Sarà un’Italia corale protagonista alla Fiera di Francoforte
Alla kermesse saranno presenti un centinaio di autori per 150 eventi, annuncia il Commissario Mauro Mazza
Alla 76/a edizione della Fiera del Libro di Francoforte nel prossimo ottobre "porteremo un'Italia corale, plurale e ricca. Sarà una grande opportunità per la nostra cultura in generale che si prepara a dare prova di capacità di confronto e di dialogo, puntando sulla ricchezza delle idee". Lo ha detto Mauro Mazza, Commissario straordinario del governo per il coordinamento delle attività connesse alla partecipazione dell'Italia, quale Paese d'onore, alla Buchmesse 2024. Intervenendo questa mattina alla Stazione Leopolda di Firenze all'apertura di Testo, la terza edizione del salone dell'editoria promosso da Pitti Immagine, Mazza ha precisato che saranno presenti alla kermesse tedesca dedicata all'editoria internazionale un centinaio di autori italiani che prenderanno parte a 150 eventi.
L'ultima volta che l'Italia è stata ospite d'onore è stato nel 1988 e 36 anni dopo, ha sottolineato Mazza, "Francoforte si aspetta molto da noi e noi ci aspettiamo molto da Francoforte: si annuncia una bella e importante avventura, con un mondo dell'editoria italiano vivo e vitale che va incontro al futuro con entusiasmo, per dare un'immagine di forza e sostanza al mondo del libro italiano anche per la conquista di nuovi spazi all'estero, a partire dal mercato di lingua tedesca".
La giornata inaugurale è fissata per il 15 ottobre quando l'Italia sarà protagonista di un grande evento che vedrà la partecipazione di tre autori: il fisico Carlo Rovelli, la scrittrice Susanna Tamaro e il filosofo Stefano Zecchi. Con loro sul palco anche la pianista e cantante Frida Bollani Mogani. Alla presenza, tra gli altri, del commissario Mauro Mazza e del ministro della Cultura, Gennaro Sanguliano, avverrà l'inaugurazione del Padiglione Italia ideato dall'architetto Stefano Boeri come una "Piazza Eterna".
"Nessuno vuole convincere né tantomeno convertire nessuno. Ma vorremmo conoscerci e farci conoscere meglio, incontrarci, dialogare come mai finora è stato possibile, senza censure né cesure", ha dichiarato il Commissario Mazza a proposito della 'filosofia' che sosterrà la partecipazione italiana. Per Mazza, "il dialogo darà buoni frutti se sarà accompagnato anche da incontri personali tra scrittori e lettori".
Durante il convegno a Testo è stato svelato per la prima volta al pubblico il manifesto, firmato da Lorenzo Mattotti, che accompagnerà l'Italia come ospite d'onore: raffigura "una giovane lettrice che, accomodata su un fiore, una calla, legge il suo libro e guarda il mondo, già matura e pronta a confrontarsi con il prossimo e insieme provare a fare un mondo migliore", ha spiegato Mazza.
Il Commissario straordinario ha ricordato che il programma completo della partecipazione italiana alla prossima Buchmesse verrà reso pubblico in una conferenza stampa prevista per fine maggio a Francoforte, così come da accordi presi con i vertici della stessa Fiera. Un aspetto sottolineato anche da Innocenzo Cipolletta, presidente dell'Associazione Italiana Editori, che ha puntualizzato: "non possiamo ancora rivelare i nomi degli autori italiani presenti a ottobre alla Buchmesse, ma il livello di coinvolgimento degli editori da noi sollecitati è stato particolarmente elevato, ciò garantisce una presenza a Francoforte di autori e personalità". Cipolletta, inoltre, ha tenuto a rimarcare "la proficua collaborazione che il Commissario straordinario del governo Mauro Mazza ha instaurato con noi e con le case editrici" definendola "la chiave per la buona riuscita degli eventi di Italia ospite d'onore 2024 Fiera del Libro di Francoforte".
I prossimi appuntamenti nel cammino di avvicinamento del Paese ospite d'onore 2024 alla 76/a edizione della Buchmesse, sia in Italia che in Germania, si svolgeranno nell'ambito delle iniziative che prendono il nome di "Destinazione Francoforte". Da oggi il viaggio tricolore verso la Fiera del Libro più importante d'Europa verrà accompagnato dal manifesto di Mattotti, capace di esprimere visivamente il concetto di "Radici nel futuro" scelto come titolo della storica partecipazione.
Al convegno alla Stazione Leopolda, coordinato da Laura Pugno, sono intervenuti anche Annalena Benini, direttrice del Salone Internazionale del Libro di Torino, Adriano Monti Buzzetti, presidente del Centro per il Libro e la Lettura, e Alessandro De Pedys, direttore generale per la Diplomazia Pubblica e Culturale del Ministero degli Affari Esteri. Juergen Boos, presidente e Ceo della Buchmesse, ha inviato un video con un messaggio di saluto a relatori e partecipanti.
Annalena Benini ha ricordato, tra l'altro, come il Salone del Libro "per sua vocazione è storicamente attento ai giovani, quindi i piccoli lettori che poi crescono. Nel 2023 c'è stata una crescita significativa del pubblico under 36. Bisogna far tesoro di questo dato e quindi andare incontro ai giovani con degli scenari letterari ed editoriali che suscitino i loro interessi". Innocenzo Cipolletta ha sottolineato che "con la pandemia si è riscoperto il piacere della lettura: ogni anno in Italia si vendono circa 100 milioni di libri, sembra un numero altissimo ma in realtà sono due libri a testa per ogni italiano se vogliamo tentare una media, quindi c'è tanto spazio ancora per espandere il mercato". Adriano Monti Buzzetti ha ricordato "il sostegno concreto alle vetrine dell'editoria che sono le fiere, a partire dal Salone del Libro di Torino, per il quale non è previsto solo un supporto economico ma anche un contributo al programma"; gli "interventi concreti per la piccola e media editoria che fa più fatica a essere presente nelle fiere", oltre a rafforzare le traduzioni di opere italiane all'estero.
Cultura
Scoperti i più antichi antenati del bue domestico
I resti ritrovati nella valle dell'Indo e in Mesopotamia risalgono a 10mila anni fa
I più antichi antenati del bue domestico sono stati scoperti nella valle dell'Indo e nella mezzaluna fertile in Mesopotamia: si tratta di resti di uro (Bos primigenius) risalenti a circa 10mila anni fa. La ricerca pubblicata sulla rivista "Nature" e condotta dal Trinity College di Dublino e dall'Università di Copenaghen, ha coinvolto Luca Pandolfi, paleontologo del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Pisa, che da tempo si occupa dell'evoluzione e dell’estinzione dei grandi mammiferi continentali anche in relazione ai cambiamenti climatici.
Gli uri addomesticati erano animali abbastanza simili a quelli selvatici, ma un po' più piccoli, soprattutto con corna meno sviluppate ad indicare una maggiore mansuetudine. Giulio Cesare nel "De Bello Gallico" (6-28) descrive infatti l'uro selvatico come un animale di dimensioni di poco inferiori all'elefante, veloce e di natura particolarmente aggressiva. Dai resti fossili emerge che gli uri selvatici potevano raggiungere un'altezza di poco meno di due metri, i 1000 kg di peso ed avere corna lunghe più di un metro. La loro presenza ha dominato le faune dell'Eurasia e del Nord Africa a partire da circa 650 mila anni fa, per poi subire un forte declino dalla fine del Pleistocene, circa 11mila anni fa, fino alla sua estinzione in età moderna. L'ultimo esemplare di cui si ha notizia fu abbattuto il Polonia nel 1627.
Lo studio su "Nature" ha analizzato "per la prima volta questa specie per comprenderne la storia evolutiva e genetica attraverso resti fossili rinvenuti in diversi di siti in Eurasia, Italia inclusa, e Nord Africa", spiega Luca Pandolfi.
Dai reperti, che includono scheletri completi e crani ben conservati, sono stati estratti campioni di Dna antico. La loro analisi ha quindi permesso di individuare quattro popolazioni ancestrali distinte che hanno risposto in modo diverso ai cambiamenti climatici e all'interazione con l'uomo. Gli uri europei, in particolare, subirono una diminuzione drastica sia in termini di popolazione che di diversità genetica durante l'ultima era glaciale, circa 20 mila anni fa. La diminuzione delle temperature ridusse infatti il loro habitat spingendoli verso la Penisola Italiana e quella Iberica da cui successivamente ricolonizzarono l’intera Europa.
"Nel corso del Quaternario, epoca che va da 2 milioni e mezzo di anni fa sino ad oggi, l’uro è stato protagonista degli ecosistemi del passato, contraendo ed espandendo il proprio habitat in relazione alle vicissitudine climatiche che hanno caratterizzato questo periodo di tempo - conclude Pandolfi - le ossa di questi maestosi animali raccontano ai paleontologi la storia del successo, adattamento e declino, di una specie di cui noi stessi abbiamo concorso all'estinzione e rivelano la complessità e fragilità delle relazioni che legano gli organismi viventi al clima del nostro Pianeta".
(di Paolo Martini)
Cultura
E’ morto Franco Ferrarotti, padre e decano della...
Aveva 98 anni. La notizia della scomparsa è stata confermata all'Adnkronos dai suoi collaboratori
Il sociologo Franco Ferrarotti, considerato il padre della sociologia italiana e suo decano, è morto all'età di 98 anni oggi a Roma. La notizia della scomparsa è stata confermata all'Adnkronos dai suoi collaboratori. E' stato un maestro della ricerca sociale, ha rappresentato una figura scientifica di profilo internazionale e ha contribuito in maniera decisiva all'insediamento della sociologia nelle istituzioni scientifiche italiane.
Padre e decano della sociologia italiana
Nato a Palazzolo Vercellese il 7 aprile 1926, si era laureato in filosofia all'Università di Torino nel 1949 con una tesi su "La sociologia di Thorstein Veblen", autore che poi tradusse per Einaudi su invito di Cesare Pavese. Professore emerito di sociologia all'Università "La Sapienza" di Roma, dove ha svolto tutta la carriera accademica, nel 1961 Ferrarotti ottenne la cattedra di sociologia dopo aver vinto il primo concorso bandito in Italia per questa disciplina. Nel 1962 contribuì alla creazione della Facoltà di sociologia dell'Università di Trento, dove ha poi avuto la sua seconda cattedra di sociologia.
Fra gli anni Cinquanta e Sessanta Ferrarotti ha condotto una serie di ricerche pionieristiche sul sindacalismo, sui movimenti sociali, la trasformazione del lavoro, le comunità locali e la sociologia urbana. Si è particolarmente interessato ai fondamenti di legittimazione del potere in una società in trasformazione come quella moderna e ha studiato il problema dei fini e dell'orientamento culturale di fondo della società industriale.
Ferrarotti è stato fondatore, con il filosofo Nicola Abbagnano, nel 1951 dei "Quaderni di sociologia", di cui fu direttore fino al 1967, anno in cui dette vita alla rivista "La critica sociologica", di cui da allora è stato sempre il direttore. È stato tra i fondatori, a Ginevra, del Consiglio dei Comuni d'Europa, responsabile della divisione dei progetti di ricerca dell'Ocse a Parigi. Nominato direttore di studi alla Maison des Sciences de l'Homme di Parigi nel 1978, è stato insignito del Premio per la carriera dall'Accademia nazionale dei Lincei nel 2001 e del titolo di Cavaliere di Gran Croce al merito della Repubblica dall'allora presidente Carlo Azeglio Ciampi nel 2005. Era Membro della New York Academy of Sciences e presidente onorario dell'Associazione Nazionale Sociologi.
Ferrarotti ha insegnato nelle università di Chicago, Boston, New York, Toronto, Mosca, Varsavia, Colonia, Tokyo e Gerusalemme. Generazioni di studenti ricordano le appassionanti lezioni di Ferrarotti all'università romana. Provocatori i suoi interventi sui diversi temi politici e sociali del paese dagli anni '60 fin quasi ad oggi. La attività di ricerca e di studio di Ferrarotti è contenuta in una mole enorme di scritti che ha continuato a pubblicare fin oltre i 90 anni. Tra il 2019 e il 2020 l'editore Marietti ha pubblicato l'Opera omnia di Ferrarotti composta da sei volumi per un totale di 5mila pagine.
Prima di avviare la carriera accademica, Ferrarotti fu il più stretto collaboratore dell'imprenditore Adriano Olivetti (dal 1948 al 1960), elaborando per suo conto il progetto politico e sociale di Comunità. Fu deputato indipendente nel Parlamento durante la terza legislatura (1959-63), in rappresentanza del Movimento di Comunità fondato da Olivetti, di cui prese il posto dopo le sue dimissioni dalla Camera. Su questa importante collaborazione ha pubblicato “Un imprenditore di idee. Una testimonianza su Adriano Olivetti” (Edizioni di Comunità, 2001) mentre sull'esperienza parlamentare “Nelle fumose stanze. La stagione politica di un 'cane sciolto'” (Guerini Studio, 2006).
Le opere
Fra le opere principali di Ferrarotti si segnalano: “Sindacati e potere” (Edizioni di Comunità, 1954); “La protesta operaia” (Edizioni di Comunità, 1955); “La sociologia come partecipazione” (Taylor, 1961); “Max Weber e il destino della ragione” (Laterza, 1965); “Trattato di sociologia” (Utet, 1968); “Roma da capitale a periferia” (Laterza, 1970); “La sociologia del potere” (Laterza, 1972); “Vite di baraccati. Contributo alla sociologia della marginalità” (Liguori, 1974); “Studenti, scuola, sistema” (Liguori, 1976); “Giovani e droga” (Liguori, 1977); “Alle radici della violenza” (Rizzoli, 1979); “La società come problema e come progetto” (Mondadori, 1979); “Storia e storie di vita” (Laterza, 1981); “Il paradosso del sacro” (Laterza, 1983); “La qualità nella sociologia” (Laterza, 1988).
La sua produzione saggistica è proseguita corposa anche negli anni successivi: “L'Italia in bilico” (Laterza, 1990); “Roma madre matrigna” (Laterza, 1991); “I grattacieli non hanno foglie” (Laterza, 1991); “Mass media e società di massa” (Laterza, 1992); “La tentazione dell'oblio: razzismo, antisemitismo e neonazismo” (Laterza, 1993); “Homo sentiens: giovani e musica” (Liguori, 1995); “Rock, rap e l'immortalità dell'anima” (Liguori, 1996); “L'Italia tra storia e memoria” (Donzelli, 1997); “La verità? È altrove” (Donzelli, 1999); “Il potere” (Newton Compton, 2004); “La televisione” (Newton Compton, 2005); “America oggi. Capitalismo e società negli Stati Uniti” (Newton Compton, 2006); “Vita e morte di una classe dirigente” (Edup, 2007); “L'identità dialogica” (Ets, 2007); “Fondi di bottiglia” (Solfanelli, 2008); “Il senso del luogo” (Armando, 2009). Nel 2010 è tornato a riflettere sul ruolo della sociologia nel volume “Perché la sociologia?” (Mondadori Education), intervistato da Umberto Melotti e Luigi Solivetti, mentre nel 2012 ha pubblicato il testo autobiografico "Atman. Il respiro del bosco" (Empiria) e il saggio “Un popolo di frenetici informatissimi idioti” (Solfanelli), cui ha fatto seguito “La religione dissacrante. Coscienza e utopia nell'epoca della crisi” (Solfanelli, 2013). Il suo volume più recente è “Dalla società irretita al nuovo umanesimo” (Armando, 2020).
Nel corso della sua attività di ricerca Ferrarotti ha analizzato il tipo e la qualità di razionalità che regge le società tecnicamente orientate e post-tradizionali, ponendosi il problema dei limiti della razionalità formale, puramente tecnica, e quello del passaggio dalla razionalità tecnico-formale alla razionalità sostanziale. In questa prospettiva ha ripreso criticamente la lezione del marxismo, depurata dai meccanicismi ma anche dalle "impazienze dialettiche", nello stesso tempo analizzando il problema dei fini e dell'orientamento culturale di fondo della società industriale. Da ultimo, si è particolarmente interessato all'analisi e alla comprensione della polarità razionale-irrazionale, “al di fuori di ogni catastrofismo romantico ma anche di ogni facile fede illuministica”, per sua stessa ammissione. (di Paolo Martini)
Cultura
In libreria ‘Puccini 100 anni’ di Maurizio Sessa
'Viaggio sentimentale da Lucca al mondo'. Nel volume anche una commemorazione inedita di Rito Selvaggi
È uscito nelle librerie, in tempo per la celebrazione del centenario della morte del grande compositore ed operista che cade il 29 novembre 2024, 'Puccini 100 anni – Viaggio sentimentale da Lucca al mondo' di Maurizio Sessa, giornalista e scrittore appassionato pucciniano. Il volume si rivolge sia al vasto pubblico che a quello più addentro alle cose pucciniane e propone un percorso che si basa sui principali e più aggiornati contributi in materia, alla scoperta di un uomo e di un artista per molti aspetti ancora da scoprire, al centro, come già in vita, di una pubblicistica agiografica all'insegna di tanti e troppi aneddoti di discutibile attendibilità.
Puccini è fra i compositori tuttora più richiesti. Tira, tiene banco, fa sold out nei teatri. Il libro di Sessa svela un Puccini due volte inedito. Una commemorazione ritrovata di Rito Selvaggi, e fino ad oggi mai pubblicata, un pucciniano relegato nel dimenticatoio: una conferenza tenuta in Svizzera nel maggio 1926, un mese dopo l'esordio dell’incompiuta Turandot, tenuta dal compagno di viaggio di d’Annunzio a Fiume dal titolo “Puccini e il Novecento musicale italiano”. E, come se non bastasse, molti importanti documenti, lettere e testimonianze iconografiche finora mai viste, legate alla figura e all’opera del grande compositore lucchese di cui quest’anno ricorre il centenario della morte.
La pubblicazione di Maurizio Sessa con taglio divulgativo ma attento ai migliori risultati della critica odierna, ha come corredo fotografico un'ampia sezione iconografica, circa 150 immagini, riproducenti immagini e documenti che provengono dalla collezione dell'Autore. Un'immersione nell'immaginario collettivo che farà riemergere l'immagine del Maestro Lucchese per alcuni aspetti inedita e accattivante.