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Trump escluso da primarie in Colorado, ora la battaglia in...
Trump escluso da primarie in Colorado, ora la battaglia in Corte Suprema
La Corte dovrà valutare prima dell'inizio della corsa elettorale se è applicabile al candidato alla presidenza la sezione 3 del 14esimo emendamento
La sentenza della Corte Suprema del Colorado che ha decretato che Donald Trump è ineleggibile nello Stato per il ruolo avuto nell'insurrezione del 6 gennaio, avrà come effetto di portare dritto alla Corte Suprema i guai giudiziari dell'ex presidente. E lo farà anche in fretta dal momento che i sommi giudici del Colorado hanno sospeso l'applicazione della sentenza - che di fatto esclude Trump dalle primarie repubblicane del 5 marzo - fino al 4 gennaio, appunto per permettere il ricorso alla Corte Suprema.
Con una maggioranza nettamente conservatrice di 6 a tre, e tre giudici nominati da Trump, la Corte dovrà prima dell'inizio della corsa delle primarie valutare se è applicabile al candidato alla presidenza la sezione 3 del 14esimo emendamento, ratificato nel 1868 per assicurare i diritti civili degli schiavi liberati. La specifica sezione era stata articolata per impedire agli ex ufficiali confederati di ritornare al Congresso, decretando l'ineleggibilità di un funzionario pubblico e militare che ha partecipato ad un'insurrezione.
"I pericolo di un ritorno di Trump ad un incarico pubblico è esattamente quello previsto dagli estensori della sezione 3", ha dichiarato Ron Fein, direttore di Free Speech for People, una delle organizzazioni che hanno presentato in diversi stati americani ricorsi per 'buttare fuori" Trump dalla scheda elettorale.
Finora altre corti di livello inferiore, in Colorado ed altri stati, non avevano ritenuto applicabile al presidente questa sezione, ma ora con una decisione a maggioranza - 4 a 3 - la Corte Suprema dello stato, che ha sei giudici di nomina democratica, ha accolto il ricorso sull'ineleggibilità di Trump.
"Abbiamo concluso che le prove, una grande parte delle quale non contestate, hanno stabilito che il presidente Trump ha partecipato ad un'insurrezione", si legge nella sentenza che, assicurano i giudici, non è stata raggiunta "a cuor leggero: abbiamo presente la magnitudine e il peso delle questioni davanti a noi, siamo anche attenti al dovere solenne di applicare la legge, senza timori o favoritismi, e senza essere influenzati dalle reazioni pubbliche alle decisioni che la legge ci impone di prendere".
Una decisione che potrebbe influenzare altri stati dove sono attese le decisioni della Corte Suprema, come il Minnesota e il Michigan. Ma soprattutto portare ad un pronunciamento della Corte Suprema che John Elwood, un avvocato costituzionalista di Washington, considera una sentenza "unica in una generazione", forse la più importante dall'era del Watergate, ha detto a Nbcnews.
Corte Suprema ribalterà la sentenza?
L'aspettativa dei più è che la Corte a maggioranza repubblicana rovescerà la sentenza del Colorado o per l meno la sospenderà. Ma esperti giuristi sottolineano come alcuni suoi membri di fede repubblicana, che appartengono alla scuola 'originalista', cioè legata all'interpretazione letterale della carta costituzionale, si potrebbero trovare davanti ad un "dilemma", Ian Bassin, direttore di Protected Democracy.
"Così se la Corte dovesse applicare semplicemente la legge, allora la semplice lettura della legge richiederebbe la conferma della decisione del Colorado - aggiunge parlando con Politico - ma naturalmente la Corte non esiste nel vuoto, risponde alla politica e la realtà politica è che Donald Trump ha costruito un enorme seguito politico". Parole che suggeriscono la portata del terremoto politico, e della risposta nel Paese, che potrebbe arrivare da una conferma da parte della Corte Suprema della decisione del Colorado, conferma che avrebbe quindi un valore nazionale dell'ineleggibilità di Trump.
Non a caso tutti i rivali di Trump nelle primarie hanno velocemente condannato la decisione della Corte del Colorado. "Lo batterò sul campo non abbiamo bisogno che i giudici prendano queste decisioni, le prenderanno gli elettori", ha dichiarato Nikki Haley.
"La sinistra invoca la democrazia per giustificare il suo uso del potere anche se questo significa abusare di potere giudiziario per rimuovere un candidato dalla scheda", le ha fatto eco Ron DeSantis. Lo stesso Chris Christie, grande critico di Trump, ha difeso l'ex presidente affermando che "non si dovrebbe impedirgli di essere presidente con i tribunali, ma con i voti degli elettori".
Il più drastico di tutti è Vivek Ramaswamy che per protesta, e solidarietà con Trump, afferma di volersi ritirare dalle primarie del Colorado e esorta anche gli altri candidati repubblicani a farlo. "Se non lo fanno sosteranno questa manovra illegale che avrà conseguenze disastrose per il Paese", ha detto il miliardario candidato alla Casa Bianca.
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Pagati per dimagrire, il ‘metodo’ per...
Lo studio è stato condotto su tre gruppi di uomini
I soldi fanno i miracoli, anche contro l'obesità. E' quanto ha scoperto uno studio, condotto dall’Università scozzese di Stirling, da cui emerge che offrire incentivi finanziari è efficace nell’aiutare gli uomini a perdere peso.
“La ricerca ha dimostrato che offrire incentivi in denaro era un modo popolare ed efficace per aiutare gli uomini a perdere peso" ha detto il professor Pat Hoddinott dell’Unità di ricerca dell’Università di Stirling. "Questa iniziativa rappresenterebbe una soluzione a basso costo da offrire al servizio sanitario nazionale per agli uomini con problemi di obesità".
Lo studio
Sono stati 585 uomini con il problema dell'obesità che hanno preso parte alla ricerca. Tre gruppi, provenienti da Scozia, Inghilterra e Irlanda del Nord. Al primo gruppo sono state offerte 400 sterline pari a poco più di 466 euro se fossero riusciti a dimagrire, ai secondi solo messaggi di incoraggiamento e ai terzi nulla. L'obiettivo era perdere il 5% del proprio peso in tre mesi, il 10% in sei e mantenere per 12 mesi quello che avevano perso. La ricerca ha rilevato che dopo un anno gli uomini che ricevevano sia messaggi di testo che l’opportunità di ricevere denaro perdevano più peso.
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Chico Forti non è più in carcere a Miami, in Italia nelle...
Siglato l'accordo con il giudice federale per scontare il resto della pena nel nostro Paese
Chico Forti non è più detenuto in carcere a Miami e nelle prossime settimane è atteso il rientro in Italia del 65enne trentino, condannato all'ergastolo in Florida per l'omicidio di Dale Pike, avvenuto il 15 febbraio del 1998. L'autorizzazione al trasferimento era stata annunciata dalla premier Giorgia Meloni durante la sua visita a Washington il primo marzo scorso. Nella scheda di Forti del Florida Department of Correction, alla data di inizio custodia, il 7 luglio 2000, è stata aggiunta quella di ieri, indicata come data del rilascio.
Nelle ultime ore, infatti, a Miami si è tenuta l'udienza in cui Forti ha siglato l'accordo con il giudice federale statunitense per scontare il resto della pena in Italia, dove la corte d'Appello di Trento ha già convertito nelle scorse settimane la sentenza statunitense. È l'ultimo passaggio prima del rientro. Nel frattempo Forti è trattenuto dall'Immigration and Customs Enforcement. Secondo fonti a lui vicine, nel giro di due o tre settimane dovrebbe riuscire a essere trasferito in Italia.
Lo zio: "Forse l'incubo finisce davvero"
"Dopo quasi 25 anni passati sulla porta dell'abisso e dell'inferno, forse stavolta l'incubo finisce davvero", dice all'Adnkronos Gianni Forti, zio di Chico, commentando il trasferimento del nipote dal carcere statale di Miami dove è detenuto per omicidio.
"La situazione al momento è questa, Chico ha lasciato il carcere statale e adesso è in una struttura federale per l'immigrazione, sotto custodia e sempre a Miami. Adesso avrà corso la convenzione di Strasburgo e dovrà rientrare a quelle condizioni".
Antigone: "Bene trasferimento, stessa attenzione per altri detenuti"
"La pena non deve mai consistere in trattamenti contrari al senso di umanità: questo è inequivocabile alla luce del nostro articolo 27 della Costituzione, quindi il ritorno di Chico Forti in Italia consentirà fortunatamente per lui di riavere quelle relazioni affettive, quel rapporto col territorio, con la sua terra, con le persone care che sono parte dell'essenza della pena". Patrizio Gonnella, presidente dell'Associazione Antigone, commenta così all'Adnkronos il trasferimento in una struttura federale per l'immigrazione di Chico Forti, detenuto a Miami per omicidio.
"E' una notizia buona, così come speriamo siano altrettanto buone le notizie per tutti gli altri detenuti italiani all'estero che hanno interesse a rientrare da noi. Sono tantissimi - sottolinea - e ci auguriamo che su ognuno di loro ci sia la stessa attenzione istituzionale".
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Europee, Ilaria Salis spera in Strasburgo – Ascolta
Le elezioni europee dell’8-9 giugno potrebbero essere decisive non solo per il futuro dell’Ue, ma anche per quello di Ilaria Salis, l’insegnante originaria di Monza che è in carcere da un oltre un anno in Ungheria, accusata di avere aggredito degli estremisti di destra in occasione del Tag der Ehre, il Giorno dell’Onore.