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Rishi Sunak, chi è il nuovo premier britannico di origini asiatiche

Terzo Primo Ministro britannico in meno di tre mesi; primo politico di origini asiatiche e di religione indù a diventare leader del Partito Conservatore; possessore di un patrimonio stimato di oltre 700 milioni di sterline: a soli 42 anni, Rishi Sunak, il 24 ottobre 2022, diventa il nuovo Premier del Regno Unito nello stesso giorno in cui si festeggia il Diwuali, la festa della Luce nella religione induista.

La sua scalata politica è stata a dir poco fulminea: da semplice sottosegretario quasi anonimo, in pochi anni è arrivato al vertice della politica britannica diventando il nuovo leader dei Tory e Premier del regno Unito, affermando che questo è il privilegio più grande della sua vita e che farà di tutto per migliorare la situazione finanziaria e sociale del popolo britannico. Ma chi è il nuovo premier britannico e qual è la sua posizione politica ed economica?

La vita e la formazione

Rishi Sunak nasce a Southampton, nella contea dello Hampshire, nel maggio del 1980 da una famiglia di immigrati africani di origini indiane e di religione indù, benestante: il padre, Yashvir, nato in Kenya, è medico; mentre la madre, Usha nata in Tanzania, è farmacista.

Primo di tre figli, Sunak studia al Winchester College, uno degli istituti liceali privati più antichi e prestigiosi del paese. Nel 2001 consegue una laurea in Filosofia, politica ed economia, il corso di laurea prediletto dall’élite politica anglosassone, presso il Lincoln College a Oxford. Fino al 2004 lavora come analista in una delle banche più grandi e famose al mondo, la Goldman Sachs e si avvicina al Partito Conservatore, condividendone idee, pensieri e teorie politiche ed economiche.

Nel 2006 si trasferisce in America dove arricchisce il suo percorso di studi conseguendo un master in Business Administration presso l’Università di Stanford. Proprio in California, durante il percorso universitario, incontra la sua futura moglie, la miliardaria imprenditrice e stilista Akshata Murthy, figlia dell’indiano Narayana Murthy, fondatore dell’Infosys Technologies Limited, una delle compagnie informatiche più ricche e prestigiose dell’India. I due convolano a nozze nel 2009, hanno due figlie e attualmente vivono a Northallerton, nella contea del North Yorkshire, in una villa con un lago privato; mentre durante la settimana dimorano a Londra, in una casa dal valore di otto milioni di sterline a Kensington, uno dei quartieri più ricchi e presigiosi del paese.

Ritornato in Inghilterra, Sunak si occupa della gestione del fondo speculativo The Children’s Investment Fund Management e della società Theleme Partners. In seguito, diventa direttore della società di investimenti del suocero, la Catamaran Ventures.

L’ascesa politica di Sunak, dagli esordi alla carica di Premier

Rishi Sunak entra in politica nell’ottobre del 2014 come candidato conservatore per il Richmond, ricoprendo il seggio del dimissionario William Hague, ex leader del Partito Conservatore e primo Segretario di stato.

Nelle elezioni generali del 2015 e del 2017 viene eletto deputato ottenendo prima il 36% poi il 40% dei voti. Dal 2015 al 2017 fa parte della commissione dell’ambiente, alimentazione e degli affari rurali, e dal 2018, fino al luglio dell’anno successivo, diventa sottosegretario parlamentare sotto il governo di Theresa May. In seguito alle dimissioni del Primo Ministro nel 2019, Sunak sostiene e appoggia Boris Johnson nelle elezioni del Partito Conservatore e quando quest’ultimo diventa Primo Ministro, Sunak viene nominato, nel luglio del 2109, Primo Segretario al Tesoro, carica che manterrà fino al febbraio del 2020 quando viene promosso Cancelliere dello Scacchiere, nomina che coincide con lo scoppio della pandemia da Covid-19.

Durante l’emergenza, Sunak si oppone all’aumento eccessivo della spesa pubblica per mitigare i disastrosi effetti della pandemia sull’economia britannica e all’emanazione di una tassa sul carbone per ridurre le emissioni di Co2 che, a suo parere, avrebbe minato le finanze delle famiglie meno abbienti.

Nel luglio del 2022, Sunak si dimette dalla carica di Cancelliere, mossa imitata da altri 59 ministri e politici che facevano parte del governo Johnson provocando una crisi di stato che portò inevitabilmente alle dimissioni del premier.

Il giorno dopo l’abbandono della carica, l’8 luglio, Sunak si candida come nuovo leader del Partito ma alle elezioni del settembre ottiene il 42% dei voti perdendo contro Liz Truss. La Premier si dimette il 20 ottobre 2022 e Sunak annuncia nuovamente la sua candidatura e il 24 ottobre la maggioranza dei Tories lo nomina, a soli 42 anni, come il nuovo leader del Partito Conservatore e come nuovo Primo Ministro del Regno Unito, il terzo in meno di tre mesi, in concomitanza con la celebrazione della festa induista del Diwali.

Il caso di Akshata Murthy, la non domiciliata e gli altri scandali

La vita e la carriera politica del nuovo leader britannico non sono però scevre di scandali e pettegolezzi. Ad aprile i media, prima di tutti il quotidiano The Indipendent, hanno scoperto che Akashata Murthy, la ricca moglie di Sunak e figlia del miliardario indiano Narayana Murthy, godeva dello status di non domiciliata che comporta l’esenzione dal pagamento delle tasse in Gran Bretagna su oltre dieci milioni di euro di reddito percepiti all’estero; un’operazione del tutto legale ma che di certo non ha suscitato l’approvazione del popolo, considerando che il patrimonio della coppia ammonta a oltre 900 milioni di dollari. La notizia è emersa proprio nel momento in cui Sunak stava varando un programma economico e finanziario che prevedeva l’innalzamento delle tasse a discapito dei contribuenti. Inoltre, di recente è emerso che Sunak possiede ancora oggi la Green Card, ovvero il permesso di soggiorno permanente negli Stati Uniti d’America

Non finisce qui, perché Sunak è coinvolto anche nel cosiddetto Partygate, uno scandalo risalente al 13 novembre del 2020, otto giorni dopo la decisione di instaurare il lockdown a causa dell’aumento dei contagi da Covid-19, quando Boris Johnson con diversi funzionari del governo, incluso il nuovo premier, hanno organizzato e preso parte ad una affollata festa nella sede del governo britannico, a Downing Street, eludendo le rigide regole di confinamento e distanziamento sociale previste per i cittadini.

La visione politica e finanziaria

Rishi Sunak si definisce un Thathceriano di ferro e, del resto, la sua visione politica ed economica è rigidamente conservatrice.

Nel 2016 si schiera a favore della Brexit, ma con una visione più orientata al dialogo e alla condivisione e nel 2020, durante il suo incarico come ministro del Tesoro, si occupa della situazione economica e fiscale britannica durante la pandemia.

Eroga ingenti fondi pubblici pari a 400 miliardi di sterline per sostenere le imprese e i dipendenti salariati colpiti dalle complicanze economiche provocate dal Covid 19 e si oppone ai tagli fiscali e all’aumento della spesa pubblica del governo Truss.

Per contenere i disastri della pandemia, Sunak dispone di ulteriori misure straordinarie e di aiuti per le famiglie britanniche, tra cui il progetto Eat Out to Help Out (mangia fuori casa per aiutare); un piano molto particolare che incentiva la popolazione a pranzare e cenare fuori casa applicando uno sconto del 50% su cibo e bevande per chiunque mangiasse nei locali e nei ristoranti che avevano aderito all’iniziativa, cercando, così, di mitigare gli effetti economici che la pandemia aveva provocato nel campo della ristorazione.

In ambito di politica estera, Sunak, seguendo la linea conservatrice, è a favore dell’inasprimento delle leggi sull’immigrazione.

Animato da un’indomabile passione per il giornalismo, Junior ha trasceso il semplice ruolo di giornalista per intraprendere l’avventura di fondare la sua propria testata, Sbircia la Notizia Magazine, nel 2020. Oltre ad essere l’editore, riveste anche il ruolo cruciale di direttore responsabile, incarnando una visione editoriale innovativa e guidando una squadra di talenti verso il vertice del giornalismo. La sua capacità di indirizzare il dibattito pubblico e di influenzare l’opinione è un testamento alla sua leadership e al suo acume nel campo dei media.

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Attualità

Truman Capote e la ferita di un delitto: il nuovo sguardo di “Pagine” su Rai 5

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Avvertiamo sempre un brivido, quasi un sussurro inquieto, quando pensiamo a quei delitti che scuotono intere comunità. Voi vi siete mai chiesti che cosa spinga uno scrittore a immergersi così a fondo in un omicidio da farne un romanzo-capolavoro? In “A sangue freddo” Truman Capote fece esattamente questo, scavando nella tragica vicenda della famiglia Clutter e finendo per portarsi dietro un peso enorme. Adesso, questo stesso racconto torna sotto i riflettori grazie al documentario di Julien Gaurichon e Frédéric Bas, che lunedì 24 marzo verrà proposto in seconda serata su Rai 5, all’interno di “Pagine”.

La voce di Federica Sciarelli: dal crimine narrato al crimine reale

Nel nuovo programma di Rai Cultura, ci affacciamo su scenari di letteratura che spesso s’intrecciano con la cronaca. Ed è proprio Federica Sciarelli, popolare volto di “Chi l’ha visto”, a introdurre il mondo di “A sangue freddo”. Sentiamo tutta l’intensità di chi ha familiarità con storie difficili, perché la Sciarelli di crimini ne ha raccontati tanti e sa bene quanto possa pesare l’eco di un fatto violento.

Noi immaginiamo la vita a Holcomb, in Kansas, nel 1959. Un posto tranquillo dove improvvisamente accade qualcosa di mostruoso: quattro membri della famiglia Clutter vengono trovati assassinati il 15 novembre. Capote, ancora noto soprattutto per “Colazione da Tiffany”, resta catturato dalla notizia letta sul “New York Times”. Un crimine così efferato lo spinge a passare cinque anni tra interviste e ricerche, fino alla pubblicazione di “A sangue freddo” nel 1965 sulle pagine del “New Yorker”. Nel 1966 esce il romanzo completo, e quel successo esplode al punto da cambiare la sua vita e quella di una certa narrativa true crime.

Le ombre dei colpevoli e le ferite interiori

Vi siete mai chiesti come reagiremmo davanti a chi ha commesso un massacro? Capote incontrò più volte i due responsabili, Perry Smith e Dick Hickock, ex pregiudicati in libertà vigilata. Ci sconvolge sentire che lui descriveva Perry come colto e sensibile, mentre Dick sembrava incredibilmente pacato. Eppure, nel 1960 furono entrambi arrestati e poi condannati a morte. Cinque anni dopo, Capote assistette alle impiccagioni. Da lì la ferita, un vuoto che lui stesso definì insopportabile: “Nessuno conoscerà mai il vuoto che A sangue freddo ha scavato in me. In qualche modo credo che questo libro mi abbia ucciso”.

Con filmati d’archivio e testimonianze, Gaurichon e Bas riportano alla luce la forza devastante di quella storia e mostrano quanto abbia segnato Capote. Noi ci ritroviamo quasi senza fiato, perché scopriamo un autore diviso fra la voglia di raccontare e il peso di un’esperienza troppo intensa. “Pagine” – curato da Silvia De Felice, Emanuela Avallone e Alessandra Urbani, per la regia di Laura Vitali – ci accompagna lungo questo percorso fra parole e immagini, invitandoci a esplorare la letteratura come specchio della realtà più crudele.

Non sappiamo se avremo mai risposte definitive, ma restiamo uniti in questa riflessione collettiva, mentre la Sciarelli ci introduce a un racconto che vibra ancora di tensione. E forse, alla fine, ci rendiamo conto che l’anima di Capote aleggia ancora su quelle pagine, come se il crimine avesse stretto uno strano patto con la sua penna.

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Attualità

Processo Priebke: l’ombra del passato che ci parla ancora

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Ci sentiamo afferrare alla gola ogni volta che riemerge un episodio legato ai crimini nazisti. Non è semplice, vero? Molti di voi, probabilmente, preferirebbero non rivivere certi ricordi. Eppure sentiamo il dovere di ripercorrere fatti come l’eccidio delle Fosse Ardeatine, perché non possiamo permettere che scivolino nell’oblio.

Un processo fra indignazione e memoria

Il nome di Erich Priebke rimane un simbolo del male: ex ufficiale delle SS, coinvolto in uno dei massacri più atroci del nostro Paese. Nel 1996 lo arrestano in Argentina e lo trasferiscono in Italia. Sembra quasi un film, ma è tutto drammaticamente reale. Il tribunale militare di Roma, in un’aula piccola e soffocante, diventa il palcoscenico di un dibattito giuridico infuocato. La prima sentenza riconosce la colpevolezza di Priebke ma, incredibilmente, dichiara prescritto il reato.

Vi immaginate la rabbia? Familiari delle vittime che protestano, che occupano l’aula, che non riescono ad accettare una conclusione tanto assurda. Eppure quei momenti di tensione hanno contribuito a riaccendere l’attenzione collettiva su un capitolo oscuro della nostra storia. Nel 1997, alla fine, arriva la condanna definitiva all’ergastolo, con un principio che ormai conosciamo bene: i crimini di guerra non vanno in prescrizione.

Sentiamo un fremito nel presentarvi La verità del male – Il processo Priebke, un documentario prodotto da Golem Multimedia, in collaborazione con Rai Documentari e Fondazione Museo della Shoah, che va in onda venerdì 21 marzo in seconda serata su Rai 3. Il racconto, scritto da Giancarlo De Cataldo e Alberto Ferrari, e diretto dallo stesso Ferrari, mette in scena le voci di chi ha vissuto quei giorni intensi: Francesco Albertelli (ANFIM), Giovanni Maria Flick (Ministro della Giustizia di allora), Antonino Intelisano (pubblico ministero del Tribunale Militare) e Riccardo Pacifici, protagonista delle proteste e oggi vice presidente della European Jewish Association. La narrazione di De Cataldo penetra nelle pieghe del passato, mentre la colonna sonora, firmata da Gabriele De Cataldo e il montaggio di Luca Mariani completano un quadro crudo e necessario.

Siamo convinti che un lavoro del genere non sia solo un prodotto televisivo. È un richiamo collettivo a guardare in faccia l’orrore e a non smettere di fare i conti con ciò che è stato. Voi siete pronti a rivivere tutto questo? Noi crediamo che non ci sia scelta: occorre ricordare, sempre.

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Attualità

Mafie, corruzione e innovazione: un viaggio tra resistenza civile, politiche globali e...

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È strano, vero, ritrovarci con tante storie diverse che si intrecciano? Ci fa un po’ girare la testa, perché passiamo dalla lotta contro le mafie qui in Italia a proteste in altre parti del mondo. Eppure, tutto ci appare connesso. Noi stessi sentiamo il bisogno di capire in profondità come questi eventi si influenzino a vicenda. Voi potreste chiedervi: perché accostare tecnologie futuristiche, vicende di repressione politica e corruzione? Forse perché, nel loro complesso, ci mostrano la direzione in cui stiamo andando.

La rincorsa all’AI: soglia del “Sovrumano”

Iniziamo da qualcosa che cattura l’attenzione di tutti: l’intelligenza artificiale. Fino a ieri ci chiedevamo se le macchine potessero mai pensare. Ora siamo arrivati a porci una domanda più inquietante: quando supereranno le nostre abilità? Abbiamo ascoltato il parere di Nello Cristianini, professore all’Università di Bath, che sembra convinto di una prossima svolta. Ci dice che le IA non si limiteranno a eguagliare le nostre competenze, ma potrebbero addirittura superarle. C’è un brivido che corre lungo la schiena. Siamo davvero pronti?

Eppure, questa corsa alla tecnologia non è così astratta. È connessa al modo in cui gestiamo il potere, le libertà individuali e persino la trasmissione del sapere. Senza rendercene conto, l’AI irrompe nella nostra vita con una velocità inaudita. Inquieta, appassiona, spaventa. Ci sentiamo sospesi: da un lato siamo entusiasti di scoprire fin dove possiamo arrivare, dall’altro ci domandiamo se stiamo perdendo di vista i nostri valori più umani.

Riflessioni dalla Sicilia: il coraggio di dire no

Parallelamente, entriamo in un mondo che abbiamo appena dietro l’angolo, ma che a volte fingiamo di non vedere: quello delle mafie. Oltre 40 miliardi di euro, un giro d’affari colossale qui in Italia. Lì, nella giornata dedicata al ricordo delle vittime di mafia, migliaia di persone hanno sfilato a Trapani insieme a Libera e Don Ciotti. E ci siamo commossi quando abbiamo incontrato i fratelli Lionti, imprenditori di Niscemi. Loro si sono opposti al pizzo e hanno rischiato di essere ammazzati. Vivono sotto scorta, non vogliono lasciare la Sicilia, e continuano a lavorare fianco a fianco con la federazione antiracket. Uno slancio di determinazione che ci fa sentire un po’ più speranzosi.

Il Procuratore di Caltanissetta, Salvatore De Luca, ha lanciato l’allarme: ci sono sequestri frequenti di armi da guerra. Armi pesanti destinate – dice – a gesti clamorosi. Parla di un mandamento di Cosa Nostra in mano a giovani reclutati con un compenso misero, poche migliaia di euro, per uccidere. Tutto questo scuote la nostra coscienza. E ci fa chiedere se stiamo facendo abbastanza per sostenere chi non si piega.

Corruzione e proteste: drammi condivisi

Potremmo spostarci lontano, in Macedonia, dove un incendio in una discoteca abusiva – un capannone privo di uscite di sicurezza – ha causato 59 vittime e 155 feriti. Una strage che ha scioccato il Paese e che ha scatenato proteste furiose contro la corruzione. Non sono bastati gli arresti dei responsabili e le dimissioni del sindaco. In Serbia, intanto, da quattro mesi non si fermano le manifestazioni iniziate dopo il crollo di una pensilina, costato la vita a 15 persone. Più proteste, più rabbia, più richieste di cambiamento. E noi ci chiediamo: quante altre tragedie dovranno avvenire prima che le istituzioni intervengano davvero?

Tagli e repressione: gli Stati Uniti di Trump

Da un’altra parte del mondo troviamo un altro scontro. Trump vs Campus. Forse alcuni di voi hanno sentito parlare di Mahmoud Khalil, studente siriano di origine palestinese, con una famiglia, una green card e una laurea alla Columbia. La sua detenzione e la minaccia di espulsione hanno sollevato proteste accese a New York. Khalil paga per essere stato un leader delle dimostrazioni a favore della Palestina. E la Columbia rischia pure la perdita di 400 milioni di dollari di fondi federali. Pare che tutti i campus americani siano entrati nel mirino, costretti a tagliare corsi e ricerche su temi sgraditi a Trump: inclusione, riscaldamento globale, ogni cosa giudicata troppo “ribelle”. Sembra un attacco alla libertà di pensiero. A noi pare gravissimo.

Un rifugio per animali (e per noi)

Spostiamoci in Lazio, provincia di Viterbo. Due sorelle gemelle, una avvocata e una medica, hanno deciso di prendersi cura di cani, gatti, pecore non riproduttive e perfino cinghialetti. Hanno creato un rifugio per animali abbandonati, malati o capitati in eredità a chi non li voleva. Sembrava un sogno ingenuo. Invece, con un po’ di donazioni e tanta testardaggine, ci sono riuscite. Noi ammiriamo la loro scelta. Sì, perché ci dimostrano che esiste un modo diverso di vivere e trovare serenità, riscoprendo un contatto autentico con la natura.

I problemi del lago Trasimeno

Nel frattempo, in Umbria, il lago Trasimeno segna un metro e 25 centimetri sotto lo zero idrometrico. Poche piogge e cambiamenti climatici preoccupanti. Il turismo e la pesca ne risentono. Si parla di convogliare l’acqua dal lago Montedoglio, in Toscana, per evitare il peggio. Ma è un progetto da accelerare, prima che arrivi l’estate. Noi, se fossimo in voi, cercheremmo di capire quanto questo specchio d’acqua, il quarto lago d’Italia, rappresenti un patrimonio da non perdere.

Una pausa dai social?

In carne e ossa: secondo alcuni studenti della Civica scuola di cinema di Milano, i “reel” e i video brevissimi su TikTok o simili potrebbero non essere più così irresistibili. C’è voglia di stare insieme, di rallentare. Li vediamo correre e pedalare a mezzanotte per le strade della città, alla ricerca di un contatto vero. Rimane il fatto che, tramite i social, ci si organizza e si condivide ogni novità. È un paradosso che fa sorridere. Ma forse è solo la nostra natura, sempre in bilico tra tecnologia e desiderio di relazione.

Tradizioni giapponesi: spade e cicatrici dorate

Avete mai sentito parlare dei fabbri di katane? In Giappone ne sono rimasti solo 80, custodi di un’arte che esiste da mille anni. Le spade dei samurai non erano concepite come strumenti d’offesa, ma come protezione contro le forze negative. Poi c’è il kintsugi, la riparazione dei vasi rotti con oro fuso. Qualcosa che ci fa riflettere: le ferite si trasformano in elementi preziosi della nostra storia. E noi ci emozioniamo davanti a una cultura che, pur essendo proiettata al futuro, difende le proprie radici.

Come eravamo: Giappone 1963

Concludiamo con un salto indietro. L’archivio di TV7 ci mostra un Giappone del 1963 lanciato verso la modernità: treni rapidi, città in fermento, costruzioni vertiginose. Eppure il confronto con le tradizioni, il ruolo delle geishe e i ritmi antichi era già allora un enigma. Forse è sempre la stessa storia: un popolo in bilico tra evoluzione e rispetto delle proprie origini.

Alla fine di questo viaggio, abbiamo la sensazione di un’umanità che lotta, a volte soffre, e cerca risposte in mille direzioni. Siamo convinti che voi, come noi, abbiate bisogno di queste storie: per trovare il coraggio di resistere o per custodire un ricordo prezioso. Noi, tutti insieme, non dovremmo mai smettere di cercare un equilibrio tra innovazione e radici, tra legalità e libertà. Il resto è un percorso da costruire, un passo alla volta.

Tutto questo e molto altro nel prossimo appuntamento su Rai 1 con TV7, venerdì 21 marzo, a mezzanotte!

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