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Intervista esclusiva ad Alessandra Masi: «Carrozze,...

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Intervista esclusiva ad Alessandra Masi: «Carrozze, cavalli, duchi… sono una romantica!»

Alessandra Masi, classe 1992, è una giovane e talentuosa attrice italiana nata a Massa di Somma, in provincia di Napoli. Alessandra è conosciuta principalmente per il suo ruolo di Chiara Petrone nella celebre soap opera “Un posto al sole”.

È attualmente impegnata in un progetto audace e personale: “La mia prima volta da sola“. Si tratta del primo monologo che segna una tappa importante nella sua carriera, dove Alessandra non è solo l’attrice protagonista ma indossa anche i cappelli di regista, autrice e produttrice, presentando una visione autenticamente sua.

L’ascesa artistica di Alessandra: dall’Accademia al palcoscenico londinese

Fin dall’adolescenza, Alessandra ha coltivato la passione per il teatro, salendo per la prima volta sul palco di un villaggio vacanze a soli 16 anni. Dopo essersi diplomata all’Accademia Internazionale di Teatro a Roma nel 2014, l’attrice ha trascorso un periodo di formazione a Londra frequentando un corso sulla tecnica Maisner, condotto da Trine Garrette, per poi tornare in Italia e dedicarsi al teatro e al cinema.

In questa fase ha continuato a studiare partecipando a seminari e laboratori come Analisi del testo e lavoro sensoriale di Michael Margotta e Osservatorio Mantica a cura di Chiara Guidi.

Chiara Petrone: il ruolo nella celebre soap opera ‘Un posto al sole'”

Nel 2015, Alessandra è entrata a far parte del cast di “Un posto al sole”, la popolare soap opera italiana, in onda dal 1996 su Rai 3, dove interpreta Chiara Petrone. Ambientata nella città di Napoli, la serie si concentra sulle vicende di un gruppo di personaggi che vivono e lavorano nel complesso residenziale di Palazzo Palladini. La trama si sviluppa intorno alle loro storie d’amore, conflitti familiari, amicizie, ambizioni professionali e questioni sociali, offrendo un ritratto realistico della vita quotidiana e delle dinamiche relazionali tra i personaggi.

Alessandra Masi ha partecipato anche al cortometraggio drammatico “Partenze” (2018), diretto da Nicolas Morganti Patrignani e a teatro ha lavorato con Eduardo Ricciardelli in BrigantesseBrigantesse narra la storia dei contadini e dei popolani meridionali che si ribellano all’oppressione organizzando bande armate per scacciare l’esercito piemontese. Alessandra è una delle quattro attrici che raccontano le vicissitudini di una vita dedita alla clandestinità, insieme ad Antonio Lubrano, Susy Pariante, Clara Morlino e Apollonia Bellino. Il dramma è un’opera a metà fra il melodramma e il teatro-canzone, dove la musica folk e la lingua napoletana coinvolgono il pubblico.

Il teatro dei burattini e l’arte itinerante

Ha lavorato anche come Burattinaia presso il Teatro San Carlino, Roma. Con Luigi Morra recita nello spettacolo itinerante Fuoco e nel 2019 entra nel cast del progetto Negri, spettacolo per bianchi, un cantiere itinerante e sperimentale che si sviluppa adattandosi ad ogni tappa, e arricchendosi di volta in volta di fatti legati al tema a seconda delle location.

Sebbene risieda attualmente a Roma, dove collabora con un’associazione culturale che organizza reading teatrali, Alessandra è legatissima alla sua città natale, Napoli. Siete pronti ad immergervi nel mondo di Alessandra? Abbiamo avuto il piacere di incontrarla in esclusiva e siamo entusiasti di condividere con voi questa emozionante intervista!

Alessandra, com’è stata la tua prima esperienza su un palcoscenico?

“La mia prima esperienza sul palco è stata intorno ai 16 anni, in un villaggio turistico nel Cilento. Facevamo serata cabaret con tanti schech divertenti, molto trash anche, e ricordo una energia fortissima e tante risate; facevo anche musical, ricordo il re Leone, Jesus CHrist Super star, blues brothers. Mi sono divertita tanto, pensavo poco, ero molto più istinto.”

Hai dato vita al personaggio di Chiara Petrone in “Un posto al sole”: cosa ti è piaciuto di lei e quali sono state le maggiori sfide nel portarlo sullo schermo? Quali sono le differenza tra di voi?

“Chiara è un pezzo del mio cuore. La cosa che mi è piaciuta di più di lei è la stessa cosa che ha fatto si che fosse una sfida portare sullo schermo quelle emozioni, ovvero la sua grande fragilità e vulnerabilità. La prima grande differenza tra noi due è che Chiara è una ricca ereditiera, io no. E sono anche meno snob. Forse ahahah.”

Puoi spiegare ai nostri lettori come “La mia prima volta da sola”, il tuo primo monologo, affronta le complesse dinamiche del rapporto padre-figlia e il suo impatto sulla crescita e la consapevolezza personale?

“‘La mia prima volta da sola’ vuole raccontare un rapporto tra una figlia e un padre, che da unico, diventa universale. Un rapporto che porta con sé, come tutti i rapporti, ricordi di momenti belli e di momenti meno belli. Al centro c’è la crescita, la consapevolezza e il perdono di una donna verso ciò che è stato. Per la prima volta da sola, una donna al centro della scena si mette a nudo e, contestualmente, fuori dalla scena, per la prima volta da sola, Alessandra è attrice, regista, autrice e produttrice.”

Come ti prepari per un ruolo? Hai qualche particolare metodo o routine di studio del personaggio?

“Leggo e rileggo tutta la scena , il copione , il testo, e ogni volta trovo un dettaglio in più, prezioso al fine della messa in scena. Cerco delle assonanze con me e con le persone che incontro in giro , rifletto, ne parlo, eh si perché parlarne per me è fondamentale , quando i punti di vista si incontrano ed esci da una visione che è solo tua è importante e quindi hai molte più possibilità di lettura.”

C’è un genere cinematografico o teatrale in cui ti senti particolarmente a tuo agio o che vorresti esplorare maggiormente?

“Mi piacerebbe da sempre girare un film in costume. Ambientato nell’800. Carrozze, cavalli, duchi, conti, contesse, ventagli, duelli, amori nascosti, corpetti… eh si, sono una romantica!”

Se non fossi diventata un’attrice, quale altra professione avresti intrapreso?

“Sicuramente avrei scelto un lavoro che mi avrebbe permesso di essere sempre in giro per il mondo. Probabilmente sarei una Hotel tester!”

Qual è stato il momento più emozionante della tua carriera fino ad ora?

“Il momento in cui ho finito di fare il mio monologo per la prima volta. Ho scritto un testo mio che si chiama “LA MIA PRIMA VOLTA DA SOLA” . Mi sono molto emozionata, ho pensato a come sia bello lavorare con un qualcosa creato da te; tutto questo ha un so che di sacro, come una creatura tua che prende vita e viene messa a servizio del pubblico e del teatro; ha a che fare con te, con la tua storia, con un mondo interiore tuo, anche intimo, che diventa in qualche maniera universale.”

Oltre alla recitazione, quali sono le tue passioni e interessi nella vita privata?

“Mi piace molto ballare, uscire con i miei amici che sono la mia famiglia; andare a fare passeggiate in montagna ,andare a cavallo. Adoro il mare e fare snorkeling… Inoltre sono anche molto pigra, quindi trascorro volentieri del tempo a casa, in totale relax, per godermi un libro o un film.”

Come è il tuo legame con la città di Napoli? C’è qualche luogo particolare in cui ti piace tornare ogni volta che ne hai l’opportunità?

“Napoli è energetica, bomba ad orologeria, folle, esagerata, incasinata, e sicuramente viva. Non posso mai mancare da Di Matteo a prendere la frittatina di pasta. Mai!”

Cosa ti aspetti per il tuo futuro professionale?

“Di continuare a fare cose per il quale mi batte il cuore e sono felice. Semplice. ❤️”

© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.

Animato da un’indomabile passione per il giornalismo, Junior ha trasceso il semplice ruolo di giornalista per intraprendere l’avventura di fondare la sua propria testata, Sbircia la Notizia Magazine, nel 2020. Oltre ad essere l’editore, riveste anche il ruolo cruciale di direttore responsabile, incarnando una visione editoriale innovativa e guidando una squadra di talenti verso il vertice del giornalismo. La sua capacità di indirizzare il dibattito pubblico e di influenzare l’opinione è un testamento alla sua leadership e al suo acume nel campo dei media.

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Intervista esclusiva a Mariù Adamo, al timone su Tele A di...

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“L’intervista deve insegnarmi e lasciarmi qualcosa. Ciascuna delle interviste che ho condotto nel corso della mia carriera e le esperienze di vita degli ospiti che ho incontrato mi hanno permesso di arrivare dove sono oggi, nel programma che ho ideato.”

Sono queste le parole pronunciate dalla giornalista Mariù Adamo, al timone su Tele A di “Casa Mariù”, format mattutino da lei stessa ideato e condotto. Dopo tanti anni di esperienza alla guida di programmi di intrattenimento e sportivi, la Adamo ha vinto anche questa nuova sfida realizzando in prima persona questo progetto televisivo, che è seguitissimo.

Ma Mariù non ha certo l’intenzione di fermarsi qui: nel suo nuovo ruolo di autrice ha già in mente di guidare la sua squadra di professionisti alla realizzazione di tante nuove trasmissioni. Ma facciamocelo raccontare da lei.

A cura di Roberto Mallò

Ciao Mariù. Partiamo da Casa Mariù, il nuovo programma che ti vede alla conduzione ma non solo…

“Sì, “Casa Mariù” è il nuovo programma che conduco dal mese di dicembre su Tele A e che mi vede anche ideatrice e autrice. È un “contenitore”, all’interno del quale il pubblico può trovare tante opportunità di approfondimento, che spaziano dagli argomenti più leggeri alle tematiche scientifiche fino ai temi di attualità, talvolta anche particolarmente delicati. È un format che mi consente di elaborare continuamente nuove idee, alle quali lavoriamo continuamente per migliorare la nostra offerta televisiva al pubblico che ci segue. Aspettatevi sempre grandi sorprese.

Quali sono le rubriche a cui tieni di più?

“È una domanda difficile a cui rispondere: è come se mi chiedessi a quale dei tuoi figli vuoi più bene. Sicuramente una delle rubriche a cui tengo di più è “Il coraggio di essere donna”, nel corso della quale, ogni venerdì, ospito una donna in grado di fornirci una testimonianza forte e originata da una sua esperienza di vita, spesso dolorosa e a volte tragica. Donne che si sono mosse in vari settori: da quello del giornalismo al sociale, passando per il mondo dello sport e della cultura. Donne che hanno avuto il coraggio di attuare un cambiamento nella loro vita, senza se e senza ma, affrontando rischi che ci fanno capire quanto sia sbagliato fermarsi agli stereotipi. Intervistare donne come Filomena Lamberti, Daniela Di Maggio, Maria Teresa Giglio, Luciana Esposito, Alessandra Vitale, Angela Procida, Trisha Palma, Alessandra Cuevas, Daniela Lourdes Falanga, Rossana Pasquino, Stefania Zambano, mi hanno consentito di vivere un’esperienza che è andata oltre la “semplice” intervista e che mi porterò nel cuore per tutta la vita”.

Complimenti Mariù. Parlaci di un’altra.

“Al momento sta andando davvero forte la rubrica del Food, perché chiudo sempre la puntata con il mondo dei grandi chef, maestri chef o pizzaioli dal respiro nazionale. Personaggi che, mentre si raccontano, preparano una ricetta. Questo è un momento molto atteso dal pubblico che ci segue. La tradizione gastronomica napoletana, e dell’Italia tutta, è sempre una vera sicurezza in termini di interesse da parte del pubblico di ogni età ed estrazione”.

Abbiamo parlato di Mariù conduttrice e ora anche autrice. Ma c’è anche una Mariù donna, mamma e moglie. Come concili i tuoi impegni quotidiani con quelli professionali e quanto della tua persona possiamo ritrovare nei contenuti della tua trasmissione?

“Si, è un impegno che richiede veramente tanto sacrificio e dedizione, ma lo faccio con la stessa passione che mi guida nella mia vita familiare. Ed è anche per questo che amo mettere al centro del programma “le storie”. Intendo quelle storie che possano destare l’interesse e la curiosità del pubblico, coinvolgendo il telespettatore al punto di riconoscersi o immedesimarsi in esse e poterne trarre un insegnamento. Storie con le quali trovare dei semi di speranza per riuscire a cambiare la propria vita o a riflettere su di essa. Insomma, mi piace parlare di quello che ad ognuno di noi può accadere. Tutti passiamo infatti attraverso le stesse problematiche, prima o dopo. Parlarne, sensibilizzare e dialogare, secondo me, può essere di grande importanza per il pubblico, che si sente vicino alla storia. Non a caso, ci sono tanti argomenti che ci uniscono, come il mondo delle tendenze o quello della salute. Personalmente, cerco di trattare tutte queste tematiche in una chiave un po’ diversa, un po’ più intima. Cerco di parlarne come se fossi a casa. Ed è da qui che deriva il nome del programma. “Casa Mariù”: è la casa di tutti, dove tutti si devono sentire a proprio agio e possono riconoscersi nelle storie che raccontiamo, con l’amore tipico di chi vive in ambiente familiare, nel quale tende sempre a ritornare perché si sente amato. Amore e casa, dal mio punto di vista, sono parole che navigano di pari passo”.

Un programma dove metti in scena tutta la tua personalità. Forse è anche in questo che Casa Mariù si distingue dagli altri programmi?

“Sì. Utilizzo un tono garbato e familiare, senza etichette e giudizi. Non mi piace, infatti, giudicare quello che si è raccontato. Il mio intento è quello di informare il pubblico, con un tono che possa unire le persone piuttosto che dividerle. Stiamo vivendo un’epoca storica dove, ormai, l’individualismo è il mood di tutti. Penso però che, se qualcuno di noi tende la mano, le persone pian piano si avvicinano. Ed è così che si abbatte quel muro di cristallo, quella parete che i social hanno contribuito a far sorgere. Con Casa Mariù cerco di dare la possibilità alle persone di ascoltare, di riconoscersi e di maturare una riflessione rispetto agli argomenti che trattiamo. Per esempio, anche quando parliamo di sesso nella rubrica dei sentimenti lo faccio con un tono elegante. E mi affianco a chi può trattarlo con una competenza specifica, come il professor Maurizio Bossi, che ha partecipato a diverse trasmissioni. Una rubrica con cui cerchiamo di educare ai sentimenti, considerando anche i tanti episodi di violenza verso le donne che popolano la cronaca. Ci chiediamo che cosa ci sia di sbagliato: forse bisognerebbe parlare di sesso e di sentimenti in maniera diversa, utilizzando le parole giuste? Ed è qui che, per trovare queste parole giuste, interviene l’esperto di settore. Raccontiamo il bello e il brutto del nostro territorio, in una chiave sempre positiva e propositiva”.

Quando è nato il tuo amore per il mondo dello spettacolo e per quello dell’informazione, che ha sempre avuto spazio nei tuoi programmi?

“Amo l’arte, che sia musica o teatro, a 360° e la conduzione mi permette di abbracciare un po’ tutte le sue forme. E poi sono di Napoli, città che mi ha sempre attratto per la sua storia, per la sua cultura, per i suoi magnifici paesaggi. Perché, fondamentalmente, Napoli è sempre stata protagonista nel mondo dell’arte. Da che ho memoria sono appassionata di arte. E nel mondo dello spettacolo ci vivo da sempre. Sono laureata in Lettere Classiche alla Federico II di Napoli, ma ho anche un diploma di danza classica. Sono stata in tournee con Maurisa Laurito come ballerina, ma ho avuto anche esperienze di attrice e di speaker radiofonica. Ho vissuto il mondo dell’arte a 360°. E in televisione avevo voglia di raccontare il bello che accadeva nella mia città. Mi arrabbiavo perché Napoli veniva spesso etichettata in maniera negativa, soffrendo per quanto di buono della città non riusciva ad emergere. E’ vero che ha le sue criticità, ma pure tanto di bello da raccontare. Napoli è un Giano bifronte, luci ed ombre. Da innamorata della mia città, ho incominciato a portare alla luce le sue storie belle, in tv ma anche in radio, intrise di arte e teatro. E ho voluto farlo in una chiave solare e positiva, senza mai nascondere ciò che la realtà racconta, ma valorizzando tutti gli aspetti positivi. Perché così possono emergere delle cose veramente belle. E da lì ho deciso di portare avanti un’informazione, una narrazione un po’ diversa su Napoli. E ci ho messo la faccia in prima persona: sono orgogliosa di essere napoletana e mi auguro di esserne diventata una buona testimone, insieme ai miei intervistati e al mio pubblico. Da lì mi sono affacciata al mondo del giornalismo e sto continuando a crescere in questo settore. Ho intenzione, anche in questo caso, di sviluppare un’informazione su diversi ambiti”.

Mi ha raccontato della sua passione per la recitazione. Se capitasse un’occasione tornerebbe in teatro?

“Certo. Prenderei in considerazione di tornare a teatro per portare in scena una tematica sociale, che possa ad esempio mettere al centro le donne. Voglio infatti che anche il teatro sia uno strumento di messaggio, di cambiamento. Per me, il teatro è quella scatola magica dove avviene qualsiasi tipo di magia. È il luogo ideale per portare il pubblico a riflettere e per smuovere le coscienze. Chissà se la prossima intervista me la farai proprio sul palcoscenico…”.

Casa Mariù è in diretta il lunedì, mercoledì e venerdì dalle 11:00 alle 12:30 e in diretta streaming sul sito e sui canali social Facebook, Instagram.

La replica, il martedì ed il giovedì alle 6:30 e l’edizione della domenica dalle 10:45.

“Casa Mariù” è presente sul canale YouTube dove è possibile rivedere tutte le interviste con la playlist dedicata alle singole rubriche.

Il programma è prodotto da Goeldlin Production ed è offerto dalla Goeldlin srl.

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Interviste

Intervista esclusiva a Anthony Peth, il padrone di casa di...

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Ritorno in tv per Anthony Peth, padrone di casa dal 25 aprile di Vip4Padel, il nuovo talent show di Sportitalia in onda, ogni giovedì sera, alle 20.30. Assente dagli schermi da circa un anno, durante il quale si è dedicato alla stesura della sua biografia, il conduttore sardo è pronto a prendere il timone del suo primo programma sportivo, nato da un’idea di Fabio Lauricella e con la regia di Mario Maellaro. Un’esperienza del tutto nuova, della quale ci ha parlato in questa intervista, dove ci ha svelato un altro suo prossimo progetto.

A cura di Roberto Mallò

Anthony, parliamo di Vip4Padel, il programma che attualmente la rivede nelle vesti di conduttore. Di che cosa si tratta?

Vip4Padel è il primo talent sportivo che andrà in onda in tv, in prima serata su Sportitalia. E’ un vero e proprio campionato sportivo di padel, che è lo sport del momento, come ben sappiamo. Dopo la pandemia c’è stata davvero l’esplosione di questa disciplina, che ormai appassiona diverse persone. E il programma televisivo che abbiamo messo in scena vuole essere, appunto, un momento di spensieratezza per chi ci segue da casa”. 

Com’è strutturato?

“In ogni puntata ci sono due personaggi famosi che si sfidano l’un l’altro. Ciascuna partita di padel prevede però che ci siano due componenti per squadra; quindi, ogni vip è affiancato da un suo fan. Abbiamo scelto personaggi, in accordo con la produzione, che appartengono al mondo dello spettacolo e della televisione, alcuni dei quali hanno deciso di cimentarsi per la prima volta in questo sport. Per citarne uno la ‘iena’ Filippo Roma. Pensava che sarebbe stato del tutto impacciato, ma alla fine ha scoperto la sua passione per il padel. Ci sono poi Garrison Rochelle, Amedeo Goria, Milena Miconi, Matilde Brandi, dalla radio Lucilla Agosti e Sabrina Bambi di R101, il comico di Zelig Fabio Di Dario, passando per tanti altri personaggi che sveleremo nel corso delle varie settimane”.

Un cast scelto accuratamente, immagino…

“Assolutamente sì. Si voleva dare un impatto televisivo con un’idea nuova e vincente che portasse in scena tutte le professioni artistiche: dalla danza al canto, fino ad arrivare al giornalismo. Volevamo aprirci a diversi tipi di pubblico, facendo in modo che tutti potessero seguire i loro beniamini”.

Si tratta però di un vero e proprio torneo sportivo, giusto?

“Certo, al termine del campionato olimpionico, che prevede le tre finali e la finalissima, ci sarà l’elezione della squadra vincitrice di questa prima edizione. Non avremo uno studio, ma saremo dentro un campo di padel vicino a Bergamo. Il format è stato, infatti,girato interamente presso l’Academy Manenti & Malgaroli e patrocinato dal Comune di Brusaporto e dal Comitato Italiano Fair Play”.

Arriviamo a lei. Perché è stato scelto come conduttore?

“La scelta è arrivata subito dopo la decisione di lasciare, dopo diversi anni, la conduzione di Chef in Campo. Sento sempre la necessità di cambiare, dopo aver portato avanti i programmi per diverse stagioni. In precedenza, avevo fatto lo stesso con Gustibus, in onda su La7. Non so se agisco così un po’ per incoscienza, che fa parte del mio carattere, o per la voglia di fare un salto nel buio. Tuttavia, anche per quanto riguarda Chef in Campo ho mollato una trasmissione certa, senza sapere che cosa mi avrebbe riservato il futuro. E proprio in seguito all’annuncio del mio addio, è arrivata la proposta di Vip4Padel. Con la N&M Management, la casa di produzione di Mariaraffaella Napolitano,avevo già condotto su La5 il programma Trend, affiancato da Silvana Giacobini, e sono stato contattato per sapere se me ne intendessi o meno di padel. Ho voluto essere sincero e ho ammesso di conoscerlo poco. Con un po’ di ironia e diverse battute che ho lanciato in quella telefonata, la sincerità mi ha premiato. Non a caso, mi hanno detto: ‘Guarda, se tu lo presenti con questa ironia è perfetto. Vogliamo che ci sia anche quella, per fare un programma leggero e frizzante’. E infatti così è successo…

Ah sì? Quindi è un programma dove si sorride?

“Posso anticiparle che nel campo mi succede un po’ di tutto. Non riesco a lanciare bene la racchetta, le palline mi arrivano addosso. Sono sicuro che vi divertirete, perché mi identifico nella ‘macchietta’ di Vip4Padel, anche se alla fine sono il conduttore. Non metto mai da parte il fatto che si tratta comunque di un concorso sportivo vero e proprio. Ci saranno due vincitori assoluti e il ‘senso di ironia’ non metterà mai da parte la professionalità e il rigore della gara stessa. Tutti gli artisti che hanno partecipato alle registrazioni sono andati via contenti; mi hanno riempito di messaggi mentre tornavano nelle loro case per dirmi che si erano divertiti. Tutti mi hanno ringraziato per questa possibilità che ho dato loro”.

Ha ammesso che non conosceva il padel, prima di arrivare alla conduzione del talent. Adesso si sente un po’ più preparato?

“Si, è stata la giusta occasione per immergermi in quel mondo. Tra l’altro, non avevo mai fatto nemmeno la conduzione di un programma sportivo. All’interno di Vip4Padel ci sarà tanta telecronaca e cambierà il mio modo di presentare: al di là dell’ironia, che ha sempre fatto parte di me, non farò sentire il mio accento sardo, mio tratto distintivo, perché si tratta di un programma sportivo che ha bisogno di una certa dialettica, di dizione. Tecnica che ho studiato seriamente, ma che nelle mie trasmissioni precedenti non avevo avuto ancora modo di sperimentare”. 

E’ curioso dei feedback che riceverà dal pubblico riguardo questa sua nuova avventura?

“Sì. Come ho già detto, è la prima volta in assoluto che presento un programma sportivo. Ho sempre condotto programmi di cucina, seppur diversi l’uno dall’altro e in tante reti televisive nazionali, e mi sono creato una zona di comfort. Sono quindi curioso di sapere come il pubblico reagirà, sia per ciò che concerne gli ascolti, sia per leggere i feedback e le eventualicritiche, che non mancano mai. A volte vieni criticato anche senza che ti diano modo di dimostrare ciò che sai fare, ma fa parte del gioco. E sono pronto anche a questo”.

Dunque, data la nuova esperienza positiva, non ha nessun rimpianto ad aver lasciato Chef in Campo?

“No, perché è nata un’altra opportunità entusiasmante. Inizialmente, quando ho dato le mie dimissioni da Chef in Campo, la squadra di autori non mi ha preso molto sul serio. Quando hanno capito che non stavo scherzando, mi hanno chiesto come mai volessi lasciare la trasmissione. Anche in quel caso, sono stato sincero: ho detto loro che, dopo tante puntate, non avevo più stimoli nel ripetere sempre le stesse cose. E così, lavorando insieme, abbiamo scelto di metterci in moto per una sorta di spin off di Chef in Campo, incentrato sul mondo dei dolci, che si intitola appunto Dolci in Campo. La messa in onda, al momento, è prevista per la prima serata, sempre su AlmaTv, in uno studio nuovo e innovato. I personaggi famosi del mondo dello spettacolo saranno chiamati a cimentarsi nella preparazione del dolce dell’infanzia, che darà loro l’occasione di raccontarsi, proprio come avveniva nel programma madre con la ricetta del cuore. Scopriremo così aneddoti dal passato di tutti gli artisti che seguiamo in tv. E ci saranno ancora l’esperto di vini Matteo Carreri , la cake creator Manuela Romiti e Terry Alaimo, che farà l’oroscopo dei dolci. E Vittorio Cesarini, dal centro di Roma al  Colosseo, preparerà per ogni personaggio un aperitivo. Un percorso nuovo, attraverso i sentieri del gusto, che affronto piacevolmente, anche perché adoro i dolci”.

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Riflessi artistici: il percorso luminoso di Lorenzo Balducci

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A cura di Pierluigi Panciroli

Lorenzo Balducci inizia il suo viaggio nell’arte all’età di quattordici anni immergendosi negli studi di recitazione. Il palcoscenico diventa la sua casa nel 2001, quando, in perfetta armonia con l’attrice Myriam Catania, emerge come protagonista nella raffinata opera teatrale “Romeo e Giulietta” di Claudio Boccaccini. Tuttavia è sul grande schermo che la sua presenza si consolida, facendo il suo debutto con il film “I cavalieri che fecero l’impresa” (2001) diretto da Pupi Avati, seguito da “Il cuore altrove” (2003).

La sua carriera si snoda tra gli schermi del cinema e della televisione, con incursioni nel mondo della musica nel 2002 quando appare nel video musicale della canzone “Telecomando” di Matteo Bassi. Le serie televisive come “Giorni da Leone” (2002), “Il Papa buono” (2003) e “48 ore” (2006) mettono in risalto il suo talento sotto la guida di registi del calibro di Francesco Barilli e Ricky Tognazzi.

Il mondo del cinema celebra la sua espressione artistica attraverso una vasta selezione di pellicole, incluse opere come “Ma che colpa abbiamo noi” (2003), “Tre metri sopra il cielo” (2004) e “Gas” (2005). Nel 2007, si distingue per una stagione cinematografica ricca di titoli come “Last Minute Marocco,” “I testimoni,” e “Il sole nero.” Il 2009 segna il ritorno di Balducci sul grande schermo con tre film che evidenziano la sua ecletticità artistica.

Il suo percorso in “Due vite per caso”, “Io, Don Giovanni” e “Ce n’è per tutti” lo mette in mostra, come interprete di primaria importanza.

Oltre alle sue gesta cinematografiche, Lorenzo si immerge nelle acque internazionali, dando vita a opere come “31 días” (girato in Messico) e “Stella cadente – Estel fugaç” (film in costume spagnolo). La sua incursione nella regia si materializza nel 2022, con il videoclip del singolo “Per dirsi mai” della violinista elettro-pop H.E.R.

Il suo impegno sul fronte LGBTQ+ emerge con chiarezza. Il 2012 segna il suo coming out durante un’intervista a Il Venerdì di Repubblica, e da allora, Lorenzo diventa un assertivo sostenitore dei diritti gay. Nel 2015 appare come giudice al Torino Gay & Lesbian Film Festival, unendo la sua voce a un coro di cambiamento. Nel 2023, la sua partecipazione ai Florence Queer Festival è ulteriore testimonianza del suo costante impegno nel sostegno della comunità LGBTQ+.

La sua carriera continua a brillare, spaziando dalla televisione con serie come “Solo per amore” (2015) e “Medici: Masters of Florence” (2016), all’internazionalità cinematografica con “In Search of Fellini” (2017). Nel 2024, mentre naviga nelle acque della terza stagione di “Doc – Nelle tue mani,” ha iniziato in marzo a portare in scena il suo nuovo spettacolo di stand-up comedy, “E.G.O. – L’Arte della felicità.”

La vita di Lorenzo Balducci è una narrazione di successi artistici e impegno sociale, unendo il suo talento alle sfide della sua epoca.

Qual è stata la tua prima esperienza nell’arte e come hai deciso di intraprendere la recitazione?

La mia prima esperienza nel mondo dell’arte è stata un corso di recitazione che ho fatto a 14 anni, per tre anni. Da bambino giocavo spesso da solo o con amici inventando storie, interpretando personaggi di mondi fantastici, realizzando video con la telecamera dei miei genitori. Sentivo che volevo esprimermi attraverso la recitazione, malgrado la mia timidezza. Spesso le storie che raccontavo rappresentavano un universo fantasy, l’arte era pura fantasia ai miei occhi. A 14 anni sapevo di voler diventare un attore e mia madre mi ha consigliato di frequentare un laboratorio teatrale. Era l’inizio di tutto. Lì ebbi la conferma: recitare mi rendeva felice.

Puoi raccontarci la tua esperienza nel debutto teatrale con “Romeo e Giulietta” nel 2001 e come ha influenzato la tua carriera? 

È stato il mio primo vero lavoro teatrale, ho un bellissimo ricordo del lavoro fatto con Claudio e Miriam, avevo 19 anni e mi sembrava di vivere un’esperienza più grande di me, come se non fossi all’altezza. Ma è stato bellissimo, ricordo che provavo un forte affetto verso tutto il cast, li consideravo una famiglia in quel momento, mi sentivo protetto. Partecipare a quel progetto mi ha fatto sentire più adulto per la prima volta.

Come è stato il tuo debutto cinematografico con “I cavalieri che fecero l’impresa” nel 2001, e come hai affrontato questa transizione dal teatro al grande schermo?

È stata un’esperienza molto breve, un giorno di set, ero totalmente affascinato dalla “macchina” del cinema. Vedere come funzionava un set, ammirare Pupi Avati all’opera, ero terrorizzato, felice, era quello che avevo sempre desiderato, io volevo fare cinema, lavorare davanti alla macchina da presa. La transizione da teatro a cinema è solo questione di tecnica, l’essenza del lavoro di ricerca della verità rimane la stessa.

Hai lavorato con registi rinomati come Carlo verdone, Alessandro Aronadio, e Gianluca Maria Tavarelli. Qual è stata la tua esperienza lavorando con queste figure di spicco?  

Sono registi che ammiro e che hanno segnato il mio percorso. Alessandro Aronadio è anche un amico e interpretare il protagonista della sua opera prima è stata un’esperienza unica, che ripeterei mille volte. Lavorare con Verdone un vero onore, vederlo in azione come regista è meraviglioso, ero affascinato dalla sua serietà e precisione assoluta in tutto quello che faceva. Tavarelli è un grandissimo regista, simpaticissimo, e mi ha diretto in uno dei progetti a cui sono più legato, “Le cose che restano”. Non dimenticherò mai quel set, quel personaggio, quella troupe.

Tra le numerose pellicole in cui hai recitato, c’è un film o una serie TV che ritieni abbia avuto un impatto particolare sulla tua crescita artistica?

Se dovessi scegliere tra le più importanti direi “Gas”, l’opera prima di Luciano Melchionna, che è stato il mio primo film da protagonista. Avevo 21 anni e affrontavo un personaggio fortemente drammatico, al centro di una vera e propria tragedia. Sentivo di essere davvero grato per l’esperienza di lavoro che stavo vivendo, era la mia prima vera completa esperienza artistica, esattamente come la desideravo. Luciano Melchionna, con cui poi ho lavorato in seguito a teatro, è stato bravissimo nel dirigere tutti noi attori del cast. Si era formata di nuovo una grande famiglia.

Come hai affrontato il ritorno sul grande schermo nel 2009 con tre film e quali sfide hai dovuto superare in questo periodo della tua carriera? 

Quello è stato probabilmente l’anno più intenso dal punto di vista lavorativo. Tre progetti che ho amato, tre personaggi a cui sono molto affezionati, tre storie drammatiche. Essendo una persona tendenzialmente iperattiva mi piace l’idea di dovermi districare tra mille impegni. È stato un periodo molto bello, forse l’apice di una prima parte della mia carriera. Le difficoltà, gli ostacoli, li ho vissuti più in seguito, scoprendo però un’altra parte di me, come persona e come artista. Dal 2012, per 8 anni, ho lavorato spessissimo come cameriere, mentre continuavo a fare l’attore, ma con meno frequenza. È stata l’esperienza più formativa della mia vita.

Hai sperimentato l’ambito internazionale con opere come “31 días” e “Stella cadente – Estel fugaç”. Qual è stata la tua prospettiva e sfida nell’approcciarti a progetti internazionali?

Viaggiare lavorando è il sogno più grande. Io amo la Spagna, amo la lingua spagnola. Recitare in spagnolo per me è stato un sogno, conoscere Carlos Saura sul set di “Io, Don Giovanni” mi ha insegnato tantissimo. Il set di Stella Cadente è stato meraviglioso, recitavo in castigliano mentre quasi tutto il cast recitava in catalano. “31 Dìas “è stato girato in Messico. Lavorare immerso nella cultura messicana è stato un sogno. Il film era una commedia romantica dallo stile americano, sentivo che quando sei all’estero il tuo corpo e la tua mente ti chiedono di più, perché desideri essere all’altezza della situazione, e questo mi regala una dose di energia maggiore nel lavoro.

Il tuo impegno nel supporto della comunità LGBTQ+ è evidente. Come ha influenzato la tua carriera e quali sono le sfide che hai affrontato nel diventare un assertivo sostenitore dei diritti gay?

Ha sicuramente influenzato la mia vita perché da quando ho fatto coming out pubblicamente mi sono sentito libero, trasparente, senza filtri, e questo ha aiutato il mio lavoro, le mie scelte lavorative, ma soprattutto la mia vita. Mi sono sempre sentito un sostenitore della mia comunità, penso che sia fondamentale metterci la faccia, ognuno a modo suo, ma non tirarsi indietro, e continuare ogni singolo giorno quello che si celebra e manifesta durante il Gay Pride.

Come hai affrontato la terza stagione di “Doc – Nelle tue mani” e cosa possiamo aspettarci dal tuo nuovo spettacolo di stand-up comedy, “E.G.O. – L’Arte della felicità”? 

Il set di Doc è stata un’esperienza breve ma molto intensa. Non è facilissimo entrare in un contesto così collaudato da anni e cercare di dare il meglio delle proprie possibilità nell’arco di pochissimo tempo. Ho molto amato il lavoro dinamico della regia. Hai l’impressione di essere su una montagna russa che non si ferma mai, è davvero stimolante. Ed è sicuramente emozionante ritrovarsi circondato da un cast stellare, ho davvero un bel ricordo. Per quanto riguarda E.G.O., abbiamo debuttato il primo Marzo a Modena per poi proseguire tra Nord e Sud. E’il terzo progetto teatrale a cui partecipo con Mariano Lamberti e Riccardo Pechini che sono gli autori del testo. Questa volta il tema è la morte, in chiave comica, ma soprattutto tutte quelle cose si fanno in vita per esorcizzarla. È un monologo spietato, divertente, che offre diversi spunti di riflessione.

Come bilanci il successo artistico con il tuo impegno sociale? Quali sono le tue aspirazioni future nella tua carriera e nell’attivismo? 

Per me l’unica forma di successo è la fortuna di poter fare nella vita ciò che si ama. Oggi ho la fortuna di vivere la vita che desidero nel campo artistico. Desidero poter scrivere per il teatro, perché non l’ho mai fatto prima. Mi piacerebbe portare i personaggi a cui do vita sui social, su un palcoscenico. Per quanto riguarda l’attivismo, non mi sono mai sentito veramente un attivista, ma come dicevamo prima un sostenitore della comunità LGBTQIA+, e lo sarò sempre.

La tua presenza nei social è molto attiva. Come gestisci il bilanciamento tra la tua vita online e offline?

Sicuramente l’uso dei social crea dipendenza, chi più chi meno. Se poi i social diventano il tuo lavoro il rischio di quella dipendenza diventa maggiore. Di base uso i social per raccontare il mondo di personaggi surreali, quella è la mia priorità, la vita privata è poco presente sul mio Instagram. Lo preferisco. Mi è capitato di condividere momenti della mia vita sui social o attraverso delle interviste, ma sono delle scelte precise, che nascono dal piacere o il bisogno di condividere qualcosa di personale.

Quali sono i tuoi obiettivi e le tue motivazioni sul fatto di interagire sulle piattaforme social? Qual è il messaggio principale che vuoi trasmettere? 

L’obiettivo principale è sprigionare la mia creatività, poter raccontare il mio mondo a modo mio, senza alcun compromesso. Questa è una grande libertà, essere coerenti con la propria cifra artistica. Non c’è un messaggio preciso che voglio trasmettere, non amo i messaggi in realtà. Preferisco le suggestioni, gli spunti di riflessione, o più semplicemente scioccare il pubblico. Ma con un senso, mai in un modo fine a sé stesso.

Grazie per questa intervista. Quale può essere il tuo “slogan”?

Grazie a te. Non credo di avere un vero e proprio slogan. Da piccolo ho sentito dire tante volte “la libertà è il rispetto delle regole”. E io dicevo sempre di no, ero contrario alle regole. Col tempo ho trasgredito troppo a queste regole, danneggiando me stesso e a volte gli altri. Oggi vorrei imparare a rispettarle di più.

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