Lionello (Unisalento): “Continente europeo più surriscaldato? Mi sorprenderebbe il contrario”
Il professore spiega le tendenze climatiche a margine del rapporto Copernicus
In Europa le temperature medie sono aumentate più che in ogni altro continente ma, pur restando allarmanti, i risultati del rapporto Copernicus sono anche la conseguenza di “tendenze intrinseche al cambiamento climatico”.
Lo spiega all’Adnkronos Piero Lionello, professore ordinario di Fisica dell’Atmosfera e Oceanografia presso l’Università del Salento e presidente del network MedCLIVAR (Mediterranean CLImate Variability).
“La considerazione più importante ed essenziale da fare – esordisce Lionello – è che i gas serra si distribuiscono in modo approssimativamente uniforme su scala globale. In pratica, le emissioni dell’Italia non interessano solo il territorio italiano, lo stesso dicasi per quelle europee e così via. Un andamento completamente diverso rispetto, per esempio, alle emissioni di aerosol che tendono ad avere una persistenza breve in atmosfera e quindi un effetto più regionale e più limitato alle zone di emissione”.
Per questo occorre interessarsi non solo alle decisioni di casa propria: “Questo andamento dimostra una volta per tutte come il problema del cambiamento climatico sia una questione globale”.
C’è poi un altro aspetto da considerare: “Durante una transizione, le alte latitudini tendono a scaldarsi di più delle zone tropicali. Allo stesso tempo, a livello superficiale, le masse continentali si scaldano di più delle masse oceaniche. Anche quando ci sono stati eventi caldi interglaciali in passato e le glaciazioni, il cambiamento climatico è stato molto più ampio in queste zone.
Si tratta di tendenze intrinseche al sistema climatico, quindi mi sorprenderei nel vedere il contrario in questa fase di riscaldamento che ha sicuramente una importante componente antropogenica”, spiega il professore che ha contribuito alla redazione del sesto rapporto Ipcc (Intergovermental Panel on Climate Change), pubblicato lo scorso anno.
L’Unione europea si sta muovendo nella direzione e alla velocità giusta o le resistenze di alcune parti politiche rischiano di compromettere il cammino green dell’Ue?
“Quello che si può osservare è una progressiva attenzione a livello normativo e tecnologico da parte dell'Unione Europea nei confronti del cambiamento climatico che ha portato effettivamente a una riduzione delle emissioni. Le emissioni negli ultimi venti, trenta anni nel complesso stanno diminuendo anche negli Stati Uniti”.
Si tratta di un miglioramento sufficiente in prospettiva?
“No. Infatti, nonostante l’impegno di Ue e Usa, le emissioni su scala globale stanno aumentando”. Ancora una volta, quindi, il passaggio cruciale sta nella consapevolezza che ci troviamo di fronte a una sfida comune: “La consapevolezza che il clima sia una questione globale è fondamentale. Il contrasto al cambiamento climatico – prosegue il professor Lionello – non può che passare attraverso strategie condivise a livello internazionale almeno dai principali emettitori che in questo momento sono l’Unione Europea, gli Stati Uniti, la Cina e l’India. Al tempo stesso però è importante essere consapevoli delle differenze tra i problemi ambientali e l’inquinamento”, sottolinea.
Dunque, se è vero che per contrastare il cambiamento climatico serve una sinergia internazionale, bisogna osservare che i singoli interventi dei Paesi sono fondamentali per i cittadini che vivono quei territori: “Da un punto di vista decisionale, è difficile che chi dà priorità al contrasto del cambiamento climatico non dia anche priorità alla lotta all’inquinamento e alla tutela degli ecosistemi. È vero che queste misure devono essere condivise a livello internazionale per contrastare l’aumento della concentrazione di gas serra in atmosfera. È anche vero, però, che le strategie e le decisioni anti inquinamento prese dalle istituzioni hanno effetti molto positivi sull’ambiente e sui servizi ecosistemici che riguardano i cittadini europei”.
Siccità, rischio desertificazione ed eventi atmosferici estremi: ci sono alcune zone dell’Italia a rischio nel prossimo futuro?
“Eviterei catastrofismi privi di fondamento scientifico. Sicuramente i dati testimoniano aumenti delle temperature medie importanti per gli ecosistemi e per l’ambiente in cui viviamo, ma non al punto da rendere inabitabili alcune zone d’Italia almeno nel medio termine. C’è una alterazione del ciclo idrologico, ma non tale da compromettere la sostenibilità delle risorse idriche, soprattutto se gestite in modo opportuno”.
Non ci sono e non ci saranno mai più le mezze stagioni?
“Tendiamo ad attribuire qualsiasi evento meteorologico al cambiamento climatico senza un'opportuna interfaccia scientifica. Spesso ci basiamo sui nostri ricordi, ma i nostri ricordi sono dei fallaci indicatori dei cambiamenti perché tendono a trascurare la variabilità e ricostruire dei paradigmi del nostro passato. Il fatto che questa interruzione della ciclicità delle stagioni venga concepita descritta ormai come ‘evidente’ non ha alcun riscontro nelle evidenze scientifiche”.
Delle prove scientifiche dell’alterazione non mancano, ma vanno trattate nella loro specificità: “Il riscaldamento è evidente; il cambiamento delle precipitazioni in alcuni territori è evidente; gli aumenti delle statistiche delle ondate di calore sono evidenti”, spiega il prof. Lionello, che aggiunge: “Anche l’alterazione del ciclo della stagionalità è evidente: l'inverno arriva un po’ dopo e finisce un po’ prima, l'estate comincia un po’ prima e finisce un po’ dopo. Ma non possiamo farne una deduzione scientifica perché abbiamo ancora pochissimi cicli stagionali su cui basare le nostre osservazioni”.
Il professore ci tiene però a sottolineare: “Molti effetti del cambiamento climatico sono evidenti e hanno natura antropogenica. Nel caso delle stagioni, la statistica è ancora insufficiente per dire che c'è un cambiamento definitivo del ciclo”.
Le variazioni nel Mediterraneo
A margine del rapporto sullo stato europeo del clima 2023 del Copernicus Climate Change Service e dell’Organizzazione meteorologica mondiale, l’appello del professore a valutare con rigore i fenomeni climatici è ancora più utile se si parla del Mediterraneo. La causa è scientifica: “Il Mediterraneo è una zona di transizione tra il clima subtropicale a sud, in gran parte del Nord Africa, e un clima oceanico umido o continentale-temperato a Nord”.
In cosa si traduce questa particolare condizione?
“Nel fatto che ogni piccolo spostamento di questa linea di transizione genera una variabilità. In particolare la variabilità della precipitazione è sempre stata una caratteristica della regione mediterranea, quindi della parte dell'Italia centro meridionale. Ci sono sempre stati lunghi periodi di scarse precipitazioni e lunghi periodi di intense precipitazioni.
Sicuramente stiamo alterando il clima rendendolo più caldo e meno piovoso su gran parte dell'Italia, le evidenze del riscaldamento ci sono tutte e da molti anni.
Le evidenze delle alterazioni dei regimi di precipitazione – conclude il professor Lionello – sono più sottili anche se cominciano a emergere e vanno nella direzione di una diminuzione delle precipitazioni su gran parte dell'Italia e di un aumento degli eventi estremi sul Nord Italia vanno in questa direzione”.
Sostenibilità
‘Cibo2050’, viaggio nel futuro del cibo e della...
Presentato l'eBook dell'Osservatorio Cirfood District
Cosa mangeremo nel 2050? Nella nostra alimentazione si faranno sempre più spazio prodotti semplici, con un’attenzione preponderante verso una dieta più sostenibile, anche Plant Based, ma pur sempre mediterranea. E' una delle evidenze emerse dall'eBook Cibo2050 dell'Osservatorio Cirfood District, un team di professionisti, coadiuvato da importanti Istituti di ricerca, nato per poter ascoltare e osservare i cambiamenti e i nuovi bisogni di consumatrici e consumatori.
Redatto grazie alla collaborazione di 15 esperte ed esperti appartenenti a diversi campi di ricerca tra cui scienza, innovazione, medicina, mondo accademico e food, la pubblicazione analizza i possibili scenari futuri del cibo. Partendo dall’assunto che i temi legati a demografia, tecnologia, salute e sostenibilità influenzano e continueranno ad influenzare sempre più le dinamiche legate alla nutrizione, con una prospettiva che guarda al 2050, il saggio esplora i principali fattori di trasformazione del settore e indaga le direzioni che daranno forma all’alimentazione di domani, per fare luce su come potrebbero cambiare i sistemi di produzione e consumo, su come evolverà il dialogo tra l’uomo, il cibo, il pianeta e la tecnologia, per conoscere i cibi o i prodotti che diventeranno di uso comune o che potrebbero addirittura non essere più disponibili sul mercato.
“Come impresa che ogni anno serve oltre 100 milioni di pasti, abbiamo la responsabilità di comprendere i cambiamenti della società e di rispondere ai nuovi bisogni di consumatrici e consumatori, soprattutto in uno scenario complesso e fortemente influenzato da mutamenti climatici, demografici e tecnologici che modificano in modo repentino il contesto in cui viviamo - afferma Daniela Fabbi, direttore Comunicazione e Marketing di Cirfood - Cibo2050, grazie ai contributi di 15 autorevoli voci, evidenzia i possibili scenari futuri del cibo e le sfide che tutto il sistema deve cogliere per garantire, a livello globale, un accesso equo e sostenibile al cibo. Il legame tra clima, nutrizione e salute è evidente e da Cibo2050 emerge come questa connessione debba guidare le scelte future di imprese, istituzioni e di tutta la società, nel suo complesso”.
Cosa mangeremo nel 2050? Dalla pubblicazione emerge una coerenza di visioni in merito alle direzioni che prenderà il cibo nei prossimi decenni, evidenziando il ruolo cruciale che avrà l’educazione alimentare per le scelte di consumatrici e consumatori. Nella nostra alimentazione si faranno sempre più spazio prodotti semplici, con un’attenzione preponderante verso una dieta più sostenibile, anche Plant Based, ma pur sempre mediterranea: si andrà incontro a piatti a base vegetale e proteine alternative, legumi o novel food come alghe, piante che, in modo bilanciato, concorreranno ad implementare abitudini di consumo sane e a impatto positivo sull’ambiente e la salute delle persone. Inoltre, grazie alle numerose innovazioni tecnologiche (dalla fermentazione di precisione alla nutraceutica, fino alla nutrigenomica), sarà possibile creare alimenti con determinate caratteristiche, personalizzati e quindi più funzionali al nostro benessere e più idonei ai fabbisogni di ciascuna persona. Proprio il benessere sarà l’elemento verso cui si muoverà l’alimentazione grazie all’approccio 'Food as Medicine', che vede nel cibo una fonte di salute e prevenzione primaria.
Cosa, invece, non mangeremo più nel 2050? Sulla nostra tavola del futuro, non vengono immaginate pillole e beveroni. I contributi raccolti nel saggio evidenziano che l’alimentazione globale prevederà sempre meno proteine di origine animale (carne e latticini), anche grazie ad una maggiore consapevolezza sugli impatti degli allevamenti intensivi. Inoltre, consapevoli dei rischi legati ad un’alimentazione poco equilibrata e scarsa di nutrienti, chi consuma escluderà sempre di più dalle diete cibi ultra-processati, ricchi di zuccheri e il junk food. Al contempo, la nostra alimentazione dovrà fare i conti con i cambiamenti climatici e le conseguenze che questi avranno sulle coltivazioni, sulla stagionalità dei prodotti e sui sistemi di produzione. Molti esperti, ad esempio, prevedono che potremmo dover rinunciare ad alimenti quali cacao e caffè così come li conosciamo oggi, a causa degli eventi meteorologici estremi e all’insostenibilità economica e ambientale di queste filiere. Tuttavia, gli esperti rassicurano: caffè e cacao non spariranno dalla nostra alimentazione grazie al ricorso a pratiche di coltivazione più sostenibili o all’uso di altre piante, come i carrubi nel caso del cacao per produrre il tanto amato cioccolato.
Dove e come mangeremo nel 2050? Tirando le fila sulle maggiori tendenze al 2050, le contributor e i contributor confermano l’importante valore sociale e aggregativo del cibo che, sempre più, rappresenterà l’occasione per rafforzare i legami con le persone, con la famiglia e la comunità di riferimento. Ma non solo. L’alimentazione sarà, inoltre, leva per arricchire le nostre tradizioni, grazie a contaminazione di idee e gusti generati dai flussi migratori. La cucina sarà sempre il luogo dove sperimentare e vivere in maniera conviviale il rapporto con l’altro. Allo stesso tempo, i ristoranti, i locali e le mense si evolveranno con le esigenze dei consumatori in chiave tecnologica e sostenibile: attraverso format altamente esperienziali e connessi, con offerte alimentari trasparenti e personalizzate. Sarà, infatti, importante approfondire tutte le potenzialità del metaverso, il quale potrebbe consentire un consumo fuori casa diverso, più consapevole rispetto all’attualità.
Infine, in futuro si potrà accedere a un livello di informazioni ancor più dettagliato su ciò che mangiamo, che consentirà di conoscere in tempo reale la freschezza degli alimenti, le specifiche nutrizionali e la tracciabilità, grazie ad un approccio definito 'cibo connesso'. All’interno della pubblicazione, alcuni contributi sono stati dedicati alla revisione dei sistemi di produzione agricoli: dall’agricoltura di precisione, all’agroecologia passando per la necessità di avviare processi rigenerativi dei terreni, per evitare la desertificazione, è indispensabile ripensare tutto il sistema agricolo per far fronte alle esigenze nutrizionali di 10 miliardi di persone che popoleranno la Terra nel 2050.
L’obiettivo di Cirfood attraverso il Saggio Cibo2050 vuole essere quello di esplorare il futuro e indirizzare l’attività di progettazione del Cirfood District (il centro di ricerca e innovazione di Cirfood) per trovare nuove soluzioni orientate al miglioramento dei modelli alimentari e dei servizi a essi connessi, partendo dalle necessità delle comunità. Con lo scopo ultimo di assicurare, anche in futuro, un’alimentazione accessibile, sostenibile, personalizzata e che sia parte integrante del sistema di welfare ed educativo del Paese.
Sostenibilità
Green Social Impact, sostenibilità aziende passa da...
Dare valore alla sostenibilità. Una mano arriva dalla valutazione e dalla misurazione dell’impatto sociale delle scelte green, il solo termometro che può orientare i benefici verso i cittadini.
Dare valore alla sostenibilità. Una mano arriva dalla valutazione e dalla misurazione dell’impatto sociale delle scelte green, il solo termometro che può orientare i benefici verso i cittadini. Una road map che tiene conto soprattutto delle ricadute sociali. La discussione sull’auto elettrica ha dimostrato i limiti del cammino dell’economia verde e dei rigori ideologici dell’Unione europea che stanno per essere riconsiderati. La transizione deve essere sostenibile dal punto di vista economico, sociale e geopolitico. Gradualità, misure eque e solidali senza lasciare nessuno indietro. Il banco di prova per una soluzione è sempre quello con la realtà. Ovvero come nella vita quotidiana la sostenibilità incide sulla crescita delle comunità di cittadini. Ci vuole un nuovo modello di sviluppo e di crescita attraverso una economia partecipativa. I piccoli correttivi non servono. Occorre una rinascita valoriale. Il bene comune, il benessere condiviso. Un bilancio dettagliato di quello che è stato fatto e quello che rimane da fare è scaturito dal confronto serrato uscito oggi, 12 dicembre, dall’European Colloquium 'Green Social Impact', AdnKronos è tra i media partner dell’evento, organizzato da Istud Business School, la più antica business school privata italiana, insieme e Cottino Social Impact Campus di Torino,
"La transizione ecologica – spiega Marella Caramazza, direttore generale Istud Business School e Board Member Cottino Social Impact Campus, direttore strategie del CeVIS, Centro di competenze per la valutazione e la misurazione dell’impatto - non è solo una questione ambientale ma è intrinsecamente legata a come viviamo, lavoriamo e connettiamo come comunità. Ed è essenziale gestire attentamente questa transizione per evitare che le comunità più vulnerabili ne subiscano le conseguenze negative. Possiamo iniziare a monitorare alcuni dati. Salute delle comunità; Accesso a innovazioni green e fonti di energia rinnovabile; Economia circolare; Diversità e inclusione".
Quindi è del tutto lecito in una fase congiunturale caratterizzata da una preoccupazione diffusa dell’opinione pubblica, alimentata dalla progressiva perdita di competitività dell’industria europea e dagli effetti delle interminabili crisi internazionali e dalla fine della pandemia, chiedersi se la transizione ecologica sta rallentando. "Che l’economia verde goda buona salute lo dicono innanzitutto le imprese. C’è un’Italia – si sofferma Danilo Bonato Direttore Sviluppo Strategico e Relazioni Istituzionali di Erion Compliance Organization – che sta proseguendo il proprio impegno climatico riducendo del 25% le sue emissioni di gas serra rispetto al 1990 e spingendo con decisione sulle fonti rinnovabili con 6 GW incrementali nello scorso anno. Serve un maggior coinvolgimento delle imprese a sostegno del Green Deal europeo secondo le linee di investimento indicate da Mario Draghi".
Sottovalutare la crisi climatica non farebbe che limitare le possibilità di sviluppo economico futuro. Ne è convinto il professore Valentino Piana Direttore Economics Web Institute e Senior Climate Strategist dell’European Network of Living Labs. "La Cop 29 ha avviato un discorso sulle cifre da mobilitare che rapidamente vanno verso le centinaia e migliaia di miliardi. Qualunque imprenditore dovrebbe sentire che il mercato va lì e che i suoi prodotti innovativi possono trovare co-progettazione e adattamento alle condizioni locali attraverso gli strumenti non-di-mercato, tra cui processi sociali di condivisione e formazione delle competenze e delle tecnologie".
E’ atteso il recepimento negli Stati Membri, entro il 2026 "di obblighi stringenti per le imprese quali la rendicontazione di sostenibilità, la gestione responsabile – elenca l’avvocato Paolo Peroni di Rödl & Partner – delle catene del valore e l’eliminazione o minimizzazione degli impatti negativi sui diritti umani e l’ambiente. Non è solo un adempimento normativo ma una scelta strategica per generare valore condiviso e garantire competitività nel lungo periodo".
La parola crisi è ricorrente "il termine – lo insegna il professor Andrea Farinet docente di Economia e Gestione delle imprese della Liuc-Università Cattaneo - viene etimologicamente dal verbo greco krinomai e significa decidere. Dobbiamo decidere, scegliere un nuovo tipo di progresso economico e sociale, pensare e sperimentare architetture dove esseri umani e ambiente convivono in equilibrio. In uno scenario come quello attuale l’approccio socialing è probabilmente l’unico che va veramente incontro alle reali necessità degli individui che vogliono sentirsi compresi, che sono alla ricerca di un confronto autentico e che sempre di più sentono il bisogno di condividere esigenze e difficoltà oggettive. Una terza via né catastrofista né negazionista".
Un progetto sostenibile non è altro che un co-creato hub di persone, economia e scienza. Lo pensa Massimiliano Braghin Presidente e Co-Founder di Infinityhub S.p.A. Benefit. "Tutto è collegato. Azioni nativamente sostenibili nelle tre accezioni di sostenibilità: ambientale, economica e sociale. Quando tutti sono integrati fin dall’inizio, tutti partecipano al capitale. La partecipazione di tutti ai valori e alla distribuzione del valore garantisce una risposta positiva diffusa. Chi si muove prima avrà sicuramente dei vantaggi". Per questo un dettaglio non trascurabile è la formazione e la conoscenza. Education prima del business. Dalle scuole medie. Dai giovani studenti. "Nel 2023 – commenta Eliana Baruffi country communications manager di Abb - abbiamo coinvolto ventimila ragazzi e ragazze, Spieghiamo loro come la tecnologia possa aiutare la sostenibilità e di come ciascun professionista può portare il suo contributo. Per noi progresso sociale significa, oltre che salute e sicurezza per i nostri lavoratori, impegno per una società più inclusiva e motivata".
E’ quel sentiment che ritroviamo anche quando si parla di economia circolare costituita da atti concreti delle comunità dove la valutazione dell’impatto sociale è quotidianità. Un esempio arriva da Roberto Sancinelli Presidente di Montello S.p.A., il più grande centro di riciclo di plastica e umido a livello europeo. La plastica si trasforma in minuscoli granuli che possono essere riutilizzati per tutto. L’organico invece è trasformato in energia elettrica e termica, in biometano e fertilizzante organico, mentre l’anidride carbonica viene reimmessa nel ciclo industriale anche per trasformare in gassata l’acqua minerale. "Se vogliamo limitare il consumo di materie prime fossili c’è solo una opzione - precisa Sancinelli -, ovvero riciclare. Entro il 2050 la plastica vergine aumenterà del 3-3,5% e questo significa che in trent’anni raddoppieremo la quantità di plastica che circolerà nel pianeta".
Il riciclo ha similitudini anche nel giro “riscaldare, risparmiare e non inquinare”. Purtroppo "la penetrazione delle rinnovabili non emissive – spiega Riccardo Bani, presidente di Teon – nel settore termico che pesa per il 65% dei consumi finali in energia, in Italia è solo del 6%". E se prima di pensare alle auto elettriche si metteva mano al cambio delle vecchie caldaie con le pompe di calore? I risparmi di spesa sarebbero dal 40 al 70% con emissioni azzerate. La transizione ecologica va fatta adottando soluzioni meditate affrancate da inutili contrapposizioni. "Quella che Carlo Petrini – ricorda l’editorialista e saggista Maurizio Guandalini, chairman dell’evento e curatore del libro La Transizione Ecologica (raccontata da chi la fa) punto di riferimento per gli studiosi- chiama la saggezza contadina dei saperi secolari che insieme alla scienza potranno fronteggiare scenari di geoeconomia e geopolitica popolati da ‘squali’, i decisori finali della rivoluzione energetica, impegnati a duellare per il controllo delle materie prime e delle risorse del sottosuolo".
Sostenibilità
Stati Generali Ontm 2024, focus su sfida energetica paese e...
Mare asset strategico dell’architettura economico sociale dell’Italia
Sono in corso gli Stati Generali 2024 di Ontm – Osservatorio Nazionale Tutela del Mare, l’appuntamento annuale che vede quale cornice d’eccezione Sala Longhi di Piazza Sallustio 21, messa a disposizione dalla partner dell’evento Assonautica Italiana – Unioncamere. La giornata è introdotta dal Direttore Generale di Ontm Federico Ottavio Pescetto, durante la quale si presta l’attenzione al tema della "sfida energetica: verso l’autosufficienza del Paese - La nuova frontiera dell’energia rinnovabile Offshore". Tra i relatori figurano Maria Siclari, Direttore Generale di Ispra, Fulvio Mamone Capria, Presidente di Aero, Massimiliano Atelli, Presidente della Commissione Via Vas – Pnrr PniecC, Francesca Biondo, Direttore di Federpesca, Francesco Maria Giovannini, Partner e Membro del Consiglio di Amministrazione di Green Arrow Capital, Klaus Falgiani, Ceo Europe & Ceo Italy di Acciona Energia, e Antonino Caliri, Head of Public Affairs di Energean, con le conclusioni affidate al Presidente di Ontm Roberto Minerdo.
Una scelta, quella del tema dei lavori della mattina, figlia della consapevolezza che in un contesto globale in cui la transizione energetica rappresenta una priorità imprescindibile, l'Italia deve cogliere le opportunità offerte dalle energie rinnovabili per garantire sicurezza energetica, sostenibilità ambientale e competitività economica; in particolare, l'energia rinnovabile offshore si configura come un pilastro strategico, grazie al suo potenziale innovativo e alla possibilità di valorizzare le nostre risorse marittime, rendendo il Mare non solo un elemento identitario ma anche un motore di sviluppo per il nostro Paese.
Un contributo, quello dei relatori chiamati ad affrontare questa fondamentale tematica, contestualizzato anche dagli interventi delle tante Istituzioni presenti alla giornata, sia nella sua parte mattutina, sia in quella pomeridiana: quest’ultima, incentrata maggiormente su quello che è e potrà essere il contributo del Cluster Mare non solo per il comparto energetico, ma anche per le innumerevoli altre sfide che l’Italia si trova ad affrontare oggi. Un momento di approfondimento, quest’ultimo, dove saranno chiamati a un loro contributo alcuni dei Soci di Ontm, una realtà associativa che ha deciso di votarsi all’aggregazione e alla condivisione, accogliendo tra le proprie fila rappresentanti del mondo istituzionale ed economico nazionale e internazionale, con la finalità di valorizzare il Cluster Mare quale asset strategico dell’architettura economico sociale dell’Italia.
Tra le Istituzioni presenti, oltre ai padroni di casa Andrea Prete, Presidente di Unioncamere, e Giovanni Acampora, Presidente di Assonautica Italiana, interverranno il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin (in video), la Sottosegretario di Stato al Ministero dell’Istruzione e del Merito On. Paola Frassinetti, l’On. Giampiero Zinzi (VIII Commissione Ambiente), l’On. Luca Squeri (X Commissione Attività Produttive), il Sen. Michele Fina (7^ Commissione Ambiente), l’On. Maria Grazia Frijia (IX Commissione Trasporti), l’Europarlamentare On. Isabella Tovaglieri (in video), l’Assessore Regionale Lazio Pasquale Ciacciarelli, l’Amm. Sq. Giuseppe Berutti Bergotto, Sottocapo di Stato Maggiore della Marina, il Gen. C.A. Salvatore Luongo, Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, l’Amm. Isp. C (CP) Nicola Carlone, Comandante Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto Guardia Costiera, il Gen. B. Joselito Minuto, Comandante del Comando Operativo Aeronavale della Guardia di Finanza, il C.A. Massimiliano Lauretti, Capo del 3° Reparto dello Stato Maggiore della Marina, il Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ionio Sergio Prete, il Commissario Straordinario dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Orientale Federica Montaresi, l’Amm. Luciano Magnanelli, Vicepresidente della Lega Navale Italiana, il Segretario Generale di Assonautica Italiana Antonio Bufalari e Giordano Giorgi, Dirigente ISPRA, responsabile del Pnrr Mer.