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Governo, Crosetto: “Può essere messo a rischio solo...

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Governo, Crosetto: “Può essere messo a rischio solo da opposizione giudiziaria”. Anm risponde

Il ministro della Difesa in un'intervista al Corriere: "Il governo può essere messo a rischio solo da opposizione giudiziaria". Santalucia: "Fake news, fa male alle istituzioni"

Guido Crosetto e Giuseppe Santalucia (Fotogramma/Ipa)

Il vero pericolo per il governo? "L’opposizione giudiziaria. A me raccontano di riunioni di una corrente della magistratura in cui si parla di come fare a 'fermare la deriva antidemocratica a cui ci porta la Meloni'". Le parole del ministro Guido Crosetto in un'intervista al 'Corriere della Sera' fanno esplodere un caso politico. L'Anm in rivolta. Attacchi delle opposizioni e richiesta di chiarimenti. A cui il titolare della Difesa non si sottrae.

Nel pomeriggio torna sulle sue parole, sostiene di non aver fatto alcun attacco alla magistratura e si dice disponibile a riferire quanto sa in commissione Antimafia o al Copasir. I temi sarebbero troppo delicati per l'aula. A stretto giro arriva la richiesta di un'audizione urgente da parte del Pd. Fonti della presidenza della commissione Antimafia replicano che la richiesta "sarà valutata" quando verrà formalizzata. La data è quella di martedì, dopodomani, quando è prevista la riunione dell'ufficio di presidenza della commissione.

Cosa ha detto Crosetto

Nell'intervista al Corriere della Sera il ministro della Difesa ha detto che "questo governo può essere messo a rischio solo da una fazione antagonista che ha sempre affossato i governi di centrodestra: l’opposizione giudiziaria. Non mi sorprenderebbe, da qui alle Europee, che si apra una stagione di attacchi su tale fronte". Crosetto ha aggiunto: "A me raccontano di riunioni di una corrente della magistratura in cui si parla di come fare a 'fermare la deriva antidemocratica a cui ci porta la Meloni'. Siccome ne abbiamo visto fare di tutti i colori in passato, se conosco bene questo Paese mi aspetto che si apra presto questa stagione, prima delle Europee...".

La replica dell'Anm

A stretto giro la replica dell'Anm. "Una fake news, una cosa che non ha nessun fondamento e che fa male alle istituzioni". Così il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, a margine dell'assemblea in Cassazione, riferendosi alle dichiarazioni del ministro della Difesa.

"E' fuorviante l'idea di una magistratura che rema contro, che possa, leggevo oggi sui giornali, anche farsi opposizione politico-partitica", aveva dichiarato in precedenza il presidente dell'Anm, aprendo i lavori dell'assemblea degli iscritti a Roma.

"Tutto questo nasce da un profondo equivoco e da una pretesa, del tutto sbagliata, per cui delle questioni politiche debba occuparsi solo il ceto politico, la parola politica diventa fagocitante, tutto diventa politica non in un senso di inclusione ma per escludere, per impedire a chi non fa parte del ceto politico in senso stretto di potere parlare. Questo è un altro equivoco che si sta diffondendo", ha denunciato Santalucia.

"Il mio timore è che non si tratti di fiammate episodiche ma che ci sia la possibilità di leggere in tutto questo una linea di continuità che ci mette in grande difficoltà - ha spiegato - perché poi veniamo immessi in questa contrapposizione di parte perché abbiamo osato parlare di politica come una controparte partitica". "La magistratura non è forza di contrapposizione politica - ha sottolineato il presidente Anm - ma esercita il suo mandato nell'interesse della comunità, tutela i diritti e non risponde a logiche governative".

Poi, a margine: "La gente che legge i giornali apprende da una voce autorevolissima di un ministro che esiste un gruppo di magistrati, che fa ciò che fanno, più o meno legittimamente, i partiti politici nello scontro di potere per la conquista del governo del Paese, è una cosa che fa male alle istituzioni, fa male a tutti noi - ha spiegato Santalucia - che coinvolge in primo luogo i magistrati ma, e qui sta la miopia, non si comprende che questo è un attacco, una rappresentazione malevola dell'impianto istituzionale del Paese, e quindi è l'intero Paese a esserne in qualche modo coinvolto".

Crosetto, a seguito delle reazioni, è tornato sull'intervista: "Tutto ho fatto tranne che minacciare o delegittimare qualcuno. Ma poi, davvero, dopo i casi Tortora, Mannino, Mori e la storia di centinaia di persone dal '94 ad oggi, si può nascondere come si è comportata, nella storia italiana, una parte (non certo tutta, ripeto) della magistratura? Penso proprio di no. E lo dico proprio nell’interesse della magistratura e di un'idea di Giustizia in cui credo fermamente. E veramente dopo quanto ha raccontato (non è mai smentito) Palamara, qualcuno si stupisce di un mio passaggio, peraltro incidentale, in una lunga intervista che verteva su altro?''.

''Ho fatto quel passaggio non superficialmente, non a cuor leggero, con l’amarezza di chi crede nelle istituzioni ed ha fiducia nella stragrande maggioranza della magistratura e che quindi si sente indignato qualora fosse vero quanto gli è stato riferito - ha aggiunto - Tra l’altro, mi sono premurato anche di comunicare anche ad altri le notizie che mi erano state riferite (da persone credibili) e che ritenevo gravi, ove e se confermate. Ho visto che alcuni parlamentari, come Della Vedova, mi invitano anche a riferire in Parlamento. Lo farò con estremo piacere, se sarà possibile farlo in commissione Antimafia o Copasir, per la necessità di riservatezza e di verifica delle notizie che ho ricevuto. Non ho qui null’altro da aggiungere, anche perché ho molte altre cose di cui occuparmi”.

Le reazioni

Il caso è destinato a protrarsi, almeno nelle intenzioni delle opposizioni che oggi hanno sferzato il titolare della Difesa per le sue parole. "Accuse gravissime. Se sa vada in Procura", incalza Giuseppe Conte. Sarcastico Carlo Calenda: "Non siamo al bar sport". Per Bruno Tabacci si tratta di "chiacchiere in libertà". E comunque la lettura dell'opposizioni sulla mossa di Crosetto converge sul 'solito' complotto evocato per nascondere "i fallimenti del governo'.

Il Pd con la responsabile Giustizia della segreteria Schlein, Debora Serracchiani, chiede un chiarimento: "Siamo stupefatti dalle dichiarazioni rilasciate oggi dal ministro Crosetto. Se il ministro sa qualcosa che mette in pericolo la sicurezza nazionale lo dica. Diversamente, la smetta questo governo di lanciare velate minacce e di lamentare infondati complotti, cercando di nascondere le difficoltà della manovra di bilancio”.

Anche Benedetto Della Vedova di Più Europa chiede che Crosetto "riferisca immediatamente al Parlamento", auspica la convocazione al Copasir e annuncia un'interrogazione perché il ministro vada anche in aula a chiarire. E Riccardo Magi incalza: "Immagino infine che il ministro Crosetto abbia preventivamente informato il presidente Mattarella, che presiede il Csm, di queste sue gravissime accuse".

Per Angelo Bonelli di Avs "il vero motivo delle pericolose esternazioni di Crosetto è che vuole nascondere i fallimenti della premier Meloni e dei suoi imbarazzanti ministri. Alludere ad un complotto contro il governo Meloni da parte dei magistrati, senza aver citato uno straccio di prova, è vera e propria intimidazione. Crosetto quindi riferisca le fonti delle sue informazioni oppure faccia qualcos'altro nella vita, non certo il ministro". E Nicola Fratoianni: "Basta col rilancio continuo della guerra tra poteri che fa male alla democrazia”.

Matteo Renzi invece non mette in dubbio Crosetto: "Se il Ministro della Difesa dice certe cose, sicuramente non parla a caso". Ma il leader di Italia Viva coglie la palla al balzo per un affondo contro il governo Meloni: il problema di Crosetto, osserva, sta nella sua coalizione: "La riforma della giustizia è sparita dal radar per volontà di Giorgia Meloni. La vera domanda è: caro Guido, perché la Meloni ha bloccato la riforma? Di cosa avete paura?".

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Politica

Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa...

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"A viale Mazzini dovrebbero fare una statua a me accanto al cavallo, ho salvato Rai Way dai piani della sinistra"

Gasparri sulla privatizzazione Rai: cosa si può fare e cosa non si farà mai

L’ipotesi di privatizzazione della Rai? “Le norme per farlo esistono da 20 anni, sono nella legge che porta il mio nome. Ma cedere Rai1, Rai2, e Rai3, non accadrà mai”. Esordisce così con l’Adnkronos il senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia. Che, da ministro delle Comunicazioni del governo Berlusconi, preparò il disegno di legge sul sistema radiotelevisivo italiano approvato dal Parlamento nell’aprile 2004. “Ci sono due possibilità: o una quotazione in borsa, e all’epoca la strada fu esplorata tanto che con l’amministratore delegato Flavio Cattaneo andammo a parlarne con i vertici di Borsa Italiana; oppure la cessione di rami d’azienda. Non bisogna dimenticare che la Rai ha più di dieci canali: oltre ai tre generalisti, ci sono quelli dedicati a storia, cinema, bambini, sport… Nulla vieta, se serve fare cassa, di cedere quelli, in tutto o in parte, o magari di fare delle joint venture con altri editori. Non mi pare che la Rai verrebbe meno al suo ruolo di servizio pubblico se Rai YoYo facesse un accordo con una società che produce contenuti per bambini”.

In un articolo del ‘Foglio’ si fa riferimento alla cessione di un 50% della società per abbattere il debito e gli oneri per le casse dello Stato. “Per un simile scenario ci vorrebbe una quotazione. E' vero, non serve avere il 50+1 di una società per controllarla, basta vedere cosa è successo con Enel, Eni e Leonardo. Ma attenzione: per portare in borsa un asset come la Rai bisogna prima valorizzarlo, renderlo appetibile per investitori e risparmiatori. E al momento mi sembra un compito difficile”. Altro discorso la cessione di rami d’azienda. “A viale Mazzini dovrebbero installare una statua dedicata a me, accanto a quella del cavallo. Fui infatti io nel 2001, da ministro, a oppormi all’operazione che era stata predisposta dal precedente governo di sinistra. Il piano era di cedere a una società privata un pezzo di Rai Way, ovvero le antenne e le infrastrutture di trasmissione, ma la Rai in cambio avrebbe avuto solo la minoranza nel consiglio di amministrazione. Dissi di no a questa idea balzana, sollevando grandi polemiche. Invece fu la scelta giusta: Rai Way è stata quotata anni dopo e ha garantito un ricco assegno per le casse pubbliche. Che hanno potuto monetizzare un asset strategico senza però perderne il controllo. Dico strategico perché con il Covid abbiamo avuto la dimostrazione del fatto che lo Stato deve avere il controllo sulle infrastrutture di comunicazione essenziali come quelle televisive. Durante i lockdown internet non arrivava ovunque, ma i canali del digitale terrestre sì, e hanno potuto informare anche quei cittadini che non sono dotati di smartphone o connessione veloce. Ora si parla di una possibile fusione con Ei Tower, su cui viaggiano le tv private. Non ho nulla in contrario, basta che alla fine dell’operazione la maggioranza di controllo resti in mano pubblica”.

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La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa,...

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Gli uffici di Viale Mazzini da mesi preparano il terreno per una possibile assunzione a tempo indeterminato del direttore generale

La Rai privatizzata e il dossier nomine. Sergio in ascesa, Rossi stabilizzato?

L’ipotesi di una privatizzazione della Rai, che oggi è tornata nel dibattito politico, ha fatto molto rumore a Viale Mazzini, rimettendo in moto un progetto che è sul tavolo da circa 30 anni, con altrettante declinazioni e ipotesi. Staccare un solo canale? Tenere Rai1, Rai2 e Rai3 ma cedere tutti gli altri, in blocco o creando delle joint venture con altri editori e produttori? Fare una ‘bad company’ da lasciare in mano pubblica, con i programmi del servizio pubblico che hanno minore ritorno commerciale, mentre una ‘newco’ con i pezzi più pregiati potrebbe essere messa sul mercato? I rumor sono ripartiti a partire dall’articolo di prima pagina del “Foglio” di oggi, che parlava della cessione di un 50% degli asset della tv e radio pubblica.

Come sottolinea Claudio Cerasa, la privatizzazione sarebbe una grande mossa politica, soprattutto in risposta a chi accusa la premier di aver messo in piedi ‘TeleMeloni’. Il problema è che il nuovo assetto sarebbe accolto con ostilità da Mediaset e gruppo Cairo: con l’abbandono dei tetti pubblicitari, la Rai privata sottrarrebbe inserzionisti agli altri broadcaster.

Il dossier è complicato inoltre dal rinnovo dei vertici: mercoledì 31 luglio il parlamento potrebbe (potrebbe) finalmente votare i componenti del cda che sostituiranno gli attuali, scaduti da due mesi. Nel frattempo sono arrivate le dimissioni della presidente Marinella Soldi (che non aveva alcuna possibilità di riconferma) e si aspetta la nomina dei nuovi membri votare al suo posto Simona Agnes, in quota Forza Italia.

Il rischio è però che anche l’appuntamento di mercoledì non sia risolutivo e che tutto slitti a settembre. Anzi a ottobre, mese in cui è attesa la sentenza del Tar sul ricorso contro l’attuale procedura di selezione per il cda. Sarebbe infatti inutile trovare l’accordo per poi rischiare di dover ripartire da capo con la scelta dei candidati.

Lo stallo sul rinnovo si spiega con le tensioni tra Lega e Fratelli d’Italia. Il partito della premier vorrebbe promuovere Giampaolo Rossi, attuale direttore generale, ad amministratore delegato. I salviniani temono però che una mossa simile darebbe troppo potere agli alleati di governo, e finora hanno preso tempo, sapendo di non poter imporre un nome alternativo. Nel frattempo, risalgono le quotazioni di Roberto Sergio, attuale ad, che non avendo appartenenze (se non quella, filosofica, alla regola democristiana) è l’unico nome in grado di tutelare tutte le parti in causa.

Una conferma di Sergio per il prossimo mandato potrebbe scatenare una reazione negativa di Rossi? Non necessariamente: l’Adnkronos può confermare che negli uffici della Rai da mesi si studia il modo per consolidare il suo ruolo in azienda, ad esempio con un’assunzione a tempo indeterminato nel ruolo di direttore generale, così da non essere più in balìa delle tempeste politiche ma in grado di restare a lungo ai vertici di un’azienda con cui in questi anni ha creato un rapporto sempre più stretto.

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Giovanni Toti si è dimesso, Liguria alle urne entro 90...

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Il governatore ha inviato una lettera all'ufficio protocollo della Regione

Con una lettera fatta pervenire all'ufficio protocollo della Regione Liguria il presidente Giovanni Toti ha rassegnato le sue irrevocabili dimissioni. L'addio del presidente comporta automaticamente lo scioglimento della del Consiglio ligure. Nuove elezioni dovranno avvenire entro 90 giorni.

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