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Intervista esclusiva a Samuele Cavallo: un viaggio eclettico tra cinema, teatro e musica

Da una carriera nascente nel mondo del cinema a una forte presenza sulla scena teatrale e televisiva, Samuele Cavallo ha conquistato il cuore del pubblico italiano. Nato a Fasano nel 1989, ha dimostrato il suo eclettismo artistico attraverso il cinema, il teatro, la televisione e persino la musica. Ora, a 34 anni, continua a risplendere come stella poliedrica del mondo dell’intrattenimento, lasciando un’impronta indelebile in ogni progetto a cui partecipa. Noi lo abbiamo incontrato ed ecco un’intervista esclusiva molto interessante!

Foto di Giuseppe D’Anna / FremantleMedia

Samuele, come ha influenzato il tuo approccio alla recitazione l’esperienza di lavorare con un regista di calibro come Sergio Rubini fin dal tuo debutto?

“È stata la mia prima esperienza professionale importante, l’occasione per capire che poteva essere concretamente la mia vita, il mio futuro. Lui è un mentore, un maestro, ha un estro creativo senza confini sia sul set che dietro la cinepresa.”

Hai avuto l’opportunità di condividere il palcoscenico con un’icona come Massimo Ranieri. In che modo questa esperienza ha contribuito alla tua crescita artistica e personale?

“Essere diretto da Massimo Ranieri in quello che tuttora è ancora il Tempio del Teatro Musicale Italiano, ovvero Il Sistina, è stata una sorpresa inaspettata. Ogni giorno cercavo di “rubare” il modo di tenere la scena, il suo stile, la sua padronanza vocale, il temperamento e quel fascino tipico e raro dei grandi artisti.”

Il tuo percorso artistico è fortemente contrassegnato dall’intersecarsi di teatro e musical. Secondo te, quanto peso ha l’elemento canoro in un’opera teatrale per creare un legame emotivo con il pubblico?

“Il canto è un linguaggio complesso e allo stesso tempo comprensibile, di facile presa, specie quando ha una forza emotiva che arriva a tutti. Se in un’opera teatrale ci sono momenti in cui qualcuno canta, sicuramente lo spettacolo cambia frequenza, si arrichisce di altre sfumature. Può essere interessante se usato coscientemente. Nel musical invece è assolutamente una parte importantissima. Spesso parte della storia viene raccontata attraverso il canto, la musica, la danza, la recitazione.”

Fra i musical a cui hai preso parte, quali ti hanno segnato di più e perché?

“Beh, West Side Story è stato uno spettacolo molto intenso, per esempio. C’era tutto quello che vorrei sempre portare su un palco: amore, odio, riscatto, ironia, energia, tensione, tecnica, ostacoli, visioni, amicizia, fratellanza. Poi, In The Blues Legend ho portato in scena il Rythm and Blues, il soul: ogni sera era bellissimo! Ma poi anche Priscilla, il primo spettacolo “sui Tacchi”, “The Boys in the Band” in cui ero un avvocato alle prese con una crisi interiore devastante… Chorus Line, Alladin, Poveri Ma Belli, Dirty Dancing, La Febbre del Sabato Sera, The Bodyguard… Ogni spettacolo mi ha dato qualcosa di prezioso, ha segnato un periodo della mia vita.”

Esiste un musical specifico a cui non hai ancora preso parte ma che desidereresti interpretare in futuro? Qual è e perché?

“Mi piacerebbe moltissimo interpretare Christian in Moulin Rouge perché ho sognato di fare musical grazie alla storia raccontata nella celebre pellicola di Baz Luhrmann. Mi dicevo: in un’altra vita vorrei nascere Ewan McGregor.”

La tua voce è uno strumento essenziale per la tua arte. Potresti condividere con noi qualche dettaglio del tuo processo di allenamento vocale?

“Beh, considerate che io inconsciamente canto in ogni luogo… magari qualcuno mi prende per matto ma è così. È una cosa che faccio di default. Perfino quando vado a correre, cosa che magari risulta complicata perché devi gestire il fiato. Poi, ogni giorno faccio le mie “scale” al piano e quando non ce l’ho a portata di mano, ho l’app di una tastierina sul telefonino, cuffia in un orecchio e vado avanti e indietro a fare scale ed esercizi vari. Mentre lo faccio mi piace tantissimo vedere la gente che mi guarda come se venissi da Marte o fossi completamente suonato?, ma è così che funziona. Un centometrista corre tutto il giorno, un cantante lavora col suo strumento tutto il giorno per “addomesticarlo”.”

La tua carriera ti ha portato anche sul set di spot pubblicitari. Come differisce questa esperienza rispetto al girare per il cinema o la televisione?

“Anche lo spot è un figlio della comunicazione. È un modo diretto per arrivare a tutti. Per farlo, spesso ci si serve degli attori. È divertente e interessante farli, perché lì davvero le sfumature fanno la differenza. Un momento bizzarro è stato sul set di uno spot per una merendina: c’era il momento del morso. Ricordo che le prime volte l’ho anche mangiata, poi dopo un po’ di ciak non mangiavo più e successivamente, per la quantità enorme di ciak per quel morso, ho iniziato ad avere la nausea.”

“Un posto al sole” è stato un trampolino di lancio per la tua carriera. Quali aspetti della serie ti hanno colpito maggiormente e come descriveresti il tuo rapporto con il resto del cast?

“La serie racconta le varie storie nel “palazzo” più popolare d’Italia, Palazzo Palladini. La cosa che mi ha colpito di più è l’enorme e costante lavoro che fanno gli autori per costruire e intersecare storie sempre interessanti attorno ai personaggi. Considerando 27 anni di storia e uno smalto sempre freschissimo, una capacità di essere sempre attuale, sempre “avanti”, che tiene l’attenzione sempre alta, trovo la cosa di una difficoltà estrema e che mi affascina tantissimo. Credo che uno dei segreti, che non è un segreto, ma un ingrediente non facile da trovare in giro, è proprio questo senso di appartenenza, di famiglia che si crea con tutto il cast. Noi ci scriviamo spessissimo, sia per cose ironiche, sia per cose più serie, per festeggiare il compleanno di un collega, per darci appuntamento per lo spettacolo di qualcuno, per andare a cena insieme, per darci una mano, un consiglio e tanto altro. Questa cosa credo sia davvero unica. Ci rispettiamo e stimiamo molto. Alcuni sono diventati degli amici importanti per me.”

Se dovessi dare un consiglio a un aspirante attore, cosa gli diresti basandoti sulla tua esperienza nel mondo dello spettacolo?

“Gli direi che non esiste un regolamento per fare questo mestiere, ma esiste una disciplina, una passione da nutrire anche nei momenti difficili, quelli quando si pensa di aver fallito. Di restare coi piedi per terra quando si tocca il cielo con un dito, di guardare oltre il confine, di vivere pienamente le piccole e le grandi esperienze. Ma soprattutto di non farsi dire da nessuno “TU NON PUOI”, ma al contrario, dare voce a quello che sentite dentro.”

Da poco sei diventato padre. Potresti raccontarci qualcosa di questa nuova e affascinante esperienza?

“Isabel è arrivata in un momento in cui stavo cercando il mio, costantemente traballante, equilibrio, turbando ancora di più quelle pochissime e apparenti certezze che avevo della vita. Per cui all’inizio, sono sincero, ho avuto paura. Per la prima volta non mi sono chiesto “cosa ne sarà di me oggi”, ma “cosa ne sarà di noi domani”. Perché in un istante “io” è diventato “noi”. Anche se mi dicevo “che bello sarebbe essere padre” e mi dicevo di essere pronto, la notizia mi ha “freddato”. Poi sono andato a vedere la prima ecografia: mi sono commosso, ho avuto mille immagini nella testa, le farfalle allo stomaco. Da allora è stato tutto un crescendo. Oggi la guardo e mi innamoro ogni minuto sempre di più. È stupenda…”

In che modo la tua compagna influisce e sostiene la tua carriera e la tua vita artistica?

“Stare affianco a un compagno che parte spesso, che non ha orari, festivi prestabiliti non è facile. Capirne sempre le scelte, gli stati d’animo nemmeno. Lei, nonostante non faccia il mio stesso lavoro, nelle cose che ritiene giuste per me mi sostiene. Magari a volte su alcune cose non condividiamo la stessa opinione, ma credo sia normale. Ragioniamo con due teste diverse, veniamo da due mondi diversi.”

Guardando al futuro, immagini mai di poter condividere il palcoscenico in un musical con tua figlia Isabel?

“Beh, non lo so ?. Mi piacerebbe moltissimo. Quello che posso dire è che lei, a modo suo, canta e balla in continuazione appena partono le canzoni dei suoi cartoni animati preferiti.”

Oltre alla recitazione e al canto, quali altre passioni alimentano la tua creatività e il tuo spirito artistico?

“Lo sport è un elemento fondamentale per me. Mi rigenera, mi ricarica, mi dà lo spazio per pensare, immaginare. Quando faccio sport ascolto tanta musica. È il mio modo per allenare l’immaginazione. È il momento della giornata in cui sono solo e viaggio.”

Per concludere, potresti darci un assaggio di ciò che ti aspetta nel tuo futuro artistico? Ci sono progetti imminenti che ti entusiasmano particolarmente?

“Quest’estate sarò un po’ in giro con i miei live e non vedo l’ora di tornare ad avere un contatto col pubblico!”

© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.

Animato da un’indomabile passione per il giornalismo, Junior ha trasceso il semplice ruolo di giornalista per intraprendere l’avventura di fondare la sua propria testata, Sbircia la Notizia Magazine, nel 2020. Oltre ad essere l’editore, riveste anche il ruolo cruciale di direttore responsabile, incarnando una visione editoriale innovativa e guidando una squadra di talenti verso il vertice del giornalismo. La sua capacità di indirizzare il dibattito pubblico e di influenzare l’opinione è un testamento alla sua leadership e al suo acume nel campo dei media.

Cultura

L’evoluzione dei graffiti nell’arte: intervista a Nico...

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Nico “Lopez” Bruchi è un artista poliedrico: pittore, fotografo, video-maker ed attivista sociale, incarna l’arte nella sua totalità. La sua passione per la creatività si manifesta in ogni campo in cui si esprime.

Nato a Volterra, in una famiglia di creativi, “Lopez” si è immerso fin da giovane nelle subculture urbane come lo skateboard e la street art, che hanno profondamente influenzato il suo percorso artistico e di cui, ed in breve tempo, è diventato uno dei punti di riferimento più importanti.

Oggi ricopre il ruolo di direttore artistico della EDFcrew, un ambizioso progetto di arte sociale che si dedica alla riqualificazione urbana. Con questo collettivo, Bruchi realizza decine di interventi artistici all’anno, trasformando spazi trascurati in opere d’arte, e continua a lavorare come direttore creativo su scala internazionale, collaborando a progetti innovativi che uniscono arte, design e impegno sociale. Lo incontriamo per parlare di urban art.

Cosa sono i graffiti per te?

Sono la più antica e necessaria espressione e affermazione dell’esistenza umana. Nascono nella preistoria e sono antecedenti alla scrittura. Sono cambiati i modi, ma non abbiamo mai smesso di farne, quindi si può dire che siano la più primordiale forma espressiva che abbiamo. Sono da sempre anche una forma di appropriazione di spazi e concetti, per questo motivo sono stati spesso generati in occasione di ribellione di manifestazioni di dissenso, con desiderio d’imponenza, d’invasione di spazi pubblici per autoproclamare sovversivi messaggi alla popolazione. Sono stati vera e propria pubblicità, decorazione, espressione di potenza e ricchezza (affreschi nelle ville), raffigurazione del divino (affreschi nelle chiese).

Per me, però, tutto nasce con i graffiti di Fernando Oreste Nannetti, meglio noto come NOF4, uno degli ospiti del manicomio di Volterra che, durante gli anni di reclusione, incise con le fibbie delle cinture tutte le mura esterne del padiglione manicomiali, creando un vero e proprio diario della sua mente. Considerato un capolavoro dell’Art Brut, il graffito di Nannetti, nella sua cripticità, riportava autoaffermazioni della sua esistenza e personali definizioni del proprio essere, tra le più leggibili, si distingueva questa: “…io sono un astronautico ingegnere minerario nel sistema mentale. Questa è la mia chiave mineraria. Sono anche un colonnello dell’astronautica astrale e terrestre.”

Crescere circondato da un’opera così potente ti lascia un segno profondo. La prima volta che scrissi su un muro avevo circa 7 anni, usando un pezzo di alabastro che un artigiano lasciava fuori dalla sua bottega per farci disegnare. Anni dopo, intorno ai 14, scoprii i graffiti “a bomboletta”, come i chiamo io. Praticando skateboard da rollerblading ero spesso negli skatepark ed inevitabilmente inciampai in alcuni writers milanesi e svizzeri. Rimasi affascinato e qualche anno più tardi cominciai dilettarmi nell’uso degli spray.

Vivendo a Volterra, con le sue antiche mura vincolate come beni storici, per evitare denunce iniziai a sperimentare coi graffiti nell’ex manicomio abbandonato. Passavo le giornate da solo a esercitarmi con gli spray. Quel luogo divenne il centro dei graffiti a Volterra, e per rispetto di NOF4, mi sono sempre impegnato a proteggere il suo lavoro, raccontando la sua storia agli artisti e invitandoli a dipingere altrove.

Come hai incontrato la EDFcrew?

Un giorno, un amico (Daniele Orlandi a.k.a. Umberto Staila) mi invitò a una jam di graffiti a Pontedera, dove parteciparono artisti da tutta Italia. Fu stupendo e a fine evento, lui e il suo socio (Niccolò Giannini a.k.a. Joke) mi proposero di entrare nella loro crew, la EDFcrew. Da quel momento, la mia vita cambiò e la crew divenne la mia priorità. Oggi, 20 anni dopo, sono il direttore artistico della EDFcrew, composta da sei artisti e molte figure professionali. I graffiti, da mezzo per esplorarmi e affermarmi, si sono trasformati in uno strumento di creatività sociale e comunitaria, diventando il motore della mia rivoluzione personale.

I graffiti e le opere d’arte urbana hanno attraversato un incredibile viaggio culturale, trasformandosi da attività clandestina a fenomeno celebrato ed integrato nella società contemporanea. 

Nel corso degli anni, i graffiti hanno subito una straordinaria trasformazione culturale, passando dall’essere una forma clandestina di espressione ad un fenomeno celebrato ed integrato nella società. Artisti come me hanno contribuito a questo cambiamento, trasformando i graffiti in opere d’arte che suscitano riflessioni e dialoghi. Si è verificata una separazione tra il ‘Writing’ puro, che si basa sull’auto-affermazione egotica attraverso la scrittura del proprio nome, e i graffitisti figurativi che desideravano esprimersi senza i rischi del Writing clandestino.

Gli artisti figurativi, partendo dal concetto di graffiti “Puppet”, hanno evoluto il loro stile, dedicando più tempo alla creazione rispetto ai rapidi interventi clandestini sui treni. Con il tempo, i graffiti si sono spostati in spazi legali, più adatti alla realizzazione di opere complesse e decifrabili anche da chi non appartiene alle Street Cultures. Molti artisti hanno partecipato a jam su muri concessi dalle istituzioni, portando all’integrazione dei graffiti nell’ambiente urbano e alla nascita di movimenti come la Street Art e il muralismo. Grazie a internet, i graffiti hanno raggiunto una diffusione globale, entrando anche nei musei e nel mercato dell’arte. 

E cosa succederà alle città invase dai murales, quando questi inevitabilmente si deterioreranno?

I murales che contengono un forte valore concettuale ed estetico rimarranno nei ricordi di chi li ha vissuti. Le città si evolvono costantemente, e i murales deteriorati potranno aggiungere un fascino ‘neorealista’ a certi quartieri, o essere restaurati o sostituiti. La natura effimera del muralismo lo rende affascinante: alcune persone potrebbero stancarsi, ma altri continueranno a trovare ispirazione nella loro bellezza, proprio come accade per le grandi opere d’arte.

Noi della EDFcrew ci impegniamo a creare arte sociale, coinvolgendo le comunità nei processi creativi e producendo murales che portano la loro voce. Chiudo dicendo che per molti (e mi metto anch’io tra questi) questa forma d’arte non è che l’inizio di un percorso artistico che poi, col tempo, prende nuove strade contemporanee dell’arte.

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Interviste

Intervista esclusiva a Lola Abraldes, protagonista...

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Lola Abraldes ci racconta il suo percorso in Margarita, la nuova serie legata all’universo di Floricienta (Flor speciale come te) e le sfide per interpretare Daisy, in una trama piena di colpi di scena. Ricordiamo che la serie narra le vicende della figlia di Flor e Massimo.

Lola Abraldes, a soli 21 anni, è già una promessa nel mondo dello spettacolo. È attrice, ballerina, cantante, modella e ha una determinazione che emerge chiaramente sin da bambina. La sua carriera ha radici profonde: a soli sei anni ha iniziato a lavorare nelle pubblicità, spesso al fianco di suo padre Flavio Abraldes, anche lui attore, che è stato una guida importantissima per lei. Con il suo sostegno e i suoi consigli, Lola ha affrontato ogni sfida con una sicurezza davvero invidiabile.

Ma non è solo il talento di famiglia a distinguerla: Lola ha sempre avuto una passione innata per l’arte, alimentata dai suoi studi di teatro e danza, iniziati a sette anni, e dal canto, che ha aggiunto alla sua formazione quattro anni fa. Il suo grande sogno? Lavorare con Cris Morena, un sogno che l’ha accompagnata fin da quando guardava Casi Ángeles, affascinata dal personaggio di Mar. E questo sogno, con grande determinazione, è riuscita a realizzarlo.

Lola ha dovuto insistere molto con i suoi genitori per partecipare ai primi casting. Non era facile per loro accettare che una bambina così piccola volesse già entrare in un mondo così competitivo. Ma alla fine ha prevalso la sua caparbietà e da quel momento non si è più fermata. Ha iniziato a fare pubblicità, ha continuato a studiare e poco a poco si è fatta strada nel mondo del cinema e della TV.

Nel 2021 arriva la svolta: ottiene un ruolo da coprotagonista nel film Como mueren las reinas. Un’esperienza che per lei ha significato tantissimo, perché è stato lì che ha capito di voler recitare per il resto della vita. Quei giorni lunghi sul set, per la prima volta così intensi, le hanno dato la certezza che il suo sogno stava prendendo forma.

Ma la vera sfida arriva con Margarita, una serie firmata da Cris Morena. Lola ha affrontato un casting lunghissimo e inizialmente non era stata selezionata per il laboratorio della serie. Ma la sua perseveranza è stata premiata: dopo qualche settimana, è stata richiamata per partecipare, e alla fine, tra cinque attrici, è stata scelta per interpretare Daisy. Un momento di felicità indescrivibile per lei.

Il personaggio di Daisy non è affatto semplice. Cresciuta tra bugie e inganni, Daisy non conosce la sua vera identità e Lola ha lavorato mesi per costruire un ruolo così complesso. Ogni scena è stata analizzata a fondo, ogni dettaglio studiato. Grazie alla sua formazione artistica, Lola ha saputo dare a Daisy una profondità che rende il personaggio credibile e coinvolgente.

Lola ha lavorato duramente per far emergere in Daisy il conflitto tra la voglia di conoscere la verità e la paura di affrontarla. Daisy, infatti, sceglie inconsciamente di vivere nella menzogna, per evitare il dolore di scoprire chi è davvero. Un personaggio pieno di sfumature, che Lola ha reso unico, grazie anche all’aiuto della sua coach di recitazione e di suo padre, sempre presente a darle consigli.

Il rapporto tra Daisy e la vera Margarita, interpretata da Mora Bianchi, è stato uno degli aspetti più interessanti da sviluppare. La loro amicizia nella vita reale ha reso tutto più semplice: ore e ore passate insieme sul set hanno creato una complicità autentica che si riflette anche nei loro personaggi. E questa autenticità è ciò che rende il legame tra Daisy e Margarita così vero e coinvolgente sullo schermo.

Anche la relazione tra Daisy e Merlín, interpretato da Nicolás Goldschmidt, ha rappresentato una grande sfida per Lola. Dopo aver subito tanto dolore a causa di Merlín, Daisy trova la forza di perdonarlo, dimostrando la sua dolcezza e la sua capacità di comprendere. Una delle scene più intense, ci racconta Lola, è stata quella sull’isola, dove Daisy affronta Merlín chiedendogli “Perché mi fai questo?”. Quella battuta, inserita da Lola stessa, ha dato ancora più profondità al suo personaggio e alla scena.

Non è mancata la pressione da parte del fandom di Floricienta, una serie amatissima che ha lasciato un’eredità importante. Lola ha sentito questa responsabilità, ma ha affrontato tutto con grande rispetto, riguardando la serie originale per immergersi completamente nel contesto e fare suo il ruolo di Daisy.

E per il futuro? Lola ha le idee molto chiare. Vuole continuare a recitare, esplorare nuovi personaggi, nuovi paesi, nuove storie. Sogna di lavorare in Italia o in Spagna, due paesi che ama moltissimo e continua a formarsi per crescere sempre di più come attrice.

L’intervista con Lola Abraldes ci ha regalato uno sguardo unico sul suo percorso, fatto di determinazione, passione e tanto talento. Una giovane artista che ha sempre creduto nei suoi sogni e che, con impegno e sacrificio, li sta realizzando uno dopo l’altro. E noi non vediamo l’ora di vedere dove la porteranno i prossimi passi.

La nostra intervista esclusiva

Ciao, Lola! È un vero onore averti con noi di Sbircia la Notizia Magazine per questa esclusiva in Italia. Siamo davvero entusiasti di poter raccontare la tua storia ai nostri lettori e scoprire di più su di te e sul tuo percorso. Sei un talento emergente che sta conquistando il cuore di molti e avere l’opportunità di parlare con te è un privilegio. Grazie per aver accettato questa intervista.

Hai iniziato a lavorare nel mondo dello spettacolo giovanissima, partecipando in pubblicità e lavori di modella già a sei anni. Quanto ti ha aiutato questa esperienza iniziale ad affrontare i casting e il ruolo di Daisy in “Margarita”? C’è qualcosa che hai imparato in quegli anni, magari anche dai lavori insieme a tuo padre Flavio Abraldes?

Lavorare nel mondo della recitazione fin da piccola mi ha aiutato tantissimo ad affrontare i lunghi casting di Margarita. Mi ha dato una formazione solida non solo nella recitazione, ma anche nella danza e nel canto, poiché la mia esperienza precedente mi aveva già insegnato molto sul mondo dell’arte. Grazie ai miei lavori precedenti, sapevo già come studiare i copioni, come pormi davanti alla telecamera e come comportarmi sul set. Inoltre, i consigli che mio padre mi ha sempre dato mi hanno permesso di affrontare i casting con molta sicurezza e calma. È stato un processo lungo e difficile, ma sono riuscita a rimanere in piedi senza permettere alla pressione di abbattermi. Se non avessi fatto tanti casting durante la mia infanzia e non avessi già sperimentato cosa significhi non essere scelta per un progetto, il processo di selezione per Margarita sarebbe stato impossibile per me.

Fin da bambina, guardavi “Casi Ángeles” e sognavi di lavorare nelle produzioni di Cris Morena, ispirata dal personaggio di Mar. Raccontaci cosa hai provato quando hai saputo che eri stata ammessa alla scuola “Otro Mundo” di Cris Morena, e qual è stato per te il momento più emozionante di questo percorso, passando da fan a parte integrante di questo mondo che tanto ammiravi?

Come dici tu, ero una grande fan di Casi Ángeles, e vedere Mar mi ha ispirata a diventare attrice. Entrare in Otro Mundo è stato un sogno che si realizzava per me, perché era lo spazio dove potevo imparare arte tutto il giorno, tutti i giorni, come avevo sempre desiderato. E, inoltre, sotto la guida della grande Cris Morena. Quando ho saputo di essere stata ammessa a Otro Mundo, ho pianto di gioia abbracciata a mia madre, ansiosa di iniziare a imparare da Cris. Il momento più emozionante di quel percorso è stato poche settimane dopo, quando Cris mi ha invitato a un incontro per conoscerci. Abbiamo parlato a lungo e mi ha detto che era interessata a me e che le piaceva molto il mio lavoro. Mi ha raccontato che dal giorno in cui ci siamo incontrate per la mia audizione, aveva il desiderio di sedersi a parlare con me. È stata una conversazione molto piacevole e mi ha consigliato di continuare a formarmi con la stessa energia e voglia.

Il processo di selezione per il ruolo di Daisy è stato particolarmente intenso e competitivo, passando attraverso due fasi di casting e poi un laboratorio con altre quattro attrici in lizza per lo stesso ruolo. Qual è stata, secondo te, la chiave del tuo successo in quelle audizioni, e come hai vissuto quei momenti di incertezza, specialmente quando inizialmente ti avevano detto che non eri stata scelta?

“Credo che la chiave del successo sia stata mantenere la sicurezza in me stessa, lavorare duramente nonostante la stanchezza e appoggiarmi sui miei compagni di cast, amici e famiglia. Ho sempre mantenuto un buon rapporto con le altre ragazze che facevano il casting per Daisy, consigliandoci a vicenda, trattandoci con affetto e rispetto. Questo è stato fondamentale perché ha evitato che si creasse un ambiente ostile e competitivo. La mia famiglia è stata sempre presente, sostenendomi nei giorni in cui mi sentivo più giù o insicura, aiutandomi a ritrovare le energie per continuare. Inoltre, mio padre Flavio mi aiutava molto a provare le scene a casa. Continuavo a prendere lezioni per crescere e formarmi come artista.”

Daisy è un personaggio complesso, cresciuto in un mondo di bugie senza conoscere la verità sulla sua identità, adottata da Delfina solo per sfruttare l’eredità di Margarita. Come hai costruito il carattere di Daisy per renderlo autentico, e quali sono state le sfide emotive più grandi nel rappresentare il conflitto interiore di un personaggio che vive in un inganno così profondo?

“Il laboratorio (o casting) che abbiamo fatto per la serie è stato molto lungo e questo mi ha dato mesi per costruire la personalità di Daisy e conoscerla a fondo. L’ho conosciuta a tal punto che l’ho fatta mia. Mio padre Flavio e la nostra coach di recitazione, Cecilia Echague, sono stati di grande aiuto per trovare tutte le sfaccettature di Daisy e trasformarla in un personaggio profondo e complesso. Ho preso ogni scena del copione e l’ho analizzata a fondo, cercando tutti i colori e i dettagli. Ho dedicato molto tempo e passione. La sfida più grande nel rappresentare il conflitto interno di Daisy è stata far sì che lei davvero non volesse scoprire la sua vera identità. Nel corso della sua vita, Daisy ha molti indizi che la portano a sospettare di non essere chi crede di essere e ho dovuto trovare una giustificazione per il suo non voler approfondire la ricerca. Ho deciso di rendere Daisy una ragazza che sceglie di vivere nella menzogna. Lei sa che ci sono cose che non quadrano, ma per evitare dolore e sofferenza, inconsciamente sceglie di non indagare e di essere felice nonostante il piccolo vuoto che sente. È il suo meccanismo di difesa.”

Hai studiato teatro e danza fin da quando avevi sette anni, e canto da quattro anni. Quanto è stato importante il tuo background artistico nel dare vita al personaggio di Daisy? Come queste esperienze ti hanno aiutato a portare profondità e credibilità a un ruolo che richiede non solo recitazione, ma anche un’espressività fisica e vocale che la rendono così unica?

“La mia formazione artistica è stata fondamentale per dare vita a Daisy. Essendo un personaggio molto complesso con molti conflitti interni, ho avuto bisogno di molta tecnica recitativa per interpretarla senza problemi. Tutta quella formazione mi ha permesso di creare una dualità in Daisy, con il dilemma del sapere e non sapere, e del credere e non credere. Daisy è una ragazza molto dolce e calma, con tanto amore da dare ma che soffre e piange molto. Tutto questo l’ho costruito grazie alla mia esperienza e formazione passata.”

In “Margarita”, il legame tra Daisy e la vera Margarita è intriso di una drammaticità inconsapevole, poiché entrambe vivono immerse in una bugia e sono ignare delle loro vere identità. Come hai lavorato insieme a Mora Bianchi per creare questa intensa e delicata amicizia tra due personaggi che, pur non sapendolo, sono in competizione per una vita che non appartiene loro?

“L’amicizia tra Daisy e Margarita si è sviluppata in modo molto naturale, perché con Mora abbiamo costruito quella stessa amicizia nella vita reale. Tante ore insieme, risate e conversazioni profonde ci hanno dato una complicità assolutamente autentica, che ci ha aiutato entrambe sul set. Credo che questa sia stata la chiave per far sì che il nostro legame nella fiction apparisse così genuino e naturale. Inoltre, ci ha permesso di goderci le ore sul set e di supportarci emotivamente mentre eravamo lontane dalle nostre famiglie – la serie è stata girata in Uruguay.”

La relazione tra Daisy e Merlin è ricca di tensione e segreti: inizialmente Daisy non conosceva la vera identità di Merlin e le sue motivazioni, ma dopo la rivelazione di questo, la dinamica tra loro è cambiata profondamente. Qual è stata la sfida più grande nel rappresentare questa transizione e c’è una scena tra voi che ti ha toccato o lasciato una huella?

“La sfida più grande nel rappresentare questa transizione è stata far sì che Daisy si permettesse di condividere lo stesso spazio con Merlin, dopo che lui le aveva causato tanto dolore. Ci sono riuscita facendo sì che Daisy, con la sua dolcezza e bontà, capisse che lui non aveva agito con cattive intenzioni e che era una persona giusta e nobile. Una scena molto importante per me in questo rapporto è quella che loro hanno sull’isola, nella capanna. In quella scena, lei dice a Merlin che sa che lui non l’ha amata. A un certo punto gli dice: ‘Perché mi fai questo?’. Aggiunsi io quella battuta, perché mi sembrava importante per rappresentare ciò che Daisy sentiva e come lei si chiedeva davvero perché fosse necessario soffrire così. È stata anche molto bella da girare.”

Interpretare Daisy significa entrare a far parte di un universo legato a “Floricienta”, una serie iconica con una fanbase molto affezionata. Hai avvertito la pressione di soddisfare le aspettative di chi ha amato la serie originale e come hai gestito questa responsabilità, specialmente sapendo che i fan attendevano con ansia di scoprire cosa fosse successo a Flor e Massimo?

Sì, ho sicuramente sentito molta pressione da parte del fandom di Floricienta, ma posso dire che ho sempre affrontato questo personaggio e questo progetto con grande rispetto. Ho rivisto Floricienta prima di iniziare le riprese, per comprendere meglio il contesto e capire a fondo la storia precedente, il che è stato fondamentale per le riprese. Inoltre, come fan di Floricienta, mi piace che il pubblico continui a provare tanto amore per Massimo e Florencia, proprio come ne provo io.

Hai avuto un percorso unico e affascinante nel mondo dello spettacolo, dai primi passi nelle pubblicità fino ai ruoli di spicco in serie TV e film. C’è un momento nella tua carriera che consideri particolarmente significativo, un punto in cui hai sentito di aver trovato veramente la tua strada? Come il sostegno dei tuoi genitori, inizialmente restii a farti entrare nel mondo dello spettacolo, ha influenzato le tue scelte?

Sì, per me è stato fondamentale il mio ruolo nel film Como mueren las reinas. È stato il mio primo progetto da coprotagonista e il periodo di riprese è stato lungo. Essere sul set tutti i giorni per la prima volta mi ha fatto capire che questo era davvero il mio sogno e che volevo recitare su un set per il resto della mia vita. Il sostegno dei miei genitori è stato sempre fondamentale per me, perché, una volta che hanno capito che questo era davvero il mio sogno, hanno iniziato a supportarmi al 100%, con tutto il loro amore e la loro dedizione. Questo è stato importantissimo per me, perché mi ha fatto sentire sempre accompagnata dalle persone che amo di più.”

Guardando al futuro, ci sono ruoli o storie che sogni di esplorare come attrice? Hai un progetto o un personaggio che senti particolarmente vicino e che ti piacerebbe interpretare?

“Guardando al futuro, sogno semplicemente di continuare a recitare per tutta la vita. Di esplorare personaggi completamente diversi, girando in Paesi diversi e per progetti diversi. Sogno di continuare a formarmi e crescere come attrice, e di affrontare storie di ogni tipo. Mi piacerebbe molto partecipare a un progetto in Spagna o Italia, poiché sono due Paesi che amo e adoro le persone che li abitano. Mi farebbe tantissimo piacere vivere lì per un po’ di tempo.”

Cosa diresti a chi, come te, sogna di entrare nel mondo dello spettacolo e affronta le sfide dei primi casting e delle prime delusioni? Qual è il consiglio più importante che hai ricevuto e che vorresti condividere con chi sta muovendo i primi passi in questo ambiente?

“Direi loro di lottare per i propri sogni. Con tanto impegno, lavoro e dedizione, i sogni si realizzano. Bisogna essere pronti ad affrontare il rifiuto, il vuoto e la tristezza, ma se riusciamo a superare quei momenti, quelli belli arriveranno. I miei genitori mi hanno sempre consigliato di continuare a crescere, di non lasciarmi abbattere dalle difficoltà e di non permettere che l’opinione di un direttore di casting mi definisse. Penso che questo sia molto importante, perché è facile sentirsi ‘poco talentuosi’, ‘brutti’ o ‘inadeguati’ quando un direttore di casting non ti sceglie per un ruolo. Ma bisogna tenere presente che non dipende da noi. Spesso non si viene scelti perché stavano cercando qualcos’altro, o per mille ragioni che non hanno a che fare con la bellezza, il talento o le capacità di una persona. È importante ricordarselo per poter essere felici in questa carriera.”

Se potessi tornare indietro e incontrare la Lola bambina che guardava “Casi Ángeles” con gli occhi pieni di sogni, cosa le diresti ora? Come ti senti sapendo che ogni passo ti ha portato esattamente a dove volevi essere, recitando in una serie firmata da Cris Morena?

“Sarebbe meraviglioso poter parlare qualche minuto con la Lola bambina. Le direi che tutti i suoi sforzi valgono la pena. Che perdere tanti compleanni, tante serate in pigiama con le amiche e tanti viaggi per continuare a formarsi o girare progetti più piccoli, varrà la pena. Le direi di credere in se stessa, di permettersi di divertirsi e giocare con la sua arte. Di non prendersi tutto troppo sul serio. Che tutti i suoi sogni si realizzeranno.”

Sebbene siamo ancora all’inizio, i fan sono già curiosi: ci sarà una seconda stagione di “Margarita” o i 40 episodi sono gli unici in programma? Hai qualche anticipazione che puoi svelarci?

Mi piacerebbe potervi raccontare tutto, ma per ora posso solo dirvi che sono molto entusiasta di tutto ciò che sta accadendo con Margarita. Presto arriveranno cose meravigliose che mi emozionano tantissimo. Una seconda stagione? Lo spero tanto! Sarebbe bellissimo. Mettendoci tanto impegno e desiderio, potrebbe essere possibile, quindi continuiamo a sognarla finché si realizza 💘”

Parlando un po’ della tua vita privata, se posso chiedere, sei fidanzata? E se sì, il tuo compagno condivide la tua stessa passione per la recitazione o è impegnato in un settore diverso?

“Non sono fidanzata, sono sola ma circondata da famiglia e amici che amo profondamente e con cui mi godo la vita.”

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Interviste

Massimo Paolucci: Quasi Spia, una commedia...

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Quasi Spia è il nuovo film, attualmente in fase di riprese, del regista Massimo Paolucci, che ha all’attivo produzioni importanti e di successo come Medium. Un nuovo progetto che si unisce a The Contract e Il Passo del Vento, in uscita nei prossimi mesi, che vanta un cast di grandi nomi: da Daniel McVicar all’influencer Zio Command, passando per Eleonora Pieroni, Danilo Brugia, Vincenzo Della Corte, Emilio Franchini, Vanessa Marini e Nadia Rinaldi. La protagonista è invece interpretata dall’attrice Simona Di Sarno, scelta da Paolucci per calarsi nel personaggio di Sara. Tutti aspetti dei quali abbiamo parlato con Massimo Paolucci in questa intervista.

A cura di Roberto Mallò

Massimo, parliamo di Quasi Spia. Partirei, per quello che può accennarmi, dalla trama. Di cosa parla il film?

“Il film tratta di una situazione periferica di una ragazza senza lavoro che intraprende la via del furto e si imbatterà in un’avventura da 007”.

Questa donna di cui parliamo è interpretata da Simona Di Sarno. L’ha scelta lei?

“Sì, l’ho scelta io. In principio, il progetto vedeva come protagonista un uomo. Avevamo pensato ad un ragazzo un po’ scapestrato che per fare soldi era disposto a fare qualsiasi cosa. Abbiamo poi scelto la Di Sarno perché ci ha colpito con la sua fisicità. E’ italo-indiana. Ha un viso spigoloso, un colore della pelle un po’ particolare, una montagna di capelli. Mi ricordava la Julia Roberts dei primi tempi. E incarna bene il personaggio molto singolare che porta in scena in Quasi Spia”.

Il film toccherà anche delle tematiche di attualità e di rilevanza sociale. Si può dunque dire che, pur essendo una commedia all’italiana, spinge alla riflessione.

“Esatto. Questa ragazza, che non riesce mai a trovare un lavoro, si affida sempre a una sua amica, agente immobiliare, che le permette, di tanto in tanto, di usare le case in vendita per dormire. La protagonista è una ragazza un po’ sbandata, non è seguita. Il film è una piccola denuncia perché sappiamo bene che, al di là della commedia e del film, le personalità così diventano vere e proprie ‘maestranze’ per la criminalità in strada”.

Il film è prodotto da Security, società specializzata in sicurezza che ha deciso di intraprendere una nuova attività cinematografica sotto la guida di Eleonora e Giuseppe Sordi, con il supporto e la produzione esecutiva di Omega Productions di Sara Paolucci. Com’è nata la collaborazione con loro?

“La Security si occupa della sicurezza in maniera seria. Siamo andati da loro un giorno, per vedere gli uffici e le location. Abbiamo potuto toccare con mano in che maniera professionale trattavano tutto ciò che aveva a che fare con la sicurezza. Ho chiesto, dunque, di poter usufruire delle loro location. Invece, Eleonora e Giuseppe, che sono i maggiori azionisti di questa società, insieme al loro papà, mi hanno chiesto di avviare insieme un percorso, visto che ci conosciamo e tra di noi c’è massima fiducia. Abbiamo un po’ ragionato sul da farsi e, alla fine, Eleonora mi ha proposto di produrre il film. Ed ho accettato perché si trattava di un’operazione seria con una società seria e stabile, con una struttura e un impianto serio a livello economico”.

Quasi Spia è dunque la prima di altre produzioni che potrebbero arrivare insieme alla Security?

“Sì, è il primo progetto. Ci siamo legati per cinque anni con questa società, in maniera non esclusiva. Diciamo che nei cinque anni ci siamo promessi di fare almeno altri due progetti, medio-bassi. In attesa di un film storico e in costume più importante, che riguarda la nostra cultura italiana, del quale non posso svelare altro, per il momento”.

Torniamo a Quasi Spia. L’agente 007 in pensione, di cui abbiamo parlato, è interpretato invece da Daniel McVicar.

“Sì, lo conosciamo tutti. E’ stato il bello di Beautiful; ha il suo accento americano. La sua voce è garanzia di quello che è un personaggio importante. Con Daniel si lavora davvero bene. Inoltre, per restare sugli interpreti, nel film c’è Danilo Brugia. E’ davvero bravo; purtroppo non viene preso molto in considerazione per l’attore bravo e preparato che è. Il cast è composto poi da Emilio Franchini, con il quale ho fatto dei film molto importanti come Medium. C’è poi la bravissima Nadia Rinaldi, che interpreta un bel ruolo e ci farà emozionare”.

Passando anche per Eleonora Pieroni…

“Sì, ho lavorato con lei precedentemente in The Contract. parla un ottimo inglese, quasi come lingua madre. Ha vissuto tanti anni in America. E’ una figura bellissima, mi piace come si muove. Fa da controparte alla protagonista. Vederle sul set vestite da bond-girl è uno spettacolo per gli occhi.  Ha sposato subito il progetto”.

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