Il presidente israeliano al magnate di X e Tesla: "Necessario combattere antisemitismo online"
Elon Musk oggi in Israele. Il magnate di 'X' e Tesla vedrà il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente Isaac Herzog. "E' ''necessario agire per combattere il crescente antisemitismo online'', dirà il presidente israeliano a Musk secondo quanto rende noto l'ufficio di Herzog, spiegando che i due si incontreranno a Gerusalemme.
Netanyahu si è recato in visita insieme al miliardario americano nel kibbutz di Kfar Aza, uno di quelli attaccati da Hamas lo scorso 7 ottobre. Secondo Haaretz, Netanyahu e Musk hanno ascoltato alcune testimonianze della strage. Il proprietario di X ha anche ricevuto un briefing dal capo del consiglio regionale di Shaar Hanegev, Yossi Keren, e da un portavoce dell'esercito, oltre a visitare la casa della famiglia Liebstein.
Musk aveva annunciato nei giorni scorsi che la sua azienda invierà tutto il denaro ricavato dalla pubblicità e dagli abbonamenti associati alla guerra a Gaza agli ospedali in Israele e alla Croce Rossa e Mezzaluna Rossa a Gaza. Musk è stato criticato negli ultimi giorni per aver elogiato un post contenente retorica antisemita, attirandosi anche un rimprovero da parte della Casa Bianca.
Tel Aviv: "Musk non attiverà Starlink a Gaza senza approvazione"
Intanto Musk ha accettato di non attivare Starlink su Gaza senza l’approvazione di Israele, ha detto il ministro israeliano delle comunicazioni su X, congratulandosi con il fondatore di SpaceX, in visita a Tel Aviv, “per aver raggiunto un accordo di principio” secondo cui “le unità satellitari Starlink possono essere utilizzate in Israele solo con l’approvazione del Ministero delle comunicazioni israeliano, compresa la Striscia di Gaza”. Il mese scorso, Israele ha distrutto le torri di comunicazione e tagliato tutta la rete internet per l’enclave assediata. Starlink è una tecnologia, gestita da SpaceX, in grado di fornire il collegamento a internet via satellite.
Esteri
Trump, la prima intervista: “Via gli immigrati...
Il presidente risponde alle domande della Nbc: "Vogliamo che le persone entrino, ma legalmente"
La deportazione degli immigrati illegali è una priorità per Donald Trump. Il nuovo presidente degli Stati Uniti, dopo la vittoria alle elezioni contro Kamala Harris, apre l'agenda nell'intervista al network Nbc. In cima alla lista dei 'to do' c'è "il confine solido e forte".
La deportazione degli immigrati, annunciata in ognuno degli oltre 900 comizi della campagna, "non è questione di costi. Non lo è davvero, non abbiamo scelta. Ovviamente dobbiamo rendere il confine forte e sicuro e, allo stesso tempo, vogliamo che le persone entrino nel nostro Paese -aggiunge- Non sono uno che dice, 'No, non potete entrare'. Vogliamo che le persone entrino".
"Non c'è una questione di costi quando persone hanno ucciso, quando signori della droga hanno distrutto paesi. Ora stanno per tornare in quei paesi, non resteranno qui", ribadisce, evidenziando che il tema della sicurezza del confine ha fatto presa sugli elettori: "Vogliono avere confini, sono favorevoli all'arrivo di persone che però devono arrivare con amore per il paese. Devono entrare legalmente".
Trump ha avuto colloqui telefonici con Harris e con il presidente uscente Joe Biden. "Sono state splendide telefonate, molto rispettose in entrambe le direzioni", dice. Con Harris si è "parlato della transizione, ha detto che vorrebbe fosse il più fluida possibile. Sono d'accordo, ovviamente". E Biden? "Molto presto ci sarà un pranzo".
Economia
Usa, Fed taglia i tassi di 0,25 punti
La decisione era ampiamente attesa. Powell non si dimetterà anche se Trump dovesse chiederlo
Dopo aver tagliato aggressivamente i tassi di interesse di mezzo punto percentuale a settembre, la Federal Reserve statunitense ha annunciato giovedì la sua decisione ampiamente attesa di abbassare i tassi di un altro quarto di punto. La Fed ha affermato di aver deciso di abbassare l'intervallo obiettivo per il tasso sui fondi federali di 25 punti base al 4,50%-4,75%. La decisione di continuare ad abbassare i tassi arriva mentre le condizioni del mercato del lavoro si sono generalmente allentate, mentre l'inflazione continua a progredire verso il suo obiettivo del 2%.
Tuttavia, la Fed ha affermato che i rischi per il raggiungimento dei suoi doppi obiettivi di massima occupazione e inflazione al tasso del 2% nel lungo periodo sono più o meno in equilibrio. "Le prospettive economiche sono incerte e il Comitato è attento ai rischi", ha affermato la Fed.
Nel considerare futuri aggiustamenti ai tassi, la banca centrale ha affermato che continuerà a valutare attentamente i dati in arrivo, le prospettive in evoluzione e l'equilibrio dei rischi. La prossima riunione di politica monetaria della Fed è programmata per il 17 e 18 dicembre; lo strumento FedWatch del Cme Group indica attualmente una probabilità del 70,0% di un altro taglio dei tassi di un quarto di punto, ma una probabilità del 29,0% che i tassi rimangano invariati.
Il risultato delle elezioni presidenziali statunitensi, che hanno visto la vittoria dell'ex presidente Donald Trump, non avrà “alcun effetto nel breve termine” sulle decisioni prese dalla banca centrale statunitense, la Federal Reserve (Fed), in termini di politica monetaria, ha assicurato il presidente della Fed, Jerome Powell.
"Nel breve termine, le elezioni non avranno alcun effetto sulle nostre decisioni - sottolinea Powell - non sappiamo quale sarà il calendario o il tipo di riforme che verranno, quindi non sappiamo quali potrebbero essere gli effetti sull'economia. Non facciamo ipotesi, non facciamo speculazioni, non diamo per scontato".
Powell non si dimetterà anche se Trump dovesse chiederlo
Powell ha assicurato che non si dimetterà anche se glielo chiedesse il presidente eletto Trump, che ha ripetutamente criticato le scelte di politica monetaria della Fed. "No", ha risposto semplicemente Powell, il cui mandato scade nel 2026, quando gli è stato chiesto se lascerebbe o meno l'incarico se il candidato repubblicano glielo chiedesse. "No", ha ripetuto quando gli è stato chiesto se pensava di essere legalmente obbligato a lasciare se il Presidente avesse fatto una tale richiesta.
Jerome Powell, scelto nel 2012 dall’ex presidente democratico Barack Obama per entrare a far parte del consiglio dei governatori della Fed, è stato promosso presidente nel 2018 da Donald Trump. Ma il tycoon poi ha criticato con veemenza le azioni della Fed e del suo presidente, indipendente dal potere politico ma che non ha abbassato i tassi abbastanza per i suoi gusti.
Nonostante questo rapporto tumultuoso e il suo desiderio di influenzare le decisioni della Fed, Donald Trump ha segnalato a luglio che avrebbe potuto lasciare che Jerome Powell restasse a capo della Fed fino alla fine del suo mandato, nel 2026.
Ultima ora
Trump, una donna ha costruito il trionfo alle elezioni: chi...
Il cervello della campagna è la stratega 67enne che ora potrebbe diventare Chief of Staff
C'è una donna alla regia del trionfo di Donald Trump, di nuovo presidente degli Stati Uniti dopo la vittoria nelle elezioni americane contro Kamala Harris. L'exploit alle urne è il prodotto della strategia creata soprattutto da Susie Wiles, il cervello e co-presidente della campagna e ora una autorevole candidata al ruolo di Chief of Staff alla Casa Bianca. "Susie ama stare dietro le quinte, noi la chiamiamo la ragazza di ghiaccio, ama il background, ma non è background", ha detto Trump, nel discorso della vittoria, ringraziando Wiles e riconoscendone il ruolo centrale.
Una scelta che sarebbe una mossa strategica per il presidente repubblicano, da sempre accusato di misoginia e sessismo, e che nel primo mandato si distinse per un'amministrazione formata in stragrande maggioranza da uomini bianchi.
Per la natura del suo stesso ruolo la 67enne che Politico ad aprile definiva "la più temuta e la meno nota stratega politica d'America", è rimasta in questi mesi una sorta di architetta invisibile della campagna del repubblicano, evitando il più possibile le dichiarazioni 'on the record'. Una rara eccezione, che è anche indicativa del suo carattere, il post con cui la scorsa settimana ha replicato, tra l'ironico e il piccato, al miliardario Mark Cuban che su X aveva detto che il tycoon solitamente non si circonda di "donne forti e intelligenti".
"Mi è stato detto che Mark Cuban ha bisogno di aiuto ad identificare donne forti e intelligenti intorno al presidente Trump, bene eccoci qui", ha scritto nel suo primo intervento sul social in quasi due anni. "Sono onorata di guidare la sua campagna", aggiungeva, indicando anche l'impegno di Linda McMahon, alla guida del settore policy del team di transizione, e Lara Trump, la nuova del tycoon co presidente del comitato nazionale repubblicano.
Anche la notte della vittoria, chiamata sul palco da Trump, Wiles ha preferito cedere la parola al suo collega Chris LaCivita, ma voci insistenti dicono che sia lei in pole position per il ruolo che in America corrisponde ad una sorta di primo ministro. Sarebbe il coronamento pubblico di 40 anni di carriera di 'operative' all'interno del partito repubblicano, iniziata nel 1979 come assistente del deputato Jack Kemp. Ma già l'anno dopo entrava nella campagna presidenziale che portò Ronald Reagan alla Casa Bianca.
A farle conquistare fama e rispetto fu il successo della campagna da governatore della Florida che nel 2010 fece vincere, in appena sette mesi, a Rick Scott, allora uno sconosciuto uomo d'affari senza esperienza politica. Nel 2015 poi il primo incontro con Trump, diventando l'anno dopo presidente della sua campagna in Florida. Due anni dopo le fu affidata la guida della campagna da governatore di Ron DeSantis, allora alleato di ferro del presidente Trump.
Ed anche in quell'occasione nel discorso della vittoria Wiles fu definita "la migliore nel suo business" dal neo governatore con cui i rapporti però si incrinarono nel 2019. E secondo il profilo che le ha dedicato Politico, è stata proprio Wiles a "smantellare" la campagna del giovane e popolare De Santis che appariva destinata ad archiviare l'anziano Trump ed invece è finita ingloriosamente archiviata. Tutto rimanendo dietro le quinte: "la sua influenza sugli eventi politici, per molti che sanno cosa guardare, è ovvia quanto invisibile", concludeva l'informato sito politico, parlando di Wiles, che è madre di tre figli e nonna, membro della chiesa episcopale che si descrive come una moderata.