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Salute e Benessere
Epatite B, speranze dall’immunoterapia: a Milano...
Epatite B, speranze dall’immunoterapia: a Milano primi test al mondo
Studio San Raffaele-Asher Biotherapeutics apre a una svolta contro l'infezione cronica
![Laboratorio di ricerca - Fotogramma](https://www.adnkronos.com/resources/0289-19e80495f52e-2ae45d6cad13-1000/format/big/laboratori_all_interno_del_dipartimento_di_farmacologia_e._trabucchi_in_piazza_domenico_aspari.jpeg)
La speranza dell'immunoterapia contro l'epatite B cronica, che nel mondo affligge oltre 300 milioni di persone ed è tra i primi fattori di rischio per la cirrosi epatica e il tumore al fegato. I primi test al mondo sono stati condotti su modelli preclinici da un gruppo di ricercatori dell'Irccs ospedale San Raffaele di Milano e dell'università Vita-Salute San Raffaele, in collaborazione con la start-up americana Asher Biotherapeutics. I risultati, pubblicati su 'Science Translational Medicine', aprono la strada alla cura dell'infezione da virus Hbv grazie a una molecola - l'interleuchina-2 - in grado di riattivare il sistema immunitario contro la malattia. Nei pazienti con epatite B cronica, infatti, le difese naturali non riescono a debellare il virus responsabile della patologia, che continua a sopravvivere e a riprodursi all'interno delle cellule epatiche.
L'Hbv - ricordano dal San Raffaele - si trasmette per contatto con sangue infetto, per via sessuale o da madre a figlio durante il parto. Diversamente da ciò che accade quando un adulto contrae il virus, oltre il 90% dei bambini contagiati alla nascita sviluppano la forma cronica di epatite B. Contro l'infezione oggi esiste un vaccino preventivo, ma i pazienti che l'hanno già contratta non ne possono beneficiare. Per loro una possibile svolta arriva dallo studio coordinato da Matteo Iannacone, direttore della Divisione di Immunologia, Trapianti e Malattie infettive dell'Irccs ospedale San Raffaele, rientrato in Italia dopo una lunga esperienza negli Stati Uniti grazie al Career Development Award della Fondazione Armenise-Harvard. Le ricerche di Iannacone, in sinergia con l'unità diretta da Luca Guidotti, vice direttore scientifico del San Raffaele, hanno contribuito in questi anni a sviluppare alcuni degli antivirali comunemente utilizzati per trattare l'epatite B nella sua forma cronica.
Già nel 2019, con alcuni dati pubblicati su 'Nature', attraverso un'analisi molecolare realizzata grazie a tecniche di microscopia intravitale gli studiosi avevano dimostrato che i linfociti T non riescono a debellare l'infezione da Hbv e risultano disfunzionali fin dalla loro attivazione. La caratterizzazione dei linfociti T disfunzionali aveva anche permesso ai ricercatori del San Raffaele di identificare le molecole più adatte ed efficaci a risvegliare queste cellule. Una è l'interleuchina-2 (Il-2), una molecola-messaggero del sistema immunitario, che agisce come una sorta di immunoterapia ed è già sperimentata con successo sia in cellule in coltura ottenute da campioni di pazienti sia nel modello animale. Tuttavia l'Il-2, se somministrata in maniera sistemica, produce gravi effetti collaterali, aumentando la permeabilità dei vasi sanguigni e causando un grave edema. Questo accade perché la molecola non agisce solo sui linfociti T, ma anche sulle cellule Natural killer che inducono tossicità, nonché su cellule regolatorie che inibiscono la risposta immune. Il nuovo studio bypassa questi ostacoli.
Grazie alla collaborazione con Asher Biotherapeutics che produce l'interleuchina-2 - spiega una nota - i ricercatori sono riusciti a sperimentare questa molecola sviluppando un approccio detto di 'cis-targeting': l'Il-2, coniugata con un anticorpo specifico, riesce a indirizzarsi solo sui linfociti T, attivandoli in maniera corretta contro la malattia.
"Abbiamo visto, sui modelli murini di malattia - riferisce Iannacone - che somministrando questo tipo di immunoterapia i linfociti T si espandono di numero e aumentano la loro funzione, ovvero rilasciano citochine in grado di inibire la replicazione virale ed eliminano le cellule infette, abbattendo di fatto il virus". I risultati hanno dimostrato, in modelli preclinici di epatite B, ma anche nel sangue di persone sane, la sicurezza, la bassa tossicità e l'efficacia terapeutica di questo approccio innovativo. "Oltre ad approcci antivirali - commenta Iannacone - è possibile pensare finalmente a una strategia di immunoterapia" contro l'epatite B cronica. "Il prossimo passo è quello di testare sull'uomo questo approccio, in combinazione con gli antivirali".
La ricerca è stata sostenuta dall'European Research Council (Erc), dalla Fondazione Airc per la ricerca sul cancro, dal ministero della Salute e dal ministero dell'Università e della Ricerca.
Salute e Benessere
Covid, con il caldo aumenta rischio per il cuore: cosa fare
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L'analisi e le raccomandazioni del cardiologo Trimarco
![Medici in reparto Covid - Fotogramma](https://www.adnkronos.com/resources/0288-19af443095f8-e228ff6708b3-1000/format/big/covid_ospedale_nuova_fg.jpeg)
Fuoco incrociato sulla salute degli italiani, in particolare dei più fragili. A minacciarli c'è il mix tra caldo e Covid: "L'uno amplifica gli effetti dell'altro e viceversa, con un impatto immediato sui sintomi come mal di testa, fatigue e affanno, e sulla funzionalità del cuore". Lo spiega Bruno Trimarco, docente emerito di Cardiologia all'università Federico II di Napoli. "Il caldo - avverte - ha sicuramente un impatto importante sui pazienti colpiti dal Covid, sia in fase acuta che nel post-infezione, sul cosiddetto Long Covid. Infatti, da un lato le temperature alte amplificano i sintomi dell'infezione, dall'altro possono aumentare lo stress sul cuore, colpito contemporaneamente da un doppio fuoco, il virus e il caldo insieme". Come proteggersi? No agli integratori 'fai te te', sì a docce fresche e bere acqua anche se non si ha sete, ricorda lo specialista.
Chi rischia di più
Le persone più a rischio sono i fragili, come anziani, bambini e malati cronici, già vulnerabili a caldo e Covid singolarmente. "La letteratura scientifica - analizza Trimarco - ha già documentato che il caldo estremo rappresenta un rischio per il cuore, causando dolore al petto, infarti e morte improvvisa. Quando fa troppo caldo, si può assistere a una riduzione dei valori della pressione arteriosa per la dilatazione dei vasi sanguigni e alla perdita di liquidi con una profusa sudorazione che aumenta il pericolo disidratazione. In alcuni pazienti, tuttavia, si verifica un effetto opposto e la pressione arteriosa può aumentare in modo improvviso e incontrollato. Tra i sintomi più comuni possono comparire tachicardie, palpitazioni, vertigini e affanno".
Dal canto suo, anche Covid ai associa a sintomi comuni a quelli scatenati dal caldo, come astenia, nebbia cerebrale, affanno e mal di testa. "Inoltre - evidenzia il cardiologo - sappiamo che Covid-19 innesca una serie di processi infiammatori che colpiscono le cellule endoteliali, cioè le cellule che rivestono l'interno del cuore e dei vasi sanguigni. Tra gli effetti prodotti ci sono stress ossidativo, infiammazione, alterazione dei battiti, compromissione della capacità di pompare il sangue e l'ossigeno agli altri tessuti. Gli studi suggeriscono che le persone con Covid, rispetto ai non infettati, corrono un rischio del 55% maggiore di subire un evento cardiovascolare grave come infarto, ictus o morte. Hanno anche più probabilità di manifestare altri problemi al cuore come aritmie o miocardite, ossia infiammazione del muscolo cardiaco".
I rimedi
Per scongiurare gli effetti della combo caldo-Covid servono contromisure. Quali? "No a integratori 'fai da te', sì a docce o bagni freschi e al consumo 'programmato' di acqua: impegnarsi cioè a bere almeno un litro e mezzo d'acqua durante la giornata anche se non si ha la sensazione di sete", raccomanda Trimarco.
"Stanchezza e debolezza, sintomi comuni al Covid e a un eccesso di caldo - osserva il cardiologo - possono indurre a fare incetta di integratori. Ma la stragrande maggioranza sono inutili, almeno contro il Covid. Uno studio che abbiamo pubblicato sulla rivista 'eClinicalMedicine' promuove un mix di sostanze naturali, composto da arginina e vitamina C. L'arginina è un aminoacido prodotto naturalmente dall'organismo, che stimola la produzione di ossido nitrico, sostanza chiave per una corretta funzione vascolare. La vitamina C, invece, grazie a una nanotecnologia che ne ottimizza l'assorbimento senza effetti collaterali, antagonizza lo stress ossidativo e migliora il rimodellamento vascolare con effetti benefici sulla funzionalità cardiaca e a cascata su tutto l'organismo".
Altri consigli: evitare di uscire se positivi al Covid, sia per evitare di contagiare gli altri sia per tenersi al riparo dal caldo esterno; mantenere la casa fresca, sfruttando l'aria notturna per rinfrescarla, e durante il giorno usando tapparelle o persiane e spegnendo quanti più dispositivi elettrici possibile; usare abiti e lenzuola leggeri e larghi; evitare bevande zuccherate, alcoliche o contenenti caffeina che possono peggiorare i sintomi e interagire con i farmaci in uso.
Salute e Benessere
Caldo africano, nuova ondata sull’Italia: oggi 12...
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Nelle prossime ore allerta super caldo ai massimi livelli: le città interessate
![Super caldo a Roma - Fotogramma](https://www.adnkronos.com/resources/028f-1b76948389d7-928a70d280ca-1000/format/big/caldo_roma_fontana_fg.jpeg)
L'allerta super caldo tornerà nelle prossime ore ai livelli massimi. Se oggi, sabato 27 luglio, nessuna città è ancora da bollino rosso, per domani - domenica 27 - saranno di nuovo sei i capoluoghi interessati dal gradino più alto dell'allerta.
Dodici, intanto, le città con bollino arancione di oggi, segnalate nel bollettino sulle ondate di calore del ministero della Salute: si tratta di Firenze, Frosinone, Palermo, Perugia, Rieti e Roma, Bologna, Bolzano, Brescia, Latina, Pescara e Viterbo.
Domenica bollente, tornano i bollini rossi
Domenica 28 luglio saranno quindi 6 le città italiane da bollino rosso per il rischio di ondate di calore: massima allerta su Firenze, Frosinone, Palermo, Perugia, Rieti e Roma.
La giornata di domani si annuncia dunque la più 'bollente' di una settimana che non ha fatto registrare prima città da bollino rosso. Fra i 27 capoluoghi monitorati dal sistema di sorveglianza ministeriale, oltre ai 6 con allerta 3, il livello massimo di rischio, il 28 luglio si contano 13 bollini arancioni (livello 2): a Bologna, Bolzano, Brescia, Campobasso, Latina, Milano, Napoli, Pescara, Torino, Trieste, Venezia, Verona e Viterbo. Bollino giallo (rischio 1) per Ancona, Bari, Cagliari, Catania, Civitavecchia, Genova, Messina e Reggio Calabria. Nessun bollino verde (rischio 0).
Salute e Benessere
Alzheimer, Ema blocca farmaco Lecanemab: “Rischio di...
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"In particolare il frequente verificarsi di anomalie nell'imaging correlate all'amiloide (Aria), che comportano gonfiore e potenziali sanguinamenti nel cervello dei pazienti che lo hanno ricevuto"
![Riproduzioni del cervello - FOTOGRAMMA](https://www.adnkronos.com/resources/028f-1b75fb877550-e313388a5cd3-1000/format/big/germany_parti_del_cervello_di_albert_einstein_in_mostra_al_westphalian_museum_of_natural_history_.jpeg)
No dell'Agenzia europea del farmaco Ema a una terapia anti Alzheimer. Il Comitato tecnico per i medicinali a uso umano dell'ente regolatorio Ue, "Chmp, ha raccomandato di non concedere l'autorizzazione all'immissione in commercio per Leqembi* (lecanemab), un farmaco destinato al trattamento della malattia di Alzheimer", informa l'Ema nel resoconto dell'ultima riunione del Chmp (22-25 luglio).
"Il comitato - si legge - ha ritenuto che l'effetto osservato di Leqembi sul ritardo del declino cognitivo non controbilancia il rischio di eventi collaterali gravi associati al medicinale, in particolare il frequente verificarsi di anomalie nell'imaging correlate all'amiloide (Aria), che comportano gonfiore e potenziali sanguinamenti nel cervello dei pazienti che hanno ricevuto Leqembi".
Alzheimer Europe esprime "rammarico" e "profonda delusione" per il parere negativo formulato dal Comitato tecnico Chmp dell'Agenzia europea del farmaco Ema . Il no dell'Ema, che riguarda Ue, Islanda, Liechtenstein e Norvegia, sottolinea l'associazione in una nota, "significa che gli europei con malattia di Alzheimer in fase iniziale non avranno accesso alle opzioni terapeutiche disponibili per i pazienti negli Stati Uniti e in altri Paesi".
"Le persone che vivono con la malattia di Alzheimer e le loro famiglie nutrivano grandi speranze e aspettative riguardo all'introduzione di nuove opzioni terapeutiche in Europa", scrive Alzheimer Europe, ricordando che la Fda statunitense ha concesso l'approvazione a lecanemab un anno fa, nel luglio 2023, dopo che un comitato consultivo ha riconosciuto in modo unanime l'efficacia clinica del farmaco per il quale le principali assicurazioni Usa, fra cui Medicare, hanno garantito "un'ampia copertura" nei pazienti idonei a riceverlo. Hanno dato il via libera al trattamento anche le autorità regolatorie di Giappone (25 settembre 2023), Cina (3 gennaio), Corea del Sud (27 maggio), Hong Kong (11 luglio) e Israele (12 luglio), elenca l'associazione, mentre in Europa si attendono ancora i pronunciamenti degli enti regolatori svizzero e britannico, che Alzheimer Europe auspica positivi.
"Le persone affette da malattia di Alzheimer in Europa saranno escluse dall'accesso a lecanemab senza poter compiere scelte individuali basate su un'analisi personale del profilo rischi-benefici", rimarca l'associazione. La speranza di Alzheimer Europe è che "i risultati dal mondo reale raccolti dal registro imposto dalla Fda, o dagli studi in corso su lecanemab forniranno le evidenze scientifiche necessarie affinché i regolatori Ue riconsiderino la loro posizione".