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Nato, oggi i 75 anni del Patto Atlantico
Da 12 membri a 32 per la difesa del 'mondo libero', la firma del Trattato del Nord Atlantico il 4 aprile 1949
Il Trattato del Nord Atlantico, conosciuto anche come Patto atlantico, compie oggi 75 anni. Il trattato che ha fondato la Nato, l'Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico, venne firmato il 4 aprile del 1949 a Washington D.C.: martedì è stato portato fisicamente per la prima volta fuori dagli Usa, a Bruxelles, per celebrare i tre quarti di secolo della più grande alleanza militare mai esistita in tempo di pace.
Il trattato è composto da 14 articoli, il più importante dei quali è il 5, che prevede la mutua difesa degli alleati, sia pure con una formulazione frutto di un compromesso tra le esigenze costituzionali degli Usa e le richieste degli europei.
Come nasce il Patto Atlantico
Il trattato nacque grazie ad una risoluzione presentata al Senato Usa da un repubblicano di Grand Rapids, Michigan, il presidente della commissione Esteri Arthur Vandenberg. In passato su posizioni isolazioniste, l’ex giornalista si era convinto, dopo la sconfitta del nazifascismo e davanti alla minaccia dell’Urss di Stalin, della necessità di ancorare la difesa del “mondo libero” ad un’alleanza militare che garantisse l’indipendenza dell’Europa Occidentale dall’Unione Sovietica.
L’11 giugno del 1948 Vandenberg, ai tempi dell’amministrazione di Harry Truman, che era un democratico, introdusse al Senato, ottenendone l’approvazione con 82 voti favorevoli e 13 contrari, una risoluzione che consigliava al presidente di cercare la sicurezza degli Usa e del mondo libero sostenendo mutui accordi di difesa che operassero nell’ambito della Carta delle Nazioni Unite, ma al di fuori del Consiglio di Sicurezza, dato che il diritto di veto sovietico avrebbe impedito accordi di difesa collettiva.
Prima del Trattato di Washington c’era stato il Piano Marshall, che aveva risollevato l’Europa Occidentale, le cui economie erano prostrate dalle distruzioni della Seconda Guerra Mondiale, e anche il Trattato di Bruxelles, firmato il 17 marzo 1948 da Belgio, Francia, Lussemburgo, Olanda e Regno Unito, che aveva fondato l’Unione dell’Europa Occidentale, un primo nucleo di Paesi europei vincolati da un impegno di difesa comune. Ma i cinque non bastavano, davanti all’Armata Rossa, che aveva liberato gran parte d’Europa dal nazifascismo.
Nel 1947-48 la guerra civile in Grecia e il rischio che la Turchia non fosse in grado di difendere gli Stretti dalle mire sovietiche portarono il presidente Harry Truman ad affermare che gli Usa avrebbero fornito aiuti economici e militari sia ad Atene che ad Ankara, così come a qualsiasi altro Paese che lottasse contro un tentativo di sottometterlo. Si aggiunsero poi il notevole risultato del Pci, pur nella sconfitta, nelle elezioni del 1948 in Italia, il colpo di Stato in Cecoslovacchia, che mise fine alla Terza Repubblica per instaurare un regime comunista e filosovietico.
Il grande timore degli Usa, una volta sconfitto il nazifascismo, era che i Paesi dell’Europa Occidentale risolvessero i propri problemi di sicurezza venendo a patti con l’Urss, cosa che avrebbe rappresentato un arretramento strategico per gli interessi americani e avrebbe messo a rischio, nel lungo periodo, la stessa sicurezza degli Usa. La risposta fu, appunto, il Patto Atlantico, che mise l’Europa Occidentale sotto la protezione degli Stati Uniti d’America.
Le trattative e il compromesso sull'articolo 5
Le trattative presero diversi mesi: i Paesi europei premevano per una formulazione che prevedesse l’automatismo dell’intervento Usa, in caso di un attacco nei loro confronti; gli Usa, dal canto loro, resistevano a questo automatismo, dato che, secondo la Costituzione americana, il potere di dichiarare guerra spetta esclusivamente al Congresso.
L’articolo 5 fu il risultato di un compromesso tra queste esigenze differenti: “Le parti concordano - recita - che un attacco armato contro una o più di esse, in Europa o in America settentrionale, deve essere considerato come un attacco contro tutte e di conseguenza concordano che, se tale attacco armato avviene, ognuna di esse, in esercizio del diritto di autodifesa individuale o collettiva, riconosciuto dall'articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti attaccate prendendo immediatamente, individualmente o in concerto con le altre parti, tutte le azioni che ritiene necessarie, incluso l'uso della forza armata, per ripristinare e mantenere la sicurezza dell'area Nord Atlantica”. E’ stato applicato solo una volta, su richiesta degli Usa, dopo l’attentato alla Torri Gemelle dell’11 settembre 2001.
I Paesi fondatori e l'allargamento nei decenni
La Nato ha avuto 12 Paesi fondatori, molti dei quali affacciati sull’Atlantico, ma non solo: Usa, Regno Unito, Canada, Francia, Portogallo, Islanda, Norvegia, Danimarca, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Italia. Nel tempo si è allargata: nel 1952 entrarono Turchia e Grecia; nel 1955 la Germania Ovest, che tuttora ospita il grosso delle truppe Usa presenti in Europa; nel 1982 la Spagna, tornata alla democrazia dopo il Franchismo. Nel 1999 hanno iniziato ad aderire i Paesi dell’ex Patto di Varsavia: Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria; nel 2004 è stato il turno di Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia, Slovenia; nel 2009 Albania e Croazia; nel 2017 il Montenegro; nel 2020 la Macedonia del Nord; nel 2023, dopo l’attacco della Russia che ha invaso su larga scala l’Ucraina, è entrata la Finlandia. Quest’anno è stata la volta della Svezia, che ha abbandonato la sua storica neutralità. Oggi i membri dell’Alleanza sono 32 e il suo focus geografico si è spostato progressivamente dall’area atlantica verso est.
Esteri
Ucraina, Kiev chiede ‘istruttori’ Nato. Usa...
Il quadro del New York Times: l'Ucraina chiede aiuto per l'addestramento sul proprio suolo
I paesi membri della Nato si avvicinano all'invio di truppe in Ucraina. L'obiettivo dell'Alleanza è mandare istruttori per addestrare le forze armate di Kiev impegnate da oltre 2 anni nella guerra contro la Russia. E' lo scenario che prospetta il New York Times, evidenziando che la decisione che potrebbe avvicinare Stati Uniti e Europa ad un coinvolgimento più diretto nel conflitto.
La richiesta di Kiev alla Nato
Il quotidiano americano fa riferimento ad una richiesta esplicita avanzata dall'Ucraina. Nelle ultime settimane, la situazione sul campo è peggiorata decisamente per il paese guidato dal presidente Volodymyr Zelensky, costretto a fare i conti con la carenza di uomini e in attesa dell'arrivo di tutte le armi che gli Stati Uniti si sono impegnati a inviare con l'ok al maxi pacchetto da 61 miliardi di dollari.
Kiev, quindi, ha chiesto agli Usa e alla Nato aiuto determinante per l'addestramento di 150mila nuove reclute, destinate a rinforzare i reparti al fronte in tempi brevi. Kiev, come è noto, ha da poco varato una nuova legge che consente di mobilitare decine di migliaia di uomini di 25-26 anni. Alla richiesta, secondo il New York Times, gli Stati Uniti finora hanno risposto in maniera negativa. Il quadro però è destinato a cambiare, come afferma il generale Charles Q. Brown Jr., Capo di Stato maggiore congiunto delle Forze armate : "Ci arriveremo nel tempo".
Ora, aggiunge rispondendo ai reporter nel volo verso Bruxelles, inviare personale significherebbe "mettere in pericolo un gruppo di istruttori Nato" e costringerebbe a usare sistemi di difesa per proteggere i tranier e non vitali infrastrutture in aree critiche del paese.
L'apertura di Macron, le posizioni di Estonia e Lituania
Nell'ambito della Nato, oltretutto, gli Usa sarebbero chiamati a contribuire alla difesa da eventuali attacchi nei confronti degli istruttori: vorrebbe dire, in sostanza, coinvolgimento nella guerra. Finora, gli Usa hanno partecipato ad attività di addestramento degli ucraini in America, in Polonia e in Germania. Il trasferimento dei reparti di Kiev all'estero, però, rallenta le operazioni. Contemporaneamente, l'addestramento condotto autonomamente dall'Ucraina non si starebbe rivelando particolarmente efficace.
Il tema dell'invio di soldati Nato in Ucraina è tornato d'attualità con le recenti dichiarazioni del presidente francese Emmanuel Macron, che da febbraio prospetta un'ipotesi che non può essere esclusa a priori. "Nulla può essere escluso", ha detto Macron, evidenziando in ogni caso che l'invio sarebbe legato a due condizioni imprescindibili: lo sfondamento della linea del fronte da parte della Russia e l'esplicita richiesta da parte di Kiev.
Lo scenario è stato scartato in maniera esplicita da quasi tutti gli altri leader: Joe Biden, presidente degli Stati Uniti, ha detto e ripetuto che nessun soldato americano metterà piede in Ucraina.
In Europa, alcuni paesi hanno assunto una linea diversa, in particolare dopo l'annuncio di Vladimir Putin: il presidente russo dieci giorni fa ha preannunciato esercitazioni con armi nucleari, che potrebbero anche andare in scena al confine con l'Ucraina.
A stretto giro a Lituania non ha escluso l'invio di truppe per favorire l'addestramento delle forze armate ucraine. L'Estonia si è spinta oltre, prospettando la presenza di propri soldati nell'Ucraina occidentale, lontano dal fronte e dal cuore del conflitto, per consentire a Kiev di aumentare il numero di uomini in prima linea.
Politica
Confronto tv Schlein-Meloni salta. Si muovono Sky e La7: le...
Le regole AgCom non permettono il 'duello'. Sky Tg24 e La7 si candidano
Salta il confronto tv tra Giorgia Meloni e Elly Schlein a Porta a Porta. Il duello tra la presidente del Consiglio e la segretaria del Pd, in vista delle elezioni europee dell'8 e 9 giugno 2024, non può andare in onda sulla Rai.
Perché il confronto Meloni-Schlein non si può fare
L'AgCom aveva chiesto l'ok della maggioranza delle liste che partecipano alle elezioni: sarebbero serviti almeno 5 sì su 8, invece sono arrivati i no di M5S, Forza Italia, Azione e Alleanza Verdi-Sinistra.
"Nelle ultime due tornate elettorali (2022/2024) non ci è stato possibile trasmettere confronti tra il presidente del Consiglio (ieri Letta, oggi Meloni) e il leader più rappresentativo dell'opposizione (ieri Meloni, oggi Schlein). Ci è stato proibito il confronto tra due donne che per la prima volta nella storia italiana sono al vertice nei rispettivi ruoli. E' una vittoria della democrazia? Non ne sono convinto", dice in una nota Bruno Vespa, che avrebbe dovuto 'arbitrare' il duello televisivo.
"Tutte le forze politiche hanno sempre avuto e sempre avranno il giusto spazio nelle nostre trasmissioni. E nel 2024 i quattro partiti favorevoli al confronto (Fdi, Pd, Lega e Stati Uniti d'Europa) rappresentano il 63.32 per cento delle forze parlamentari. L'esasperazione della par condicio non giova a nessuno. Non a caso i tecnici ne invocano da tempo la revisione. Si avrà il coraggio di farlo?", chiede Vespa.
Sky Tg24 propone il 'super 27 maggio'
Lo stop al duello nello studio di Porta a Porta 'accende' le altre emittenti televisive. Sky Tg24 nelle stesse ore punta ad un maxi confronto e invita Giorgia Meloni, Elly Schlein, Giuseppe Conte, Antonio Tajani, Matteo Salvini, Matteo Renzi, Carlo Calenda e Nicola Fratoianni. "In vista delle prossime elezioni europee" la testata - spiega una nota - "ritiene necessario che le principali forze politiche del Paese possano confrontarsi sui temi più rilevanti in un contesto nazionale ed internazionale mai così complesso". La data proposta per il confronto televisivo è il 27 maggio, in diretta, nell’ambito dell’evento Sky Tg24 Live In Milano.
"A gennaio di quest’anno - ricorda Giuseppe De Bellis, direttore della testata all news - abbiamo rivolto l’invito a Giorgia Meloni ed Elly Schlein a partecipare a un primo faccia a faccia televisivo ricevendo una disponibilità di massima e creando il successivo e proficuo dibattito sulla necessità di questo confronto. Dibattito che si era concluso con la decisione di effettuare il faccia a faccia Meloni-Schlein con Bruno Vespa a 'Porta a Porta', che sarebbe stato un momento importante di riflessione per il Paese”.
"La nostra volontà - conclude il direttore - è sempre stata quella di offrire al pubblico l’opportunità di ascoltare le idee a confronto dei leader con regole chiare, condivise e trasparenti nel rispetto, inoltre, delle indicazioni espresse in materia dall’autorità garante delle comunicazioni".
Come sarebbe il maxi confronto su Sky
Come funzionerebbe il confronto su Sky? Andrebbe in onda sui canali 100 e 500 piattaforma Sky, sul digitale terrestre su TV8 e Sky TG24 canale 50, in streaming sul sito di Sky TG24 e su YouTube e su tutti i canali social della testata che cumulano circa 8 milioni di follower. Il Confronto Sky Tg24 prevede lo stesso tema di domanda per tutti i partecipanti, lo stesso tempo di risposta e il medesimo numero di repliche ciascuno. Ai leader che interverranno saranno rivolte, oltre a quelle di Sky Tg24, le domande dei direttori delle principali testate giornalistiche italiane.
Mentana e la maratona (in 2 giorni) su La7
In campo da giorni c'è già Enrico Mentana, che aprirà lo studio di La7 ai leader che hanno già detto sì ai confronti in programma il 5 e il 6 giugno, prima che scatti il silenzio elettorale dal 7 giugno. Ora, l'invito si allarga anche a Meloni e Schlein.
"La nostra proposta alle forze politiche è un dibattito tra tutti i leader ai massimi rappresentanti di tutte le liste impegnati per le elezioni europee da svolgersi il 5 e il 6 di giugno cioè nelle ultime 2 giornate disponibili prima del silenzio elettorale delle elezioni dell'8 e del 9 di giugno", dice il direttode del Tg La7.
"E ancora: non vogliamo entrare nella logica che abbiamo visto che ormai è di marcamento a uomo e a donna per usare una similitudine sportiva, però è chiaro che l'invito è rivolto a tutti, tutti con il medesimo criterio e la medesima disponibilità. Poi la campagna elettorale è la campagna elettorale dei partiti; l'interesse è far sentire programmi e proposte agli elettori anche attraverso i mezzi televisivi. Noi siamo qui con lo spirito più aperto possibile, poi non siamo stati illuminati da una missione divina, si fa dove si può fare, quello che si può fare".
Sport
Giro d’Italia, oggi tredicesima tappa: orario, come...
Frazione per velocisti, si profila arriva in volata a Cento
Il Giro d'Italia affronta oggi la tredicesima tappa, la Riccione-Cento di 179 km. Il gruppo, con Tadej Pogacar saldamente maglia rosa, dopo la dodicesima tappa con le fatiche per i muri che hanno portato a Fano, nella frazione del 17 maggio può rilassarsi con un percorso totalmente pianeggiante, destinato ad arrivare al traguardo con la volata per i velocisti. Il tracciato è sostanzialmente una tavola, che permette ai corridori di rifiatare e che non consente fughe. Si parte da Riccione, si attraversano le province di Rimini, Forlì-Cesena, Ravenna e Bologna prima di approdare a Cento, in provincia di Ferrara.
La tappa in tv e streaming
La tredicesima tappa del Giro d'Italia sarà trasmessa in diretta in tv in chiaro e in streaming. La Rai racconterà la giornata della seconda tappa in chiaro ogni giorno di gara. La giornata televisiva comincerà con un'ora di 'Giro Mattina' su Rai Sport HD, che proporrà poi 'Prima diretta' per seguire il momento della partenza della tappa, in programma oggi alle 13.10. L'arrivo è atteso tra le 17.15 e le 17.30.
Per la parte clou della programmazione il palinsesto della Corsa Rosa si trasferisce su Rai 2, con 'Giro in Diretta' fino alle 16:15 e 'Giro all’Arrivo'. Subito a ruota, le tradizionali analisi del dopo gara del Processo alla Tappa. Il Giro può essere visto anche su Eurosport 1 HD e in streaming su Rai Play, discovery+, Sky Go, NOW e DAZN.