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Taiwan alla Cina: “Rispetti i risultati delle...

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Taiwan alla Cina: “Rispetti i risultati delle elezioni”. Oggi a Taipei delegazione Usa

Il ministro degli Esteri: "Pechino accetti la realtà, ridicolo che liquidi il risultato come un affare interno"

Lai festeggia la vittoria - Afp

Pechino "affronti la realtà" e rispetti i risultati delle elezioni a Taiwan, che hanno visto il successo del candidato del Partito Democratico Progressista, William Lai, con il 40,2% dei voti. E' il monito che arriva dal ministero degli Esteri di Taipei dopo che un funzionario di Pechino ha definito le questioni legate a Taiwan un "affare interno" della Cina.

In un comunicato stampa, il ministero degli Esteri ha osservato che i 12 alleati diplomatici di Taiwan e i governi o i parlamenti di oltre 50 Paesi si sono congratulati in seguito alle elezioni presidenziali e legislative del 13 gennaio. Nonostante ciò, ha aggiunto, un portavoce del ministero degli Esteri cinese ha rilasciato una dichiarazione in cui "in modo ridicolo" si riferiva alle elezioni e a tutte le questioni relative a Taiwan come ad un "affare interno" della Cina.

Il ministero degli Esteri di Taiwan ha quindi esortato Pechino a "rispettare" i risultati elettorali, aggiungendo che la posizione della Cina è in contrasto con il consenso internazionale e lo status quo nella regione. "La Cina - si conclude la nota - deve affrontare la realtà e abbandonare i suoi sforzi per fare pressione su Taiwan" se le parti vogliono riprendere interazioni positive e affinché le relazioni tra le due sponde dello Stretto ritornino sulla strada giusta.

Delegazione non ufficiale Usa a Taipei

Intanto è atteso oggi l'arrivo a Taiwan di una delegazione non ufficiale degli Stati Uniti. Lo ha confermato l'ambasciata 'de-facto' degli Usa a Taipei. Domani la delegazione inviata dall'Amministrazione del presidente Joe Biden avrà colloqui con "una serie di figure politiche di spicco", ha affermato in una nota l'American Institute di Taiwan.

Secondo cinque persone che hanno familiarità con i piani citate dal Financial Times, la Casa Bianca ha incaricato l'ex vice segretario di Stato democratico, James Steinberg, e l'ex consigliere repubblicano per la Sicurezza nazionale, Stephen Hadley, di guidare la delegazione bipartisan.

Ira di Pechino: "Linea rossa non va oltrepassata"

"La dichiarazione del Dipartimento di Stato americano sulle elezioni nella regione cinese di Taiwan viola gravemente il principio di 'una sola Cina', i tre comunicati congiunti Cina-Usa e va contro l'impegno politico degli Stati Uniti di mantenere solo relazioni culturali, commerciali e non ufficiali con la regione di Taiwan. Invia anche un segnale gravemente sbagliato alle forze separatiste per l''indipendenza di Taiwan'. Deploriamo fortemente e ci opponiamo fermamente a tutto ciò, e abbiamo presentato serie rimostranze alla parte statunitense". Lo ha dichiarato in una nota un portavoce del ministero degli Esteri di Pechino nel giorno dell'arrivo a Taipei di una delegazione non ufficiale degli Stati Uniti.

"La questione di Taiwan è al centro degli interessi fondamentali della Cina e la prima linea rossa che non deve essere oltrepassata nelle relazioni Cina-Usa", ha precisato il portavoce, sottolineando che "il principio di una sola Cina è una norma fondamentale nelle relazioni internazionali e il fondamento politico delle relazioni Cina-Usa. La Cina si oppone fermamente al fatto che gli Stati Uniti abbiano qualsiasi forma di interazione ufficiale con Taiwan e che interferiscano negli affari di Taiwan in qualsiasi modo e con qualsiasi pretesto".

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Esteri

Ucraina, è iniziata l’estate difficile di Kiev:...

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La Russia preme su Kharkiv, Zelensky in pressing sugli Usa

Volodymyr Zelensky

E' già iniziata l'estate difficile dell'Ucraina nella guerra con la Russia, con l'apertura del terzo fronte nella regione di Kharkiv e la carenza di munizioni persistente anche se in via di, se non soluzione, quantomeno di alleggerimento. Delle difficoltà in corso parla perfino il presidente, Volodymyr Zelensky, che ha ricevuto il segretario di Stato Usa, Antony Blinken. E lo constata anche lui, arrivato a sorpresa questa mattina nella capitale ucraina, per assicurare che gli agognati aiuti dagli Stati Uniti "stanno arrivando, alcuni sono già arrivati, e faranno la differenza".

Zelensky quindi non ha nascosto il "periodo tosto" per i soldati ucraini, in modo particolare nell'est del Paese, ringraziando poi Blinken per il "pacchetto cruciale" di aiuto che il Congresso americano ha approvato il mese scorso dopo tanti rinvii. Ma ha chiesto con urgenza due sistemi Patriot per Kharkv, per la regione di Kharkiv, "perché ci sono persone sotto attacco. Civili, combattenti, tutto sono sotto i missili russi". "Il deficit più grave per noi" sono le difese aeree.

Il governatore della regione di Kharkiv, Oleh Syniehubov, ha confermato che le persone evacuate dalle zone interessate dai combattimenti iniziati venerdì, quando alle cinque del mattino le forze russe hanno passato il confine, sono oltre 7.000. E si lavora per portare via altra gente. Mosca ora controlla almeno nove diversi insediamenti.

Ma a Vovchansk "la situazione è sotto controllo", dicono le forze di Kiev, dopo che i russi - come riportato dai media di Mosca - hanno rivendicato il controllo delle zone occidentale e settentrionale della cittadina. E del villaggio di Buhruvatka. Lo stato maggiore ucraino ammette tuttavia che unità sono state costrette a "riposizionarsi nell'area dell'insediamento di Lukyantsi" a causa di "intensi" attacchi.

Sferrando l'attacco più a nord, la Russia sta cercando quasi certamente di distogliere risorse ucraine da altre parti della linea del fronte e di minacciare Kharkiv, la seconda città del paese", sottolinea l'intelligence britannica, nel suo consueto aggiornamento quotidiano. Appare a Londra "improbabile" che la Russia abbia ammassato risorse sufficienti a conquistare la città senza far convergere in zona altre truppe.

L'intelligence britannica precisa che ad attaccare la regione ed assumere il controllo di diversi piccoli centri abitati è stato il Raggruppamento di forze settentrionale, di recente formazione. "La città di confine di Vovchansk è quasi certamente un obiettivo russo a breve scadenza, attualmente oggetto di contesa tra forze russe e ucraine".

A confermare il pessimismo che serpeggia in campo ucraino, le parole del responsabile dell'intelligence militare ucraina, Kyryl Budanov. "La situazione è sull'orlo del baratro", ha affermato il generale in una videointervista al New York Times rilasciata da un bunker a Kharkiv. "Ogni ora, la situazione si muove in una direzione critica".

Budanov conferma anche che gli attacchi russi nel nord-est del paese servono a mettere a dura prova le già scarse riserve di soldati ucraini e a distoglierli da altri fronti. L'esercito ucraino - ha quindi spiegato - sta cercando di ritirare le truppe da altre aree del fronte per rafforzare le difese nel nord-est, ma è difficile trovare unità. "Tutte le nostre truppe sono qui o a Chasiv Yar. Ho usato tutto quello che abbiamo. Purtroppo non abbiamo più nessuno di riserva".

L'obiettivo dei russi nel nord-est è quello di causare panico e confusione. "Al momento, il nostro compito è quello di stabilizzare la linea e poi iniziare a spingerla oltre il confine", ha detto, aggiungendo che un afflusso di riservisti ucraini è riuscito a "contrastare parzialmente i loro piani". Budanov si aspetta che la Russia lanci un nuovo attacco più a nord di Kharkiv, nella regione di Sumy.

Secondo quanto riferito dal portavoce del dipartimento di Stato, Matthew Miller, la missione di Blinken a Kiev serve per sottolineare il sostegno duraturo degli Stati Uniti all'Ucraina". E, ancora, per discutere "dello stato sui campi di battaglia, del'impatto della nuova assistenza economica e di sicurezza americana, degli impegni a lungo termine sulla sicurezza e del lavoro in corso per la ricostruzione dell'Ucraina".

"Non ho dubbi sul fatto che sarà un'estate difficile, ma neanche che l'Ucraina ce la farà", ha affermato da Londra il ministro britannico della Difesa, Grant Shapps, intervenuto a Bbc Breakfast, prima di parlare al telefono con la controparte, Rustem Umerov, di "armi a lungo raggio, artiglieria e munizioni", come ha precisato quest'ultimo.

L'Ucraina, ha aggiunto Shapps, "ha sempre superato le aspettative del mondo" da quando il 24 febbraio 2022 è iniziata l'invasione russa. Il Regno Unito "sostiene moltissimo, strategicamente" quello che sta facendo l'Ucraina, ha detto, ripetendo che è "essenziale" che Putin non vinca il conflitto.

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Harry e Meghan nella bufera, la fondazione Archewell...

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Non avrebbe inviato i registri annuali, obbligatori per legge, e pagato le tasse per l'attività svolta

Harry e Meghan  - (Afp)

La Archewell, la fondazione di beneficenza di Harry e Maghan, è stata dichiarata inadempiente in California a causa del mancato invio dei registri annuali, obbligatori per legge, e il pagamento delle tasse per l'attività svolta. La fondazione non può, a questo punto, "richiedere o erogare fondi di beneficenza" e la sua registrazione può essere "sospesa o revocata", è scritto nella notifica del Registry of Charities and Fundraisers della California.

La Archewell avrebbe spedito un assegno con il pagamento delle tasse via posta tradizionale, ma non sarebbe mai arrivato a destinazione, hanno riferito al New York Times fonti vicine ai Sussex. Adesso ne avrebbero emesso uno nuovo e la posizione della fondazione verra regolarizzata entro i prossimi sette giorni lavorativi.

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Così la Cina invaderà Taiwan nel 2028. Gli scenari di...

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L'autore di "World on the Brink" spiega all'Adnkronos perché quello sarà l'anno chiave per capire se gli Stati Uniti e la Cina entreranno in guerra. E come evitare il precipizio

Trump, Xi e Biden

Il 13 novembre 2028 è il giorno in cui la Cina invade Taiwan. A Washington sono le 5 di mattina, e il presidente-eletto sta dormendo in un hotel del Wisconsin. Inizia così “World on the Brink”, il mondo sull'orlo (del baratro), libro di Dmitri Alperovitch. Che in un colloquio con l'Adnkronos spiega le ragioni di questo scenario, che effetti avrebbe una guerra tra Cina e Stati Uniti su Italia ed Europa, e perché l'Occidente, nonostante tutto, può vincere anche questa Seconda Guerra Fredda.

Alperovitch ha poco più di 40 anni ed è conosciuto per essere stato uno dei pochi ad aver previsto, a fine 2021, l'invasione russa in Ucraina. Ma la sua era già una biografia da romanzo: nato in Unione Sovietica, a 13 anni si trasferisce con la famiglia prima in Canada e poi a Chattanooga, cittadina del Tennessee, profondo Sud degli Stati Uniti. Temendo una brutta reazione per le origini russe – erano gli anni Novanta ed era appena finita la (Prima) Guerra Fredda – ai suoi compagni diceva di venire dal Canada. Loro non sapevano neanche dove fosse, il Canada. Mentre è ancora al liceo, con il padre (fisico nucleare) apre una società di crittografia. Si laurea e specializza in informatica e sicurezza, e lavora per varie start-up del settore, per poi assumere un ruolo importante in McAfee nel 2008. In quegli anni scopre e fa scoprire il livello di penetrazione del cyber-spionaggio cinese ai danni dei settori strategici americani.

Nel 2011 è uno dei fondatori di Crowstrike, società di cybersecurity, di cui diventa direttore tecnico e si occupa dei maggiori casi del decennio, tra cui l'attacco della Nord Corea a Sony Pictures come vendetta per il film-parodia su Kim Jong-un, e il furto delle email del Partito Democratico da parte di hacker sostenuti dal governo russo prima del voto che porterà Donald Trump alla Casa Bianca. Durante la quotazione in borsa, nel 2019, Crowdstrike raddoppia la capitalizzazione in 24 ore, da 5 a 11 miliardi di dollari (oggi vale 78 miliardi). L'anno seguente, Alperovitch lascia l'azienda per creare Silverado, un “policy accelerator” che ha l'obiettivo di risolvere sfide geopolitiche. Nel frattempo è diventato consulente per varie istituzioni americane.

Perché proprio il 13 novembre 2028? Le ragioni sono tante, ma Alperovitch fornisce quelle essenziali: "A cavallo tra 2027 e 2028 Xi Jinping sarà rieletto presidente in un quarto e forse ultimo mandato (oltre gli 80 anni in Cina è difficile non essere pensionati dalla politica), e sarà alla ricerca della mossa che lo consegnerà alla storia; nel gennaio 2028 a Taiwan vincerà di nuovo il partito che vuole mantenere l'indipendenza dell'isola, facendo capire a Pechino che minacce, bullismo e propaganda non bastano a far capitolare la 'provincia ribelle'; il 7 novembre 2028, giorno delle elezioni presidenziali americane, la Casa Bianca sarà praticamente semi-deserta: il presidente uscente – che sia Biden o Trump – non si sarà potuto ricandidare avendo esaurito il secondo mandato", e dunque capi ed esperti di sicurezza nel suo entourage saranno usciti dalle porte girevoli che precedono ogni cambio della guardia.

Il presidente-eletto, chiunque sia, in quel momento avrà un “transition team” messo in piedi nel suo comitato elettorale, non certo il controllo della situazione globale. Dunque i giorni che seguiranno il voto sarebbero perfetti per cogliere impreparati gli Stati Uniti.

Che si troverebbero davanti alla scelta se entrare in guerra con la Cina o meno. "Biden ha ribadito in quattro occasioni che accorrerebbe in difesa di Taiwan", ricorda Alperovitch, che alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco 2023 ha organizzato un 'war game' in cui simulava la reazione internazionale alla conquista dell'isola da parte di Pechino. "I partecipanti erano diplomatici, politici ed esperti di sicurezza nazionale da tutto il mondo. Quasi tutti mi hanno detto che un simile scenario avrebbe effetti cataclismici e sarebbe il segnale del declino permanente degli Stati Uniti come potenza del Pacifico. La Cina proietterebbe un potere mai esercitato su tutto quel quadrante".

India, Giappone, Vietnam, Filippine, Corea del Sud, oggi sono partner americani "non perché ci amino o perché non abbiamo fatto errori, anzi ne abbiamo fatti molti, ma odiano e temono più Xi Jinping, le sue aggressioni nel Mar Cinese Meridionale, la sua coercizione economica, le sue campagne di influenza. E questo ci basta".

Se invece l'invasione di Taiwan filasse liscia, questi paesi avrebbero la prova che gli Stati Uniti non sono in grado di proteggerli, e finirebbero schiacciati dall'assertività cinese. Pechino conquisterebbe il controllo totale di rotte commerciali, mercato dei semiconduttori, e accesso marittimo alla regione più produttiva al mondo, e comincerebbe a regolare le sue tante dispute territoriali con la forza, convinta di non essere contrastata.

Cosa farebbe l'Europa (e dunque l'Italia) in caso di attacco cinese alle basi americane nel Pacifico, mossa inevitabile se Washington dovesse intervenire a difesa di Taiwan? Alperovitch è netto: "A livello militare poco e niente. Non ci sono paesi europei con capacità navali significative in quell'area. Anche se scattasse l'Articolo 5 del Trattato Nato, che prevede la difesa collettiva, gli Stati Uniti al massimo chiederebbero agli alleati di occuparsi in via esclusiva delle questioni militari europee, se per allora dovessero esserci ancora conflitti con la Russia. Certo, una guerra Cina-Usa vorrebbe dire la morte, in poche settimane, di un numero di soldati americani mai visto dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Davanti a ciò, l'Europa non potrebbe che far scattare un decoupling immediato dalla Cina sul piano commerciale". Con conseguenze apocalittiche per le economie di tutto il mondo.

Le conclusioni del libro non sono fosche come l'inizio: il conflitto, pur probabile, non è inevitabile. La Seconda Guerra Fredda può avere la stessa parabola della Prima. Basta aspettare. E nel frattempo continuare a camminare sul bordo del precipizio, senza passi falsi, abbassando i toni della retorica ma tenendo alta la deterrenza. "I regimi autoritari nel breve periodo sembrano forti e capaci, ma nel lungo tendono a declinare, non avendo processi di ricambio durante le crisi, al contrario delle democrazie. La Cina è ormai condannata a non raggiungere mai gli Stati Uniti in termini economici: la bolla immobiliare, il debito pubblico, la disoccupazione giovanile, la crisi demografica, sono fattori che possono solo peggiorare visto che non cambieranno le linee politiche. L'Occidente resta il luogo, fisico e ideale, più ambito per i migranti di tutto il mondo ed è ancora nettamente in vantaggio in termini di innovazione, capitali, qualità della vita".

C'è un precedente significativo, raccontato nel volume: Berlino Ovest. Nel 1961 gli Stati Uniti stavano per lanciare un attacco nucleare sulle installazioni militari dell'Unione Sovietica, convinti che Mosca stesse per conquistare quell'avamposto di democrazia liberale in mezzo al mare comunista. Invece Krusciov da un giorno all'altro si mise a costruire il muro. Kennedy tirò un sospiro di sollievo: meglio il muro della guerra. I sovietici avevano capito che la finestra per conquistare Berlino si era chiusa per sempre. Lo stesso potrà succedere, prima o poi, per Taiwan. (di Giorgio Rutelli)

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