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Salute e Benessere

Tumori, Consulcesi: Aria pulita sostiene Bicinrosa contro...

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Tumori, Consulcesi: Aria pulita sostiene Bicinrosa contro cancro al seno

L'azione collettiva per il diritto a un ambiente meno inquinato supporta la pedalata solidale del Campus Bio-Medico di Roma

(Fotogramma)

L'azione collettiva 'Aria pulita', che Consulcesi porta avanti per difendere il diritto di tutti i cittadini alla salute e a vivere in un ambiente sano, sostiene Bicinrosa, la pedalata solidale organizzata dalla Fondazione Policlinico universitario Campus Bio-Medico dedicata alla ricerca contro il tumore al seno e alla promozione di stili di vita corretti, in programma il 7 aprile per le vie del centro storico di Roma.

Sempre più dati - si legge in una nota - confermano l'associazione tra l'esposizione a lungo termine all'inquinamento atmosferico da polveri sottili e il rischio di cancro al seno, oltre a molte altre patologie, da quelle respiratorie e neurologiche a quelle legate all'apparato riproduttivo, solo per citarne alcune. In questo contesto, "Consulcesi ritiene fondamentale aumentare l'attenzione pubblica sull'importanza di vivere in un ambiente sano e respirare aria pulita e sollecitare azioni efficaci e tempestive da parte delle autorità competenti a sostegno di questi obiettivi - afferma Simona Gori, direttore generale Consulcesi Group - Per questo non poteva mancare il sostegno di Aria pulita a Bicinrosa. Intervenire ora, senza più deroghe" sul ripristino della qualità dell'aria e degli ecosistemi, in nome del diritto universale di vivere in un ambiente sano, è infatti l'appello che l'azienda di riferimento in ambito legale e formativo per i professionisti sanitari rilancia attraverso l'azione collettiva e, oggi, anche attraverso il sostegno alla pedalata solidale promossa dalla Breast Unit della Fondazione Campus Bio-Medico.

L'inquinamento dell'aria - ricorda Consulcesi - rappresenta una vera e propria minaccia per la salute delle persone, a partire dai più fragili e dai bambini. Sempre più studi confermano che il rischio di cancro al seno cresce significativamente all'aumentare dell'esposizione a polveri sottili. Uno studio presentato recentemente al Congresso europeo di oncologia (Esmo) di Madrid dimostra un aumento del rischio di cancro pari al 28% quando l'esposizione all’inquinamento atmosferico da polveri sottili (Pm 2.5) aumenta di 10 µg/m3, approssimativamente equivalente alla differenza nella concentrazione di particelle Pm2.5 tipicamente osservata nelle aree rurali rispetto a quelle urbane d'Europa. Per questo, ridurre quanto prima l'inquinamento atmosferico fino a raggiungere i livelli raccomandati dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) si conferma ancora una volta una priorità fondamentale anche, ma non solo, nella lotta contro i tumori.

Per dare voce alla preoccupazione dei cittadini che hanno respirato e continuano a respirare aria 'avvelenata', come accertato dalla Corte di Giustizia europea con due storiche sentenze (del 10 novembre 2020 e del 12 maggio 2022), il team di legali Consulcesi ha deciso di avviare un'azione collettiva, volta a chiedere un risarcimento e più tutele per la salute di tutti. In totale, sono circa 40 milioni i cittadini costretti a respirare aria malsana e potenzialmente dannosa per la salute e che, per questo, possono richiedere un risarcimento allo Stato e alle Regioni, aderendo all'azione collettiva Aria pulita. Partecipando all'iniziativa si avrà quindi non solo la possibilità di ottenere un risarcimento equo per la violazione del diritto a vivere in un ambiente salubre, ma anche di prendere in mano la salute propria e quella dei propri cari. Per aderire basta dimostrare, attraverso un certificato storico di residenza, di aver risieduto tra il 2008 e il 2018 in uno o più dei territori coinvolti. Per scoprire se e come partecipare all'azione legale, Consulcesi mette a disposizione il sito di Aria pulita: aria-pulita.it.

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Salute e Benessere

Scoperto interruttore che spegne il grasso bruno...

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Allo studio contro l'obesità, scienziati al lavoro per una strategia che lo attivi in modo sicuro con dei farmaci

Bambino obeso - Fotogramma

E' diverso dal solito grasso, 'nemico giurato' di molti, un tormento quando si accumula attorno alla pancia e alle cosce. Il grasso bruno, noto anche come Bat (tessuto adiposo bruno), è un altro tipo di grasso presente nel nostro corpo e ha una missione speciale: aiuta a bruciare le calorie degli alimenti che consumiamo trasformandole in calore, il che può essere utile, soprattutto quando siamo esposti a temperature fredde come durante il nuoto invernale o la crioterapia. Per molto tempo gli scienziati hanno pensato che solo i neonati e piccoli animali come i topi lo avessero. Ma una nuova ricerca mostra invece che un certo numero di adulti mantiene il grasso bruno per tutta la vita. E gli scienziati stanno cercando un modo per attivarlo in modo sicuro utilizzando farmaci che aumentino la sua capacità di produrre calore, e sfruttando questa sua efficacia nel bruciare calorie. Un nuovo lavoro svela un possibile 'interruttore'.

Nel dettaglio, i gruppi di ricerca di Jan-Wilhelm Kornfeld dell'University of Southern Denmark/Novo Nordisk Center for Adipocyte Signaling (Adiposign) e di Dagmar Wachten dell'University Hospital e dell'università di Bonn (Germania) hanno scoperto che un meccanismo integrato finora sconosciuto che spegne il grasso bruno subito dopo essere stato attivato. Ciò limita la sua efficacia come trattamento contro l'obesità, evidenziano gli esperti. Secondo la prima autrice dello studio, Hande Topel, la 'chiave' è una proteina responsabile di questo processo di spegnimento. Si chiama 'AC3-AT'.

"Guardando al futuro, riteniamo che trovare modi per bloccare AC3-AT potrebbe essere una strategia promettente per attivare in modo sicuro il grasso bruno e affrontare l'obesità e i problemi di salute correlati", afferma l'esperta. Il gruppo di ricerca ha trovato la proteina di spegnimento utilizzando una tecnologia avanzata: "Quando abbiamo studiato topi che geneticamente non avevano AC3-AT, abbiamo scoperto che erano protetti dal diventare obesi, in parte perché i loro corpi erano semplicemente più bravi a bruciare calorie ed erano in grado di aumentare i loro tassi metabolici attivando grasso bruno".

Gli scienziati hanno quindi nutrito due gruppi di topi con una dieta ricca di grassi per 15 settimane, cosa che li ha resi obesi. Il gruppo a cui è stata rimossa la proteina AC3-AT ha guadagnato meno peso rispetto al gruppo di controllo ed era metabolicamente più sano. "Questi topi hanno anche aumentato la massa magra rispetto ai topi di controllo", sottolinea la coautrice Ronja Kardinal. "Poiché AC3-AT si trova non solo nei topi, ma anche negli esseri umani e in altre specie, ci sono implicazioni terapeutiche dirette per gli esseri umani".

Anche se la prevalenza del grasso bruno diminuisce con l'invecchiamento, e nonostante gli adulti non ne abbiano tanto quanto i neonati, il grasso bruno può comunque essere attivato, ad esempio dall'esposizione al freddo e aumenta il tasso di metabolismo delle persone, il che può aiutare a stabilizzare la perdita di peso in condizioni in cui l'apporto calorico è (troppo) elevato. I ricercatori hanno anche identificato altre versioni sconosciute di proteine/geni, che rispondono all'esposizione al freddo, simili ad AC3-AT. "Tuttavia - puntualizza Wachten - sono necessarie ulteriori ricerche per chiarire l'impatto terapeutico di questi prodotti genetici alternativi e dei loro meccanismi regolatori" durante l'attivazione del grasso bruno.

"La comprensione di questo tipo di meccanismi molecolari non solo fa luce sulla regolazione del grasso bruno, ma promette anche di svelare meccanismi simili in altri percorsi cellulari. Questa conoscenza può essere determinante per migliorare la nostra comprensione di varie malattie e per lo sviluppo di nuovi trattamenti", conclude Kornfeld.

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Salute e Benessere

Covid, caratteristiche genetiche influenzano risposta a...

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Ricercatori italiani di diverse università hanno unito le proprie forze per studiare le basi genetiche delle differenze interindividuali nella risposta anticorpale alla vaccinazione anti-Covid-19 con il vaccino Pfizer-Biontech

Vaccino anti covid Pfizer - Afp

La risposta al vaccino contro Covid-19 non è univoca ma individuale, influenzata dalle caratteristiche genetiche di ognuno. Lo rivela uno studio condotto da un gruppo di ricercatori della Fondazione Irccs Istituto neurologico “Carlo Besta” (Fincb), dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs, dell’azienda ospedaliera Senese e della Fondazione Irccs Casa sollievo della sofferenza che, guidati dall’Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio nazionale delle ricerche di Segrate (Cnr-Itb), ha unito le proprie forze per studiare le basi genetiche delle differenze interindividuali nella risposta anticorpale alla vaccinazione anti-Covid-19 con il vaccino Bnt162b2 (Pfizer-Biontech).

Cosa rivela lo studio

Lo studio ha mostrato come alcuni soggetti con determinate varianti genetiche nei geni del complesso maggiore di istocompatibilità (proprietà delle cellule di un tessuto di essere riconosciute come proprie da parte dell'organismo e non essere quindi eliminate dal sistema immunitario), coinvolto nei principali meccanismi di difesa del nostro sistema immunitario, producevano differenti quantità di anticorpi diretti contro l’antigene del coronavirus Sars-CoV-2. Lo studio è disponibile in open access su 'Communications Medicine'.

I ricercatori hanno valutando la correlazione tra milioni di varianti genetiche germinali e i livelli anticorpali nel siero di soggetti vaccinati contro il Covid-19, a 30 giorni di distanza dalla vaccinazione. Infatti, sin dall’inizio della campagna vaccinale si era osservata una differenza sostanziale nelle quantità di anticorpi prodotti dai soggetti vaccinati. “Come per la maggior parte dei farmaci, così anche per i vaccini ogni individuo può rispondere in maniera più o meno efficace e questo è dovuto, almeno in parte, alla costituzione genetica individuale”, spiega Francesca Colombo, ricercatrice del Cnr-Itb, che ha guidato la ricerca. “Il nostro studio ha coinvolto 1.351 soggetti, (operatori sanitari vaccinati nei primi mesi del 2021, nei tre centri ospedalieri coinvolti nello studio) ai quali è stato prelevato un campione di sangue per l’estrazione del Dna e di siero per la misurazione degli anticorpi anti-Sars-CoV-2 dopo un mese dalla somministrazione della seconda dose del vaccino Pfizer-Biontech”.

“Con le analisi statistiche effettuate abbiamo scoperto che una particolare regione del genoma, sul cromosoma 6, era significativamente associata ai livelli anticorpali - prosegue Martina Esposito, primo autore dello studio e assegnista di ricerca presso il Cnr-Itb - In questa specifica regione genomica sono presenti dei geni che codificano per delle molecole presenti sulla superficie cellulare, coinvolte nei meccanismi di risposta immunitaria. Questi geni sono molto variabili ed esistono differenti combinazioni. Il nostro studio ha evidenziato che alcune combinazioni erano associate a livelli di anticorpi più alti, mentre altre a livelli più bassi, spiegando quindi dal punto di vista genetico le differenze nella risposta alla vaccinazione osservate tra individui diversi”.

“I modelli matematici usati e le analisi statistiche effettuate per arrivare a questi risultati sono molto complessi perché complessa è l’interazione tra i geni e dei geni stessi con il vaccino. L’expertise maturata negli studi genetici in molti anni di ricerca condotta a Casa Sollievo della Sofferenza ci ha permesso di gestire tale complessità nei dati, contribuendo a giungere a questi importanti risultati", sottolinea Massimiliano Copetti, responsabile Biostatistica della Fondazione Irccs Casa Sollievo della Sofferenza.

"L’identificazione di specifici alleli Hla che conferiscono una predisposizione ad un’alta o bassa produzione di anticorpi dopo la somministrazione del vaccino anti-Covid ci può permettere ora di differenziare e personalizzare la campagna vaccinale, fornendo a ciascun individuo il vaccino più adatto, cioè quello che gli permetterà di produrre più anticorpi possibili. Questo approccio può essere esteso anche ad altri vaccini ideati contro altre malattie, nell’ottica di una vaccinazione di precisione supportata dalla vaccinogenomica", afferma Massimo Carella, biologo genetista e vice-direttore scientifico della Fondazione Irccs Casa Sollievo della Sofferenza. La ricerca è stata finanziata dell’Istituto Buddista italiano Soka Gakkai.

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Infettivologi, ‘coperture vaccinali in calo, serve...

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Infettivologi, 'coperture vaccinali in calo, serve rivedere campagna autunnale'

"C'è un problema di coperture vaccinali in Italia. E' emerso anche durante il congresso Escmid Global a Barcellona", l'evento annuale che riunisce i microbiologi e infettivologi da tutta Europa e non solo, "quella anti-Covid in Italia non è stata molto efficace, siamo arrivati al 12% dei soggetti a rischio immunizzati mentre il resto d'Europa è sopra il 50%. L'Italia deve rivedere la politica sulle vaccinazioni e tra pochi giorni uscirà un documento congiunto Simit-Siti per preparare la prossima campagna vaccinale autunnale che - secondo noi - dovrà raccomandare anche l'anti-Covid insieme all'antinfluenzale. C'è anche preoccupazione per l'epidemia di morbillo che sta creando diversi problemi in vari stati europei. Insomma, il tema delle coperture vaccinali deve tornare la priorità delle politiche sanitarie". Lo sottolinea all'Adnkronos Salute Massimo Andreoni direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) e professore ordinario di Malattie infettive Università Tor Vergata di Roma, che ha partecipato al congresso Escmid Global.

Quali sono stati i focus principali dell'evento congressuale? "L'antibiotico resistenza rappresenta un problema di sanità pubblica in tutti i paesi - risponde Andreoni - All'Escmid sono stati presentati diversi studi su nuovi approcci per arrivare a combattere i super batteri. Tra queste strategie sembra interessante quella che usa i 'virus fagi' che aggrediscono i batteri in maniera molto specifica. Sono virus non in grado di infettare le cellulare umane ma di attaccare le cellule batteriche di pseudomonas o stafilococco, ad esempio".

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