti e continui ricorsi al giudice su ciò che dev’essere tenuto segreto e ciò che può essere trasmesso ai rispettivi clienti. Il tribunale, però, ha scelto un equilibrio: ha accolto alcuni punti avanzati dalla difesa di Lively ma non tutti. Ha fissato paletti precisi: niente divulgazioni che possano causare danni “significativi”, con un margine piuttosto ridotto di interpretazione.
Per ora la bilancia pende leggermente dalla parte dell’attrice, anche se il conflitto legale resta aperto e denso di sfumature da chiarire. Noi continuiamo a seguire l’evoluzione di questo caso sui generis, convinti che la verità, qualsiasi essa sia, emergerà tra i faldoni legali e la fermezza di chi vigila sul rispetto della riservatezza. Non è una storia con un vincitore annunciato, ma un racconto che si aggiorna di ora in ora, in un palcoscenico giudiziario dove la tensione è tutt’altro che scesa. E alla fine, la domanda chiave resta: fino a che punto si spingerà questo duello, e cosa accadrà se i segreti di Hollywood dovessero varcare i confini di quell’aula di tribunale?