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Elezioni Taiwan, vittoria storica di Lai: incertezza su reazione Cina

La sua vittoria consegna al Dpp, per la terza volta consecutiva, la leadership dell'isola

William Lai (Afp)

William Lai (Lai Ching-te), candidato del Partito Democratico Progressista (Dpp), è il nuovo presidente di Taiwan. La sua è una vittoria storica perché consegna al Dpp, per la terza volta consecutiva, la leadership dell'isola. Vicepresidente dal 2020, 64 anni, Lai difende l'indipendenza di Taiwan e ha un passato di studi in Medicina perfezionati a Harvard. Premier per due anni dal 2017, era stato in precedenza sindaco di Tainan per sette anni. Dal gennaio del 2023 è alla guida del Dpp, considerato ''un piantagrane'' da Pechino anche se non sostiene formalmente una dichiarazione di indipendenza. Prende il posto di Tsai Ing-wen che non può ricandidarsi per limiti di mandato.

''Stiamo dicendo alla comunità internazionale che tra democrazia e autoritarismo, staremo dalla parte della democrazia. La Repubblica di Cina e Taiwan continueranno a camminare fianco a fianco con le democrazie di tutto il mondo'', ha affermato Lai nel suo primo discorso ai sostenitori dopo la vittoria, promettendo di voler ''salvaguardare Taiwan dalle minacce e dalle intimidazioni della Cina''.

La vice di Lai, Hsiao Bi-khim, che recentemente è stata inviata di Taiwan negli Stati Uniti, è stata eletta vicepresidente. Pechino l'ha sanzionata due volte come ''secessionista testarda''. La Cina aveva chiesto agli elettori di Taiwan di ''fare la scelta giusta'' e di ''riconoscere l'estremo pericolo che Lai Ching-te inneschi uno scontro e un conflitto attraverso lo Stretto''.

Il Global Times, tabloid nazionalista cinese, descrive Lai come un "separatista". Per Pechino è un "provocatore" e un ''piantagrane''. Lui in campagna elettorale ha ripetuto che Taiwan spera di "essere amica" della Cina e si è detto aperto al dialogo con il Dragone, ma ha anche avvertito che "la comunità internazionale ha realizzato la minaccia che la Cina rappresenta per Taiwan e il mondo".

Il risultato elettorale dimostra che la popolazione di Taiwan ritiene la loro una nazione sovrana de facto che dovrebbe rafforzare le difese contro le minacce della Cina e approfondire le relazioni con i Paesi democratici. Il voto è anche un affronto agli otto anni di tattiche sempre più forti nei confronti di Taiwan da parte di Xi Jinping, che ha definito la ''riunificazione'' dell'isola con la terraferma ''un'inevitabilità storica''. Detestato dai leader del Partito comunista cinese, difficilmente la vittoria di Lai migliorerà i rapporti tra Pechino e Taipei.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Israele-Hamas, il destino incerto dei 132 ostaggi e il...

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Il governo israeliano è sottoposto a enormi pressioni sia da parte delle famiglie che delle cancellerie occidentali che premono per cercare di strappare il via libera all'intesa

Manifestazione dei familiari degli ostaggi (Afp)

"Riuscite a immaginare quanto lentamente passi il tempo quando non c'è aria e stai provando a respirare? Ogni persona con coscienza e cuore, indipendentemente dalla sua origine o religione, dovrebbe chiedere il rilascio immediato degli ostaggi prima che sia troppo tardi". Amit Soussana, è stata nelle mani di Hamas per 55 giorni. Durante la sua prigionia ha subito violenza sessuale, un'esperienza che ha avuto la forza di raccontare alla première a Gerusalemme del film 'Screams Before Silence', che documenta gli abusi sessuali di massa del 7 ottobre. Il suo appello a liberare gli ostaggi arriva in una fase delicatissima della trattativa con Hamas, mentre il governo israeliano è sottoposto a enormi pressioni, sia da parte delle famiglie che delle cancellerie occidentali che premono per cercare di strappare il via libera all'intesa.

Netanyahu a un bivio

Facile a dirsi a parole, meno con i fatti. L'ala della destra 'dura e pura' dell'esecutivo, rappresentata dai ministri Ben-Gvir e Smotrich, continua a minacciare di far cadere il governo se Netanyahu dovesse cedere sulle trattative, rinunciando al piano di attaccare Rafah e soprattutto di estirpare una volta per tutte Hamas dalla Striscia di Gaza, l'obiettivo dichiarato della guerra. "Il dilemma di Benjamin Netanyahu: salvare gli ostaggi o il suo governo", è il titolo emblematico di un recente articolo del Financial Times che fotografa bene lo stato dell'arte.

Fermare i combattimenti per liberare gli ostaggi permetterebbe a Hamas di rivendicare la vittoria e molti dei suoi leader, incluso Yahya Sinwar, resterebbero in libertà. Rifiutare l'accordo su una nuova proposta, mediata da Qatar ed Egitto e già accettata da Hamas per spingersi ulteriormente dentro Rafah, rischierebbe di causare una rottura con gli Stati Uniti e lascerebbe incerto il destino degli ostaggi. Una questione in cui la carriera politica di Netanyahu e la sicurezza di Israele sono inestricabilmente intrecciate.

Le trattative sugli ostaggi

Ma le dichiarazioni di Soussana rilanciate dai media israeliani sono il segnale di un Paese ormai straziato da sette mesi di una guerra costata la vita a 35mila palestinesi e che vuole girare pagina. "In qualche modo sono riuscita a resistere per 55 lunghi giorni ed è impossibile per me capire come qualcuno possa essere lì da 215 giorni quando ogni secondo sembra una vita e ogni respiro potrebbe essere l'ultimo", ha aggiunto la donna. E, intanto, continuano ad alternarsi spiragli che fanno immaginare una soluzione positiva e notizie tragiche di ostaggi morti in prigionia. Come Judy Feinstein, 70enne dichiarata morta dalle Brigate al-Qassam, l'ala militare di Hamas, a seguito delle ferite riportate - secondo il gruppo palestinese - in un bombardamento israeliano di un mese fa.

Per Hamas ogni ostaggio morto nelle sue mani significa minore leva negoziale al tavolo delle trattative. Ma anche una possibilità di propaganda. Se Israele non avesse distrutto tutti gli ospedali di Gaza, ha dichiarato un portavoce delle Brigate, Judy - che aveva bisogno di cure in terapia intensiva - ce l'avrebbe fatta a sopravvivere. Parole che gettano sempre più nelle sconforto i familiari degli ostaggi. Ormai non si contano più le manifestazioni in tutto il Paese, nel centro di Tel Aviv come davanti alle residenze di premier e ministri. Anche stamane un gruppo ha bloccato l'Ayalon, la strada principale della capitale, per chiedere al governo di accettare un accordo con Hamas.

Secondo un sondaggio dell'Israel Democracy Institute, la maggioranza degli israeliani ritiene che raggiungere un'intesa sugli ostaggi rappresenti la massima priorità nazionale del Paese, più importante del lancio di un'operazione militare su vasta scala a Rafah. Le trattative proseguono febbrili, con gli Stati Uniti impegnati in prima persona. Oggi è in Israele il capo della Cia, Bill Burns, che nei giorni scorsi ha fatto visita anche in Qatar ed Egitto.

La storia di Noga Weiss

La stampa israeliana, intanto, come in una grande catarsi, continua a raccontare le storie di chi, una volta liberato dalla prigionia di Hamas, è riuscito a costruirsi una nuova vita. E' il caso della 18enne Noga Weiss, minacciata dal suo carceriere, che sarebbe diventata sua sposa e avrebbe cresciuto i suoi figli.

Orfana di padre, ucciso dai miliziani di Hamas lo scorso 7 ottobre durante l'assalto al Kibbutz Be'eri, Noga era stata rapita insieme alla madre Shiri e insieme a lei liberata a novembre dopo 50 giorni di prigionia nella Striscia di Gaza. Ora ha deciso di arruolarsi nell'esercito israeliano dove ricoprirà il ruolo di mashakit tash, ovvero sottufficiale responsabile delle condizioni di servizio, una sorta di assistente sociale per i soldati.

Agli antipodi per età con Noga c'è l'84enne Alma Abraham, anche lei rilasciata durante lo scambio dello scorso novembre. La sua è una storia di speranza. Oggi, dopo cinque mesi di ricovero, dove era arrivata in grave condizioni, è stata dimessa dall'ospedale di Soroka.

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Esteri

“Putin vuole distruggere l’Occidente e durare...

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"Negli ultimi due anni l'Europa ha dormito, non ha capito che doveva immediatamente concentrare tutti i suoi sforzi sull'industria militare"

Mikhail Khodorkovsky

A margine di una tavola rotonda organizzata da Ecfr, European Council on Foreign Relations, l'Adnkronos ha intervistato Mikhail Khodorkovsky, un tempo l'uomo più ricco di Russia, oggi dissidente in esilio e oppositore del regime putiniano.

A 32 anni acquisisce, con i metodi opachi dell'era Eltsin, il gigante del petrolio Yukos, che sarà poi ri-nazionalizzato, con i metodi brutali dell'era Putin: nel 2003 Khodorkovsky viene arrestato per frode fiscale e passerà 10 anni in prigione sulla base di condanne che ha sempre considerato politicizzate e manovrate dal Cremlino. Amnistiato nel 2013, da allora vive a Londra e gira per università, think tank ed eventi pubblici con l'obiettivo di costruire una coscienza democratica nei suoi concittadini. La ricetta è condensata nel libro pubblicato l'anno scorso 'Come uccidere un drago': per lui la Russia può essere o unita o democratica, dunque propone di passare dal presidenzialismo a un sistema parlamentare e dal centralismo al federalismo. Eppure la frammentazione che è seguita al crollo dell'URSS negli anni '90 non è stata sicuramente sinonimo di stabilità o democrazia.

"Guardi, a parte un po' di confusione e il caso estremo della Cecenia, in quegli anni la situazione non è stata così drammatica. In una Russia federale ci sarebbero diversi sistemi politici: alcune regioni, tra cui Mosca, San Pietroburgo, Novosibirsk, diventerebbero delle democrazie piene, simili a quelle europee. Mentre altri avrebbero sistemi meno democratici, delle autocrazie 'leggere', ma sicuramente meno distruttive di quella attuale".

Si diceva che Putin lo avesse graziato in cambio della promessa di non occuparsi di politica, ma quando glielo chiedo reagisce seccato: "Non ho mai detto una cosa del genere e lo stesso Putin l'ha negata. Possibile che tutti gli altri credano a questa storia?". Vista la fine che hanno fatto altri dissidenti, non ha paura di conseguenze su di sé o sulla sua famiglia? "Nelle dittature, chiunque è in pericolo. Soprattutto dopo tanti anni i dittatori diventano più insicuri e più aggressivi con gli oppositori. Ma io non cerco ruoli politici in Russia, sono un manager che studia e prova a fare il suo dovere civico. Se Putin domani volesse farmi fuori, dovrebbe rinunciare a far fuori qualcun altro che magari in questo momento è più insidioso per lui".

Putin ha due obiettivi: mantenere il potere più a lungo possibile, "anche per altri 15 anni", e indebolire l'Occidente, con la propaganda, i sabotaggi, la minaccia nucleare. Una strategia cinese "dei mille tagli", un processo lento ma inesorabile per introdurre e rafforzare i problemi sociali, politici ed economici. Così da costringere Europa e Stati Uniti a chiudersi in loro stessi e abbandonare velleità globaliste. "Eppure negli ultimi due anni l'Europa ha dormito, non ha capito che doveva immediatamente concentrare tutti i suoi sforzi sull'industria militare per sostenere lo sforzo ucraino, che ora è davvero al limite. Soprattutto quando parliamo di droni, la superiorità russa è impressionante. Solo adesso vi state muovendo, meglio tardi che mai. Certo, per me è inspiegabile che Macron, dopo il suo giusto discorso sulla capacità di Putin di distruggere l'Europa, mandi il suo rappresentante all'inaugurazione presidenziale a Mosca".

Altra fissa del potere putiniano è la contrapposizione con gli Stati Uniti, unici considerati in grado di fermare il suo disegno. "Basti pensare allo scontro tra Israele e Hamas. Ora Putin si schiera con l'Iran non perché creda alla causa palestinese, ma perché sa che questo crea problemi agli Stati Uniti".

Le sanzioni occidentali sono riuscite a fiaccare il regime? "E' un bilancio in chiaroscuro. Ce ne sono di quattro tipi: personali destinate all'élite putiniana, sono state utili perché li hanno privati di molti strumenti economici; finanziarie, contro lo Stato e le aziende, non hanno creato forti conseguenze, visto che la bilancia economica russa resta positiva; energetiche, che invece hanno colpito duramente soprattutto le esportazioni di gas, e devo dire di essere stato sorpreso dalla determinazione tedesca; tecnologiche, per impedire a Mosca di accedere a chip e strumenti fondamentali per la sua industria bellica, che iniziano a fare effetto ma hanno molti difetti, soprattutto nelle categorie-colabrodo di prodotti vietati". (di Giorgio Rutelli)

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Esteri

Matteo Falcinelli, dipartimento Stato Usa:...

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La dichiarazione di fonti all'Adnkronos: "Ci risulta che polizia Miami abbia aperto inchiesta interna, monitoreremo gli sviluppi"

Polizia Usa - Fotogramma /Ipa

"Noi riconosciamo le preoccupazioni sollevate dal governo italiano e dalla famiglia Falcinelli riguardo alle circostanze dell'arresto di Matteo Falcinelli a Miami". E' quanto dichiarano all'Adnkronos fonti del dipartimento di Stato riguardo alla vicenda del 25enne studente italiano arrestato, con modalità violente, lo scorso febbraio in Florida. "A quanto ci risulta la polizia di Miami ha aperto un'inchiesta interna sul caso", aggiungono le fonti che assicurano che "continueremo a monitorare questi sviluppi".

"Il dipartimento di Stato - proseguono le fonti - lavora diligentemente per assicurare che i dipartimenti di pubblica sicurezza negli Usa rispettino i loro obblighi legali riguardo alle notifiche e l'accesso consolare quando cittadini stranieri sono arrestati negli Stati Uniti, in accordo con le leggi interni e gli obblighi internazionali, nello stesso modo in cui noi ci aspettiamo che i governi stranieri trattino i cittadini americani all'estero".

"Massima attenzione Farnesina sul caso"

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha già fatto sollecitare la massima attenzione al caso di Matteo Falcinelli, ricordando che il Governo italiano segue doverosamente ogni caso di detenzione di cittadini italiani all’estero. E' quanto si leggeva in una nota della Farnesina del 5 maggio scorso, in cui si ricordava che dall’inizio della vicenda il consolato generale d’Italia a Miami sta seguendo il caso.

All’atto dell’arresto il signor Falcinelli è stato sottoposto a un trattamento detentivo particolarmente violento, testimoniato dalle stesse body-cam dei poliziotti che hanno effettuato il fermo. Per questa ragione, oltre a seguire il caso e prestare assistenza alla famiglia per gli aspetti legali, il console generale a Miami ha sottolineato con le autorità locali l’inaccettabilità dei trattamenti che il giovane ha subito, ha fatto sapere la Farnesina.

Matteo Falcinelli, da soffocamento ai danni alle ossa: i rischi dell'incaprettamento

Falcinelli era stato arrestato all’uscita di una discoteca. La polizia di Miami gli aveva contestato diversi reati, tra cui resistenza non violenta a pubblico ufficiale. È stato rilasciato due giorni dopo l’arresto. Il consolato generale a Miami si è subito attivato: oltre a intervenire con le autorità locali, ha prestato la necessaria assistenza al connazionale e ai familiari, anche fornendo contatti dell’ufficio legale, poi scelto dalla famiglia. Sino alla conclusione della vicenda il consolato generale, d’intesa con la Farnesina, continuerà ad assistere il connazionale, mantenendo stretto contatto con la famiglia.

La vicenda

Protagonista della grave vicenda, come ha raccontato per primo Quotidiano Nazionale pubblicando anche le immagini choc dell'arresto, è il 25enne Matteo Falcinelli. Il giovane di Spoleto, a Miami per frequentare il master alla Florida International University al Biscayne Bay Campus, sarebbe stato "sbattuto a terra" dalla polizia con "il volto contro l’asfalto" e "con il ginocchio dell’agente premuto contro il collo, la stessa manovra che in Minnesota uccise l’afroamericano George Floyd". Una volta arrestato e portato in una cella di transito alla stazione di polizia di North Miami Beach, "in quattro lo hanno incaprettato sottoponendolo all’Hogtie restraint. Con una cinghia hanno legato i piedi alle manette dietro la schiena e tirato, tirato tra urla strazianti e sovrumane" fino a quando il giovane "li ha supplicati di smettere perché si sentiva letteralmente spezzare. 'Please, please, please'" le parole "pronunciate con un filo di voce tra lacrime e strazi indicibili. E cosi, con il rischio di morire, lo hanno lasciato per più di tredici minuti, quando qualcuno in quella posizione smette di respirare appena dopo 150 secondi", il resoconto di Quotidiano Nazionale sul caso.

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La scena è stata ripresa dalle bodycam indossate dagli agenti americani, mentre la vicenda risale alla notte tra il 24 e il 25 febbraio scorso.

Dalla prima ricostruzione della famiglia, spiega ancora Quotidiano Nazionale, emerge che il ragazzo è entrato in un locale "intorno alle 22.15: è solo, giù di corda dopo un brutto incidente del novembre precedente e non esce con gli amici per lo Spring break, l’inizio delle vacanze di primavera. Ordina un drink, rum e coca, ma ben presto si rende conto che è uno strip bar, racconterà poi. Alcune ragazze gli offrono sesso: 500 euro mezz’ora, mille un’ora ma lui rifiuta".

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Il ragazzo quindi "resta al bancone e prima di allontanarsi per andare in bagno ordina un altro drink per lui e per una ragazza conosciuta sul posto. In bagno si accorge che gli mancano i due cellulari. Inizia a cercarli, chiede dove siano, e dopo una agitata ricerca la stessa ragazza gli riferisce che i suoi cellulari sono stati ritrovati all’ingresso del bar. Matteo li va a ritirare, e solamente dopo ritorna al bar per prendere i drink ordinati precedentemente. I drink erano già pronti sul bancone, li beve insieme alla ragazza e da qui in poi i ricordi si fanno offuscati. Non ricorda come arriverà all’uscita ma lì c’è già una pattuglia della polizia con due agenti, come emerge dal rapporto ufficiale, altri quattro ne arriveranno solo dopo. I poliziotti scriveranno di essere intervenuti perché il ragazzo ha creato problemi nel locale tanto da essere sbattuto fuori e di essersi opposto all’arresto, facendo resistenza agli agenti perché rivoleva indietro i 500 dollari spesi ma Matteo sostiene di non aver mai pagato quella cifra".

Quello che accade all’esterno, continua Quotidiano Nazionale, "è ripreso in parte dalle bodycam. Matteo è agitato, inveisce contro i poliziotti: ripete che non ha fatto niente, chiede di riavere i suoi telefoni. Chiede i nomi degli agenti perché li vuole denunciare ma quando punta il dito – questa la sua ricostruzione – contro la targhetta con il nominativo stampato sulla divisa, viene sbattuto a terra. “Non ci toccare sennò sono guai” lo minacciano. È a quel punto che Falcinelli finisce a terra con le mani dietro la schiena e il ginocchio del poliziotto a premere sul collo".

Alle 3.38 del mattino Falcinelli viene portato alla stazione di polizia. "È lì che avviene la tortura. La body cam di un poliziotto mostra lo studente dentro una cella con le vetrate: urla chiedendo che vengano rispettati i suoi diritti", il resoconto seguito dalle immagini.

Resistenza a pubblico ufficiale, opposizione all’arresto senza violenza e violazione di domicilio, le accuse contro il 25enne, che tuttavia decadranno secondo disposizione del giudice americano. La denuncia della famiglia, si spiega ancora, arriva a mesi di distanza dai fatti - e solo dopo che le accuse decadranno - per paura di ritorsioni.

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