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Politica
Ministri e i social, Sangiuliano re su Facebook e Valditara...
Ministri e i social, Sangiuliano re su Facebook e Valditara promosso su Instagram
Ricerca 'Arcadia': a novembre 251 post di Salvini su Facebook
![Gennaro Sangiuliano](https://www.adnkronos.com/resources/0287-199387e77068-6b9e7d85799c-1000/format/big/sangiulianoftg.jpeg)
Gennaro Sangiuliano al primo posto tra i ministri del governo per 'engagement', ovvero per numero di persone che hanno visto e commentato i post Facebook (14%), seguito da Matteo Piantedosi (8%), Gilberto Pichetto Fratin (4,8%) e Giuseppe Valditara (3,2%). Il ministro della Cultura guida anche la classifica delle 'post interaction' delle pagine Facebook (3,4%), sul podio anche Valditara (3,2%) e la ministra Roccella (3%).
Per quanto riguarda la crescita dei follower, è Piantedosi a far registrare un incremento del 16%, con al secondo posto lo stesso Sangiuliano (7,8%) e Valditara (5,8%). Nella classifica per numero di post, invece, Sangiuliano viene scavalcato dal vice premier Matteo Salvini che con 251 contenuti è il ministro che posta in assoluto più di tutti. Sono alcuni dei risultati della ricerca 'Audience Digitale dei ministri', realizzata da Arcadia e relativa al mese di novembre 2023.
Passando alle performance di Instagram, in questo mese nella classifica dell’engagement, che ci restituisce il valore di gradimento dei follower per l’account, a prendersi il podio sono Giuseppe Valditara (16%), Matteo Salvini (6,7%) e Matteo Piantedosi (6,1%). Il ministro dell'Istruzione e del Merito è affiancato dalla ministra Roccella al vertice della graduatoria per 'post interaction' degli account Instagram (a seguire Ciriani con il 3% e Fitto con il 2,8%). Nel censimento della crescita percentuale dei nuovi follower c’è un buon risultato da parte di Gilberto Pichetto Fratin che risale dal quinto posto di settembre al terzo di novembre, con Valditara e Piantedosi nell'ordine sui gradini più alti del podio. Anche su Instagram Salvini è il ministro che ha pubblicato il maggior numero di post (202).
Su X ci sono in questo mese, oltre alle conferme di Sangiuliano e Piantedosi, alcuni risultati meritevoli di notazione. Nella classifica di interazione ai post, che dice quanto i follower abbiano apprezzato il singolo post, si segnala l’account del ministro Adolfo Urso, al quarto posto per 'engagement' dietro a Valditara. mentre tra quelli che pubblicano con maggior frequenza c’è l’account di Raffaele Fitto, secondo in questa graduatoria, con 95 post (al primo posto Sangiuliano con 163 e al terzo Matteo salvini 85).
Nel monitoraggio delle menzioni online e della propensione al coinvolgimento nel dibattito, si rinnova lo schema dei mesi precedenti con la leadership incontrastata di Matteo Salvini che questo mese incassa oltre 12 mila menzioni. A completare il podio, troviamo, considerato anche il conflitto Israele - Hamas, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che di citazioni online ne raccoglie 4.485, e il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. I due vice premier, Salvini e Tajani, e il ministro Lollobrigida guidano anche la classifica del coinvolgimento, dove al quarto posto compare anche Giancarlo Giorgetti. Lo stesso Giorgetti è anche al secondo posto della classifica del sentiment, prima di Francesco Lollobrigida e subito dopo Gennaro Sangiuliano.
Politica
Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa...
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"A viale Mazzini dovrebbero fare una statua a me accanto al cavallo, ho salvato Rai Way dai piani della sinistra"
![Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa non si farà mai](https://www.adnkronos.com/resources/028f-1b762149555d-ff8b94576863-1000/format/big/gasparri.jpeg)
L’ipotesi di privatizzazione della Rai? “Le norme per farlo esistono da 20 anni, sono nella legge che porta il mio nome. Ma cedere Rai1, Rai2, e Rai3, non accadrà mai”. Esordisce così con l’Adnkronos il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia. Che, da ministro delle Comunicazioni del governo Berlusconi, preparò il disegno di legge sul sistema radiotelevisivo italiano approvato dal Parlamento nell’aprile 2004. “Ci sono due possibilità: o una quotazione in borsa, e all’epoca la strada fu esplorata tanto che con l’amministratore delegato Flavio Cattaneo andammo a parlarne con i vertici di Borsa Italiana; oppure la cessione di rami d’azienda. Non bisogna dimenticare che la Rai ha più di dieci canali: oltre ai tre generalisti, ci sono quelli dedicati a storia, cinema, bambini, sport… Nulla vieta, se serve fare cassa, di cedere quelli, in tutto o in parte, o magari di fare delle joint venture con altri editori. Non mi pare che la Rai verrebbe meno al suo ruolo di servizio pubblico se Rai YoYo facesse un accordo con una società che produce contenuti per bambini”.
In un articolo del ‘Foglio’ si fa riferimento alla cessione di un 50% della società per abbattere il debito e gli oneri per le casse dello Stato. “Per un simile scenario ci vorrebbe una quotazione. E' vero, non serve avere il 50+1 di una società per controllarla, basta vedere cosa è successo con Enel, Eni e Leonardo. Ma attenzione: per portare in borsa un asset come la Rai bisogna prima valorizzarlo, renderlo appetibile per investitori e risparmiatori. E al momento mi sembra un compito difficile”. Altro discorso la cessione di rami d’azienda. “A viale Mazzini dovrebbero installare una statua dedicata a me, accanto a quella del cavallo. Fui infatti io nel 2001, da ministro, a oppormi all’operazione che era stata predisposta dal precedente governo di sinistra. Il piano era di cedere a una società privata un pezzo di Rai Way, ovvero le antenne e le infrastrutture di trasmissione, ma la Rai in cambio avrebbe avuto solo la minoranza nel consiglio di amministrazione. Dissi di no a questa idea balzana, sollevando grandi polemiche. Invece fu la scelta giusta: Rai Way è stata quotata anni dopo e ha garantito un ricco assegno per le casse pubbliche. Che hanno potuto monetizzare un asset strategico senza però perderne il controllo. Dico strategico perché con il Covid abbiamo avuto la dimostrazione del fatto che lo Stato deve avere il controllo sulle infrastrutture di comunicazione essenziali come quelle televisive. Durante i lockdown internet non arrivava ovunque, ma i canali del digitale terrestre sì, e hanno potuto informare anche quei cittadini che non sono dotati di smartphone o connessione veloce. Ora si parla di una possibile fusione con Ei Tower, su cui viaggiano le tv private. Non ho nulla in contrario, basta che alla fine dell’operazione la maggioranza di controllo resti in mano pubblica”.
Politica
La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa,...
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Gli uffici di Viale Mazzini da mesi preparano il terreno per una possibile assunzione a tempo indeterminato del direttore generale
![La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa, Rossi stabilizzato?](https://www.adnkronos.com/resources/028f-1b761220d127-96aa2395eeb0-1000/format/big/agenzia_fotogramma_fgr4137909_pr_.jpeg)
L’ipotesi di una privatizzazione della Rai, che oggi è tornata nel dibattito politico, ha fatto molto rumore a Viale Mazzini, rimettendo in moto un progetto che è sul tavolo da circa 30 anni, con altrettante declinazioni e ipotesi. Staccare un solo canale? Tenere Rai1, Rai2 e Rai3 ma cedere tutti gli altri, in blocco o creando delle joint venture con altri editori e produttori? Fare una ‘bad company’ da lasciare in mano pubblica, con i programmi del servizio pubblico che hanno minore ritorno commerciale, mentre una ‘newco’ con i pezzi più pregiati potrebbe essere messa sul mercato? I rumor sono ripartiti a partire dall’articolo di prima pagina del “Foglio” di oggi, che parlava della cessione di un 50% degli asset della tv e radio pubblica.
Come sottolinea Claudio Cerasa, la privatizzazione sarebbe una grande mossa politica, soprattutto in risposta a chi accusa la premier di aver messo in piedi ‘TeleMeloni’. Il problema è che il nuovo assetto sarebbe accolto con ostilità da Mediaset e gruppo Cairo: con l’abbandono dei tetti pubblicitari, la Rai privata sottrarrebbe inserzionisti agli altri broadcaster.
Il dossier è complicato inoltre dal rinnovo dei vertici: mercoledì 31 luglio il parlamento potrebbe (potrebbe) finalmente votare i componenti del cda che sostituiranno gli attuali, scaduti da due mesi. Nel frattempo sono arrivate le dimissioni della presidente Marinella Soldi (che non aveva alcuna possibilità di riconferma) e si aspetta la nomina dei nuovi membri votare al suo posto Simona Agnes, in quota Forza Italia.
Il rischio è però che anche l’appuntamento di mercoledì non sia risolutivo e che tutto slitti a settembre. Anzi a ottobre, mese in cui è attesa la sentenza del Tar sul ricorso contro l’attuale procedura di selezione per il cda. Sarebbe infatti inutile trovare l’accordo per poi rischiare di dover ripartire da capo con la scelta dei candidati.
Lo stallo sul rinnovo si spiega con le tensioni tra Lega e Fratelli d’Italia. Il partito della premier vorrebbe promuovere Giampaolo Rossi, attuale direttore generale, ad amministratore delegato. I salviniani temono però che una mossa simile darebbe troppo potere agli alleati di governo, e finora hanno preso tempo, sapendo di non poter imporre un nome alternativo. Nel frattempo, risalgono le quotazioni di Roberto Sergio, attuale ad, che non avendo appartenenze (se non quella, filosofica, alla regola democristiana) è l’unico nome in grado di tutelare tutte le parti in causa.
Una conferma di Sergio per il prossimo mandato potrebbe scatenare una reazione negativa di Rossi? Non necessariamente: l’Adnkronos può confermare che negli uffici della Rai da mesi si studia il modo per consolidare il suo ruolo in azienda, ad esempio con un’assunzione a tempo indeterminato nel ruolo di direttore generale, così da non essere più in balìa delle tempeste politiche ma in grado di restare a lungo ai vertici di un’azienda con cui in questi anni ha creato un rapporto sempre più stretto.
Politica
Giovanni Toti si è dimesso, Liguria alle urne entro 90...
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Il governatore ha inviato una lettera all'ufficio protocollo della Regione
Con una lettera fatta pervenire all'ufficio protocollo della Regione Liguria il presidente Giovanni Toti ha rassegnato le sue irrevocabili dimissioni. L'addio del presidente comporta automaticamente lo scioglimento della del Consiglio ligure. Nuove elezioni dovranno avvenire entro 90 giorni.