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Meloni: “Io leader più influente in Europa? Ho...

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Meloni: “Io leader più influente in Europa? Ho smentito i pronostici”

Dalla quarta rata del Pnrr all'occupazione, la premier ospite di 'Porta a Porta' elenca i successi del governo. E sulla mafia dice: "E' meno visibile ma fa affari, serve fermezza"

Giorgia Meloni - Afp

Una battuta per evitare l'autocelebrazione: secondo Politico.eu sono la leader più influente d'Europa? "Si figuri come siamo messi...". Giorgia Meloni, ospite dello speciale di Porta a Porta sulle mafie che andrà in onda stasera scherza con Bruno Vespa ma poi torna seria ed elenca uno a uno i successi che le hanno conferito la riconosciuta autorevolezza.

"Se merito" il riconoscimento "non lo posso dire. Ho smentito i pronostici, ancora una volta: quando da primo ministro sono arrivata in Europa mi si guardava come fossi una specie di marziano con le antenne, un mostro, un'impresentabile...".

"Si diceva che l'Italia sarebbe stata isolata a livello internazionale: non lo so, mi dica lei... Hanno detto che l'economia italiana sarebbe crollata: abbiamo le nostre difficoltà, ma sempre dei record occupazionali che non si erano mai visti prima abbiamo registrato nell'ultimo anno, a tutti i livelli".

"Hanno detto che avremmo perso i soldi del Pnrr: abbiamo rinegoziato il piano, preso la terza rata e stiamo prendendo la quarta rata, prima nazione europea. Ho banalmente smentito i pronostici. Come? Lavorando e dimostrando che si può essere credibili e rispettati se dici quello che pensi. Se dici anche quello che gli altri non hanno il coraggio di dire vieni rispettato molto di più", ha rimarcato la leader di Fratelli d'Italia.

La mafia, Borsellino e l'esordio in politica

Nello studio vanno in onda le immagini della strage di via D'Amelio, e sono l'occasione per Meloni per raccontare la motivazione che l'ha portata a impegnarsi in politica. "Queste immagini mi hanno portato esattamente dove sono, l'ho raccontato tante volte. E' in quel 19 luglio che ho deciso di impegnarmi in politica, perché ho pensato, davanti alle immagini di quella devastazione, che non si potesse rimanere indifferenti".

"Avevo 15 anni, mi aveva già colpito l'omicidio del giudice Falcone, il funerale. Era la prima volta che c'era stata una reazione popolare al tema della mafia" ma il delitto Borsellino "mi colpì ancora di più perché ho pensato spessissimo" che Paolo Borsellino "era perfettamente consapevole di come sarebbe andata a finire".

"E' il consenso che rende la mafia quello che è. Paolo Borsellino non poteva tornare indietro, poteva solo andare avanti per dare quell'esempio: che non si potesse dare il proprio consenso. Sono uomini che di solito si vedono nei film, in questo tempo. Persone che sanno che il loro sacrificio estremo è l'unico modo per andare avanti in quella battaglia".

"Fiera del mio primo provvedimento al governo"

"Sono estremamente fiera - rivendica la presidente del Consiglio - che il primo provvedimento di questo governo, nel primo Consiglio dei ministri da presidente del Consiglio, è stato difendere il carcere ostativo" ovvero "difendere uno degli elementi più forti della legislazione antimafia, nati sulla scorta di quelle stragi, perché altrimenti per una serie di vicissitudini rischiavamo di smontare una delle cose più efficaci di cui l'antimafia dispone".

"Oggi siamo esempio per tutti"

"Grazie a Borsellino, Falcone e tantissimi altri che andrebbero citati - sottolinea Meloni - noi una volta eravamo famosi per esportare la mafia, adesso siamo famosi perché esportiamo l'antimafia. Siamo un modello nel mondo di lotta alla mafia, ci chiamano a collaborare in tutto il mondo, dall'Europa fino all'America Latina".

I rischi di infiltrazioni con investimenti del Pnrr

"Il fatto che oggi la mafia sia meno visibile negli attentati - mette però in guardia la premier - non vuol dire che non continui a fare i propri affari. In un momento in cui abbiamo molti investimenti, come il Pnrr, bisogna essere estremamente fermi", mette in guardia. Le mafie, rimarca Meloni, usano "le nuove tecnologie, qualsiasi cosa per cui bisogna essere veloci e mettersi continuamente in discussione".

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Politica

Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa...

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"A viale Mazzini dovrebbero fare una statua a me accanto al cavallo, ho salvato Rai Way dai piani della sinistra"

Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa non si farà mai

L’ipotesi di privatizzazione della Rai? “Le norme per farlo esistono da 20 anni, sono nella legge che porta il mio nome. Ma cedere Rai1, Rai2, e Rai3, non accadrà mai”. Esordisce così con l’Adnkronos il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia. Che, da ministro delle Comunicazioni del governo Berlusconi, preparò il disegno di legge sul sistema radiotelevisivo italiano approvato dal Parlamento nell’aprile 2004. “Ci sono due possibilità: o una quotazione in borsa, e all’epoca la strada fu esplorata tanto che con l’amministratore delegato Flavio Cattaneo andammo a parlarne con i vertici di Borsa Italiana; oppure la cessione di rami d’azienda. Non bisogna dimenticare che la Rai ha più di dieci canali: oltre ai tre generalisti, ci sono quelli dedicati a storia, cinema, bambini, sport… Nulla vieta, se serve fare cassa, di cedere quelli, in tutto o in parte, o magari di fare delle joint venture con altri editori. Non mi pare che la Rai verrebbe meno al suo ruolo di servizio pubblico se Rai YoYo facesse un accordo con una società che produce contenuti per bambini”.

In un articolo del ‘Foglio’ si fa riferimento alla cessione di un 50% della società per abbattere il debito e gli oneri per le casse dello Stato. “Per un simile scenario ci vorrebbe una quotazione. E' vero, non serve avere il 50+1 di una società per controllarla, basta vedere cosa è successo con Enel, Eni e Leonardo. Ma attenzione: per portare in borsa un asset come la Rai bisogna prima valorizzarlo, renderlo appetibile per investitori e risparmiatori. E al momento mi sembra un compito difficile”. Altro discorso la cessione di rami d’azienda. “A viale Mazzini dovrebbero installare una statua dedicata a me, accanto a quella del cavallo. Fui infatti io nel 2001, da ministro, a oppormi all’operazione che era stata predisposta dal precedente governo di sinistra. Il piano era di cedere a una società privata un pezzo di Rai Way, ovvero le antenne e le infrastrutture di trasmissione, ma la Rai in cambio avrebbe avuto solo la minoranza nel consiglio di amministrazione. Dissi di no a questa idea balzana, sollevando grandi polemiche. Invece fu la scelta giusta: Rai Way è stata quotata anni dopo e ha garantito un ricco assegno per le casse pubbliche. Che hanno potuto monetizzare un asset strategico senza però perderne il controllo. Dico strategico perché con il Covid abbiamo avuto la dimostrazione del fatto che lo Stato deve avere il controllo sulle infrastrutture di comunicazione essenziali come quelle televisive. Durante i lockdown internet non arrivava ovunque, ma i canali del digitale terrestre sì, e hanno potuto informare anche quei cittadini che non sono dotati di smartphone o connessione veloce. Ora si parla di una possibile fusione con Ei Tower, su cui viaggiano le tv private. Non ho nulla in contrario, basta che alla fine dell’operazione la maggioranza di controllo resti in mano pubblica”.

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Politica

La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa,...

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Gli uffici di Viale Mazzini da mesi preparano il terreno per una possibile assunzione a tempo indeterminato del direttore generale

La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa, Rossi stabilizzato?

L’ipotesi di una privatizzazione della Rai, che oggi è tornata nel dibattito politico, ha fatto molto rumore a Viale Mazzini, rimettendo in moto un progetto che è sul tavolo da circa 30 anni, con altrettante declinazioni e ipotesi. Staccare un solo canale? Tenere Rai1, Rai2 e Rai3 ma cedere tutti gli altri, in blocco o creando delle joint venture con altri editori e produttori? Fare una ‘bad company’ da lasciare in mano pubblica, con i programmi del servizio pubblico che hanno minore ritorno commerciale, mentre una ‘newco’ con i pezzi più pregiati potrebbe essere messa sul mercato? I rumor sono ripartiti a partire dall’articolo di prima pagina del “Foglio” di oggi, che parlava della cessione di un 50% degli asset della tv e radio pubblica.

Come sottolinea Claudio Cerasa, la privatizzazione sarebbe una grande mossa politica, soprattutto in risposta a chi accusa la premier di aver messo in piedi ‘TeleMeloni’. Il problema è che il nuovo assetto sarebbe accolto con ostilità da Mediaset e gruppo Cairo: con l’abbandono dei tetti pubblicitari, la Rai privata sottrarrebbe inserzionisti agli altri broadcaster.

Il dossier è complicato inoltre dal rinnovo dei vertici: mercoledì 31 luglio il parlamento potrebbe (potrebbe) finalmente votare i componenti del cda che sostituiranno gli attuali, scaduti da due mesi. Nel frattempo sono arrivate le dimissioni della presidente Marinella Soldi (che non aveva alcuna possibilità di riconferma) e si aspetta la nomina dei nuovi membri votare al suo posto Simona Agnes, in quota Forza Italia.

Il rischio è però che anche l’appuntamento di mercoledì non sia risolutivo e che tutto slitti a settembre. Anzi a ottobre, mese in cui è attesa la sentenza del Tar sul ricorso contro l’attuale procedura di selezione per il cda. Sarebbe infatti inutile trovare l’accordo per poi rischiare di dover ripartire da capo con la scelta dei candidati.

Lo stallo sul rinnovo si spiega con le tensioni tra Lega e Fratelli d’Italia. Il partito della premier vorrebbe promuovere Giampaolo Rossi, attuale direttore generale, ad amministratore delegato. I salviniani temono però che una mossa simile darebbe troppo potere agli alleati di governo, e finora hanno preso tempo, sapendo di non poter imporre un nome alternativo. Nel frattempo, risalgono le quotazioni di Roberto Sergio, attuale ad, che non avendo appartenenze (se non quella, filosofica, alla regola democristiana) è l’unico nome in grado di tutelare tutte le parti in causa.

Una conferma di Sergio per il prossimo mandato potrebbe scatenare una reazione negativa di Rossi? Non necessariamente: l’Adnkronos può confermare che negli uffici della Rai da mesi si studia il modo per consolidare il suo ruolo in azienda, ad esempio con un’assunzione a tempo indeterminato nel ruolo di direttore generale, così da non essere più in balìa delle tempeste politiche ma in grado di restare a lungo ai vertici di un’azienda con cui in questi anni ha creato un rapporto sempre più stretto.

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Politica

Giovanni Toti si è dimesso, Liguria alle urne entro 90...

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Il governatore ha inviato una lettera all'ufficio protocollo della Regione

Con una lettera fatta pervenire all'ufficio protocollo della Regione Liguria il presidente Giovanni Toti ha rassegnato le sue irrevocabili dimissioni. L'addio del presidente comporta automaticamente lo scioglimento della del Consiglio ligure. Nuove elezioni dovranno avvenire entro 90 giorni.

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