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Cronaca

Depistaggio Borsellino: “Figli traditi da Stato in...

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Depistaggio Borsellino: “Figli traditi da Stato in cui credevano”

L'avvocato Trizzino

(dall'inviata Elvira Terranova) - Subito dopo lo strage di Via D'Amelio i magistrati di Caltanissetta, sotto la guida del Procuratore Gianni Tinebra, "agirono con sconcertante superficialità" e "con incuria", "condotte che esprimono uno sfacelo di un sistema". Mentre i poliziotti "erano liberi di scorrazzare nella illegalità". "Dopo 32 anni siamo stanchi, questa vicenda ci sta distruggendo...". Parole dure, quelle dell'avvocato Fabio Trizzino, legale di parte civile della famiglia del giudice Paolo Borsellino, nel processo d'appello sul depistaggio sulla strage di Via D'Amelio. Alla sbarra tre poliziotti, Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei, accusati di concorso in calunnia aggravata dall'avere favorito Cosa nostra. In primo grado era caduta l'aggravante mafiosa per due dei tre poliziotti imputati del processo. Prescritti i reati per Mario Bo e Fabrizio Mattei mentre Michele Ribaudo era stato assolto "perché il fatto non costituisce reato". La Procura generale di Caltanissetta ha chiesto, al termine della requisitoria, 11 anni e 10 mesi di carcere per Mario Bo e 9 anni e mezzo ciascuno per Mattei e Ribaudo. Davanti alla Corte d'Appello presieduta da Giovambattista Tona oggi è stato il turno delle parti civili. Cinquantotto in tutto. Dai sette innocenti condannati ingiustamente all'ergastolo per la strage Borsellino ai parenti degli agenti di scorta, ai familiari del giudice Borsellino.

"Il danno subito dai figli del giudice Paolo Borsellino è un danno da verità negata e l'impossibilità di elaborare un lutto", "Sono stati traditi da uno Stato in cui credevano", dice l'avvocato Vincenzo Greco che rappresenta la famiglia Borsellino. Il nome del magistrato viene citato all'inizio dell'intervento anche del genero di Borsellino, l'avvocato Fabio Trizzino. "Vorrei dare voce in questa sede al dottor Paolo Borsellino oltre che alle parti che rappresento. Perché tra i tanti frutti avvelenati di quello che è stato definito uno dei più gravi depistaggi della storia italiana, vi è la verità della menzogna", dice senza nascondere la sua emozione. "Agevolata dalla sconcertante superficialità di tutti i magistrati della Procura allora guidata da Giovanni Tinebra". Trizzino rappresenta i figli del giudice, Lucia - sua moglie -Manfredi e Fiammetta.

"Questi magistrati hanno abdicato alla loro funzione di controllo e di vigilanza sull'operato degli investigatori lasciati liberi di scorrazzare nel campo della illegalità. Facendo macerie dei protocolli investigativi, della legge e della dignità delle persone che hanno sfortunatamente incrociato il loro percorso", dice l'avvocato Trizzino. "E mi riferisco a coloro che hanno fatto il carcere ingiustamente ma anche a quei poveri disgraziati di tre collaboratori", dice il legale. "Le condotte dei pubblici ministeri si collocano al di fuori dell'errore fisiologico ma semmai esprimono il corto circuito di un sistema, lo sfacelo di un sistema, con effetti devastanti sul piano dell'immagine di un ordine giudiziario che non meritava tutto questo. E di cui il dottor Borsellino era uno dei più importanti esponenti. Quello stesso ordine giudiziario che però ha mostrato di raccogliere l'eredità morale di Paolo Borsellino. Perché deve essere chiaro che la quasi totalità dei magistrati di questo paese lavora in silenzio. Non avendo il tempo di scrivere libri e parlare in pubblico. E nei confronti di questi magistrati la nostra fede rimane incrollabile", ha aggiunto l'avvocato.

I legali, 'scarantinizzazione delle indagini da parte dei magistrati'

Nella sua lunga arringa difensiva, l'avvocato Trizzino ha ripercorso i momenti successivi all'attentato di via D'Amelio, fino alla "scarantinizzazione delle indagini", come la definiscono gli avvocati di parte civile. Fu proprio Vincenzo Scarantino, il falso collaboratore, ad accusare ingiustamente i sette innocenti. "Sarà stato psicolabile ma non era cretino", dice l'avvocata Rosalba Di Gregorio, che rappresenta tre dei sette innocenti, Cosimo Vernengo, Giuseppe La Mattina e Tanino Murana. "Si è deciso di 'scarantinizzare' le indagini. Perché quel depistaggio non si può spiegare solo con qualcosa che riguarda Cosa Nostra. Come puoi pensare che lo Stato non reagisse? Ci si concentrava su Vincenzo Scarantino sui suoi sbalzi d'umore e non su elementi", dice Trizzino. Che poi torna a parlare dell'ex 007 Bruno Contrada, accusato in un primo momento, da più parti, di essere sul luogo della strage. "Il dottore Bruno Contrada non era in via D'Amelio. Ma è stato il classico agnello sacrificale da mettere sull'altare", ha detto.

E sui tre imputati - oggi l'unico presente è Fabrizio Mattei - ha detto: "Io ho compassione per il momento attuale ma non per il comportamento di allora". E ricorda un aneddoto raccontato da Lucia Borsellino in aula. Quando fu rinvenuta la borsa del giudice Borsellino e lei chiese che fine avesse fatto l'agenda rossa "Arnaldo La Barbera rispose alla madre Agnese Piraino Leto: 'Signora, faccia curare sua figlia". "E' assurdo", ha sottolineato Trizzino. "Tu, anziché approfondire le dichiarazioni di una persona che appartiene a una famiglia distrutta, dici 'perché non la fate curare?". E più volte ha ribadito quanti punti oscuri ci siano ancora sulla strage di via D'Amelio: "Ancora oggi a distanza di ben 32 anni non sappiamo, al netto dell'agenda rossa, quali fascicoli, quali carte avesse nella borsa il dottore Paolo Borsellino". "Non sappiamo cosa è avvenuto nell'ufficio del giudice dopo la strage. Non sappiamo quali fascicoli ci fossero sulla sua scrivania. Non sappiamo, ad esempio, se ci fossero dei fascicoli sugli appalti perché non abbiamo mai visto un verbale di sequestro dei documenti. Eppure Borsellino era uno che lavorava tanto". Non solo.

"Il giudice Borsellino viene ucciso alle 16.58. Sappiamo che i sigilli sono stati apposti alle 23.28 del 19 luglio 1992". L'avvocata Di Gregorio, nel suo intervento, ha ribadito più volte che "il depistaggio sulla strage di via d'Amelio continua ancora oggi". "Nell'agenda grigia che oggi abbiamo, dopo il 23 maggio, giorno in cui è morto il giudice Giovanni Falcone, il giudice Borsellino inizia ad annotare non solo le spese personali, ma anche appuntamenti lavorativi". "Mi ha fatto impressione la minaccia di Bo che avrebbe mandato Scarantino in un carcere peggiore di Pianosa dopo la sua ritrattazione", ha aggiunto "Non si notizia il servizio centrale di protezione il fatto che Scarantino chiamò Mediaset per ritrattare la sua collaborazione".

La sentenza d'appello forse il 4 giugno

La legale ha parlato anche delle carte rinvenute solo poco tempo fa. "Le carte del poliziotto Zerilli sui sopralluoghi di Scarantino apparse stranamente dopo 30 anni. E' veramente strano. Noi avvocati non ne possiamo più di queste strane apparizioni, dopo anni, di documenti che la procura della Repubblica neanche aveva. Tutto questo ancora oggi appare strano". I legali di parte civile hanno parlato anche dei mandanti esterni alla strage di via D'Amelio. Come spiega l'avvocata Di Gregorio: "In Cosa nostra tutti parlavano del mandante esterno ma nessuno sapeva chi fosse. Sappiamo anche che Riina fece un patto con questa entità esterna. Che le due stragi del '92 siano stragi di mafia è indiscutibile. E' chiaro. Ma chi è questa mafia che agisce? Fu una nuova mafia diversamente composta con due componenti: una istituzionale e una mafiosa stragista. Quindi agiscono insieme. Dall'ideazione fino all'esecuzione. Il dottore Arnaldo La Barbera fece il lavoro che ha fatto per depistare le indagini e lo fa perché consapevole della presenza di una nuova forma associativa".

I legali di parte civile non nascondono ulteriori critiche ai magistrati che si occuparono delle indagini subito dopo la strage Borsellino: "Se fossi garbata come lo è stato il Procuratore generale direi che i magistrati che fecero le indagini sulla strage di via D'Amelio sono stati 'distrattini', ma siccome non sono garbata non dico niente... Diciamo che c'è stata una certa incuria nelle indagini...", ha spiegato l'avvocata Di Gregorio.

Che poi ha attaccato: "La nostra toga, nei processi precedenti, è stata profondamente offesa, anche da testi qualificati". "Ringrazio il collegio - ha esordito l'avvocata Di Gregorio - perché la serenità con cui è stato condotto il secondo grado di giudizio per noi, che siamo stati abituati a udienze più turbolenti, come il processo Borsellino, ci ha dato la serenità del secondo grado. Vi ringrazio anche per la conoscenza degli atti". "La sentenza di primo grado mi ha deluso perché dopo avere fatto un'analisi precisa in alcuni punti, ha concluso dimenticando certe premesse che aveva fatto", prosegue la legale di pare civile. "Abbiamo vissuto i vecchi processi e chiaramente non siamo tecnicamente parte offesa, ma siamo parte offesa. La nostra toga è stata profondamente offesa e da parte di testi qualificati - dice ancora la legale - prendo una teste a caso, la dottoressa Anna Palma (ex pm dell'inchiesta sulla strage di via D'Amelio ndr), sentita in questo processo nel controesame, ci ha accusato di essere stati nei vecchi processi difensori di imputati. Continuando a non ammettere il depistaggio". Adesso la parola passerà alla difesa dei tre imputati, che sarà impegnata per le prossime due udienze, il 30 aprile e il 7 maggio. La sentenza potrebbe essere emessa il 4 giugno.

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Sanità, 3 italiani all’estero celebrati dal Time....

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Francesca Dominici, regina dei dati ad Harvard. Paolo De Coppi, chirurgo scienziato che opera i bimbi in utero e crea organoidi dal liquido amniotico. Carlotta Pianigiani, esperta di crisi ed emergenze in prima linea ad Haiti. Sono loro i connazionali inseriti dalla rivista nell'elenco dei 100 più influenti del settore

(Fotogramma)

Ci sono anche 3 cervelli italiani all'estero, due donne e un uomo - in forze in strutture sanitarie e centri di ricerca, in prima linea nelle emergenze - fra i 100 personaggi più influenti del settore salute, selezionati dalla rivista 'Time' per il 2024. Paolo De Coppi, Francesca Dominici, Carlotta Pianigiani: un chirurgo pediatrico che con i suoi studi ha aperto la strada alla 'coltivazione' di organoidi da cellule del liquido amniotico; una biostatistica che ha sfondato il tetto di cristallo ad Harvard e usa la matematica per 'inchiodare' lo smog ai danni che provoca sulla salute umana; un'esperta sul campo, in prima linea ad Haiti e in tante crisi ed emergenze, con la sua 'assistenza mobile'. Volti del Belpaese, biglietto da visita dell'Italia nel mondo. Il nome di De Coppi compare nel gruppo degli innovatori; quello di Dominici è nella lista dei 'catalizzatori', Pianigiani fra i 'leader'.

Una vita tra laboratorio e sala operatoria

"Non mi aspettavo che sarei potuto finire in un elenco con Emmanuel Macron o Michael J. Fox", sorride Paolo De Coppi, 52 anni, mentre prova a spiegare all'Adnkronos Salute cosa si prova ad essere celebrati dalla rivista 'Time'. Una parabola scientifica, la sua, che lo ha portato da Padova a Londra, con in mezzo altre tappe in giro per il mondo (Amsterdam, Boston). E una missione che è stata la sua ragione per un ventennio: "Provare a trovare nuove soluzioni alle malformazioni congenite". Chi è questo italiano influente trapiantato in Gb? "Fin dall'università ero uno studente un po' strano: volevo fare il chirurgo, però ho iniziato a frequentare il laboratorio già mentre frequentavo Medicina. Facevo esperimenti, mi piaceva molto praticare la chirurgia, ma rispondendo a delle domande di base, capendo quello che succede" per esempio in una determinata malattia. E quindi, racconta raggiunto al telefono in una pausa dalla sala operatoria, all'inizio la mia "è stata un po' una fuga" dall'Italia, "nel senso che, tornato" da un'esperienza all'estero, "allora era difficile nel nostro Paese pensare di poter fare insieme chirurgia e ricerca", essere un chirurgo-scienziato. "Oggi in realtà questa 'fusione' si verifica sempre di più - riflette - I chirurghi del futuro saranno ingegneri, biologi che imparano la medicina. Se in chirurgia vuoi usare veramente il robot devi essere anche un ingegnere o un matematico, devi capire l'intelligenza artificiale, capire come puoi imparare, come le informazioni che il robot ha ti possono essere utili a migliorare la chirurgia, che non è più solo un atto tecnico".

"Certo - puntualizza De Coppi - io mi diverto molto a stare in sala operatoria e la maggior parte del tempo adesso la passo proprio lì. Però quello che è importante per chi vuole fare questo lavoro è riuscire a dialogare con chi fa lo scienziato di base". E lui lo ha fatto ad esempio con Mattia Gerli, altro italiano 'geniale', anima del laboratorio dove si sono concretizzate le principali scoperte, valse a De Coppi e al team l'etichetta di "innovatori" attribuita dal Time. Ma se il camice bianco fosse rimasto in Italia oggi sarebbe su quella lista? "Temo di no", ammette. De Coppi è "un chirurgo fetale e neonatale", in forze al Great Ormond Street Hospital di Londra. Si occupa dei suoi piccoli pazienti "prima della nascita", già in utero. Con strumenti microscopici, "circa 3 millimetri", una telecamera chiamata fetoscopio, il 'camice verde' italiano li opera per correggere difetti come la spina bifida, "riducendo anche la morbidità per la madre. Oggi abbiamo capito che intervenire sul feto porta un vantaggio anche per il recupero dopo la nascita", permette di "evitare una successiva operazione", eliminando anche "il trauma familiare correlato". Questo in realtà, prospetta l'esperto, "è solo un primo passo" verso il futuro. "L'idea, quando sono andato a Boston", una delle tappe intermedie di De Coppi per 3 anni di training, "era proprio quella di lavorare sulla 'riparazione' di organi fetali malformati". In quel periodo a stelle e strisce "abbiamo descritto la prima possibilità di derivare staminali dal liquido amniotico". Era il 2007. Oggi essere fra i 100 del Time in campo sanitario "riconosce quel lavoro e ciò che è venuto di conseguenza - dice - Va evidenziato il ruolo di Mattia Gerli e di tutte le persone con cui abbiamo collaborato per questo". Fino alla meta più recente "degli organoidi" e alle prospettive future che apre questa possibilità di "derivare mini organi dal liquido amniotico". Quali? "Dalle cellule del liquido amniotico si possono costruire organoidi che vengono dal polmone, dall'intestino, dal rene del feto". E di questa svolta già oggi ne beneficia "la diagnosi prenatale". L'imaging e la genetica "permettono di dire se il feto ha una malformazione, ma quello che non si riesce a dire alle famiglie è quanto sarà grave per il loro bambino".

De Coppi fa l'esempio di un difetto del diaframma che fa alzare gli organi addominali fino a comprimere i polmoni del feto. "Noi possiamo intervenire in utero con un palloncino che viene messo nella trachea, ma un 30% di questi bambini con le malformazioni più gravi non sopravvive, e purtroppo non sappiamo dire ai genitori quali". Una risposta può arrivare proprio dagli organoidi. Gli scienziati possono costruire "dei veri e propri mini-organi 'avatar'" del piccolo, che permettono di simulare proprio gli effetti della sua malattia. "Bastano dalle 4 alle 6 settimane, veramente pochissimo se si pensa che la diagnosi viene fatta molto presto. Ed è il primo step, perché in futuro questi organi potrebbero essere utilizzati anche per terapie sempre più efficaci per il feto, che è poi quello che noi speriamo". Ecco perché per De Coppi occorre "pensare a una chirurgia sempre più aperta, portare gli scienziati in sala operatoria" e i chirurghi in laboratorio. "E' quello che ho trovato a Londra - assicura - L'ospedale in cui lavoro è fra i più grandi ospedali pediatrici, il quinto nel mondo come capacità di ricerca e di cura dei pazienti, è una realtà che ha davanti l'ospedale e dietro l'istituto di ricerca. C'è un corridoio che mi permette di andare dalla sala operatoria al laboratorio e questo è essenziale per la mia vita, una fortuna immensa. Lascerei tutto questo per tornare in Italia? In realtà ora si intrecciano anche le implicazioni familiari. Ho una moglie e due figlie di 22 e 18 anni che hanno una vita qui. Ma collaboro con realtà italiane come il Bambino Gesù di Roma, un centro di eccellenza con numeri sulla chirurgia malformativa da primato in Europa. Si può lavorare insieme, poco importa dove uno è di base, e mi piace poter dare il mio contributo e anche ricevere, crescere anche io".

Tornando alla 'sliding door' che lo ha portato lontano dall'Italia, De Coppi spiega il senso della sua scelta: "I fondi per la ricerca sono sempre limitati. E' vero che adesso ci sono più risorse e sicuramente c'è un atteggiamento molto diverso" che in passato. "Però io a Londra sono diventato primario a 34 anni, e non mi sembra che sia l'età media dei primari in Italia. Ma questo è un punto importante: la chirurgia la devi imparare" e metterla in campo al massimo delle potenzialità "tra i 30 e i 40 anni, perché dopo le skill motorie sono diverse". Un chirurgo "è come un atleta", "non può iniziare a 50 anni". Quanto al futuro, De Coppi ha ancora un sogno scientifico nel cassetto da realizzare: "Far sì che si possano veramente trattare le malformazioni congenite utilizzando le cellule del paziente stesso per costruire tessuti e organi mancanti da trapiantare". Lo scienziato col bisturi crede tanto in questo sogno. Orizzonte temporale? "Da 52enne mi prospetto altri 13 anni per arrivare a fine carriera. Spero che entro allora questa diventi una realtà", conclude.

La super scienziata alle ragazze che sognano le Stem: "Non ascoltate chi vi dice no"

"Sono partita dalla periferia di Roma", racconta Francesca Dominici, 'regina di dati' oggi sulla vetta di Harvard. Un lungo e faticoso percorso il suo, quello di una donna che si è fatta strada nel mondo delle Stem e che ha scelto - giocoforza - gli Usa per dare ampio terreno ai suoi sogni e farli decollare. "Sacrifici" oggi riconosciuti dalla rivista 'Time' che l'ha inserita fra i 100 personaggi più influenti del settore salute. "La mia passione si chiama statistica, data science", spiega all'Adnkronos Salute. Ma ora nel suo cuore di scienziata c'è "anche l'Ai e il machine learning". A entusiasmarla "è l'aspetto tecnico di come estrarre informazioni da dati complicati e - ripercorre - per anni mi sono occupata in parallelo non solo di sviluppare algoritmi e metodi statistici in astratto, ma di svilupparli in modo tale che avessero un impatto diretto sulla salute pubblica". Come raccontano anche i suoi lavori sul legame tra polveri sottili e una serie di effetti negativi sulla salute.

Il riconoscimento del Time suscita in lei un misto di "sorpresa e gioia. Gioia soprattutto per i giovani del mio laboratorio, perché non è solo merito mio tutto questo, ma di tanti ragazzi che hanno lavorato con me negli anni. Se è stato difficile da donna? Sì, e lo è ancora. Il mio grande desiderio sarebbe stato poter dire che le cose sono migliorate, ma ancora non è così. Soprattutto nel mondo della scienza e tecnologia, e nel mondo accademico di alto livello, c'è ancora un 'gender bias'. E io l'ho sofferto come donna e come donna immigrata. E continuo a combatterlo. Questo riconoscimento è dunque importante anche per ispirare le generazioni più giovani. Spero che mia figlia", oggi 18enne, "possa avere un impatto migliore". L'affermazione femminile è un valore a cui tiene molto Dominici. E alle ragazze che vogliono seguire percorsi simili al suo non esita a suggerire: "Non ascoltate chi vi dice di no e andate avanti. Fate quello che avete voglia di fare con passione".

Lei il famoso tetto di cristallo l'ha sfondato "dal punto di vista scientifico". "E ne vado fiera - dichiara - però ci sono ancora tante altre cose in più che voglio fare e nel mio percorso ci sono state delle opportunità ancora più in alto per le quali ero qualificata ma non sono stata scelta". Per spiegare come si esprime questo 'gender bias', Dominici fa un esempio su tutti: "Noi donne per essere selezionate in posizioni di altissimo prestigio dobbiamo essere 'over qualificate', un uomo viene invece più selezionato sulla base del potenziale. L'ho vissuto anche sulla mia pelle: quando volevo fare un salto in avanti venivo considerata non ancora pronta". Altro discorso che non piace alla scienziata è quello che si fa sulla personalità femminile: "Se fai la 'brava bambina' sorridente che dice sempre sì e fa i compiti, come tutti immaginano tu debba essere, ti mettono i piedi in testa. Se ti rifiuti e decidi di farti valere, allora diventi automaticamente una donna con personalità 'problematica'".

E poi c'è il nodo della conciliazione lavoro-famiglia. "Io ci sono riuscita ad altissimi costi. Intanto ho solo una figlia, nata in America, quando sono venuta ad Harvard aveva 4 anni. E ho un marito, anche lui professore, che è stato solidale, abbiamo sempre diviso i compiti di genitori. Poi ho avuto una 'nanny' a tempo pieno e una nonna italiana che passava 6 mesi con me negli Usa e 6 mesi a Roma. Quindi con questi tre elementi sono riuscita a conciliare, non in modo facile", evidenzia l'esperta. In definitiva ci sono ancora schemi penalizzanti per le donne da superare e c'è ancora strada da fare, è il messaggio.

Dominici è poi convinta che restando in Italia - Paese a cui resta molto legata ("ci torno 4 volte all'anno", dice) - non sarebbe riuscita a finire nella lista del Time. "In Italia - riflette - ci sono degli scienziati fantastici, il problema è che il nostro Paese non ha i fondi e le strutture per fare ricerca di alto impatto, almeno nel mio mondo, dove c'è bisogno di accesso ai dati, ai super computer, a milioni di dollari di ricerca. L'Italia non ha questa potenza di fuoco, ma ha un talento enorme non sfruttato".

Guardando al presente e al futuro la scienziata ci vede fra le altre cose l'Ai, di cui si parla tanto in questi ultimi tempi, e a suo avviso "può essere utilizzata per rispondere a domande importanti anche sul climate change". A Dominici piace sottolineare proprio questo, la possibilità di fare la differenza. "La ricerca di alto livello può influire in modo positivo per esempio sulle leggi sugli inquinanti, come abbiamo visto, con un impatto concreto che speriamo si traduca in un'aria sempre più pulita. Negli ultimi 20 anni con tanti altri colleghi abbiamo costruito una piattaforma in cui abbiamo condotto molti studi, dimostrando che la soglia massima tollerabile per questi inquinanti, costruita in precedenza, non era abbastanza bassa per proteggere la salute umana. Sulla base di ciò l'amministrazione Biden l'ha ridotta ulteriormente, cambiando la legge". Nel dettaglio sotto la lente della scienziata italiana al top negli Usa sono finite le polveri ultrasottili, le PM2.5. Come riporta il Time Dominici è stata "leader nel collegare l'inquinamento da PM2.5 al rischio di morte prematura". E a febbraio scorso, l'Environmental Protection Agency (Epa) degli Stati Uniti ha avviato un giro di vite riducendo le concentrazioni consentite di queste particelle. "Questo - conclude l'esperta - ora avrà un impatto su altre leggi che regolano gli inquinanti del traffico e degli inceneritori, e avrà un impatto diretto anche sul climate change. Perché cambiano una serie di azioni in grado di incidere anche sulle emissioni e su questo grande problema".

'Cliniche mobili' nel cuore delle crisi

Il viaggio in compagnia degli italiani più influenti del settore salute fa infine tappa ad Haiti, dove una violenta rivolta ad Haiti, esacerbata dalle dimissioni del primo ministro Ariel Henry a marzo, ha provocato centinaia di migliaia di sfollati, causato carenze di approvvigionamenti e costretto a chiusure diffuse di scuole e ospedali. "L'accesso all’assistenza sanitaria di base è un incubo in questo momento", ha testimoniato Carlotta Pianigiani, coordinatrice dell'emergenza per l'organizzazione umanitaria Alima, che lavora sul campo per fornire assistenza nelle zone di crisi. Le sue parole sono riportate dal Time nel capitoletto a lei dedicato. "L'acqua potabile è un problema - spiega - l'accesso al cibo è un problema e la libertà di movimento è un problema a causa dei continui attacchi".

Pianigiani guida gli sforzi di una squadra ad Haiti dal 2023, quest'anno l'impegno è stato per l'allestimento di cliniche mobili. L'équipe si occupa di circa 50 persone al giorno, fornendo assistenza primaria e psicologica essenziale alle persone che sono rimaste senza studio medico o ospedale locale di riferimento, perché queste strutture sono state costrette a chiudere. A causa delle continue minacce alla sicurezza e della situazione politica instabile, il team deve essere pronto a modificare i propri piani in qualsiasi momento, e questo rendendo la 'configurazione mobile' della loro assistenza particolarmente utile. "Da un giorno all'altro metà dei siti potrebbero chiudere perché le persone sono costrette ad andarsene, quindi dobbiamo adattarci costantemente", dice Pianigiani.

Il sostegno di Alima è stato fondamentale nel Paese che si sta ancora riprendendo dal catastrofico terremoto di magnitudo 7.0 del 2010 e da una recente epidemia di colera. "Non disponiamo di molte risorse e le sfide sono enormi, ma essere in grado di curare le persone, anche in piccoli modi, come consentire a una madre di accedere ai farmaci per suo figlio o aiutare un bambino a ricordare come sorridere, è così importante e significativo", racconta l'esperta italiana. "Le persone - conclude - sono ciò che ti fa andare avanti".

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Cronaca

Varese, maxi incidente tra 4 auto: un morto

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E' accaduto nel pomeriggio a Luino, lungo la strada provinciale 61. Un veicolo avrebbe perso il controllo dopo un sorpasso in curva

Vigili del fuoco (Fotogramma)

Un uomo è morto e tre persone sono rimaste gravemente ferite a seguito di un incidente avvenuto oggi pomeriggio a Luino, in provincia di Varese lungo la strada provinciale 61. Stando a quanto si apprende a causare l’incidente a catena, che ha coinvolto quattro auto, sarebbe stato un sorpasso in curva da parte di un veicolo che ha poi perso il controllo, finendo contro le altre vetture.

Nell’impatto una delle auto è uscita di strada, finendo in un dirupo. All’interno viaggiavano quattro persone, tra cui il passeggero deceduto. In totale sono rimaste ferite sei persone: una donna di 40 anni, un uomo di 40, un 43enne, un 48enne, un 50enne e un 55enne. Sul posto, oltre ai sanitari del 118 sono intervenuti i carabinieri di Luino, i vigili del fuoco di Varese e la polizia locale.

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Auto, convegno finale a Courmayeur conclude la Coppa delle...

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Grand Tour di 1600 chilometri lungo la dorsale alpina

Auto, convegno finale a Courmayeur conclude la Coppa delle Alpi by 1000 Miglia 2024

Si è concluso il Grande Viaggio Alpino della Coppa delle Alpi by 1000 Miglia 2024. Al termine di questo Grand Tour di 1600 chilometri lungo la dorsale alpina, che ha toccato tutte e 7 le nazioni della macroregione, lungo il quale i 30 equipaggi in gara si sono sfidati in 90 Prove Cronometrate e 18 Prove di Media, è arrivato il momento di tirare le fila.

La mattinata si è aperta alle 9:30 con le premiazioni: vincenti Stefano Ginesi e Susanna Rohr con una Fiat 508 S Balilla del 1934; al secondo posto l’equipaggio belga Decremer-Mertens con la loro Aston Martin Db2 del 1951 e, sul terzo gradino del podio, sono saliti Carrara e Consoli con una Jaguar XK 120 Ots del 1953. Dopodiché, ha avuto inizio il Convegno finale che ha restituito il senso dell’itinerario tematico delle tappe sede dei talk, in occasione delle quali, una squadra di esperti scelta da 1000 Miglia che ha viaggiato a bordo di 8 auto storiche a seguito del convoglio, ha incontrato le istituzioni e i rappresentanti di buone pratiche locali. Alberto Piantoni, CEO di 1000 Miglia Srl, ha presentato così il progetto: “Portare le macchine d’epoca sulle Alpi per parlare di sostenibilità di primo acchito sembrava da pazzi. Ma l’audacia di 1000 Miglia oggi non riguarda più la velocità, è audacia di pensiero: con questo progetto abbiamo voluto creare una rete fra le comunità alpine, che hanno una riserva di valori importante che abbiamo voluto raccontare con l’aiuto di queste vetture, capolavori di tecnica e design. Le località hanno risposto con entusiasmo e ci hanno aperto anche le porte dei loro centri pedonali”. Due le macroaree tematiche che sono state approfondite dai numerosi ospiti intervenuti sul palco: “Tracce di coscienza di luogo e buone pratiche nella piattaforma alpina” e a seguire “Gli scenari e le grandi sfide della piattaforma alpina”.

Questa edizione della Coppa delle Alpi resterà un unicum e nel 2025 la gara tornerà ad essere disputata in inverno. La parte di Think Tank prenderà una strada indipendente, memore di quello che questo viaggio ha lasciato. Paesaggi, voci, valori, la coscienza di un cambiamento urgente racchiuso in un’immagine rimasta impressa negli occhi dei partecipanti: quella della mer de glace dal Rifugio Montenvers o, meglio, quello che ne resta.

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Lo spettacolo teatrale narra la storia di Agostino Di Bartolomei attraverso gli occhi e la memoria di un tifoso della...

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David Donatello, Rutelli (Anica): “Prova di vibrante...

"Tutti film molto belli capaci di interpretare il nostro tempo dando emozioni non effimere". Poi sottolinea: "Ok governo su Ia...

Cultura5 ore ago

Inaugura a Roma ‘Presagio’ dell’artista...

Presso la Fondazione Memmo fino al 3 novembre Inaugura martedì 7 maggio a Roma 'Presagio', prima personale in Italia di...

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Al Bano: “Con prevenzione ho superato cancro...

"Se ti vuoi bene e ami la vita non puoi non sottoporti a esami e analisi periodici, Tennis and Friends...

Cronaca5 ore ago

Axa Italia presenta progetto di sensibilizzazione dedicato...

Assieme alla Fondazione Una Nessuna Centomila Si è tenuta oggi a Verona, cornice dell’evento 'Una Nessuna Centomila in Arena' di...