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Cronaca

Vaccini, gli esperti: “Rafforzare le vaccinazioni nei...

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Vaccini, gli esperti: “Rafforzare le vaccinazioni nei pazienti oncologici”

L'appello lanciato da comunità scientifica e associazioni pazienti, 'accesso su tutto il territorio, anche in centri ospedalieri'

Vaccini, gli esperti:

Tra i principali problemi di salute pubblica in Italia vi sono i decessi provocati dai tumori, pari a poco meno di 500 persone al giorno, con oltre 1.400 diagnosi quotidiane. Ad aggravare questo quadro vi è la poca consapevolezza degli strumenti preventivi a disposizione contro le malattie infettive. Per questo occorre una maggiore sensibilizzazione sulla disponibilità di protezione vaccinale contro infezioni come pneumococco, Herpes zoster (Hz), Rsv (virus respiratorio sinciziale), oltre che contro Covid e influenza. Ai pazienti fragili, più esposti a queste infezioni e a una maggiore gravità della sintomatologia, si deve offrire l'opportunità di ricevere le vaccinazioni in ospedale e sul territorio. Questi i messaggi emersi nell'incontro scientifico-istituzionale che si è tenuto oggi al ministero della Salute, 'La protezione vaccinale nei pazienti fragili e a rischio. Focus sui pazienti oncologici', organizzato da Aristea con il contributo non condizionante di Gsk.

L'appello lanciato dalla comunità scientifica e dalle associazioni dei pazienti è stato proprio volto a diffondere consapevolezza e "accesso alle vaccinazioni tanto sul territorio quanto in ospedale", in linea con quanto già prescritto dal Piano nazionale di prevenzione vaccinale che al quinto punto - ricorda una nota - promuove interventi vaccinali nei gruppi di popolazione ad alto rischio per patologia, favorendo un approccio centrato sulle esigenze del paziente. Secondo l'Oms le vaccinazioni prevengono 2-3 milioni di morti l'anno, ma molti decessi sono ancora causati da malattie infettive prevenibili con vaccinazione, soprattutto tra i pazienti immunocompromessi e con comorbosità. Tra questi, i pazienti oncologici rappresentano una delle popolazioni a maggior rischio.

"E' necessario avvicinare il più possibile le vaccinazioni ai pazienti fragili - sottolinea Roberta Siliquini, presidente Siti (Società italiana d'igiene, medicina preventiva e sanità pubblica) - Infatti, una malattia infettiva in pazienti immunocompromessi o con malattie croniche come le neoplasie potrebbe aggravare la situazione di base o, in alcuni casi, costringere a interrompere delle cure salvavita. E' altresì necessario che i percorsi vaccinali privilegiati per questi pazienti siano correttamente organizzati, uguali su tutto il territorio nazionale e abbiano una governance sostenuta dai dipartimenti di prevenzione".

"Una survey su oltre 500 pazienti condotta dall'Aiom Associazione italiana di oncologia medica, ha rivelato che il 20% dei pazienti oncologici non ha mai discusso di vaccinazioni con il proprio specialista di riferimento e solo un paziente su 10 è consapevole della raccomandazione della vaccinazione anti Herpes zoster - evidenzia Giuseppe Tonini, delegato Aiom - Inoltre, l'80% dei pazienti non sa che la protezione vaccinale può migliorare i risultati delle terapie antitumorali. Per questo la nostra società scientifica ha lanciato una nuova campagna informativa, rivolta anche ai caregiver, che promuove la consapevolezza sull'importanza dei vaccini, come quelli contro influenza, pneumococco, Sars-CoV-2, Herpes zoster, virus respiratorio sinciziale. Sono in procinto di essere pubblicate le Linee guida sulle vaccinazioni nei pazienti oncologici. Gli effetti di queste patologie possono essere particolarmente gravi: l'Herpes zoster, ad esempio, nel paziente oncologico può anche ritardare la cura della patologia di base; i soggetti fragili che contraggono l'Rsv sono ad alto rischio di malattie gravi".

Le raccomandazioni a sostegno della prevenzione sono ulteriormente avvalorate dai più recenti traguardi conquistati dalla ricerca scientifica, che ha reso disponibili nuovi vaccini per l'Hz e l'Rsv, offrendo così un'opportunità importante per i pazienti oncologici. Il virus respiratorio sinciziale - riporta la nota - è un virus ubiquitario, molto diffusivo, che attacca le alte vie respiratorie e successivamente, diffondendosi nel tratto respiratorio inferiore, può provocare bronchiolite/polmonite. E' uno dei virus più comuni nei bambini ed ora è sempre più riconosciuto come patogeno nella popolazione anziana e immunocompromessa. Nei Paesi industrializzati, negli adulti, provoca oltre 420mila ricoveri ogni anno e 29mila decessi. Finora non sono state disponibili terapie e vaccinazioni, ma è da poco disponibile in Italia il primo vaccino per gli adulti, con straordinaria efficacia - si legge nella nota - nei soggetti con patologie concomitanti: nello studio cardine ha mostrato una riduzione del 94,1% della malattia grave da Rsv e un'efficacia complessiva dell'82,6%.

"I soggetti fragili che contraggono l'Rsv sono ad alto rischio di malattia grave a causa del declino dell'immunità correlato all'età e delle condizioni sottostanti - rimarca Roberto Parrella, presidente Simit (Società italiana di malattie infettive e Tropicali) - Se infatti la maggior parte delle persone guarisce entro un paio di settimane, il virus può determinare gravi espressioni di malattia nelle persone vulnerabili, in cui può portare a esiti gravi come polmonite, ospedalizzazione e morte. In generale, chi ha patologie pregresse rischia un aggravamento delle proprie condizioni e va incontro a tassi di ospedalizzazione più elevati. Infatti, negli adulti/anziani Rsv determina un aumento di 3-5 volte dei tassi di ricovero rispetto ai soggetti più giovani. Recenti studi americani rilevano come ogni anno ci siano da 60mila a 120mila ricoveri dovuti all'Rsv, di cui circa 6-8mila decessi". In Europa "vengono stimati almeno 33mila decessi Rsv-correlati nei pazienti ospedalizzati. Da questi dati si evince l'importanza che può rivestire uno strumento preventivo come il vaccino".

L'Herpes zoster - è stato riferito durante l'incontro - ha un'incidenza di circa 8 casi per mille abitanti per anno, ma aumenta con l'età, tanto che a 80 anni si ha il 50% di possibilità in più di incorrere in questa patologia. E in coloro che sono affetti da neoplasie ematologiche, l'incidenza è di 31/mille soggetti-anno. L'Hz è molto pericoloso per i pazienti fragili, perché peggiora spesso il controllo della malattia, ed ancora di più per quelli immunocompromessi, in particolare coloro che sono affetti da patologie oncologiche o oncoematologiche. Il rischio di sviluppare nevralgia post-erpetica, infatti, nei pazienti con tumore ematologico varia tra il 6% e il 40%. Il cancro orale, esofageo, dello stomaco, colorettale, del polmone, del seno, delle ovaie, della prostata, del rene e della vescica sono associati ad un aumento della probabilità di sviluppare l'infezione fra il 10-50%.

"Il virus dell'Herpes zoster è presente in oltre il 90% della popolazione e il riattivarsi è legato all'immunodeficienza legata all'età o alla malattia di base - ricorda Massimo Andreoni, direttore scientifico Simit - Comporta una fastidiosa fase acuta e delle sequele, come la nevralgia post-erpetica, un dolore che colpisce la zona dove si è manifestata l’infezione e che può persistere anche per mesi. La letteratura scientifica più recente ha evidenziato anche complicanze cardio e cerebro-vascolari. La varietà e la gravità di queste conseguenze ci inducono a raccomandare fortemente la vaccinazione, tanto più che il nuovo vaccino ricombinante adiuvato, a differenza del precedente a virus attenuato, si può somministrare anche nei soggetti immunocompromessi; inoltre ha dimostrato un rapporto rischio/beneficio nettamente favorevole, oltre che una persistenza d'effetto di 10 anni”.

L'incontro scientifico-istituzionale si è aperto con i saluti istituzionali di Francesco Saverio Mennini, capo del Dipartimento della Programmazione, dei dispositivi medici, del farmaco e delle politiche in favore del Servizio sanitario nazionale del ministero della Salute. A seguire quattro tavole rotonde. Nella prima, 'L'investimento nella prevenzione come tutela della salute e forma di risparmio pubblico', sono intervenuti tra gli altri i senatori Francesco Zaffini, Presidente X Commissione Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato; Daniele Manca ed Elisa Pirro (V Commissione Bilancio, Senato); Luciano Ciocchetti (vicepresidente XII Commissione Affari sociali, Camera); Gian Antonio Girelli e Simona Loizzo (XII Commissione Affari sociali, Camera); Nicola Ottaviani, segretario V Commissione Bilancio, tesoro e programmazione della Camera.

Nella sessione che ha messo a confronto i diversi modelli regionali sono intervenuti Guido Bertolaso, assessore alla Sanità, Regione Lombardia; Luca Coletto, assessore alla Salute e politiche sociali, Regione Umbria; Claudio D'Amario, direttore Dipartimento Sanità, Regione Abruzzo; Roberto Ieraci, membro Gruppo di lavoro Strategie vaccinali, Regione Lazio. La tavola rotonda scientifica ha visto la partecipazione del direttore scientifico Simit, Massimo Andreoni; Andrea Mandelli, presidente Fofi; Roberto Parrella, presidente Simit; Alessandro Rossi, presidente Simg; Carlo Signorelli, presidente Nitag; Roberta Siliquini, presidente Siti; Giuseppe Tonini, delegato Aiom.

La parte delle associazioni dei pazienti ha coinvolto Adriana Bonifacino, presidente Fondazione IncontraDonna; Stefano Giordani, direttore scientifico Associazione Onconauti; Anna Maria Mancuso, presidente Salute Donna; Marcella Marletta, Comitato esecutivo Favo; Giuseppe Tonini, coordinatore Comitato scientifico nazionale Lilt.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Ramelli, Azione studentesca: “Intitolare una scuola a...

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Ramelli, Azione studentesca:

In occasione dell’anniversario della morte di Sergio Ramelli - studente milanese ucciso per mano della violenza politica a soli 18 anni - i militanti di Azione Studentesca di tutta Italia hanno voluto dare voce al suo ricordo tramite un’azione simbolica: reintitolare le scuole della città col suo nome.

"Questo gesto ha lo scopo di sensibilizzare gli alunni, i professori, i dirigenti scolastici al ricordo di uno studente ammazzato, affinché la sua storia possa essere conosciuta da tutti e l’odio politico venga definitivamente sconfitto dall’amore per una Nazione e dall’impegno per la militanza - si legge in una nota - Come Azione Studentesca vogliamo veder nascere spazi scolastici intitolati a Sergio, rinominare palestre, aule, o, dove possibile, intere scuole col suo nome e in suo ricordo".

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Mesotelioma, il cancro silente che porta l’affanno...

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Giulia Veronesi: "Da lavoro 1 caso su 2. La ricerca sta cambiando lo schema di trattamento". Pneumologi: "Buone prospettive da farmaci immunoterapici"

Franco Di Mare

Il primo segno che dà di sé il mesotelioma pleurico "è l'affanno". Una malattia insidiosa, è considerato un tumore raro "e si capisce perché se si raffronta ai numeri del cancro al polmone", ma pone diversi problemi. Innanzitutto, perché "è frequente" che il paziente lo scopra quando è in fase avanzata. La prevenzione, la diagnosi precoce, "è un problema. Per gli esposti" al principale fattore di rischio che è l'amianto "non c'è ancora un'indicazione chiara a fare lo screening, anche se si va un po' in quella direzione".

In oltre un caso su due, tra l'altro, questa esposizione è legata a motivi di lavoro. Il futuro? Luci e ombre. Il percorso per i pazienti resta complesso e la prognosi non è in genere molto buona. Ma "la ricerca va avanti", è una "fase di passaggio" in cui sta cambiando la strategia contro questa neoplasia. "E un dato epidemiologico interessante è che, con l'esposizione lavorativa all'amianto che oggi si è per fortuna molto ridotta" dopo che questa 'fibra killer' è stata messa al bando, "negli ultimi anni la curva dell'incidenza ha iniziato una fase di riduzione". A tracciare il quadro all'Adnkronos Salute è Giulia Veronesi, professore di Chirurgia toracica, università Vita-Salute e Irccs ospedale San Raffaele di Milano.

L'esperta da anni si occupa di questa patologia, su cui sta anche conducendo delle ricerche, e sottolinea l'importanza di mantenere alta l'attenzione. A riaccendere i riflettori è stato il giornalista Franco Di Mare che ha raccontato la sua malattia, provando anche a rispondere alla domanda 'perché a me'. A lungo inviato di guerra nei Balcani, ha ripensato a quei giorni, alla capacità distruttiva dei "proiettili all'uranio impoverito", agli edifici che si sbriciolavano, alle esplosioni che liberavano enormi quantità di polvere nell'aria. In questa polvere potevano esserci anche loro, le particelle di amianto. Un nemico invisibile che presenta il conto diversi anni dopo, anche 20-30.

Come nasce la malattia

Il mesotelioma, spiega Veronesi, "nasce da una sierosa che è la pleura, una membrana che ricopre i polmoni. Ed è un tumore che purtroppo esordisce come diffuso, come malattia sostanzialmente estesa a tutta la pleura. Quindi è una struttura che è difficile eradicare con la chirurgia. L'intervento è molto complesso. Finora era parte del programma terapeutico di questa malattia, ma ultimamente ci sono dei dubbi se eseguirlo o meno e le ultime novità in questo campo suggeriscono che è meglio trattarlo con la chemioterapia. L'esordio, uno dei sintomi principali avvertiti dal paziente, è spesso l'affanno per colpa di un versamento pleurico, quindi del liquido nel cavo pleurico che si accumula e schiaccia il polmone".

"I casi attesi di mesotelioma in Italia sono circa 1.500 negli uomini e 500 nelle donne. E se si guardano le curve di trend, abbiamo raggiunto il plateau e siamo in una piccola fase discendente dell'incidenza". Per la diagnosi, illustra Giulia Veronesi, "si esegue una biopsia pleurica con una piccola incisione, una toracoscopia. Si valuta l'estensione della malattia con una Tac del torace e una Pet. E può andare da uno stadio molto iniziale, con coinvolgimento solo della pleura parietale, e non di quella che riveste proprio il polmone, per arrivare fino allo stadio 3 o 4 con una malattia che infiltra il polmone e gli altri organi della parete toracica.

A volte il primo segno è il versamento pleurico e può comparire precocemente quando la malattia è ancora abbastanza limitata. Però, se per esempio c'è anche il dolore toracico, può voler dire che c'è stata l'infiltrazione della parete. Spesso inoltre il versamento pleurico non viene riscontrato facilmente. Anche perché, se il paziente è anche fumatore e sente un po' di affanno, non fa subito gli esami. La realtà è che la diagnosi nello stadio 1 è abbastanza rara, più frequentemente ci si trova di fronte a una malattia in stadio più avanzato".

Ci sono varie forme di mesotelioma, continua l'esperta. "La meno aggressiva è quella epiteliale, poi c'è una forma che si chiama bifasica e infine quella sarcomatoide. Queste ultime due sono più aggressive, vanno più veloci. L'epiteliale può avere anche un decorso abbastanza lento. La sopravvivenza media, senza trattamenti, è intorno a 1-2 anni, quindi non è molto favorevole. La chemioterapia dà un vantaggio di sopravvivenza e anche di qualità di vita. E per alcuni casi esiste anche l'arma dell'immunoterapia. La chirurgia aveva un ruolo abbastanza importante nello stadio 1, quando non ci sono linfonodi interessati e la malattia è limitata. Oggi è un po' in discussione. L'intervento è una pleurectomia/decorticazione, cioè si toglie la pleura e si pulisce tutto il cavo toracico".

Qual è dunque il ruolo dei chirurghi oggi? "Al di là del tentativo di fare una chirurgia radicale - descrive Veronesi - noi ci occupiamo di fare la diagnosi e di ridurre il problema del versamento con un piccolo intervento che si chiama talcaggio del cavo pleurico. Mettiamo un talco sterile in toracoscopia attraverso un foro di un centimetro e almeno riduciamo il problema del respiro perché, eliminando il liquido pleurico, facciamo attaccare la pleura viscerale alla pleura parietale e non c'è più spazio per il liquido di accumularsi. Quindi c'è un vantaggio di qualità di vita. Va comunque avanti la ricerca di nuovi farmaci. Si stanno studiando anche in fase 1 molecole nuove, che si abbinano ai trattamenti più tradizionali".

Ed è positivo l'aspetto epidemiologico legato alla "riduzione dell'esposizione lavorativa, perché non si utilizza più l'amianto nell'industria dall'inizio degli anni '90", ragiona Giulia Veronesi. L'impatto di questo stop lo si vede adesso "perché c'è una latenza di circa 20 anni dall'esposizione alla sostanza alla creazione delle prime cellule tumorali e poi all'esordio clinico del tumore. Possiamo dire che più del 50% dei mesoteliomi sono dovuti a un'esposizione lavorativa. Esiste però una parte di casi - puntualizza - in cui non c'è una chiara esposizione. E dobbiamo trovare altre cause. Anche il fumo di sigaretta può causare mesotelioma. Con l'Inail abbiamo in corso uno studio per valutare come fare la diagnosi precoce del mesotelioma anche con le Tac a basso dosaggio".

"La prevenzione è proprio un problema ad oggi - evidenzia l'esperta - perché comunque è un tumore raro e per gli esposti non c'è un'indicazione ancora chiara a fare la Tac di screening. Una volta la sorveglianza era principalmente con la lastra del torace, ma oggi si va più verso una Tac del torace a basso dosaggio, come quella dello screening polmonare. Poi ci sono una serie di studi in corso anche su marcatori molecolari che possano più o meno essere indicatori prognostici, o anche di diagnosi, ma siamo ancora in una fase di ricerca. Sicuramente è in corso una valutazione su quello che fino ad oggi è stato lo standard - cioè chemioterapia-chirurgia-successiva radioterapia - alla luce di nuovi dati che stanno facendo perdere spazio alla chirurgia a scopo radicale. Ci sono poi delle ricerche nuove sulla radioterapia, e si cerca di spingere di più su programmi nuovi di radioterapia con tecnologie e macchine molto avanzate che cercano di risparmiare i tanti tessuti sani circostanti".

La ricerca, conclude Veronesi, "va finanziata. Ma il problema è anche che, essendo un tumore raro, è più difficile" fare massa critica, "hai pochi casi da arruolare anche per la sperimentazione con i farmaci nuovi. Quanto ai fondi, ci sono dei finanziamenti specifici per i tumori rari, ma sono molto pochi. Quindi sicuramente la ricerca va implementata perché è vero che la curva dei nuovi casi sta scendendo, ma molto lentamente. E ci sono anche i casi di familiarità o legati ad altri cancerogeni che non sono l'amianto, e quei numeri non scendono".

Pneumologi: "Speranze da immunoterapia"

Il mesotelioma, conferma all'Adnkronos Salute Carlo Vancheri, past president della Società italiana di pneumologia e professore ordinario di Malattie respiratorie all’Università di Catania, "resta ancora una neoplasia difficile da curare, ci sono studi e ricerche ma quello su cui battere è la prevenzione perché nella maggior parte dei casi sappiamo la causa. E il coraggio dimostrato dal giornalista Franco Di Mare va in questa direzione". Sul fronte delle terapie, "ci sono studi su farmaci immunoterapici che stanno dimostrando efficacia nel prolungare con buona efficacia la sopravvivenza di pazienti colpiti da altre neoplasie che attaccano i polmoni, ma un po' meno, purtroppo, nel caso del mesotelioma. Siamo comunque in anni in cui la ricerca oncologica fa enormi progressi e dobbiamo avere speranza", ricorda Vancheri.

"Essendo un tumore legato all'esposizione all'amianto, soprattutto, sappiamo da dove partire e questo ci dovrebbe permettere di fare un lavoro di prevenzione soprattutto negli ambienti di lavoro - rimarca l'esperto - La comunità scientifica e la società devono essere unite in questo lavoro".

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Vaccini, esperti: “Non solo per bimbi e fragili ma...

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All’incontro di Gsk: "Ogni anno persi circa 1000 mld di dollari in produttività nei G20 per malattie prevenibili"

Vaccini, esperti:

In un mondo che invecchia, è importante rendere l’immunizzazione degli adulti uno standard di cura per ridurre incidenza di infezioni e malattie prevedibili e invecchiare in salute. È l’esortazione arrivata dagli esperti riuniti a Wavre, in Belgio, durante un incontro con la stampa che si è tenuto presso il sito produttivo di vaccini di Gsk, il più grande al mondo, in occasione della settimana mondiale dell’immunizzazione (24-30 aprile).

Entro il 2030 - si legge in una nota - il numero delle persone con più di 60 anni aumenterà di oltre un terzo, raggiungendo 1,4 miliardi a livello globale e il numero sarà di 2,1 miliardi nel 2050. Quando si superano i 60 anni si “va verso l’immunosenescenza, per cui avviene una progressiva riduzione dell’efficacia nella risposta del sistema immunitario alle infezioni - spiega Jamie Rutland, Pulmonary, critical care, internal medicine at Rutland Medic Group - Quando si viene vaccinati, non solo si crea una barriera contro una specifica malattia, ma si insegna anche al proprio sistema immunitario a contrastarne altre. E’ fondamentale che tutti siano ben informati e comprendano i rischi delle malattie infettive, come l'Herpes zoster, l'influenza e la polmonite. Dobbiamo andare oltre l'idea che la vaccinazione sia un evento una tantum per i bambini o i soggetti fragili anziani e incoraggiare governi e popolazione ad adottare la vaccinazione lungo tutto l'arco della vita. Questa strategia non solo può prevenire infezioni individuali, ma portare a una popolazione che invecchia in modo più sano e protegge ulteriormente dagli effetti della comorbidità con altre malattie”.

I dati presentati durante l’incontro segnalano circa 1000 miliardi di dollari di perdite di produttività annue nei Paesi del G20 dovute a condizioni prevenibili tra le persone di età compresa tra 50 e 64 anni. A livello europeo “è importante investire in prevenzione e immunizzazione perché c’è un ritorno economico – sottolinea Sibilia Quilici, Executive Director Vaccines Europe at Efpia - European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations - Il ministero dell’Economia dovrebbe riconoscere l’importanza della prevenzione e dell’immunizzazione perché si può avere un ritorno degli investimenti a livello economico. C’è bisogno di implementare le vaccinazioni esistenti, come per esempio quella dell’influenza. C’è purtroppo una copertura ancora troppo bassa. Il 77% dei paesi dell’Unione europea spende infatti meno dello 0,5% del budget sanitario per l’immunizzazione”. L’Italia, considerata storicamente uno dei poli strategici di ricerca e produzione di Gsk - biofarmaceutica che distribuisce circa 1,5 mln di dosi e ha 19 vaccini in sviluppo - prevede nel quinquennio 2020-2025 un investimento totale di 800 milioni di euro, di cui il 59% destinato ai vaccini.

I programmi di immunizzazione hanno costantemente dimostrato un significativo ritorno sull’investimento vaccinale. Uno studio pubblicato sull’International Journal of Technology assessment in health care nel 2020 mostra che l’infezione da pneumococco, con 90 mila casi stimati, ha avuto un impatto economico di circa 148 mln di euro e fiscale di 24 mln. L'Herpes zoster, con 6.400 casi stimati, ha generato un impatto totale di 4.777.200 euro. Di questa somma, 630 mila euro derivano dalla diminuzione della raccolta fiscale, il che sottolinea l'incidenza diretta di questa malattia, meno prevalente ma non meno grave, sulle risorse economiche. Un altro studio condotto invece nei Paesi Bassi ha dimostrato che ogni euro investito nella vaccinazione degli adulti a partire dai 50 anni produrrebbe oltre 4 euro di entrate economiche per il resto della vita del campione, attraverso i suoi effetti sulla crescita, sulla produttività, sulla partecipazione alla forza lavoro, sui sistemi fiscali e pensionistici.

Tra le malattie che provocano un notevole impatto economico a causa della popolazione non protetta vanno annoverati sicuramente l’herpes zoster e il virus respiratorio sinciziale (Rsv). In tutto il mondo, ogni anno, si registrano 330 mila ricoveri di anziani solo a causa dell’Rsv che, una volta dimessi, in 1 caso su 4 (fino al 24,5%) necessitano di assistenza domiciliare professionale o richiedono una riammissione entro 3 mesi dalla dimissione (26,6%). Inoltre, dopo il ricovero, il tasso di mortalità è di quasi il 33%.

Sulle vaccinazioni, la situazione, a livello mondiale “è molto frammentata – osserva Jane Barratt, Global Advisor, International Federation on Ageing (Ifa) - Canada quella per l’Herpes zoster è molto complicata, in Australia c’è invece un sistema nazionale che implementa le vaccinazioni a livello statale. In assoluto penso sia importante non tanto metter a confronto le differenze, quanto piuttosto analizzare quali sono le buone pratiche messe in atto da alcuni Paesi e cercare di replicarle in tutti gli altri meno virtuosi. L’Italia - continua - ha fatto un ottimo lavoro a livello di vaccinazione durante il Covid 19 e mi auguro che continui sulla stessa scia per quanto riguarda tutte le altre vaccinazioni. La maggior parte delle persone comprende l'importanza di una dieta sana e di un esercizio regolare per migliorare e mantenere le proprie funzionalità, inclusa la mobilità, ma sono molto meno consapevoli che, man mano che invecchiamo, si verifica un indebolimento naturale del nostro sistema immunitario, il che - conclude Barratt - rende sempre più difficile combattere le infezioni e riprendersi dalle malattie".

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