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Salute e Benessere

Ail, nuova campagna per sostenere lotta a neoplasie del...

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Ail, nuova campagna per sostenere lotta a neoplasie del sangue

Lo spot ‘Non vedo l’ora’ sulle principali tv nazionali e piattaforme online narra il sofferto percorso di pazienti e caregiver

Ail, nuova campagna per sostenere lotta a neoplasie del sangue

La nuova campagna dell'Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma 'Non vedo l’ora', firmata da Gibbo&Lori con Paolo Lentini, pone l’attenzione sul vissuto emotivo dei malati ematologici. La diagnosi di un tumore del sangue stravolge la quotidianità dei pazienti e dei loro cari, ci si ritrova a dover affrontare un lungo, complesso percorso terapeutico, spesso anche lontano da casa. Tutto ciò che fino a poco prima era normale, ripetitivo e dato per scontato viene a mancare di colpo e non si vede l’ora di riaverlo. Partecipare alla riunione di condominio, fare i compiti di matematica con i figli alla sera, cercare parcheggio… è possibile che al mondo ci siano persone che non vedono l’ora di vivere momenti come questi? Sì, perché la leucemia ti toglie la vita quotidiana, ti fa sentire la mancanza dei momenti semplici e belli, e persino dei meno belli, delle piccole seccature quotidiane. I piccoli gesti e le abitudini di ogni giorno che troppo spesso vengono date per assodate, rappresentano il sogno di un ritorno alla normalità.

Lo spot - si legge in una nota - narra il percorso sofferto affrontato dai pazienti e dai loro familiari e rappresenta l’impegno concreto dell’Associazione che contribuisce a ridare loro la vita di tutti i giorni. “Lo spot - afferma Giuseppe Toro, presidente nazionale Ail - traduce in modo assai efficace come Ail sostiene le necessità dei pazienti, in tutta Italia, attraverso i servizi socio-sanitari che mette in campo per restituire il più possibile un ritorno alla normalità. Cerchiamo di alleviare le paure e i bisogni dei malati con l’obiettivo di sensibilizzare costantemente anche le istituzioni a non lasciarli soli".

“Di solito cerchiamo, attraverso il nostro lavoro, di trovare sempre una verità in cui tutti possiamo riconoscerci, qualcosa di forte da dire, un messaggio che non lasci indifferente - dichiarano Gibbo&Lori - In questo caso, lo spunto nasce da una visita che abbiamo fatto all'Istituto dei tumori di Milano. Ci hanno fatto vedere che i pazienti vivono in stanze sterili con un vetro che li separa dai parenti in visita anche, a volte, per mesi. In quel momento abbiamo pensato: qualsiasi cosa è meglio che stare qui. Al loro fianco c'è qualcuno che si impegna per farli tornare alla loro vita di tutti i giorni. Ci auguriamo di raggiungere più persone possibili e sostenere Ail nella lotta contro i tumori del sangue".

La campagna 'Non vedo l'ora', realizzata in collaborazione con la sezione Ail di Milano, è stata girata in un'ala dismessa dell'ospedale Niguarda di Milano. Partendo da una stanza vuota - dettaglia la nota - la casa di produzione The BigMama ha progettato e realizzato una camera sterile con un vetro per dividere i due protagonisti. Parte delle scene sono state girate senza vetro per non rendere troppo evidente il riflesso e permettere così di mantenere il colpo di scena finale.

Da oltre 50 anni, Ail con le sue 83 sezioni provinciali in tutta Italia, promuove e sostiene la ricerca scientifica per la cura dei tumori del sangue, assiste i malati e le loro famiglie accompagnandoli nel corso della malattia, offrendo loro servizi, conoscenza e comprensione. Migliorare la qualità di vita del malato è obiettivo essenziale dell’Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma.

Ail finanzia in tutta Italia progetti di assistenza e di ricerca di alto valore scientifico e sanitario. Annualmente (dati 2022) - conclude la nota - l’associazione sostiene 111 Centri di ematologia, garantisce cure domiciliari a 1502 pazienti in 26 province, accoglie 1.330 ospiti nelle Case alloggio Ail in 33 province sul territorio, offre supporto a 7.303 tra pazienti e familiari/caregiver attraverso l’erogazione di servizi socio-assistenziali durante tutte le fasi della malattia. Non vediamo l’ora di restituire quanta più sicurezza e quotidianità possibile a tutti i pazienti con tumore del sangue. Lo spot è on air dal 21 gennaio sulle principali reti televisive nazionali e piattaforme online.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Ospedale del futuro, Petralia (Fiaso): “Con...

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Al congresso Aiic, 'digitalizzazione e Ai per una presa in cura unitaria'

Ospedale del futuro, Petralia (Fiaso):

Il futuro dei nostri ospedali "parte qui e ora, da ciascuno di noi che ci aspettiamo di essere presi in cura, prima ancora che essere curati. Gli ospedali non sono stati sempre soltanto luoghi di auspicabile guarigione, di cura di malattie, ma sono nati come luoghi di accoglienza, di ospitalità per viandanti e pellegrini. Con l'avanzare della tecnologia e della scienza sono diventati percorsi, spazi, prospettive di presa in carico e di cura", e in questo "un ruolo importante è giocato dalla digitalizzazione e dall'intelligenza artificiale". Così Paolo Petralia, vicepresidente vicario Fiaso e direttore generale Asl 4 Liguria, questa mattina a Roma, ha descritto l'evoluzione dell'assistenza ospedaliera al Convegno nazionale dell'Associazione italiana ingegneri clinici (Aiic) in corso nella Capitale fino a sabato.

Si tratta di "un modello di ospedale che sempre di più va verso il territorio - continua Petralia - e di territorio che va verso l'ospedale in una logica di circolarità e non di esclusività", che supera il concetto di "integrazione ospedale-territorio. Abbiamo bisogno di parlare di un percorso per le persone, di una presa in cura unitaria e che vada dall'ospedale al setting assistenziale intermedio e al domicilio, in una logica di continuità di assistenza e cura". Oltre ad essere un luogo "bello", nell'ospedale del futuro "non si è costretti a dover condividere la camera con altre persone e, grazie alla tecnologia", ci sarà "la virtualizzazione dei posti letto - spiega l'esperto - e non sarà più necessario dover dormire in ospedale per essere curati" perché, con la condivisione dei dati, "l'assistenza sarà fornita al bisogno, a domicilio". A livello tecnologico, "l'intelligenza artificiale potrà affiancare e sostenere gli operatori, ma anche i pazienti nell'esperienza di permanenza in ospedale per ottenere risposte che sono avanzate dal punto di vista dei contenuti clinici, ma anche sostenibili e gradevoli dal punto di vista della modalità con cui vengono erogati".

A fronte di un patrimonio edilizio ospedaliero spesso obsoleto, "possiamo immaginare, nel tempo, di riuscire" a lavorare per trasformare gli edifici attuali in "building adeguati in termini di struttura - conclude Petralia - che risparmino energia, che siano green, automatizzati, efficienti dal punto di vista dei percorsi, ma anche degli spostamenti, in una logica che dal monoblocco ritorna a padiglioni piccoli, immersi nel verde, capaci di essere flessibili nel loro utilizzo, come la pandemia ci ha insegnato".

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Ospedale del futuro, l’esperto: “Flessibile,...

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Al congresso Aiic, 'organizzazione per intensità di cura'

Ospedale del futuro, l'esperto:

"L'ospedale del futuro dovrà essere flessibile, modulare - anche perché, ci ha insegnato il Covid, ci può essere necessaria una riconfigurazione rapida dei posti letto - molto digitale, con intelligenza artificiale, senza reparti, con pochi professionisti" supportati al meglio, "in modo che il lavoro che adesso viene fatto da tanti in futuro venga fatto da pochi, e accogliente", con "tanto verde". Lo ha detto Giovanni Guizzetti, ingegnere clinico e direttore sociosanitario Asst Ovest Milanese, intervenendo questa mattina alla sessione dedicata all'ospedale del futuro, durante il Convegno nazionale dell'Associazione italiana ingegneri clinici (Aiic), a Roma fino al 18 maggio.

"Per capire quale possa essere il futuro dell'ospedale - continua Guizzetti - dobbiamo capire qual sarà il futuro di tutte le assistenze sanitarie del cittadino e, quindi, anche come si arriverà alla trasformazione della sanità domiciliare e la sanità territoriale. L'ospedale del futuro dovrebbe essere un ospedale in cui, ad esempio, il paziente cronico non accede, se non in casi rarissimi". Tra le novità più importanti, spicca il fatto che non ci sarà una differenziazione fra un reparto e l'altro, ma in base all'intensità di cura. E servirà più contatto con la natura, quindi aree verdi, perché "questo, è dimostrato ampiamente, contribuisce anche al maggior benessere del paziente". Nell'ospedale del futuro "ci saranno molte camere singole", almeno la metà dei posti letto, "non solo per un maggiore comfort del paziente - precisa Guizzetti - ma anche perché questo permette di controllare meglio le infezioni ospedaliere. Soprattutto sarà un ospedale molto digitale, in cui le applicazioni di intelligenza artificiale senz'altro supporteranno tutto il processo di diagnosi e cura. Si è citato addirittura un ospedale senza posti letto, perché l'ospedale diventa il concentratore della sanità domiciliare, di pazienti che sono monitorati a casa loro e gestiti centralmente da una struttura in cui, professionisti multidisciplinari, gestiscono il paziente che si trova, invece, a domicilio".

La trasformazione "in realtà è già in corso - avvisa l'esperto - Non ce ne stiamo accorgendo, ma nel mondo ci sono già degli esempi. In Italia abbiamo tanti, troppi ospedali piccoli, che costano molti soldi di gestione e non permettono agli ospedali più avanzati di poter essere adeguatamente supportati. Certo, resta la necessità di avere una prossimità dell'ospedale, ma se consideriamo" l'evoluzione tecnologica e l'aumento "dei trasporti con mezzi a guida autonoma", è facile intuire che "anche l'accesso al luogo di cura, anche in modo autonomo", sarà una realtà.

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Medicina, studio italiano: chi è seguito da cardiologo ha...

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Studio 'Bring-up Prevenzione' presentato al 55.esimo congresso dell'Anmco

Furio Colivicchi, past president Anmco

Il cardiologo può allungare la vita. "Essere seguito da un cardiologo può migliorare significativamente il profilo di rischio e ridurre la probabilità di recidive ischemiche, come infarto o ictus. I cardiologi possono fare la differenza, migliorando il destino clinico dei pazienti". E' il risultato studio 'Bring-up Prevenzione' presentato al 55.esimo congresso nazionale di Cardiologia dell’Anmco, l'Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri, in corso a Rimini. "Il 'Bring-up Prevenzione' - spiega il Furio Colivicchi, past president Anmco e direttore Cardiologia clinica e riabilitativa dell’Ospedale San Filippo Neri di Roma - ha finora incluso 4.790 pazienti provenienti da 189 centri cardiologici distribuiti su tutto il territorio nazionale. Si tratta di pazienti con storia di pregresso infarto o malattia coronarica o malattia ostruttiva degli arti inferiori o patologia cerebrovascolare. Da un’analisi preliminare dei dati raccolti, l’età media di questa popolazione è 67 anni ed il 20% è di sesso femminile. Dati allarmanti sono quelli correlati alla prevalenza dell’obesità, il 20% di questi pazienti sono obesi, e del fumo di sigaretta, infatti il 21% è fumatore".

"In generale, una percentuale significativa di pazienti, pur avendo una precedente diagnosi di malattia cardiovascolare, non ha una ottimale gestione di fattori di rischio, come appunto l’obesità e il fumo di sigaretta. Possiamo quindi migliorare la gestione di questa popolazione di pazienti - avverte Colivicchi - Fondamentale a tale scopo è la consapevolezza del rischio di nuovi eventi come infarto ed ictus ascrivibili a fumo, ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia e obesità. Inoltre, il 27% dei pazienti inclusi nello studio 'Bring-up Prevenzione' sono diabetici e nell’11% dei casi hanno una malattia renale cronica. Sebbene sia noto che il colesterolo è il fattore causale delle malattie aterosclerotiche, le statine, trattamento di prima linea per questi pazienti, erano impiegate inizialmente solo nel 68% dei pazienti prima della visita cardiologica. Dopo il controllo cardiologico la percentuale è salita al 98%. Questa variazione è espressione del fatto che essere seguito da un cardiologo può migliorare significativamente il profilo di rischio e ridurre la probabilità di recidive ischemiche, come infarto o ictus".

"I cardiologi possono quindi fare la differenza, migliorando il destino clinico dei pazienti. Ulteriori informazioni preziose verranno poi fornite da una dettagliata analisi della gestione terapeutica complessiva di questa popolazione di pazienti, che sarà disponibile alla conclusione dello studio", conclude Colivicchi.

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