Politica
Draghi, il candidato di tutti che non vuole farsi candidare
L'ex presidente della Bce lavora per l'Europa ma senza entrare nelle dinamiche politiche
La presidenza del Consiglio Ue, dopo quella della Commissione. L'ipotesi di una candidatura per Mario Draghi questa volta viene rilanciata dal Financial Times, come opportunità offerta dal passo indietro di Charles Michel, dopo la scelta di candidarsi alle elezioni europee. Che il nome di Draghi circoli, e anche con una certa insistenza, ogni volta che si pensi a una scelta 'di peso' per un ruolo chiave in Europa è fisiologico, per autorevolezza, competenza e storia.
E' l'uomo che più di tutti è stato capace di incidere sulla storia recente del Continente, difendendo e salvando l'Euro dalla più violenta crisi finanziaria che abbia mai dovuto affrontare. L'ha fatto da Presidente della Bce, con una interpretazione molto politica di un ruolo tecnico. Da Presidente del Consiglio, in Italia, è stato chiamato a tirare fuori il Paese da un'altra crisi, tutta politica, dopo l'implosione della maggioranza che sosteneva il secondo governo guidato da Giuseppe Conte. Si sarebbe poi volentieri spostato al Colle, da Presidente della Repubblica, prima che l'impasse in Parlamento non si risolvesse con un plebiscito per il secondo mandato di Sergio Mattarella.
Nel percorso di Draghi c'è una linea di coerenza che ne ha sempre ispirato il comportamento: non fa politica e non si fa candidare dalla politica, o almeno non lavora per farsi candidare dalla politica. E' la colpa, peraltro, che gli attribuisce chi sostiene che abbia giocato male le sue carte proprio nella corsa al Quirinale. Ha ritenuto possibile, sbagliando valutazione, che intorno al lui si coagulasse il consenso necessario per essere eletto ma ha fatto poco, o nulla, perché questo avvenisse.
Nell'ultimo anno la postura è stata la stessa. Con una formula che ricorre anche nelle ricostruzioni di parte, quelle che la stampa attribuisce a fonti a lui vicine: non è interessato ad assumere posizioni di vertice in Europa e, comunque, non sta in nessun modo favorendo o stimolando soluzioni del genere. Draghi ha le idee chiare rispetto a quello che l'Europa dovrebbe e potrebbe essere e quando ne ha l'opportunità lo dice con sufficiente chiarezza: "il modello di crescita europeo si è sostanzialmente dissolto, occorre inventarsi un modo diverso per crescere e per farlo l'Europa deve farsi Stato". Le parole utilizzate durante la presentazione del libro di Aldo Cazzullo 'Quando eravamo padroni del mondo' sono un programma ambizioso, che esprime insieme tutta la preoccupazione e l'interesse di Draghi per la sorte dell'Europa. Non solo. L'ex Presidente della Bce sta anche lavorando, nel quadro dell'incarico ricevuto dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen per il Rapporto sulla competività, proprio per indicare la strada per fare passi avanti nella direzione indicata, come dimostra l'incontro in programma mercoledì a Milano con le aziende dell’European round table (Ert) for Industry.
Arriveranno, nei prossimi mesi, nuove indiscrezioni e nuove potenziali candidature per Draghi ma la sua posizione resterà la stessa, quella di un candidato 'naturale' che non vuole farsi candidare. Altra cosa potrebbe essere valutare una 'investitura' a valle di un percorso che la politica dovrebbe fare in autonomia. Difficile che ci si arrivi, considerando gli interessi in gioco e l'incrocio delle legittime aspirazioni delle famiglie politiche europee e dei partiti nazionali. (Di Fabio Insenga)
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Sondaggio politico, Fratelli d’Italia scende e Pd sale
In calo il M5S, passo avanti della Lega
Fratelli d'Italia scende, il Pd sale, il M5S perde. Il sondaggio Swg per il tg La7 fotografa le intenzioni di voto se le elezioni si tenessero oggi, 29 aprile. Il partito della presidente del Consiglio Giorgia Meloni cede lo 0,2% e scende al 26,6%. Fratelli d'Italia rimane abbondantemente il primo partito con un ampio vantaggio sul Pd, che guadagna lo 0,3% e arriva al 20,3%. Passo indietro del M5S guidato da Giuseppe Conte: il Movimento cede lo 0,3% e ora vale il 15,6%. Passo avanti della Lega di Matteo Salvini, dall'8,5% all'8,6%, mentre Forza Italia è stabile all'8,4%.
Verdi e Sinistra arrivano al 4,3%, mentre gli Stati Uniti d'Europa raccolgono il 4,5% (-0,2%). Azione sale al 4,2%, seguita a distanza da Libertà (2,1%), Pace Terra e Dignità (2%), Democrazia Sovrana e Popolare (1,2%), Partito Animalista - Italexit (1%).
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Elezioni europee, fonti Viminale: il voto per...
La premier Meloni, annunciando la candidatura, ha invitato a scrivere il suo nome di battesimo sulla scheda
Il voto per Giorgia Meloni alle elezioni europee sarà valido se si scrive 'Giorgia' sulla scheda elettorale. L'espressione di voto con il solo nome "Giorgia", resa nota agli elettori in precedenza, deve ritenersi valida alla luce delle istruzioni del Viminale per le elezioni del 2019, che verranno riconfermate anche per la prossima tornata elettorale, fanno sapere fonti del Viminale.
In particolare, nelle istruzioni di voto inviate ai presidenti di seggio in occasione delle elezioni tra i casi di voto valido c'è anche "la preferenza espressa per il candidato utilizzando espressioni identificative quali diminutivi o soprannomi, comunicati in precedenza agli elettori, in quanto modalità di espressione della preferenza che può essere usata da qualunque elettore. Il voto è valido naturalmente sempre che si possa desumere la volontà effettiva dell'elettore".
"Chiedo agli italiani di scrivere sulla scheda il mio nome, ma il mio nome di battesimo, scrivete sulla scheda Giorgia, perché io sono e sarò sempre una di voi" ha detto ieri la presidente del Consiglio e leader di Fratelli d'Italia dal palco della kermesseo di Pescara, dove ha annunciato la sua candidatura alle Europee come capolista in tutte le circoscrizioni.
Il ministro per le Politiche agricole Francesco Lollobrigida, ha spiegato che, sulla scheda per le Europee, "ci sarà scritto 'Giorgia Meloni detta Giorgia'", chiarendo quindi che le schede che riporteranno solo il nome di battesimo della premier saranno perfettamente valide.
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Fonti Commissione Antimafia: “Emiliano vuole data in...
Intanto dall’organismo parlamentare trapela che tutti conoscono i tempi e le liturgie della politica e si sa che alla Conferenza dei presidenti si può mandare un delegato
In Commissione Antimafia si prende atto del fatto che il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano intende scegliere la data della sua audizione "compatibilmente con le sue esigenze politiche". È quanto si apprende da fonti stessa Commissione parlamentare dopo la lettera inviata dal governatore che aveva espresso la sua indisponibilità per essere ascoltato il 2 maggio non solo per le ragioni già espresse nella prima comunicazione ma anche come causa “di legittimo impedimento la convocazione della Conferenza delle Regioni e alle successive ore 12.30 dalla Conferenza Unificata” dicendosi disponibile in ogni momento dal 10 al 30 maggio, concluso il voto in consiglio regionale sulla mozione di sfiducia nei suoi confronti. Intanto dall’organismo parlamentare trapela che tutti conoscono i tempi e le liturgie della politica e si sa che alla Conferenza dei presidenti si può mandare un delegato.