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Attentato a Mosca, 40 morti: attacco alla sala concerti,...
Attentato a Mosca, 40 morti: attacco alla sala concerti, cosa sappiamo
Un commando fa strage. La Russia promette una risposta. Ucraina: "Non siamo coinvolti"
Almeno 60 morti e oltre 100 feriti, compresi bambini. L'attentato terroristico alla Crocus City Hall, la più grande sala concerti di Mosca, scuote la Russia e alza ulteriormente la tensione in un momento cruciale. L'attacco compiuto da un commando di uomini armati viene rivendicato dall'Isis secondo il canale Telegram dell'agenzia Amaq, legata all'organizzazione, anche se le certezze non sono assolute.
Mosca, subito dopo l'attentato, chiama in causa indirettamente l'Ucraina. Non ci sono elementi per accusare ma dalle alte sfere partono messaggi chiari: se l'Ucraina è responsabile, pagherà. Kiev respinge tutto e nega categoricamente il coinvolgimento nell'attacco.
L'attacco
Sono da poco passate le 19 ora italiana del 22 marzo 2024 quando arrivano le prime notizie relative ad una sparatoria. Il tenore delle news cambia rapidamente mentre su Telegram si diffondono video registrati all'interno del complesso.
Un commando composto da almeno 5 uomini, con armi automatiche e granate, apre il fuoco sui civili. Nella serata di Mosca, la sala concerti è affollata da 6200 persone, secondo i dati relativi ai biglietti. In programma, in particolare, un concerto del gruppo Pic Nic. Il lancio di almeno una granata contribuisce a provocare un incendio che verrà domato solo nella notte di Mosca: il tetto del complesso viene divorato dalle fiamme.
Il commando intanto apre il fuoco nell'atrio, sfonda le porte a vetri. I video mostrano il panico anche nella sala concerti, con la platea che si svuota tra grida di panico e colpi di armi automatiche. Centinaia di persone abbandonano la Crocus City Hall correndo per le strade di Mosca. Sul posto arrivano le forze speciali, polizia e decine di ambulanze. I feriti vengono trasferiti negli ospedali: secondo il bollettino delle autorità sanitarie, quelli in gravi condizioni sono 9. Ricoverati anche 5 bambini, uno in pericolo di vita.
La rivendicazione
L'Isis, su Telegram, rivendica l'attacco e afferma che i responsabili dell'azione sono rientrati in sicurezza alle loro basi. "I combattenti dello Stato islamico hanno attaccato un grande raduno di cristiani nella città di Krasnogorsk, alla periferia della capitale russa, Mosca, uccidendo e ferendo centinaia di persone e causando grandi distruzioni al posto prima di ritirarsi nelle loro basi in sicurezza", si legge nel messaggio.
Unità speciali della Guardia nazionale russa lavorano sulla scena dell'attacco alla ricerca dei responsabili dell'attentato.
Ucraina nel mirino di Mosca
La rivendicazione arriva dopo le dichiarazioni rilasciate da figure di primissimo piano in Russia. Il presidente Vladimir Putin, subito informato, si esprime attraverso le parole del portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov: "Il presidente -dice Peskov - viene costantemente informato da tutti i servizi competenti di quanto sta accadendo e delle misure che sono state adottate. Il presidente ha già dato tutte le istruzioni necessarie".
Più esplicite le parole di Dmitri Medvedev, vicepresidente del Consiglio di sicurezza. La Russia risponderà ''alla morte con la morte''. E ''se verrà accertato che ci sono i terroristi del regime di Kiev'' dietro all'attacco al Crocus City Hall di Mosca, ''è impossibile rispondere in modo diverso'', dice puntando il dito contro Kiev. ''I terroristi comprendono solo il terrore come ritorsione'', afferma l'ex presidente russo.
Sulla stessa linea, le parole di Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri: "Come hanno detto i responsabili dei servizi, tutte le persone coinvolte saranno identificate dai servizi speciali", scrive su Telegram. Il riferimento dichiarato è alla posizione espressa dagli Stati Uniti, che non individuano elementi riconducibili alla responsabilità ucraina.
"Ci sono reazioni a ciò che è accaduto al Crocus che sollevano più interrogativi. Questo riguarda certamente i commenti di Washington, che ha affermato di non aver visto segni di un coinvolgimento degli ucraini nell'attacco terroristico", incalza Zakharova.
"Cosa spinga i funzionari di Washington a trarre conclusioni nel bel mezzo della tragedia sul mancato coinvolgimento di qualcuno è una bella domanda", afferma Zakharova. "Se gli Stati Uniti o qualsiasi altro paese hanno prove affidabili a questo proposito, dovrebbero immediatamente condividerle con la parte russa. Se non ci sono tali prove, allora né la Casa Bianca né nessun altro è in grado di postulare l'innocenza di qualcuno".
Ucraina: "Noi non c'entriamo"
''L'Ucraina non ha nulla a che vedere con l'attacco terroristico alla Crocus'' City Hall a Mosca, dice il Consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak.
L'intelligence militare ucraina si spinge oltre, affermando che l'attacco sarebbe una provocazione organizzata dal regime di Putin, che la comunità internazionale aveva anticipato.
"Questa è una consapevole provocazione dei servizi speciali di Putin per la quale eravamo stati avvertiti dalla comunità internazionale. Il tiranno del Cremlino ha cominciato così la sua carriera e ora vuole concluderla nello stesso modo: commettendo crimini verso i suoi cittadini", dice Andrii Yusov, rappresentante dell'intelligence militare ucraina, a Ukrainska Pravda. Yusov si riferisce all'allerta per possibili attentati diramata due settimane fa dall'ambasciata americana a Mosca.
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Ue, Atlantic Council: “Draghi guidi Consiglio, fra...
"Il rapporto Draghi proporrà interconnessioni tra sistemi produttivi nazionali"
"Mario Draghi dovrebbe essere il prossimo presidente del Consiglio europeo". Non al vertice della Commissione al posto della 'spitzenkandidatin' Ursula von der Leyen, come da rumor delle scorse settimane, ma come successore di Charles Michel alla testa dei capi di governo dell'Unione. E' quanto si legge in un editoriale pubblicato sul sito dell'Atlantic Council, uno dei principali think tank americani, firmato dal nonresident senior fellow Mario De Pizzo.
"L'Unione Europea è a un bivio: deve scegliere se attuare riforme significative o accettare il suo imminente declino. Uno dei pochi leader disposti a fare le riforme necessarie è Mario Draghi, ex presidente della Banca centrale europea ed ex primo ministro italiano", scrive De Pizzo. Draghi è stato incaricato da von der Leyen di redigere un rapporto sulla competitività dell'Ue, che sarà pubblicato dopo le elezioni europee del 6-9 giugno.
"Secondo una fonte vicina a Draghi, che ha condiviso i primi dettagli a condizione di anonimato, il rapporto includerà probabilmente una valutazione franca delle debolezze dell'Europa, sulle sue limitate capacità creative e produttive. In questo momento all'Europa mancano sia le risorse che la volontà di competere con il resto del mondo, soprattutto se si considera la capacità di Stati Uniti e Cina di stimolare l'economia attraverso la spesa pubblica", prosegue De Pizzo.
Il rapporto sulla competitività europea che sta preparando Draghi su incarico di von der Leyen e che sarà presentato dopo le elezioni europee "metterà probabilmente in evidenza il fatto che l'Europa ha enormi opportunità di correggere le sue carenze produttive", si legge ancora.
"Una riforma che il documento promuoverà è la creazione di interconnessioni tra i sistemi produttivi nazionali, con l'obiettivo di creare un unico sistema europeo di catene di approvvigionamento continentali integrate - un obiettivo a dir poco ambizioso. La visione di Draghi potrebbe essere la fonte di ispirazione per un programma di governo dell'Ue per i prossimi cinque anni. E l'Europa ha bisogno del suo impegno per realizzare questi obiettivi".
Nell'editoriale si sostiene che Draghi dovrebbe guidare il Consiglio europeo, anche se è una carica istituzionale spesso criticata per essere in gran parte simbolica e priva di un gabinetto. "E' la persona che fa la carica - precisa De Pizzo - Draghi sarebbe in grado di avviare il processo di riforma dei trattati istitutivi dell'Ue proponendo punti nelle discussioni formali e informali, nonché elaborando piani per realizzare le politiche che suggerirà nella sua relazione. Come ha detto il 16 aprile a Bruxelles, in occasione della Conferenza di alto livello sul Pilastro europeo dei diritti sociali, 'avremo bisogno di un partenariato rinnovato tra gli Stati membri, di una ridefinizione della nostra unione che non sia meno ambiziosa di quella che i padri fondatori fecero settant'anni fa con la creazione della Comunità europea del carbone e dell'acciaio'".
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Europee, Gozi (Renew): “Noi mai con l’Ecr”
"Ursula e Giorgia candidate per finta"
Per Renew Europe, l’apertura di Ursula von der Leyen ad una eventuale collaborazione con l’Ecr nel Parlamento Europeo dopo le elezioni “non è accettabile” e i Liberali non faranno mai “alleanze politiche e programmatiche” con “estremisti” di destra come i Conservatori e Riformisti Europei. A dirlo all’Adnkronos, dopo il primo dibattito di ieri tra gli Spitzenkandidaten a Maastricht, è Sandro Gozi, uno dei tre candidati di punta di Renew, segretario del Partito Democratico Europeo ed eurodeputato, eletto in Francia con Renaissance. Von der Leyen, osserva Gozi, “è già una candidata per finta: su questo ha una cosa in comune con Giorgia Meloni, perché vuole fare la presidente della Commissione e non si presenta da nessuna parte, mentre Meloni non vuole fare nulla, ma si presenta dappertutto. Quindi certamente, per finzioni e presa in giro degli elettori, Giorgia e Ursula sono molto vicine”. “La nuova finzione di Ursula - continua - è fare una distinzione tra gli estremisti di destra della Lega, dell’AfD e del Rassemblement National e gli estremisti di destra di Fratelli d’Italia, Vox ed Eric Zemmour. Estremisti sono: che siano in uno, due, tre o dieci gruppi, noi con l’Ecr, Meloni, Id, Le Pen, non faremo nessuna alleanza politica. Questo vale per ieri, per oggi e per domani. ”. (segue)
Per Gozi, “più von der Leyen va verso l’estrema destra, più si allontana da Renew”. Certo, continua, “non è che possiamo impedire a qualcuno di votare il prossimo presidente della Commissione. Non possiamo impedire a Meloni di fare ogni tanto una cosa giusta, ma noi alleanze politiche e programmatiche, un programma politico di legislatura, con obiettivi comuni, come abbiamo fatto nel 2019, con Ecr, Meloni, Fazzolari e altri estremisti del genere, non ne facciamo. Non l’abbiamo fatto nel 2019 con i polacchi del Pis, non lo faremo nel 2024 con Meloni”.
E questo, precisa, “non per pregiudizio, ma perché, semplicemente, abbiamo visioni profondamente diverse dell’Europa: la stessa Meloni lo ha detto chiaramente a Pescara, che è incompatibile con noi di Renew”. Nel 2019, ricorda, il Pis polacco “votò la presidente della Commissione (von der Leyen, ndr), perché avevano un commissario (all’Agricoltura, Janusz Wojciechowski, ndr). Secondo me più von der Leyen va verso gli estremisti, più si allontana dalla possibilità di succedere a se stessa”. Infine, il calendario. Il voto di conferma del prossimo presidente (o della prossima presidente) della Commissione si potrebbe tenere a settembre, calendario alla mano.
“Non è ancora deciso - spiega Gozi - a luglio è stretta, ma decideremo dopo le elezioni. Certo, per votare a luglio occorrerebbe una seconda sessione speciale, nella seconda metà del mese. Se non facciamo una sessione speciale in luglio, dovremo aspettare settembre. Ma la questione è ancora aperta”, conclude.