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Ucraina, Meloni a Zelensky: “Puoi contare su di noi...

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Ucraina, Meloni a Zelensky: “Puoi contare su di noi per tutto il tempo necessario”

Intervento della presidente del Consiglio al summit in Svizzera: "Pace non significa resa, sarebbe pericoloso per tutti". Il presidente ucraino Zelensky: "Successo più grande sarebbe la fine della guerra". Ok al comunicato senza Brasile, Arabia, India, Indonesia, Sudafrica e Messico

Summit sull'Ucraina in Sfizzera - (Afp)

L'Italia ha fatto la sua parte" per aiutare l'Ucraina "e non intende smettere. Tuttavia dobbiamo unire tutti i nostri sforzi per aiutare Kiev a guardare verso il futuro". Lo sottolinea la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, intervenendo oggi al summit per la pace in Ucraina al Buergenstock, un resort nel comune di Stansstad (Canton Nidvaldo), nella Svizzera centrale.

Il comunicato finale, nel quale si legge che la Carta delle Nazioni Unite, "compresi i principi del rispetto dell’integrità territoriale e della sovranità di tutti gli Stati, può e servirà come base per raggiungere una pace globale, giusta e duratura in Ucraina", esce tuttavia con l'approvazione della grande maggioranza dei Paesi che hanno partecipato ai lavori, ma con assenze di rilievo nel cosiddetto 'Sud globale'.

Le parole di Meloni

Rivolgendosi al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, la premier assicura che "puoi continuare a contare su di noi, per tutto il tempo necessario". "Continueremo a fare ogni sforzo possibile - continua - per tenere tutti i partner internazionali impegnati, dato che anche loro stanno soffrendo le conseguenze globali di questo conflitto. Intendiamo fare tutto quello che è nelle nostre possibilità per trasformare un futuro di pace e di liberà per l'Ucraina in realtà".

Meloni ricorda che "pace non significa resa, come il presidente Vladimir Putin sembra suggerire con le sue ultime dichiarazioni, non vuol dire confondere la pace con l'essere soggiogati. Ciò costituirebbe un precedente, pericoloso per tutti. La conferenza di oggi rappresenta un'iniziativa coraggiosa, che smantella una determinata narrativa, o propaganda". "Nessuno mette in dubbio l'assoluta importanza dei tre temi cruciali di interesse globale che abbiamo discusso oggi: sicurezza atomica, sicurezza alimentare e la dimensione umana, in particolare il ritorno dei bambini dispersi, che sono importanti per tutti noi".

Aiutare l'Ucraina a difendersi dall'invasione russa, dice Meloni, significa "difendere il sistema di regole che tiene insieme la comunità internazionale e che protegge ogni nazione. Se l'Ucraina non avesse potuto contare sul nostro supporto, sarebbe stata costretta ad arrendersi e oggi non saremmo qui a discutere le condizioni minime per un negoziato".

Anche dalla discussione di oggi nel summit per la pace in Ucraina "c'è molto su cui possiamo costruire. E' esattamente quello che abbiamo fatto al vertice del G7 sotto la presidenza italiana, dove abbiamo appena raggiunto un accordo per fornire" all'Ucraina "circa 50 mld di dollari di sostegno finanziario aggiuntivo entro fine anno, facendo leva sui ricavi straordinari provenienti dai beni congelati alla Russia. E' un risultato estremamente significativo, il risultato di un grande lavoro di squadra fatto dai leader del G7", conclude.

Ok comunicato senza Brasile, Arabia, India, Indonesia, Sudafrica e Messico

Non firmano il comunicato finale, non ancora pubblicato, una dozzina di Paesi, molti dei quali 'pesanti': Armenia; Brasile (partecipava come osservatore; ha circa 215 mln di abitanti); Colombia; Città del Vaticano (osservatore); India, il Paese più popoloso del mondo; Indonesia (oltre 275 mln di abitanti), il più grande Paese musulmano del mondo; Libia; Messico (127 mln di abitanti); Arabia Saudita; Repubblica Sudafricana; Thailandia; Emirati Arabi Uniti. Lo firma, invece, la Turchia, il Paese che forse più di ogni altro ha svolto finora un ruolo di mediazione nel conflitto (con il comunicato di Istanbul della primavera del 2022, Russia e Cina andarono vicini ad un accordo, come ha documentato Foreign Affairs).

La Cina, che è il secondo Paese più popoloso del pianeta dopo l'India, non ha partecipato alla conferenza. Oltre a un'ottantina di Paesi, tra cui tutti quelli dell'Ue (incluse Ungheria e Slovacchia), firmano il comunicato finale le tre istituzioni Ue (Consiglio Europeo, Commissione e Parlamento) e il Consiglio d'Europa, organizzazione non Ue con sede a Strasburgo.

"Il fatto che la grande maggioranza dei Paesi abbia approvato il comunicato indica che cosa può ottenere il lavoro diplomatico", dice la presidente della Confederazione Svizzera Viola Amherd, al termine del summit. "Date le differenti posizioni di partenza - continua Amherd -- è un successo che si sia trovato" un terreno comune su alcuni temi.

Zelensky: "Successo più grande sarebbe la fine della guerra"

La Russia "ha fatto di tutto perché i leader non arrivassero" a partecipare al summit per la pace di Buergenstock, in Svizzera, ma i leader hanno partecipato ugualmente, sottolinea Zelensky. "Il successo più grande per noi è la fine della guerra". La conferenza di "oggi è il primo passo" verso quell'obiettivo, "ma piuttosto potente". Siamo in guerra, non abbiamo tempo per lavori prolungati. Muovere verso la pace significa agire velocemente. I preparativi dureranno mesi, non anni. Quindi, quando i piani di azione per la pace e ogni passo è stato compiuto, apriremo un secondo summit per porre fine a questa guerra, per una pace giusta e duratura. Questo summit dice che il sostegno internazionale non si sta indebolendo, è forte", aggiunge.

Gli aiuti militari ricevuti dall'Ucraina "erano sufficienti a vincere la guerra? No. Sono arrivati in ritardo? Sì". Comunque, aggiunge, sono attesi altri "pacchetti" di aiuti militari e "lavoriamo per rafforzarli".

In Ucraina "noi non abbiamo il problema della stanchezza, ma della sopravvivenza, perché Putin è venuto per distruggerci". Vladimir Putin, continua, "non si fermerà in Ucraina. Andrà avanti, credetemi, e allora tutti penseranno, in Europa, alla sopravvivenza e all'emigrazione", conclude.

Kuleba: "Chiaro che serve Russia a tavolo"

"Non abbiamo problemi" con il fatto che anche la Russia deve essere coinvolta in eventuali negoziati di pace, poiché "è chiaro che, per mettere fine alla guerra, bisogna avere entrambe le parti al tavolo. Il mio lavoro e la priorità del presidente Volodymyr Zelensky è portare l'Ucraina al tavolo nella posizione più forte possibile", ha detto il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, a margine del summit.

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Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa...

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"A viale Mazzini dovrebbero fare una statua a me accanto al cavallo, ho salvato Rai Way dai piani della sinistra"

Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa non si farà mai

L’ipotesi di privatizzazione della Rai? “Le norme per farlo esistono da 20 anni, sono nella legge che porta il mio nome. Ma cedere Rai1, Rai2, e Rai3, non accadrà mai”. Esordisce così con l’Adnkronos il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia. Che, da ministro delle Comunicazioni del governo Berlusconi, preparò il disegno di legge sul sistema radiotelevisivo italiano approvato dal Parlamento nell’aprile 2004. “Ci sono due possibilità: o una quotazione in borsa, e all’epoca la strada fu esplorata tanto che con l’amministratore delegato Flavio Cattaneo andammo a parlarne con i vertici di Borsa Italiana; oppure la cessione di rami d’azienda. Non bisogna dimenticare che la Rai ha più di dieci canali: oltre ai tre generalisti, ci sono quelli dedicati a storia, cinema, bambini, sport… Nulla vieta, se serve fare cassa, di cedere quelli, in tutto o in parte, o magari di fare delle joint venture con altri editori. Non mi pare che la Rai verrebbe meno al suo ruolo di servizio pubblico se Rai YoYo facesse un accordo con una società che produce contenuti per bambini”.

In un articolo del ‘Foglio’ si fa riferimento alla cessione di un 50% della società per abbattere il debito e gli oneri per le casse dello Stato. “Per un simile scenario ci vorrebbe una quotazione. E' vero, non serve avere il 50+1 di una società per controllarla, basta vedere cosa è successo con Enel, Eni e Leonardo. Ma attenzione: per portare in borsa un asset come la Rai bisogna prima valorizzarlo, renderlo appetibile per investitori e risparmiatori. E al momento mi sembra un compito difficile”. Altro discorso la cessione di rami d’azienda. “A viale Mazzini dovrebbero installare una statua dedicata a me, accanto a quella del cavallo. Fui infatti io nel 2001, da ministro, a oppormi all’operazione che era stata predisposta dal precedente governo di sinistra. Il piano era di cedere a una società privata un pezzo di Rai Way, ovvero le antenne e le infrastrutture di trasmissione, ma la Rai in cambio avrebbe avuto solo la minoranza nel consiglio di amministrazione. Dissi di no a questa idea balzana, sollevando grandi polemiche. Invece fu la scelta giusta: Rai Way è stata quotata anni dopo e ha garantito un ricco assegno per le casse pubbliche. Che hanno potuto monetizzare un asset strategico senza però perderne il controllo. Dico strategico perché con il Covid abbiamo avuto la dimostrazione del fatto che lo Stato deve avere il controllo sulle infrastrutture di comunicazione essenziali come quelle televisive. Durante i lockdown internet non arrivava ovunque, ma i canali del digitale terrestre sì, e hanno potuto informare anche quei cittadini che non sono dotati di smartphone o connessione veloce. Ora si parla di una possibile fusione con Ei Tower, su cui viaggiano le tv private. Non ho nulla in contrario, basta che alla fine dell’operazione la maggioranza di controllo resti in mano pubblica”.

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La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa,...

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Gli uffici di Viale Mazzini da mesi preparano il terreno per una possibile assunzione a tempo indeterminato del direttore generale

La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa, Rossi stabilizzato?

L’ipotesi di una privatizzazione della Rai, che oggi è tornata nel dibattito politico, ha fatto molto rumore a Viale Mazzini, rimettendo in moto un progetto che è sul tavolo da circa 30 anni, con altrettante declinazioni e ipotesi. Staccare un solo canale? Tenere Rai1, Rai2 e Rai3 ma cedere tutti gli altri, in blocco o creando delle joint venture con altri editori e produttori? Fare una ‘bad company’ da lasciare in mano pubblica, con i programmi del servizio pubblico che hanno minore ritorno commerciale, mentre una ‘newco’ con i pezzi più pregiati potrebbe essere messa sul mercato? I rumor sono ripartiti a partire dall’articolo di prima pagina del “Foglio” di oggi, che parlava della cessione di un 50% degli asset della tv e radio pubblica.

Come sottolinea Claudio Cerasa, la privatizzazione sarebbe una grande mossa politica, soprattutto in risposta a chi accusa la premier di aver messo in piedi ‘TeleMeloni’. Il problema è che il nuovo assetto sarebbe accolto con ostilità da Mediaset e gruppo Cairo: con l’abbandono dei tetti pubblicitari, la Rai privata sottrarrebbe inserzionisti agli altri broadcaster.

Il dossier è complicato inoltre dal rinnovo dei vertici: mercoledì 31 luglio il parlamento potrebbe (potrebbe) finalmente votare i componenti del cda che sostituiranno gli attuali, scaduti da due mesi. Nel frattempo sono arrivate le dimissioni della presidente Marinella Soldi (che non aveva alcuna possibilità di riconferma) e si aspetta la nomina dei nuovi membri votare al suo posto Simona Agnes, in quota Forza Italia.

Il rischio è però che anche l’appuntamento di mercoledì non sia risolutivo e che tutto slitti a settembre. Anzi a ottobre, mese in cui è attesa la sentenza del Tar sul ricorso contro l’attuale procedura di selezione per il cda. Sarebbe infatti inutile trovare l’accordo per poi rischiare di dover ripartire da capo con la scelta dei candidati.

Lo stallo sul rinnovo si spiega con le tensioni tra Lega e Fratelli d’Italia. Il partito della premier vorrebbe promuovere Giampaolo Rossi, attuale direttore generale, ad amministratore delegato. I salviniani temono però che una mossa simile darebbe troppo potere agli alleati di governo, e finora hanno preso tempo, sapendo di non poter imporre un nome alternativo. Nel frattempo, risalgono le quotazioni di Roberto Sergio, attuale ad, che non avendo appartenenze (se non quella, filosofica, alla regola democristiana) è l’unico nome in grado di tutelare tutte le parti in causa.

Una conferma di Sergio per il prossimo mandato potrebbe scatenare una reazione negativa di Rossi? Non necessariamente: l’Adnkronos può confermare che negli uffici della Rai da mesi si studia il modo per consolidare il suo ruolo in azienda, ad esempio con un’assunzione a tempo indeterminato nel ruolo di direttore generale, così da non essere più in balìa delle tempeste politiche ma in grado di restare a lungo ai vertici di un’azienda con cui in questi anni ha creato un rapporto sempre più stretto.

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Giovanni Toti si è dimesso, Liguria alle urne entro 90...

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Il governatore ha inviato una lettera all'ufficio protocollo della Regione

Con una lettera fatta pervenire all'ufficio protocollo della Regione Liguria il presidente Giovanni Toti ha rassegnato le sue irrevocabili dimissioni. L'addio del presidente comporta automaticamente lo scioglimento della del Consiglio ligure. Nuove elezioni dovranno avvenire entro 90 giorni.

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