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Politica
Schlein: “Da Meloni non una parola su Toti, silenzio...
Schlein: “Da Meloni non una parola su Toti, silenzio degli indecenti”
"Non si capisce cosa aspetti Toti a dare le dimissioni e permettere alla Liguria di voltare pagina"
![Elly Schlein (Fotogramma)](https://www.adnkronos.com/resources/028d-1af77529c98b-5a54eb4aa854-1000/format/big/schlein27_fg.jpeg)
"Ho seguito con grande attenzione l'intervista di Giorgia Meloni al Festival di Trento e sono rimasta stupita che non cogliesse l'occasione per dire una parola sulla situazione della Liguria e l'arresto di Giovanni Toti: è il silenzio degli indecenti". Così Elly Schlein a margine del Festival dell'Economia a Trento.
"Ormai Meloni subisce il diktat di Salvini che chiede a Toti di resistere ma chi rischia di non resistere è la regione Liguria che merita di restare bloccata e di non poter voltare pagina perché appesa a un'indagine da cui emerge un quadro molto grave", sottolinea.
"Sulle responsabilità penali lavorerà la magistratura ma c'è una questione di opportunità politica per cui non si capisce cosa aspetti Toti a dare le dimissioni e permettere alla Liguria di voltare pagina e andare avanti", dice la segretaria del Pd.
Tanti i temi affrontati al Festival dell'Economia, e non manca la replica alla premier Meloni secondo cui 'con il Pd al governo salari diminuiti'. "Cosa rispondo a Meloni? Che se la sinistra avesse fatto tutto bene in questi anni, una come me non avrebbe mai vinto le primarie del Pd - afferma la leader dem - Sono io che chiedo a Meloni: per quanto tempo, dopo 19 mesi al governo, continuerà a scaricare sui governi precedenti anziché assumersi le responsabilità?".
"Qui - scandisce - c'è da utilizzare meglio le risorse che ci sono. Noi in manovra chiedevamo 4 miliardi in più per sanità e invece Meloni ha tagliato, da quando siede a palazzo Chigi la spesa sanitaria sta scendendo". "E' non è sciatteria - aggiunge - è un disegno e si vede nelle regioni in cui governano dove chi ha i soldi si cura e gli altri si arrangiano. Io ho presentato un ddl per aumentare fondi e sbloccare assunzioni. Si può fare".
La leader dem incalza anche Superbonus, redditometro e 'salva casa'. Quanto al primo "è innegabile - osserva - che la misura nel momento in cui è stata presa ha cercato di dare una spinta all'economia. Il rimbalzo c'è stato. La cosa che trovo molto ipocrita da parte di Meloni e il governo è che quando sono state votate le proroghe al Superbonus, loro le hanno votate. Loro nel gennaio 2023 hanno bloccato la cessione dei crediti e non hanno fatto nulla in questo anno se non dare la proroga alle villette su cui tanto si sono scagliati. Hanno sempre due facce".
"Sul redditometro abbiamo visto un governo confuso - afferma la segretaria del Pd - prima lo hanno messo, poi hanno fatto marcia indietro. Ha dimostrato grande incoerenza anche Giorgia Meloni. Ma soprattutto mi preoccupa un governo che in 19 mesi ha fatto 19 condoni, strizzando l'occhio ai furbi, in barba agli imprenditori onesti, a pensionati e dipendenti, e ai tanti lavoratori autonomi che con sacrificio pagano le tasse".
"Oggi al governo si svegliano sulla casa, ma invece di mettere il futuro nelle mani delle ragazze e dei ragazzi, fanno l'ennesimo condono: siamo al numero 19", ribadisce Schlein ricordando la protesta degli studenti contro il caro affitti, sostenuta dal Pd, e il taglio del fondo affitti da parte del governo. E se fosse ancora una studentessa, dice a chi le chiede a quale protesta si unirebbe, parteciperebbe proprio a quella delle 'tende' contro il caro affitti. "Dormirei una notte in tenda? Certo, non sarebbe la prima...".
Politica
Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa...
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"A viale Mazzini dovrebbero fare una statua a me accanto al cavallo, ho salvato Rai Way dai piani della sinistra"
![Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa non si farà mai](https://www.adnkronos.com/resources/028f-1b762149555d-ff8b94576863-1000/format/big/gasparri.jpeg)
L’ipotesi di privatizzazione della Rai? “Le norme per farlo esistono da 20 anni, sono nella legge che porta il mio nome. Ma cedere Rai1, Rai2, e Rai3, non accadrà mai”. Esordisce così con l’Adnkronos il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia. Che, da ministro delle Comunicazioni del governo Berlusconi, preparò il disegno di legge sul sistema radiotelevisivo italiano approvato dal Parlamento nell’aprile 2004. “Ci sono due possibilità: o una quotazione in borsa, e all’epoca la strada fu esplorata tanto che con l’amministratore delegato Flavio Cattaneo andammo a parlarne con i vertici di Borsa Italiana; oppure la cessione di rami d’azienda. Non bisogna dimenticare che la Rai ha più di dieci canali: oltre ai tre generalisti, ci sono quelli dedicati a storia, cinema, bambini, sport… Nulla vieta, se serve fare cassa, di cedere quelli, in tutto o in parte, o magari di fare delle joint venture con altri editori. Non mi pare che la Rai verrebbe meno al suo ruolo di servizio pubblico se Rai YoYo facesse un accordo con una società che produce contenuti per bambini”.
In un articolo del ‘Foglio’ si fa riferimento alla cessione di un 50% della società per abbattere il debito e gli oneri per le casse dello Stato. “Per un simile scenario ci vorrebbe una quotazione. E' vero, non serve avere il 50+1 di una società per controllarla, basta vedere cosa è successo con Enel, Eni e Leonardo. Ma attenzione: per portare in borsa un asset come la Rai bisogna prima valorizzarlo, renderlo appetibile per investitori e risparmiatori. E al momento mi sembra un compito difficile”. Altro discorso la cessione di rami d’azienda. “A viale Mazzini dovrebbero installare una statua dedicata a me, accanto a quella del cavallo. Fui infatti io nel 2001, da ministro, a oppormi all’operazione che era stata predisposta dal precedente governo di sinistra. Il piano era di cedere a una società privata un pezzo di Rai Way, ovvero le antenne e le infrastrutture di trasmissione, ma la Rai in cambio avrebbe avuto solo la minoranza nel consiglio di amministrazione. Dissi di no a questa idea balzana, sollevando grandi polemiche. Invece fu la scelta giusta: Rai Way è stata quotata anni dopo e ha garantito un ricco assegno per le casse pubbliche. Che hanno potuto monetizzare un asset strategico senza però perderne il controllo. Dico strategico perché con il Covid abbiamo avuto la dimostrazione del fatto che lo Stato deve avere il controllo sulle infrastrutture di comunicazione essenziali come quelle televisive. Durante i lockdown internet non arrivava ovunque, ma i canali del digitale terrestre sì, e hanno potuto informare anche quei cittadini che non sono dotati di smartphone o connessione veloce. Ora si parla di una possibile fusione con Ei Tower, su cui viaggiano le tv private. Non ho nulla in contrario, basta che alla fine dell’operazione la maggioranza di controllo resti in mano pubblica”.
Politica
La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa,...
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Gli uffici di Viale Mazzini da mesi preparano il terreno per una possibile assunzione a tempo indeterminato del direttore generale
![La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa, Rossi stabilizzato?](https://www.adnkronos.com/resources/028f-1b761220d127-96aa2395eeb0-1000/format/big/agenzia_fotogramma_fgr4137909_pr_.jpeg)
L’ipotesi di una privatizzazione della Rai, che oggi è tornata nel dibattito politico, ha fatto molto rumore a Viale Mazzini, rimettendo in moto un progetto che è sul tavolo da circa 30 anni, con altrettante declinazioni e ipotesi. Staccare un solo canale? Tenere Rai1, Rai2 e Rai3 ma cedere tutti gli altri, in blocco o creando delle joint venture con altri editori e produttori? Fare una ‘bad company’ da lasciare in mano pubblica, con i programmi del servizio pubblico che hanno minore ritorno commerciale, mentre una ‘newco’ con i pezzi più pregiati potrebbe essere messa sul mercato? I rumor sono ripartiti a partire dall’articolo di prima pagina del “Foglio” di oggi, che parlava della cessione di un 50% degli asset della tv e radio pubblica.
Come sottolinea Claudio Cerasa, la privatizzazione sarebbe una grande mossa politica, soprattutto in risposta a chi accusa la premier di aver messo in piedi ‘TeleMeloni’. Il problema è che il nuovo assetto sarebbe accolto con ostilità da Mediaset e gruppo Cairo: con l’abbandono dei tetti pubblicitari, la Rai privata sottrarrebbe inserzionisti agli altri broadcaster.
Il dossier è complicato inoltre dal rinnovo dei vertici: mercoledì 31 luglio il parlamento potrebbe (potrebbe) finalmente votare i componenti del cda che sostituiranno gli attuali, scaduti da due mesi. Nel frattempo sono arrivate le dimissioni della presidente Marinella Soldi (che non aveva alcuna possibilità di riconferma) e si aspetta la nomina dei nuovi membri votare al suo posto Simona Agnes, in quota Forza Italia.
Il rischio è però che anche l’appuntamento di mercoledì non sia risolutivo e che tutto slitti a settembre. Anzi a ottobre, mese in cui è attesa la sentenza del Tar sul ricorso contro l’attuale procedura di selezione per il cda. Sarebbe infatti inutile trovare l’accordo per poi rischiare di dover ripartire da capo con la scelta dei candidati.
Lo stallo sul rinnovo si spiega con le tensioni tra Lega e Fratelli d’Italia. Il partito della premier vorrebbe promuovere Giampaolo Rossi, attuale direttore generale, ad amministratore delegato. I salviniani temono però che una mossa simile darebbe troppo potere agli alleati di governo, e finora hanno preso tempo, sapendo di non poter imporre un nome alternativo. Nel frattempo, risalgono le quotazioni di Roberto Sergio, attuale ad, che non avendo appartenenze (se non quella, filosofica, alla regola democristiana) è l’unico nome in grado di tutelare tutte le parti in causa.
Una conferma di Sergio per il prossimo mandato potrebbe scatenare una reazione negativa di Rossi? Non necessariamente: l’Adnkronos può confermare che negli uffici della Rai da mesi si studia il modo per consolidare il suo ruolo in azienda, ad esempio con un’assunzione a tempo indeterminato nel ruolo di direttore generale, così da non essere più in balìa delle tempeste politiche ma in grado di restare a lungo ai vertici di un’azienda con cui in questi anni ha creato un rapporto sempre più stretto.
Politica
Giovanni Toti si è dimesso, Liguria alle urne entro 90...
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Il governatore ha inviato una lettera all'ufficio protocollo della Regione
Con una lettera fatta pervenire all'ufficio protocollo della Regione Liguria il presidente Giovanni Toti ha rassegnato le sue irrevocabili dimissioni. L'addio del presidente comporta automaticamente lo scioglimento della del Consiglio ligure. Nuove elezioni dovranno avvenire entro 90 giorni.