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Covid Italia, Rt sotto soglia epidemica: dati ultima settimana

Il monitoraggio dell'Istituto superiore di sanità: Rt sotto soglia epidemica. Basilicata, Calabria e Bolzano non segnalano casi

Test covid - Afp

Covid in calo in Italia nell'ultima settimana. Tra l'11 e il 17 aprile i casi positivi a Sars-CoV-2 registrati sono stati 538, il 16,7% in meno rispetto ai 7 giorni precedenti quando erano 646. Mentre i morti sono stati 9, diminuiti del 40% rispetto ai 15 registrati la scorsa settimana. E' il quadro che emerge dal bollettino diffuso dal ministero della Salute sull'andamento della situazione epidemiologica da Covid-19.

Il tasso di positività nel Paese resta invariato a 0,5% rispetto alla settimana precedente, su un totale di 107.539 tamponi effettuati, -9,8% rispetto all'ultimo bollettino (quando i test erano stati 119.189).

Sul fronte ospedaliero, il tasso di occupazione di posti letto in area medica da parte di pazienti Covid al 17 aprile si conferma pari a 1,1% (700 ricoverati), rispetto all'1,2% (727 ricoverati) del 10 aprile. Mentre il tasso di occupazione in terapia intensiva è 0,3% al 17aprile (22 ricoverati), rispetto allo 0,2% (21 ricoverati) del 10 aprile.

Il monitoraggio settimanale: Rt sotto soglia epidemica

L'Rt, l’indice di trasmissibilità Covid calcolato con dati aggiornati al 17 aprile, in Italia "risulta sotto la soglia epidemica, pari a 0,96 (0,79–1,15), in leggera diminuzione rispetto alla settimana precedente (Rt 1,01); l’incidenza di casi diagnosticati e segnalati (8-14 aprile) è pari a 0,82 casi per 100.000 abitanti, sostanzialmente stabile rispetto alla settimana precedente; l’incidenza settimanale ha un andamento eterogeneo nelle diverse regioni e province rispetto alla settimana precedente. L’incidenza più elevata è stata riportata in Lombardia (1,6 casi per 100.000 abitanti), non sono stati segnalati casi dalle regioni Basilicata, Calabria e provincia autonoma di Bolzano. I dati delle ultime due settimane possono variare in quanto soggette a consolidamento". Lo evidenziano i dati del monitoraggio settimanale Covid dell'Istituto superiore di sanità (Iss).

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Salute e Benessere

Tumori al seno, da Ieo Milano ‘3 passi verso la...

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Tumori al seno, da Ieo Milano '3 passi verso la guarigione per tutte le pazienti'

Giuseppe Curigliano, direttore della Divisione Nuovi farmaci per terapie innovative e vicedirettore dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, professore all'Università Statale del capoluogo lombardo, è autore di 3 studi, pubblicati quasi contemporaneamente su 'New England Journal of Medicine' (Nejm) e 'Nature Medicine', che segnano "3 pietre miliari nella lotta al tumore del seno, sia in fase iniziale che metastatica", informano dall'Irccs fondato da Umberto Veronesi. I risultati delle ricerche sono presentati e discussi al San Antonio Breast Cancer Symposium (10-13 dicembre, San Antonio, Texas).

Il primo studio (Destiny06), pubblicato sul 'Nejm' il 6 dicembre - riporta una nota - consacra il ruolo degli anticorpi coniugati nella cura delle pazienti con tumore al seno Her2 low, le cui cellule presentano cioè un'espressione bassa del recettore 2 del fattore di crescita dell'epidermide umana. I dati dimostrano che anche nelle pazienti con bassa espressione del recettore (tumore Her2-low o Her2-ultralow) l'anticorpo monoclonale trastuzumab coniugato con il farmaco deruxtecan, dopo la terapia ormonale, migliora la sopravvivenza senza progressione di malattia in media di 5 mesi rispetto alla chemioterapia. Un importante progresso nelle terapie per i tumori mammari metastatici emerge anche dai risultati del secondo lavoro, apparso sul 'Nejm' il 10 dicembre. Si tratta dello studio Ember-3 sull'efficacia di imlunestrant, un degradatore orale selettivo del recettore degli estrogeni, nelle pazienti con carcinoma mammario avanzato Er+ Her2-, che esprime cioè il recettore degli estrogeni, ma non il recettore Her2. I dati hanno dimostrato che in pazienti già trattate con terapia endocrina imlunestrant, associato al chemioterapico abemaciclib, migliora di circa 4 mesi la sopravvivenza senza progressione di malattia rispetto alla terapia standard.

Lo studio pubblicato su Nature Medicine segna invece un passo avanti nella terapia neoadiuvuante, somministrata prima dell'intervento chirurgico per ridurre le dimensioni del tumore e renderlo più facilmente operabile. La ricerca ha dimostrato che l'immunoterapia con nivolumab aumenta l'efficacia della chemioterapia neoadiuvante, senza peggiorare gli effetti collaterali, nelle donne con tumore al seno iniziale Er+ Her2- ad alto rischio, vale a dire con alti livelli di Er e assenza di Her2. I ricercatori hanno inoltre identificato specifici sottogruppi di pazienti che hanno maggiori probabilità di rispondere e trarre beneficio dalla associazione di nivolumab e chemioterapia neoadiuvante. Questi pazienti sono quelli con maggiore livello di linfociti infiltranti e di PD-L1 (recettore bersaglio per l'immunoterapia).

"Questi risultati - dichiara Curigliano - dimostrano che dobbiamo continuare a interrogarci sugli schemi terapeutici e le classificazioni del tumore al seno, per migliorare le cure dei tumori metastatici e quelli iniziali ad alto rischio: le 2 grandi sfide della senologia contemporanea. Dobbiamo continuare a sviluppare lo studio delle caratteristiche molecolari del tumore e in particolare la presenza o meno di target molecolari sulla superficie delle cellule tumorali e i livelli a cui sono presenti, perché su questa conoscenza si basa la strategia terapeutica del futuro. I progressi ci sono già oggi, come dimostra il fiorire di studi mondiali, tra cui i 3 appena pubblicati a cui sono orgoglioso di avere contribuito".

"La prospettiva di vita per una donna con una malattia metastatica è quasi triplicata negli ultimi 20 anni, ma io sono convinto - conclude l'oncologo - che questo è solo l'inizio di un processo che ci porterà verso l'obiettivo della guarigione per tutte le pazienti con tumore del seno".

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Salute e Benessere

Salute, +34% allergie alimentari negli ultimi 10 anni, più...

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Salute, +34% allergie alimentari negli ultimi 10 anni, più colpiti i bambini

Le allergie alimentari nei bambini aumentano in tutto il mondo e anche in Italia. Secondo i risultati dello studio Epifa (Epidemiology of Paediatric Italian Food Allergy), promosso dalla Società italiana di gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica (Sigenp), negli ultimi 10 anni c'è stato un aumento del 34%: "Più colpita la fascia d'età tra 0 e 3 anni, con un incremento del 120%", evidenzia la Sigenp. Alcune di queste allergie possono avere un esito infausto, come accaduto a Roma a una bambini di 9 anni morta al Policlinico Gemelli dove era stata trasferita giovedì sera in condizioni disperate dal Policlinico Casilino. La bambina è deceduta in seguito a una reazione allergica con shock anafilattico insorto a casa, dopo che a pranzo aveva mangiato a quanto pare degli gnocchi in un ristorante.

Ma a che cosa è dovuto l'aumento vertiginoso della prevalenza di queste condizioni? "Le cause possono essere molteplici, da una eccessiva prescrizione di antibiotici e farmaci inibitori dell'acidità gastrica, all'uso di disinfettanti e antisettici. Ma un ruolo di grande importanza nel favorire la comparsa di allergie alimentari è dato dall'aumento continuo e inarrestabile del consumo di alimenti ultraprocessati in età pediatrica già a partire dal primo anno di vita - spiega Berni Canani, professore ordinario di Pediatria all'Università degli Studi di Napoli Federico II e coordinatore dello studio Epifa - Questi alimenti ultraprocessati, il cosiddetto 'cibo spazzatura' che in Italia, così come in altri Paesi come gli Stati Uniti o l'Australia, viene consumato sempre di più dai bambini, anche dai più piccoli, sono in grado di alterare il sistema immunitario e scatenare la comparsa di allergie".

'I casi più gravi da crostacei e molluschi, cereali, uova e alimenti vegetali'

"Da uno studio sull'incidenza e sulle cause di allergie alimentari in Italia dell'Associazione allergologi italiani territoriali e ospedalieri (Aaaito) - si legge nel documento di indirizzo sull'allergie alimentari del ministero della Salute - è risultato che gli allergici ad alimenti sono l'8% di tutti gli allergici. Il 45% presentava una allergia primaria (non collegata ai pollini) agli alimenti, gli altri una reazione crociata tra pollini e alimenti, mentre l'1% è risultato allergico ad alimenti per reazione crociata al lattice. Fra gli alimenti sono causa di allergia primaria i vegetali 72% (frutta, legumi, pomodoro), crostacei e molluschi 13%, pesci 4%, uova 3%, latte 3 %, cereali 2%, carni 1%, anisakis e lumache meno dell'1%. I quadri clinici più gravi sono causati da allergia primaria a crostacei e molluschi, cereali, uova e alimenti vegetali quali sesamo, spinaci, avocado, arachidi e semi".

"In età pediatrica latte vaccino, uova, grano, soia, pesce ed arachidi sono responsabili di circa il 90% delle reazioni allergiche ad alimenti. Le reazioni sistemiche per le allergie alimentari crociate con i pollini sono il 5%. La causa più frequente di allergia ai vegetali è rappresentata dalle proteine Lipid Transfer Protein (Ltp) (20% di tutte le allergie alimentari e 60% dei vegetali); le Ltp sono contenute soprattutto in pesca, mela, albicocca, ciliegia, nocciola, arachidi e noci", aggiunge il documento del ministero della Salute.

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Salute e Benessere

Metamizolo, alert Aifa su antidolorifico e antifebbre:...

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Lettera ai medici con misure importanti per minimizzare gli esiti gravi della agranulocitosi, che può portare anche a infezioni fatali

Sede Aifa a Roma - Fotogramma /Ipa

Alert dell'Agenzia italiana del farmaco sull'antidolorifico e antipiretico metamizolo e il rischio di agranulocitosi, una condizione patologica che comporta una diminuzione improvvisa e severa dei globuli bianchi (granulociti) e può portare a infezioni gravi, anche fatali. La comunicazione dell'Aifa è ai medici che in questo modo possono informare e sensibilizzare i pazienti che assumono metamizolo e intercettare precocemente i sintomi di agranulocitosi, che in questo periodo possono confondersi con quelli dell'influenza e passare inosservati.

Metamizolo e rischio agranulocitosi, quali sono i sintomi

Secondo la nota informativa pubblica sul sito dell'Aifa, concordata con le autorità regolatorie europee, "i pazienti trattati con medicinali contenenti metamizolo devono essere informati riguardo ai sintomi precoci suggestivi di agranulocitosi, tra cui febbre, brividi, mal di gola e piaghe dolorose delle mucose, in particolare nella bocca, nel naso e nella gola o nelle regioni genitali o anali; alla necessità di mantenere alta l'attenzione su questi sintomi, poiché possono manifestarsi in qualsiasi momento durante il trattamento, anche poco dopo l'interruzione del trattamento; alla necessità di interrompere il trattamento e rivolgersi immediatamente al medico se sviluppano questi sintomi.

Se il metamizolo viene assunto per la febbre, alcuni sintomi di una agranulocitosi emergente possono passare inosservati", avverte la nota. "Inoltre, i sintomi possono essere mascherati nei pazienti in trattamento con una terapia antibiotica. Se si sospetta agranulocitosi, deve essere eseguito immediatamente un emocromo completo (inclusa la formula leucocitaria) e il trattamento deve essere interrotto in attesa dei risultati.

Le indicazioni in caso si agranulocitosi

Se l'agranulocitosi viene confermata, il trattamento non deve essere reintrodotto". E ancora, "il monitoraggio di routine dell'emocromo nei pazienti trattati con medicinali contenenti metamizolo non è raccomandato. Il metamizolo è controindicato nei pazienti con un'anamnesi di agranulocitosi indotta da metamizolo (o da altri pirazoloni o pirazolidine), con compromissione della funzionalità del midollo osseo o con malattie del sistema emopoietico".

A luglio l'Agenzia europea del farmaco (Ema) ha avviato una revisione dei medicinali a base di metamizolo. Intanto - come raccomandato dal Comitato sicurezza dell'ente regolatorio Ue - l'Aifa anche con questa nota rafforza le misure per ridurre al minimo le conseguenze gravi di questo effetto collaterale dell'antidolorifico.

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