Salute e Benessere
Natale a tavola, dai frutti di mare al dessert: le regole...
Natale a tavola, dai frutti di mare al dessert: le regole per evitare intossicazioni
Alcuni cibi sono ad alto rischio di contaminazione batterica, serve massima attenzione a igiene e corretta conservazione
Frutti di mare, formaggi, insalate e dessert, insieme ai piatti più tradizionali, faranno la loro comparsa sulle tavole delle feste, tra Natale e Capodanno. E sono proprio questi i piatti a cui prestare massima attenzione e rispetto delle norme igieniche per prevenire intossicazioni gastroalimentari. Con l’eccesso di cibo, ingerito in questi giorni, il nostro apparato digerente rischia di essere più vulnerabile: dunque attenzione a non esporsi a batteri patogeni che potrebbero rovinarci le vacanze e la festa di fine anno.
Ecco dunque alcuni consigli da tenere a mente nella preparazione dei piatti più a rischio di tossinfezione alimentare, suggeriti dal sito francese TopSantè. Si parte dal pesce e i frutti di mare, spesso serviti in tavola come antipasto della Vigilia di Natale o del cenone di San Silvestro: crudi possono nascondere un rischio parassitario, ma anche la marinatura spesso non è sufficiente a ridurlo, e indipendentemente dalla preparazione, sono anche sensibili al batterio della Listeria. Due le regole fondamentali di sicurezza: innanzitutto lavarsi sempre le mani e le superfici prima e dopo aver preparato i frutti di mare; in secondo luogo, seguire sempre la regola delle 2-4 ore ovvero si può servire il cibo se è rimasto a temperatura ambiente per due ore o meno. Può quindi ritornare nel frigorifero, ma il timer si riavvia con l'eventuale tempo aggiuntivo trascorso fuori dal frigorifero. Una volta che il cibo ha trascorso 4 ore a temperatura ambiente, non può essere assolutamente mangiato, e va eliminato.
Quanto alle ostriche, altrettanto apprezzate durante le festività natalizie, se crude possono essere fonte di batteri nocivi: il Vibrio vulnificus, che può causare una malattia potenzialmente mortale. Le persone con patologie che hanno un sistema immunitario compromesso, malattie del fegato o diabete sono particolarmente sensibili a questo batterio. L'aggiunta di salsa Tabasco piccante, salsa di peperoncino piccante, succo di limone o alcol alle ostriche può uccidere alcuni germi, ma nessuno riesce a uccidere il Vibrio vulnificus. L'unico modo sicuro per consumare le ostriche è assicurarsi che siano ben cotte, altrimenti, per quelle crude, è bene assicurarsi di acquistarle da un produttore o un ristorante di fiducia che segua rigorose misure igieniche.
Non solo pesce. Anche il tacchino arrosto, piatto principe di molti pranzi natalizi, può nascondere insidie: in forno, infatti, anche la parte centrale della carne deve raggiungere i 74° gradi centigradi per garantire la distruzione di agenti patogeni come Salmonella e Campylobacter. Vale la pena, dunque, investire in un termometro per carne per sapere quando è pronta, poiché il colore non è sempre un buon indicatore. E ancora: formaggi a pasta molle come brie, camembert, ricotta, feta, mozzarella e formaggio blu presentano un rischio di presenza di Listeria monocytogenes. Questo batterio è particolarmente pericoloso per le popolazioni vulnerabili, comprese le donne incinte, gli anziani o le persone immunocompromesse, che dovrebbero quindi evitare completamente questi tipi di formaggi. Per il resto della popolazione, il metodo più sicuro resta sempre la regola delle 2-4 ore.
Anche le insalate e le verdure crude sono un must delle feste per accompagnare i piatti della tradizione più 'ricchi'. Anch'esse richiedono una manipolazione speciale perché sono a rischio di Listeria, Escherichia coli, Salmonella, epatite A, Norovirus, Ciclospora e molti altri. Per tenere lontani questi ospiti indesiderati dall'insalata, si consiglia di usare sempre taglieri diversi da quelli utilizzati per carne e prodotti crudi, e di conservarle sempre in frigorifero. Altro consiglio: nella preparazione meglio lavarsi spesso le mani che indossare i guanti, poiché questi non proteggono dalla contaminazione incrociata.
Infine il dessert: sicuramente il tronchetto di cioccolato è il dolce più amato a Natale, ma c'è chi preferisce la pavlova, a base di meringa farcita di panna e frutta, o dolci alla crema. Ebbene: in generale i dolci a uova crude sono tutti a rischio di batteri come E. coli, Salmonella e Listeria. Da qui la raccomandazione di lavare sempre le mani prima di maneggiare ingredienti come la frutta e usare utensili puliti per montare la panna. Anche in questo caso, nel portarla in tavola, rispettate la regola delle 2-4 ore una volta tolta la crema dal frigo.
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Il fisiatra: “Infortuni all’anca in aumento,...
Addio al torneo Atp 1000 di Madrid da parte di Jannik Sinner. "La mia anca mi ha dato fastidio questa settimana e sta lentamente diventando più dolorosa", ha annunciato il tennista sui social, riaccendendo i timori su una articolazione che vede in crescita il numero degli infortuni tra chi pratica il tennis ad altissimo livello. "Il dolore all'anca e gli infortuni a tale livello sono un problema crescente per i tennisti. Sebbene molto spesso siano altre le strutture coinvolte dal sovraccarico tipico del tennis, in realtà le problematiche all'anca sono state segnalate in una percentuale che varia dall'8% al 27% dei giocatori di tennis", spiega all'Adnkronos Salute Andrea Bernetti, vice presidente della Società italiana di medicina fisica e riabilitativa (Simfer).
Il numero di infortuni all'anca nei giocatori di tennis professionisti maschili "è aumentato da meno di 10 nel 2012 a oltre 150 nel 2016. Nella storia dell'Atp Tour, diversi famosi giocatori professionisti classificati tra i primi 10 (tra cui Magnus Norman, Gustavo Kuerten, Lleyton Hewitt, Andy Murray, Bob Bryan e Tommy Haas) hanno subito infortuni all'anca", ricorda Bernetti.
"Il caso di Sinner però non è classificabile. Al momento sappiamo solo che ha un dolore all'anca, non meglio specificato, che lo ha costretto al ritiro dal torneo di Madrid - chiarisce il vice presidente dei medici fisiatri - Ci auguriamo che sia una problematica transitoria e che abbia deciso insieme al suo fantastico staff di preservarsi per i prossimi tornei" - tra poco inizieranno gli Internazionali Bnl d'Italia a Roma - "soprattutto in considerazione dell'elevato numero di partite che i tennisti professionisti giocano ogni anno".
Ma per quale motivo l'anca è diventata un problema per i tennisti? "Il tennis - risponde Bernetti - è uno sport che induce un alto carico sull'articolazione dell'anca perché comporta movimenti di inizio e arresto rapidi, intensi e ripetuti, durante i quali i giocatori effettuano cambi di direzione improvvisi mentre corrono e colpiscono la palla ad alta velocità. In particolare, il diritto impone un elevato carico su anche e ginocchia. Durante il diritto i giocatori possono usare diversi tipi di posizioni, che si riferiscono alla posizione dei piedi e delle anche durante il colpo: le posizioni neutrale, semiaperta e aperta. Per la posizione neutrale - illustra l'esperto - i piedi e le anche del giocatore sono perpendicolari alla rete, mentre sono paralleli alla rete per la posizione aperta 'open'. La posizione semiaperta descrive qualsiasi posizione dei piedi tra le posizioni neutrale e aperta. Attualmente, a causa dell'accelerazione del gioco negli ultimi decenni, i giocatori di tennis di alto livello assumono maggiormente la posizione open, per risparmiare tempo durante i colpi di diritto dalla linea di fondo".
"Si ipotizza che la prevalenza del colpo di diritto in posizione open possa spiegare almeno in parte l'aumento degli infortuni all'anca nei giocatori di tennis di alto livello. Una delle patologie dell'anca più frequenti nel tennis d'élite è l'impingement femoroacetabolare (Fai), caratterizzato da un contatto anomalo della porzione prossimale del femore con l'acetabolo. Con il carico ripetitivo, questo conflitto può provocare danni all'articolazione. Alcuni studi hanno mostrato che fino al 62% dei giovani tennisti d'elite possa essere a rischio per l'impingement femoroacetabolare", conclude il fisiatra.
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Pressione alta, il ruolo del Dna: lo studio
Maxi-studio internazionale apre a diagnosi di precisione, cure su misura e all'identificazione di nuovi bersagli terapeutici
La pressione alta dipende certo dai cattivi stili di vita, ma sulla probabilità di ammalarsi di ipertensione - un fattore di rischio chiave per le patologie cardiovascolari - pesa anche il Dna. In un maxi studio sui dati di oltre un milione di persone, il più grande mai condotto finora sull'argomento, ricercatori e collaboratori dei National Institutes of Health-Nih americani hanno scoperto oltre 2mila regioni del genoma umano (loci genomici) legati alla pressione sanguigna, comprese 113 nuove regioni. Il lavoro è pubblicato su 'Nature Genetics' e secondo gli autori permetterà di capire meglio come viene regolata la pressione del sangue, nonché di identificare possibili bersagli per nuovi farmaci.
"Il nostro studio aiuta a spiegare una percentuale molto maggiore di differenze tra la pressione sanguigna di due persone rispetto a quanto precedentemente noto", afferma Jacob Keaton, sezione Informatica sanitaria di precisione del National Human Genome Research Institute (Nhgri), primo autore della ricerca alla quale hanno contribuito più di 140 scienziati di oltre 100 università, istituti e agenzie governative. I ricercatori sono riusciti anche a calcolare un punteggio di rischio poligenico, che combina gli effetti di tutte le varianti genomiche presenti in una persona, per prevederne la pressione e il pericolo ipertensione. "Conoscere il rischio di un paziente di sviluppare ipertensione potrebbe portare a trattamenti su misura, che hanno maggiori probabilità di essere efficaci", sottolinea Keaton.
Tra i nuovi loci genomici scoperti, molti si trovano in geni che svolgono un ruolo nel metabolismo del ferro, confermando precedenti evidenze secondo cui alti livelli di ferro possono contribuire alle malattie cardiovascolari, precisano gli autori. Gli scienziati hanno inoltre confermato l'associazione tra pressione sanguigna e varianti del gene Adra1A, che codifica per un recettore cellulare detto adrenergico, già target di farmaci per la pressione. Ecco perché gli autori ritengono che altre varianti genomiche individuate nella nuova ricerca potrebbero diventare bersagli farmacologici per sviluppare nuove terapie.
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Cardiologi: “Ecg con Ai è salto in avanti, screening...
Lo studio sull'efficacia dell'uso di nuovi Ecg con intelligenza artificiale nel prevenire i decessi individuando pazienti ad alto rischio mortalità, "ci dice che non si deve avere paura e non si deve essere scettici rispetto all'uso dell'Ai nella pratica clinica. Questa ricerca e altre del genere forniscono una indicazione importante sul tema della prevenzione. Se un medico, grazie appunto all'Ai, riceve un alert su un paziente specifico può dedicargli più attenzione, si può identificare uno scompenso cardiaco, si possono usare farmaci antiaritmici in modo selettivo, ma anche individuare aritmie maligne. L'Ecg intelligente ci permette un salto in avanti con uno screening più approfondito rispetto a quello che si esegue di routine, riducendo anche i costi e l'inappropriatezza". Così all'Adnkronos Leonardo De Luca, vice presidente Anmco, l'Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri, e direttore della struttura complessa di Cardiologia del Policlinico San Matteo di Pavia.
Rispetto alle innovazioni, in Italia "c'è un problema culturale", avverte De Luca. "Secondo un nostro censimento di tutte le strutture cardiologiche pubbliche, convenzionate e private presenti in Italia - spiega - parliamo di 790 strutture, solo nel 20% sono presenti strumenti di telemedicina, teleconsulto e telerefertazione. Il Pnrr doveva intervenire proprio su queste settore e sull'ammodernamento del parco tecnologico".
Il balzo tecnologico, favorito anche dall'Ai, può essere un rischio nel far aumentare la richiesta di offerta sanitaria 'hi-tech'? "C'è il rischio, come c'è un rischio di esagerare con l'interpretazione dei dati che arrivano dai vari software oggi a disposizione - risponde il primario di Cardiologia - Questo studio dimostra che proprio l'Ai applicata a un esame importante e ormai consolidato come l'Ecg può ridurre la mortalità del paziente ospedalizzato, ma c'è da considerare anche l'effetto Hawthorne, che accade quando c'è una variazione del comportamento in presenza di qualcuno che ti osserva. Questo - chiarisce - potrebbe essere accaduto nello studio quando il medico, che sa di partecipare a un ricerca, è più attento ai dati e all'osservazione clinica del paziente. Magari è più sensibile all'alert dell'Ai e interviene istantaneamente. Ma al di là di questa considerazione, davvero ormai con intelligenze artificiali che passano in rassegna milioni di dati e immagini in pochissimo tempo, siamo in presenza di una rivoluzione nel campo della cardiologia, e non solo".