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Ecuador, 139 persone in ostaggio e 329 terroristi...
Ecuador, 139 persone in ostaggio e 329 terroristi arrestati: ultime news
Paese nel caos, il presidente: "Convinti che usciremo vittoriosi da questo conflitto". Colombia dispiega unità esercito al confine
Sono 139 le persone tenute ancora in ostaggio all'interno di cinque carceri in Ecuador, tra cui 125 guardie penitenziarie e 14 dipendenti amministrativi, dopo che nel Paese sono scoppiati disordini armati. Lo riferisce il Servizio penitenziario (Snai) di Quito riferendosi alle carceri di Azuay, Canar, Napo, Tungurahua e Cotopaxi. Al momento lo Snai non ha confermato la veridicità dei video che circolano sui social in cui si vedono esecuzioni sommarie di ostaggi in carcere.
L'esercito e la polizia dell'Ecuador hanno nel frattempo arrestato 329 membri di bande criminali e ne hanno uccisi altri cinque , ha riferito Jaime Vela Eraso, capo del comando congiunto delle forze armate. "Abbiamo confiscato 61 armi di diverso calibro, 418 munizioni, 24 ordigni esplosivi e abbiamo arrestato 329 terroristi. Quarantuno persone sono state liberate dalla prigionia. Abbiamo eliminato cinque terroristi", ha detto alla conferenza trasmessa dalla televisione Ecuavisa. Il funzionario militare ha sottolineato che dopo gli scontri con tre bande criminali armate, le forze di sicurezza hanno riportato in prigione 28 prigionieri fuggiti. Vela Eraso ha aggiunto che nelle carceri dove sono avvenuti gli scontri non sono stati uccisi ostaggi.
Un giudice ecuadoregno ha inoltre disposto la custodia cautelare per reati di terrorismo per undici dei 13 sospetti arrestati per l'irruzione nella sede dell'emittente TC Television, presa d'assalto da un gruppo armato. Gli altri due detenuti, minori, sono stati inviati in un centro minorile, sempre con l'accusa di terrorismo. I tredici fermati hanno tra i 16 ed i 26 anni di età, secondo quanto reso noto dal generale della polizia nazionale Cesar Zapata, citato da 'Metroecuador'. Per il reato di terrorismo sono previste pene fino a 26 anni di reclusione, fino a 8 per i minori.
Cosa sta succedendo
Il 9 gennaio scorso il presidente ecuadoriano Daniel Noboa ha firmato un decreto che riconosce il "conflitto armato interno" del Paese e ha ordinato la neutralizzazione di 22 bande criminali. L'annuncio ha fatto seguito alla presa di ostaggi dei dipendenti di TC Television che trasmettevano in diretta da uno studio a Guayaquil.
La situazione della sicurezza in Ecuador è peggiorata il 7 gennaio dopo che il leader della banda criminale Los Choneros, soprannominato Fito, è evaso dal carcere. Alla fuga sono seguite rivolte in diverse carceri. L’8 gennaio Noboa ha dichiarato lo stato di emergenza nel Paese e imposto il coprifuoco.
Il presidente Noboa: "Il Paese è unito, vinceremo il conflitto"
Il sostegno unanime del Parlamento di Quito alla legge di emergenza messa in atto dal governo per combattere la violenza in corso in Ecuador dimostra che ''il Paese è unito''. Ed è per questo che ''usciremo vincitori da questo conflitto'', ha sostenuto il presidente dell'Ecuador Daniel Noboa in un videomessaggio di un minuto diffuso dopo che il Parlamento ha appoggiato all'unanimità il Decreto esecutivo 111 che riconosce un conflitto armato interno nel Paese e prevede l'intervento delle Forze armate per neutralizzare 22 gruppi terroristici.
''Siamo convinti che usciremo vittoriosi da questo conflitto. Il sostegno dei cittadini e dei partiti politici è fondamentale per uscire dall'oscurità e avere giorni migliori per tutti. Cedere al male, mai; combattere instancabilmente, sempre. Viva l'Ecuador'', ha detto il presidente in un breve messaggio trasmesso sui social network.
Colombia dispiega unità dell'esercito al confine
Dal canto suo la Colombia ha dispiegato 180 militari alla frontiera con l'Ecuador come misura di sicurezza preventiva a fronte della situazione nel Paese vicino. "I militari assisteranno le operazioni di sicurezza, pronti a reagire a qualunque situazione", ha annunciato l'esercito colombiano sul suo account X. Le autorità peruviane hanno dichiarato il giorno precedente lo stato di emergenza per 60 giorni nella zona di frontiera con Ecuador e Colombia, rafforzando la presenza delle forze di polizia a seguito degli eventi in Ecuador.
Esteri
Ucraina, Macron: “Non escluso invio truppe se Russia...
Il presidente francese torna a mettere in guardia Mosca in un'intervista al The Economist: "Siamo stati troppo titubanti nel definire i limiti delle nostre azioni nei confronti di qualcuno che non li ha più e che è l'aggressore"
Il presidente francese torna a mettere in guardia la Russia: in caso di sfondamento del fronte in Ucraina, l'invio di truppe di terra occidentali non è da escludere. Dalle pagine di The Economist, Emmanuel Macron torna su un concetto espresso a febbraio e che allora aveva fatto molto discutere.
"Se i russi dovessero andare a sfondare le linee del fronte, se ci fosse una richiesta ucraina - cosa che oggi non è il caso - dovremmo legittimamente porci il problema", ha affermato. "Escluderla a priori, non equivale a trarre le conclusioni degli ultimi due anni", ha aggiunto, alludendo al primo rifiuto dei paesi della Nato di inviare carri armati e aerei, e al successivo ripensamento.
"Non escludo nulla - ha quindi sottolineato il presidente francese -, perché davanti a noi c’è qualcuno che non esclude nulla. Senza dubbio siamo stati troppo titubanti nel definire i limiti delle nostre azioni nei confronti di qualcuno che non li ha più e che è l'aggressore".
"Ho un obiettivo strategico chiaro: la Russia non può vincere in Ucraina. Se la Russia vincesse in Ucraina, non ci sarebbe sicurezza in Europa", ha poi rimarcato Macron aggiungendo: "Non dobbiamo escludere nulla, perché il nostro obiettivo è che la Russia non possa mai vincere in Ucraina".
"L'aggressività della reazione russa alle mie parole ha dimostrato che ha avuto l’effetto desiderato, ossia 'non pensare che ci fermeremo qui se non lo fai'".
E ancora: "La Francia è un paese che ha effettuato interventi militari, anche di recente. Abbiamo dislocato diverse migliaia di soldati nel Sahel per combattere il terrorismo che potrebbe rappresentare una minaccia per noi. Lo abbiamo fatto su richiesta di Stati sovrani", ha detto in riferimento all'operazione Barkhane delle forze armate francesi in Mali, Ciad, Burkina Faso, Mauritania e Niger contro gruppi terroristici islamici.
Esteri
Usa, non si fermano proteste pro-Gaza nelle università:...
Secondo quanto riportato, l'intervento sarebbe stato preceduto dal lancio di una granata stordente
Le forze di sicurezza sono entrate nell'accampamento pro-Palestina allestito dai manifestanti nell'Università della California, Ucla. Lo riporta la Cnn. Secondo quanto riportato, l'intervento sarebbe stato preceduto dal lancio di una granata stordente. "Proprio negli ultimi minuti - ha riferito la corrispondente di SkyNews - la polizia ha lanciato un 'flashbang', quasi come una tecnica di distrazione, mentre avviava la sua operazione per smantellare l'accampamento". In precedenza le forze dell'ordine avevano chiesto via altoparlante ai manifestanti di lasciare il posto, dopo aver dichiarato illegale l'accampamento.
Diverse agenzie per la sicurezza hanno inviato sul posto le loro unità con compiti specifici: al Dipartimento di Polizia di Los Angeles è affidato l'incarico di mettere in sicurezza il perimetro, la California Highway Patrol entrerà nell'accampamento, il dipartimento dello sceriffo di Los Angeles sarà responsabile del controllo sulla folla. Le forze dell'ordine sul posto sono dotate di dispositivi di protezione, comprese maschere antigas, secondo le fonti citate dall'emittente.
Scontri tra gruppi filo israeliani e filo palestinesi
Ieri scontri tra gruppi di manifestanti filo israeliani e filo palestinesi sono scoppiati nel campus di Los Angeles. "Sono avvenuti orribili atti di violenza e abbiamo immediatamente chiamato la polizia", ha detto la vice rettrice. Un giornalista che lavora per il "Daily Bruin", giornale dell'università, ha riferito che i manifestanti filo Israele hanno lanciato "petardi, uno scooter, bottiglie d'acqua e gas lacrimogeni" contro il gruppo avverso.
Arrestati centinaia di manifestanti
Centinaia di manifestanti sono stati arrestati nelle ultime 24 ore durante le proteste che stanno infiammando i campus universitari negli Stati Uniti. Anche se le richieste dei manifestanti variano da università a università, la maggior parte chiede agli atenei di disinvestire dalle aziende che sostengono Israele e la guerra a Gaza.
Università dell'Arizona: mercoledì le forze dell'ordine hanno usato palline di pepe e proiettili di gomma contro i manifestanti, ha detto l'università in una nota.
A New York, circa 300 persone sono state arrestate nell'operazione di polizia condotta per sgomberare i campus della Columbia e del City College dai manifestanti pro Gaza. Ancora da capire quanti di coloro che occupavano la Hamilton Hall della Columbia fossero studenti e quanti no. Il sindaco di New York, Eric Adams, ha denunciato "un movimento per radicalizzare i giovani...non permetterà che questo accada".
Fordham University: almeno 15 persone sono state arrestate dopo che decine di manifestanti hanno allestito un accampamento all'interno dell'edificio Lowenstein dell'università, secondo una dichiarazione della scuola che ha chiesto al Dipartimento di Polizia di New York di essere nel campus almeno fino al 22 maggio.
Università di Buffalo: circa 16 persone sono state arrestate mercoledì sera dopo una protesta filo-palestinese al North Campus dell'università, ha detto la scuola in un comunicato.
Dartmouth College: Novanta persone sono state arrestate durante la protesta filo-palestinese di mercoledì con l'accusa di aver commesso reati tra cui violazione di domicilio e resistenza all'arresto, ha detto la polizia della città di Hanover nel New Hampshire.
Università del Texas a Dallas: almeno 17 arresti sono stati effettuati nel campus mercoledì sera, hanno detto i funzionari della scuola.
Università del Wisconsin-Madison: diversi manifestanti sono stati arrestati mercoledì, ha detto il cancelliere Jennifer L. Mnookin in una lettera alla comunità del campus.
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Autostrada crollata in Cina, si aggrava bilancio vittime:...
La tragedia è avvenuta dopo giorni di forti piogge nell'area
E' salito a 48 morti il bilancio ufficiale delle vittime del crollo di un tratto di un'autostrada nella provincia del Guangdong, nella Cina meridionale. Lo ha riferito l'agenzia cinese Xinhua, dopo le prime notizie di ieri che parlavano di 24 morti a seguito del cedimento di un tratto di carreggiata di 18 metri all'altezza della città di Meizhou. Almeno 30 sono le persone ricoverate in ospedale.
Circa 20 i veicoli coinvolti nel crollo, hanno riferito le autorità locali. Le immagini diffuse sui social mostrano auto travolte da terra e fango, probabilmente dopo una frana. Ancora sconosciute le cause del crollo, ma nei giorni scorsi nella regione erano state registrate piogge torrenziali.
Dezoito carros caíram em uma encosta depois que um trecho de 17,9 metros da rodovia desabou hoje de manhã quarta-feira, segundo autoridades da província de Guangdong.
Testemunhas disseram à mídia local que ouviram um barulho alto e viram um buraco aberto pic.twitter.com/zZzQu4tTs0
— Elza Luiza da Silva Ferrari (@ElzaLuizadaSil5) May 2, 2024