Esteri
Meghan Markle non va ai Golden Globes e salta la reunion di...
Meghan Markle non va ai Golden Globes e salta la reunion di Suits, i colleghi: “Non abbiamo il suo numero”
Sul red carpet di Beverly Hills la reunion dei protagonisti della serie tv, senza la moglie del principe Harry
Meghan Markle è la grande assente ai Golden Globes 2024. Ieri sera, sul red carpet del Beverly Hilton Hotel di Beverly Hills, che ha visto la reunion dei protagonisti di Suits, mancava proprio la moglie del principe Harry. Il motivo? "Non abbiamo il suo numero... e quindi ci vedrà qui", ha risposto con tono scherzoso a Variety Gina Torres, presente all'evento assieme a Sarah Rafferty, Gabriel Macht e Patrick J. Adams, gli altri attori dellla serie.
Meghan Markle ha recitato in Suits fino alla stagione 8, ma il suo personaggio, quello di Rachel Zane, è stato eliminato dallo show dopo il matrimonio dell'attrice con il principe Harry. La serie è andata in onda via cavo sul canale Usa Network dal 23 giugno 2011 al 25 settembre 2019 per nove stagioni per poi essere stata rilanciata lo scorso anno da Netflix conferendole una nuova ondata di popolarità. Anche per questo motivo, l'assenza della duchessa di Sussex è stata più che mai avvertita.
Confermando che alcuni dei suoi ex co-protagonisti si sono "mandati messaggi a vicenda", la Torres (Jessica Pearson, nella serie) ha spiegato che Meghan non è presente nella chat del gruppo, perché "non abbiamo il suo numero". Non sarebbe quindi stato possibile raggiungerla per invitarla ad andare al premio. Tuttavia, la Torres ha espresso la speranza che la duchessa venisse comunque a conoscenza della reunion. "Ci vedrà", ha aggiunto, "e sarà felice che siamo qui."
Lo scorso novembre, Meghan Markle aveva parlato in esclusiva con Variety della recente popolarità della serie , che ha superato i 45 miliardi di minuti di streaming su Netflix e Peacock messi insieme. "Non è pazzesco?", aveva commentato durante l'evento Power of Women. "È stato fantastico lavorarci, con un cast e una troupe fantastici. Ci siamo divertiti davvero tanto. Ma è difficile trovare uno spettacolo di cui puoi guardare così tanti episodi in questi giorni. I buoni spettacoli sono eterni".
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Berlusconi a caccia con Putin: quando il leader russo...
Lo racconta Fabrizio Cicchitto al Corriere: "Cav restò turbato da gesto e vomitò dietro un albero"
Non è passato inosservato il crudo racconto di caccia con protagonisti Silvio Berlusconi e Vladimir Putin, ricordato oggi al Corriere da Fabrizio Cicchitto, ex capogruppo del Popolo della Libertà alla Camera. Negli anni in cui il Cavaliere era vicino al presidente russo, più volte suo ospite in Sardegna e nelle sue dimore, capitò poi che il leader dell'ex Urss -in grande confidenza con l'italiano- lo invitò per una battuta di caccia assieme, durante la vacanza in una dacia del fondatore di Forza Italia, invitato in Russia. Una storia che risale a tanti anni fa, ai primi anni del duemila, e che lasciò, secondo il racconto di Cicchitto, alquanto contrariato lo stesso Berlusconi. "Putin mi ha detto Silvio, 'andiamo a caccia'. Ho pensato 'a caccia? Non ho mai toccato un fucile'. Ma lui insisteva e allora l’ho accompagnato -fu il racconto di Berlusconi riportato oggi da Cicchitto- . Quando siamo arrivati nel bosco mi ha dato un fucile e mi è venuta l’ansia. Mentre camminavamo nella neve, Putin ha visto due caprioli e mi ha fatto cenno di mirarne uno. 'Quello è il tuo. Spara'. Gli ho fatto capire che manco morto avrei sparato. Allora ha sparato lui a entrambi e li ha uccisi".
Seguì l'episodio che lasciò di stucco l'ex premier italiano. "Putin mi ha guardato soddisfatto e mi ha detto 'oggi ti offrirò un cibo straordinario'. È sceso giù dal pendio per andare verso gli animali, impugnando un coltello e ha squartato una bestia estraendogli il cuore. Poi si è fatto consegnare da un uomo della scorta un vassoio di legno, me lo ha dato e ci ha messo sopra quel pezzo di carne sanguinante e mi ha detto 'sarà un pasto eccezionale'. Mi è venuto un colpo. Mi sono nascosto dietro un albero e ho vomitato".
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Israele ‘spegne’ al-Jazeera, blitz negli uffici...
La tv: "Decisione criminale". Hamas: "Violazione palese della libertà di stampa e rappresaglia per il lavoro della rete"
Blitz negli uffici di al-Jazeera a Gerusalemme Est dopo la decisione del governo israeliano di 'spegnere' la tv satellitare in Israele. Secondo le notizie dei media israeliani sarebbero state sequestrate attrezzature. Al-Jazeera ha denunciato come i fornitori di servizi via cavo e via satellite abbiano rimosso il canale.
Il ministro israeliano delle Comunicazioni, Shlomo Karhi, ha firmato il bando alle trasmissioni dopo che il governo di Benjamin Netanyahu ha dato il via libera allo stop delle attività della rete, in linea con una legge passata ad aprile dalla Knesset. "Le nostre disposizioni entreranno in vigore immediatamente - afferma Karhi in dichiarazioni rilanciate dal Times of Israel - E' passato troppo tempo e ci sono stati troppi impedimenti legali inutili per fermare finalmente la macchina ben oleata di istigazione di al-Jazeera, che nuoce alla sicurezza dello Stato". "La propaganda di Hamas, coloro che istigano contro Israele, che danneggiano le sicurezza di Israele e dei soldati delle Idf, non trasmetteranno più da Israele e saranno sequestrate le attrezzature", aggiunge Karhi.
La decisione del governo israeliano "è criminale": commenta al Jazeera in una nota pubblicata su X. La tv del Qatar accusa: "Condanniamo e denunciamo questo atto criminale di Israele che viola il diritto umano di accesso all'informazione".
La decisione di Israele è una "violazione palese della libertà di stampa", una "rappresaglia" per il lavoro della rete. Parola di Hamas, che - riporta la stessa tv satellitare - chiede alle organizzazioni internazionali per la libertà di stampa e i diritti umani di "condannare" le mosse israeliane e "adottare misure punitive". In un comunicato diffuso su Telegram il gruppo, che nel 2007 prese il controllo della Striscia di Gaza, afferma che la "chiusura di al-Jazeera è una misura repressiva e una rappresaglia per il ruolo professionale del canale nell'esporre i crimini e le violazioni dell'occupazione a Gaza e in Cisgiordania".
Anche l'Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani deplora "la decisione del governo israeliano". "Media liberi e indipendenti sono essenziali per garantire trasparenza e responsabilità. Ora ancor di più alla luce delle rigide restrizioni sulle notizie da Gaza - si legge in un post su X - La libertà di espressione è un diritto umano fondamentale. Sollecitiamo il governo a revocare il divieto".
Reporters sans frontières denuncia l'ordine di chiusura di al-Jazeera in Israele. Rsf "condanna con fermezza una legislazione liberticida che censura la rete per la sua copertura della guerra a Gaza", si legge su X. "Israele cerca in tutti i modi di mettere a tacere al-Jazeera per la sua copertura della realtà sulle sorti dei palestinesi in Cisgiordania e a Gaza dal 7 ottobre", dall'attacco in Israele e dall'avvio delle operazioni militari israeliane contro Hamas nella Striscia, commenta Jonathan Dagher, responsabile dell'ufficio Medio Oriente di Rsf.
Dagher bolla come "inaccettabili il voto del Parlamento israeliano per censurare al-Jazeera e le affermazioni diffamatorie di Benjamin Netanyahu rispetto ai suoi giornalisti". Rsf "chiede alle autorità israeliane di porre fine al loro accanimento violento contro al-Jazeera". "Una simile legge di censura, sotto la copertura delle regole democratiche, prendendo di mira implicitamente un mezzo d'informazione, crea un precedente pieno di minacce per il giornalismo in Israele", aggiunge Dagher.
Rsf ricorda che dall'inizio del conflitto tra Israele e Hamas, sono stati uccisi 103 giornalisti (tre di al-Jazeera, due nella Striscia e uno in Libano) in raid israeliani, almeno 22 dei quali mentre stavano lavorando.
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Ucraina, Panebianco: “La guerra va male e gli...
L'editorialista: "Vladimir Putin ci vede ben cotti e pronti per essere serviti a tavola"
"Ben cotti e pronti per essere serviti a tavola. È ciò che, probabilmente, Vladimir Putin pensa di noi occidentali mentre osserva le nostre mosse. Di fronte alle sfide internazionali le democrazie nulla possono se non hanno dietro di sé, compatte o quasi, le opinioni pubbliche. E quella compattezza Putin, di sicuro, non la vede. A parole, c’è consapevolezza in Occidente di quanto catastrofica, e non solo per gli ucraini, sarebbe una vittoria russa in Ucraina. A parole". Lo scrive Angelo Panebianco in un editoriale sul Corriere della Sera, secondo cui "i fatti dicono altro, i fatti dicono che i governi occidentali faticano a mantenere un fronte unito sulla crisi ucraina e faticano a farlo perché le loro opinioni pubbliche sono divise".
"Mentre la guerra va male per l’Ucraina gli occidentali mandano segnali contraddittori, anche se coerenti con le rispettive tradizioni nazionali. Se Emmanuel Macron ribadisce che se le cose si mettessero davvero male gli occidentali dovrebbero intervenire direttamente in Ucraina, gli altri governi europei (tedeschi e italiani in testa) ne prendono le distanze, lo smentiscono: armi sì, soldati sul terreno no, mai. A parte il fatto che queste divisioni fanno capire quanto ci sia di chimerico in tanti bei discorsi sulla difesa comune europea, come si pensa che divergenze di questa portata vengano interpretate dagli strateghi del Cremlino?", sottolinea l'editorialista.
Secondo Panebianco, "in ogni caso è una specie di miracolo il fatto che finora non ci siano state diserzioni, che nessun governo europeo abbia rotto il fronte, abbia smesso di sostenere l’Ucraina. Tenuto conto del fatto che al loro interno sono presenti consistenti correnti di opinione che, in nome della pace, vorrebbero regalare l’Ucraina a Putin. Credendo o fingendo di credere che, mangiata l’Ucraina, la Russia sarebbe finalmente sazia, non avrebbe ancora appetito".