Intervista a Cillara Makeup, truccatrice e acconciatrice a Roma
Oggi abbiamo il piacere di parlare con una delle truccatrici più acclamate del nostro territorio, Cillara Makeup. Buongiorno Denise, è un vero piacere poterti intervistare oggi. Potresti iniziare raccontandoci un po’ di te e di come sei entrata nel mondo del beauty?
Buongiorno, grazie per le gentili parole. Sono molto felice di essere qui oggi. La mia passione per il trucco è nata fin da giovane, ma per essere precisi proprio per l’arte in generale. Dopo aver conseguito il diploma da truccatrice a Roma, ho iniziato a sperimentare con varie tecniche di trucco e a lavorare con diversi marchi di cosmetici. Ho scoperto che il make-up è un modo meraviglioso per esprimere la propria creatività e aiutare gli altri a sentirsi più sicuri di sé.
Questo è davvero affascinante. Hai trasformato la tua passione in una carriera di successo. Ora, lavori come truccatrice professionista, sei stata anche un’insegnante nel campo del make-up e continui ad insegnare alle donne a truccarsi e come valorizzarsi. Qual è la tua filosofia o l’approccio che guida il tuo lavoro?
Per me, il trucco è molto più che, semplicemente, applicare cosmetici sul viso. È un’arte, un modo per esprimersi e per valorizzare la bellezza unica di ogni individuo. Ogni persona ha una bellezza innata, e il mio lavoro come truccatrice è aiutarle a valorizzarla e a farla risplendere. La più grande soddisfazione è quando la cliente si guarda allo specchio, a volte si emoziona per quello che vede, e li capisco che il mio lavoro è stato fatto come volevo. Quando insegno, cerco sempre di trasmettere questa filosofia, con i giusti prodotti e le giuste tecniche può truccarsi in maniera corretta chiunque. Il make-up è appunto una dose quotidiana di autostima che fa risplendere noi donne.
È un approccio molto bello! Sul tuo sito web (www.cillaramakeup.com) offri una varietà di servizi, tra cui corsi di trucco personalizzati e trucco per occasioni speciali. Potresti parlarci di più di questi servizi e di come li hai sviluppati?
Sì, con piacere. Offro una serie di servizi di trucco che vanno dal trucco per eventi speciali, come matrimoni e photoshoot, a lezioni personalizzate di trucco. Ogni servizio è personalizzato secondo le esigenze individuali del cliente. Per esempio, per un matrimonio, lavoro a stretto contatto con la sposa per creare un look che rispecchia la sua personalità e che si abbini perfettamente al suo abito e allo stile del matrimonio. Quindi si fanno una o più prove complete di trucco e acconciatura per trovare la soluzione migliore per la sposa. I corsi di self-make-up invece generalmente durano dalle 2 alle 4 ore e sono corsi individuali in cui si studia il look idoneo alla persona che ho di fronte sia per tutti i giorni che per le occasioni speciali.
Suona come un processo molto dettagliato e personalizzato. Ma parliamo più approfonditamente del servizio sposa. Come sono strutturate le prove?
Allora, le prove sposa hanno una durata di 2/3 ore circa, a volte anche ce ne vogliono anche di più, dipende da quanto è indecisa la sposa. Solitamente si riesce a trovare il look per il giorno del matrimonio con una sola prova, altre volte invece ce ne vogliono di più. Durante la prova, faccio molte domande alla futura sposa così da cercare di conoscerla il più possibile e riuscire ad entrare nel mood del suo matrimonio e ricreare un look che si abbini perfettamente all’abito scelto e allo stile del matrimonio in generale. La prova consiste nella realizzazione di 1/2 acconciature strutturate come se fosse il giorno del matrimonio e non arrangiate, così che la cliente si possa vedere al meglio senza avere sorprese il giorno del matrimonio, e di una prova make-up realizzando due make-up occhi diversi. Solitamente o si fanno gli occhi di due colori diversi oppure se la tonalità è stata già scelta, si va a giocare sull’intensità.
È davvero un lavoro di precisione e creatività! Complimenti! Ho letto che offri anche la consulenza sulla pelle e sui capelli durante la prova, in cosa consiste?
Durante la prova esamino approfonditamente sia la pelle che il capello della cliente, facendo anche molte domande alla cliente stessa su come si prende cura quotidianamente dei capelli e della sua pelle. Il 90% delle volte la cliente esegue una skincare sbagliata per la sua tipologia di pelle, così io le preparo una nuova skincare routine dettagliata spiegando anche la modalità di utilizzo dei vari prodotti che del vado a consigliare.
Bene, quindi ti prendi cura delle tue spose a 360 gradi! Sul tuo sito offri anche consulenze di bellezza personalizzate. Come funzionano e cosa si può aspettare una persona che prenota una di queste consulenze?
Sì, offro consulenze di bellezza personalizzate sia online che di persona. Durante una consulenza, parlo con la cliente per capire le sue esigenze e obiettivi di bellezza. Discutiamo di tutto, dalla cura della pelle alla selezione dei prodotti giusti, al trucco quotidiano. Creo poi un piano di bellezza personalizzato per la cliente, che include suggerimenti su prodotti, tecniche di trucco, e persino consigli su come migliorare la salute e l’aspetto della pelle, così da avere un risultato ottimale anche del make-up.
Suona come un servizio molto completo. Ma torniamo al tuo lavoro come truccatrice. Quando lavori con una cliente, come decidi quale look è il più adatto alla persona?
La decisione è basata su una serie di fattori. Prima di tutto, considero il tipo di evento o la situazione in cui la cliente indosserà il make-up. Ad esempio, un look per un matrimonio diurno sarà diverso da uno per un evento serale. Poi considero il tono della pelle della cliente, il colore degli occhi, dei capelli forma del viso, stile personale e look che indosserà. Infine, ascolto ciò che la cliente vorrebbe e mi assicuro di creare un look che sia il giusto compromesso tra le richieste della cliente e i miei consigli, così da realizzare il look migliore per quella persona.
È chiaro che metti molto impegno, dedizione e cura nel tuo lavoro. Passando a un argomento leggermente diverso, come ti mantieni aggiornata sulle ultime tendenze del trucco?
Rimanere aggiornata sulle ultime tendenze nel mondo del make-up è una parte fondamentale del mio lavoro. Leggo molte riviste di moda e bellezza, guardo tutorial online, e seguo i migliori make-up artist sui social media. Inoltre, partecipo regolarmente a masterclass per imparare nuove tecniche e conoscere i nuovi prodotti sul mercato.
Interessante. Secondo te, quali saranno le prossime grandi tendenze nel mondo del make-up?
È sempre difficile prevedere con precisione quali saranno le prossime grandi tendenze, ma ci sono alcune cose che sto vedendo emergere. Ad esempio, penso che vedremo un ritorno al look naturale e luminoso, con un’enfasi sulla cura della pelle e sull’uso di prodotti che migliorano la luminosità naturale della pelle. Inoltre, essendo estate stanno tornando anche tonalità audaci e vivaci per gli occhi e le labbra, e chissà forse le ritroveremo anche in autunno/inverno.
Staremo a vedere. E cosa pensi del trucco per gli uomini? Vedi una tendenza in crescita in questa direzione?
Assolutamente, il trucco per gli uomini sta diventando sempre più popolare. Penso che stiamo assistendo ad un cambiamento nella percezione sociale del trucco, con sempre più persone che riconoscono che il trucco può essere per tutti, indipendentemente dal genere. Nel mio lavoro, ho avuto il piacere di lavorare con diversi clienti maschili, ma ovviamente è un trucco completamente diverso da quello che si conosce. Si va semplicemente a migliorare l’incarnato e ad infoltire sopracciglia e barba dove ce ne è bisogno.
Questo è un cambiamento positivo. Passando a un argomento leggermente diverso, hai mai avuto un cliente o un progetto che ti ha particolarmente colpito o influenzato?
Ci sono stati molti clienti e progetti che hanno avuto un impatto su di me, ma uno che mi viene in mente è un cliente che ho avuto qualche tempo fa che stava attraversando un periodo molto difficile nella sua vita. Era molto insicura della sua apparenza e aveva perso molta della sua autostima. Attraverso le nostre sessioni di trucco e le lezioni, sono stata in grado di aiutarla a riscoprire la sua bellezza e la sua fiducia in sé stessa. Vedere la sua trasformazione sia estetica che mentale è sempre un promemoria del motivo per cui amo quello che faccio.
Questa è una storia molto toccante, Denise. Mi fa pensare a quanto sia potente l’impatto del trucco e della bellezza sulla fiducia in se stessi. Ora, vorrei chiederti della tua routine di bellezza personale. Come truccatrice professionista, quali sono i tuoi prodotti indispensabili?
Come truccatrice, ho la fortuna di poter provare molti prodotti diversi, ma ci sono alcuni che ricompro da sempre. Ad esempio, non posso fare a meno dei rossetti liquidi di Maybelline, sono gli unici che mi fanno la certezza che dureranno tutta la giornata. Un altro prodotto imprescindibile per me è un buon correttore. È l’arma segreta per nascondere qualsiasi imperfezione e far risaltare gli occhi. Infine, altro prodotto per me fondamentale è la matita sopracciglia, nello specifico quella di Nabla con la quale mi trovo bene da anni.
E quando non stai lavorando o insegnando, come ti piace passare il tuo tempo?
Amo trascorrere il tempo con la mia famiglia e i miei amici. Mi piace anche viaggiare e scoprire nuovi posti. E ovviamente, amo sperimentare con il trucco nel mio tempo libero. È un modo per me di rilassarmi e di esprimere la mia creatività.
Benissimo. Denise, è stato un vero piacere parlare con te oggi e imparare di più sulla tua carriera e sulla tua filosofia di trucco. Grazie mille per aver condiviso la tua esperienza e la tua vita con noi.
Grazie a te per avermi dato l’opportunità di condividere la mia storia. È stato un piacere.
E grazie a tutti i nostri lettori per essere stati con noi oggi. Non dimenticate di visitare il sito web di Cillara Makeup per scoprire di più sui suoi servizi, corsi e consulenze personalizzate e se vuoi vedere i suoi lavori puoi visitare il suo profilo Instagram.
Arrivederci al prossimo incontro con i professionisti del mondo della bellezza!
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Attualità
Maestra su OnlyFans, la storia di Elena e la sfida tra privacy e professione

Un racconto di passione, diritti e responsabilità condivise…
Abbiamo riflettuto a lungo sulla linea sottile che separa la vita privata di un docente dall’immagine pubblica che l’istituto scolastico richiede. Voi, probabilmente, vi starete chiedendo se sia giusto tracciare un confine netto o se esista uno spazio di libertà in cui ognuno può costruire la propria identità senza temere ripercussioni sul lavoro. È una domanda scomoda. Eppure, il caso di Elena Maraga, maestra di 29 anni in una scuola dell’infanzia cattolica nel trevigiano, ci costringe a guardare la realtà da prospettive che non sempre coincidono con i regolamenti o con l’opinione pubblica.
Da un asilo cattolico a una piattaforma per adulti: il fatto che divide
Prima di entrare nel vivo, è essenziale ricostruire a grandi linee la vicenda. Secondo diverse fonti, una madre ha scoperto che la maestra pubblicava contenuti osé su OnlyFans, un sito per adulti con contenuti a pagamento. La donna ha avvisato la scuola, che ha immediatamente chiesto a Elena di cancellare il profilo. Lei ha detto no. Ha ribadito che l’impegno in classe era sempre stato serio e che la vita privata non intaccava il suo modo di educare i bambini.
Il passo successivo è stato drastico: sospensione e blocco dello stipendio. L’istituto si è appellato ai valori religiosi e alle clausole sulla “condotta morale” presenti nel contratto. Così, da un giorno all’altro, Elena si è ritrovata a dover difendere la propria professionalità in pubblico. Abbiamo letto di reazioni furiose, ma anche di genitori pronti a sostenerla. Ed è proprio questo sostegno che fa riflettere sulla complessità del caso.
Il sostegno dei genitori e l’amore per i bambini
Voi, al posto loro, come avreste reagito? In questo contesto, molte famiglie hanno scelto di scendere in campo a favore della maestra, definendola “fantastica” e sottolineando il suo impegno costante in classe. Circa una trentina di genitori (stando a vari resoconti) si sono uniti per firmare una lettera indirizzata alla parrocchia, chiedendo con fermezza di non allontanarla. “I bambini le vogliono bene”, hanno riferito alcuni. Per noi, questo ci dice tantissimo: il suo ruolo educativo è stato apprezzato dai più piccoli e, di conseguenza, dai loro genitori. È un punto cruciale che la stessa Elena ha ribadito: i bimbi non dovrebbero pagare il prezzo di una scelta privata.
Una clausola morale e il dibattito etico: dove finisce la libertà?
Le voci della scuola parlano di incompatibilità con i principi di un asilo d’ispirazione cattolica. Noi comprendiamo che ogni istituto abbia delle linee guida, ma siamo di fronte a un interrogativo importante: quanto può incidere un’attività personale, magari considerata inopportuna, sul diritto di insegnare? Soprattutto se non si commette alcun reato e non si infrangono norme palesi. È vero che esiste una clausola “generica” sulla condotta morale e la direzione scolastica l’ha interpretata in modo rigido, sostenendo che la presenza su OnlyFans macchi l’immagine dell’istituto.
Elena, dal canto suo, ha spiegato che non condivide contenuti pornografici e che, anzi, non ha mai promosso apertamente il suo profilo. È stato un genitore a far emergere la questione. Alcuni riferiscono che la docente fosse pienamente consapevole dei rischi, ma ciò non la distoglieva dal ritenere di essere nel giusto: “Non ho fatto nulla di male, visto che il mio dovere a scuola l’ho sempre svolto con rigore”, ha confidato in diverse interviste riportate dai media.
La posizione dei sindacati: diritti e tutele per ogni lavoratore
Mentre l’istituto difende la propria immagine, la CGIL si è schierata apertamente a favore di Elena. Il sindacato ha ricordato che non esiste alcuna norma legale che impedisca a un insegnante di svolgere attività private a pagamento, purché la sfera professionale non risulti compromessa. “Chi intende licenziarla non ha la legge dalla sua parte”, ha detto un rappresentante locale, rimarcando l’assenza di specifici divieti contrattuali. Una presa di posizione piuttosto netta, che ha aperto la strada a un possibile conflitto legale, e noi ci domandiamo come si concilieranno queste due esigenze: da un lato il diritto alla vita privata, dall’altro le regole della scuola religiosa.
La tempesta mediatica e il timore per il futuro
Il rientro di Elena era previsto il 19 marzo, ma la sospensione ha bloccato tutto. Ora si trova in una situazione d’incertezza. Nessun licenziamento formale, nessuna lettera di dimissioni, almeno per il momento. Lei spera di tornare in classe, o di trovare comunque un accordo con la scuola per uscirne in modo dignitoso. Le sue parole dicono una cosa semplice: “Mi dispiace per i bambini, non vorrei che perdessero una figura di riferimento.” Noi crediamo che questa vicenda vada oltre la singola controversia. Riflette qualcosa di più grande: l’idea che un docente debba essere valutato dal lavoro che fa tra i banchi, non da ciò che fa altrove (ammesso che non violi la legge o clausole chiaramente esplicitate).
Una possibile evoluzione: codici etici più rigidi?
In alcuni comunicati, si legge che la Federazione Italiana Scuole Materne (FISM) starebbe vagliando un codice etico più stringente. Il Ministero dell’Istruzione – a sua volta – sembrerebbe intenzionato a rivedere le linee guida sull’uso dei social media per il personale scolastico. Questo dibattito, che ci coinvolge tutti, apre uno scenario in cui i confini tra pubblico e privato potrebbero diventare sempre più sfumati. Vi chiediamo: siete convinti che bastino regole più dure per tutelare i bambini, o si rischia di limitare eccessivamente le libertà individuali?
Un messaggio finale: libertà, responsabilità e il valore di insegnare
Alla fine, resta forte la consapevolezza che chiunque, nella propria vita, possa intraprendere scelte discutibili per alcuni e naturali per altri. Ciò che conta, nel contesto lavorativo, è la professionalità. Se un insegnante rispetta i doveri, ama i bambini e li segue con dedizione, forse non dovrebbe essere condannato per attività personali che non ledono diritti altrui. Questa è la lezione che sentiamo di cogliere.
Noi, come giornalisti e osservatori, vorremmo vedere Elena riconosciuta per il suo impegno in aula, senza che un profilo online – certo, difficile da conciliare con la morale religiosa di un asilo – possa offuscare la sua capacità di educare. Ognuno di noi può scegliere come arrotondare lo stipendio o esprimere una parte di sé, purché siano rispettate le regole e i valori fondamentali del vivere civile. Se la maestra ha sempre fornito ai piccoli l’attenzione e l’amore necessari, se non ha infranto alcuna norma giuridica concreta, perché condannarla senza appello?
Concludiamo con una riflessione che ci auguriamo possa coinvolgervi: siamo convinti che la società abbia bisogno di educatori appassionati, pronti a dare il meglio ai bambini, indipendentemente dal modo in cui trascorrono il proprio tempo libero. Sì, ci sono scelte personali che possono apparire scomode, ma la professionalità dovrebbe stare al primo posto. La storia di Elena ci insegna che la dignità di una persona va misurata sul campo, nella passione che mette nel proprio lavoro. E se la passione c’è, ha senso punirla solo per qualche fotografia ritenuta inopportuna? A voi la riflessione.
Attualità
Truman Capote e la ferita di un delitto: il nuovo sguardo di “Pagine” su Rai 5

Avvertiamo sempre un brivido, quasi un sussurro inquieto, quando pensiamo a quei delitti che scuotono intere comunità. Voi vi siete mai chiesti che cosa spinga uno scrittore a immergersi così a fondo in un omicidio da farne un romanzo-capolavoro? In “A sangue freddo” Truman Capote fece esattamente questo, scavando nella tragica vicenda della famiglia Clutter e finendo per portarsi dietro un peso enorme. Adesso, questo stesso racconto torna sotto i riflettori grazie al documentario di Julien Gaurichon e Frédéric Bas, che lunedì 24 marzo verrà proposto in seconda serata su Rai 5, all’interno di “Pagine”.
La voce di Federica Sciarelli: dal crimine narrato al crimine reale
Nel nuovo programma di Rai Cultura, ci affacciamo su scenari di letteratura che spesso s’intrecciano con la cronaca. Ed è proprio Federica Sciarelli, popolare volto di “Chi l’ha visto”, a introdurre il mondo di “A sangue freddo”. Sentiamo tutta l’intensità di chi ha familiarità con storie difficili, perché la Sciarelli di crimini ne ha raccontati tanti e sa bene quanto possa pesare l’eco di un fatto violento.
Noi immaginiamo la vita a Holcomb, in Kansas, nel 1959. Un posto tranquillo dove improvvisamente accade qualcosa di mostruoso: quattro membri della famiglia Clutter vengono trovati assassinati il 15 novembre. Capote, ancora noto soprattutto per “Colazione da Tiffany”, resta catturato dalla notizia letta sul “New York Times”. Un crimine così efferato lo spinge a passare cinque anni tra interviste e ricerche, fino alla pubblicazione di “A sangue freddo” nel 1965 sulle pagine del “New Yorker”. Nel 1966 esce il romanzo completo, e quel successo esplode al punto da cambiare la sua vita e quella di una certa narrativa true crime.
Le ombre dei colpevoli e le ferite interiori
Vi siete mai chiesti come reagiremmo davanti a chi ha commesso un massacro? Capote incontrò più volte i due responsabili, Perry Smith e Dick Hickock, ex pregiudicati in libertà vigilata. Ci sconvolge sentire che lui descriveva Perry come colto e sensibile, mentre Dick sembrava incredibilmente pacato. Eppure, nel 1960 furono entrambi arrestati e poi condannati a morte. Cinque anni dopo, Capote assistette alle impiccagioni. Da lì la ferita, un vuoto che lui stesso definì insopportabile: “Nessuno conoscerà mai il vuoto che A sangue freddo ha scavato in me. In qualche modo credo che questo libro mi abbia ucciso”.
Con filmati d’archivio e testimonianze, Gaurichon e Bas riportano alla luce la forza devastante di quella storia e mostrano quanto abbia segnato Capote. Noi ci ritroviamo quasi senza fiato, perché scopriamo un autore diviso fra la voglia di raccontare e il peso di un’esperienza troppo intensa. “Pagine” – curato da Silvia De Felice, Emanuela Avallone e Alessandra Urbani, per la regia di Laura Vitali – ci accompagna lungo questo percorso fra parole e immagini, invitandoci a esplorare la letteratura come specchio della realtà più crudele.
Non sappiamo se avremo mai risposte definitive, ma restiamo uniti in questa riflessione collettiva, mentre la Sciarelli ci introduce a un racconto che vibra ancora di tensione. E forse, alla fine, ci rendiamo conto che l’anima di Capote aleggia ancora su quelle pagine, come se il crimine avesse stretto uno strano patto con la sua penna.
Attualità
Processo Priebke: l’ombra del passato che ci parla ancora

Ci sentiamo afferrare alla gola ogni volta che riemerge un episodio legato ai crimini nazisti. Non è semplice, vero? Molti di voi, probabilmente, preferirebbero non rivivere certi ricordi. Eppure sentiamo il dovere di ripercorrere fatti come l’eccidio delle Fosse Ardeatine, perché non possiamo permettere che scivolino nell’oblio.
Un processo fra indignazione e memoria
Il nome di Erich Priebke rimane un simbolo del male: ex ufficiale delle SS, coinvolto in uno dei massacri più atroci del nostro Paese. Nel 1996 lo arrestano in Argentina e lo trasferiscono in Italia. Sembra quasi un film, ma è tutto drammaticamente reale. Il tribunale militare di Roma, in un’aula piccola e soffocante, diventa il palcoscenico di un dibattito giuridico infuocato. La prima sentenza riconosce la colpevolezza di Priebke ma, incredibilmente, dichiara prescritto il reato.
Vi immaginate la rabbia? Familiari delle vittime che protestano, che occupano l’aula, che non riescono ad accettare una conclusione tanto assurda. Eppure quei momenti di tensione hanno contribuito a riaccendere l’attenzione collettiva su un capitolo oscuro della nostra storia. Nel 1997, alla fine, arriva la condanna definitiva all’ergastolo, con un principio che ormai conosciamo bene: i crimini di guerra non vanno in prescrizione.
Sentiamo un fremito nel presentarvi La verità del male – Il processo Priebke, un documentario prodotto da Golem Multimedia, in collaborazione con Rai Documentari e Fondazione Museo della Shoah, che va in onda venerdì 21 marzo in seconda serata su Rai 3. Il racconto, scritto da Giancarlo De Cataldo e Alberto Ferrari, e diretto dallo stesso Ferrari, mette in scena le voci di chi ha vissuto quei giorni intensi: Francesco Albertelli (ANFIM), Giovanni Maria Flick (Ministro della Giustizia di allora), Antonino Intelisano (pubblico ministero del Tribunale Militare) e Riccardo Pacifici, protagonista delle proteste e oggi vice presidente della European Jewish Association. La narrazione di De Cataldo penetra nelle pieghe del passato, mentre la colonna sonora, firmata da Gabriele De Cataldo e il montaggio di Luca Mariani completano un quadro crudo e necessario.
Siamo convinti che un lavoro del genere non sia solo un prodotto televisivo. È un richiamo collettivo a guardare in faccia l’orrore e a non smettere di fare i conti con ciò che è stato. Voi siete pronti a rivivere tutto questo? Noi crediamo che non ci sia scelta: occorre ricordare, sempre.