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In Italia più sei giovane più sei pessimista, soprattutto...

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In Italia più sei giovane più sei pessimista, soprattutto con figli a carico

Il trend sembra a tratti irreversibile: nei prossimi dieci anni l’Italia perderà l’11% delle famiglie con figli a carico. In pratica, il numero di quelle che resteranno senza figli nel nucleo familiare non verrà compensato da quelle che avranno dei figli per la prima volta.

In questo scenario demografico, c’è una causa di composizione, ma soprattutto di potere d’acquisto. Non a caso, infatti, tra le attuali sei milioni di famiglie italiane con figli, tre su quattro hanno un reddito sotto la media nazionale. Qui risiede la chiave di volta del problema: famiglie che dovrebbero avere un reddito maggiore per affrontare le spese legate al mantenimento dei figli, nel 75% dei casi si trovano invece in una situazione reddituale peggiore, spesso a causa di una restrizione nel monte ore lavorativo, se non di fronte a delle dimissioni come succede in Italia per una donna su cinque dopo il parto.

La situazione attuale

Avere figli, in Italia, spesso comporta una visione più pessimista del futuro, con evidenti ripercussioni anche negli acquisti. Il quadro è stato rilevato in occasione della seconda giornata della 39° edizione de Linkontro, l’evento di riferimento nel mondo del Largo Consumo di NIQ.

Sono state in particolare le parole di Christian Centonze, Head of Consumer Advanced Analytics, NIQ e Mara Galbiati, Head of I – Solution Sinottica, GfK, a fare una fotografia che riflette le sfide del recente passato e dell’imminente futuro per l’Italia.

Anche l’analisi inversa conferma la maggiore difficoltà per le famiglie con figli:

i nuclei in età centrale senza figli (7,5 milioni di famiglie): reddito oltre la media nel 54% dei casi;
i nuclei in età matura senza figli (12,2 milioni di famiglie): reddito oltre la media nel 60% dei casi.

Si nota che queste ultime cresceranno del 17% nei prossimi dieci anni raggiungendo un’età media di 60-75 anni, in linea con un’Italia sempre più vecchia. Per l’aumento dell’aspettativa di vita (fattore positivo), ma anche per il costante calo della natalità che nel 2023 è scesa ancora (fattore negativo).

Un calo che è anche di produttività dato che nei prossimi 10 anni ci saranno 3 milioni di lavoratori in meno, come emerso dall’analisi dell’Ufficio studi della Confederazione Generale Italiana dell’Artigianato (Cgia). L’invecchiamento della popolazione porterà le persone in età lavorativa (15-64 anni) a ridursi dell’8,1%. All’inizio del 2024, la coorte demografica era stimata pari a poco meno di 37,5 milioni di unità, mentre nel 2034 scenderà a 34,5 milioni di persone. Sempre meno giovani, quindi, occuperanno i posti di lavoro. Il fenomeno coinvolgerà principalmente i baby boomer che sono coloro destinati a uscire dal mercato del lavoro per raggiunti limiti di età. La conseguenza maggiormente visibile sarà lo spopolamento di numeri territori del Mezzogiorno.

Le conseguenze sui consumi

Ciò che emerge è un’Italia sempre più divisa nella ricchezza, nei valori e anche nella fiducia per il futuro. Un andamento in linea con la forbice sempre più ampia tra ricchi e poveri lungo la penisola.

In Italia, spesso le famiglie con figli rinunciano alla frutta e verdura a favore di un cibo consolatorio al contrario dell’altro gruppo di famiglie mature o senza figli.
Come rilevato da Openpolis, l’8,4% delle famiglie italiane non può permettersi un pasto a base di proteine ogni due giorni. Le scarse risorse economiche non sono l’unica causa della povertà alimentare, innescata anche dalla difficoltà di accedere ai servizi di assistenza, dalla scarsa educazione alimentare e dalla qualità del cibo presenti sul mercato.

Questa carenza assume un peso ancora più rilevante quando colpisce i bambini o i giovani in età di sviluppo, per la cui crescita è fondamentale una dieta sana e varia, come raccomanda l’Efsa (European Food Safety Authority).

Aumentano coloro che pongono più attenzione al risparmio acquistando dal Discount modificando radicalmente il carrello della spesa con una variazione del mix nel 2024 che ha impattato sul settore di -1 miliardo di euro (vs 2022). Cala dell’8% chi preferisce l’acquisto di un numero di prodotti medio, mentre aumentano notevolmente le famiglie che selezionano prodotti di qualità e salutari e di un budget maggiore, che segnano addirittura un +20% rispetto al 2019.

Per gli operatori del settore del largo consumo questo si traduce in una scelta di business: nonostante l’età media più alta, il target elettivo per l’innovazione di valore sono le famiglie in età centrale e senza figli, le quali, così come le famiglie mature senza figli a carico, hanno più potere d’acquisto, una maggiore attenzione al benessere e una maggiore apertura alla fruizione multicanale.

Più sei giovane più sei pessimista

Per avere un’istantanea dei consumi e delle opportunità per il mercato, NIQ ha incrociato i dati di consumo con la ricerca Sinottica GfK focalizzata sulla propensione aperta o chiusa al futuro e l’interesse verso il singolo o la collettività individuando quattro diversi approcci: il futuro è ora oppure è un’opportunità da gestire, non esiste e non interessa o addirittura spaventa.

Ne è emersa una realtà desolante: le famiglie con figli a carico ricadono prevalentemente nella sfera che percepisce negativamente il futuro a causa di preoccupazioni presenti a livello economico, al contrario delle famiglie giovani e mature, e dei nuclei senza figli che hanno un approccio più ottimistico sul futuro. D’altronde alcune ricerche dimostrano che i giovani vorrebbero avere figli, ma in una società profondamente diversa da quella attuale.

Il risultato è paradossale: in Italia, gli anziani hanno più fiducia nel futuro rispetto ai giovani.

Tra le preoccupazioni spicca quella per il cambiamento climatico, argomento prioritario per coloro che pensano che il futuro sia un’opportunità da cogliere, marginale per chi è centrato sull’oggi (spesso nuclei senza figli). Eppure, il problema ambientale è del pianeta, e non di certo personale. È forse l’egoismo il grande problema del nostro tempo? Il costante impegno per la produttività che mette sé stessi al centro e vede gli altri quasi come un ostacolo alla propria crescita professionale?

Anche le modalità di coinvolgimento cambiano a seconda del contesto e al rapporto con il futuro. Per i consumatori più concentrati sull’oggi valgono modalità di stimolo e crescita personale per generare attenzione, mentre chi pensa che il futuro sia un’opportunità, è più attratto da modalità di coinvolgimento incentrate sulla crescita collettiva. Contrariamente, per coloro che non sono interessati al futuro, servono consolazione e aiuto, mentre chi è spaventato dal futuro viene coinvolto con modalità comunicative che esprimono rassicurazione e vicinanza.

Chiaramente, cambiano anche le modalità per comunicare con i diversi consumatori. Chi è più giovane e proiettato al domani predilige canali come il podcast, mentre quotidiani e radio sono ancora i mezzi d’informazione preferiti dalle fasce più mature. Chi è concentrato sulle questioni del presente utilizza i canali digitali e i social media, mentre coloro che fruiscono della televisione sono più legati ai valori della tradizione.

Il quadro demografico italiano invita imprese, investitori e istituzioni a rinforzare la silver economy che si prospetta un importante volano di crescita per il futuro.

L’incontro offre infine un’analisi sul rapporto degli italiani con l’intelligenza artificiale: gli italiani concentrati solo sul presente, con una forte percezione individualista indicano questa evoluzione tecnologica come fondamentale per la propria affermazione economica. Al contrario, coloro che hanno più paura per il futuro rifiutano l’impiego di questa tecnologia rivoluzionaria, di recente disciplinata in Ue con l’Ai Act.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Anche gli zii hanno la loro festa

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Immaginate una vita senza zii. Chi sarebbe lì per viziarci, raccontarci storie incredibili e offrirci consigli saggi quando ne abbiamo più bisogno? Chi ci fornirebbe quella combinazione unica di amore incondizionato e divertimento spensierato che solo uno zio o una zia può offrire? Ecco perché, ogni anno, alla quarta domenica di luglio, celebriamo la Giornata Mondiale degli Zii, un’occasione per riconoscere e apprezzare questi straordinari membri della famiglia.

La Giornata Mondiale degli Zii

La Giornata Mondiale degli Zii nasce nel 2009 grazie alla scrittrice canadese Melanie Notkin, autrice del libro “Otherhood”. In questa opera, Notkin ha coniato il termine “PANK”, acronimo di Professional Aunts No Kids, ossia “Zia di professione senza figli”. Un termine che ha rapidamente guadagnato popolarità a livello globale, sottolineando l’importanza e l’unicità del ruolo delle zie nella società moderna.

Il titolo del libro “Otherhood” è un intelligente gioco di parole con “parenthood” (genitorialità), suggerendo che gli zii possono essere considerati come secondi genitori. Il personaggio della saggia zia Savvy, presente nel libro, incarna perfettamente questo concetto, offrendo consigli e supporto ai nipoti senza mai interferire nel rapporto che essi hanno con i loro genitori.

L’impatto delle PANK nella società

La creazione della Giornata Mondiale degli Zii da parte di Melanie Notkin ha portato alla nascita di un movimento che celebra e valorizza il ruolo degli zii nella vita dei nipoti. La sedicesima edizione ufficiale dell’Auntie’s Day si terrà domenica 28 luglio 2024, un appuntamento annuale che riconosce, onora e celebra le zie di sangue e di cuore, le madrine e tutte le donne che amano un bambino non loro.

Un’indagine di qualche anno sulla ‘Generazione PANK’, ha rivelato che il 91% delle Professional Aunts No Kids considera il ruolo di zia “molto importante” mentre l’89% afferma che l’esperienza di essere zia è ancora migliore di quanto si aspettassero. Tuttavia, solo il 28% delle PANK si sente apprezzata dalla società per il ruolo significativo che svolge nella vita dei bambini e nella comunità familiare.

Le zie offrono un supporto fondamentale, aiutando a sviluppare i nipoti attraverso il legame e il gioco. Sono spesso conosciute per i regali e le esperienze uniche che offrono ai bambini, contribuendo anche all’educazione e al benessere economico delle famiglie. Uno studio ha stimato che le PANK spendono collettivamente circa 61 miliardi di dollari all’anno per i bambini che amano, estendendo la loro generosità ben oltre i semplici regali.

Nonostante il loro contributo significativo, le zie rimangono spesso una figura nascosta e poco apprezzata nella società. La Giornata degli Zii è stata creata per mettere in luce questo gruppo di donne amorevoli e generose e per dare loro il riconoscimento che meritano.

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Elon Musk, la figlia transgender è morta? Solo per lui

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La figlia transgender di Elon Musk, Vivian Jenna Wilson, ha denunciato pubblicamente i gravi comportamenti avuti dal padre durante la sua infanzia. Nella sua prima intervista, rilasciata a NBC News, Wilson ha accusato il magnate di essere stato un padre assente e crudele che non ha mai accettato l’orientamento queer di sua figlia.

Elon Musk contro la figlia transgender: cosa ha detto

A far scaturire tutto è stato lo stesso Musk che lunedì scorso, 22 luglio, ha parlato della loro relazione in un’intervista video con lo psicologo e commentatore conservatore Jordan Peterson, trasmessa in diretta su X.
In questa occasione, il Ceo di Tesla ha affermato di non supportare l’identità di genere di Wilson: “Ho perso mio figlio, essenzialmente”, ha detto Musk. Per lui la figlia è “morta, uccisa dal virus della mente woke”.

Musk, padre di dodici figli, ha anche affermato di essere stato “ingannato” quando gli è stata chiesta l’autorizzazione a un trattamento medico transgender per Wilson, all’epoca 16enne.

La risposta di Vivian Jenna Wilson

In seguito a queste gravi dichiarazioni, Wilson ha deciso di rompere il silenzio. Per prima cosa, ha smentito il padre: “Non è stato affatto ingannato. Conosceva tutti gli effetti collaterali” ha ribattuto la giovane ragazza, sottolineando che il consenso dei genitori era necessario per procedere con il trattamento.

Ma sono state soprattutto le affermazioni di totale disconoscimento della figlia ad aver spinto Wilson ad agire: “Penso che lui desse per scontato che non avrei detto niente e che avrei lasciato correre, senza essere contestato. – ha spiegato – Cosa che non farò perché se menti su di me, tipo, sfacciatamente a un pubblico di milioni di persone, non lascio correre.”

L’infanzia difficile di Wilson e il padre assente

Il suo astio, la sua rabbia sono indicative della difficile infanzia avuta da Vivian Jenna Wilson, oggi 20enne. Raccontando le sue esperienze dolorose, Wilson ha svelato il lato oscuro di Musk. Ha raccontato che il padre era raramente presente nella sua vita, lasciando lei e i suoi fratelli sotto la cura della madre o delle tate, nonostante la custodia congiunta: “Era con noi forse il 10% del tempo, e mi sto tenendo larga”, ha spiegato la giovane ragazza.

“Era freddo”, “Si arrabbia molto facilmente. È indifferente e narcisista”. E quando era presente, la rimproverava. Il magnate ha sempre mostrato un forte risentimento nei confronti della figlia, di cui non ha mai accettato il percorso di transizione.

Nell’intervista telefonica all’emittente americana, Wilson ha anche riportato episodi di molestie verbali da parte di Musk, che la rimproverava per il suo comportamento femminile sin dalla tenera età. “Ero in quarta elementare… e lui continuava a urlarmi contro in modo feroce perché avevo la voce troppo alta,” ha raccontato Wilson. “È stato crudele”.

Un rapporto così viziato che, per la ragazza, la pandemia è stata una manna dal cielo. Wilson ha raccontato che il lockdown è stata l’opportunità per sfuggire alla crudeltà di Musk, permettendole di vivere sempre con sua madre. È stata una delle prime cose a cui ha pensato.

I due coming out e il cambio di cognome

Wilson ha rivelato di aver fatto coming out due volte: una volta come gay in seconda media e una seconda volta come transgender a 16 anni. Come per tutte e per tutti coloro che iniziano questo percorso, anche per lei non è stato facile prendere la decision di iniziare il trattamento per la disforia di genere. Un percorso reso ancora più difficile dall’opposizione del padre: Wilson ha ottenuto il necessario consenso di entrambi i genitori, solo dopo mesi di insistenza. è stata difficile il necessario consenso di entrambi i genitori solo dopo mesi di insistenza. “Ci ho provato per mesi, ma lui ha detto che dovevo incontrarlo di persona” ha detto spiegando che “A quel punto, era molto chiaro che entrambi nutrivamo profondo disprezzo l’uno per l’altra”.

Non a caso, porta un cognome diverso da quello del padre. La sua storia ha iniziato ad attirare l’attenzione due anni fa, quando ha chiesto al tribunale della California l’approvazione per cambiare cognome. “Non vivo più con il mio padre biologico e non desidero più essere imparentata con lui in alcun modo, forma o aspetto”, ha affermato nella documentazione depositata in tribunale. Wilson non si aspettava tutto quel clamore mediatico in seguito alla sua decisione.

Oggi non solo riscriverebbe le frasi condivise con il tribunale, ma, alla luce del clamore dato alla notizia, sarebbe ancora più esplicita.

Vivian Jenna Wilson e il percorso di transizione

Il fondatore di SpaceX, notoriamente vicino a Donald Trump, ha persino attribuito la transizione di sua figlia alle proprie posizioni conservatrici. Una teoria che Wilson respinge con forza, spiegando che il trattamento ricevuto le ha permesso di avere la vita che voleva, nonostante i numerosi ostacoli burocratici e personali.

Wilson ha anche criticato la biografia di Musk scritta da Walter Isaacson, definendola inaccurata e ingiusta nei suoi confronti, e ha sottolineato di non essere mai stata contattata direttamente dall’autore prima della pubblicazione.

La figlia di Elon Musk ha concluso l’intervista sottolineando la sua volontà di definire la propria vita e identità senza l’influenza di suo padre: “Vorrei sottolineare una cosa: sono un’adulta. Ho 20 anni. Non sono una bambina,” ha detto. “La mia vita dovrebbe essere definita dalle mie scelte.”

Le controverse posizioni di Musk

Negli ultimi anni, Musk, che a dicembre ha partecipato al Festival di Atreju di Fratelli d’Italia, ha preso una svolta radicale verso la politica conservatrice, conducendo una campagna contro le persone transgender e le politiche progettate per supportarle. Questo mese, ha dichiarato che avrebbe ritirato le sue attività dalla California per protestare contro una nuova legge statale che impedisce alle scuole di richiedere che i bambini transgender facciano coming out con i loro genitori.

Wilson ha dichiarato alla NBC News che per anni aveva pensato di parlare apertamente del comportamento di Musk come genitore e come persona, ma che non poteva più rimanere in silenzio dopo i commenti fatti dal magnate lunedì scorso, in diretta su X.

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Sentenza sui conviventi, cosa cambia per le imprese...

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Cosa significa la sentenza sui conviventi emanata ieri, 25 luglio 2024, dalla Corte costituzionale? Sicuramente una svolta significativa nella tutela dei diritti dei conviventi di fatto.
Con la sentenza n. 148 del 2024 la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune norme che non equiparavano i conviventi di fatto ai familiari, escludendoli così dai benefici riconosciuti a questi ultimi nell’ambito dell’impresa familiare.

La sentenza n. 148 del 2024 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 230-bis, terzo comma, del Codice civile, nella parte in cui non includeva i conviventi di fatto tra i familiari che collaborano nell’impresa familiare. Di conseguenza, è stata dichiarata illegittima anche la disposizione dell’art. 230-ter del Codice civile, introdotta dalla legge n. 76 del 2016 (legge Cirinnà), che prevedeva una tutela significativamente ridotta per i conviventi di fatto.

Si è stabilito che il convivente di fatto è un familiare ed è impresa familiare quella con cui collabora.

Come si è arrivati alla sentenza sui conviventi di fatto

La questione è stata portata all’attenzione della Consulta dalla Corte di cassazione alla quale aveva fatto ricorso la convivente di un uomo deceduto. La donna aveva agito in giudizio nei confronti dei figli e coeredi, chiedendo al Tribunale di primo grado di inquadrare l’azienda agricola in cui lavorava come impresa familiare. Da convivente, la donna rivendicava il diritto ad ottenere la liquidazione della sua quota come partecipante all’impresa, per il periodo in cui aveva lavorato nell’azienda di famiglia. Esattamente come accade per i familiari, insomma.

Attenendosi all’art. 230-bis, terzo comma, del Codice civile, il Tribunale di primo grado aveva rigettato l’istanza della donna. Sulla stessa linea si era mossa la Corte d’appello. D’altronde la norma teneva ben distinte le figura del convivente di fatto da quella del familiare; una decisione diversa non sarebbe rientrata neanche nei ranghi di una interpretazione estensiva della norma.

Definizione di conviventi di fatto

Secondo la legge Cirinnà (art. 1, comma 36), i conviventi di fatto sono “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale”. Questa definizione è stata cruciale nel riconoscimento dei loro diritti nell’ambito dell’impresa familiare, ponendo fine a una disparità di trattamento che non era più giustificabile alla luce delle evoluzioni sociali e giuridiche.

Da qui il ricorso della donna alla Suprema corte, con specifico riferimento alla “mancata considerazione delle mutate sensibilità sociali in materia di convivenza more uxorio, oltre che delle aperture della giurisprudenza sia di legittimità e sia costituzionale”.

Nella società moderna, si può trattare diversamente un convivente che magari ha condiviso anni di vita insieme, solo perché i due non sono sposati?

Di fronte a questa richiesta, le Sezioni unite civili della Corte di cassazione hanno passato la questione alla Consulta, sollevando questioni di legittimità costituzionale della disciplina dell’impresa familiare. La Suprema Corte ha chiesto ai colleghi della Consulta se escludere il convivente di fatto dal novero dei familiari violasse o meno gli articoli 2, 3, 4, 35 e 36 della Costituzione.

La risposta della Corte costituzionale

La Corte costituzionale ha ritenuto fondata la questione, sottolineando come la società italiana sia profondamente cambiata e come la normativa debba evolversi di conseguenza. In questo senso, ricordano i giudici, si sono già adeguate la normativa nazionale e la giurisprudenza costituzionale anche a livello europeo.

La necessità di offrire una protezione speciale al lavoro nell’impresa familiare è stata già parzialmente realizzata con l’articolo 230-bis del Codice civile. Questa disposizione, introdotta con la riforma del diritto di famiglia del 1975, ha un’ampia applicazione, coprendo non solo il coniuge e i parenti stretti dell’imprenditore, ma anche tutti i parenti fino al terzo grado e gli affini fino al secondo grado. Nel 2016, con la legge Cirinnà, a questo elenco sono stati aggiunti anche i soggetti legati da unioni civili.

La Corte costituzionale ha ora stabilito che la cosiddetta “affectio maritalis”, ovvero l’affetto che caratterizza una relazione stabile, attenua l’assoggettamento al potere direttivo dell’imprenditore, tipico del lavoro subordinato, e va riferita anche al convivente di fatto.

Questo riconoscimento implica che, nonostante le differenze formali rispetto alla famiglia fondata sul matrimonio, i diritti fondamentali come il diritto al lavoro e alla giusta retribuzione devono essere garantiti anche ai conviventi di fatto, senza discriminazioni.

Una sentenza storica che mira a prevenire situazioni di lavoro gratuito o sottopagato, garantendo una tutela equa a chi contribuisce all’impresa con il proprio lavoro.

Quante imprese familiari ci sono in Italia?

La sentenza acquisisce particolare rilievo perché l’Italia è un Paese fortemente ancorato alle imprese familiari.

Secondo i dati Istat, nel 2022 le imprese italiane controllate da una persona fisica o una famiglia erano più di 820mila, ovvero l’80,9% del totale delle imprese con almeno 3 addetti. Una percentuale molto elevata e in crescita rispetto al 2018, quando le imprese familiari costituivano il 75,2% di quelle con almeno tre dipendenti.

Le imprese familiari sono particolarmente diffuse tra le microimprese (83,3% dei casi) e meno frequente tra le piccole (74,5%), le medie (58,8%) e tra le grandi aziende (41,6%).
A livello settoriale, le imprese familiari sono più diffuse tra le imprese manifatturiere (81,2%), nel comparto delle costruzioni (82,4%), con una forte presenza anche nel comparto dei servizi, raggiungendo l’84,4% nel commercio e l’87,3% nel comparto dell’alloggio e ristorazione.

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