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Prima alla Scala, ‘Don Carlo’ kolossal tra...
Prima alla Scala, ‘Don Carlo’ kolossal tra segreti e misteri del potere
L'opera, diretta da Riccardo Chailly e con la regia di Lluís Pasqual porta in scena il capolavoro di Giuseppe Verdi con un cast stellare che vede protagonisti i big mondiali della lirica, da Anna Nebrebko a Luca Salsi

Alla Prima della Scala andrà in scena un 'Don Carlo' kolossal che condurrà lo spettatore "nel backstage del potere, dietro le quinte" di segreti e misteri, per scandagliare il lato oscuro dell'autorità che diventa arbitrio. Grazie a scenografie che nei colori cupi richiamano i grandi pittori spagnoli della Controriforma e con un cast stellare di grandi nomi della lirica mondiale come Anna Netrebko, Michele Pertusi, Luca Salsi e Francesco Meli, il capolavoro di Giuseppe Verdi torna a inaugurare la stagione 2023/2024 del teatro scaligero il 7 dicembre, alle 18, con una nuova messinscena che punta a stupire ancora una volta il pubblico dei melomani. Sarà un viaggio in un tema attuale, quello del potere, e di tutte le sfumature che lo animano, assicurano il maestro Riccardo Chailly, alla direzione dell'Orchestra della Scala, e il regista Lluís Pasqual. "Don Carlo è un'opera anticlericale - sottolinea Pasqual in conferenza stampa - Verdi ci fa vedere il dietro le quinte del potere, la solitudine dei personaggi. Oggi siamo abituati ai social, dove possiamo vedere i re persino in costume da bagno. Ai tempi di Verdi la faccia del re poteva essere vista solo sulle monete".
Alla serata inaugurale non ci sarà, come accaduto invece negli ultimi anni, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha promesso di non mancare l’anno prossimo ma il parterre della politica sarà comunque fitto, a partire dal presidente del Senato, Ignazio La Russa. Per il maestro Riccardo Chailly, direttore musicale, la Prima del 7 dicembre, rappresenta il terzo atto di una trilogia incentrata sul potere e già iniziata nelle ultime due stagioni da 'Macbeth' e 'Boris Godunov'. Un tema che può essere riletto anche alla luce dei grandi conflitti che scuotono oggi lo scenario globale. "Basta aprire un giornale e leggere ciò che succede in Medio Oriente per capire che l’intreccio fra potere politico e potere della Chiesa è una cosa molto pericolosa" osserva il sovrintendente del Teatro alla Scala Dominique Meyer, soddisfatto per il lavoro effettuato.
Il 'Don Carlo' verrà proposto al pubblico nella versione approntata dal compositore per la Scala nel 1884. Come ogni anno lo spettacolo sarà ripreso dalle telecamere di Rai Cultura e trasmesso in diretta televisiva su Rai1 e radiofonica su Radio3. La Prima, sold out, sarà preceduta il 3 dicembre dall’anteprima per gli under 30 e seguita fino al 2 gennaio da 7 rappresentazioni tutte esaurite. L’opera, che ha inaugurato la stagione nel 1868, 1878, 1912, 1926, 1968, 1977, 1992 e 2008, vedrà sul podio Riccardo Chailly mentre il cast stella schiera Francesco Meli come Don Carlo, Anna Netrebko come Elisabetta di Valois, Michele Pertusi come Filippo II, Elīna Garanča come Principessa d’Eboli, Luca Salsi come Marchese di Posa e Ain Anger come Grande Inquisitore. Protagonista di non minore rilievo il coro del Teatro alla Scala diretto da Alberto Malazzi. Le scene sono di Daniel Bianco, i costumi del premio Oscar Franca Squarciapino, le luci di Pascal Mérat, i video di Franc Aleu e la coreografia di Nuria Castejón.
Nel suo nuovo approccio a Don Carlo, che aveva diretto ad Amsterdam nel 2010 in un bell’allestimento di Willy Decker, il maestro Chailly torna con la memoria alle edizioni dirette da Claudio Abbado nel 1968 e 1977, di cui aveva seguito le prove, ma fa riferimento anche allo studio diretto dei manoscritti messigli a disposizione da Ricordi. Come nell’edizione di Abbado, si ascolterà l’introduzione al monologo di Filippo affidato alla fila dei violoncelli secondo partitura e non al violoncello solo come spesso avviene. Con i complessi scaligeri Riccardo Chailly ha recentemente diretto la scena di Filippo con Ildar Abdrazakov nella serata '…a riveder le stelle' del 7 dicembre 2020, l’aria di Elisabetta in concerto con Anna Netrebko e il coro del II atto in disco e in tournée.
Sul palco verranno rappresentati alcuni dei temi cari a Verdi della libertà dei sentimenti, della difficile relazione tra padri e figli e della liberazione dei popoli oppressi sullo sfondo del conflitto tra il potere temporale e quello religioso. Per rendere l’atmosfera sospesa tra ambiente ecclesiastico e secolare il regista Lluís Pasqual e lo scenografo Daniel Bianco hanno fatto riferimento all’uso dell’alabastro nelle finestre degli edifici religiosi ma anche civili e in particolare alla grande finestra della Collegiata di Santa María La Mayor nella città spagnola di Toro. Una grande torre di alabastro è inquadrata in un sistema di cancellate che anch’esse ricorrono nell’architettura religiosa quanto in quella civile.
Non mancano i temi dell'amicizia e dell’amore, impersonati da Rodrigo ed Elisabetta ma anche dalla Principessa d’Eboli, interpretata da Elīna Garanča: "Sono il primo mezzosoprano lettone a inaugurare una prima della Scala - dice emozionata - sono molto fiera e onorata. Ho studiato tanto e spero di giustificare quello che Verdi vuole e che il richiede. Il ruolo di Eboli è molto complicato perché ci vogliono due voci. La canzone del velo richiede una tecnica belcantista con agilità poi di carattere quando Eboli diventa più forte con gli acuti. Eboli è una delle poche donne che ha imparato a sopravvivere in questo mondo patriarcale e sa qual è il ruolo dell’uomo".
Tutti gli artisti in scena spiegano che il ruolo di ciascuno ha richiesto molto impegno perché non si tratta di personaggi facili da interpretare. Come Francesco Meli, alla sua sesta Prima, stavolta nei panni di Don Carlo. "Ricordo altri set di grande tranquillità - ha spiegato il tenore - e quest’anno già alla prova generale ero agitato. Il mio personaggio ha grande similitudini con quello di Filippo II, suo padre. Cambia umore e stato d'animo continuamente, è sempre in scena, in mezzo a tutto quello che succede sul palco. Don Carlo è talmente controverso e poco chiaro con sé stesso che non avrebbe un momento tutto suo da dedicare al pubblico perché si smentirebbe poi nella scena seguente".
Anche Anna Netrebko, che Chailly definisce "una leonessa" spiega che la parte di Elisabetta avvolta da "tristezza e solitudine" visto che "cela un grande peso dentro di sé". Emozionato di salire sul palco della Prima anche il basso Michele Pertusi, che interpreta Filippo II re di Spagna: "Dopo quasi 40 anni di carriera è un onore aprire la stagione con un'opera così straordinaria. Il mio personaggio è molto complicato e il più sfaccettato e drammaturgicamente complicato di tutta la produzione verdiana per la voce di basso pone problemi interpretativi per far passare messaggio della solitudine del potere".
In scena anche l’autodafé, cerimonia abbagliante e macabra di autorappresentazione dell’assolutismo, non troppo diversa dai meccanismi della propaganda di oggi, mostrata soprattutto nel momento della preparazione e solo pochi minuti sono riservati alla 'festa' nella sua magniloquente esteriorità. Qui campeggia un colossale retablo dorato e finemente istoriato. Ad animare lo spettacolo i costumi di Franca Squarciapino, che riprendono l’abbigliamento rappresentato nella ritrattistica del tempo ma lo alleggeriscono nella scelta dei materiali, garantendo facilità di movimento e una certa romantica vitalità ai personaggi. "Franca - afferma il regista Pasqual - è capace di far sembrare un vestito storico anche se non lo è". Il colore prevalente è il nero, non inteso però come espressione di lutto ma come esibizione di potere e ricchezza visto che nel '500 velluti e broccati neri erano tra le stoffe di maggior pregio. "Il velo nero non è cupo ma è un segno di ricchezza e non è molto diverso da quello che Giorgio Armani ha fatto nella moda - assicura il regista -. Nessuno direbbe che Armani è triste ma elegante".
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Sanremo 2024, Morgan: “Non ho presentato una canzone,...

"Tra me e Amadeus non scorre buon sangue"

Morgan non ha presentato una canzone per il Festival di Sanremo 2024. Motivo? "Non scorre buon sangue tra me e Amadeus". Il cantante smentisce le voci secondo cui si sarebbe 'candidato' per partecipare al Festival del prossimo anno. "Per fare chiarezza e non permettere che si dicano e che si scrivano cose totalmente disinformanti e non vere vi dico cosa è accaduto in questi giorni veramente tra me e Sanremo. Come alcuni sapranno, negli ultimi tempi non scorre buon sangue tra me e Amadeus, per molte ragioni che non hanno a che fare con la vicenda del famoso testo cambiato sul palco con Bugo, ma sono successive e si fondano sulla profonda divergenza di visione professionale e culturale, di stile di comunicazione mediatica e televisiva", dice Morgan nel lungo chiarimento che Morgan affida alla sua chat.
"In pratica apparteniamo a due mondi molto distanti che hanno un'idea dello spettacolo, del servizio pubblico e della discografia diametralmente opposta -scandisce Morgan- Ciò non significa che sia preclusa l'ipotesi di collaborazione o di dialogo, anzi la diversità è una grande risorsa perché da essa origina una varietà di proposte per il pubblico a cui si offre una scelta più ampia e tutto questo è un valore sano e democratico".
L'ex Bluvertigo sottolinea: "Per ciò che riguarda Sanremo ho più volte detto come la penso, e cioè che Amadeus l'ha fatto troppe volte e questo è sbilanciato proprio nella luce dell'alternanza di cui parlavo, dunque è proprio improbabile che si racconti di me che vado a proporre brani per andare in gara quando ciò che contesto è l'impianto generale, ma devo ammettere che sono sorpreso piacevolmente del fatto che Amadeus interpellato da persone che invece, contrariamente a me avrebbero gradito la mia presenza al festival, si sia dichiarato del tutto disponibile e interessato a una eventuale mia proposta, che però non è avvenuta, proprio perché ringraziandolo sinceramente l'ho evitata". "Se è vero quello che questi miei collaboratori e produttori mi riferiscono, Amadeus avrebbe valutato volentieri la mia canzone nell'ipotesi di ammetterla alla gara e che non aveva nulla in contrario e nessun pregiudizio a proposito. Di questo io sono felice, lo saluto e gli auguro buon lavoro", conclude Morgan.
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Cher: tra successi intramontabili ci sorprende con stupende...

A cura di Pierluigi Panciroli
Cher, icona intramontabile dell’industria dello spettacolo, si erge come figura imponente nella storia della musica e del cinema. Nata Cherilyn Sarkisian il 20 maggio 1946 in California, la sua vita è una narrazione di trionfi artistici e di resilienza personale.
Fin dagli esordi, il suo destino sembra intrecciato con le luci della ribalta
Il debutto nel mondo dello spettacolo avviene come parte femminile del duo “Sonny & Cher”, in collaborazione con Sonny Bono, con il quale non solo condivideva il palco ma anche la vita personale. La loro hit del 1965 “I Got You Babe” divenne rapidamente un inno di un’intera generazione, catturando lo spirito del tempo.
Tuttavia Cher è destinata a oltrepassare i confini imposti dalla collaborazione nel duo. E così, staccatasi da Sonny, la carriera da solista si evolve con successi come “Bang Bang (My Baby Shot Me Down)” – la canzone composta da Sonny fu pubblicata lo stesso anno anche da Nancy Sinatra – e “Gypsys, Tramps & Thieves”, confermando la grande versatilità musicale. Con una voce unica, capace di attraversare generi e far vibrare diverse emozioni, Cher si afferma come una delle voci più caratteristiche della sua epoca.

Parallelamente alla carriera musicale, il suo talento si estende fino al grande schermo
Con partecipazioni cinematografiche memorabili, tra cui “Il dottor Dolittle” e “Maschio e Femmina”, Cher dimostra notevoli abilità trasformandosi in varie sfaccettature artistiche. Tuttavia, è con “Moonstruck – La luna in un giorno di luce” del 1987 (nelle sale italiane col titolo “Stregata dalla luna”) che raggiunge l’apice del successo cinematografico, guadagnandosi l’Oscar come Miglior Attrice Protagonista.
Negli Anni 90 la sua carriera subisce una serie di alti e bassi, ma Cher non desiste, sempre pronta a reinventarsi. La sua audacia senza tempo e la sua moda eccentrica le esprime non solo nella musica e nel cinema, ma anche nel suo stile iconico.
Cher incarna la forza di una donna che si è affermata in un mondo spesso ostile e rappresenta il simbolo di una generazione ribelle e anticonformista. Arriva così l’anno 1998, anno di maggior successo e popolarità per Cher che con “Believe” balza in testa alle classifiche di tutto il mondo vendendo milioni di dischi come mai prima d’allora. Nello stesso periodo dà alle stampe la sua autobiografia che contribuisce ad ampliare i consensi verso di lei, come artista e come donna.
Oltre ai suoi contributi artistici, Cher è una fervente sostenitrice di varie cause umanitarie e di diritti civili. La sua voce si estende oltre i palcoscenici e le telecamere. La storia di Cher può sintetizzarsi in una trama intricata di successi, sfide e trasformazioni. La sua presenza, indelebile nella cultura popolare, continua a ispirare anche le nuove generazioni, dimostrando che la sua stella non conosce confini temporali e continua a brillare con un’aura di intramontabilità.
Cher oggi
A distanza di 10 anni dal suo ultimo album di brani inediti e dopo 5 anni dal tributo agli ABBA, ritorna ora trionfante con “Cher Christmas” il suo nuovo album, dove, con diversi classici americani e quattro brani originali per un totale di 13 tracce melodiche, ci immerge nell’atmosfera natalizia. L’album, tra l’altro, vanta la partecipazione di diverse stars come DarleneLove, Stevie Wonder, Michael Bublé, Cyndi Lauper e Tyga.
L’album offre un’interpretazione non convenzionale del repertorio natalizio, con canzoni scelte in modo diversificato, senza preoccuparsi se non sono in perfetto accordo tra loro, ma che evocano lo spirito delle festività con melodie orecchiabili e armonie vocali ricche, spesso accompagnate da cori o arrangiamenti a più voci. Gli arrangiamenti includono l’uso di strumenti come campanelli, archi, fiati e percussioni leggere, che creano la giusta e festosa atmosfera natalizia.
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Al Trevignano Film Fest il ‘Nelson Mandela Day’

'Un eroe del nostro tempo' il titolo dell'evento che venerdì 8 vede proiettati due film a dieci anni dalla scomparsa dell'ex presidente

"Un eroe del nostro tempo" è il titolo dell'evento speciale che il Trevignano FilmFest realizzerà venerdì 8 dicembre, in collaborazione con lo storico Cinema Palma della cittadina sul Lago di Bracciano, alle porte di Roma. Due film attorno a Nelson Mandela, di cui proprio in questi giorni ricorrono i dieci anni dalla morte (5 dicembre) e i trenta dalla conquista del Premio Nobel per la pace (10 dicembre), in una fase storica in cui democrazia e pace sono violati in diversi scenari del mondo. Ospite d’onore l’attore e regista inglese Justin Chadwick. Alle 17 verrà proiettato “Mandela – la lunga strada verso la libertà”, che Chadwick ha diretto ispirandosi all’autobiografia dell’ex presidente. Ne vengono raccontate la prima giovinezza, le battaglie come avvocato anti-apartheid, i 27 anni di carcere, la conquista delle elezioni democratiche, poi vinte nel 1994. Seguirà un dibattito, condotto da Luciana Capretti, con il regista e con un secondo ospite, il giornalista Pietro Veronese che per il quotidiano "La Repubblica" ha seguito da inviato l’intera vicenda di Nelson Mandela.
Alle 21,15 il secondo film, "Invictus" di Clint Eastwood, che sarà introdotto da Veronese e che affronta invece il periodo presidenziale di “Madiba”, come Mandela veniva soprannominato, con la sua lotta senza quartiere per la conciliazione del paese, usando, come pilastro iniziale, il sostegno alla squadra nazionale di rugby. Entrambi i film saranno fruibili con un unico biglietto del costo di 5 euro.
Il Trevignano FilmFest è una rassegna a tema animata da un gruppo di giornalisti volontari, con il patrocinio della Commissione europea e del ministero della Cultura, e nello scorso mese di settembre ha realizzato la sua dodicesima edizione, dedicata a “Genitori e figli”. Ma ha organizzato anche giornate evento, con al centro la caduta del Muro di Berlino, l’inferno delle Torri Gemelle, i Cento anni dalla Marcia di Roma. Quanto a Chadwick, è la seconda volta che viene a Trevignano: la prima nel 2012, quando presentò “The First Grader”, storia commovente di un keniota molto anziano, deciso a combattere il suo analfabetismo sfruttando un progetto del governo. Era quello il primo anno della rassegna, che venne dedicata alla scuola.