Esteri
Attacchi Mar Rosso, gli scenari possibili: cosa aspettarsi
"Tutto rischia di peggiorare prima che possa migliorare" dice all'Adnkronos Alessio Patalano, docente di Guerra e Strategia in Asia orientale al King's College di Londra
"C'è il rischio che la situazione" nel Mar Rosso, nello Stretto del Bab el-Mandeb, "peggiori prima che possa migliorare" in quest'area che è un corridoio strategico per il mondo con le navi mercantili sotto le minacce degli Houthi dello Yemen che a loro modo sono scesi in campo nel conflitto tra Israele e Hamas. Alessio Patalano, docente di Guerra e Strategia in Asia orientale al King's College di Londra e in passato visiting professor all'Istituto di Studi Militari Marittimi di Venezia, parla con l'Adnkronos dopo che l'Italia ha annunciato l'invio nel Mar Rosso della Fremm (Fregata Europea Multi Missione) 'Virgilio Fasan'. Affronta la questione dal punto di vista "tattico-operativo", senza dimenticare il livello politico e diplomatico.
Attualmente, spiega Patalano, "passiamo da interventi ad hoc", interventi di 'soccorso' in caso di segnalazioni di 'incidenti' nel Mar Rosso, a "un'attività di scorta che dovrebbe mettere insieme un sistema che previene i problemi a monte". Quindi, prosegue nella sua analisi, "se gli Houthi vogliono mantenere un discorso di coerenza con la posizione attuale cercheranno di testare le nuove attività".
Ma la capacità di deterrenza della nuova task force potrebbe anche servire per prendere la strada del dialogo (la crisi in Yemen, dove nel settembre del 2014 gli Houthi hanno preso il controllo di Sana'a, resta tra le più gravi emergenze al mondo). E "al momento - evidenzia l'esperto - tutti i passi intrapresi in risposta alla situazione nel Mar Rosso, sono passi minimi per cercare di favorire le condizioni per il ripristino" della libera navigazione.
Ovvero, "finora non c'è stata" alcuna iniziativa per "ingaggiare gli Houthi nel loro territorio", non ci sono state operazioni mirate contro le milizie sciite (Ansar Allah) nello Yemen, guidate da Abdul Malik al-Houthi, che senza mezzi termini afferma di ritenere che l'iniziativa della nuova task force "violi i diritti dei Paesi che si affacciano sul Mar Rosso" e che contro di essa gli Houthi devono "agire perché danneggia la navigazione internazionale". Di fronte a denunce di attacchi con missili e droni e tentativi di assalto, sinora - evidenzia Patalano - "le indicazioni dal punto di vista politico sono state di cautela", con la decisione di "prendere le misure minime necessarie per il ripristino del trasporto marittimo".
Dal punto di vista "tattico-operativo" della nuova missione, Patalano invita ad attendere di conoscere il modo in cui si concretizzerà il tipo di contributo dei vari Paesi coinvolti. "Le scorte saranno organizzate in modo tale che sarà possibile proteggere le imbarcazioni che dovranno passare dal Mar Rosso e non si tratta - spiega - di rischi sconosciuti alle navi che saranno messe a disposizione delle attività. Non si tratta di rischi difficili da mitigare per quei mezzi".
L'esperto parla di un "rischio" che sinora è stato "sporadico", anche se ha avuto ripercussioni e portato molte compagnie a riprogrammare le rotte, ed evidenzia le caratteristiche tecnologicamente avanzate delle unità che faranno parte della task force. Dalla prospettiva degli Houthi, il punto sarà "creare quel tipo di ripetitività, più o meno regolare, che fa cambiare la valutazione del rischio". E, osserva, sebbene il "rischio resti reale" bisognerà vedere con il coinvolgimento della nuova missione quale "tipo di ripetitività e spessore gli Houthi potranno mettere in atto per creare un disturbo reale".
Sarebbe comunque "importante coinvolgere" nella nuova task force "tutti i Paesi che hanno interesse nell'economia internazionale" e quindi anche la Cina perché "le compagnie cinesi sono in prima linea nel trasporto marittimo". E, conclude, nell'area ci sono già unità della Marina del gigante asiatico, coinvolte in attività antipirateria e quindi, come per altri Paesi che hanno forze nell'area, anche l'Italia, si può "pensare in modo anche abbastanza rapido a spostare unità combattimento".
Esteri
Hamas: “Posizione negativa su proposta tregua ma...
Attesa per oggi la risposta del gruppo sul documento negoziale elaborato dei mediatori egiziani
Hamas sembra orientata a respingere l'ultima proposta di accordo con Israele sugli ostaggi elaborata dai mediatori per una tregua nella Striscia di Gaza. La riposta è attesa per oggi, ma secondo quanto ha dichiarato Osama Hamdan, esponente del gruppo con sede in Libano, alla TV Al-Manar, affiliata a Hezbollah, "la nostra posizione sull'attuale documento negoziale è negativa". Tuttavia, ha successivamente puntualizzato l'ufficio stampa di Hamas, "non significa che i negoziati si siano fermati".
I colloqui per una tregua tra Israele e Hamas sono in stato avanzato ma le parti restano distanti sulla questione chiave se la fine della guerra nella Striscia di Gaza debba essere passo integrante dell'accordo. E se il segretario di Stato americano, Antony Blinken, che in Israele ha incontrato Benjamin Netanyahu, parla di progressi "reali e significativi", il premier israeliano ribadisce che non accetterà alcun accordo con Hamas che preveda la fine della guerra a Gaza".
Austin a Gallant: "Per operazione Rafah serve piano credibile evacuazione civili"
Qualsiasi operazione pensata per la città di Rafah dovrebbe includere un piano credibile per l'evacuazione dei civili palestinesi. A sottolinearlo, nel corso di un colloquio con il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, è stato il segretario americano alla Difesa americano, Lloyd Austin. Secondo quanto riferito successivamente dal portavoce del Pentagono, il generale Pat Ryder, il colloquio telefonico è stato incentrato "sui negoziati in corso sugli ostaggi, sugli sforzi di assistenza umanitaria e su Rafah". "Il segretario Austin ha riaffermato il suo impegno per il ritorno incondizionato di tutti gli ostaggi e ha sottolineato l'importanza di incrementare il flusso di assistenza umanitaria a Gaza, garantendo al contempo la sicurezza dei civili e degli operatori umanitari", ha riportato Ryder. "Il Segretario ha poi osservato che qualsiasi potenziale operazione militare israeliana a Rafah deve includere un piano credibile per evacuare i civili palestinesi e mantenere il flusso di aiuti umanitari".
Presidente Colombia risponde a Katz: "Mostruoso è genocidio popolo palestinese"
"Mostruoso" è il "genocidio" perpetrato dal premier israeliano Benjamin Netanyahu. Con queste parole il presidente colombiano, Gustavo Petro, ha risposto su X alle accuse del ministro degli Esteri israeliano Israe Katz, per il quale il leader colombiano sarà ricordato per essersi "schierato con i mostri più spregevoli" dopo aver annunciato la rottura delle relazioni con Israele. "Il mostro è il genocidio" e Netanyahu "perpetra il genocidio del popolo palestinese", ha scritto Petro sul suo account sul social network X. Petro ha annunciato che il Paese sospenderà le relazioni diplomatiche con Israele a partire da oggi, come rappresaglia per l'offensiva dell'esercito israeliano contro la Striscia di Gaza.
Esteri
Ucraina, Usa accusano la Russia: “Ha fatto uso di...
In particolare, il Dipartimento di Stato americano afferma di aver accertato che l'agente chimico cloropicrina e gas lacrimogeni sono stati usati come arma di guerra
Gli Stati Uniti hanno formalmente accusato la Russia di aver fatto uso di armi chimiche come arma di guerra nel conflitto in Ucraina. In particolare, il Dipartimento di Stato americano ha affermato di aver “determinato che Mosca ha utilizzato l'agente chimico cloropicrina e gas lacrimogeni contro le forze ucraine in violazione della Convenzione sulle armi chimiche (CWC)”. "L'uso di tali sostanze chimiche non è un incidente isolato ed è da attribuire allo sforzo per rimuovere le forze ucraine dalle posizioni fortificate, ottenendo vantaggi tattici sul campo di battaglia", afferma in una dichiarazione.
La conclusione degli Stati Uniti coincide con la testimonianza delle truppe ucraine che affermano di aver dovuto affrontare un aumento degli incontri con gas e altre sostanze chimiche irritanti in alcune parti della loro linea del fronte con le forze russe negli ultimi mesi.
Esteri
Londra alle urne per eleggere il sindaco, Khan cerca terzo...
A otto anni di distanza dal primo successo, l'esponente laburista sembra dirigersi verso la conferma. In tutto i candidati sono 13
Urne aperte oggi, giovedì 2 maggio, a Londra per le elezioni del sindaco, con Sadiq Khan che cerca il terzo mandato consecutivo. A otto anni di distanza dal primo successo, l'esponente laburista - sulla scia dei sondaggi che anche a livello nazionale indicano nettamente i socialisti prima forza politica - sembra dirigersi verso la conferma. Una ricerca di YouGov di alcuni giorni fa indica Khan in vantaggio di 19 punti sulla sua sfidante più accreditata, Susan Hall, del partito conservatore (46% a 27%). Secondo il sondaggio, Khan farebbe il pieno di voti nella City. Tra i temi più sentiti dall'elettorato, precisa You Gov, al primo posto c'è il costo della vita, seguito dalla lotta alla criminalità e dalla questione dell' 'housing'.
Durante la campagna elettorale, Khan si è impegnato - se rieletto - a costruire 40mila nuove case popolari entro il 2030, sottolineando che la capitale andrà "molto più lontano, molto più velocemente" se il Labour riuscirà a guidare sia la capitale che Downing Street. A sfidarlo è Susan Hall, che se dovesse superarlo, diventerebbe la prima donna sindaco di Londra. Per farlo ha elaborato un piano che promette di ridurre la criminalità, eliminare l'Ulez (la contestata zona a bassissime emissioni), costruire case famiglia e rendere la città più pulita e più verde.
La sua campagna, tuttavia, è stata affossata da un paio di evidenti scivoloni: il primo riguarda l'apprezzamento dimostrato per alcuni tweet islamofobici nei confronti di Khan, il secondo è l'aver ammesso di non conoscere il prezzo dei biglietti dell'autobus. Punta tutto sulla sicurezza, invece, il candidato Lib-Dem e attivista anti-Brexit, Rob Blackie, secondo cui "la criminalità è aumentata del 30% a Londra da quando Khan è in carica".
In tutto i candidati sono 13. Oltre ai tre principali, corrono al primo turno Femy Amin (Animal Welfare Party), Count Binface, Natalie Denise Campbell (indipendente), Howard Cox (ReformUK), Amy Gallagher (Social Democratic Party), Zoe Garbett (Green Party), Tarun Ghulati (indipendente), Andreas Christoffi Michli (indipendente), Brian Benedict Rose (London Real Party) e Nick Scanlon (Britain First - No To Immigration).
I seggi saranno aperti dalle 7 alle 22. I 6,2 milioni di elettori registrati, oltre al sindaco che guiderà la capitale per i prossimi quattro anni, dovranno eleggere anche i 25 membri della London Assembly. Domani, venerdì 3 maggio, si procederà alla verifica delle schede elettorali mentre lo spoglio si terrà il giorno successivo, quando saranno annunciati i risultati presso la City Hall. Il sindaco ed i membri della London Assembly entreranno in carica due giorni dopo la proclamazione dei risultati. Alle scorse elezioni Khan superò Shaun Bailey (Tory) al ballottaggio con il 55,2% dei voti.