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Politica

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Ucraina, Crosetto: “2024 anno cruciale del conflitto, sostegno Italia resta forte”

Il ministro della Difesa nelle comunicazioni alla Camera: "2024 anno cruciale del conflitto. Giunto il momento per incisiva azione diplomatica che affianchi gli aiuti"

Guido Crosetto (Fotogramma)

La Camera ha approvato le risoluzioni presentate dalla maggioranza, dal Pd e da Italia Viva, Azione e Più Europa, sulle comunicazioni del ministro della Difesa, Guido Crosetto, sul nuovo invio di armi all'Ucraina. Il governo aveva espresso parere favorevole sul primo e sul terzo documento, mentre si era rimesso all'Aula sul testo dei dem. Respinte invece le risoluzioni proposte da M5S e Alleanza Verdi Sinistra, sulle quali il parere dell'esecutivo era stato contrario.

"Il 2024 sarà un anno cruciale del conflitto" tra Ucraina e Russia, ha detto il ministro della Difesa nel corso delle comunicazioni in materia di proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative di Kiev.

"L'Italia supporta dall'inizio e con determinazione ogni azione per favorire l'apertura di un confronto diplomatico e per arrivare a una soluzione negoziale che non sia disgiunta da una pace giusta", ha aggiunto il ministro, sottolineando che allo stesso tempo il sostegno da parte del nostro Paese all'Ucraina resta "forte e totalmente inalterato".

"La strada da percorrere è ancora lunga ma sarebbe un errore strategico e politico drammatico fare un passo indietro", ha rimarcato Crosetto, aggiungendo che il sostegno all'Ucraina "deve continuare finché non cesseranno gli attacchi dei russi".

Da parte dell'Italia "serve una scelta di coerenza, sostegno e proroga degli aiuti", ha detto ancora il ministro della Difesa, precisando che gli equipaggiamenti, i sistemi e gli aiuti militari all'Ucraina contenuti nell'ottavo pacchetto approvato "sono volti a rafforzare solo le capacità difensive delle forze armate ucraine".

Caratteristiche della guerra e situazione sul campo

"Purtroppo - ha affermato - la controffensiva estiva dell'Ucraina non ha dato i risultati sperati e l'esercito di Kiev sta affrontando un nuovo inverno di guerra". "Difficoltà" sono legate ai "vasti capi minati: l'intelligence ucraina stima in oltre 8 milioni le mine impiegate dai russi a protezione delle proprie posizioni".

Crosetto ha poi spiegato che "dopo quasi due anni il conflitto presenta le caratteristiche di una tradizionale guerra di posizione". "La stagione invernale tende a cristallizzare la situazione sul campo ed è prevedibile che la reazione russa sia particolarmente dura" con "attacchi massicci con missili e droni", ha continuato il ministro, aggiungendo che lo scopo dei russi "è fiaccare il morale della popolazione ucraina, creando una frattura interna". "La controffensiva ucraina ha avuto un andamento generoso ma irregolare", ha proseguito Crosetto, e la Russia "sembra intenzionata a puntare a un conflitto di logoramento nella convinzione che nel lungo periodo le opinioni pubbliche occidentali si stancheranno e ci saranno defezioni tra i ranghi dei Paesi che hanno sostenuto Kiev ed è inevitabile l'influenza che potrebbero generare le prossime scadenze elettorali in America ed Europa".

"Parrebbe giunto il momento - ha detto Crosetto - per una incisiva azione diplomatica che affianchi gli aiuti che stiamo portando avanti perché si rilevano una serie di segnali importanti da entrambe le parti in causa". E "la Russia deve e dovrà comprendere la risolutezza dei Paesi occidentali per scongiurare nuove velleità di conquista nell'Est Europa", ha affermato ancora, sottolineando la necessità allo stesso tempo di "deterrenza e diplomazia".

Il ministro della Difesa ha poi scandito: "Stiamo con forza ribadendo che se accettiamo che riprenda nel mondo la regola del più forte e se il consesso delle nazioni si piega alla regola del più forte e decide di girarsi dall'altra parte per comodità politica, per tranquillità economica, pezzo dopo pezzo perderemo spazi di libertà, democrazia e sicurezza".

Crosetto si è soffermato sulle "coalizioni di capacità" che "segnano un salto di qualità nelle modalità di supporto all’Ucraina: l’idea è di aggregare gruppi di nazioni, guidati da uno o più leader, che concordino con Kiev lo sviluppo di specifici settori delle Forze Armate, mediante un approccio pluriennale che comprenda gli aspetti materiali, organizzativi, addestrativi, dottrinali e garantisca il supporto finanziario all’impresa. Al riguardo, gli sviluppi nel filone di lavoro delle coalizioni avranno implicazioni in diversi ambiti e saranno il driver principale dello sviluppo della Difesa nazionale ucraina, nell’alveo della Nato e dell’Ue", ha detto il ministro della Difesa.

A margine, in merito alle polemiche per la commemorazione della strage di Acca Larenzia, ha dichiarato: "Non leggo i giornali... Ho sempre preso le distanze da ogni manifestazione che ricordi i regimi passati".

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Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa...

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"A viale Mazzini dovrebbero fare una statua a me accanto al cavallo, ho salvato Rai Way dai piani della sinistra"

Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa non si farà mai

L’ipotesi di privatizzazione della Rai? “Le norme per farlo esistono da 20 anni, sono nella legge che porta il mio nome. Ma cedere Rai1, Rai2, e Rai3, non accadrà mai”. Esordisce così con l’Adnkronos il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia. Che, da ministro delle Comunicazioni del governo Berlusconi, preparò il disegno di legge sul sistema radiotelevisivo italiano approvato dal Parlamento nell’aprile 2004. “Ci sono due possibilità: o una quotazione in borsa, e all’epoca la strada fu esplorata tanto che con l’amministratore delegato Flavio Cattaneo andammo a parlarne con i vertici di Borsa Italiana; oppure la cessione di rami d’azienda. Non bisogna dimenticare che la Rai ha più di dieci canali: oltre ai tre generalisti, ci sono quelli dedicati a storia, cinema, bambini, sport… Nulla vieta, se serve fare cassa, di cedere quelli, in tutto o in parte, o magari di fare delle joint venture con altri editori. Non mi pare che la Rai verrebbe meno al suo ruolo di servizio pubblico se Rai YoYo facesse un accordo con una società che produce contenuti per bambini”.

In un articolo del ‘Foglio’ si fa riferimento alla cessione di un 50% della società per abbattere il debito e gli oneri per le casse dello Stato. “Per un simile scenario ci vorrebbe una quotazione. E' vero, non serve avere il 50+1 di una società per controllarla, basta vedere cosa è successo con Enel, Eni e Leonardo. Ma attenzione: per portare in borsa un asset come la Rai bisogna prima valorizzarlo, renderlo appetibile per investitori e risparmiatori. E al momento mi sembra un compito difficile”. Altro discorso la cessione di rami d’azienda. “A viale Mazzini dovrebbero installare una statua dedicata a me, accanto a quella del cavallo. Fui infatti io nel 2001, da ministro, a oppormi all’operazione che era stata predisposta dal precedente governo di sinistra. Il piano era di cedere a una società privata un pezzo di Rai Way, ovvero le antenne e le infrastrutture di trasmissione, ma la Rai in cambio avrebbe avuto solo la minoranza nel consiglio di amministrazione. Dissi di no a questa idea balzana, sollevando grandi polemiche. Invece fu la scelta giusta: Rai Way è stata quotata anni dopo e ha garantito un ricco assegno per le casse pubbliche. Che hanno potuto monetizzare un asset strategico senza però perderne il controllo. Dico strategico perché con il Covid abbiamo avuto la dimostrazione del fatto che lo Stato deve avere il controllo sulle infrastrutture di comunicazione essenziali come quelle televisive. Durante i lockdown internet non arrivava ovunque, ma i canali del digitale terrestre sì, e hanno potuto informare anche quei cittadini che non sono dotati di smartphone o connessione veloce. Ora si parla di una possibile fusione con Ei Tower, su cui viaggiano le tv private. Non ho nulla in contrario, basta che alla fine dell’operazione la maggioranza di controllo resti in mano pubblica”.

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La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa,...

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Gli uffici di Viale Mazzini da mesi preparano il terreno per una possibile assunzione a tempo indeterminato del direttore generale

La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa, Rossi stabilizzato?

L’ipotesi di una privatizzazione della Rai, che oggi è tornata nel dibattito politico, ha fatto molto rumore a Viale Mazzini, rimettendo in moto un progetto che è sul tavolo da circa 30 anni, con altrettante declinazioni e ipotesi. Staccare un solo canale? Tenere Rai1, Rai2 e Rai3 ma cedere tutti gli altri, in blocco o creando delle joint venture con altri editori e produttori? Fare una ‘bad company’ da lasciare in mano pubblica, con i programmi del servizio pubblico che hanno minore ritorno commerciale, mentre una ‘newco’ con i pezzi più pregiati potrebbe essere messa sul mercato? I rumor sono ripartiti a partire dall’articolo di prima pagina del “Foglio” di oggi, che parlava della cessione di un 50% degli asset della tv e radio pubblica.

Come sottolinea Claudio Cerasa, la privatizzazione sarebbe una grande mossa politica, soprattutto in risposta a chi accusa la premier di aver messo in piedi ‘TeleMeloni’. Il problema è che il nuovo assetto sarebbe accolto con ostilità da Mediaset e gruppo Cairo: con l’abbandono dei tetti pubblicitari, la Rai privata sottrarrebbe inserzionisti agli altri broadcaster.

Il dossier è complicato inoltre dal rinnovo dei vertici: mercoledì 31 luglio il parlamento potrebbe (potrebbe) finalmente votare i componenti del cda che sostituiranno gli attuali, scaduti da due mesi. Nel frattempo sono arrivate le dimissioni della presidente Marinella Soldi (che non aveva alcuna possibilità di riconferma) e si aspetta la nomina dei nuovi membri votare al suo posto Simona Agnes, in quota Forza Italia.

Il rischio è però che anche l’appuntamento di mercoledì non sia risolutivo e che tutto slitti a settembre. Anzi a ottobre, mese in cui è attesa la sentenza del Tar sul ricorso contro l’attuale procedura di selezione per il cda. Sarebbe infatti inutile trovare l’accordo per poi rischiare di dover ripartire da capo con la scelta dei candidati.

Lo stallo sul rinnovo si spiega con le tensioni tra Lega e Fratelli d’Italia. Il partito della premier vorrebbe promuovere Giampaolo Rossi, attuale direttore generale, ad amministratore delegato. I salviniani temono però che una mossa simile darebbe troppo potere agli alleati di governo, e finora hanno preso tempo, sapendo di non poter imporre un nome alternativo. Nel frattempo, risalgono le quotazioni di Roberto Sergio, attuale ad, che non avendo appartenenze (se non quella, filosofica, alla regola democristiana) è l’unico nome in grado di tutelare tutte le parti in causa.

Una conferma di Sergio per il prossimo mandato potrebbe scatenare una reazione negativa di Rossi? Non necessariamente: l’Adnkronos può confermare che negli uffici della Rai da mesi si studia il modo per consolidare il suo ruolo in azienda, ad esempio con un’assunzione a tempo indeterminato nel ruolo di direttore generale, così da non essere più in balìa delle tempeste politiche ma in grado di restare a lungo ai vertici di un’azienda con cui in questi anni ha creato un rapporto sempre più stretto.

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Giovanni Toti si è dimesso, Liguria alle urne entro 90...

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Il governatore ha inviato una lettera all'ufficio protocollo della Regione

Con una lettera fatta pervenire all'ufficio protocollo della Regione Liguria il presidente Giovanni Toti ha rassegnato le sue irrevocabili dimissioni. L'addio del presidente comporta automaticamente lo scioglimento della del Consiglio ligure. Nuove elezioni dovranno avvenire entro 90 giorni.

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