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Politica
Schlein: “Campo largo non è morto. Conte? Avversario...
Schlein: “Campo largo non è morto. Conte? Avversario è il governo, spero non interessi solo me”
La segretaria Dem alla 'Stampa estera': "Con l'esecutivo di Giorgia Meloni collaborazione su politica estera ma, dalla salute al lavoro, è scontro sui fondamentali costituzionali". E annuncia: "Tessera 2024 dedicata a Berlinguer"
![Elly Schlein - Fotogramma](https://www.adnkronos.com/resources/028c-1aa885e46635-c96f807b001c-1000/format/big/schlein_stampaesteraftg.jpeg)
Il campo largo "fortunatamente per l'Italia" non è morto. Parola della segretaria Dem Elly Schlein intervistata alla 'Stampa estera'. "In 22 comuni su 27 in cui si va al voto c’è una alleanza larga - sottolinea Schlein -. Non mi sembra così morta l’alternativa".
Quanto ai rapporti con Giuseppe Conte, "il Pd - spiega - ha un obiettivo: ricostruire una identità univoca e costruire l’alternativa alla destra, non vorrei fosse un problema solo mio ma che sia lo stesso per le altre forze di opposizione".
"Bisogna fare un confronto costruttivo, avendo chiaro che l’avversario e il governo. Spero che questo non interessi solo il Pd. L’atteggiamento unitario porta risultati", ha aggiunto. La segretaria Pd ha respinto l'accusa di essere succube di Conte. "Tutti hanno visto che non mi sono mai tirata indietro dal rispondere, a partire dalle primarie”.
Puglia? Pd con Leccese, anche per strada unitaria
Quindi tornando alle amministrative in Puglia che hanno visto la rottura tra con Movimento 5 Stelle, "stanno discutendo i due candidati Leccese e Laforgia, ho detto che siamo al fianco di Leccese, anche se vuole tentare una strada unitaria. Ascolteremo e vedremo", afferma ribadendo che a Emiliano "ho chiesto un rinnovamento netto, che è la non sostituzione di chi è andato via. Ne parlerà oggi il Pd regionale, siamo tutti concentrati su un obiettivo condiviso”, assicura.
"Con il governo in contrapposizione su tutto"
Sui rapporti con il governo di Giorgia Meloni "siamo allo scontro sui fondamentali costituzionali, sui tagli alla sanità, sulla scuola, sul lavoro, sui diritti e sulle politiche migratorie. Lo scontro c’è su tutti questi versanti", elenca Schlein.
"Sull’autonomia vediamo una sedicente patriota che spacca in due l’Italia, fotografando le disuguaglianze esistenti, portandole avanti e allargandole se non metti un euro per ridurre i divari", ha attaccato.
Diverso il discorso sulle crisi internazionali. "È fisiologico - precisa la leader Dem - in un momento di preoccupazione chiamare il governo e interlocutore per uno scambio di informazioni e per manifestare la preoccupazione del Pd, non è la prima volta, e offrire collaborazione nell’interesse dell’Italia. Siamo in contrapposizione su tutto ma su questi temi dialoghiamo, lo abbiamo fatto anche in Parlamento”, ha aggiunto la segretaria del Pd sottolineando: “La nostra posizione è quella di fare tutto il possibile per la cessazione del fuoco”.
Draghi alla Commissione Ue? "Nostro candidato è Schmit"
Quanto a una candidatura di Mario Draghi al vertice della Commissione Ue "abbiamo lanciato la candidatura per la presidenza di Nicolas Schmit. Questo non toglie stima e considerazione per il profilo, ma come gruppo dei socialisti abbiamo un solo candidato", ha affermato.
Nessuna decisione ancora invece rispetto ad una sua candidatura alle Europee. "Stiamo lavorando alle liste, arriveremo a una definizione in tempi brevi, c'è una scadenza a fine mese".
Tessera Pd 2024 dedicata a Berlinguer
La segretaria annuncia poi l'omaggio del Pd al leder comunista Enrico Berlinguer. "Per il tesseramento 2024 ci è venuta l’idea - afferma mostrando la nuova tessera con il volto del leader Pci - di un omaggio, a 40 anni dalla scomparsa, a una personalità il cui impegno e la cui memoria ci ispirano: ‘Casa per casa, strada per strada’".
Il Pd, dopo un anno della sua segreteria, è “un partito sano. In 13 dei 17 capoluoghi in cui si è votato il Pd è il primo partito; in Sardegna è primo partito; in Abruzzo siamo il secondo partito dopo FdI ma abbiamo raddoppiato i voti”, rivendica Schlein.
"Siamo contenti, il lavoro di ricostruzione dell’identità del partito è faticoso e lungo, abbiamo pieno mandato. Oggi possiamo dire che il Pd è il primo partito di opposizione in Italia, perno di qualsiasi alternativa alla destra, dopo un anno. Ci si chiedeva se ce l’avrebbe fatta, se ci fosse stata una scissione. Caspita! Siamo contenti”, ha concluso la segretaria dem.
Politica
Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa...
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"A viale Mazzini dovrebbero fare una statua a me accanto al cavallo, ho salvato Rai Way dai piani della sinistra"
![Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa non si farà mai](https://www.adnkronos.com/resources/028f-1b762149555d-ff8b94576863-1000/format/big/gasparri.jpeg)
L’ipotesi di privatizzazione della Rai? “Le norme per farlo esistono da 20 anni, sono nella legge che porta il mio nome. Ma cedere Rai1, Rai2, e Rai3, non accadrà mai”. Esordisce così con l’Adnkronos il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia. Che, da ministro delle Comunicazioni del governo Berlusconi, preparò il disegno di legge sul sistema radiotelevisivo italiano approvato dal Parlamento nell’aprile 2004. “Ci sono due possibilità: o una quotazione in borsa, e all’epoca la strada fu esplorata tanto che con l’amministratore delegato Flavio Cattaneo andammo a parlarne con i vertici di Borsa Italiana; oppure la cessione di rami d’azienda. Non bisogna dimenticare che la Rai ha più di dieci canali: oltre ai tre generalisti, ci sono quelli dedicati a storia, cinema, bambini, sport… Nulla vieta, se serve fare cassa, di cedere quelli, in tutto o in parte, o magari di fare delle joint venture con altri editori. Non mi pare che la Rai verrebbe meno al suo ruolo di servizio pubblico se Rai YoYo facesse un accordo con una società che produce contenuti per bambini”.
In un articolo del ‘Foglio’ si fa riferimento alla cessione di un 50% della società per abbattere il debito e gli oneri per le casse dello Stato. “Per un simile scenario ci vorrebbe una quotazione. E' vero, non serve avere il 50+1 di una società per controllarla, basta vedere cosa è successo con Enel, Eni e Leonardo. Ma attenzione: per portare in borsa un asset come la Rai bisogna prima valorizzarlo, renderlo appetibile per investitori e risparmiatori. E al momento mi sembra un compito difficile”. Altro discorso la cessione di rami d’azienda. “A viale Mazzini dovrebbero installare una statua dedicata a me, accanto a quella del cavallo. Fui infatti io nel 2001, da ministro, a oppormi all’operazione che era stata predisposta dal precedente governo di sinistra. Il piano era di cedere a una società privata un pezzo di Rai Way, ovvero le antenne e le infrastrutture di trasmissione, ma la Rai in cambio avrebbe avuto solo la minoranza nel consiglio di amministrazione. Dissi di no a questa idea balzana, sollevando grandi polemiche. Invece fu la scelta giusta: Rai Way è stata quotata anni dopo e ha garantito un ricco assegno per le casse pubbliche. Che hanno potuto monetizzare un asset strategico senza però perderne il controllo. Dico strategico perché con il Covid abbiamo avuto la dimostrazione del fatto che lo Stato deve avere il controllo sulle infrastrutture di comunicazione essenziali come quelle televisive. Durante i lockdown internet non arrivava ovunque, ma i canali del digitale terrestre sì, e hanno potuto informare anche quei cittadini che non sono dotati di smartphone o connessione veloce. Ora si parla di una possibile fusione con Ei Tower, su cui viaggiano le tv private. Non ho nulla in contrario, basta che alla fine dell’operazione la maggioranza di controllo resti in mano pubblica”.
Politica
La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa,...
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Gli uffici di Viale Mazzini da mesi preparano il terreno per una possibile assunzione a tempo indeterminato del direttore generale
![La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa, Rossi stabilizzato?](https://www.adnkronos.com/resources/028f-1b761220d127-96aa2395eeb0-1000/format/big/agenzia_fotogramma_fgr4137909_pr_.jpeg)
L’ipotesi di una privatizzazione della Rai, che oggi è tornata nel dibattito politico, ha fatto molto rumore a Viale Mazzini, rimettendo in moto un progetto che è sul tavolo da circa 30 anni, con altrettante declinazioni e ipotesi. Staccare un solo canale? Tenere Rai1, Rai2 e Rai3 ma cedere tutti gli altri, in blocco o creando delle joint venture con altri editori e produttori? Fare una ‘bad company’ da lasciare in mano pubblica, con i programmi del servizio pubblico che hanno minore ritorno commerciale, mentre una ‘newco’ con i pezzi più pregiati potrebbe essere messa sul mercato? I rumor sono ripartiti a partire dall’articolo di prima pagina del “Foglio” di oggi, che parlava della cessione di un 50% degli asset della tv e radio pubblica.
Come sottolinea Claudio Cerasa, la privatizzazione sarebbe una grande mossa politica, soprattutto in risposta a chi accusa la premier di aver messo in piedi ‘TeleMeloni’. Il problema è che il nuovo assetto sarebbe accolto con ostilità da Mediaset e gruppo Cairo: con l’abbandono dei tetti pubblicitari, la Rai privata sottrarrebbe inserzionisti agli altri broadcaster.
Il dossier è complicato inoltre dal rinnovo dei vertici: mercoledì 31 luglio il parlamento potrebbe (potrebbe) finalmente votare i componenti del cda che sostituiranno gli attuali, scaduti da due mesi. Nel frattempo sono arrivate le dimissioni della presidente Marinella Soldi (che non aveva alcuna possibilità di riconferma) e si aspetta la nomina dei nuovi membri votare al suo posto Simona Agnes, in quota Forza Italia.
Il rischio è però che anche l’appuntamento di mercoledì non sia risolutivo e che tutto slitti a settembre. Anzi a ottobre, mese in cui è attesa la sentenza del Tar sul ricorso contro l’attuale procedura di selezione per il cda. Sarebbe infatti inutile trovare l’accordo per poi rischiare di dover ripartire da capo con la scelta dei candidati.
Lo stallo sul rinnovo si spiega con le tensioni tra Lega e Fratelli d’Italia. Il partito della premier vorrebbe promuovere Giampaolo Rossi, attuale direttore generale, ad amministratore delegato. I salviniani temono però che una mossa simile darebbe troppo potere agli alleati di governo, e finora hanno preso tempo, sapendo di non poter imporre un nome alternativo. Nel frattempo, risalgono le quotazioni di Roberto Sergio, attuale ad, che non avendo appartenenze (se non quella, filosofica, alla regola democristiana) è l’unico nome in grado di tutelare tutte le parti in causa.
Una conferma di Sergio per il prossimo mandato potrebbe scatenare una reazione negativa di Rossi? Non necessariamente: l’Adnkronos può confermare che negli uffici della Rai da mesi si studia il modo per consolidare il suo ruolo in azienda, ad esempio con un’assunzione a tempo indeterminato nel ruolo di direttore generale, così da non essere più in balìa delle tempeste politiche ma in grado di restare a lungo ai vertici di un’azienda con cui in questi anni ha creato un rapporto sempre più stretto.
Politica
Giovanni Toti si è dimesso, Liguria alle urne entro 90...
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Il governatore ha inviato una lettera all'ufficio protocollo della Regione
Con una lettera fatta pervenire all'ufficio protocollo della Regione Liguria il presidente Giovanni Toti ha rassegnato le sue irrevocabili dimissioni. L'addio del presidente comporta automaticamente lo scioglimento della del Consiglio ligure. Nuove elezioni dovranno avvenire entro 90 giorni.