Passione e sogni di un giovane talento inarrestabile, intervista esclusiva a Giuseppe Pirozzi
In esclusiva per Sbircia la Notizia Magazine, l’attore emergente Giuseppe Pirozzi ci racconta le sue esperienze sul set della popolare serie “Mare Fuori“. Scopriremo cosa lo lega al suo personaggio e come sta vivendo la sua recente popolarità. Preparatevi ad immergervi nel suo mondo, tra speranze e sogni, amicizie sul set e la vita di un giovane attore in ascesa.
Giuseppe, nella terza stagione di Mare Fuori sei entrato nel cast fisso nel ruolo di Micciarella. Che cosa ti piace di questo personaggio?
“Non abbiamo molto in comune io e Micciarella, ma sicuramente ciò che mi piace del personaggio è la sua euforia, il fuoco dentro che ha.”
C’è invece qualche caratteristica di Micciarella che proprio non sopporti?
“In realtà non c’è una cosa in particolare che non sopporto. Il suo modo di fare è legato alla sua età. Micciarella è un ragazzino e avrà modo di crescere e maturare.”

Cosa auguri a Micciarella per il futuro? Quali storyline metteresti in scena per lui nella quarta stagione…
“Dipende quale piega prenderà la storia, ancora non mi sono fatto un’idea su quale può essere il futuro di Micciarella.”
Dal tuo punto di vista, per quale ragione Mare Fuori ha fatto breccia nel cuore del pubblico?
“Mare Fuori è speranza, per tutti, per i giovani ma anche per gli adulti.”
Quali sono i colleghi del set con i quali hai legato maggiormente?
“Sul set si è creata una famiglia vera e propria, ho legato tanto con tutti. Voglio bene a tutti.”

Forse non tutti sanno che sei un figlio d’arte. La passione per la recitazione l’hai ereditata da papà oppure è arrivata con qualche altro mezzo?
“Da piccolo mi piaceva osservare mio padre come lavorava a teatro. Col tempo questa cosa mi ha preso maggiormente fino a diventare una vera e propria passione.”
Ci sono altri progetti a cui ti stai dedicando in questo momento?
“Si ci sono altri lavori di cui però non posso dire nulla.”
C’è qualche attore a cui ti ispiri e con cui vorresti lavorare? E un regista?
“Dipende dai personaggi che interpreto, ci sono tanti registi con cui vorrei lavorare. Il mio preferito è Sergio Leone, ma purtroppo non c’è più.”
Cosa ti piace fare quando hai un po’ di tempo libero per te?
“Gioco a calcio, esco con gli amici, solite cose da ragazzo di 15 anni.”

Come stai vivendo la popolarità acquisita?
“La sto vivendo bene, sono felice e non me lo aspettavo.”
E il cuore come va? É impegnato?
“Un po’ di qua, un po’ di la, è impegnato dappertutto.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.

Cerchi qualcosa in particolare?
Pubblichiamo tantissimi articoli ogni giorno e orientarsi potrebbe risultare complicato.
Usa la barra di ricerca qui sotto per trovare rapidamente ciò che ti interessa. È facile e veloce!
Interviste
Intervista esclusiva a Vincenzo Catapano: «Porto il cinema in provincia per dare spazio...

Dalla timidezza alla recitazione per cercare di affrontarla, senza mai scordarsi della sua città natale. È questa la traiettoria umana e artistica che ha portato il giovane attore e regista Vincenzo Catapano a fondare, nella sua Nola, Officine in Scena, scuola di recitazione cinematografica che dà voce e spazio al talento anche lontano dai grandi centri urbani come Roma o Milano. Spinto dalla propria esperienza personale e da una passione coltivata fin da adolescente, Catapano ha deciso infatti di creare un luogo dove i sogni possano prendere forma, anche in provincia.
La scuola, aperta a tutte le età, si distingue sia per la qualità della didattica, sia per la presenza di docenti attivi nel panorama cinematografico e televisivo nazionale. Un laboratorio creativo dove si impara facendo, grazie anche a cortometraggi e masterclass che mettono in contatto diretto gli allievi con il mondo del lavoro. Un progetto in continua evoluzione, nato da un’esigenza personale e diventato un punto di riferimento regionale, proprio come Vincenzo ci ha spiegato in questa intervista, nella quale si è raccontato.
di Roberto Mallò
Salve Vincenzo, partiamo dalle basi: quando hai capito che la recitazione era la tua strada?
“Mi sono avvicinato alla recitazione all’età di tredici anni, un po’ per volere dei miei genitori. Ero un ragazzino molto introverso e loro pensavano potesse aiutarmi a sciogliermi. Ed è andata così. Da quel momento non ho più lasciato quest’arte: ho scoperto una passione che poi è diventata anche la mia professione”.


So che ad un certo punto, per studiare recitazione, ha dovuto lasciare casa, giusto?
Sì, esatto. In realtà era anche una mia necessità. Sul territorio non c’erano realtà che rispecchiassero ciò che cercavo, e sono piuttosto maniacale quando si tratta del mio lavoro. Volevo il meglio, e per averlo dovevo spostarmi. È anche per questo che ho aperto la mia scuola: per dare un’opportunità a chi, come me, vive in provincia e non può o non vuole allontanarsi.
Parliamo dunque della sua scuola, che si chiama Officine in Scena.
“Officine in Scena è una scuola di recitazione cinematografica nata circa tre anni fa, a Nola. Il nome evoca l’idea di un’officina in cui non si lavorano metalli, ma emozioni. È un luogo dove si entra e ci si allontana dal mondo reale, proprio come accade quando si guarda un film o si recita. È stata pensata così: un luogo che potrebbe trovarsi a Roma, Milano, Berlino… e invece è a Nola. E una scuola che si rivolge davvero a tutti. Abbiamo corsi per bambini a partire dai 5 anni fino ai senior over 40. Le classi sono divise per fasce d’età e ognuna segue un percorso di formazione completo. Ma non ci fermiamo solo alla didattica: ogni fine settimana ospitiamo registi, casting director, agenti. Tutti professionisti del settore che offrono una formazione extra e creano un ponte diretto con il mondo del lavoro.
Insegni anche lei?
“Sì, insieme a una squadra di professionisti che, come me, lavorano realmente nel mondo del cinema. Tra loro ci sono Piera Russo, Giovanni Amura, Rossella Rivoli. Tutti attori attivi in importanti produzioni. Abbiamo anche un’insegnante di dizione, Annalisa Sirignano, speaker radiofonica, podcaster e voce di celebri spot pubblicitari”.


Anche lei ha studiato pedagogia, no?
“Sì, ho seguito corsi e master in pedagogia e didattica. Mi piace capire a fondo la materia umana, perché un acting coach lavora prima di tutto con le persone, con le emozioni. È una forma di rispetto verso chi si affida a te per crescere artisticamente”.
E, parallelamente, alla recitazione, si è laureato in Giurisprudenza. Posso chiederle come mai?
“Si è trattato del classico piano B suggerito dai genitori! È stato un compromesso: mi sono trasferito a Roma per studiare recitazione, ma ho anche completato la laurea in Giurisprudenza. Però poi ho cercato un piano B dentro il piano A: vivo di quello che mi piace fare, anche se non sempre sono su un set o su un palcoscenico, ma insegno recitazione, scrivo e creo progetti in questo settore”.
Non a caso è anche autore e regista…
“Assolutamente. La scrittura è una passione che ho scoperto strada facendo. Ho scritto diversi progetti, tra cui spettacoli, cortometraggi, serie. Alcuni sono stati realizzati, altri restano in una cartella sul desktop, in attesa del momento giusto”.


Ci può raccontare qualcosa dei suoi ultimi lavori?
“Certo. Con i ragazzi del corso teen della scuola abbiamo realizzato il cortometraggio Youth, che tratta temi giovanili ed è arrivato finalista al REC Film Festival di Rimini. A maggio saremo lì, con una giuria importante composta da tanti professionisti del settore. Un’esperienza bellissima per i ragazzi. Abbiamo realizzato anche Il potere della pozione favolante, un corto fantasy con i bambini dai 5 ai 13 anni, trasformando la scuola in una vera scuola di magia! Per questo, alla fine di ogni anno scolastico organizziamo un vero e proprio gala del cinema, con proiezione al cinema e presenza di attori e agenti cinematografici”.
Nei suoi lavori ha sempre uno sguardo attento su tematiche importanti, come quelle legate all’autismo …
“Sì. In Quello che vedo, una webserie da me co-scritta e interpretata con la regia di Maurizio Casagrande, parlo dell’autismo con toni leggeri, ma riflessivi. Tra gli attori ci sono Fabio Fulco, Susy Del Giudice, Mimmo Esposito.”.
In questo periodo, invece, a cosa sta lavorando?
“Sono impegnato tantissimo con la scuola, soprattutto nell’organizzazione di proposte, provini, selezioni per i ragazzi. Alcuni di loro stanno già lavorando sui set, e questo per me è motivo di orgoglio. Sul fronte personale, sto aspettando conferme per altri progetti. Intanto mi vedrete in un piccolo ruolo nella serie Roberta Valente – Notaio in Sorrento, in onda su Rai questo autunno e anche nella terza stagione della Serie Sky Call my Agent Italia, serie tv per Sky”.

Insegnare è anche un modo per restituire ciò che ha imparato, no?
“Sì, assolutamente. Penso che insegnare sia una dote, e che vada fatto con passione. È uno scambio: io insegno, ma mi arricchisco ogni giorno grazie ai miei allievi. È uno dei motivi per cui insegno e continuo a farlo con entusiasmo”.
Chiudiamo con una riflessione. Dal suo punto di vista, ad oggi, qual è stata la sua più grande vittoria?
“Sicuramente essere raggiunto da ragazzi di Napoli e di tutta la Campania per studiare nella mia scuola di provincia. Dimostrare che si può fare cinema anche lontano dai grandi centri è la mia missione. E vedere che le persone scelgono Officine in Scena per formarsi è per me il riconoscimento più bello”.
Interviste
Intervista esclusiva a Martina Menichini: carriera, vita privata e progetti futuri...

Sono tante le passioni dell’attrice, conduttrice e doppiatrice Martina Menichini. Dopo aver esordito nel mondo dello spettacolo a soli 15 anni, con un primo servizio fotografico realizzato per un famoso marchio, Martina ha spaziato su tutti i mezzi audiovisivi: dalla televisione al cinema, passando per la radio e l’approdo nel mondo del doppiaggio, disciplina nella quale si è diplomata all’Accademia di Stefano Jurgens.
Oltre ad avere un’esperienza decennale in teatro, Martina è stata una vera e propria campionessa nel nuoto sincronizzato, che ha praticato per 14 anni e che l’ha portata a conquistare diversi titoli nazionali. Un amore, quello per lo sport in generale, che l’artista non ha certamente accantonato. Quando può si concede, infatti, romantiche escursioni fuoriporta col suo compagno, l’attore e doppiatore Raffaele Carpentieri.

Innamorata soprattutto della vita, Menichini ha ancora tanti sogni nel cassetto da realizzare, in primis quello di partecipare ad avventure che siano in grado di mettere al centro della scena il suo bagaglio artistico sviluppato fra Accademie, studi all’estero e tantissima gavetta fatta in Italia. La stessa che l’ha portata, tra le altre cose, a studiare all’Accademia biennale di recitazione Fondamenta diretta da Giorgia Trasselli e a calcare set di fiction di successo come I Cesaroni. Al cinema ha fatto parte, invece, del cast dei film 10 Regole per fare innamorare di Cristiano Bortone e Nient’altro che noi di Angelo Antonucci. Percorso artistico del quale abbiamo parlato con lei in questa interessante chiacchierata. Ecco che cosa ci ha svelato.
di Roberto Mallò
Salve Martina, come si è avvicinata al mondo dello spettacolo?
“Mi sono avvicinata al mondo dello spettacolo grazie ai miei genitori, che fin da piccola hanno notato un carattere molto espansivo, da protagonista, con una predisposizione alle foto, alla telecamera ed hanno semplicemente assecondato questa mia inclinazione. E dai 15 anni ho fatto di questa mia passione il mio lavoro, iniziando con il mio primo servizio fotografico per la Benetton, passando dalle foto di moda, con importanti marchi e riviste come GQ, alla televisione, al cinema, alla radio fino ad approdare nel doppiaggio dal 2017.”
Quali sono state le tappe principali e fondamentali della sua carriera?
“A 15 anni i giornalini Cioè e Pop’s, di cui ero la protagonista femminile, mi hanno permesso di avere confidenza con la fotocamera e capire le differenti emozioni che dovevo far capire bene in una rivista cartacea. Dopo questa esperienza, ho deciso di studiare recitazione, anche all’estero, alla Central School of Speech and Drama di Londra. Al rientro in Italia, sono stata ingaggiata per il mio primo film da protagonista, Nient’altro che noi di Angelo Antonucci, e successivamente sono diventata uno dei volti noti di Skymeteo24. Cavalcando l’onda del lavoro di conduttrice, sono stata Anchorwoman per molti programmi calcistici, tra i quali La signora Giallorosso e Sport Italia. Parallelamente mi sono laureata come dottoressa in Scienze Motorie, perché lo sport e il movimento fanno parte del bagaglio di un’artista e ho continuato a studiare nelle varie accademie, anche doppiaggio con Rossella Izzo, fino ad innamorarmi del teatro. Questo è stato fondamentale per la mia carriera perché mi ha permesso di conoscere nel profondo e, quindi, di poter dare quella che sono in questo lavoro, spaziando in tutti i settori. Perché essere un artista vuol dire essere tutto, nutrirsi di tutta l’arte.”

Quali sono i progetti a cui si sta dedicando attualmente?
“Attualmente continuo col doppiaggio, branca della recitazione alla quale mi sto dedicando molto intensamente. Spero di riprendere a breve anche le telepromozioni per Acqua&Sapone, dove per tre anni ne ho fatto parte, insieme a tutti gli altri miei progetti di moda. Ho partorito da poco, ma sono operativa e carica nel riprendere tutto quello che per mio figlio ho dovuto mettere da parte.”
Chi è fuori dalla tv e dal suo lavoro come persona comune?
“Sono una donna semplice, innamorata della vita e della mia famiglia, loro sono il motore della mia felicità. Sono grata del tempo e delle piccole cose e, ora che sono mamma, più che mai cerco di non sprecare nemmeno un minuto. Cerco di vivere al massimo, condividendo i momenti con le persone che amo.”
Tre aggettivi per descriversi.
“Solare, Amorevole, Determinata.”

Hobby, passioni, tempo libero?
“Amo andare a cavallo, spero di riprendere presto la mia ora a settimana per andare a cavalcare. Sono insegnante di danza orientale e giudice di nuoto sincronizzato. Nel tempo libero mi piace godermi le belle giornate con mio marito Raffaele e mio figlio Mattia. Ora è ancora piccolo, ma già sono in programma dei viaggi per fargli vedere e scoprire le bellezze di questo mondo.”
Un sogno nel cassetto?
“Da sempre il mio sogno più grande è respirare di più il set cinematografico. Mi piacerebbe essere ingaggiata per un film o una serie importante da protagonista.”
Le piacerebbe, dunque, ampliare la sua esperienza televisiva?
“Certo, ho capito di essere adatta alla conduzione dopo Skymeteo. La televisione è spontaneità e mi sono sempre sentita molto a mio agio e sicura nelle dirette. Mi sentirei pronta ad avere un programma tutto mio sul benessere o sul cinema. Purtroppo, sono le opportunità che mancano, la voglia quella c’è. Ed è pure tanta!”
Interviste
Kevin Dellino: Tra spettacolo, giornalismo e nuove sfide – intervista esclusiva

Dopo il successo de Il Salotto delle Celebrità a Sanremo e il lancio del concorso Mister Talent of Italy, Kevin Dellino si conferma come una delle figure più poliedriche del mondo dello spettacolo. La sua carriera, che spazia dal giornalismo alla conduzione, lo ha portato a collaborare con emittenti di prestigio e con grandi nomi della televisione italiana. Tra i suoi progetti più recenti, spicca la collaborazione con Emilio Fede, icona del giornalismo televisivo italiano. In questa intervista, ci racconta i momenti più importanti della sua carriera, i nuovi progetti e le sue ambizioni future.
Biografia di Kevin Dellino
Kevin Dellino nasce a Bari, in Puglia, e fin da giovane si appassiona al mondo della comunicazione. Il suo percorso professionale inizia nel giornalismo, collaborando con testate nazionali e regionali, per poi approdare alla radio e alla televisione. Grazie al suo talento e alla sua determinazione, ha avuto l’opportunità di lavorare con grandi nomi del settore distinguendosi per il suo stile fresco e coinvolgente.
Uno dei momenti chiave della sua carriera è stato il progetto corale dedicato a Croce Rossa Italiana con una versione corale Il mio canto libero di Lucio Battisti, in cui ha coinvolto 30 artisti nazionali per reinterpretare il celebre brano diventato inno ai medici nel periodo covid. L’iniziativa ha ricevuto grande apprezzamento e ha consolidato la sua figura nel panorama dello spettacolo italiano.
Negli anni, Kevin ha condotto importanti eventi come L’Alba dei Popoli a Otranto e la Notte Bianca Vomero Notte di Napoli, dimostrando la sua capacità di gestire eventi di grande richiamo e di interagire con il pubblico.
Nel 2025, ha fatto il suo ritorno a Sanremo con un progetto innovativo: Il Salotto delle Celebrità, un format esclusivo che ha ospitato grandi nomi del mondo dello spettacolo, diventando un punto di riferimento per interviste e incontri speciali durante il Festival.
È stato alla conduzione di Punti di Vista, un talk show di attualità e gossip in onda su Go-TV e Cusano Italia e ha lanciato di recente il concorso nazionale Mister Talent of Italy, con l’obiettivo di valorizzare i nuovi talenti nel mondo dello spettacolo.
Intervista a Kevin Dellino
“Dallo spettacolo al giornalismo: il mio viaggio nel mondo della comunicazione”
Kevin, hai una carriera molto variegata. Come è nato il tuo amore per il mondo dello spettacolo?
“Fin da piccolo sono sempre stato affascinato dalla televisione, dalla musica e dal giornalismo. Ho iniziato presentando saggi di danza e feste private poi ho continuato scrivendo per testate locali, poi sono passato alla radio e infine alla televisione. La conduzione è arrivata quasi per caso, ma si è rivelata la mia più grande passione.”
Tra le tante esperienze, ce n’è una che consideri particolarmente significativa?
“Sicuramente il progetto dedicato a Il mio canto libero di Lucio Battisti è stato uno dei momenti più emozionanti della mia carriera. Ho coinvolto 30 artisti per reinterpretare questo classico della musica italiana, creando un evento unico in un periodo storico.”
Il ritorno a Sanremo con “Il Salotto delle Celebrità”
Dopo cinque anni sei tornato a Sanremo con un nuovo format. Ci racconti di Il Salotto delle Celebrità?
“Il Salotto delle Celebrità è nato anni fa’ da Alessandro Grifa con l’idea di creare un punto d’incontro per gli artisti durante il Festival di Sanremo. Un luogo esclusivo per interviste e confronti autentici, lontano dalla frenesia del Festival. È stato un successo e spero che diventi per me un appuntamento fisso.”
Qual è stato l’incontro che ti ha emozionato di più durante questa edizione?
“È difficile sceglierne uno, ma sicuramente le conversazioni con grandi nomi dello spettacolo, che hanno raccontato aneddoti inediti sulla loro carriera, sono stati momenti molto intensi.”
La collaborazione con Emilio Fede
Nel tuo curriculum vanti anche la collaborazione con Emilio Fede. Com’è nata questa esperienza?
“La collaborazione con Emilio Fede è nata in modo del tutto naturale. Durante una puntata del mio talk show Punti di Vista, ho avuto la fortuna di intervistarlo e ci siamo trovati subito in sintonia. Da lì è nata l’idea di condurre insieme alcune puntate del programma, un’esperienza che mi ha arricchito tantissimo.”
Com’è lavorare con un’icona del giornalismo televisivo come Emilio Fede?
“Emilio è un professionista straordinario, con una visione unica del giornalismo e della televisione. Ha un carisma incredibile e una capacità di analisi fuori dal comune. Lavorare con lui è stato un onore e una grande occasione di crescita professionale.”
Ci saranno altri progetti in futuro con lui?
“È un’idea che stavamo valutando. Abbiamo ricevuto ottimi feedback sul nostro lavoro insieme e stavamo anche scrivendo un libro sulla sua carriera. Non escludo di continuare questa opera che per il momento è congelata.”
I progetti futuri tra televisione e nuovi talenti
Oltre alla TV, sei anche alla guida di Mister Talent of Italy. Di cosa si tratta?
“È un concorso nazionale dedicato ai nuovi talenti maschili dello spettacolo. Voglio dare spazio a giovani artisti che spesso trovano meno opportunità nel settore. Dopo la tappa di Sanremo, il tour prosegue in diverse città italiane come Napoli Roma e Bari per abbracciare tutta la penisola entro l’estate.”
Cosa possiamo aspettarci dai tuoi prossimi progetti?
“Voglio consolidare il mio legame con Il Salotto delle Celebrità e magari accompagnarlo in nuovi contesti. Inoltre, sto lavorando su un nuovo format televisivo che potrebbe vedere la luce a breve. Amo sperimentare e trovare nuovi modi per raccontare lo spettacolo e l’attualità.”
Uno sguardo al futuro
Qual è il tuo segreto per rimanere sempre al passo con il mondo dello spettacolo?
“Essere autentico e appassionato. Il pubblico percepisce quando fai qualcosa con sincerità. Cerco sempre di raccontare il mondo dello spettacolo con onestà e rispetto.”
Dove possiamo seguirti per rimanere aggiornati sui tuoi progetti?
“Sono molto attivo sui social, soprattutto su Instagram, dove condivido aggiornamenti e momenti di backstage.”
Kevin Dellino continua a essere una delle personalità più dinamiche del mondo dello spettacolo italiano. Tra televisione, giornalismo e conduzione di eventi, il suo obiettivo resta quello di raccontare e valorizzare il talento con passione e professionalità.
Interviste
Robert Madison si racconta: dall’eredità artistica ai nuovi film con Pupi Avati e...

? In arrivo tanti nuovi progetti per Robert Madison, figlio d’arte dell’attore americano Guy Madison. Oltre a L’Orto Americano, nuovo film di Pupi Avati in uscita il prossimo 6 marzo, Robert è protagonista di diversi progetti internazionali. In questa intervista ci racconta dei suoi lavori e svela uno dei suoi grandi sogni.

? Ciao Robert, come ti sei avvicinato al mondo dello spettacolo? Quali sono state le tappe fondamentali della tua carriera?
«Ho cominciato nel 1988. Ho avuto la fortuna di iniziare subito bene con un telefilm che si chiamava Classe di ferro, diretto da Bruno Corbucci con Gianpiero Ingrassia, Rocco Papaleo, Adriano Pappalardo. Da lì ho cominciato una scuola di teatro molto importante a Roma, la Mario Riva, che mi ha formato. Poi ho iniziato col teatro a Roma con giovani registi come Massimiliano Bruno e Daniele Pecci.
Il teatro ufficiale l’ho incominciato però in tournée con Luigi Squarzina e Marina Malfatti. Lì ho conosciuto Giuseppe Patroni Griffi, colui che mi ha fatto incontrare mia moglie, Stefania Bonfadelli. Con Griffi ho fatto tre spettacoli in teatro durati ben sei anni:
- Questa sera si recita a soggetto, con Alida Valli e Giustino Durano.
- Sei personaggi in cerca di autore, con Mariangela D’Abbraccio, Sebastiano Lo Monaco e Kaspar Capparoni.
- Cyrano De Bergerac, nel ruolo di Cristiano per oltre 250 repliche.
Iniziare con Luigi Pirandello, che io amo, è stato magnifico. Da lì ho incominciato a fare fiction e film, cercando più popolarità e lavorando con Dario Argento e Pupi Avati, con il quale ho fatto quattro film, tra cui La seconda notte di nozze. E poi sono arrivate le classiche fiction come Il Maresciallo Rocca, Il Commissario Rex, Distretto di Polizia, Vivere e Centovetrine.»

?️ Quali sono i progetti a cui ti stai dedicando attualmente?
«Attualmente sto lavorando ad un thriller a Bologna dal titolo Kopis, diretto da Lorenzo Lepori. Credo se ne sentirà parlare presto. Ho fatto sette film con Dario Germani, alcuni usciti e altri che usciranno a breve:
- ? L’isola maledetta (in uscita il 6 marzo)
- ? Emanuelle intrigo a Manila (una storia d’amore nelle Filippine)
- ? Il Nibbio, diretto da Alessandro Tonda con Claudio Santamaria (in uscita il 6 marzo), dove interpreto Peter, un agente della CIA.
- ? L’Orto Americano di Pupi Avati, dove interpreto Copland, maggiore dell’esercito inglese.»

?♂️ Chi sei fuori dalla tv e dal tuo lavoro come persona comune?
«Sono una persona comunissima e tranquilla, che ama le persone grandi ma umili, come Santamaria. Più vai in alto e più sono sensibili e carini.»
? Tre aggettivi per descriverti?
«Perseverante, positivo, lavoratore.»

? Hobby, passioni, tempo libero?
«Sono maestro qualificato della Federazione Italiana Tennis e Padel (FITP), passione trasmessa da mio padre Guy Madison. Nel tempo libero faccio sport o ripeto testi, credo che anche quando non si lavora bisogna mantenersi in costante allenamento.»
? Un sogno nel cassetto?
«Come tutti gli attori, il sogno è fare qualcosa che rimanga indelebile nella storia del cinema. È un insieme di coincidenze: trovarsi al momento giusto e al posto giusto.»

? Ti piacerebbe ampliare la tua esperienza televisiva?
«Certo, la televisione ha una potenza incredibile e non si può negare che sia un buon trampolino di lancio anche per il cinema. Sono assolutamente favorevole alla televisione: entri nelle case della gente e puoi diventare uno di famiglia.»
Interviste
Raffaele Carpentieri, voce italiana di Kaan Urgancıoğlu: «Da Emir Kozcuoğlu a Ilgaz Kaya,...

Ha doppiato di recente il personaggio di Aureliano Buendia nel rifacimento Netfix di Cent’anni di Solitudine, la serie composta da due parti tratta dal romanzo omonimo di Gabriel García Márquez, e quello di Justin nella produzione australiana Apple Cider Vinegar. Negli scorsi giorni sono usciti, invece, al cinema i film L’erede, distribuito da Teodora Film e nel quale doppia il protagonista Marc-André Grondin, e A Real Pain, candidato a due Premi Oscar e distribuito da Searchlight Pictures.
Tuttavia, il pubblico delle soap ha imparato ad apprezzarlo negli ultimi mesi come la voce italiana di Kaan Urgancıoğlu, attore turco protagonista di Endless Love e Segreti di famiglia, entrambe trasmesse su Canale 5. Parliamo dell’attore e doppiatore Raffaele Carpentieri, che abbiamo avuto il piacere di intervistare in esclusiva per Sbircia la Notizia. Ecco che cosa ci ha raccontato sulle sue ultime esperienze lavorative.
A cura di Roberto Mallò.
Raffaele, partiamo da Emir Kozcuoğlu, il personaggio che ha doppiato in Endless Love. La sua personalità è piuttosto complicata, dalle mille sfaccettature. Come si è preparato a doppiarlo?
“La prima volta che ho visto Emir non sapevo minimamente che tipo di personaggio fosse. Parlandone insieme ai direttori, Guido Micheli, Gianni Bersanetti e Claudio Pascoli, ho avuto una panoramica della soap e mi hanno presentato Emir come il classico cattivo. A parer mio, tuttavia, Emir non è il cattivo per antonomasia. Un po’ alla volta si sono capiti tutti i traumi che lo hanno portato ad avere questa psicologia criminale e allo stesso tempo una vera e propria ossessione per l’amore e per l’abbandono. Emir è una persona che soffre l’abbandono per via della situazione che ha vissuto con la madre Mujgan, per diversi anni in coma. All’inizio della soap, tante cose non si sapevano. Per questo sembrava, appunto, il classico cattivo con la pistola in mano, che ammazzava di qua e di là e faceva il buono e il cattivo tempo. Col passare degli episodi, avendo sempre più contatto con Emir, con tre o quattro turni di doppiaggio a settimana da circa tre ore, ho compreso molto della sua psicologia”.

La domanda sorge spontanea: che cosa ha compreso di Emir?
“Faccio una premessa: Kaan Urgancıoğlu, l’attore che interpreta Emir, è entrato molto nel personaggio, che ha davvero tante sfaccettature, come abbiamo già detto in precedenza. Se Emir non avesse avuto determinati traumi sarebbe stato un ragazzo normale. Molti diventano cattivi per soldi o perché la vita ti porta a prendere vie sbagliate. Al contrario, lui è diventato così a causa di vari episodi che sono accaduti nella sua vita. Tutto parte da quello che è successo con la madre e col padre Galip (Burak Sergen). Tanti traumi della vita lo hanno segnato. Partendo da questo, credo che Emir sia stato uno dei cattivi più iconici delle varie serie turche. O almeno così mi hanno detto”.
So che, al termine della messa in onda della dizi, ha avuto modo di sentire anche lo stesso Kaan Urgancıoğlu…
“Sì, ho avuto un contatto su Instagram con lui. Si è complimentato con me per il doppiaggio e mi ha detto che vorrebbe incontrarmi, quando sarà in Italia. Non pensavo mi scrivesse. Ha cominciato a seguirmi, per poi specificare di aver letto qualcosa su di me. Da lì sono arrivati i complimenti per il lavoro che ho svolto e per come ho dato lustro sia al personaggio di Emir, sia a lui”.
Le era già capitato di seguire altre dizi turche prima di Endless Love?
“No, in realtà non sono un grande appassionato di serialità turche. Endless Love mi ha colpito, in primis, per il dualismo che si è innescato tra Emir e Kemal Soydere (Burak Özçivit), per la storia d’amore che Kozcuoğlu sente di avere con Nihan Sezin (Neslihan Atagül) ma che in realtà non esiste. Siamo di fronte ad una serie davvero appassionante, dal mio punto di vista”.

L’abbiamo in parte già accennato. Tanto del personaggio di Emir è dovuto anche a Kaan Urgancıoğlu, il suo interprete.
“Kaan è davvero molto bravo. L’ho visto migliorare anche nel corso delle varie puntate. All’inizio della serie Emir non era ben definito, ma man mano che la storia andava avanti è venuto sempre più fuori. E Kaan ha saputo portare in scena tutta la sua evoluzione. Parliamoci chiaro: fondamentalmente, Emir è uno psicopatico. E lo stesso discorso si può fare per la sorella Asu (Melisa Asli Pamuk). Si vede che il sangue Kozcuoğlu porta a questo. Battuta a parte, la spiegazione della loro personalità sta davvero nei traumi che hanno vissuto. Hanno avuto un trascorso non facile che, gioco forza, ha influenzato la loro vita, la loro crescita”.
Sì, però è anche vero che la personalità di Emir catalizza l’attenzione dei telespettatori. Pur non facendo mai il tifo per lui, è in un certo senso affascinante vedere come si comporta per capire fino a che punto può spingersi.
“Racconto un aneddoto: tanti miei follower seguono la serie e vanno pazzi per Emir. E’ dunque capitato che mi chiedessero se io mi rivedessi un po’ in lui. Ovviamente, la risposta è stata negativa. Sono semplicemente un attore che sta doppiando un cattivo. Sicuramente, quando esco dalla sala doppiaggio, non penso a lui come a un personaggio da emulare. A me diverte fare il mio lavoro, dove posso essere davvero qualsiasi tipo di persona: da uno psicopatico ad un killer, passando per un medico, un avvocato. La bellezza del mio lavoro sta nel calarmi, ogni volta, in una personalità diversa. E ciò mi ha portato anche a scindere tra i vari personaggi che doppio. Ed Emir è esattamente il mio opposto. Tuttavia, devo dire che l’appeal di Emir nei confronti del pubblico è dato, probabilmente, dal fatto che non è un classico cattivo. Ha sempre la battuta pronta, è molto intelligente e furbo, riesce ad ottenere quasi sempre ciò che vuole circuendo le persone. Ha questo fascino del male che, nelle serie e nei film, attira. Cosa che nella vita non accade. Le persone così le dovresti evitare. Mentre nelle serie tv ci può stare perché stai assistendo a qualcosa di non reale. E ti puoi affezionare ad un cattivo; resta sempre qualcosa di irreale. Un’altra cosa in cui non mi ritrovo in Emir è il rapporto fisico che ha con le donne, il modo in cui le prende. Non penso che le donne amino un tipo di uomo così. Anche se esiste la ‘sindrome della croce rossina’”.

Che è un po’ quella che ha Zeynep (Hazal Filiz Küçükköse) nei suoi riguardi…
“Esatto. E penso che questo sia stato un elemento a favorire l’appeal che il pubblico ha verso di lui. Tenendo sempre presente il fatto che Kaan lo ha saputo portare in scena con grande bravura. Personalmente, ho cercato di avvicinarmi il più possibile a lui. Mi hanno detto che sono piaciuto molto. Non a caso, mi hanno riconfermato come suo doppiatore in Segreti di famiglia. Sono quindi contento del percorso che Kaan ha fatto e che sta facendo ancora, che permette a me in contemporanea di fare lo stesso tipo di lavoro”.
Fortunatamente Ilgaz Kaya, il personaggio di Kaan in Segreti di famiglia, è completamente diverso. Si tratta di un uomo buono dai sani principi.
“Assolutamente, è proprio l’opposto. E questo mette ancora in evidenza la bravura di Kaan, che ho trovato molto cambiato. Perché non è detto che un attore sia in grado di interpretare due personaggi diametralmente opposti. Per me è stata una sfida: vocalmente, in Segreti di famiglia, Kaan è molto più morbido, tranquillo e sereno. Non ha picchi. Siamo abituati a vedere Emir che urla, con degli scatti d’ira improvvisi. Cosa che con Ilgaz non accade. E’ questo fa parte del bello del mio lavoro”.
D’altronde dovrebbe essere questo il segreto del mestiere: calarsi in personaggi differenti l’uno dall’altro. Restando un attimo su Endless Love, secondo lei perché è piaciuta così tanto al pubblico? Quali sono gli elementi che hanno spinto i telespettatori a sintonizzarsi?
“Secondo me il pubblico ha rivisto in Endless Love gli elementi di basi della vita. I telespettatori vogliono qualcosa che sia vicino a loro, ma anche lontano allo stesso tempo. Sicuramente, alla base della dizi ci sono emozioni che proviamo tutti: l’amore, l’odio, il senso di abbandono, la voglia di potere, di rivincita, di riscatto sociale, che ha anche Kemal. Sono emozioni che accomunano tutti noi e che in Endless Love sono marchiati e messi bene in evidenza. Inoltre, penso che lo spettatore voglia anche uscire un po’ dal quotidiano. E la storia d’amore ossessiva da parte di Emir e, allo stesso tempo, non possibile tra Nihan e Kemal viene vista come qualcosa fuori dal normale, che comunque accomuna chi segue la dizi nei sentimenti che prova tutti i giorni. C’è un filo comune tra questa storia non realistica e i sentimenti che ciascuno di noi prova. Kemal è il buono, Emir è il cattivo, Nihan è la donna contesa. E’ quasi come uno spettacolo teatrale. E il teatro ha da sempre coinvolto il pubblico con elementi semplici, con delle figure ben definite, nelle quali ciascuno di noi può riconoscersi e affezionarsi. Cosa che accade in Endless Love, dove ci sono la spalla del cattivo, la donna ambita, l’amante, la sorella del buono e così via. Infine, a favorire l’ascesa della dizi è stata anche la programmazione pomeridiana, che ha fatto sì che tutti potessero seguire le vicende di Nihan, Kemal ed Emir giorno dopo giorno. Uno slot, quello delle 14.10, che per me è favorevole per lanciare una nuova serie. Dopo il telegiornale, la gente ha bisogno di pensare ad altro, di svagarsi un po’. Il successo di Endless Love è dunque un insieme di dinamiche”.

A proposito di programmazione, visto che l’abbiamo citata. A differenza di Endless Love, Segreti di famiglia ha avuto un percorso un po’ più complicato in tal senso, anche se dal 3 marzo tornerà in esclusiva su Mediaset Infinity. Immagino sia dispiaciuto di questa cosa…
“Certo, mi è dispiaciuto. Quando ho cominciato a doppiare Segreti di famiglia mi sono un po’ informato e ho visto che ha vinto una marea di premi. Tra cui uno a New York come miglior serie nel mondo. Doppiandola, vedo che è fatta benissimo. Ha attori bravissimi, delle tematiche particolari. Non è la classica soap. Alla fine, se ci pensa, è un thriller psicologico. A me piace tantissimo. Probabilmente è stata lanciata in un momento sfavorevole. Era estate, c’erano gli Europei di calcio. E di conseguenza, quando l’hanno rimessa in onda, c’erano già altre serie, tra le quali Endless Love. E tendenzialmente avere tanta carne al fuoco può essere controproducente. Spero, dunque, che Segreti di famiglia possa riprendersi lo spazio che merita. Non perché lo doppio io, ma semplicemente perché è fatta molto bene. Anche se, alla fine, il successo lo decreta sempre il pubblico”.
Parliamo un po’ di lei. Quando è nata la passione per il doppiaggio? Qual è il momento in cui ha scoperto di questa professione? Visto che da bambini non è immediato pensare che ci sia qualcuno a doppiare i vari personaggi…
“Quando ero piccolo giocavo molto con la voce, sia con i miei amici, che con mio nonno. Quest’ultimo mi registrava perché inventavo storie. Sono stato sempre un appassionato di film, come Ritorno al futuro, Indiana Jones, Ghostbusters. Ho familiarizzato subito con le voci dei doppiatori del passato, tra cui Sandro Acerbo che ora è anche mio collega ed ha doppiato, tra l’altro, Brad Pitt e Michael J. Fox. Ovviamente, da bambino non pensavo minimamente al doppiaggio. E anche da grande non avevo l’idea di affacciarmi in quel mondo lì, in primis perché credevo che fosse una cosa molto complicata da fare, da raggiungere. Per questo, fino ai 25 anni circa, ho fatto tantissimo teatro, con una grande preparazione tecnica e artistica alle spalle. Lì ho potuto lavorare con Renato Carpentieri, ho avuto la possibilità di avere a che fare con registi e attori del calibro di Mario Martone, Ciro Scalera, Gianni Diotaiuti, Alessandro Prete, Elisabetta De Vito e Annabella Cerliani. In seguito, mi sono affacciato al mondo artistico del panorama romano, dopo essere stato per il tempo precedente a Napoli, e lì ho cominciato a fare una grande gavetta teatrale e televisiva, come attore ad esempio de La Squadra, passando per provini per registi importanti, tra i quali Ozpetek”.

E poi è arrivata la svolta…
“Ad un certo punto, dato che questo lavoro artistico ti lascia anche diversi mesi senza fare niente perché non è detto che superi sempre i provini, ho conosciuto Renato Cortesi, grandissimo doppiatore che ha lavorato anche con Fellini come attore. E’ stato lui a dirmi: ‘Senti, vuoi fare questo laboratorio di doppiaggio?’. In realtà, io avevo già fatto un corso nell’Accademia Corrado Pani con Roberto Pedicini. Lo stesso però, essendo abbastanza breve, mi aveva consentito di apprendere soltanto quelli che definisco i rudimenti del doppiaggio. Col laboratorio di Pedicini, dove c’erano diversi insegnanti, e il mio background recitativo precedente, ho così cominciato a farmi ascoltare. I primi anni sono stati i più complicati perché nessuno mi conosceva, e il mondo del doppiaggio è uno degli ambienti più meritocratici che ci sia. Se sei preparato, almeno che tu non abbia problemi caratteriali forti, riesci ad entrarci. E’ vero che ci sono tanti figli, nipoti e amici di doppiatori, ma se non sei all’altezza difficilmente fai carriera. E lo stesso vale per i neofiti, come sono stato io. Ho dovuto dimostrare di poter stare nell’ambiente e alla fine è andata bene. Anche se, nel mestiere dell’attore e del doppiatore, c’è sempre da imparare e non bisogna mai adagiarsi”.
Interviste
Patrizio Pelizzi si racconta: dal set con Pupi Avati al ritorno su GrandHotel, intervista...

Ha tanti di gavetta alle spalle tra cinema, teatro e fiction televisive. Una passione che ha preso definitivamente il sopravvento quando aveva 16 anni e che ha portato Patrizio Pelizzi a scegliere di diventare un attore a 360°, dopo diversi anni passati in Polizia. A marzo, Pelizzi sarà nelle sale cinematografiche con L’orto americano, nuovo e atteso film di Pupi Avati. Ma questo non è l’unico progetto che lo vede coinvolto, proprio come ci ha svelato in questa intervista.
Come ti sei avvicinato al mondo dello spettacolo?
“Ho iniziato in tenera età, avevo pochi mesi quando ho preso parte allo spot pubblicitario shampoo Neutro Roberts. Successivamente ho seguitato, a sette anni, con il famoso spot del Cornetto Algida e quello dei Bastoncini Findus. Dopo sono arrivati i fotoromanzi, sempre da protagonista per i settimanali Ragazza Inn e GrandHotel. Mi portavano i miei genitori ai vari casting. Da bambino era un puro divertimento. Era bello stare sotto i riflettori, anche per me che ero molto timido e schivo. La vera passione per l’arte e la recitazione è iniziata da ragazzo, avevo 16 anni, recitando nei primi spettacoli teatrali amatoriali. Da adolescente feci un cameo nella miniserie tv La Romana diretta da Giuseppe Patroni Griffi, tratta dall’omonimo romanzo dello scrittore Alberto Moravia. Fu bello vedere da vicino la grande Gina Lollobrigida e Francesca Dellera. Nel mio lungo percorso artistico ho fatto veramente tanti casting e provini in presenza (adesso ci sono i selftape; è un sistema meno empatico). La mia prima agente di spettacolo e cinema fu l’indimenticabile Donatella Mauro, una meravigliosa donna. Lei credeva in me, mi consigliava con il cuore. È andata a miglior vita troppo giovane. Da ragazzo andavo al cinema almeno sei volte alla settimana e sognavo sotto il grande schermo. Ammiravo molto Marcello Mastroianni, Totò, Gian Maria Volontè, Giuliano Gemma, Tomas Milian e Nino Manfredi.

Quali sono state le tappe principali e fondamentali della tua carriera?
“Le tappe fondamentali? Bella e interessante domanda. Sicuramente quando ho iniziato a studiare seriamente per affrontare ogni prova nel fatato mondo dello Spettacolo. Perché questo mestiere che amo, ti mette sempre alla prova, parallelamente alla tua vita privata. Gli inglesi dicono: ‘to play’. Ma non è un mero gioco. Questo l’ho capito frequentando molti Workshop, Stages, Masterclass, lo Studio Duse International diretto da Francesca De Sapio, l’Accademia doppiaggio diretta da Silvia Pepitoni e il Centro Sperimentale di Cinematografia. Verità artistica e arte pura sono i punti essenziali che un attore dovrebbe sempre tenere a mente, insieme al rispetto e l’autenticità”.
Quali sono i progetti a cui ti stai dedicando attualmente?
“Ho alcuni progetti ancora nel cassetto e molti in stato embrionale. Il 6 marzo 2025 uscirà in tutte le sale cinematografiche – distribuito da 01 Distribution – il film horror gotico d’autore dove ho preso parte. Si tratta de L’orto americano, diretto dallo stimato Maestro Pupi Avati. C’è stata l’anteprima internazionale nella scorsa Biennale di Venezia, 81esima edizione 2024. Ho avuto l’onore di essere diretto da un grande regista, Pupi Avati. Ha alle spalle 56 anni di cinema, con oltre 45 film tra cinema e film tv. È stato bello recitare con illustri colleghi come Massimo Bonetti, Filippo Scotti, Rita Tushingham, Claudio Botosso, Armando De Ceccon, Robert Madison, Roberto De Francesco, Andrea Roncato, Filippo Velardi, Chiara Caselli, Morena Gentile, Luca Bagnoli, Roby Ceccacci, Holly Irgen, Luigi Monfredini, Rino Rodio, Romano Reggiani, Walter Capizzi, Nicola Nocella, Monia Pandolfi, Francesco Colombati e tanti altri. Voglio ricordare che L’orto americano, il nuovo film di Pupi Avati, e una retrospettiva dei film di Isabella Rossellini sono due delle novità che hanno arricchito il programma della 20esima edizione di L.A., Italia – Film, Fashion and Arts Festival, fondato e prodotto da Pascal Vicedomini. L’evento, riconosciuto come vetrina del cinema italiano, si sta svolgendo dal 23 febbraio al 1° marzo 2025 al TCL Chinese 6 Theatres di Hollywood – USA. Un appuntamento ormai diventato tradizione sostenuto dal MiC e Intesa Sanpaolo con il patrocinio di Anica, Apa e Scabec, che quest’anno precede di una settimana l’assegnazione dei premi Oscar (2 marzo). Il film L’orto americano è tratto dall’omonimo romanzo edito da Solferino, scritto da Pupi Avati, prodotto da DueA Film di Antonio Avati, Minerva Pictures di Santo Versace e Gianluca Curti e Rai Cinema. Inoltre, a metà marzo sarò tra i giurati con le giornaliste Lisa Bernardini, Laura Squizzato e l’avvocato matrimonialista Gian Ettore Gassani per il Premio Internazionale Letterario di Roma presso il noto Teatro Ghione. Evento condotto dal Dott. Roberto Sarra. A fine marzo uscirà, infine, un nuovo fotoromanzo dove sarò tra i protagonisti per il noto settimanale GrandHotel, con la regia di Giovanni Napoli. Sono tornato a GrandHotel dopo circa 19 anni di assenza, per dedicarmi al teatro, doppiaggio, cinema e tv.”

Chi sei fuori dalla tv e dal tuo lavoro come persona comune?
“Sono Patrizio, un uomo con i suoi semplici valori, difetti e pregi. Con alti e bassi come tutti i comuni mortali. Amo la vita, rispetto me stesso e il prossimo. Ma non sopporto le ingiustizie delle persone stolte e prepotenti”.
Tre aggettivi per descriverti?
“Testardo, curioso, temerario”.

Hobby, passioni, tempo libero?
“Amo viaggiare, andare al cinema e teatro, scrivere poesie, ascoltare buona musica e guardare i tramonti sul mare. Mi piace il tennis (ma non lo pratico da tanti anni), mi piacciono il nuoto e andare a cavallo. Da ex poliziotto ho sempre quel senso di giustizia, come aiutare le persone indifese che vengono vessate gratuitamente dai vari cattivi individui, senza scrupoli. In questo periodo c’è troppa criminalità”.
Un sogno nel cassetto?
“Ne ho troppi e li conservo gelosamente. Scrivere un libro su mia nonna e mia madre, se avrò la giusta ispirazione… Chissà. Ho già scritto un libro poetico uscito 4 anni fa, L’essenza di un Sognatore, edito da 96-Rue-de la Fontaine. Il sogno più bello è di fuggire improvvisamente su una rilassante isola, per vendere frullati di frutta e cocco (prima o poi lo farò con un mio amico). È il mio piano Z”.

Ti piacerebbe ampliare la tua esperienza televisiva?
“Dopo tante serie-tv (come attore e stuntman), ospitate nelle trasmissioni di cinema, teatro e talk show, certo che mi piacerebbe. Ho scritto due sceneggiature molto interessanti. Ho nel cassetto uno script sul femminicidio e violenza di genere con un’intensa spiritualità, mi piacerebbe dirigerlo come regista per un cortometraggio o mediometraggio. Un mio sogno è anche fare il conduttore per una trasmissione di cinema e poesia o sui Santi, visto mi affascina la loro variegata biografia. Sono un devoto a San Francesco di Assisi e Santo Padre Pio. Aspetterò il momento giusto. Sognare aiuta a vivere meglio”.
Interviste
L’Orto Americano, intervista esclusiva ad Armando De Ceccon: “Vi racconto il...
Qualche domanda ad Armando De Ceccon, tra i protagonisti de L’Orto Americano, il nuovo film di Pupi Avati in uscita nelle sale il prossimo 6 marzo. Ecco che cosa ci ha raccontato.

Armando, riassumiamo brevemente il percorso che l’ha portata a far parte de L’Orto Americano, il nuovo film di Pupi Avati.
“Dopo una prima fase di grandi spettacoli, soprattutto teatrali, sono stato coinvolto in serie televisive e soap opere come Centovetrine e vivere. Ho fatto un anno anche di partecipazione a delle televendite così chiamate. Ho partecipato a numerose fiction con Riccardo Donna, con una partecipazione regolare, e con altri registri come Alberto costa. Con Pupi Avati, il percorso è stato un po’ a macchia di leopardo, con situazioni marginali di partecipazione. Dopo aver partecipato a un suo film sulla vita di Dante Alighieri, dove mi sono conquistato un momento di attenzione maggiore con Pupi e Antonio, che mi ha portato alla proposta del ruolo Claudio Zagotto nel loro film. Mi sono sentito coinvolto in una grande opportunità in un momento post COVID e situazione piuttosto faticosa dal punto di vista professionale e personale. Come sempre, ho cercato di tirare fuori il possibile. In questo momento sento di poter dare il meglio di me”.

L’arte della recitazione quali tipo di sensazioni ha fatto nascere in lei?
“Direi che la mia attività, per quanto sia stata condizionata dal teatro, mi ha fatto sviluppare una curiosità intorno a tutto ciò che c’è in questo mestiere. Tanto che ho iniziato a riscrivere dei testi cercando di essere anche regista. Ho fatto doppiaggio facendomi coinvolgere nell’opera lirica come voce recitante e dal lavoro con l’orchestra e dalla musica”.
È anche un padre di famiglia, no?
“Sono anche un padre di famiglia. Mi piace evidenziarlo perché credo che questa condizione mi abbia aiutato anche ad essere un uomo migliore. A trovare sempre risorse dove sembravano non esserci. Mi ha fatto diventare un uomo con la U maiuscola. Io penso che sia un valore aggiunto, un impegno, una responsabilità. Un progetto di sviluppo per me stesso. È un esercizio vitale della vita reale che ti mette nella condizione di essere un esempio per gli altri così come nel teatro dove mettiamo in scena personalità, diventiamo dei modelli che devono aiutare a pensare”.

Ha ancora un desiderio da realizzare, professionale e no?
“Mi piacerebbe realizzare una fattoria didattica per bambini a Roma. Mi piacerebbe mettere in scena uno dei testi che sto scrivendo, in particolare un Caligola, e un testo di Cocto, una voce umana riscritta. Poi c’è un sogno nel cassetto che ho nelle mani. Penso sia un’idea urgente. Un’idea rielaborata sul tema di una messa in scena di quelli che sono i padri separati, che sono allontanati dai figli e che hanno perso tutto. Che hanno perso un’identità; una motivazione che possa incoraggiare le persone a dare il meglio di sé. Vorrei recuperare anche progetti che ho dovuto mettere da parte come le scritture per il cinema. Ho realizzato due cortometraggi dal titolo Non ho parole, Un Pigneto e Una gioia per te dedicata a mio figlio. Sono stato anche premiato tra i primi dieci ad un festival”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Le onde del passato, intervista esclusiva ad Andrea Tidona: tra teatro, fiction e...

Andrea Tidona è tra i protagonisti de Le Onde del Passato, la nuova fiction con Anna Valle in onda su Canale 5. Un impegno che ha affiancato ai tanti col teatro, dove è in scena con tre rappresentazioni. Progetti dei quali ci ha parlato in questa intervista, svelandoci anche alcuni aneddoti passati della sua professione e qualche sogno nel cassetto che custodisce da tempo.
Come ti sei avvicinato al mondo dello spettacolo?
“Mi sono avvicinato per gioco perché era una cosa che mi appassionava da sempre, da quando ero ragazzino. Lo facevo con i miei compagni a Modica per le classiche sale parrocchiali o spettacolini che mettevamo su di sketch e musica. Ero partito con intenzioni bellicose per il Politecnico di Milano per studiare ingegneria, ma ho capito che non era roba per me. Per cui, dopo una crisi profonda esistenziale, ho pensato: ‘Quello che mi diverte veramente cos’è? Recitare’. E ho iniziato a puntare tutto su quello andando all’Accademia dei filodrammatici. Ho sostenuto gli esami, che sono andati bene. Uscendo dall’Accademia ho trovato subito lavoro e, per fortuna, con un po’ di alti e bassi non mi sono più fermato, nonostante i periodi di magra abbondante”.
Quali sono state le tappe principali e fondamentali della tua carriera?
“Le tappe fondamentali sono state principalmente due, anche se poi non disconosco nessuna esperienza perché la reputo comunque formativa. Indubbiamente, una è stata quando sono uscito dalla scuola alla seconda stagione e sono entrato al Piccolo Teatro di Milano, lavorando con Strehler. Quella penso sia stata la tappa formativa più importante. Sono stato lì per 4 anni, importanti più di un master. Esperienze bellissime ed emozionanti . Ritrovarsi davanti al più grande regista teatrale di quel momento è stato qualcosa di unico. L’altra invece penso che sia stato l’incontro con Marco Tullio Giordana, perché ha dato il via ad una carriera cinematografica e televisiva che prima di allora mi era stata quasi negata perché il mio curriculum teatrale veniva visto come un qualcosa di negativo. E con Cento Passi e Mille Gioventù sono diventato richiesto e ritenuto attore di cinema a tutto tondo. Quando ti si chiudono le porte in faccia perché quasi viene visto come un titolo di demerito aver lavorato in teatro con grandi registi non è facile poi uscire da quel circuito, ma ci sono riuscito. In una lunga carriera capita di aver fatto cose più belle e cose meno belle. Penso che queste però siano state le due tappe fondamentali”.

Quali sono i progetti a cui ti stai dedicando attualmente?
“Per quanto riguarda i progetti, parliamo principalmente di progetti teatrali perché mi è ritornata prepotente la voglia del primo amore. Avevo bisogno di tornare a studiare ed approfondire le cose tornando alle origini e al mondo classico. Ecco perché da 2 anni porto Ifigenia in Aulide di Euripide. Poi, un’altra cosa del mondo classico rivisitata, anche se è difficile e faticoso recitare la poesia e farla diventare testo, è l’Agamennone di un grandissimo poeta greco alla quale mi sto dedicando. Un’altra è La cena, testo di Giuseppe Manfredi e Walter Walter Manfre’, un altro grande che ci ha lasciato da non molto. Spettacolo meraviglioso che si svolge tutto a tavola. Gli attori sono 4 , 3 principali e un maggiordomo che si aggira ogni tanto. Spettacolo di una potenza incredibile, col pubblico che rimane lì veramente col fiato sospeso. Le tre cose fondamentali, parlando di teatro, sono queste”.
C’è poi la fiction Le onde del passato, su Canale 5 da mercoledì 19 febbraio in prima serata su Canale 5. Cosa puoi raccontarci del personaggio che interpreti?
“Cerco di non svelare troppo. Il personaggio è un generale in pensione che si ritrova in questo B&B dove si svolge tutta la vicenda. Tutto avviene in maniera apparentemente casuale, ma c’è qualcosa che verrà fuori più avanti. Inizialmente, lui stesso non ha coscienza di essere il padre di uno dei personaggi più negativi di questa storia. Prima c’è un distacco perché non sa a cosa andrà in contro, mentre dopo c’è un grande legame con le protagoniste come Anna valle e Irene ferri. Più di questo davvero non so cosa potrei dire. Sicuramente direi che il generale è una persona sensibile, corretta e a modo”.
Chi sei fuori dalla TV e dal tuo lavoro come persona comune?
“Fuori dalla TV, ma anche dentro, sono una persona assolutamente comune. Non credo di avere niente di speciale. E non reputo che sia un lavoro privilegiato. Mi ritengo un artigiano che lavora duramente per servire un buon prodotto al pubblico. Così come sono fuori, sono dentro. Quando ho cominciato nel cinema, visto che in pochi mi conoscevano, pensavano avessi la puzza sotto al naso e che me la tirassi, per poi ricredersi. Mi dicevano tutti che non sembravo un attore. E io rispondevo che non lo ero, infatti. Mi consideravo un massaro modicano prestato all’arte drammatica”.
Tre aggettivi per descriverti?
“È difficile descriversi ma direi curioso , umile e tranquillo”.

Hobby, passioni, tempo libero?
“Direi tutto quello che è dedicato alla natura. Sono un ottimo camminatore per boschi. Mi piace camminare sulle montagne e scalarne alcune, come le Dolomiti. Mi piace anche molto cucinare per i miei amici; quando vengono invitati sono ben contenti di farsi delle belle mangiate. La musica e lettura sono altre due cose che mi prendono molto”.
Un sogno nel cassetto? Ti piacerebbe ampliare la tua esperienza televisiva?
“Il sogno nel cassetto? Ne avrei tanti, ma quello relativo alla mia età, 73 anni, è sicuramente conservare questa passione per la recitazione. Che non diventi mai un lavoro che devo portare avanti con pesantezza e solo per “mangiare”, anche perché non mi serve. Diciamo che vorrei conservarla fin quando c’è la faccia. Mi piacerebbe molto ampliare la mia esperienza televisiva, come anche il doppiaggio, che non è la cosa che amo fare di più, ma quando posso lo faccio. Se dovessi sentire che la passione sta svanendo, per coerenza nei confronti del pubblico e di me stesso, smetterò e resterò a casa coltivando solo i miei hobby, il tempo libero e gli affetti”.
Sei anche attivo per ciò che concerne il sociale…
Un mio amico di Modica ha una Onlus dal nome ‘Aiutiamoli a crescere’ che costruisce scuole in Africa tra Congo e Camerun settentrionale. Piccole strutture da due tre aule per bambini che veramente stanno seduti sui tronchi in delle capanne in condizioni tristissime. Anni fa già lo avevo aiutato a raccogliere dei fondi tramite degli spettacoli con donazioni; già mi ero prefisso di andare in Africa con lui. E sono andato in Camerun. È stata un’esperienza bellissima. Andare in questi villaggi nella savana, con muri con mattoni di fango e con lavagne fatte in cemento, è stata una bella esperienza che mi ha toccato davvero nell’animo. Perché da un lato ti intristisce, ma dall’altro ti sorprende per la vitalità straordinaria che questi hanno pur non avendo niente. Al contrario di noi che, avendo tutto, ci lamentiamo ogni giorno senza motivo”.

CLICCA QUI PER LEGGERE TUTTE LE ALTRE NEWS E ANTICIPAZIONI SULLE SOAP E SERIE TV PIÙ AMATE
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Cosimo Alberti: Teatro, TV e il sogno del cinema – “Non demordo, voglio...

Ciao Cosimo, ben ritrovato sulle pagine virtuali di Sbircia la Notizia Magazine!
Sono trascorsi quasi tre anni dalla nostra ultima chiacchierata. Ora sei di nuovo qui con noi e ne siamo davvero entusiasti! In questo frattempo, il tuo percorso si è arricchito di nuovi capitoli e chissà quante altre cose hai da raccontarci. Dunque, rompendo gli indugi, partiamo subito con questa nuova intervista!


Negli ultimi anni ti sei dato molto da fare in ambito teatrale. Hai portato in scena spettacoli di grande successo al “Teatro Sannazaro”, allo ” IAV – In arte Vesuvio” e in altri luoghi storici di Napoli. Qual è stata l’emozione più forte di questa nuova fase?
“In realtà, non è poi tanto nuova, perché faccio teatro da trentadue anni ormai. Nasco attore teatrale e, quando ho iniziato a respirare la polvere del palcoscenico, non sono più riuscito a farne a meno. Le tavole del palcoscenico e la sua polvere sono una droga per me, nonostante io lavori in televisione e mi cimenti nel cinema. Però, in effetti, una nuova fase c’è, ed è quella che sto sperimentando in questi ultimi anni nei miei lavori teatrali, ovvero l’abbattimento della “quarta parete”: arrivare al proscenio, scendere nel golfo mistico, giungere in platea e unirmi allo spettatore, facendolo diventare parte integrante dello spettacolo. Lo spettatore diventa protagonista e, insieme a me, formiamo la compagnia che si esibisce quella sera; ed ogni sera è una compagnia diversa. È una formula che funziona molto e diverte tutti, a cominciare da me. Si tratta di una messa in scena prevalentemente comica, ma con piccole incursioni drammatiche, che abbraccia tanti generi teatrali come il “Varietà”, la “Farsa”, l’avanspettacolo, e diversi stili di interpretazione come il “Macchiettista”, il “Cantante di giacca”, il “Cantatore popolare”. Lo spettacolo ha per titolo Il grande artista ed è dedicato ai capolavori di quei maestri che hanno reso celebre Napoli nel mondo. Siamo arrivati alla seconda edizione con nuovi e accattivanti quadri, ed è già pronta la terza.“



Il tuo personaggio, Salvatore Cerruti, sembra essersi evoluto parecchio di recente. In che modo la scrittura della soap ha influenzato la tua recitazione e ci sono state caratteristiche inedite che ti hanno permesso di andare oltre la comicità?
“La mia recitazione, in generale, è improntata sulla spontaneità e, nello specifico, per Sasà Cerruti cerco di recitare nel modo più naturale possibile. Desidero creare un personaggio che possa sembrare vero agli occhi dei telespettatori, permettendo a molti di identificarsi in lui e a tanti altri di riconoscere nell’interprete televisivo un parente, un amico, un collega. A volte, il mio personaggio si trova in dinamiche comiche che potremmo definire sopra le righe, difficilmente realizzabili nella realtà, ma non bisogna dimenticare che Sasà appartiene alla linea Comedy della soap.“



Che ruolo hanno i social nella tua comunicazione e nel tuo modo di essere artista?
“Hanno un ruolo importantissimo. Sono il mezzo di comunicazione più veloce e divulgativo in assoluto. Ti danno una forte visibilità e, per chi fa un mestiere come il mio, basato proprio sulla visibilità, è indispensabile avere un profilo social. Io sono iscritto a tutte le piattaforme più importanti. Pubblicizzo i miei percorsi artistici, ho un folto numero di follower e un pubblico che partecipa ai miei spettacoli. Mi permette di seguire i miei colleghi, le loro carriere e di essere sempre aggiornato su tutto ciò che accade nel mondo. Uso i social solo per lavoro. Non condivido i miei stati d’animo, se non in sporadici momenti di gioia. Non mi piace assillare le persone con i miei problemi, che – ti assicuro – affliggono anche me come tutti. Perché, quindi, continuare ad affliggerli? Non giudico chi lo fa, ma a me non piace. A volte i social ci sfuggono di mano: molti non capiscono che postare un pensiero è come aprire la finestra e urlarlo in piazza. Inutile poi dilungarmi sui danni causati dai social quando non vengono usati correttamente: vedi il cyberbullismo e il body shaming. Insomma, credo fortemente che bisognerebbe introdurre una nuova materia: Educazione ai Social!“



In passato avevi espresso il desiderio di cimentarti in parti drammatiche, lontane dalla vena comica. Hai avuto occasioni in questi ultimi mesi per metterti alla prova in ruoli più impegnati a livello emotivo?
“Nel corso delle mie dieci edizioni in Un posto al sole non sono mancate scene drammatiche che mi hanno permesso di dimostrare che so recitare anche al di fuori dell’ambito comico. Le caratteristiche inedite, a cui facevi riferimento nella domanda precedente, le ho potute far emergere, ad esempio, quando il mio personaggio voleva compensare il suo senso paterno fingendo di essere il padre naturale del figlio di Mariella. Altre occasioni ci sono state quando Sasà ha dovuto affrontare la vergogna di essere stato scoperto omosessuale nel suo ambiente di lavoro, un comando di polizia municipale. In seguito, ha dovuto far fronte all’omofobia del padre, che lo detestava, e alla debolezza del fidanzato, che non riesce a fare coming out e che, per questo, decide di lasciarlo.“



Ogni artista ha un sogno nel cassetto: un ruolo particolare, un palco prestigioso o magari un film in arrivo. Svelaci qualcosa di ciò che bolle in pentola e che ancora non hai avuto modo di realizzare...
“Voglio diventare un attore affermato di cinema. Ogni tanto ottengo qualche ruolo che non definirei nemmeno secondario. Mi è capitato di rifiutarne qualcuno perché, oltre a essere secondari, erano personaggi davvero brutti. Ho passato lunghi periodi senza neanche una convocazione per un provino su parte. La mia agenzia dice che è difficile lavorare nel mondo dell’audiovisivo: in Italia esistono troppi attori e si è formata una casta. Io aggiungo che, se è per questo, anche nel teatro è difficile, specialmente a Napoli, dove siamo tutti attori e lavorano sempre gli stessi! Io non demordo, credo fortemente nel mio sogno nel cassetto di diventare un attore affermato di cinema. Infatti, all’inizio della risposta alla tua domanda, non ho usato il condizionale “vorrei diventare…”, ma l’indicativo presente “Voglio”.“



La tua città ha un fascino unico. C’è un angolo di Napoli a cui sei particolarmente legato in questo momento, un luogo che ti ispira nuove idee o un rifugio in cui ti ricarichi?
“Sono tantissimi i luoghi di Napoli che mi piacciono, ma ce ne sono due in particolare che mi affascinano e catturano. Uno è la Pignasecca e il suo mercato. Credo che, in una vita passata, io abbia abitato nella piazza nei pressi della stazione di Montesanto, perché ne subisco un fascino ancestrale. Il luogo in cui, invece, vorrei abitare è Santa Lucia, all’ultimo piano di uno di quei bei palazzi sul lungomare che porta a Castel dell’Ovo. Lì ho visto la luna specchiarsi sul mare, con dietro il Vesuvio, creando il panorama più bello al mondo che io abbia mai visto nella mia vita, finora.“




Siamo arrivati alla fine e che dire… grazie, Cosimo. Ogni volta riesci a trasmettere qualcosa di unico, quasi magico. Ascoltare i tuoi racconti è come entrare in un mondo fatto di passione, emozioni e vita vera. Aspetteremo con ansia il momento in cui ti ritroveremo nei commenti sui social, con la tua allegria e il tuo calore. A presto e grazie per la simpatia con cui ci contagi ogni giorno!
CLICCA QUI PER LEGGERE TUTTE LE ALTRE NEWS E ANTICIPAZIONI SU UN POSTO AL SOLE
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Marzio Honorato: frammenti di una vita tra palcoscenico, set e...

Marzio Honorato. Basta pronunciare il suo nome e subito ti ritrovi immerso nel profumo del teatro di Napoli, nei racconti del cinema più vero e nella lunga storia di una televisione che lo ha visto diventare una figura familiare per tutti.
Dal 1996 è Renato Poggi in Un Posto al Sole. Pensa: quasi trent’anni di vita intrecciati a quel personaggio. Renato è cresciuto con lui, si è trasformato, è diventato un amico per milioni di persone che si affezionano ogni giorno di più. Ma dietro quegli occhi che sorridono c’è molto altro: una carriera vissuta con passione e difficoltà, scelte coraggiose e una forza che continua a brillare. Oggi ci regala ricordi e verità, con una sincerità che arriva dritta al cuore.
La nostra intervista esclusiva
Nel tuo percorso teatrale hai iniziato con il teatro d’avanguardia a Napoli e Milano. Quali sono stati gli insegnamenti più significativi che hai tratto da quell’esperienza e come hanno plasmato il tuo approccio alla recitazione?
“La mia esperienza con il Teatro d’avanguardia è nata da una “fortunata” bocciatura al Liceo che frequentavo. Mio padre, per punizione, mi mandò a fare le pulizie in un “locale” vicino casa. Solo che in quel locale facevano teatro d’avanguardia! Ne rimasi affascinato e, oltre alle pulizie, iniziai a partecipare ad alcuni spettacoli. In seguito, in una tournée in giro per alcuni teatri d’avanguardia in Italia, capitammo a Milano al Teatro Uomo e rimasi lì per qualche mese scritturato nella loro compagnia teatrale. La paga era di 5000 lire al giorno. Dormivo e mangiavo dove capitava, ma riuscii a mettere da parte una somma che mi permise di comprare una Fiat 1300, naturalmente usata, per tornare a Napoli alla fine della stagione teatrale. Avevo 20 anni. Ricordo ancora quei tempi e già allora capii che fare il mestiere di “attore” significava rischiare una vita difficile e piena di punti interrogativi. Ma in realtà avevo già scelto. Ero molto timido e forse lo sono tutt’ora, ma mettersi nei panni di altri personaggi mi dava sicurezza.”

Cosa hai imparato da Eduardo?
“Eduardo è stato tutto per me. L’emozione di essere preso per mano da lui nei ringraziamenti alla fine degli spettacoli non penso di provarla mai più. Lui era un direttore d’orchestra e gli attori erano i suoi orchestrali. Ci dirigeva modulando i volumi e i toni delle nostre voci e limitando la nostra gestualità all’essenziale, senza mai esagerare. Da lui ho imparato l’arte di stare e camminare sul palcoscenico, il rispetto per il pubblico e per le rigorose battute del testo che si metteva in scena. Ogni virgola, pausa o fiato aveva un preciso significato. Da non tradire.”

Quali sono le differenze fondamentali tra cinema e teatro?
“Ho fatto tanto cinema, sicuramente più film che testi in teatro, specie dopo l’esperienza con Eduardo. Mi è sempre piaciuto tanto, perché il cinema si racconta con gli occhi e con l’espressione del viso, mentre il teatro più con il corpo e la voce.”
Raccontaci come è nato il tuo personaggio in Un Posto al Sole.
“Quando seppi che al Centro Rai di Napoli avrebbero fatto dei provini per un esperimento produttivo di una lunga serialità, voluto fortemente da Giovanni Minoli, ho fatto in modo di partecipare ai provini. E poi è andata come è andata… sono ancora lì, a Un Posto al Sole e non avverto stanchezza.”

Ti occupi anche di produzione. Vuoi raccontarci qualcosa su questo tuo interesse?
“Molti attori della mia generazione, più o meno di base a Napoli, negli anni ’80 costituivano società produttive teatrali. Dato che ne fiorivano tante, decisi di costituire una società di produzioni audiovisive: cortometraggi, documentari, progetti video-sociali… Poi, anche grazie alla sicurezza economica che mi dava Un Posto al Sole, ho iniziato a produrre qualche film. Distribuire lavoro per giovani autori, attrici e attori e validissime risorse umane tecniche che vivono nel nostro territorio era doveroso per me. Napoli mi ha dato tutto.”
CLICCA QUI PER LEGGERE TUTTE LE ALTRE NEWS E ANTICIPAZIONI SU UN POSTO AL SOLE
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma. Foto di Giuseppe D’Anna.
Interviste
Intervista esclusiva a Fabrizio Eleuteri: successi in TV, cinema internazionale e la...

Sono tre gli importanti progetti che vedono attualmente impegnato Fabrizio Eleuteri. Formatosi al laboratorio Don Bosco diretto dal rettore Carlo Nanni, l’attore romano fa parte del cast fisso di Citofonare Rai 2, il programma della domenica condotto da Paola Perego e Simona Ventura, e prossimamente sarà al cinema con The Contract, il film internazionale prodotto da Massimiliano Caroletti che segna il debutto alla sceneggiatura di Eva Henger. Lavori che vanno ad aggiungersi all’impegno in Vita da Carlo, la serie con protagonista Carlo Verdone. Tra sogni e progetti, Eleuteri ci ha spiegato come è nata la sua passione per la recitazione, svelandoci la sua passione per il ‘regista del brivido’ Alfred Hitchcock.
a cura di Roberto Mallò
Fabrizio, ogni domenica i telespettatori possono vederla, in diretta, a Citofonare Rai 2. Che tipo di esperienza è? Come si trova all’interno del cast?
“Citofonare Rai2 per me è partito in maniera sperimentale, con la doppia conduzione di Paola Perego e Simona Ventura. Sono entrato a far parte del cast a partire dalla seconda edizione ed ora mi ritrovo alla quarta stagione, la mia terza consecutiva. All’inizio mi avevano prospettato un ruolo del portiere che entrava, faceva il suo balletto fintamente sexy e non si curava delle due conduttrici. Le stesse che, ogni volta, mi rimproveravano simpaticamente in diretta: ‘Guarda che non sei qua nello spazietto tuo, che fai il sexy e così via. Qui hai un ruolo, devi portare le cose che ti chiediamo. Abbiamo bisogno dei tuoi servigi per sbrigare le cose della giornata. Se arriva un ospite lo fai entrare, se c’è una cosa da portare dentro lo fai tu’. Io, per tutta risposta d’accordo con gli autori, entravo con le noci e le olive, le mangiavo e non lasciavo loro niente. All’inizio, insomma, ero questo portiere un po’ matto e sciocco che faceva danni”.

E pian piano il personaggio si è evoluto…
“Esattamente. Dallo scorso anno ho iniziato ad annunciare qualche servizio, oltre che inserire qualche curioso aneddoto su qualche personaggio piuttosto che un altro. In questa edizione affianco Gene Gnocchi nelle sue follie estemporanee. Sono il suo ‘partner in crime’. Il mio personaggio è diventato quasi una spalla per Gene. All’interno della trasmissione mi trovo molto bene, c’è molto feeling con tutti, in special modo con l’autrice Serena Costantini, che è un pezzo di cuore. E non posso negare di trovarmi molto bene con Paola Perego. Oltre alla professionista che tutti conosciamo, lei è sempre dolcissima con tutto il cast. Si prende sempre cura di qualsiasi persona all’interno di Citofonare Rai 2 e del cast stesso. E Simona Ventura è sempre il solito uragano che va a destra e sinistra e stravolge tutto e tutti. Citofonare Rai 2 è davvero una delle poche trasmissioni in cui ci divertiamo anche nel backstage”.
Per chi fa il suo mestiere, un programma in diretta come Citofonare Rai 2 insegna tanto, no?
“Sì. E’ un discorso completamente diverso dalla formazione che uno può avere o al teatro o al cinema. In quest’ultimo ti prepari un determinato ruolo e sai che devi girare una determinata scena con altri attori, che comunque puoi ripetere qualora qualcosa non andasse bene. Al contrario, nella diretta deve filare tutto liscio. Si respira la tensione che è tipica del teatro, ma è diverso, a partire dalle telecamere che ti circondano. Ovviamente, tu cerchi sempre di fare il tutto in maniera egregia. Le aspettative sono abbastanza alte e cerchi di fare di più. Nonostante tutto è però bello avere quell’adrenalina tipica della diretta. Soprattutto considerando il fatto che Citofonare Rai 2 è una diretta nazionale, che tiene compagnia ai telespettatori per tante ore e li accompagna in tutta la domenica mattina fino all’ora di pranzo”.

A cosa si deve, dal suo punto di vista, il grande successo del programma? Cresce negli ascolti di anno in anno..
“La trasmissione conserva degli abiti molto leggeri, non parla di fatti di cronaca nera. Se ci pensa, nei primi appuntamenti, Paola e Simona venivano un pochino prese in giro quando cantavano insieme, ora è diventato un vero e proprio must atteso e coinvolgiamo gli ospiti a cantare con loro di volta in volta.. Il programma ha sempre avuto come obiettivo principale quello di mettere in risalto i personaggi che hanno fatto parte della televisione italiana. Gli ospiti spaziano dal comico, come Lopez e Solenghi che parlano del trio, Lino Banfi, Al Bano con le figlie, solo per fare alcuni esempi, che ti raccontano come è stato vivere con un gigante della musica italiana così in casa. Gli aneddoti, gli spazi qua e là, il collegamento di Antonella Elia e le gag di Gene Gnocchi danno poi al programma quell’atmosfera leggera e spiritosa della quale abbiamo bisogno adesso più che mai”.
La trasmissione di Rai2 non è l’unico progetto che la vede coinvolta in questo periodo. C’è anche il film internazionale The Contract, nel quale ha recitato al fianco di Jane Alexander.
“Esatto, interpreto il migliore amico del personaggio interpretato da Jane. Il film, come è stato detto all’anteprima mondiale de Il Cairo, è un thriller psicologico. Non di certo un action thriller. Al centro della scena c’è l’attore Eric Roberts, che interpreta un giornalista caduto in disgrazia che prova a intrufolarsi nella scena del crimine di un suo collega. Da lì cerca dunque di ricostruire tutto il puzzle che ha portato a questo efferato omicidio. Si rivolge così a tante personalità e personaggi diversi tra loro: ci sono il caporedattore, un prete e una ragazza che lavora in un night, interpretata da Jane Alexander e che fa parte della trama che mi vede coinvolto, dato che cammino al suo fianco in diverse situazioni. Più Roberts indaga, più c’è questa scia di sangue che si va piano piano ad allargare. E lui ha questo testimone, interpretato da Kevin Spacey, all’interno di una sorta di riformatorio/manicomio, che sembra abbia delle chiavi di interpretazione di questo omicidio ben più profonde di quanto non stia dicendo. Quindi man mano che accadono le cose, Eric Roberts torna a chiedere conto a Kevin Spacey di quello che sta accadendo. A volte questo personaggio dà di matto e non si capisce cosa voglia dire. Le altre volte cerca di infilare delle pulci nelle orecchie a Eric Roberts per dare un diverso punto di vista di ciò che sta accadendo. Era da parecchio che non si vedeva un film simile in Italia, dove per vedere un thriller bisogna ritornare ai tempi di Dario Argento. Ed è credo la primissima volta che un produttore indipendente come Massimiliano Caroletti annoveri nel cast due attori internazionali del calibro di Spacey, che ha vinto due premi Oscar, e Roberts. Da questo punto di vista, The Contract è un esperimento già riuscito”.

C’è molta curiosità attorno al film perché rappresenta anche il debutto alla sceneggiatura di Eva Henger.
“Sì, c’è davvero molta curiosità. Ne hanno parlato anche varie testate americane. Forse in Italia siamo cintura nera nello scetticismo, magari però stavolta non trionferà il pregiudizio. Personalmente, ho avuto la fortuna di assistere all’anteprima ed è piaciuto molto. Tuttavia, sono curioso di capire come verrà accolto negli Stati Uniti e ovviamente qui da noi in Italia”.
Jane Alexander la conosceva già o vi siete incontrati per la prima volta su questo set?
“Avevo visto i lavori precedenti di Jane, tra cui quelli diretti da Cinzia TH Torrini. Non l’avevo mai incontrata prima, ma è stata davvero carina e siamo rimasti amici. E’ una di quelle persone che ti aiutano davvero sul set, che ti danno la loro energia. Al termine di una scena straziante di The Contract mi ha dato un abbraccio capace di trasmettermi davvero una grossa energia. Credo sia, davvero, una professionista di una caratura internazionale.

C’è anche un terzo lavoro: Vita da Carlo. La serie di Carlo Verdone. Il suo personaggio, nella terza stagione, è stato ampliato rispetto a quello che abbiamo visto nella seconda.
“Sì, il personaggio di Riccardo, il fidanzato di Sandra (Monica Guerritore), ha uno sviluppo carino. Viene coinvolto in una cena, in casa Verdone, nella settima puntata. E lì accade di tutto, nel buon segno della commedia italiana. C’è al centro un grande equivoco, condito da una rivelazione, e scoppia un vero e proprio parapiglia. Il tutto ha come sfondo la Santa Notte di Natale. Scherzi a parte, lavorare su un set con Verdone, Guerritore, Stefania Rocca e Filippo Contri è stata una bella opportunità da una parte ed un continuo divertimento dall’altra”.
Parlando un po’ di lei. Quando è nata la sua passione per il mondo della recitazione?
“Sono il terzo di quattro figli, tutti maschi. Nessuno aveva mai lavorato nel mondo dell’arte nella mia famiglia. Mi ricordo che, con le prime paghette, quando avevo circa 11 anni, mi andavo a comprare in edicola i film in bianco e nero di Alfred Hitchcock. Settimana dopo settimana investivo lì la mia paghetta. E mia madre non riusciva a capire cosa me ne importasse di quei film lì, dato che poi nel mio tempo libero andavo a giocare a calcetto con i miei amici. Tuttavia, ero totalmente folgorato da Hitchcock: andavo ad informarmi su ogni scena e ogni aspetto dei suoi lavori, compresi gli interpreti e i vari registi, passando per il trucco, il montaggio, gli effetti speciali. Avevo una passione dentro che è venuta fuori, senza che nessuno la sollecitasse. Pensi che una volta ho chiesto a mia madre quanto pagassero Bud Spencer e Terence Hill per fare uno dei loro film che trovavo bellissimi. E lì lei mi ha detto: ‘No, amore di mamma, questi sono attori ed è un lavoro. Loro interpretano una parte e vengono pagati per questa cosa’. Una cosa che a me non tornava, non pensavo che fosse un mestiere e che venissero pagati. Per me poter recitare era già di per sé un premio. Anche perchè poi io ho mosso i primi passi in teatro e lì, quando hai il fuoco sacro della recitazione dentro, non stai tanto a guardare la remunerazione. E il lavoro dell’attore in sé è abbastanza precario, ci sono dei periodi in cui lavori tantissimo e in altri poco e niente. Se non sei abituato a prendere le porte in faccia stai malissimo. Ci saranno sempre delle persone che ti diranno che non sei in grado, che non sei preparato. Sei non hai una buona corazza o una famiglia che ti sostiene non riesci ad andare avanti. Potresti mollare, soprattutto quando ti sei preparato per un ruolo che sentivi davvero tuo e invece non ti prendono minimamente in considerazione. Per fortuna, oltre ai miei fratelli con i quali ho un bellissimo rapporto, ho una moglie e una figlia che mi supportano tantissimo e a cui devo praticamente tutto”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva ad Alberto Rossi: «Con la paternità un uomo finalmente diventa tale»

Alberto Rossi. Livorno. Un ragazzo con un sogno gigantesco e il coraggio di seguirlo fino in fondo. Fin da giovane, si buttava a capofitto nel mondo dello spettacolo, come chi sa che quella strada è la sua e non c’è un piano B. A soli 25 anni era già sotto i riflettori, con il debutto in “Un posto al sole” che l’ha reso un volto amato da milioni di italiani. Eppure, Alberto è un uomo che si reinventa, che esplora, che cresce.
La paternità – con Ada – ha cambiato tutto. È come se l’amore per sua figlia gli avesse aperto nuovi orizzonti, spingendolo a vedere la vita da una prospettiva più profonda, più vera. Poi c’è il mare, la vela, il tennis. La voglia di navigare, di scoprire, di confrontarsi con sé stesso. E il teatro? Sempre nel cuore, come un amore mai dimenticato. In ogni progetto, in ogni battuta, c’è una parte della sua anima. E quando parla di futuro, non è solo lavoro: è curiosità, è passione, è quella luce negli occhi di chi ha ancora tanto da dare e da scoprire.
La nostra intervista esclusiva
*Foto di Giuseppe D’Anna
Ciao Alberto, benvenuto su Sbircia la Notizia Magazine! Qui ci piace andare oltre la superficie, scavare davvero dentro la tua storia. Vogliamo parlare dei sogni, dei successi, delle paure, delle sfide che ti hanno trasformato nell’uomo e nell’artista che sei oggi. Il tuo percorso ha attraversato il cuore dello spettacolo italiano, lasciando segni indelebili. Tu sei un racconto che merita di essere ascoltato, pezzo dopo pezzo, emozione dopo emozione. Oggi siamo qui per raccontare questo viaggio insieme a te.
Dopo aver conseguito il diploma all’Accademia “Silvio d’Amico”, hai debuttato in “I ragazzi del muretto” solo due settimane dopo. C’è stato un momento in cui hai realizzato l’impatto che questo rapido inizio avrebbe avuto sulla tua carriera o tutto è accaduto così velocemente da sembrare quasi surreale?
“Surreale no, perché dentro di me, in un certo senso ci speravo e me lo aspettavo. Avevo sempre e solo voluto fare quello che stavo riuscendo a fare e si stavano materializzando tutti, non solo i miei sogni, ma anche le aspettative e i desideri.”

Il tuo primo film, “L’olio di Lorenzo”, è stato un progetto internazionale diretto da George Miller. Come ha influenzato la tua visione dell’industria cinematografica italiana ed estera iniziare la tua carriera cinematografica in un contesto così globale?
“Beh, è stata un’esperienza su un set da Formula 1… difficile trovare così tanto spiegamento di mezzi su un film italiano…”
Interpretare Michele Saviani per oltre 25 anni ti ha permesso di crescere insieme al personaggio. In che modo la tua evoluzione personale ha influenzato Michele? Ci sono aspetti del personaggio che hanno a loro volta plasmato te come individuo?
“No, nella maniera più assoluta no! Michele rimane in camerino quando ne svesto i panni.”
Nel 2006 hai diretto alcuni episodi di “Un posto al sole”. Come ha arricchito questa esperienza la tua comprensione del processo creativo? C’è qualcosa che hai scoperto sul set che ti ha sorpreso come attore-regista?
“Volevo tantissimo fare quell’esperienza. E quando finalmente ci sono riuscito, è stato un po’ come coronare un’altra conferma di ciò che sentivo di avere e di poter comunicare in altro modo e forma.”
La tua partecipazione a “Notti sul ghiaccio” ha mostrato un lato di te inedito al pubblico. Quali sfide hai affrontato nel padroneggiare il pattinaggio artistico? C’è qualche lezione che hai portato con te nel tuo lavoro attoriale?
“Mah no, era tutto un altro contesto. Anche lì era Formula 1, Milly Carlucci, Rai 1, prima serata… poi tante botte, tanti lividi, tanta fisioterapia dopo… però bellissimo, magico.”

Il tatuaggio con il nome di tua figlia Ada è un gesto d’amore visibile a tutti. Come la paternità ha influenzato il tuo approccio alla vita e alla professione? In che modo questo nuovo ruolo ha arricchito la tua espressività artistica?
“Con la paternità un uomo finalmente diventa tale. Fino a quel momento non puoi percepire in tutt’altro modo la vita. Tutto diventa entusiasmo, paura, bellezza, crescita, magia… non si può definire la paternità… poi di una figlia femmina…”
Sei appassionato di tennis e vela, sport che richiedono concentrazione e armonia con l’ambiente. Vedi delle similitudini tra queste discipline e la recitazione? Come contribuiscono al tuo equilibrio personale e professionale?
“È sport, la vela significa mare, acqua, quindi il nostro inconscio, sul quale mi piace navigare (son figlio di un ammiraglio). Il tennis è disperazione, solitudine, analisi, tostissimo ma bellissimo. Soprattutto da vedere, poi ora con Sinner e company….”
Hai avuto la fortuna di lavorare con un maestro come Pupi Avati, su progetti intensi e pieni di significato come “I cavalieri che fecero l’impresa” e “Il signor Diavolo”. Raccontaci: cosa ti è rimasto di quelle esperienze?
“Due belle esperienze con un maestro. Per scavare ancora un po’ più a fondo le mie capacità.”
Ci sono opere o personaggi che sogni di interpretare per esplorare nuove dimensioni della tua arte?
“Dopo che per più di 30 anni dai Ragazzi del Muretto ad Upas, mi piacerebbe interpretare un personaggio demoniaco, malefico, al limite dello splatter come quelli della serie Monster.”

Essendo una presenza costante in “Un posto al sole” sin dal suo inizio, hai vissuto l’evoluzione della televisione italiana. Come percepisci i cambiamenti nel modo di raccontare storie in TV e quale pensi sia il futuro delle soap opera nel panorama mediatico attuale?
“Ma il futuro siamo solo noi, siamo stati i primi e siamo ancora lì… siamo passato, presente e futuro…”
In un mondo dominato dai social media, mantieni un equilibrio tra condivisione e privacy. Come gestisci la relazione con i tuoi fan attraverso piattaforme come Instagram? Quale ruolo credi che i social abbiano nel rapporto tra attore e pubblico?
“Mi divertono, li frequento parecchio ma non ne abuso.”
Guardando al futuro, c’è un ambito artistico o un progetto inedito che vorresti esplorare, magari al di là della recitazione, come la scrittura, la produzione o una nuova forma di espressione creativa?
“Con la produzione ho dato e non credo che ripeterò l’esperienza. Mi sono scottato troppo, per il resto si vedrà….”
CLICCA QUI PER LEGGERE TUTTE LE ALTRE NEWS E ANTICIPAZIONI SU UN POSTO AL SOLE
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista a Nadia Carbone, event manager e direttrice artistica del Generation Film Fest

A cura di Laura Solimene
Tra le figure professionali più ricercate e affermatesi negli ultimi anni, quella dell’EVENT MANAGER ricopre sicuramente un ruolo fondamentale nel settore degli eventi ancorché, probabilmente, non tutti ne conoscano ancora le numerose e svariate sfaccettature. Cominciamo col dire che un Evento, al contrario di quanto molti pensano, non è solamente un momento di svago, ma fa parte di una vera e propria strategia di marketing aziendale volta ad aumentare la consapevolezza del brand e persino ad acquisire potenziali clienti.
Un evento ben pensato, ben organizzato e ben strutturato, infatti, porterà alla realizzazione di una grande varietà di benefici: a partire dalla creazione di valori fino alla generazione di profitti e nuovi flussi. Uno strumento complesso e articolato che però richiede un’organizzata pianificazione, gestione e coordinamento di competenze diverse, oltre a tanta creatività.

Ecco perché è fondamentale per un’azienda non improvvisare ma affidarsi a professionisti del settore: un event manager è infatti la scelta vincente per tutte quelle società e realtà che desiderano ottenere il massimo da un evento, senza che alcun dettaglio sia trascurato. Ma in cosa consiste esattamente l’event planning e soprattutto cosa fa in pratica un bravo event manager? Per saperne di più ed approfondire l’argomento, abbiamo raggiunto e intervistato la pugliese NADIA CARBONE, fondatrice e direttrice artistica del GENERATION FILM FEST, e con all’attivo oltre 10 anni di esperienza nel settore EVENTI, per farci raccontare i retroscena di una figura professionale che spesso opera dietro le quinte.
Benvenuta, Nadia. Da quanti anni lavori nel settore degli eventi e quando hai capito che avresti potuto fare della tua passione un lavoro?
“La mia è un’esperienza che dura da oltre 10 anni. Nel 2012, durante il Premio Noto all’eccellenza del M° Adriano Pintaldi, io ero l’inviata per un’emittente televisiva locale e fu lo stesso Pintaldi a chiedere al direttore del canale televisivo di farmi presentare le serate sul palco. In seguito mi riconfermò nelle successive edizioni 2013/2014, permettendomi di affiancarlo anche nell’organizzazione e dandomi la possibilità di dialogare e premiare grandi icone del cinema italiano come Giancarlo Giannini, Lina Wertmuller, Pupi Avati ed Enrico Vanzina. Ho capito, fin da subito, che quell’esperienza sarebbe stata solo l’inizio di un cambiamento nel mio percorso artistico!”
Ritieni che, oggi, ci si possa ancora improvvisare “organizzatore di eventi”?
“In generale, credo che nessuno possa svegliarsi al mattino e decidere di svolgere un lavoro senza avere la giusta preparazione o esperienza. Premesso ciò, mi dispiace dire che invece, purtroppo, nel mio settore, è all’ordine del giorno improvvisare! Sono tutti organizzatori, registi, attori, scrittori…”
Sei giovane, tuttavia hai già numerosi eventi (di successo) nel tuo bagaglio professionale…
“Esatto! Il primo grande evento nel quale decisi di mettermi in gioco ‘autonomamente’ fu il Gran Galà della Cultura, nel 2014, senza dubbio un duro banco di prova. In quel periodo studiavo anche ideazione, organizzazione di eventi e show televisivi con il Dir. Rai Carlo Orichuia, grazie al quale – e in aggiunta agli insegnamenti del M° Pintaldi, – compresi tutto ciò che un libro o degli appunti possono solo fare immaginare. Si trattava di un lavoro commissionato dall’Archeoclub -Oria, una grande soddisfazione per me portare a termine due edizioni con ospiti del calibro di Lino Capolicchio, Sandra Milo, Monica Setta, Maurizio Casagrande, Sebastiano Somma e molti altri… Negli anni successivi ho poi spaziato con svariati generi di manifestazioni: musicali, sociali ed editoriali, spesso subentrando come produttrice oltre che a curarne la direzione artistica.”




In quale tipologia di eventi ritieni di essere più specializzata o di annoverare più esperienza?
“Sicuramente in quelli culturali, inerenti all’arte, alla letteratura e al cinema in particolar modo, in quanto mi permettono di dare spazio e voce anche al mio lato artistico. Il mio ruolo, naturalmente, muta in base al genere di manifestazione e alla tipologia di cliente, è chiaro che occorre un’organizzazione e un iter burocratico differente per ciascun singolo settore. Ad ogni modo, che si tratti di un evento sociale, politico o relativo allo spettacolo, il focus è portare a casa l’obiettivo che ci si prefigge.”
Quali sono le maggiori difficoltà incontrate nel tuo percorso come direttrice artistica?
“L’essere giovane e, al contempo, donna. Sai, a volte mi sono ritrovata a far fronte a situazioni imbarazzanti. Quando mi ritrovo davanti a clienti o fornitori, o anche collaboratori, non è raro sentirmi dire: ‘Ah, ma sei giovanissima!’ oppure ‘Una donna, complimenti!’ o ancora ‘Per chi lavori?’. E quando rispondo: ‘In realtà sono io che ti pago!’, spesso leggo nei volti altrui diffidenza o anche solo stupore. Purtroppo, soprattutto al sud, esiste ancora quel sottile maschilismo, figlio dell’ignoranza e del patriarcato. Tuttavia, non mi sono mai lasciata intimorire o scoraggiare e, oggi, posso dire a testa alta di essere l’artefice di tutto ciò che ho creato. E non è poco!”
Ci spieghi perché è così importante che un’azienda scelga di puntare sugli eventi per promuovere il proprio brand?
“Gli eventi, da sempre, sono una cassa di risonanza per le aziende, ecco perché è fondamentale curarne tutti i dettagli: dalla promozione al valore sociale. Sponsorizzare un evento, inoltre, è un’opportunità per i brand di ampliare la visibilità e rafforzare la propria immagine utilizzando il contatto diretto con il pubblico. È una strategia che, se ben studiata, può portare benefici duraturi come quello di instaurare partnership di lungo termine e aumentare il fatturato.”




Quali doti indispensabili dovrebbe avere un bravo organizzatore di eventi?
“Sicuramente la pazienza, la tenacia e la capacità di problem-solving. Inoltre è importante creare un ambiente di lavoro sereno e propositivo, chi svolge la mia professione ha il dovere di motivare e rispettare qualsiasi ruolo all’interno dello staff: si potrà pur essere il motore di una grossa cilindrata, ma senza gli altri pezzi non si corre da nessuna parte! Personalmente, nel team, sono una che preferisce ‘agire’, dando il buon esempio, piuttosto che impartire ordini.”
Tra tutti gli eventi da te organizzati, qual è quello che ti rende più fiera?
“Senza ombra di dubbio il GENERATION FILM FEST, il mio brand, e sottolineo ‘MIO’. Ho ideato questo format cercando di riportare tutto il mio bagaglio formativo ed esperienziale. Racconto il cinema italiano, la sua storia fino ai nostri giorni, attraverso ospiti, incontri, proiezioni e mettendo a confronto le varie generazioni. Da qui, ho dato inoltre vita ad una serie di eventi collaterali, come masterclass, workshop e la realizzazione di un cortometraggio che vedremo nel 2025. Senza nulla togliere a tutti gli altri eventi, il GFF è senza dubbio il progetto più importante e difficile da organizzare e portare avanti nel tempo, in termini di risorse ed energie.”
Ci sveli qualche tuo progetto in corso d’opera?
“Proprio in questi giorni sono in piena fase organizzativa di un evento che si terrà in primavera a Lugano e che vedrà protagonista il Luxury Magazine POPULAR (edito da Resalio Produzioni). Sarà un evento che farà parlare molto, non solo per i numerosi successi ottenuti durante il primo anno di vita del magazine, ma anche per gli ospiti che ne faranno parte, tra imprenditori, case nobiliari e artisti. È la prima volta che organizzo un evento fuori dall’Italia, spero possa essere il primo di una lunga serie!”




Esiste ‘il progetto’ nel tuo cassetto dei sogni da realizzare?
“Io non sogno un solo progetto/evento in particolare, ma tanti, tantissimi… forse anche troppi! (ride, ndr)”
Nadia, salutandoci, dove e come ti vedi tra dieci anni?
“Mi piacerebbe tramutare in realtà tutto ciò che scrivo. Creare arte è certamente ciò che mi rende felice, non desidero altro. Ovviamente mi piacciono le evoluzioni e anche gli ardui obiettivi da raggiungere, per cui, sono certa che fra dieci anni, se mi intervisterai nuovamente, avrò ancora molto altro di cui raccontare!”
Interviste
Intervista a Nicol Angelozzi, dal set a Madrina del Catania Film Fest

Nicol Angelozzi è un’attrice emergente dal talento e dalla determinazione straordinari. Nonostante la giovane età, ha già conquistato ruoli importanti, arrivando al pubblico televisivo con la serie Confusi, disponibile su RaiPlay, in cui ha interpretato un ruolo da protagonista. Ora è pronta a ricoprire il prestigioso ruolo di Madrina al prossimo Catania Film Fest, evento di spicco nel panorama del cinema indipendente.
In questa intervista, Nicol condivide la sua passione per la recitazione, i sogni ed i progetti che la attendono nel futuro.
Nicol, sei giovanissima ma hai già fatto passi importanti nella tua carriera di attrice, come ad esempio il ruolo da protagonista in Confusi. Come è nata questa passione per la recitazione e cosa ti ha spinta ad intraprendere questa strada?
“Da quando ero piccola ho sempre amato il mondo dello spettacolo. Ricordo che appena trovavo una spazzola in giro per casa, la prendevo e iniziavo a cantare, ballare e ad inventare storie. A scuola, non perdevo occasione di partecipare alle recite; ero sempre in prima linea. Da lì ho capito che quello poteva essere il mio mondo. La recitazione mi rende viva e mi fa provare emozioni intense. Per questo, mi impegno ogni giorno con tutta me stessa per inseguire il mio sogno.”

Sarai la Madrina della prossima edizione del Catania Film Fest, che si terrà dal 13 al 17 novembre 2024. Cosa significa per te questo ruolo e quale contributo speri di portare al festival?
“Sono molto emozionata di poter ricoprire un ruolo così importante, tornare nella mia città Catania e aprire le porte del festival. Spero di portare tanta freschezza e gioia, e di contribuire al successo di questo evento che valorizza il cinema indipendente.”
Il Catania Film Fest è un importante evento per il cinema indipendente. Secondo te, qual è il valore di questi festival per i giovani attori e per l’industria cinematografica in generale?
“Ieri in un’intervista dicevo che i festival avvicinano le persone al mondo del cinema e permettono di approfondire le proprie conoscenze. Avere l’opportunità di vedere film che in sala sono spesso difficili da trovare è un’occasione preziosa. Tantissime scuole ed università parteciperanno al programma del festival, e questa adesione mi rende molto felice.”

Guardando alla tua esperienza professionale, c’è un ruolo o un progetto che consideri particolarmente significativo nel tuo percorso?
“Sicuramente il ruolo di Maria Grazia in Confusi mi ha segnato particolarmente. Avere la possibilità di interpretare un personaggio per un mese intero è una sfida bellissima: ti permette di creare e cucirti il personaggio addosso, di viverlo davvero dall’inizio alla fine.”
Quali sono i tuoi progetti futuri?
“Ci sono dei progetti di cui purtroppo non posso ancora parlare, ma che saranno molto entusiasmanti. Soprattutto, continuerò a studiare ed a formarmi, perché credo che lo studio faccia davvero la differenza in questo mestiere.”

Quali attori o registi ti ispirano di più nel tuo lavoro, e con chi sogni di collaborare in futuro per continuare a crescere professionalmente?
“Mi piacerebbe interpretare un ruolo action, magari sullo stile di Lara Croft—sarebbe davvero divertente! Vorrei lavorare con Ferzan Ozpetek, per la sua grande delicatezza nella narrazione. Spero di avere la possibilità di esplorare sempre di più in questo mestiere, passando dalla recitazione alla televisione, o anche alla radio.”
Cultura
L’evoluzione dei graffiti nell’arte: intervista a Nico “Lopez” Bruchi

Nico “Lopez” Bruchi è un artista poliedrico: pittore, fotografo, video-maker ed attivista sociale, incarna l’arte nella sua totalità. La sua passione per la creatività si manifesta in ogni campo in cui si esprime.
Nato a Volterra, in una famiglia di creativi, “Lopez” si è immerso fin da giovane nelle subculture urbane come lo skateboard e la street art, che hanno profondamente influenzato il suo percorso artistico e di cui, ed in breve tempo, è diventato uno dei punti di riferimento più importanti.

Oggi ricopre il ruolo di direttore artistico della EDFcrew, un ambizioso progetto di arte sociale che si dedica alla riqualificazione urbana. Con questo collettivo, Bruchi realizza decine di interventi artistici all’anno, trasformando spazi trascurati in opere d’arte, e continua a lavorare come direttore creativo su scala internazionale, collaborando a progetti innovativi che uniscono arte, design e impegno sociale. Lo incontriamo per parlare di urban art.
Cosa sono i graffiti per te?
Sono la più antica e necessaria espressione e affermazione dell’esistenza umana. Nascono nella preistoria e sono antecedenti alla scrittura. Sono cambiati i modi, ma non abbiamo mai smesso di farne, quindi si può dire che siano la più primordiale forma espressiva che abbiamo. Sono da sempre anche una forma di appropriazione di spazi e concetti, per questo motivo sono stati spesso generati in occasione di ribellione di manifestazioni di dissenso, con desiderio d’imponenza, d’invasione di spazi pubblici per autoproclamare sovversivi messaggi alla popolazione. Sono stati vera e propria pubblicità, decorazione, espressione di potenza e ricchezza (affreschi nelle ville), raffigurazione del divino (affreschi nelle chiese).
Per me, però, tutto nasce con i graffiti di Fernando Oreste Nannetti, meglio noto come NOF4, uno degli ospiti del manicomio di Volterra che, durante gli anni di reclusione, incise con le fibbie delle cinture tutte le mura esterne del padiglione manicomiali, creando un vero e proprio diario della sua mente. Considerato un capolavoro dell’Art Brut, il graffito di Nannetti, nella sua cripticità, riportava autoaffermazioni della sua esistenza e personali definizioni del proprio essere, tra le più leggibili, si distingueva questa: “…io sono un astronautico ingegnere minerario nel sistema mentale. Questa è la mia chiave mineraria. Sono anche un colonnello dell’astronautica astrale e terrestre.”

Crescere circondato da un’opera così potente ti lascia un segno profondo. La prima volta che scrissi su un muro avevo circa 7 anni, usando un pezzo di alabastro che un artigiano lasciava fuori dalla sua bottega per farci disegnare. Anni dopo, intorno ai 14, scoprii i graffiti “a bomboletta”, come i chiamo io. Praticando skateboard da rollerblading ero spesso negli skatepark ed inevitabilmente inciampai in alcuni writers milanesi e svizzeri. Rimasi affascinato e qualche anno più tardi cominciai dilettarmi nell’uso degli spray.
Vivendo a Volterra, con le sue antiche mura vincolate come beni storici, per evitare denunce iniziai a sperimentare coi graffiti nell’ex manicomio abbandonato. Passavo le giornate da solo a esercitarmi con gli spray. Quel luogo divenne il centro dei graffiti a Volterra, e per rispetto di NOF4, mi sono sempre impegnato a proteggere il suo lavoro, raccontando la sua storia agli artisti e invitandoli a dipingere altrove.
Come hai incontrato la EDFcrew?
Un giorno, un amico (Daniele Orlandi a.k.a. Umberto Staila) mi invitò a una jam di graffiti a Pontedera, dove parteciparono artisti da tutta Italia. Fu stupendo e a fine evento, lui e il suo socio (Niccolò Giannini a.k.a. Joke) mi proposero di entrare nella loro crew, la EDFcrew. Da quel momento, la mia vita cambiò e la crew divenne la mia priorità. Oggi, 20 anni dopo, sono il direttore artistico della EDFcrew, composta da sei artisti e molte figure professionali. I graffiti, da mezzo per esplorarmi e affermarmi, si sono trasformati in uno strumento di creatività sociale e comunitaria, diventando il motore della mia rivoluzione personale.

I graffiti e le opere d’arte urbana hanno attraversato un incredibile viaggio culturale, trasformandosi da attività clandestina a fenomeno celebrato ed integrato nella società contemporanea.
Nel corso degli anni, i graffiti hanno subito una straordinaria trasformazione culturale, passando dall’essere una forma clandestina di espressione ad un fenomeno celebrato ed integrato nella società. Artisti come me hanno contribuito a questo cambiamento, trasformando i graffiti in opere d’arte che suscitano riflessioni e dialoghi. Si è verificata una separazione tra il ‘Writing’ puro, che si basa sull’auto-affermazione egotica attraverso la scrittura del proprio nome, e i graffitisti figurativi che desideravano esprimersi senza i rischi del Writing clandestino.
Gli artisti figurativi, partendo dal concetto di graffiti “Puppet”, hanno evoluto il loro stile, dedicando più tempo alla creazione rispetto ai rapidi interventi clandestini sui treni. Con il tempo, i graffiti si sono spostati in spazi legali, più adatti alla realizzazione di opere complesse e decifrabili anche da chi non appartiene alle Street Cultures. Molti artisti hanno partecipato a jam su muri concessi dalle istituzioni, portando all’integrazione dei graffiti nell’ambiente urbano e alla nascita di movimenti come la Street Art e il muralismo. Grazie a internet, i graffiti hanno raggiunto una diffusione globale, entrando anche nei musei e nel mercato dell’arte.
E cosa succederà alle città invase dai murales, quando questi inevitabilmente si deterioreranno?
I murales che contengono un forte valore concettuale ed estetico rimarranno nei ricordi di chi li ha vissuti. Le città si evolvono costantemente, e i murales deteriorati potranno aggiungere un fascino ‘neorealista’ a certi quartieri, o essere restaurati o sostituiti. La natura effimera del muralismo lo rende affascinante: alcune persone potrebbero stancarsi, ma altri continueranno a trovare ispirazione nella loro bellezza, proprio come accade per le grandi opere d’arte.
Noi della EDFcrew ci impegniamo a creare arte sociale, coinvolgendo le comunità nei processi creativi e producendo murales che portano la loro voce. Chiudo dicendo che per molti (e mi metto anch’io tra questi) questa forma d’arte non è che l’inizio di un percorso artistico che poi, col tempo, prende nuove strade contemporanee dell’arte.
Interviste
Intervista esclusiva a Lola Abraldes, protagonista di Margarita: dietro le quinte della...

Lola Abraldes ci racconta il suo percorso in Margarita, la nuova serie legata all’universo di Floricienta (Flor speciale come te) e le sfide per interpretare Daisy, in una trama piena di colpi di scena. Ricordiamo che la serie narra le vicende della figlia di Flor e Massimo.
Lola Abraldes, a soli 21 anni, è già una promessa nel mondo dello spettacolo. È attrice, ballerina, cantante, modella e ha una determinazione che emerge chiaramente sin da bambina. La sua carriera ha radici profonde: a soli sei anni ha iniziato a lavorare nelle pubblicità, spesso al fianco di suo padre Flavio Abraldes, anche lui attore, che è stato una guida importantissima per lei. Con il suo sostegno e i suoi consigli, Lola ha affrontato ogni sfida con una sicurezza davvero invidiabile.
Ma non è solo il talento di famiglia a distinguerla: Lola ha sempre avuto una passione innata per l’arte, alimentata dai suoi studi di teatro e danza, iniziati a sette anni, e dal canto, che ha aggiunto alla sua formazione quattro anni fa. Il suo grande sogno? Lavorare con Cris Morena, un sogno che l’ha accompagnata fin da quando guardava Casi Ángeles, affascinata dal personaggio di Mar. E questo sogno, con grande determinazione, è riuscita a realizzarlo.
Lola ha dovuto insistere molto con i suoi genitori per partecipare ai primi casting. Non era facile per loro accettare che una bambina così piccola volesse già entrare in un mondo così competitivo. Ma alla fine ha prevalso la sua caparbietà e da quel momento non si è più fermata. Ha iniziato a fare pubblicità, ha continuato a studiare e poco a poco si è fatta strada nel mondo del cinema e della TV.

Nel 2021 arriva la svolta: ottiene un ruolo da coprotagonista nel film Como mueren las reinas. Un’esperienza che per lei ha significato tantissimo, perché è stato lì che ha capito di voler recitare per il resto della vita. Quei giorni lunghi sul set, per la prima volta così intensi, le hanno dato la certezza che il suo sogno stava prendendo forma.
Ma la vera sfida arriva con Margarita, una serie firmata da Cris Morena. Lola ha affrontato un casting lunghissimo e inizialmente non era stata selezionata per il laboratorio della serie. Ma la sua perseveranza è stata premiata: dopo qualche settimana, è stata richiamata per partecipare, e alla fine, tra cinque attrici, è stata scelta per interpretare Daisy. Un momento di felicità indescrivibile per lei.
Il personaggio di Daisy non è affatto semplice. Cresciuta tra bugie e inganni, Daisy non conosce la sua vera identità e Lola ha lavorato mesi per costruire un ruolo così complesso. Ogni scena è stata analizzata a fondo, ogni dettaglio studiato. Grazie alla sua formazione artistica, Lola ha saputo dare a Daisy una profondità che rende il personaggio credibile e coinvolgente.
Lola ha lavorato duramente per far emergere in Daisy il conflitto tra la voglia di conoscere la verità e la paura di affrontarla. Daisy, infatti, sceglie inconsciamente di vivere nella menzogna, per evitare il dolore di scoprire chi è davvero. Un personaggio pieno di sfumature, che Lola ha reso unico, grazie anche all’aiuto della sua coach di recitazione e di suo padre, sempre presente a darle consigli.

Il rapporto tra Daisy e la vera Margarita, interpretata da Mora Bianchi, è stato uno degli aspetti più interessanti da sviluppare. La loro amicizia nella vita reale ha reso tutto più semplice: ore e ore passate insieme sul set hanno creato una complicità autentica che si riflette anche nei loro personaggi. E questa autenticità è ciò che rende il legame tra Daisy e Margarita così vero e coinvolgente sullo schermo.
Anche la relazione tra Daisy e Merlín, interpretato da Nicolás Goldschmidt, ha rappresentato una grande sfida per Lola. Dopo aver subito tanto dolore a causa di Merlín, Daisy trova la forza di perdonarlo, dimostrando la sua dolcezza e la sua capacità di comprendere. Una delle scene più intense, ci racconta Lola, è stata quella sull’isola, dove Daisy affronta Merlín chiedendogli “Perché mi fai questo?”. Quella battuta, inserita da Lola stessa, ha dato ancora più profondità al suo personaggio e alla scena.
Non è mancata la pressione da parte del fandom di Floricienta, una serie amatissima che ha lasciato un’eredità importante. Lola ha sentito questa responsabilità, ma ha affrontato tutto con grande rispetto, riguardando la serie originale per immergersi completamente nel contesto e fare suo il ruolo di Daisy.
E per il futuro? Lola ha le idee molto chiare. Vuole continuare a recitare, esplorare nuovi personaggi, nuovi paesi, nuove storie. Sogna di lavorare in Italia o in Spagna, due paesi che ama moltissimo e continua a formarsi per crescere sempre di più come attrice.
L’intervista con Lola Abraldes ci ha regalato uno sguardo unico sul suo percorso, fatto di determinazione, passione e tanto talento. Una giovane artista che ha sempre creduto nei suoi sogni e che, con impegno e sacrificio, li sta realizzando uno dopo l’altro. E noi non vediamo l’ora di vedere dove la porteranno i prossimi passi.
La nostra intervista esclusiva
Ciao, Lola! È un vero onore averti con noi di Sbircia la Notizia Magazine per questa esclusiva in Italia. Siamo davvero entusiasti di poter raccontare la tua storia ai nostri lettori e scoprire di più su di te e sul tuo percorso. Sei un talento emergente che sta conquistando il cuore di molti e avere l’opportunità di parlare con te è un privilegio. Grazie per aver accettato questa intervista.
Hai iniziato a lavorare nel mondo dello spettacolo giovanissima, partecipando in pubblicità e lavori di modella già a sei anni. Quanto ti ha aiutato questa esperienza iniziale ad affrontare i casting e il ruolo di Daisy in “Margarita”? C’è qualcosa che hai imparato in quegli anni, magari anche dai lavori insieme a tuo padre Flavio Abraldes?
“Lavorare nel mondo della recitazione fin da piccola mi ha aiutato tantissimo ad affrontare i lunghi casting di Margarita. Mi ha dato una formazione solida non solo nella recitazione, ma anche nella danza e nel canto, poiché la mia esperienza precedente mi aveva già insegnato molto sul mondo dell’arte. Grazie ai miei lavori precedenti, sapevo già come studiare i copioni, come pormi davanti alla telecamera e come comportarmi sul set. Inoltre, i consigli che mio padre mi ha sempre dato mi hanno permesso di affrontare i casting con molta sicurezza e calma. È stato un processo lungo e difficile, ma sono riuscita a rimanere in piedi senza permettere alla pressione di abbattermi. Se non avessi fatto tanti casting durante la mia infanzia e non avessi già sperimentato cosa significhi non essere scelta per un progetto, il processo di selezione per Margarita sarebbe stato impossibile per me.”

Fin da bambina, guardavi “Casi Ángeles” e sognavi di lavorare nelle produzioni di Cris Morena, ispirata dal personaggio di Mar. Raccontaci cosa hai provato quando hai saputo che eri stata ammessa alla scuola “Otro Mundo” di Cris Morena, e qual è stato per te il momento più emozionante di questo percorso, passando da fan a parte integrante di questo mondo che tanto ammiravi?
“Come dici tu, ero una grande fan di Casi Ángeles, e vedere Mar mi ha ispirata a diventare attrice. Entrare in Otro Mundo è stato un sogno che si realizzava per me, perché era lo spazio dove potevo imparare arte tutto il giorno, tutti i giorni, come avevo sempre desiderato. E, inoltre, sotto la guida della grande Cris Morena. Quando ho saputo di essere stata ammessa a Otro Mundo, ho pianto di gioia abbracciata a mia madre, ansiosa di iniziare a imparare da Cris. Il momento più emozionante di quel percorso è stato poche settimane dopo, quando Cris mi ha invitato a un incontro per conoscerci. Abbiamo parlato a lungo e mi ha detto che era interessata a me e che le piaceva molto il mio lavoro. Mi ha raccontato che dal giorno in cui ci siamo incontrate per la mia audizione, aveva il desiderio di sedersi a parlare con me. È stata una conversazione molto piacevole e mi ha consigliato di continuare a formarmi con la stessa energia e voglia.”
Il processo di selezione per il ruolo di Daisy è stato particolarmente intenso e competitivo, passando attraverso due fasi di casting e poi un laboratorio con altre quattro attrici in lizza per lo stesso ruolo. Qual è stata, secondo te, la chiave del tuo successo in quelle audizioni, e come hai vissuto quei momenti di incertezza, specialmente quando inizialmente ti avevano detto che non eri stata scelta?
“Credo che la chiave del successo sia stata mantenere la sicurezza in me stessa, lavorare duramente nonostante la stanchezza e appoggiarmi sui miei compagni di cast, amici e famiglia. Ho sempre mantenuto un buon rapporto con le altre ragazze che facevano il casting per Daisy, consigliandoci a vicenda, trattandoci con affetto e rispetto. Questo è stato fondamentale perché ha evitato che si creasse un ambiente ostile e competitivo. La mia famiglia è stata sempre presente, sostenendomi nei giorni in cui mi sentivo più giù o insicura, aiutandomi a ritrovare le energie per continuare. Inoltre, mio padre Flavio mi aiutava molto a provare le scene a casa. Continuavo a prendere lezioni per crescere e formarmi come artista.”

Daisy è un personaggio complesso, cresciuto in un mondo di bugie senza conoscere la verità sulla sua identità, adottata da Delfina solo per sfruttare l’eredità di Margarita. Come hai costruito il carattere di Daisy per renderlo autentico, e quali sono state le sfide emotive più grandi nel rappresentare il conflitto interiore di un personaggio che vive in un inganno così profondo?
“Il laboratorio (o casting) che abbiamo fatto per la serie è stato molto lungo e questo mi ha dato mesi per costruire la personalità di Daisy e conoscerla a fondo. L’ho conosciuta a tal punto che l’ho fatta mia. Mio padre Flavio e la nostra coach di recitazione, Cecilia Echague, sono stati di grande aiuto per trovare tutte le sfaccettature di Daisy e trasformarla in un personaggio profondo e complesso. Ho preso ogni scena del copione e l’ho analizzata a fondo, cercando tutti i colori e i dettagli. Ho dedicato molto tempo e passione. La sfida più grande nel rappresentare il conflitto interno di Daisy è stata far sì che lei davvero non volesse scoprire la sua vera identità. Nel corso della sua vita, Daisy ha molti indizi che la portano a sospettare di non essere chi crede di essere e ho dovuto trovare una giustificazione per il suo non voler approfondire la ricerca. Ho deciso di rendere Daisy una ragazza che sceglie di vivere nella menzogna. Lei sa che ci sono cose che non quadrano, ma per evitare dolore e sofferenza, inconsciamente sceglie di non indagare e di essere felice nonostante il piccolo vuoto che sente. È il suo meccanismo di difesa.”
Hai studiato teatro e danza fin da quando avevi sette anni, e canto da quattro anni. Quanto è stato importante il tuo background artistico nel dare vita al personaggio di Daisy? Come queste esperienze ti hanno aiutato a portare profondità e credibilità a un ruolo che richiede non solo recitazione, ma anche un’espressività fisica e vocale che la rendono così unica?
“La mia formazione artistica è stata fondamentale per dare vita a Daisy. Essendo un personaggio molto complesso con molti conflitti interni, ho avuto bisogno di molta tecnica recitativa per interpretarla senza problemi. Tutta quella formazione mi ha permesso di creare una dualità in Daisy, con il dilemma del sapere e non sapere, e del credere e non credere. Daisy è una ragazza molto dolce e calma, con tanto amore da dare ma che soffre e piange molto. Tutto questo l’ho costruito grazie alla mia esperienza e formazione passata.”
In “Margarita”, il legame tra Daisy e la vera Margarita è intriso di una drammaticità inconsapevole, poiché entrambe vivono immerse in una bugia e sono ignare delle loro vere identità. Come hai lavorato insieme a Mora Bianchi per creare questa intensa e delicata amicizia tra due personaggi che, pur non sapendolo, sono in competizione per una vita che non appartiene loro?
“L’amicizia tra Daisy e Margarita si è sviluppata in modo molto naturale, perché con Mora abbiamo costruito quella stessa amicizia nella vita reale. Tante ore insieme, risate e conversazioni profonde ci hanno dato una complicità assolutamente autentica, che ci ha aiutato entrambe sul set. Credo che questa sia stata la chiave per far sì che il nostro legame nella fiction apparisse così genuino e naturale. Inoltre, ci ha permesso di goderci le ore sul set e di supportarci emotivamente mentre eravamo lontane dalle nostre famiglie – la serie è stata girata in Uruguay.”

La relazione tra Daisy e Merlin è ricca di tensione e segreti: inizialmente Daisy non conosceva la vera identità di Merlin e le sue motivazioni, ma dopo la rivelazione di questo, la dinamica tra loro è cambiata profondamente. Qual è stata la sfida più grande nel rappresentare questa transizione e c’è una scena tra voi che ti ha toccato o lasciato una huella?
“La sfida più grande nel rappresentare questa transizione è stata far sì che Daisy si permettesse di condividere lo stesso spazio con Merlin, dopo che lui le aveva causato tanto dolore. Ci sono riuscita facendo sì che Daisy, con la sua dolcezza e bontà, capisse che lui non aveva agito con cattive intenzioni e che era una persona giusta e nobile. Una scena molto importante per me in questo rapporto è quella che loro hanno sull’isola, nella capanna. In quella scena, lei dice a Merlin che sa che lui non l’ha amata. A un certo punto gli dice: ‘Perché mi fai questo?’. Aggiunsi io quella battuta, perché mi sembrava importante per rappresentare ciò che Daisy sentiva e come lei si chiedeva davvero perché fosse necessario soffrire così. È stata anche molto bella da girare.”
Interpretare Daisy significa entrare a far parte di un universo legato a “Floricienta”, una serie iconica con una fanbase molto affezionata. Hai avvertito la pressione di soddisfare le aspettative di chi ha amato la serie originale e come hai gestito questa responsabilità, specialmente sapendo che i fan attendevano con ansia di scoprire cosa fosse successo a Flor e Massimo?
“Sì, ho sicuramente sentito molta pressione da parte del fandom di Floricienta, ma posso dire che ho sempre affrontato questo personaggio e questo progetto con grande rispetto. Ho rivisto Floricienta prima di iniziare le riprese, per comprendere meglio il contesto e capire a fondo la storia precedente, il che è stato fondamentale per le riprese. Inoltre, come fan di Floricienta, mi piace che il pubblico continui a provare tanto amore per Massimo e Florencia, proprio come ne provo io.”
Hai avuto un percorso unico e affascinante nel mondo dello spettacolo, dai primi passi nelle pubblicità fino ai ruoli di spicco in serie TV e film. C’è un momento nella tua carriera che consideri particolarmente significativo, un punto in cui hai sentito di aver trovato veramente la tua strada? Come il sostegno dei tuoi genitori, inizialmente restii a farti entrare nel mondo dello spettacolo, ha influenzato le tue scelte?
“Sì, per me è stato fondamentale il mio ruolo nel film Como mueren las reinas. È stato il mio primo progetto da coprotagonista e il periodo di riprese è stato lungo. Essere sul set tutti i giorni per la prima volta mi ha fatto capire che questo era davvero il mio sogno e che volevo recitare su un set per il resto della mia vita. Il sostegno dei miei genitori è stato sempre fondamentale per me, perché, una volta che hanno capito che questo era davvero il mio sogno, hanno iniziato a supportarmi al 100%, con tutto il loro amore e la loro dedizione. Questo è stato importantissimo per me, perché mi ha fatto sentire sempre accompagnata dalle persone che amo di più.”

Guardando al futuro, ci sono ruoli o storie che sogni di esplorare come attrice? Hai un progetto o un personaggio che senti particolarmente vicino e che ti piacerebbe interpretare?
“Guardando al futuro, sogno semplicemente di continuare a recitare per tutta la vita. Di esplorare personaggi completamente diversi, girando in Paesi diversi e per progetti diversi. Sogno di continuare a formarmi e crescere come attrice, e di affrontare storie di ogni tipo. Mi piacerebbe molto partecipare a un progetto in Spagna o Italia, poiché sono due Paesi che amo e adoro le persone che li abitano. Mi farebbe tantissimo piacere vivere lì per un po’ di tempo.”
Cosa diresti a chi, come te, sogna di entrare nel mondo dello spettacolo e affronta le sfide dei primi casting e delle prime delusioni? Qual è il consiglio più importante che hai ricevuto e che vorresti condividere con chi sta muovendo i primi passi in questo ambiente?
“Direi loro di lottare per i propri sogni. Con tanto impegno, lavoro e dedizione, i sogni si realizzano. Bisogna essere pronti ad affrontare il rifiuto, il vuoto e la tristezza, ma se riusciamo a superare quei momenti, quelli belli arriveranno. I miei genitori mi hanno sempre consigliato di continuare a crescere, di non lasciarmi abbattere dalle difficoltà e di non permettere che l’opinione di un direttore di casting mi definisse. Penso che questo sia molto importante, perché è facile sentirsi ‘poco talentuosi’, ‘brutti’ o ‘inadeguati’ quando un direttore di casting non ti sceglie per un ruolo. Ma bisogna tenere presente che non dipende da noi. Spesso non si viene scelti perché stavano cercando qualcos’altro, o per mille ragioni che non hanno a che fare con la bellezza, il talento o le capacità di una persona. È importante ricordarselo per poter essere felici in questa carriera.”
Se potessi tornare indietro e incontrare la Lola bambina che guardava “Casi Ángeles” con gli occhi pieni di sogni, cosa le diresti ora? Come ti senti sapendo che ogni passo ti ha portato esattamente a dove volevi essere, recitando in una serie firmata da Cris Morena?
“Sarebbe meraviglioso poter parlare qualche minuto con la Lola bambina. Le direi che tutti i suoi sforzi valgono la pena. Che perdere tanti compleanni, tante serate in pigiama con le amiche e tanti viaggi per continuare a formarsi o girare progetti più piccoli, varrà la pena. Le direi di credere in se stessa, di permettersi di divertirsi e giocare con la sua arte. Di non prendersi tutto troppo sul serio. Che tutti i suoi sogni si realizzeranno.”
Sebbene siamo ancora all’inizio, i fan sono già curiosi: ci sarà una seconda stagione di “Margarita” o i 40 episodi sono gli unici in programma? Hai qualche anticipazione che puoi svelarci?
“Mi piacerebbe potervi raccontare tutto, ma per ora posso solo dirvi che sono molto entusiasta di tutto ciò che sta accadendo con Margarita. Presto arriveranno cose meravigliose che mi emozionano tantissimo. Una seconda stagione? Lo spero tanto! Sarebbe bellissimo. Mettendoci tanto impegno e desiderio, potrebbe essere possibile, quindi continuiamo a sognarla finché si realizza ?”
Parlando un po’ della tua vita privata, se posso chiedere, sei fidanzata? E se sì, il tuo compagno condivide la tua stessa passione per la recitazione o è impegnato in un settore diverso?
“Non sono fidanzata, sono sola ma circondata da famiglia e amici che amo profondamente e con cui mi godo la vita.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Massimo Paolucci: Quasi Spia, una commedia all’italiana con il fascino...

Quasi Spia è il nuovo film, attualmente in fase di riprese, del regista Massimo Paolucci, che ha all’attivo produzioni importanti e di successo come Medium. Un nuovo progetto che si unisce a The Contract e Il Passo del Vento, in uscita nei prossimi mesi, che vanta un cast di grandi nomi: da Daniel McVicar all’influencer Zio Command, passando per Eleonora Pieroni, Danilo Brugia, Vincenzo Della Corte, Emilio Franchini, Vanessa Marini e Nadia Rinaldi. La protagonista è invece interpretata dall’attrice Simona Di Sarno, scelta da Paolucci per calarsi nel personaggio di Sara. Tutti aspetti dei quali abbiamo parlato con Massimo Paolucci in questa intervista.
A cura di Roberto Mallò
Massimo, parliamo di Quasi Spia. Partirei, per quello che può accennarmi, dalla trama. Di cosa parla il film?
“Il film tratta di una situazione periferica di una ragazza senza lavoro che intraprende la via del furto e si imbatterà in un’avventura da 007”.

Questa donna di cui parliamo è interpretata da Simona Di Sarno. L’ha scelta lei?
“Sì, l’ho scelta io. In principio, il progetto vedeva come protagonista un uomo. Avevamo pensato ad un ragazzo un po’ scapestrato che per fare soldi era disposto a fare qualsiasi cosa. Abbiamo poi scelto la Di Sarno perché ci ha colpito con la sua fisicità. E’ italo-indiana. Ha un viso spigoloso, un colore della pelle un po’ particolare, una montagna di capelli. Mi ricordava la Julia Roberts dei primi tempi. E incarna bene il personaggio molto singolare che porta in scena in Quasi Spia”.

Il film toccherà anche delle tematiche di attualità e di rilevanza sociale. Si può dunque dire che, pur essendo una commedia all’italiana, spinge alla riflessione.
“Esatto. Questa ragazza, che non riesce mai a trovare un lavoro, si affida sempre a una sua amica, agente immobiliare, che le permette, di tanto in tanto, di usare le case in vendita per dormire. La protagonista è una ragazza un po’ sbandata, non è seguita. Il film è una piccola denuncia perché sappiamo bene che, al di là della commedia e del film, le personalità così diventano vere e proprie ‘maestranze’ per la criminalità in strada”.
Il film è prodotto da Security, società specializzata in sicurezza che ha deciso di intraprendere una nuova attività cinematografica sotto la guida di Eleonora e Giuseppe Sordi, con il supporto e la produzione esecutiva di Omega Productions di Sara Paolucci. Com’è nata la collaborazione con loro?
“La Security si occupa della sicurezza in maniera seria. Siamo andati da loro un giorno, per vedere gli uffici e le location. Abbiamo potuto toccare con mano in che maniera professionale trattavano tutto ciò che aveva a che fare con la sicurezza. Ho chiesto, dunque, di poter usufruire delle loro location. Invece, Eleonora e Giuseppe, che sono i maggiori azionisti di questa società, insieme al loro papà, mi hanno chiesto di avviare insieme un percorso, visto che ci conosciamo e tra di noi c’è massima fiducia. Abbiamo un po’ ragionato sul da farsi e, alla fine, Eleonora mi ha proposto di produrre il film. Ed ho accettato perché si trattava di un’operazione seria con una società seria e stabile, con una struttura e un impianto serio a livello economico”.

Quasi Spia è dunque la prima di altre produzioni che potrebbero arrivare insieme alla Security?
“Sì, è il primo progetto. Ci siamo legati per cinque anni con questa società, in maniera non esclusiva. Diciamo che nei cinque anni ci siamo promessi di fare almeno altri due progetti, medio-bassi. In attesa di un film storico e in costume più importante, che riguarda la nostra cultura italiana, del quale non posso svelare altro, per il momento”.
Torniamo a Quasi Spia. L’agente 007 in pensione, di cui abbiamo parlato, è interpretato invece da Daniel McVicar.
“Sì, lo conosciamo tutti. E’ stato il bello di Beautiful; ha il suo accento americano. La sua voce è garanzia di quello che è un personaggio importante. Con Daniel si lavora davvero bene. Inoltre, per restare sugli interpreti, nel film c’è Danilo Brugia. E’ davvero bravo; purtroppo non viene preso molto in considerazione per l’attore bravo e preparato che è. Il cast è composto poi da Emilio Franchini, con il quale ho fatto dei film molto importanti come Medium. C’è poi la bravissima Nadia Rinaldi, che interpreta un bel ruolo e ci farà emozionare”.

Passando anche per Eleonora Pieroni…
“Sì, ho lavorato con lei precedentemente in The Contract. parla un ottimo inglese, quasi come lingua madre. Ha vissuto tanti anni in America. E’ una figura bellissima, mi piace come si muove. Fa da controparte alla protagonista. Vederle sul set vestite da bond-girl è uno spettacolo per gli occhi. Ha sposato subito il progetto”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Versi di fede: Don Cosimo Schena, il prete Influencer che trasforma la spiritualità in...

La figura di Don Cosimo Schena è un delicato mix tra profondità umana e spiritualità. Nato a Brindisi nel 1979, è entrato nell’Ordine dei Preti e a tutt’oggi non solo è un leader stimato della sua diocesi, ma anche un comunicatore innovativo che posiziona messaggi di fede e amore usando i media moderni. Il suo background educativo è vasto: le lauree in Filosofia, Teologia e Psicologia Clinica e Dinamica, nonché il Dottorato in Filosofia lo riflettono chiaramente il suo punto di vista meditativo e intellettuale sulla scrittura e la comunicazione.
L’importanza della poesia come diritto
Fin dal suo arrivo a Dio, Don Cosimo ha sentito l’esigenza di fare un’identificazione maggiore dell’amore di Dio. La poesia gli ha permesso di comunicare anche con il più distante della chiesa poiché il suo linguaggio, che copre i significati futuri, è allo stesso tempo modulo. Nelle sue raccolte di poesie, come L’uomo nel cuore di Dio, L’Arte di amare e Sussurri si concentrano sul tema centrale dell’amore divino, un amore che abbraccia ogni aspetto della vita quotidiana. Ogni poesia, breve ma intensa, nasce dal desiderio di donare speranza e conforto ed invita ad una connessione più profonda con la spiritualità.
La sua presenza sui social
Don Cosimo ha anche saputo fondere poesia, fede e tecnologia, diventando una presenza rilevante sui social media (fino a 20 milioni di streaming). I suoi video, in cui recita con passione le sue poesie accompagnate da musiche e immagini evocative, hanno catturato l’attenzione di un vasto pubblico, in particolare dei giovani. Attraverso questi contenuti, offre una guida spirituale alternativa, vicina e coinvolgente, trattando temi universali come l’amore, la pace e la gioia, sempre radicati nella fede cristiana.
L’umiltà, una delle sue più grandi qualità
Nonostante il successo dei suoi libri e la popolarità online, Don Cosimo è rimasto un sacerdote umile, profondamente legato alla sua missione pastorale. La sua presenza sui social non è altro che un’estensione del suo ministero, attraverso cui continua a cercare nuovi modi per raggiungere le persone e trasmettere messaggi di amore e speranza. Questo suo approccio autentico, unito alla capacità di toccare il cuore di chi lo ascolta, lo ha reso una delle figure spirituali più amate in Italia.
Il suo ultimo capolavoro: guida alla speranza e alla serenità
Oltre ai libri Rivestito di stelle per amare e La mia vita capovolta, nel 2024 esce con Dio è il mio coach, il suo ultimo capolavoro. Tutto ruota attorno all’idea che Dio possa essere scambiato per un allenatore della vita quotidiana – un’idea provocatoria, rassicurante e pratica.

L’autore propone ai lettori di immaginarsi Dio come un allenatore amorevole, pronto a rassicurare e a incoraggiare quando il gioco si fa duro. Con riflessioni semplici e storie personali, don Cosimo diffonde l’ideale che la fede possa essere una fonte concreta di forza e luce quando la vita diventa impossibile. Il coach non è affatto distante e irreale, anzi, è vicinissimo e molto umano: cammina accanto a noi, è orgoglioso di noi e ci spinge a fare meglio ogni giorno.
In sostanza, è un invito a vivere la propria spiritualità in modo pratico, trovando in Dio un amico e un allenatore che ci spinge a dare il meglio di noi stessi.
Il suo amore per gli animali
Don Cosimo è noto anche per la sua profonda compassione verso gli animali. Vede in loro doni di Dio e promuove il rispetto e la cura per tutte le creature. È attivamente coinvolto in iniziative per il benessere animale e sostiene rifugi ed organizza eventi per sensibilizzare la comunità sull’adozione responsabile. La sua dedizione mostra come l’amore per gli animali possa riflettere la nostra spiritualità e portare alla compassione nel mondo.
Noi lo abbiamo incontrato in esclusiva, di seguito l’intervista in italiano – per leggerla anche in altre lingue, visita www.menover50mode.com.
La nostra intervista esclusiva
Buongiorno, Don Cosimo, è un onore per me poterti intervistare.
“Buongiorno, grazie a te, il piacere è mio.”

In che modo Don Cosimo riesci a combinare la poesia e la spiritualità per avvicinare persone che si sentono distanti dalla fede.
“La poesia è un linguaggio universale che tocca il cuore delle persone. Attraverso i versi, cerco di esprimere la bellezza della fede e la profondità dell’amore di Dio. La poesia permette di avvicinarsi alla spiritualità in modo delicato e personale, creando un ponte tra il sacro e il quotidiano.”
Qual è il ruolo dei social media nel ministero di Don Cosimo e come la tua presenza digitale ha influenzato la tradizionale comunicazione cattolica?
“I social media sono uno strumento potente per raggiungere le persone ovunque si trovino. La mia presenza digitale mi permette di condividere messaggi di speranza e amore in tempo reale, rompendo le barriere della distanza fisica. Questo ha trasformato la comunicazione cattolica, rendendola più accessibile e immediata.”

In che modo la poesia di Don Cosimo esprime l’idea che l’amore di Dio si manifesta in ogni gesto della vita quotidiana?
“Nei miei versi, cerco di mostrare come l’amore di Dio si manifesti in ogni piccolo gesto della nostra vita quotidiana. Che sia un sorriso, un atto di gentilezza o un momento di riflessione, ogni azione può essere un riflesso della presenza divina.”
Come hai vissuto tu stesso l’idea di Dio come un coach nella tua vita, e quali esperienze ti hanno portato a condividere questo messaggio con gli altri?
“L’idea di Dio come un coach nella mia vita è stata una fonte di guida e ispirazione costante. Ho vissuto questa relazione come un continuo dialogo, dove Dio mi ha aiutato a vedere le sfide come opportunità di crescita e a trovare forza nei momenti di difficoltà. Le esperienze che mi hanno portato a condividere questo messaggio con gli altri sono molteplici: dai momenti di preghiera e riflessione personale, agli incontri con persone che hanno trovato conforto e speranza attraverso la fede. Ogni volta che ho visto il potere trasformativo di questo approccio nella mia vita e in quella degli altri, ho sentito il bisogno di diffondere questo messaggio, affinché più persone possano sperimentare la guida amorevole e il supporto di Dio come un vero coach.”

Secondo te, quali sono i principali motivi per cui i giovani si allontanano dalla Chiesa, e come possiamo renderla più rilevante per le nuove generazioni?
“Molti giovani si allontanano dalla Chiesa perché la percepiscono come distante dalle loro realtà e preoccupazioni. Per renderla più rilevante, dobbiamo ascoltare le loro voci, comprendere le loro sfide e offrire risposte autentiche e concrete. La Chiesa deve essere un luogo di accoglienza, dialogo e crescita personale.”
Abbiamo visto che tu sei un grande amante degli animali, qual è l’insegnamento più importante che hai ricevuto dagli animali nella tua vita e come questa esperienza ha influenzato la tua missione?
“L’insegnamento più importante che ho ricevuto dagli animali è la loro capacità di vivere nel presente e di mostrare amore incondizionato. Gli animali non giudicano, non portano rancore e vivono ogni momento con una purezza e una semplicità che spesso noi esseri umani dimentichiamo. Questa esperienza mi ha insegnato l’importanza di essere presenti per gli altri, di offrire amore senza aspettative e di trovare gioia nelle piccole cose della vita. Questi valori sono diventati fondamentali nella mia missione di portare conforto e speranza attraverso la mia poesia e il mio ministero.”
Se la Chiesa potesse adottare una nuova ‘app’ per avvicinare più persone alla fede, come pensi dovrebbe essere, più tipo Instagram, TikTok, Facebook o altra?
“Se la Chiesa potesse adottare una nuova app, dovrebbe essere una combinazione di Instagram e TikTok, con contenuti visivi e brevi video che catturano l’attenzione. Dovrebbe essere interattiva, permettendo alle persone di condividere le loro esperienze di fede e di connettersi con una comunità globale.”

Infine, oltre a scrivere poesie, Don Cosimo trova costantemente nuovi modi di esprimere la propria fede. Attraverso diversi progetti, tra cui libri, presentazioni, eventi culturali e religiosi, l’autore proseguirà il suo messaggio che l’amore divino diventa visibile in ogni espressione e che l’armonia con Dio si raggiunge con ogni respiro e in ogni momento.
Interviste
Il viaggio di Giorgio Cantarini: dal bambino di “La Vita è Bella” al suo percorso...

Giorgio Cantarini, nato il 12 aprile 1992 a Orvieto, è un attore italiano il cui talento si è rivelato sin dalla tenera età. Il suo percorso artistico è iniziato in modo quasi fiabesco quando, a soli cinque anni, ha avuto l’opportunità di recitare nel celebre film di Roberto Benigni, La vita è bella (1997). In quel film, Giorgio ha interpretato il piccolo Giosuè Orefice, figlio del protagonista Guido, e la sua interpretazione ha immediatamente catturato il cuore del pubblico di tutto il mondo.
La dolcezza e l’innocenza con cui Giorgio ha dato vita a Giosuè hanno reso la sua interpretazione impossibile da dimenticare. Ogni suo sorriso, ogni sguardo ingenuo e fiducioso ha toccato il cuore di chi guardava, facendo scaturire un’emozione così pura e profonda che, ancora oggi, rimane scolpita nei ricordi di chi ha vissuto quella storia attraverso i suoi occhi.
Giosuè ha incarnato la purezza di un bambino che, pur immerso nella brutalità dell’Olocausto, riesce a trovare conforto nella fantasia protettiva del padre. Con naturalezza e sensibilità, ha saputo rappresentare quel delicato equilibrio tra la spensieratezza infantile e la cruda realtà, creando un ritratto di resilienza e speranza che ha toccato corde emotive universali.




La vita è bella ha trionfato agli Oscar, vincendo tre statuette, tra cui quella per il Miglior Film Straniero, e in questo successo, l’interpretazione di Giorgio ha avuto un ruolo fondamentale.
Dopo il clamoroso successo del suo debutto, Giorgio è tornato sul grande schermo nel 2000 con un altro ruolo iconico, interpretando il figlio di Massimo Decimo Meridionel kolossal di Ridley Scott, Il Gladiatore. Sebbene il suo fosse un ruolo breve, la sua presenza in un film di tale portata, accanto a una star del calibro di Russell Crowe, ha confermato ulteriormente il suo talento e il suo potenziale nel mondo del cinema.
La scelta consapevole di Giorgio
Nonostante l’incredibile successo che lo ha travolto fin da bambino, Giorgio ha deciso di non farsi trascinare da quella valanga di notorietà. Ha scelto, con maturità e consapevolezza, di mantenere i piedi per terra e prendere il tempo necessario per ascoltare sé stesso, invece di lasciarsi condizionare dalle aspettative del mondo esterno.
Con saggezza e maturità, ha preferito dedicarsi agli studi, ritagliandosi il tempo necessario per riflettere e fare scelte ponderate riguardo alla sua carriera. Ha continuato a lavorare come attore, ma con una presenza più discreta, partecipando a progetti cinematografici e televisivi, sia in Italia che all’estero, mantenendo sempre il controllo sulla propria evoluzione artistica.
La sfida di Giorgio: dalla recitazione al ballo
Nel 2005, ha accettato una sfida diversa partecipando a Ballando con le Stelle, dove ha messo in mostra non solo il suo talento, ma anche la sua personalità simpatica e affabile.

Negli anni successivi, Giorgio ha intrapreso un percorso di studio approfondito della recitazione, ampliando le sue competenze nel teatro e sperimentando nuove forme espressive. Pur non essendo più sotto i riflettori con la stessa intensità dei suoi esordi, ha mantenuto intatta la sua passione per l’arte, scegliendo progetti che rispecchiassero la sua crescita personale e professionale. Lo abbiamo incontrato in esclusiva, di seguito l’intervista in italiano – per leggerla anche in altre lingue, visita www.menover50mode.com.
La nostra intervista esclusiva
Giorgio, grazie di aver accettato questa intervista!
“Il piacere è mio.”
Come hai vissuto il passaggio dall’essere un attore bambino in film così iconici a costruire la tua carriera da adulto?
“Crescendo, dopo “La vita è bella” e “Il Gladiatore”, ho continuato a lavorare nel mondo del cinema, partecipando ogni 3-4 anni a qualche progetto, come nuovi film per la TV o piccole collaborazioni. Partecipavo a questi progetti quando erano interessanti, anche se all’epoca non avevo una vera aspirazione a fare l’attore. Non era qualcosa che mi interessava davvero. In pratica, era un’attività in cui ero capitato quasi per caso e che sapevo fare, quindi ogni tanto accettavo delle parti, ma in realtà volevo fare altro. Come molti ragazzi della mia età, sognavo di diventare calciatore, professore, ingegnere… A un certo punto volevo persino fare il Papa! È stato solo verso la fine del liceo che ho cominciato a pensare seriamente alla recitazione. Mi piaceva molto il cinema, i film, le grandi interpretazioni degli attori di Hollywood. Così ho deciso di provare ad entrare al Centro Sperimentale di Cinematografia, dove sono stato ammesso. Ho studiato lì per tre anni, e in quel periodo è nata una vera passione per la recitazione. Mi sentivo appagato, sia a livello personale che sociale. Mi piaceva lavorare con gli altri, far parte di un gruppo, ma anche lavorare su me stesso. Dopo il diploma, ci è voluto un po’ per rientrare nel mondo del lavoro, ma negli ultimi anni le cose sono andate molto bene. Inizialmente non è stato semplice, né trovare continuità nel lavoro né superare il peso del modo in cui avevo iniziato, con il ruolo in “La vita è bella”. Mi sentivo sotto pressione, come se dovessi sempre dare il massimo, superando quel traguardo, quella performance. Ma col tempo ho capito che non era necessario. A cinque anni, nel film, non stavo recitando, stavo solo interpretando me stesso. Non c’era una vera “performance”, ma una spontaneità naturale. Superato questo blocco, ho cominciato a esprimermi con molta più libertà. L’esperienza, lo studio e il tempo mi hanno permesso di crescere come attore, e ora mi sento più libero di esprimermi, molto più di quanto non fosse all’inizio, subito dopo l’accademia.”

Guardando indietro ai tuoi ruoli più iconici, c’è stato un momento in cui hai sentito il peso delle aspettative o della notorietà, e come hai gestito quei sentimenti? Quali sono state le sfide più importanti?
“In parte, ti ho già risposto nella prima domanda, parlando di come sentivo, tra virgolette, il “peso” della notorietà che avevo acquisito da bambino. Però è stato durante gli anni di studio e soprattutto nei primi anni dopo il diploma in recitazione che ho iniziato a percepire maggiormente questa pressione. Dovevo entrare nel mondo del lavoro vero e proprio, e sentivo di dover dimostrare qualcosa in più rispetto agli altri. Era come se nulla mi fosse dovuto, e dovevo provare di essere all’altezza del passato. Con il tempo, però, ho capito che questa era una stupidaggine. Guardando indietro, uno dei primi lavori che mi ha dato più soddisfazione è stato il cortometraggio “Il dottore dei pesci”, diretto da Susanna Della Sala, una regista e scenografa davvero talentuosa. È stato uno dei miei primi lavori dopo il diploma e ha ottenuto molto successo nei festival di tutto il mondo. Abbiamo vinto premi a Los Angeles, in Canada e in Olanda, e io sono stato nominato come miglior attore in un festival a Los Angeles. Sono anche andato a ritirare il premio, perché il regista non poteva essere presente, e io mi trovavo già negli Stati Uniti. Essendo uno dei miei primi lavori, e avendo lavorato con una regista che aveva studiato nella mia stessa scuola, sentivo una certa pressione. Anche molti altri nei reparti tecnici del corto avevano frequentato la stessa scuola, quindi c’erano aspettative alte, e volevo davvero dare il massimo. Credo di esserci riuscito, visto che la mia interpretazione è piaciuta molto. “Il dottore dei pesci” è una storia semplice e carina, molto fantasiosa, quasi fiabesca. Per quanto riguarda come ho gestito questi sentimenti di pressione, beh, non saprei dirti esattamente. Sono una persona molto positiva, e anche se a volte queste emozioni mi bloccavano un po’ artisticamente, ho sempre cercato di lavorare su me stesso e di dare il meglio. Quando mi sentivo bloccato o non al 100%, cercavo di capire cosa mi stesse trattenendo e, passo dopo passo, sono riuscito a elaborare queste sensazioni. Di questo sono molto orgoglioso.”
Dopo aver scelto di mantenere un profilo più discreto nella tua carriera, quali valori o principi ti hanno guidato nelle tue scelte artistiche?
“Dopo aver scelto di mantenere un profilo più discreto nella mia carriera, ho sempre seguito dei principi ben definiti nelle mie scelte artistiche. Il mio obiettivo principale è sempre stato quello di partecipare a progetti validi, con un certo livello di qualità. Fin dall’inizio, insieme al mio team, abbiamo cercato di impostare una direzione chiara, scegliendo con attenzione i progetti a cui aderire e decidendo di non propormi per certi tipi di lavori. Questo è stato importante per mantenere un certo livello di integrità artistica. Avendo iniziato in un modo particolare, anche se ero solo un bambino e non ancora un professionista, ho sempre voluto mantenere una certa coerenza nelle scelte. Ovviamente, non è facile replicare successi come quelli de “La vita è bella” o “Il gladiatore”, ma ci siamo concentrati sul non partecipare a prodotti che, diciamo, non riteniamo altrettanto validi dal punto di vista artistico. Per esempio, abbiamo deciso di evitare le fiction o le soap opera di un certo tipo, senza fare nomi, ma parliamo di quella televisione meno ricercata artisticamente. Abbiamo preferito investire maggiormente sul cinema e su progetti televisivi di un certo spessore. È stato possibile farlo soprattutto negli ultimi anni, con l’avvento delle piattaforme streaming, che hanno cambiato il modo di fare serialità, portando più investimenti e nuove storie da raccontare. Devo ammettere, però, che finora non ho ancora avuto la possibilità di lavorare in una serie TV, ma è una cosa che aspetto. In ogni caso, ho sempre cercato di aderire solo a progetti che mi appassionassero e che valorizzassero il mio lavoro. Solo una volta ho fatto un’eccezione, accettando un progetto esclusivamente per motivi economici, e me ne sono pentito. Non ti dirò di quale progetto si tratta, ma dopo quell’esperienza, ho deciso che non avrei mai più fatto qualcosa solo per soldi.”
In che modo la recitazione e il teatro sono cambiati per te nel corso degli anni, e cosa cerchi oggi in un progetto che ti stimola a livello personale e professionale?
“La mia visione della recitazione e del teatro è cambiata nel tempo, specialmente con la maturazione della mia consapevolezza come attore. Anche il mio approccio è diverso ora. Appena diplomato, mi sentivo un po’ come quando impari a guidare: all’inizio devi concentrarti su ogni piccolo movimento – inserire la prima, la seconda, gestire la frizione, il freno – ma con l’esperienza tutto diventa più fluido e automatico. Negli ultimi anni, ho notato con sorpresa come il mio modo di affrontare una sceneggiatura o un testo sia diventato più naturale, quasi automatico. C’è molto meno “lavoro” consapevole, molte cose arrivano spontaneamente, senza dovermi sforzare per capire il personaggio o il testo. Un’altra cosa che mi ha colpito è la facilità con cui oggi entro in un personaggio, rispetto al passato, e allo stesso tempo, la maggiore difficoltà nel lasciarlo andare. L’ultimo film che ho girato è stato particolarmente stimolante per me. Si tratta di una produzione in due lingue, italiano e inglese, girata tra Italia e Stati Uniti. Interpreto un soldato affetto da sindrome da stress post-traumatico, un personaggio che ha vissuto la guerra e che attraversa gli anni ’60 con una vita molto complessa. Nonostante la complessità del ruolo, sono riuscito a immergermi nel personaggio con facilità, ma ho avuto difficoltà a uscirne. Dopo la prima tranche di riprese, che continueranno tra settembre e ottobre in Friuli, ho impiegato almeno una settimana per liberarmi delle sensazioni intense del personaggio. Questo mi ha davvero sorpreso, anche se in passato avevo già notato qualcosa di simile, anche in ruoli meno intensi. Ho capito che posso entrare nei personaggi in modo molto profondo e naturale, senza troppo sforzo, soprattutto quando sento una certa affinità con loro. Se invece il personaggio è più distante da me, richiede un lavoro più approfondito. Onestamente, non sono ancora arrivato al punto della mia carriera in cui posso scegliere liberamente cosa fare o cosa non fare. Ahimè, non ci sono ancora, ma so che quel momento arriverà. Per ora mi candido a vari progetti, cercando ovviamente quelli che ritengo validi, ma spesso devo anche accettare ciò che arriva, senza poter fare una grande selezione. Naturalmente, devono essere progetti che abbiano un valore artistico e professionale, dove interpreto un personaggio che mi valorizza, e soprattutto che raccontino una storia degna di essere narrata, diretta da persone che sappiano il fatto loro. Purtroppo, mi è capitato di imbattermi in persone che volevano coinvolgermi in progetti che, alla fine, non erano all’altezza, perché fare un film, o anche solo un cortometraggio, non è facile. Serve esperienza, non solo mezzi produttivi, ma anche una visione artistica. Non è detto che tu debba per forza aver studiato nelle migliori scuole, ma devi avere una visione d’insieme e sapere come formare una squadra. Ogni singolo elemento deve avere la giusta esperienza per realizzare qualcosa di buono, perché il rischio di fare qualcosa di terribile è sempre dietro l’angolo. Quello che cerco, quindi, sono persone che sappiano valorizzarmi, che abbiano una storia interessante da raccontare e, se possibile, che portino una visione originale, fuori dagli schemi. Amo molto progetti che escono dal canone tradizionale, come il film di cui ti parlavo, “Il dottore dei pesci”, che ha un’atmosfera fiabesca in cui mi ritrovo particolarmente. Un sogno che ho da tempo è quello di interpretare un cattivo, un ruolo che non mi è mai stato offerto. Probabilmente perché non ho il classico “physique durôle” del cattivo: mi dicono sempre che ho gli occhi troppo buoni! Ma mi piacerebbe davvero, e sono convinto che lo farei bene, magari interpretando un personaggio che sembra buono, ma che poi rivela un lato oscuro e subdolo. In realtà, ho avuto un assaggio di questo tipo di ruolo a teatro, l’anno scorso, nello spettacolo Altrove, scritto e diretto da Agustina Risotto Interlandi. Interpretavo un giovane marito, premuroso all’apparenza, ma che si rivela un manipolatore calcolatore. La storia racconta di una giovane coppia forzata a convivere durante il lockdown, e con il tempo emergono i demoni della loro relazione. Mi piacerebbe molto interpretare di nuovo un personaggio così, qualcosa di completamente diverso rispetto a quello che ho fatto finora. Penso che sarebbe interessante, dato il mio volto “buono”, interpretare qualcuno che all’apparenza sembra innocuo, ma nasconde un lato oscuro. Sarebbe un contrasto davvero intrigante!”

Ci potresti raccontare alcuni aneddoti divertenti accaduti con Benigni durante le riprese di “La vita è bella”?
“Certo, posso raccontarti qualche aneddoto divertente su Benigni! Ricordo che durante le riprese, considerando che avevo solo cinque anni, non sempre il mio umore era adatto per girare. A volte, come ogni bambino, non ero nel mood giusto, e Roberto cercava sempre di farmi sorridere, di rilassarmi e mettermi a mio agio. C’era una cosa che faceva spesso e che mi faceva ridere un sacco. Mi diceva: “Giorgio, cosa c’è? C’è qualcuno che non ti piace? Lo mandiamo via. Quello là ti piace? Sì? E quello là? No? Allora tu, vai via!” E così scherzava, mandava via le persone per farmi ridere e calmarmi. Un’altra cosa simpatica riguarda il soprannome “Testa Dura”. Nel film, il personaggio di Guido mi chiama così, ma in realtà tutto nasce dalla realtà! Io sono sempre stato un po’ testardo, in senso buono (o cattivo, dipende!), e sia Roberto che sua moglie, Nicoletta Braschi, avevano iniziato a chiamarmi “Testa Dura” sul set, affettuosamente. E io, naturalmente, rispondevo con: “Ah sì? E tu sei Testa Durissima!” Alla fine, questa cosa è stata inserita anche nel film, il che è davvero carino. C’erano anche delle scene dove Roberto diceva: “Sì, fai così!” perché gli piaceva come mi comportavo in modo spontaneo. Alcune delle cose che facevo, senza rendermene conto, sono rimaste nel montaggio finale del film. È stato bello vedere come alcune mie piccole reazioni spontanee siano state mantenute. Purtroppo, non ho tantissimi altri aneddoti, perché ero davvero piccolo. I miei ricordi si mescolano un po’ con i racconti che ho sentito dai miei genitori, con quello che ho raccontato negli anni, e con i miei flashback. D’altronde, sono passati 27 anni, e tutto nella mia mente si confonde un po’ tra immaginazione, ricordi reali e costruiti. Ma quello che ti posso dire con certezza sono queste piccole cose che ricordo ancora con affetto.”
Grazie infinite, Giorgio per questa intervista molto esauriente!
“Grazie a te per avermi dato questa opportunità.”
La storia di Giorgio Cantarini è quella di un artista che ha saputo coltivare la propria carriera con intelligenza e moderazione. Pur rimanendo indimenticabile per le sue prime interpretazioni, ha scelto di vivere la sua vita artistica con integrità, seguendo il proprio ritmo e mantenendo sempre viva la passione per la recitazione.
Il pubblico lo ricorderà per quei due ruoli che hanno segnato una generazione, ma ciò che lo distingue è il suo viaggio personale, un percorso di equilibrio tra il successo e la fedeltà a sé stesso.
© Sbircia la Notizia Magazine. È vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione, anche parziale, dei contenuti presenti in questa pagina, in qualunque forma e modalità. La ripubblicazione di questo articolo specifico è concessa esclusivamente a www.menover50mode.com previo accordo.
Interviste
Intervista ad Ivan Orrico, l’organizzatore della quinta edizione del Sila Film...

È tutto pronto per la quinta edizione del Sila Film Festival, in scena dal 21 al 24 agosto 2024 nell’Anfiteatro Via Roma di Camigliatello Silano. Tanti gli ospiti previsti: da Gianmarco Tognazzi a Marco Leonardi, passando per Fabrizio Ferracane, Mirko Frezza, Tullio Sorrentino, Walter Lippa, Susy Del Giudice, insieme a Giovanni Esposito, Luca Calvetta, Heidrum Schleef, Pasquale Greco e Francesco Altomare. Un festival che, da sempre, promuove il territorio calabrese e le sue eccellenze, dando risalto anche ai film prodotti. Ne abbiamo parlato con Ivan Orrico, l’organizzatore dell’evento. Ecco cosa ci ha raccontato.
Ivan, mercoledì 21 agosto 2024 prenderà il via la quinta edizione del Sila Film Festival. Quali novità può raccontarci?
“In questa quinta edizione si sono ampliate le attività, oltre alle masterclass che saranno tenute dall’attore Giovanni Esposito e Walter Lippa ci saranno dei seminari importanti che riguarderanno la ricaduta del cinema sui territori, su come il FILM-INDUCED TOURISM può essere in grado di valorizzarli ed essere quindi una leva di sviluppo territoriale. Offre numerosi vantaggi e potenziali opportunità, in quanto può consentire di elevare non solo il livello culturale dei visitatori, ma anche quello eco- nomico e sociale delle collettività locali e quindi essere un’ottima strategia di marketing. Si riesce così a valorizzare, accostandole al cinema, le tradizioni, la cultura del posto. Infatti, noi sin dalla prima edizione, con Esperienze Silane e Le Strade del Cinema, abbiamo portato avanti questa strategia di marketing territoriale facendo conoscere oltre alle eccellenze enogastronomiche anche quelle paesaggistiche, utilizzate in passato come set di importanti film del panorama nazionale ed internazionale.”.

Certo. Attraverso il cinema si promuove anche il territorio. Ed in fondo è questa la missione con la quale è nato il Sila Film Festival.
“Sì, è nato grazie alla passione per il cinema, per la cultura e per il proprio territorio che, ripeto, può dare tanto e ha dato tanto. Da calabrese, sono attaccato a questa terra e vorrei, appunto, che diventasse veramente, in toto, un set a cielo aperto. Cosa che, in parte, già è”.
Il Sila Film Festival è arrivato alla quinta edizione. Si aspettava un così grande successo quando è partito? Immagino sperasse nel suo successo. Alla fine, è un evento che cresce di anno in anno.
“Noi iniziammo la prima edizione nel 2020, durante la pandemia. Era un periodo difficile. Nonostante tutto siamo riusciti a partire nonostante la situazione drammatica. Mi ricordo un aneddoto particolare. Il patron del Festival di Prato, Romeo Conte, purtroppo non più fra noi, a cui chiesi il gemellaggio mi disse: ‘Tu sei un pazzo, tu sei un folle. Iniziare in questo periodo, dove è tutto fermo. Proprio per la tua pazzia io ci sono, sono con te, perché il cinema è vivo, e ora più che mai ha bisogno di gente come noi, non bisogna mollare!’. Quella sua risposta mi riempì il cuore di gioia e mi diede ancor più forza! Quella forza e determinazione che oggi mi hanno permesso di essere qui alla quinta edizione. E a tal proposito quest’anno renderemo omaggio a Romeo Conte, un grande uomo, un grande maestro, un appassionato che ha vissuto per il cinema e che ha fatto innamorare di questo meraviglioso mondo chiunque gli si avvicinasse. In effetti il cinema è vita. Il cinema è terapia e può guarire ogni cosa . Può riportare l’equilibrio perduto, può smuovere gli animi e le coscienze di ognuno. Sto notando che col tempo la gente sta iniziando a capire l’importanza di questa ‘Fabbrica del Sogno’. Alla quinta edizione, ancor più strutturata, abbiamo un numero di ospiti sempre più importante. Quest’anno saranno con noi Gianmarco Tognazzi, Marco Leonardi, Giovanni Esposito, Fabrizio Ferracane . La famiglia del Sila Film Festival si allarga e sono entusiasta degli attori che ogni anno ne entrano a far parte. Vogliono venire perché, come ben sa, questo ambiente è fatto anche di passaparola. L’orgoglio più grande è sentirsi dire dai nostri ospiti che al Sila Film Festival si sentono a casa e che il loro desiderio è tornare anche nei prossimi anni perché da noi ‘si Respira aria di Cinema’”.
Certamente. Questo è un grande orgoglio perché significa che gli viene riconosciuta qualità e questo è un ulteriore riconoscimento, vero ?
“Assolutamente. Parliamo di un festival che è nato in maniera del tutto indipendente. La passione che ci muove unita alla professionalità è la ricetta che porta questi risultati e fa sì che un format del genere possa avere i riconoscimenti che merita”.
Ho visto che tra i film in proiezione c’è anche Kne – I Kustodi di Napoli Est, che ha diretto. Anche questo film le ha dato e le sta ancora dando molte soddisfazioni.
“Assolutamente sì. Siamo riusciti ad arrivare ottavi in Italia su Prime Video di Amazon. Ci emoziona e inorgoglisce perché non te lo aspetti ma è la prova che, nonostante le innumerevoli difficoltà, con tanti sacrifici si ottengono i risultati. Nella vita, sa, contano i fatti e questo è la prova che il tempo e l’impegno danno buoni frutti. Arrivare nella Top10 di Prime Video vicino a colossi, come Sergio Castellitto con il film Enea, è un risultato che mi riempie di gioia .
Tra l’altro Kne è un lavoro indipendente e, rispetto ad Enea, aveva una distribuzione sicuramente meno ampia.
“Sicuramente i budget utilizzati sia per la realizzazione che per la distribuzione sono stati differenti di gran lunga ma questo non ci ha fatto desistere un minuto, perché sognare e far sognare è proprio una componente fondamentale del cinema. Noi ci abbiamo creduto e ce l’abbiamo fatta! Deve considerare che il pubblico è sovrano e ci ha preferito”.
All’interno del Sila Film Festival ci sono diverse categorie di premiazioni. Quali sono i criteri che seguite per premiare un cortometraggio ?
“Abbiamo una giuria specifica per ogni categoria di cortometraggi. Per la valutazione di ogni corto si tiene conto di fondamentali elementi partendo dalla qualità del soggetto e della sceneggiatura, della tematica quindi trattata, della fotografia, della regia e della recitazione degli attori coinvolti fino alle musiche e al montaggio. Il punteggio più alto si raggiunge ottenendo il massimo ed il corretto equilibrio di queste componenti”.
L’attenzione alle tematiche sociali è importante quando si parla del Sila Film Festival.
“Proprio così. Noi diamo molto spazio e siamo molto sensibili alle tematiche sociali più importanti. Ogni anno in gara, abbiamo veramente dei bei corti. Mi riempie il cuore di gioia quando mi rapporto con dei giovani talenti che pensano comunque a queste tematiche sociali, che magari vengono ignorate dalla maggior parte della popolazione, presa dai social, dalla mondanità e da questo mondo che comunque guarda tutt’altro. Vedere progetti che toccano tematiche come quella dell’abbandono degli anziani, della depressione e della disabilità mi fa capire che ancora abbiamo una grande speranza di poter ritornare sulla retta via, perché in questo mondo purtroppo non si capisce più qual è veramente l’equilibrio”.
Viviamo in un modo allo sbando, privo di valori.
“In un mondo dove i valori si stanno perdendo, noi diamo spazio a cortometraggi che sono portatori di messaggi positivi. Oggi è valoroso chi riesce a portare avanti i valori. Se ci pensa, è difficile trovare un ragazzo coraggioso che non si uniforma alla massa. Il cinema deve servire a questo: a riportare sulla retta via, a riportare l’ordine e l’equilibrio nelle menti. Deve scuotere le coscienze”.
Un’ultima domanda. Ha qualcos’altro da aggiungere rispetto a quello che ci siamo detti finora?
“Vorrei esortare i giovani e le persone in generale a concretizzare i propri sogni. Alla fine, tutto si può realizzare, l’importante è crederci, andare avanti ogni giorno determinati. Tuttavia, non vorrei che determinate attività come quella del cinema – che oggigiorno vedo sempre più essere gettonata – diventassero alla mercè di ognuno. Il cinema deve essere fatto da persone che, oltre alla passione devono avere la giusta competenza perché non ci si può improvvisare. Vorrei che questo un attimino venga ridimensionato, che si dia il giusto valore alle persone e alle cose. La settima arte non deve essere bistrattata ed i suoi protagonisti devono amarla e rispettarla“.
Attualità
Storia di un’adozione: Il coraggio e la rinascita di Fatima Sarnicola, dalla...

Oggi incontriamo Fatima Sarnicola, una ragazza la cui vita è un viaggio intenso e toccante di coraggio, resilienza e speranza. Nata in un piccolo villaggio della Lituania, Skaciai, Fatima ha vissuto i suoi primi anni tra gli orfanotrofi, dove ha subito abusi e maltrattamenti. Nonostante queste esperienze traumatiche, ha sempre avuto dentro di sé una forza straordinaria che l’ha aiutata a sopravvivere e a sognare una vita migliore. A soli otto anni, la sua vita ha preso una svolta decisiva quando è stata adottata da una coppia italiana amorevole, iniziando così un nuovo capitolo della sua esistenza.
L’arrivo in Italia non è stato privo di sfide, Fatima ha dovuto affrontare non solo l’adattamento a un nuovo ambiente e a una nuova lingua, ma anche il bullismo a scuola. Questi momenti dolorosi l’hanno colpita profondamente, ma hanno anche alimentato la sua determinazione a non arrendersi mai. Ricorda ancora come, nonostante gli insulti e le umiliazioni, ha trovato la forza di continuare a studiare e a lottare per dimostrare il suo valore. La sua esperienza scolastica, sebbene segnata da difficoltà, le ha insegnato l’importanza della resilienza e della perseveranza.
Il giorno in cui è stata adottata è uno dei ricordi più preziosi di Fatima. Descrive con emozione il primo incontro con i suoi genitori adottivi, l’iniziale paura di fronte a un uomo senza capelli, e l’incanto nello sguardo amorevole di sua madre. La loro presenza ha rappresentato per lei la fine di un incubo e l’inizio di una vita piena di amore e protezione. Questo amore incondizionato l’ha aiutata a guarire le sue ferite e a costruire una nuova identità, trovando finalmente la sicurezza e il calore di una vera famiglia.
Fatima ha trovato il coraggio di condividere la sua storia sui social media, inizialmente come sfogo personale, ma presto si è resa conto del potente impatto che poteva avere sugli altri. Grazie al supporto e ai consigli della sua famiglia adottiva, ha iniziato a raccontare il suo passato su TikTok, attirando l’attenzione di migliaia di persone. Questo ha portato alla creazione del gruppo Telegram “Noi siamo una famiglia“, una comunità di oltre 140 ragazzi adottati, e del podcast “Storie di adozioni“, dove le esperienze personali diventano fonte di ispirazione e sostegno.

Uno dei momenti più significativi del suo percorso è stato il viaggio di ritorno in Lituania, dove ha rivisto i luoghi del suo passato. Questo viaggio le ha permesso di confrontarsi con i suoi ricordi e di fare pace con la sua storia. Ha promesso a se stessa di usare la sua esperienza per aiutare gli altri, e da questa promessa è nato “AdoptLife“, il primo magazine italiano dedicato all’adozione e all’affido. Con “AdoptLife”, Fatima vuole fornire informazioni accurate, risorse utili e storie di vita che possano guidare e supportare le famiglie adottive e chiunque sia coinvolto in questo percorso.
Gestire una comunità online e affrontare le critiche sui social media richiede forza e determinazione, così Fatima ha imparato a trasformare le critiche in opportunità di discussione, mantenendo sempre il focus sul suo messaggio di speranza e resilienza. Grazie al supporto della sua famiglia e dei suoi collaboratori, è riuscita a mantenere l’integrità del suo progetto e a continuare a offrire supporto a chi ne ha bisogno.
Il suo percorso accademico in Scienze Biologiche è un altro aspetto della sua straordinaria storia. Nonostante le difficoltà iniziali, Fatima ha perseverato e ha continuato gli studi. Il suo sogno è contribuire alla ricerca contro i tumori, utilizzando le sue competenze per fare la differenza nella vita delle persone. Questo desiderio di aiutare gli altri è il filo conduttore della sua vita, dalla sua infanzia difficile alla sua carriera accademica e oltre.
Fatima ha anche una visione chiara per il futuro di “AdoptLife”. Vuole trasformare il magazine in una pubblicazione cartacea disponibile in tutta Italia e in altri Paesi europei, creando una rete di supporto internazionale per le famiglie adottive. Il suo obiettivo è abbattere i pregiudizi legati all’adozione e all’affido, promuovendo una maggiore comprensione e accettazione di queste realtà. L’impegno di Fatima è instancabile e la sua passione per aiutare gli altri stanno cambiando il panorama dell’adozione in Italia, offrendo speranza e supporto a molti che, come lei, cercano una seconda possibilità.
Noi l’abbiamo incontrata in esclusiva ed ecco un’intervista che, anche se un po’ più lunga del solito, vi consigliamo vivamente di leggere: le sue parole toccanti e sincere vi porteranno a conoscere una storia di rinascita, forza e amore che non potrete dimenticare.
Fatima, nella tua infanzia in Lituania hai vissuto esperienze drammatiche, tra cui maltrattamenti e abusi nei vari orfanotrofi in cui sei stata. Come pensi che quei momenti difficili e traumatici abbiano plasmato la tua forza interiore e la tua capacità di affrontare le sfide della vita? Quali strategie o risorse personali hai sviluppato per superare quei traumi e trasformarli in una fonte di resilienza?
Ho sempre creduto di essere nata forte. Mi sono ritrovata ad affrontare il male più volte ma non mi sono mai lasciata intimorire. All’orfanotrofio, quando subivo maltrattamenti, sentivo che avrei superato qualsiasi situazione spiacevole, e così è stato. Mi sono sempre rialzata quando gli altri mi facevano cadere, sempre. Non nego che ogni volta che mi rialzavo, al mio corpo si aggiungeva una cicatrice in più, ma da piccola ragionavo in questo modo: se ho una cicatrice in più vuol dire che ho lottato e che quindi ho vinto. La forza è dentro di noi, ma ammetto che tirarla fuori per proteggersi non è semplice. Ciò che è scattato nella mia mente nel momento in cui ho capito di essere stata abbandonata è stato un istinto di sopravvivenza. Volevo farcela, volevo vivere, e soprattutto volevo una famiglia. La fede è stata ciò che mi ha aiutato in quei momenti di silenzio. Pregavo tanto insieme alle mie compagne di stanza; ci inginocchiavamo a terra guardando la finestra con il desiderio di uscire da quelle mura. Credevamo che quello fosse l’unico posto al mondo esistente, che oltre quel bosco non ci fosse niente. Quando poi sono stata adottata, ho capito che non era così, e la mia vita è cambiata. Ammetto che quando mi sono sentita parte di una famiglia, ho messo a riposo la mia forza e mi sono lasciata coccolare. Mi sentivo stanca e avevo bisogno che qualcuno finalmente si prendesse cura di me e della mia sorella biologica, con cui sono stata adottata. Mi dicevo: “Ora ho una famiglia, non serve che lotti più per essere felice.” Questo pensiero è nato grazie all’amore con cui i miei genitori mi hanno avvolta e cresciuta. I miei traumi non hanno consumato il mio essere perché io sono stata più forte di loro, soprattutto perché ho vissuto cose orribili e ce l’ho sempre fatta. Non nego che l’unica paura che avevo era quella di un nuovo abbandono, ma nel momento in cui sono atterrata in Italia con la mia nuova famiglia, ho capito che potevo lasciar andare via quel pensiero. Ciò che mi ha più scosso è stato il ritorno delle persone del mio passato, come fratelli, sorelle, e zii, che mi cercavano con delle lettere e poi sui social. Questa è stata la difficoltà più grande che ho dovuto affrontare, perché inizialmente non volevo confrontarmi con la mia storia. Anche se provavo ad andare avanti, c’era sempre qualcuno che mi riportava indietro. Ma anche questo è stato superato grazie alla presenza e al sostegno della mia famiglia. Quando noi ragazzi adottati abbiamo tre elementi fondamentali: amore, protezione e ascolto, non c’è bisogno di applicare nessuna strategia per stare bene. Se i nostri genitori adottivi adottano anche la nostra storia, ci sentiamo a casa e la nostra forza diventa ancor più grande, e il futuro non ci spaventa. Anche nei momenti più bui, ho cercato di trovare una scintilla di speranza e di costruire su di essa. Inoltre, ho imparato l’importanza del perdono, sia verso me stessa che verso chi mi aveva fatto del male. Ho capito che portare rancore non avrebbe fatto altro che prolungare il mio dolore. Perdonare non significa dimenticare, ma permette di liberarsi da un peso emotivo che impedisce di andare avanti.

Quando sei arrivata in Italia a otto anni, hai dovuto affrontare non solo l’adattamento a un nuovo ambiente e a una nuova lingua, ma anche il bullismo a scuola. Puoi raccontarci come hai vissuto questi momenti e in che modo sei riuscita a trasformare quelle esperienze dolorose in una motivazione per aiutare altri ragazzi adottati? Ci sono stati episodi specifici o persone che ti hanno aiutato a trovare questa forza interiore?
Quando qualcuno mi chiede “Fatima, ma ti manca la scuola?”, rispondo subito con un “no” deciso, perché ho sofferto tanto. Prima di arrivare in Italia, frequentavo già la scuola e venivo presa in giro perché ero l’unica orfana della classe. Quando il bullismo si è ripresentato anche nella mia nuova scuola, nella mia nuova vita, non ci ho più visto. Le offese e i pregiudizi erano pesanti e anziché diminuire, aumentavano col passare degli anni scolastici, non solo da parte dei miei compagni di classe, ma anche dagli insegnanti. L’unico voto alto che presi a scuola fu in quinta elementare perché vinsi una gara di corsa senza fare allenamento. Nessuno sapeva che correvo spesso per scappare dall’orfanotrofio, quindi l’allenamento c’era eccome. Portai la coppa a casa, ma non ne fui felice. Col tempo però ho realizzato che quella vittoria rappresentava molto di più di un semplice trofeo: era la prova della mia resilienza e della mia capacità di trasformare una situazione negativa in qualcosa di positivo. Riguardo allo studio, invece, avevo una curiosità fuori dal normale, e ci rimanevo male quando, nonostante passassi pomeriggi interi a studiare dopo la scuola, i voti restavano bassi e finivo l’anno con debiti. Non sono riuscita nemmeno a diplomarmi con un voto alto, eppure, durante l’esame orale, c’erano più di trenta ragazzi vicino alla porta ad ascoltarmi e i professori smisero di leggere il loro giornale quando iniziai a parlare. Come ho fatto a convivere con questo continuo bullismo? Soffrendo. Tornavo a casa piangendo un giorno sì e un giorno no. Altre volte non riuscivo a rimanere tutte le cinque ore in classe e chiedevo un permesso per uscire prima, altre volte ancora mi rifiutavo di andarci. Sentivo che qualsiasi cosa facessi, che sia studiare o relazionarmi, non sarebbe servito a nulla. Diventavo simpatica ai miei compagni di classe solo quando alzavo la voce contro i professori dicendo che ero stanca di non ricevere mai voti alti, di sentirmi sempre una stupida straniera. “Fatima oggi litiga con la prof così non facciamo lezione,” dicevano. E quando provavo a difendermi da queste affermazioni, tutta la classe mi andava contro insultandomi: “Sei una figlia falsa, torna nel tuo Paese, sei bruttissima, vai dal chirurgo plastico, non sai parlare, con noi non esci”. E infatti uscivo con altri ragazzi adottati o con il fidanzatino. La mia famiglia ha sempre fatto presente questa mia sofferenza alla scuola, ma a nessuno sembrava importare. Pochi professori sono riusciti a capirmi e a trattarmi normalmente, come una ragazza che desiderava studiare. Fu un insegnante a far emergere la mia storia: i miei genitori avevano sempre preferito tacere per evitare che mi trattassero diversamente, e da quel momento il bullismo si concentrò non solo sul mio aspetto esteriore ma anche sulla mia storia. Dopo questo, ho desiderato il giorno della maturità come il giorno dei regali di Natale. Ho usato nuovamente la mia forza per resistere a quei momenti, sostenuta dall’unione della mia famiglia. Ma non nego che mi fa male sentire che molti ragazzi adottati vengono trattati come sono stata trattata io. I genitori mi scrivono dicendo: “Ho dovuto far cambiare scuola alla mia bambina perché la chiamavano orfanella, eppure una famiglia ce l’ha”, oppure i figli mi scrivono dicendo: “Mi bullizzano, non so più come fare”. Questo succede perché a scuola l’adozione non viene sensibilizzata. Bisognerebbe farlo, insegnando che un figlio adottivo non è un figlio diverso, ma piuttosto un figlio con una storia speciale, con un inizio di vita diverso. Il legame di sangue non supera il legame adottivo, perché è l’amore la chiave di tutto. Il mio motto, da me creato, è: “Usate l’amore per insegnare la vita”. Un motto che desidero venga interiorizzato da tutti, specialmente dagli insegnanti, affinché insegnino che l’adozione è un tema universale; dai genitori, perché attraverso il supporto si insegna il concetto di famiglia, dell’amore per sé stessi e verso gli altri, della vita; e dai figli adottivi, per non dimenticare che l’amore è un sentimento che meritiamo e che dobbiamo sempre proteggere. I pregiudizi ci saranno sempre, le difficoltà nella vita aumenteranno, ma se ci ricordiamo ciò che abbiamo vissuto, ci ricordiamo anche che siamo forti e che quindi ogni evento spiacevole può diventare un insegnamento per affrontare qualsiasi situazione con ottimismo e soprattutto con coraggio. E concludo dicendo che un voto basso non determina la vostra bravura. Considerando le difficoltà che avete dovuto superare, sappiate che quel 4, 5 o 6 è un ben oltre di un 10. Non tutti hanno la sensibilità di capire la vostra storia e, soprattutto, il vostro valore. Rendete orgogliosi voi stessi, il tempo farà il resto.
Il giorno in cui sei stata adottata dai tuoi genitori italiani è stato un momento di svolta nella tua vita. Puoi condividere con noi le emozioni, le paure e le speranze che hai provato durante quel primo incontro? Come è cambiata la tua percezione della vita e della famiglia in quel momento e nei giorni successivi?
Il giorno in cui sono stata adottata è stato il più bello della mia vita. Il 12 novembre 2006 siamo diventati ufficialmente una famiglia. Ho conosciuto i miei genitori nello stesso anno, ad agosto. L’iter dell’adozione in Lituania prevedeva due viaggi per conoscere il bambino abbinato; quindi, i miei genitori li conobbi durante il periodo climatico più favorevole. Ricordo l’emozione appena li incontrai e la paura per la mancanza di capelli sulla testa del mio papà. Non avevo mai visto un uomo senza capelli, ma questa paura si alleviò con un regalino da parte sua. Rimasi incantata dagli occhi di mia madre e dal suo sguardo buono. Sentivo dentro di me vibrazioni positive e ogni giorno che passava speravo di avere il potere di fermare il tempo e restare con loro per l’eternità. Purtroppo, il nostro primo incontro finì dopo una settimana e i miei genitori ripartirono per l’Italia, lasciandomi giochi, soldi e il loro profumo sui miei vestiti. Una cosa per cui sono stata molto grata è la scelta di adozione anche della mia sorellina Anna, che avevo conosciuto due anni prima ma che poi non avevo più avuto la possibilità di vedere. Quando la andammo a prendere per passare quella settimana insieme, capii che c’era la possibilità di andare via da quel posto tutte e due insieme. Quando pregavo, lo facevo dicendo anche il nome di mia sorella. Dal nostro incontro sentivo di avere una ragione di vita per smettere di scappare dall’orfanotrofio e attendere. Rividi successivamente i miei genitori ad ottobre e passammo un mese e mezzo insieme, proprio come una famiglia. I miei affittarono un appartamento a Vilnius, la capitale della Lituania, e dal giorno dopo iniziammo a chiamarli mamma e papà. Legammo da subito. Mamma mi comprò tantissimi vestiti e cose buone da mangiare. Nella valigia portarono dall’Italia DVD di cartoni animati in italiano e manuali per imparare la nuova lingua. Piano piano espressi il desiderio di cambiare nome e così, con il tempo, imparai ad amare “Fatima” e tutto l’amore che i miei genitori mi davano ogni giorno. Ricordo che alla sentenza con il giudice dissi: “Voglio partire per l’Italia con la mia sorellina e con i miei genitori,” e gli bastò questa affermazione per capire che ero pronta a lasciare quel capitolo della mia vita. Ricordo anche che la sera prima di partire avevo paura di essere lasciata lì e passai una notte intera sveglia a guardare la macchina parcheggiata nel cortile, ma provavo anche l’emozione di vivere la vita che sognavo nell’orfanotrofio. Sembra sempre che le parole non siano abbastanza per descrivere quel giorno, ma posso dire che quando qualcuno mi chiede quando io sia nata, desidero rispondere nel 2006 anziché nel 1998. Quel giorno ha segnato una svolta radicale nella mia percezione della vita e della famiglia. Con l’adozione ho iniziato a sognare in grande, a immaginare possibilità che prima sembravano irraggiungibili. La mia mamma mi insegnava l’italiano con pazienza, mentre mio papà mi raccontava storie della loro vita in Italia, facendomi sentire parte di qualcosa di speciale. L’amore dei miei genitori mi ha insegnato che non importa quanto difficile sia il passato, c’è sempre la possibilità di un nuovo inizio. E questo nuovo inizio mi ha dato la forza e la motivazione per aiutare altri bambini adottati, affinché possano trovare la stessa felicità e sicurezza che io ho trovato.

Hai iniziato a condividere la tua storia sui social media come un semplice sfogo personale. Qual è stato il momento o l’evento specifico in cui hai realizzato che la tua storia poteva avere un impatto positivo su migliaia di persone? Come hai deciso di strutturare la tua presenza online per massimizzare questo impatto?
Questa domanda la rispondo con le lacrime agli occhi perché è stata nuovamente la mia famiglia a farmi capire che potevo essere d’aiuto per tanti altri ragazzi adottivi e famiglie. Nel 2021, durante un semplice pomeriggio in cui ricordavamo momenti dei nostri primi incontri e primi abbracci, mia mamma mi disse queste parole: “Non dimenticare la bambina che sei stata, non dividere la tua personalità in due identità. Tu sei lei e quella bambina sarà la tua forza domani e nel futuro. Non cancellare il tuo passato.” Poi aggiunse: “Fai ciò che senti, ciò che ti dice il cuore.” In quel momento ho capito di avere la forza di raccontare ciò che mi è successo e ho realizzato che potevo finalmente confrontarmi con persone che mi avrebbero capito senza giudicarmi. Così ho aperto il mio profilo su TikTok, usando coraggiosamente il mio nome e cognome. Ho iniziato pubblicando momenti della mia adozione e successivamente video di interpretazione e monologhi. Quando ho iniziato a mostrarmi fisicamente, le critiche non sono mancate. Alcuni dicevano che stavo inventando una storia per ottenere successo perché ero bella e potevo fare la modella; altri pensavano che prendessi spunto da film sull’adozione o libri per alimentare il mio racconto. Decisi di prendere una pausa che durò quasi un anno, riprendendo poi nel 2022 grazie al supporto della mia famiglia. Ho trasformato quelle critiche in una sensibilizzazione per far comprendere veramente le mie parole, mettendo in evidenza più le critiche che i commenti positivi. Virtualmente, ho incontrato altri ragazzi adottati e ho deciso di aprire il primo gruppo Telegram italiano per ragazzi adottati chiamato “Noi siamo una famiglia”, unendo più di 140 ragazzi adottati e successivamente “Cuore Adottivo”, il primo gruppo Telegram per i genitori in attesa a adottivi. Un viaggio in Lituania è stato determinante: ho fatto ritorno nel mio paese d’origine e ho rivisto la mia prima casa, scuola e orfanotrofio. Anche se non ho avuto il coraggio di avvicinarmi all’orfanotrofio, ho sentito le urla di quei bambini e, soprattutto, le mie. Questo è stato uno dei momenti più intensi emotivamente della mia vita. Avevo giurato a me stessa di non tornarci mai più, nemmeno per curiosità, ma il destino ha deciso diversamente. Quando sono salita sull’aereo per tornare in Italia, ho fatto una promessa: avrei raccontato le storie degli altri affinché le persone comprendessero che non esisteva solo la mia storia di adozione, ma molte altre. Nasce così il primo podcast italiano sulle storie di adozioni nazionali ed internazionali. Ricevevo molte domande, il che mi ha portato a rilasciare interviste e ad essere invitata in programmi Rai e riviste editoriali. Ma ho sentito che potevo fare di più quando mi è stata posta una domanda improvvisa: “Come si fa per adottare? A chi devo rivolgermi?”. Ho capito la gravità della situazione: molte persone non solo non conoscevano le storie di adozione, ma non sapevano nemmeno cosa fosse l’adozione. Nel 2023 ho deciso di fare un passo più grande fondando il primo giornale italiano sull’adozione e l’affido. In tre mesi, in piena estate, ho formato il mio team di partenza grazie a un annuncio sui social. Ho capito che per sensibilizzare al meglio sulla tematica dovevo unire professionisti nei campi legale, psicologico e assistenza sociale per rispondere ad ogni domanda dei nostri lettori e sensibilizzare su ogni aspetto. Ho disegnato il logo, creato le grafiche per i profili social, investito i miei risparmi nella creazione del sito web e in ulteriori passi avanti. In cinque mesi di lavoro incessante, ho realizzato il progetto e il 9 ottobre 2023 è nato AdoptLife. “Mamma, papà, per caso esiste un giornale sull’adozione in Italia?”, chiesi ai miei genitori. “No, non esiste”, mi risposero. “Bene, non so come si faccia, ma lo realizzo io”, risposi io. Ringrazio i miei genitori per aver tirato fuori il meglio di me, per avermi dato l’autostima, la cultura e soprattutto la continua forza. Devo ringraziare anche il mio team, che ha creduto nel progetto fin dalla nostra prima videochiamata, supportandomi in ogni mia idea, strategia di comunicazione e nella pubblicazione mensile della rivista. Senza di loro, l’inizio sarebbe stato sicuramente diverso. Non nego di aver sentito l’aiuto di qualche angelo del cielo, perché quando oggi, dopo quasi un anno, guardo il lavoro che continuo a portare avanti, mi chiedo sempre come sia riuscita senza avere titoli di studio in nessuna materia utile per il progetto. Poi ho capito che quando si agisce con il cuore si fa la differenza, e quando si combinano disciplina, valori e passione, si riesce a tirare fuori il meglio di sé stessi.
Sei riuscita a creare una comunità online molto attiva e solidale attraverso piattaforme come TikTok e Telegram. Quali sono le sfide più grandi che hai affrontato nel gestire questo spazio di condivisione e supporto? Come riesci a mantenere un equilibrio tra il supporto emotivo che offri agli altri e la tua salute mentale e benessere personale?
Su TikTok, mi sono impostata dei limiti. Pubblicavo un video e rientravo nell’app solo per caricarne un altro. I miei follower sapevano che se avessero desiderato un confronto o un supporto, avrebbero potuto rivolgersi al mio gruppo su Telegram. Dedico solo il fine settimana alla lettura dei commenti sotto ai miei video, prendendoli come spunto per la mia sensibilizzazione. Invece su Telegram, una delle sfide principali è stata gestire le aspettative e le emozioni dei ragazzi all’interno della community. Molti cercano sostegno emotivo e consigli, quindi è fondamentale essere presenti e rispondere in modo efficace per essere davvero d’aiuto. Per mantenere una presenza costante, ho avuto il supporto di due ragazze adottate che mi hanno aiutato a moderare il gruppo, e alle quali sono grata nonostante le delusioni ricevute in seguito. Ogni giorno si univano al gruppo sempre più ragazzi, ognuno con la propria storia e le proprie emozioni. Le storie di adozione sono tutte diverse e riconoscere le sfumature di ciascuna non è stato semplice. A volte scaturivano discussioni accese o addirittura offese. Altre volte, rimanevo sveglia di notte con le moderatrici per sostenere le ragazze più fragili. Questi momenti mi emozionano: spegnendo il telefono, mi rendevo conto di aver creato qualcosa di utile per gli altri. Inizialmente, gestire la mia emotività personale è stato difficile. I racconti altrui mi turbavano e trovare le parole giuste non era semplice, specialmente durante le videochiamate. Con il passare dei mesi, mi sono legata sempre di più ai ragazzi e il telefono ha cominciato a squillare anche per chiamate e consigli privati. Mi è stato attribuito anche il ruolo di “psicologa del gruppo”. Ho imparato a gestire le emozioni che mi trasmettevano: quando mi sento vulnerabile, spengo il telefono, faccio un respiro e lo riaccendo solo quando sono pronta. Grazie a questi ragazzi ho compreso che il dolore ci ha uniti: l’abbandono e la ricerca di comprensione hanno spinto molti a oltrepassare i confini del gruppo. Mi hanno ringraziato con canzoni, disegni e poesie, condividendo le loro emozioni. Molti di loro hanno raccontato la propria storia nel mio podcast. La cosa che mi ha rammaricato di più è stata l’atteggiamento ostile di alcuni ragazzi fin dal primo giorno, che, nonostante ciò, sono rimasti nel gruppo per screditarmi. Ho cercato di far loro capire che il gruppo era un luogo di apertura e supporto, ma ogni tentativo è stato vano. Questo ha contribuito a renderlo meno attivo. Nel frattempo, ho creato un gruppo per i genitori adottivi, dove molti si sono incontrati di persona, condividendo gioie e sfide dell’adozione. Sono felice di facilitare questi scambi. Alla fine, non tutti apprezzeranno il nostro impegno, ma l’importante è non smettere di farlo. Continuerò a offrire il mio aiuto fino all’ultimo battito, come ripeto spesso alle persone che mi seguono.

Il tuo podcast, “Storie di adozioni”, ha permesso a molti ragazzi adottati di condividere le loro esperienze personali. Qual è stata la storia che ti ha colpito di più e perché? Ci sono stati episodi in cui hai visto un cambiamento tangibile nella vita di qualcuno grazie alla piattaforma che hai creato?
Tutte le storie mi hanno toccato profondamente in modi diversi. Ognuna presenta aspetti unici e scoprirle è stato commovente. Ci sono ragazzi che hanno vissuto in orfanotrofio come me e quindi comprendono pienamente la mia esperienza, essendo passati attraverso eventi simili. Altri non ricordano molto del loro passato, ma condividono comunque con me le difficoltà dell’adattamento dopo l’adozione, nel relazionarsi e soprattutto nell’essere accettati. Viviamo in una società che non cambia, il che ha portato me e i miei ragazzi ad affrontare le stesse difficoltà. Tuttavia, le modalità di affrontarle sono diverse: alcuni hanno avuto genitori più assenti, mentre altri il contrario. Purtroppo, quando non c’è un adeguato sostegno verso i figli, ciò che accade loro può diventare un peso che decidono di portare da soli, facendoli sentire ancora più soli. “Mi sento nuovamente abbandonata”, sono parole che non dimenticherò mai, dette da una ragazza del gruppo. Tra tutte le storie raccontate, una in particolare ha colpito profondamente me e gli ascoltatori: quella di un ragazzo di nome Luca. Due mesi dopo la pubblicazione del podcast, Luca è stato contattato dalle sue sorelle e ha poi incontrato il suo papà adottivo. Conservo ancora il messaggio che mi ha mandato. Sapere che il podcast ha aiutato Luca e la sua famiglia a ritrovarsi è una gioia immensa e mi motiva a continuare a promuoverlo. Spero di riuscire presto a incoraggiare molti altri ragazzi a condividere la propria esperienza e a far loro capire che insieme possiamo fare la differenza, evitando che altri bambini debbano subire ciò che abbiamo dovuto affrontare noi. L’unione fa la forza e io sono qui per dare una mano a tutti loro.
Hai parlato spesso della necessità di riformare le leggi italiane sull’adozione, evidenziando le difficoltà burocratiche e i lunghi tempi di attesa. Quali specifiche modifiche ritieni fondamentali per migliorare il processo adottivo e renderlo più accessibile e giusto? Hai avuto contatti con legislatori o istituzioni per promuovere questi cambiamenti?
L’adozione è un argomento profondo che richiede attenzione alle necessità dei bambini e a un processo equo ed efficiente per tutti i soggetti coinvolti. Per migliorare le leggi italiane sull’adozione e renderle più accessibili, occorre considerare diverse modifiche cruciali: semplificare e accelerare i procedimenti burocratici senza compromettere la sicurezza e il benessere del bambino adottato. I lunghi tempi di attesa spesso derivano da complessità burocratiche e procedure internazionali, che potrebbero essere riviste per garantire tempi più brevi senza compromettere la sicurezza dei bambini, assicurando loro di trovare presto una famiglia amorevole. È essenziale anche definire chiaramente i requisiti per i genitori adottivi e i criteri di selezione, bilanciando rigorosi standard con un accesso equo all’adozione. Il supporto post-adozione è altrettanto cruciale: garantire un sostegno adeguato sia ai bambini adottati che alle famiglie adottive può migliorare il loro adattamento e ridurre rischi di problematiche post-adozione, come ad esempio l’interruzione dei percorsi di adozione che riporta il bambino in uno stato di abbandono, situazione inaccettabile. Un altro aspetto da considerare è l’adozione piena per le coppie single e coppie LGBTQ+. Il principio dell’affidamento deve essere tutelato, evitando che un bambino venga strappato dalle braccia di chi lo ha accolto a casa propria solo perché la famiglia biologica si manifesta nuovamente. Il benessere del bambino è prioritario, e cambiamenti legislativi devono proteggere questo principio. Per quanto riguarda il coinvolgimento con legislatori e istituzioni, è fondamentale il dialogo per sensibilizzare e promuovere riforme legislative necessarie. La collaborazione con legislatori, ONG e altre istituzioni può essere determinante nel portare avanti proposte concrete di cambiamento, e personalmente sarei interessata a contribuire attivamente in questo ambito al momento opportuno.

Nonostante le difficoltà iniziali, sei riuscita a costruire una carriera accademica brillante e stai per laurearti in Scienze Biologiche. Come pensi di integrare il tuo background personale e le tue esperienze di vita con il tuo futuro professionale nel campo della ricerca scientifica, specialmente in progetti legati alla lotta contro i tumori?
Le difficoltà iniziali che ho affrontato mi hanno insegnato resilienza, determinazione e l’importanza di non arrendersi mai. La scelta di studiare Biologia è stata ben ponderata. Fin da piccola ho nutrito il desiderio di aiutare gli altri, soprattutto quando vedevo bambini accanto a me soffrire. Ricordo vividamente una volta in cui un mio compagno di classe è entrato camminando con la testa rivolta verso il pavimento e la schiena curva, una scena che mi ha profondamente colpita. Quando sono stata adottata, mi sono ripromessa di studiare con impegno affinché la mia educazione potesse essere un aiuto concreto per gli altri. Sono felicissima che il giorno della mia laurea si stia avvicinando e sono orgogliosa di aver già dato un contributo significativo come collaboratrice scientifica nel campo della ricerca oncologica, con un progetto recentemente diventato globale e pubblicato su riviste come Springer Journals; è stato un momento emozionante. Nel campo oncologico, intendo concentrarmi su ulteriori progetti che possano contribuire concretamente alla comprensione dei meccanismi biologici alla base della formazione e della diffusione dei tumori. Desidero esplorare le possibilità di sviluppare nuove terapie o migliorare quelle esistenti, utilizzando approcci innovativi e multidisciplinari. Non vedo l’ora di contribuire ancora di più.
La tua storia è seguita da molte persone sui social media, ma hai anche ricevuto critiche e dubbi sulla veridicità dei tuoi racconti. Come rispondi a chi mette in discussione la tua esperienza? Quali strategie utilizzi per affrontare e gestire le critiche negative e mantenere la tua integrità e il tuo messaggio positivo?
Come accennato nelle risposte precedenti, è stato emotivamente complicato gestire le prime critiche. Con il tempo, ho imparato a trasformarle in opportunità di discussione per far comprendere il mio messaggio, soprattutto per sensibilizzare sul fatto che esistono storie che nessuno racconta per timore di essere giudicati, e chi decide di farlo merita il nostro sostegno per il grande coraggio dimostrato.
Sono felice di condividere ulteriormente una breve guida su come affronto le critiche:
1. Trasformare le critiche in discussione: accolgo le critiche come opportunità per spiegare meglio la mia esperienza e il mio punto di vista. Cerco di educare e informare le persone sulle sfumature e le complessità della mia storia, incoraggiando una conversazione costruttiva.
2. Mantenere il focus sul messaggio principale: mi concentro sempre sul motivo per cui ho deciso di condividere la mia storia. Mantenere il focus sul messaggio di speranza, coraggio o consapevolezza che voglio trasmettere ai miei follower è essenziale per me.
3. Rispondere con calma e rispetto: quando rispondo alle critiche, lo faccio con calma e rispetto. Evito polemiche e cerco di comunicare in modo chiaro e pacato, anche quando le critiche sono sfavorevoli.
4. Cercare il sostegno delle persone che comprendono: trovo conforto nel sostegno delle persone che capiscono e condividono le mie esperienze o il mio messaggio. Questo mi aiuta a mantenere la fiducia nel mio percorso e nel mio intento di sensibilizzare gli altri.
5. Non lasciare che le critiche mi scoraggino: è importante non permettere alle critiche negative di minare la mia determinazione o la mia fiducia nel mio racconto. Continuo a essere autentica e a condividere la mia storia con la consapevolezza che può ispirare e aiutare gli altri.

L’apertura del gruppo Telegram “Noi siamo una famiglia” è stata un’iniziativa molto apprezzata. Quali sono gli obiettivi a lungo termine di questo gruppo e come intendi raggiungerli? Quali attività o progetti specifici hai pianificato per supportare ulteriormente i membri della comunità?
Nell’ultimo periodo, a seguito di vari gravi eventi accaduti, tra cui denunce tra due membri del gruppo, ho preso una pausa per capire come impedire che i membri, anziché unirsi per solidarietà, si uniscano per manifestare il proprio dolore senza considerare quello degli altri. Non intendo assolutamente abbandonare i miei ragazzi, ma tengo molto a offrire loro un posto sicuro e amorevole, cosa che, nel corso dell’ultimo anno, a causa di alcuni membri, si è persa. Questo mi ha fatto stare molto male, soprattutto perché sono stati proprio quei ragazzi che stavo aiutando di più o che ho abbracciato unendo le nostre braccia. Quando sarò pronta a offrire nuovamente sicurezza e un ambiente tranquillo, sarò più che felice di creare iniziative che vadano oltre il digitale, come incontri faccia a faccia e attività di gruppo che favoriscano la comunicazione aperta e il reciproco rispetto. Vorrei promuovere un clima di fiducia e comprensione reciproca tra tutti i membri, incoraggiando la solidarietà e la collaborazione anziché la divisione. Sarà importante per me stabilire nuove regole e linee guida che assicurino il rispetto reciproco e il benessere di ogni membro del gruppo, in modo che possiamo essere una famiglia.
La tua relazione con la tua famiglia adottiva è stata un pilastro fondamentale nella tua vita. Quali valori e insegnamenti ti hanno trasmesso i tuoi genitori adottivi che ritieni essenziali nel tuo percorso di vita e nella tua missione di supportare gli altri? Puoi condividere qualche aneddoto o momento speciale che ha rafforzato questo legame?
Mi ricollego subito all’ultima domanda. C’è stato un episodio che mi ha fatto comprendere quanto bene mi vogliano i miei genitori. Un giorno mi buttai a terra e presi a pugni il pavimento. Continuavo a ricevere messaggi di minacce da parte dei miei parenti biologici, come per esempio: “Quando farai 18 anni verremo ad Agropoli e ti porteremo via”, motivo per cui insistei, senza dare troppe spiegazioni, ai miei genitori di festeggiare i miei diciotto anni lontano, e scegliemmo Firenze. È stato un giorno abbastanza difficile perché mi sentivo come se qualcuno volesse strapparmi dalla mia famiglia, ma poi lo dissi ai miei genitori e loro mi rassicurarono dicendo che non c’era bisogno di andare lontano, che comunque mi avrebbero protetta. Giorni prima, però, ebbi un forte crollo emotivo e iniziai a urlare forte. Provai un bruciore interiore indescrivibile, ma in quell’urlo si buttarono a terra anche i miei genitori e mia sorella e iniziammo a piangere insieme. Questa è una di quelle domande in cui scoppio sempre a piangere, come in questo esatto momento, perché quell’amore ricevuto in quelle urla ha sostituito tutto l’amore mancato nell’infanzia. Mi sono sentita davvero parte di una famiglia, mi sono sentita a casa. Sebbene il motivo di quella mia reazione l’abbia confessato dopo, i miei genitori hanno compreso che stavo soffrendo e si sono presi il mio dolore. Iniziai anche a parlare anni prima della mia storia, cosa che ci ha legato subito, ma questo accaduto ci ha resi un tutt’uno. Grazie a loro ho capito che l’amore guarisce ogni tipo di ferita, che il rispetto per se stessi e per gli altri è fondamentale, che la sensibilità e l’empatia non devono mai mancare e soprattutto che non c’è bene più grande della propria famiglia. Grazie a loro ho compreso la mia storia, ne ho fatto la mia forza, non provo più alcun rimorso perché ho esplorato ogni mancanza e ho cercato le risposte. Non odio i miei genitori biologici, anzi, li ringrazio, perché hanno acconsentito alla mia adozione, mi hanno dato la possibilità di vivere una vita felice, anziché riportarmi indietro. Ho compreso le difficoltà che avevano e la sopravvivenza attuata. Non è colpa di nessuno. Ogni vita inizia diversamente e la mia è iniziata con una cicatrice nel cuore, ma l’essere umano non è nato per soffrire e la stessa vita cerca di rimediare o di indirizzarti verso la strada giusta. I tempi di attesa, i documenti infiniti, i momenti di sconforto, le notti insonni, vengono trasformati un giorno in amore e ogni sforzo diventa solo un ricordo di una meravigliosa vittoria.

Recentemente hai lanciato il magazine digitale “AdoptLife”, che si propone di affrontare vari aspetti dell’adozione. Quali temi principali vengono trattati nella rivista e quali sono le tue aspettative per il suo impatto sulla società e sulle famiglie adottive? Come vedi il futuro di “AdoptLife” e quali sono i prossimi passi per far crescere questa iniziativa?
AdoptLife nasce su tre pilastri fondamentali: notizie, storie e risorse. Va oltre un semplice giornale; come dico spesso, è un punto di riferimento sull’adozione. Affrontiamo ogni aspetto dell’adozione così come dell’affido, con l’obiettivo di fornire una panoramica completa e approfondita su questi temi complessi e delicati. Nella sezione notizie, pubblichiamo aggiornamenti sugli sviluppi legislativi riguardanti l’adozione e l’affido, sia a livello nazionale che internazionale. Informiamo i nostri lettori su eventi, conferenze e seminari dedicati all’adozione, così come su iniziative di enti e associazioni che operano nel settore. La nostra missione è garantire che chiunque sia interessato all’adozione o all’affido sia sempre aggiornato e informato sulle ultime novità. Le storie personali sono il cuore pulsante di AdoptLife. Condividiamo testimonianze di adozione nazionale ed internazionale, racconti che mettono in luce le sfide e le gioie di chi vive questa esperienza. Queste storie non solo ispirano, ma aiutano anche a creare una maggiore consapevolezza e comprensione delle diverse dinamiche familiari. Offriamo risorse pratiche per chiunque sia coinvolto o interessato nell’adozione e nell’affido. Queste includono guide sugli aspetti psicologici e legali dell’adozione, consigli per affrontare le varie fasi del processo adottivo, e strumenti per la gestione delle sfide quotidiane. Inoltre, abbiamo rubriche culturali che trattano di libri, film e giochi legati all’adozione e all’infanzia. Questo approccio aiuta a normalizzare e integrare il discorso sull’adozione nella cultura popolare, rendendolo più accessibile e meno stigmatizzato. I consigli dei miei genitori adottivi sono particolarmente preziosi, offrendo una prospettiva diretta e pratica su come gestire le diverse situazioni. Spieghiamo il significato dell’adozione anche attraverso il gossip, mettendo in luce i pensieri dei personaggi noti sul tema. Di recente, abbiamo aperto uno sportello online per fornire supporto immediato a chi ne ha bisogno. Questo servizio è nato dall’esperienza maturata assistendo coppie nello scegliere l’ente per adottare, spiegando il percorso e aiutando i ragazzi nella ricerca delle origini. Il nostro sportello è una risorsa vitale per chi cerca risposte, consulenze o semplicemente una parola di conforto. Uno dei nostri obiettivi principali è affrontare e smantellare i pregiudizi legati all’adozione e all’affido. Attraverso articoli, testimonianze e risorse educative, cerchiamo di promuovere una maggiore comprensione e accettazione di queste pratiche. Vogliamo che la società veda l’adozione e l’affido non come ultime risorse, ma come scelte valide e amorevoli per costruire una famiglia. Per il futuro di AdoptLife, spero di trasformarlo in un magazine cartaceo disponibile mensilmente in tutte le edicole italiane e anche in altri paesi europei. Attualmente, non esiste a livello europeo un giornale sull’adozione e sull’affido, e vogliamo colmare questo vuoto. Continuando a lavorare attraverso le piattaforme social, apriremo ulteriori rubriche e selezioneremo nuove voci, affinché più professionisti possano contribuire con la propria esperienza a una buona cultura e educazione. L’obiettivo è creare una rete di supporto internazionale, dove le migliori pratiche e le storie ispiratrici possano essere condivise e celebrate. AdoptLife è più di un semplice progetto; è una missione. Vogliamo che ogni bambino abbia una famiglia amorevole e che ogni famiglia che decide di adottare o affidare possa farlo con tutte le informazioni, il supporto e le risorse necessarie. Crediamo che l’amore guarisca ogni ferita e che, con la giusta guida e comprensione, ogni storia di adozione possa diventare una storia di successo e di amore incondizionato.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Barbara Screti, uno dei nomi più fiorenti e preparati del settore...

Il make-up per lei non ha segreti. Barbara Screti è infatti uno dei nomi più fiorenti e preparati del settore, che pian piano si sta facendo spazio nel mondo dei make-up artist, presenziando ad eventi cinematografici e di moda di rilevanza nazionale ed internazionale. Una passione innata in lei, alla quale si dedica fin da quando era una bambina, che è riuscita a trasformare in un lavoro che apprezza e ama in grado di darle tantissime soddisfazioni. Un’arte che ha deciso di tramandare anche ad altri, visto che di recente ha anche aperto la sua personale Accademia. Percorso del quale abbiamo parlato con Barbara Screti in questa intervista, nella quale ci ha confidato anche quali sono i suoi prossimi progetti e gli obiettivi futuri che vorrebbe raggiungere.
A cura di Roberto Mallò
Salve Barbara, quando nasce la sua passione per il make-up?
“Quando mi viene fatta questa domanda mi verrebbe d’istinto rispondere che è un qualcosa che è nato insieme a me; non riesco a ricordare un vero e proprio inizio. So che c’è sempre stata. Fin da piccola ho avuto pennelli e colori fra le mani. Ero affascinata da mia mamma, una bellissima donna molto curata che faceva uso di ogni tipologia di cosmetico, soprattutto i rossetti, che rappresentavano i miei giocattoli preferiti”.

So che ci sono dietro tanti anni di studio. Ad esempio, ha frequentato una scuola d’arte prima di quella estetica. Può riassumermi il suo percorso?
Ovviamente ce stato un percorso di studi lungo, che in realtà non è mai finito perché in questo mondo essere competenti e aggiornate sulle nuove tecniche che le mode le passerelle e i media propongoè fondamentale, per chi come me insegna. Sicuramente, c’è di base una sorta di predisposizione ereditata dalla mia famiglia, da parte di mamma. Mio zio e mio nonno dipingevano magistralmente, nonostante fossero autodidatti; inoltre, il mio bisnonno, che era napoletano, restaurava affreschi nelle chiese. Da ragazza quindi, spinta da questa passione, ho frequentato il liceo artistico, dove era iscritta anche mia sorella maggiore, mossa dalla stessa passione. Da lì, ho potuto sperimentare tecniche di pittura e far esplodere la mia creatività. Tutto questo, inevitabilmente, ha agevolato il lavoro di truccatore che svolgo adesso. Ho iniziato una serie di percorsi di studio che si sono rivelati fondamentali per la mia formazione ed evoluzione professionale. Per prima una scuola d’estetica durata tre anni, poi una nota Accademia Di Make-up Romana. Ci sono state, in seguito, una seconda Accademia ed una serie innumerevole di masterclass e corsi con truccatori internazionali per apprendere tecniche russe, ucraine,brasiliane e così via che continua tutt’ora. L’insegnamento, quindi,è stata una conseguenza; ho iniziato a lavorare come insegnante presso un ente di formazione professionale che mi ha contattata e con il tempo altre scuole, fino ad arrivare alla mia Accademia e al mio studio professionale di formazione privata aperto da qualche mese. Perché la formazione rappresenta ad oggi una fetta importante del mio lavoro”.

Ha lavorato ad eventi importanti come Sanremo, il Festival del cinema di Venezia, festival di Roma. Che emozione si prova? E soprattutto in che modo si è approcciata al lavoro in questi casi?
Da un po’ di anni lavoro per eventi importanti all’interno di un hospitality presente a Sanremo, al Festival del cinema di Venezia e alle Fashion Week nazionali e internazionali come Milano, Roma,Parigi, Dubai, e sui vari set cinematografici. Infatti, proprio in questi giorni, sono stata impegnata nella realizzazione di un teaser di un film che tratta di mafia, le cui riprese cominceranno quest’inverno. È sempre molto emozionante e stimolante prendere parte ad eventi di questo genere, non solo per l’evento fine a se stesso, ma perché hai la reale possibilità di intrecciare rapporti sia umani sia professionali, oltre che misurarti con colleghi, perché in questo lavoro, insieme alla bravura, sono importantissime le pubbliche relazioni”.

Ha un sogno professionale da raggiungere? Un obiettivo che si è posta?
“In realtà, tutto ciò che un truccatore può sognare di fare io l’ho fatto: film, cortometraggi, videoclip trasmissioni televisive,shooting, insegnamento, eventi, wedding ecc. È arrivato molto più di quello che solo potessi immaginare. Ovviamente, non mi sentirò mai arrivata perché la mia vita professionale è costantemente accompagnata da una fame di conoscenza che non si arresta mai. A questo aggiungo un’ambizione grandissima;quindi, è certo che ho progetti e obiettivi. Il mio sogno sarebbe quello di intrecciare rapporti professionali con i paesi arabi, dove sono già stata e nei quali c’è un vero culto del Make-up, ma ci sto lavorando per far sì che diventi realtà”.

Quanto è importante l’estetica nella società odierna?
“L’aspetto estetico influisce notevolmente sul nostro benessere psicologico ed emotivo. L’impatto che la bellezza fisica ha sulla nostra vita è molto potente. Bellezza e benessere sono strettamente connessi, motivo per il quale il mercato del beauty è un mercato fiorente in continua ascesa. C’è una ricerca continua di migliorare la propria immagine, che molto spesso insieme ad altre doti, ovviamente, è complice di successo lavorativo. Una persona curata è sicuramente più rassicurante rispetto a chi appare trasandato e sciatto”.

A quali progetti si sta dedicando in questo periodo?
“In questo periodo, come detto in precedenza, ho finito di lavorare su un set cinematografico. Al tempo stesso, sono impegnatissima con eventi, matrimoni e, per concludere, con l’insegnamento, che è una costante: da poco, infatti, ho cominciato a fare formazione itinerante in tutta Italia”.

Chi è Barbara Screti nella vita di tutti i giorni? Quali sono i suoi hobby e le sue passioni?
“Barbara Screti è una donna solare, che non sta mai ferma, per ovvi motivi legati al mio lavoro. E’ una donna serena risoluta e gratificata. Gli innumerevoli impegni non lasciano molto spazio ai miei hobby, ma le mie grandi passioni, ossia make-up e viaggi,sono strettamente connesse. Il mio lavoro mi porta a viaggiare tanto; non riesco sempre a scindere le due cose per cui, quando sono in trasferta per lavoro, mi ritaglio dei momenti in cui, magari, posso godere delle bellezze che mi offre il posto in cui mi trovo”.

Ad oggi è soddisfatta del suo percorso professionale?
“Sono molto soddisfatta e, come ho detto precedentemente, quando raggiungo un obiettivo me ne pongo subito un altro; per me questo rappresenta uno stimolo grandissimo. Dico sempre alle mie allieve: ‘Se avessi la vostra età mangerei la vita a morsi’. Io vorrei avere soltanto 15 anni in meno per poter realizzare ancora tutto quello che voglio fare”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Una bella chiacchierata per conoscere meglio Myriam Fecchi, voce di Isoradio Rai

Oggi abbiamo l’opportunità di fare due chiacchiere con Myriam Fecchi, voce familiare di Isoradio Rai. Conosciuta per il suo stile unico e la sua capacità di connettersi con il pubblico, Myriam ci racconta il suo percorso, i suoi sogni e i suoi progetti futuri.
A cura di Saverio Cobalto per Massmedia Comunicazione
Quando hai iniziato ad appassionarti al tuo mestiere artistico?
“Avevo 14 anni ed ero attaccata dalla mattina alla sera all’ascolto della radio”.
Hai ancora un sogno segreto da realizzare?
“I miei sogni non finiscono mai. Quando riesco a raggiungere un obiettivo, mi rimetto in gioco e cerco altro. Oggi vorrei realizzare un talk per i giovani. Hanno bisogno di esprimersi, di raccontarsi in prima persona e non far parlare gli adulti per loro”.

Ci sono altri progetti a cui ti stai dedicando in questo periodo?
“Progetti oggi? Si, la radio prosegue anche d’estate, tra pochi giorni vi farò sapere dove potrete ascoltarmi”.
Chi sei nella vita di tutti i giorni?
“Nella vita di tutti i giorni sono una donna che lavora, single. Ho tanti amici; appena posso mi dedico allo sport e al mio cane Milo, un pastore tedesco di tre anni”.
Quali sono i tuoi hobby e le tue passioni?
“Hobby? Viaggiare. Passioni? La Musica”.
Che rapporto ha con i social e le persone che lo seguono?
“I Social sono molto faticosi. Beato chi riesce a mettere la propria vita 24 ore su 24. Vuol dire avere tempo ed io ne ho veramente poco per i social”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Attualità
Intervista esclusiva a Diego Di Flora, voce e cuore del Napoli Pride

Diego Di Flora, appassionato organizzatore di eventi e fervente sostenitore dei diritti civili, è una figura centrale nel panorama dei Pride italiani. Con un’impegno incrollabile per la causa LGBTQI+ e una particolare attenzione alla qualità e al significato di ogni evento che dirige, Diego si dedica anima e corpo alla realizzazione del Napoli Pride. Quest’anno, oltre al suo ruolo a Napoli, affronta la sfida di dirigere anche il Pride di Noto, raddoppiando il suo impegno per la visibilità e la lotta per l’uguaglianza. La sua vita, animata dalla solidarietà fin da bambino, lo porta a essere non solo un organizzatore di eventi, ma un vero e proprio attivista per il cambiamento sociale.
La nostra intervista esclusiva
Salve Diego, quali eventi e manifestazioni sono previsti quest’anno per il prossimo Napoli Pride?
“In ogni Pride metto tanto ‘cuore’. La città di Napoli ha da sempre accolto con molta inclusione la parata e negli ultimi anni lo show finale. Per questo sono molto fiero della mia Napoli che mi regala ogni anno un’onda d’amore che invade l’intera città. C’è purtroppo ancora molto da fare in Italia, soprattutto in questo periodo storico, dove bisogna a tutti i costi manifestare ai Pride per la tutela dei Diritti fondamentali per ognuno di noi.”
La scelta della madrina dell’evento è ricaduta su Malika Ayane. Per quale motivo?
“Non ho avuto alcun dubbio, le ho scritto un whatsapp e dopo pochi minuti mi ha detto che sarebbe stata onorata di essere la madrina. Malika è sempre stata accanto alla comunità lgbtqi+ ogni giorno della sua carriera. Con la sua presenza conferma ancora una volta la sua posizione, mettendoci la faccia e in questo caso anche la voce per la tutela dei diritti. Senza troppe pretese, senza troppi divismi. Lei è solo felice di essermi accanto in questa edizione del Napoli Pride.”

Quanto è importante al giorno d’oggi, anche in vista della situazione politica italiana, manifestare il proprio orgoglio gay?
“È fondamentale per tutti noi esserci. Fin quando vivremo in un Paese dove esistono diversità legislative tra i cittadini è nostro dovere manifestare. I diritti civili dovrebbero andare di pari passo con le persone. Con tutte le persone. Per questo bisogna manifestare ai Pride, per non perdere quei pochi diritti acquisiti e per avanzare verso una vera uguaglianza. La prima e più banale risposta sull’importanza di manifestare ai Pride ha a che fare con il semplice fatto che un diritto non è mai conquistato per sempre, e che comunque con la legge si può arrivare solo fino ad un certo punto. Il movimento Lgbtqi+ non riguarda solo diritti e libertà legislative, ma anche libertà sociali e culturali che spesso non vanno alla pari con la legge. Ma soprattutto ci tengo a invitare le persone, tutte ad esserci, non si scende in piazza solo per se’: in molte parti del mondo le persone lgbtqi+ sono punite, torturate e allontanate dalla loro comunità. In 72 Paesi essere omosessuali è un reato. E questo va cambiato. E mi piace pensare che da Napoli si possa dare lezioni di coerenza e di inclusione.”
In che modo si può sostenere il Napoli Pride?
“Si può essere parte attiva dell’organizzazione. Le associazioni Alfi le maree, Antinoo Arcigay Napoli, ATN Associazione Trans Napoli e Pride Vesuvio Rainbow che insieme formano il Comitato Napoli Pride cercano l’intervento di volontari, collaboratori ma soprattutto si può sostenerli con una donazione.”
È anche direttore artistico del pride di Noto. Come mai questo doppio ruolo?
“Ho accettato l’invito dell’Arcigay Siracusa e del Comune di Noto come una doppia sfida. Sarà massacrante perché a distanza di soli 30 giorni mi occuperò di due Pride, ma io amo le sfide. Noto è una città molto attenzionata a livello internazionale, turisti da tutto il mondo fanno a gara per arrivare a Noto, quindi per me sarà stimolante dirigere una serata all’insegna della musica in un posto incantevole. Il 27 luglio ci sarà la prima edizione del Noto Pride.”

Quando è nata la sua passione per l’organizzazione degli eventi?
“Un po’ di anni fa ormai. Ho sempre amato il mio lavoro e provo a farlo con tutta la passione che ho. Decido io cosa dirigere, non accetto tutto. Non mi interessa fare numero ma solo la qualità dell’evento. Anzi solitamente quando mi propongono dei lavori a cui non sono interessato giro i numeri dei miei colleghi.”
Quando ha deciso di fare virare questa sua attività anche per cause dal forte valore civile, in tutela dei diritti, come i Pride?
“Sono stato educato alla cultura della solidarietà. Fin da bambino ho sempre aiutato chi era in difficoltà, mi piaceva essere disponibile. Nel tempo ho capito che potevo unire questa mia sensibilità col lavoro. Non mi sono mai più fermato e finché potrò sarò sempre al fianco di chi lotta per i diritti, per le disuguaglianze, per una malattia etc.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Mariù Adamo, al timone su Tele A di “Casa Mariù”

“L’intervista deve insegnarmi e lasciarmi qualcosa. Ciascuna delle interviste che ho condotto nel corso della mia carriera e le esperienze di vita degli ospiti che ho incontrato mi hanno permesso di arrivare dove sono oggi, nel programma che ho ideato.”
Sono queste le parole pronunciate dalla giornalista Mariù Adamo, al timone su Tele A di “Casa Mariù”, format mattutino da lei stessa ideato e condotto. Dopo tanti anni di esperienza alla guida di programmi di intrattenimento e sportivi, la Adamo ha vinto anche questa nuova sfida realizzando in prima persona questo progetto televisivo, che è seguitissimo.
Ma Mariù non ha certo l’intenzione di fermarsi qui: nel suo nuovo ruolo di autrice ha già in mente di guidare la sua squadra di professionisti alla realizzazione di tante nuove trasmissioni. Ma facciamocelo raccontare da lei.
A cura di Roberto Mallò
Ciao Mariù. Partiamo da Casa Mariù, il nuovo programma che ti vede alla conduzione ma non solo…
“Sì, “Casa Mariù” è il nuovo programma che conduco dal mese di dicembre su Tele A e che mi vede anche ideatrice e autrice. È un “contenitore”, all’interno del quale il pubblico può trovare tante opportunità di approfondimento, che spaziano dagli argomenti più leggeri alle tematiche scientifiche fino ai temi di attualità, talvolta anche particolarmente delicati. È un format che mi consente di elaborare continuamente nuove idee, alle quali lavoriamo continuamente per migliorare la nostra offerta televisiva al pubblico che ci segue. Aspettatevi sempre grandi sorprese.

Quali sono le rubriche a cui tieni di più?
“È una domanda difficile a cui rispondere: è come se mi chiedessi a quale dei tuoi figli vuoi più bene. Sicuramente una delle rubriche a cui tengo di più è “Il coraggio di essere donna”, nel corso della quale, ogni venerdì, ospito una donna in grado di fornirci una testimonianza forte e originata da una sua esperienza di vita, spesso dolorosa e a volte tragica. Donne che si sono mosse in vari settori: da quello del giornalismo al sociale, passando per il mondo dello sport e della cultura. Donne che hanno avuto il coraggio di attuare un cambiamento nella loro vita, senza se e senza ma, affrontando rischi che ci fanno capire quanto sia sbagliato fermarsi agli stereotipi. Intervistare donne come Filomena Lamberti, Daniela Di Maggio, Maria Teresa Giglio, Luciana Esposito, Alessandra Vitale, Angela Procida, Trisha Palma, Alessandra Cuevas, Daniela Lourdes Falanga, Rossana Pasquino, Stefania Zambano, mi hanno consentito di vivere un’esperienza che è andata oltre la “semplice” intervista e che mi porterò nel cuore per tutta la vita”.
Complimenti Mariù. Parlaci di un’altra.
“Al momento sta andando davvero forte la rubrica del Food, perché chiudo sempre la puntata con il mondo dei grandi chef, maestri chef o pizzaioli dal respiro nazionale. Personaggi che, mentre si raccontano, preparano una ricetta. Questo è un momento molto atteso dal pubblico che ci segue. La tradizione gastronomica napoletana, e dell’Italia tutta, è sempre una vera sicurezza in termini di interesse da parte del pubblico di ogni età ed estrazione”.
Abbiamo parlato di Mariù conduttrice e ora anche autrice. Ma c’è anche una Mariù donna, mamma e moglie. Come concili i tuoi impegni quotidiani con quelli professionali e quanto della tua persona possiamo ritrovare nei contenuti della tua trasmissione?
“Si, è un impegno che richiede veramente tanto sacrificio e dedizione, ma lo faccio con la stessa passione che mi guida nella mia vita familiare. Ed è anche per questo che amo mettere al centro del programma “le storie”. Intendo quelle storie che possano destare l’interesse e la curiosità del pubblico, coinvolgendo il telespettatore al punto di riconoscersi o immedesimarsi in esse e poterne trarre un insegnamento. Storie con le quali trovare dei semi di speranza per riuscire a cambiare la propria vita o a riflettere su di essa. Insomma, mi piace parlare di quello che ad ognuno di noi può accadere. Tutti passiamo infatti attraverso le stesse problematiche, prima o dopo. Parlarne, sensibilizzare e dialogare, secondo me, può essere di grande importanza per il pubblico, che si sente vicino alla storia. Non a caso, ci sono tanti argomenti che ci uniscono, come il mondo delle tendenze o quello della salute. Personalmente, cerco di trattare tutte queste tematiche in una chiave un po’ diversa, un po’ più intima. Cerco di parlarne come se fossi a casa. Ed è da qui che deriva il nome del programma. “Casa Mariù”: è la casa di tutti, dove tutti si devono sentire a proprio agio e possono riconoscersi nelle storie che raccontiamo, con l’amore tipico di chi vive in ambiente familiare, nel quale tende sempre a ritornare perché si sente amato. Amore e casa, dal mio punto di vista, sono parole che navigano di pari passo”.
Un programma dove metti in scena tutta la tua personalità. Forse è anche in questo che Casa Mariù si distingue dagli altri programmi?
“Sì. Utilizzo un tono garbato e familiare, senza etichette e giudizi. Non mi piace, infatti, giudicare quello che si è raccontato. Il mio intento è quello di informare il pubblico, con un tono che possa unire le persone piuttosto che dividerle. Stiamo vivendo un’epoca storica dove, ormai, l’individualismo è il mood di tutti. Penso però che, se qualcuno di noi tende la mano, le persone pian piano si avvicinano. Ed è così che si abbatte quel muro di cristallo, quella parete che i social hanno contribuito a far sorgere. Con Casa Mariù cerco di dare la possibilità alle persone di ascoltare, di riconoscersi e di maturare una riflessione rispetto agli argomenti che trattiamo. Per esempio, anche quando parliamo di sesso nella rubrica dei sentimenti lo faccio con un tono elegante. E mi affianco a chi può trattarlo con una competenza specifica, come il professor Maurizio Bossi, che ha partecipato a diverse trasmissioni. Una rubrica con cui cerchiamo di educare ai sentimenti, considerando anche i tanti episodi di violenza verso le donne che popolano la cronaca. Ci chiediamo che cosa ci sia di sbagliato: forse bisognerebbe parlare di sesso e di sentimenti in maniera diversa, utilizzando le parole giuste? Ed è qui che, per trovare queste parole giuste, interviene l’esperto di settore. Raccontiamo il bello e il brutto del nostro territorio, in una chiave sempre positiva e propositiva”.

Quando è nato il tuo amore per il mondo dello spettacolo e per quello dell’informazione, che ha sempre avuto spazio nei tuoi programmi?
“Amo l’arte, che sia musica o teatro, a 360° e la conduzione mi permette di abbracciare un po’ tutte le sue forme. E poi sono di Napoli, città che mi ha sempre attratto per la sua storia, per la sua cultura, per i suoi magnifici paesaggi. Perché, fondamentalmente, Napoli è sempre stata protagonista nel mondo dell’arte. Da che ho memoria sono appassionata di arte. E nel mondo dello spettacolo ci vivo da sempre. Sono laureata in Lettere Classiche alla Federico II di Napoli, ma ho anche un diploma di danza classica. Sono stata in tournee con Maurisa Laurito come ballerina, ma ho avuto anche esperienze di attrice e di speaker radiofonica. Ho vissuto il mondo dell’arte a 360°. E in televisione avevo voglia di raccontare il bello che accadeva nella mia città. Mi arrabbiavo perché Napoli veniva spesso etichettata in maniera negativa, soffrendo per quanto di buono della città non riusciva ad emergere. E’ vero che ha le sue criticità, ma pure tanto di bello da raccontare. Napoli è un Giano bifronte, luci ed ombre. Da innamorata della mia città, ho incominciato a portare alla luce le sue storie belle, in tv ma anche in radio, intrise di arte e teatro. E ho voluto farlo in una chiave solare e positiva, senza mai nascondere ciò che la realtà racconta, ma valorizzando tutti gli aspetti positivi. Perché così possono emergere delle cose veramente belle. E da lì ho deciso di portare avanti un’informazione, una narrazione un po’ diversa su Napoli. E ci ho messo la faccia in prima persona: sono orgogliosa di essere napoletana e mi auguro di esserne diventata una buona testimone, insieme ai miei intervistati e al mio pubblico. Da lì mi sono affacciata al mondo del giornalismo e sto continuando a crescere in questo settore. Ho intenzione, anche in questo caso, di sviluppare un’informazione su diversi ambiti”.
Mi ha raccontato della sua passione per la recitazione. Se capitasse un’occasione tornerebbe in teatro?
“Certo. Prenderei in considerazione di tornare a teatro per portare in scena una tematica sociale, che possa ad esempio mettere al centro le donne. Voglio infatti che anche il teatro sia uno strumento di messaggio, di cambiamento. Per me, il teatro è quella scatola magica dove avviene qualsiasi tipo di magia. È il luogo ideale per portare il pubblico a riflettere e per smuovere le coscienze. Chissà se la prossima intervista me la farai proprio sul palcoscenico…”.
Casa Mariù è in diretta il lunedì, mercoledì e venerdì dalle 11:00 alle 12:30 e in diretta streaming sul sito e sui canali social Facebook, Instagram.
La replica, il martedì ed il giovedì alle 6:30 e l’edizione della domenica dalle 10:45.
“Casa Mariù” è presente sul canale YouTube dove è possibile rivedere tutte le interviste con la playlist dedicata alle singole rubriche.
Il programma è prodotto da Goeldlin Production ed è offerto dalla Goeldlin srl.
Interviste
Intervista esclusiva a Anthony Peth, il padrone di casa di Vip4Padel

Ritorno in tv per Anthony Peth, padrone di casa dal 25 aprile di Vip4Padel, il nuovo talent show di Sportitalia in onda, ogni giovedì sera, alle 20.30. Assente dagli schermi da circa un anno, durante il quale si è dedicato alla stesura della sua biografia, il conduttore sardo è pronto a prendere il timone del suo primo programma sportivo, nato da un’idea di Fabio Lauricella e con la regia di Mario Maellaro. Un’esperienza del tutto nuova, della quale ci ha parlato in questa intervista, dove ci ha svelato un altro suo prossimo progetto.
A cura di Roberto Mallò
Anthony, parliamo di Vip4Padel, il programma che attualmente la rivede nelle vesti di conduttore. Di che cosa si tratta?
“Vip4Padel è il primo talent sportivo che andrà in onda in tv, in prima serata su Sportitalia. E’ un vero e proprio campionato sportivo di padel, che è lo sport del momento, come ben sappiamo. Dopo la pandemia c’è stata davvero l’esplosione di questa disciplina, che ormai appassiona diverse persone. E il programma televisivo che abbiamo messo in scena vuole essere, appunto, un momento di spensieratezza per chi ci segue da casa”.
Com’è strutturato?
“In ogni puntata ci sono due personaggi famosi che si sfidano l’un l’altro. Ciascuna partita di padel prevede però che ci siano due componenti per squadra; quindi, ogni vip è affiancato da un suo fan. Abbiamo scelto personaggi, in accordo con la produzione, che appartengono al mondo dello spettacolo e della televisione, alcuni dei quali hanno deciso di cimentarsi per la prima volta in questo sport. Per citarne uno la ‘iena’ Filippo Roma. Pensava che sarebbe stato del tutto impacciato, ma alla fine ha scoperto la sua passione per il padel. Ci sono poi Garrison Rochelle, Amedeo Goria, Milena Miconi, Matilde Brandi, dalla radio Lucilla Agosti e Sabrina Bambi di R101, il comico di Zelig Fabio Di Dario, passando per tanti altri personaggi che sveleremo nel corso delle varie settimane”.

Un cast scelto accuratamente, immagino…
“Assolutamente sì. Si voleva dare un impatto televisivo con un’idea nuova e vincente che portasse in scena tutte le professioni artistiche: dalla danza al canto, fino ad arrivare al giornalismo. Volevamo aprirci a diversi tipi di pubblico, facendo in modo che tutti potessero seguire i loro beniamini”.
Si tratta però di un vero e proprio torneo sportivo, giusto?
“Certo, al termine del campionato olimpionico, che prevede le tre finali e la finalissima, ci sarà l’elezione della squadra vincitrice di questa prima edizione. Non avremo uno studio, ma saremo dentro un campo di padel vicino a Bergamo. Il format è stato, infatti,girato interamente presso l’Academy Manenti & Malgaroli e patrocinato dal Comune di Brusaporto e dal Comitato Italiano Fair Play”.
Arriviamo a lei. Perché è stato scelto come conduttore?
“La scelta è arrivata subito dopo la decisione di lasciare, dopo diversi anni, la conduzione di Chef in Campo. Sento sempre la necessità di cambiare, dopo aver portato avanti i programmi per diverse stagioni. In precedenza, avevo fatto lo stesso con Gustibus, in onda su La7. Non so se agisco così un po’ per incoscienza, che fa parte del mio carattere, o per la voglia di fare un salto nel buio. Tuttavia, anche per quanto riguarda Chef in Campo ho mollato una trasmissione certa, senza sapere che cosa mi avrebbe riservato il futuro. E proprio in seguito all’annuncio del mio addio, è arrivata la proposta di Vip4Padel. Con la N&M Management, la casa di produzione di Mariaraffaella Napolitano,avevo già condotto su La5 il programma Trend, affiancato da Silvana Giacobini, e sono stato contattato per sapere se me ne intendessi o meno di padel. Ho voluto essere sincero e ho ammesso di conoscerlo poco. Con un po’ di ironia e diverse battute che ho lanciato in quella telefonata, la sincerità mi ha premiato. Non a caso, mi hanno detto: ‘Guarda, se tu lo presenti con questa ironia è perfetto. Vogliamo che ci sia anche quella, per fare un programma leggero e frizzante’. E infatti così è successo…
Ah sì? Quindi è un programma dove si sorride?
“Posso anticiparle che nel campo mi succede un po’ di tutto. Non riesco a lanciare bene la racchetta, le palline mi arrivano addosso. Sono sicuro che vi divertirete, perché mi identifico nella ‘macchietta’ di Vip4Padel, anche se alla fine sono il conduttore. Non metto mai da parte il fatto che si tratta comunque di un concorso sportivo vero e proprio. Ci saranno due vincitori assoluti e il ‘senso di ironia’ non metterà mai da parte la professionalità e il rigore della gara stessa. Tutti gli artisti che hanno partecipato alle registrazioni sono andati via contenti; mi hanno riempito di messaggi mentre tornavano nelle loro case per dirmi che si erano divertiti. Tutti mi hanno ringraziato per questa possibilità che ho dato loro”.

Ha ammesso che non conosceva il padel, prima di arrivare alla conduzione del talent. Adesso si sente un po’ più preparato?
“Si, è stata la giusta occasione per immergermi in quel mondo. Tra l’altro, non avevo mai fatto nemmeno la conduzione di un programma sportivo. All’interno di Vip4Padel ci sarà tanta telecronaca e cambierà il mio modo di presentare: al di là dell’ironia, che ha sempre fatto parte di me, non farò sentire il mio accento sardo, mio tratto distintivo, perché si tratta di un programma sportivo che ha bisogno di una certa dialettica, di dizione. Tecnica che ho studiato seriamente, ma che nelle mie trasmissioni precedenti non avevo avuto ancora modo di sperimentare”.
E’ curioso dei feedback che riceverà dal pubblico riguardo questa sua nuova avventura?
“Sì. Come ho già detto, è la prima volta in assoluto che presento un programma sportivo. Ho sempre condotto programmi di cucina, seppur diversi l’uno dall’altro e in tante reti televisive nazionali, e mi sono creato una zona di comfort. Sono quindi curioso di sapere come il pubblico reagirà, sia per ciò che concerne gli ascolti, sia per leggere i feedback e le eventualicritiche, che non mancano mai. A volte vieni criticato anche senza che ti diano modo di dimostrare ciò che sai fare, ma fa parte del gioco. E sono pronto anche a questo”.
Dunque, data la nuova esperienza positiva, non ha nessun rimpianto ad aver lasciato Chef in Campo?
“No, perché è nata un’altra opportunità entusiasmante. Inizialmente, quando ho dato le mie dimissioni da Chef in Campo, la squadra di autori non mi ha preso molto sul serio. Quando hanno capito che non stavo scherzando, mi hanno chiesto come mai volessi lasciare la trasmissione. Anche in quel caso, sono stato sincero: ho detto loro che, dopo tante puntate, non avevo più stimoli nel ripetere sempre le stesse cose. E così, lavorando insieme, abbiamo scelto di metterci in moto per una sorta di spin off di Chef in Campo, incentrato sul mondo dei dolci, che si intitola appunto Dolci in Campo. La messa in onda, al momento, è prevista per la prima serata, sempre su AlmaTv, in uno studio nuovo e innovato. I personaggi famosi del mondo dello spettacolo saranno chiamati a cimentarsi nella preparazione del dolce dell’infanzia, che darà loro l’occasione di raccontarsi, proprio come avveniva nel programma madre con la ricetta del cuore. Scopriremo così aneddoti dal passato di tutti gli artisti che seguiamo in tv. E ci saranno ancora l’esperto di vini Matteo Carreri , la cake creator Manuela Romiti e Terry Alaimo, che farà l’oroscopo dei dolci. E Vittorio Cesarini, dal centro di Roma al Colosseo, preparerà per ogni personaggio un aperitivo. Un percorso nuovo, attraverso i sentieri del gusto, che affronto piacevolmente, anche perché adoro i dolci”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Riflessi artistici: il percorso luminoso di Lorenzo Balducci

A cura di Pierluigi Panciroli
Lorenzo Balducci inizia il suo viaggio nell’arte all’età di quattordici anni immergendosi negli studi di recitazione. Il palcoscenico diventa la sua casa nel 2001, quando, in perfetta armonia con l’attrice Myriam Catania, emerge come protagonista nella raffinata opera teatrale “Romeo e Giulietta” di Claudio Boccaccini. Tuttavia è sul grande schermo che la sua presenza si consolida, facendo il suo debutto con il film “I cavalieri che fecero l’impresa” (2001) diretto da Pupi Avati, seguito da “Il cuore altrove” (2003).
La sua carriera si snoda tra gli schermi del cinema e della televisione, con incursioni nel mondo della musica nel 2002 quando appare nel video musicale della canzone “Telecomando” di Matteo Bassi. Le serie televisive come “Giorni da Leone” (2002), “Il Papa buono” (2003) e “48 ore” (2006) mettono in risalto il suo talento sotto la guida di registi del calibro di Francesco Barilli e Ricky Tognazzi.
Il mondo del cinema celebra la sua espressione artistica attraverso una vasta selezione di pellicole, incluse opere come “Ma che colpa abbiamo noi” (2003), “Tre metri sopra il cielo” (2004) e “Gas” (2005). Nel 2007, si distingue per una stagione cinematografica ricca di titoli come “Last Minute Marocco,” “I testimoni,” e “Il sole nero.” Il 2009 segna il ritorno di Balducci sul grande schermo con tre film che evidenziano la sua ecletticità artistica.
Il suo percorso in “Due vite per caso”, “Io, Don Giovanni” e “Ce n’è per tutti” lo mette in mostra, come interprete di primaria importanza.
Oltre alle sue gesta cinematografiche, Lorenzo si immerge nelle acque internazionali, dando vita a opere come “31 días” (girato in Messico) e “Stella cadente – Estel fugaç” (film in costume spagnolo). La sua incursione nella regia si materializza nel 2022, con il videoclip del singolo “Per dirsi mai” della violinista elettro-pop H.E.R.
Il suo impegno sul fronte LGBTQ+ emerge con chiarezza. Il 2012 segna il suo coming out durante un’intervista a Il Venerdì di Repubblica, e da allora, Lorenzo diventa un assertivo sostenitore dei diritti gay. Nel 2015 appare come giudice al Torino Gay & Lesbian Film Festival, unendo la sua voce a un coro di cambiamento. Nel 2023, la sua partecipazione ai Florence Queer Festival è ulteriore testimonianza del suo costante impegno nel sostegno della comunità LGBTQ+.
La sua carriera continua a brillare, spaziando dalla televisione con serie come “Solo per amore” (2015) e “Medici: Masters of Florence” (2016), all’internazionalità cinematografica con “In Search of Fellini” (2017). Nel 2024, mentre naviga nelle acque della terza stagione di “Doc – Nelle tue mani,” ha iniziato in marzo a portare in scena il suo nuovo spettacolo di stand-up comedy, “E.G.O. – L’Arte della felicità.”
La vita di Lorenzo Balducci è una narrazione di successi artistici e impegno sociale, unendo il suo talento alle sfide della sua epoca.
Qual è stata la tua prima esperienza nell’arte e come hai deciso di intraprendere la recitazione?
La mia prima esperienza nel mondo dell’arte è stata un corso di recitazione che ho fatto a 14 anni, per tre anni. Da bambino giocavo spesso da solo o con amici inventando storie, interpretando personaggi di mondi fantastici, realizzando video con la telecamera dei miei genitori. Sentivo che volevo esprimermi attraverso la recitazione, malgrado la mia timidezza. Spesso le storie che raccontavo rappresentavano un universo fantasy, l’arte era pura fantasia ai miei occhi. A 14 anni sapevo di voler diventare un attore e mia madre mi ha consigliato di frequentare un laboratorio teatrale. Era l’inizio di tutto. Lì ebbi la conferma: recitare mi rendeva felice.

Puoi raccontarci la tua esperienza nel debutto teatrale con “Romeo e Giulietta” nel 2001 e come ha influenzato la tua carriera?
È stato il mio primo vero lavoro teatrale, ho un bellissimo ricordo del lavoro fatto con Claudio e Miriam, avevo 19 anni e mi sembrava di vivere un’esperienza più grande di me, come se non fossi all’altezza. Ma è stato bellissimo, ricordo che provavo un forte affetto verso tutto il cast, li consideravo una famiglia in quel momento, mi sentivo protetto. Partecipare a quel progetto mi ha fatto sentire più adulto per la prima volta.
Come è stato il tuo debutto cinematografico con “I cavalieri che fecero l’impresa” nel 2001, e come hai affrontato questa transizione dal teatro al grande schermo?
È stata un’esperienza molto breve, un giorno di set, ero totalmente affascinato dalla “macchina” del cinema. Vedere come funzionava un set, ammirare Pupi Avati all’opera, ero terrorizzato, felice, era quello che avevo sempre desiderato, io volevo fare cinema, lavorare davanti alla macchina da presa. La transizione da teatro a cinema è solo questione di tecnica, l’essenza del lavoro di ricerca della verità rimane la stessa.

Hai lavorato con registi rinomati come Carlo verdone, Alessandro Aronadio, e Gianluca Maria Tavarelli. Qual è stata la tua esperienza lavorando con queste figure di spicco?
Sono registi che ammiro e che hanno segnato il mio percorso. Alessandro Aronadio è anche un amico e interpretare il protagonista della sua opera prima è stata un’esperienza unica, che ripeterei mille volte. Lavorare con Verdone un vero onore, vederlo in azione come regista è meraviglioso, ero affascinato dalla sua serietà e precisione assoluta in tutto quello che faceva. Tavarelli è un grandissimo regista, simpaticissimo, e mi ha diretto in uno dei progetti a cui sono più legato, “Le cose che restano”. Non dimenticherò mai quel set, quel personaggio, quella troupe.
Tra le numerose pellicole in cui hai recitato, c’è un film o una serie TV che ritieni abbia avuto un impatto particolare sulla tua crescita artistica?
Se dovessi scegliere tra le più importanti direi “Gas”, l’opera prima di Luciano Melchionna, che è stato il mio primo film da protagonista. Avevo 21 anni e affrontavo un personaggio fortemente drammatico, al centro di una vera e propria tragedia. Sentivo di essere davvero grato per l’esperienza di lavoro che stavo vivendo, era la mia prima vera completa esperienza artistica, esattamente come la desideravo. Luciano Melchionna, con cui poi ho lavorato in seguito a teatro, è stato bravissimo nel dirigere tutti noi attori del cast. Si era formata di nuovo una grande famiglia.
Come hai affrontato il ritorno sul grande schermo nel 2009 con tre film e quali sfide hai dovuto superare in questo periodo della tua carriera?
Quello è stato probabilmente l’anno più intenso dal punto di vista lavorativo. Tre progetti che ho amato, tre personaggi a cui sono molto affezionati, tre storie drammatiche. Essendo una persona tendenzialmente iperattiva mi piace l’idea di dovermi districare tra mille impegni. È stato un periodo molto bello, forse l’apice di una prima parte della mia carriera. Le difficoltà, gli ostacoli, li ho vissuti più in seguito, scoprendo però un’altra parte di me, come persona e come artista. Dal 2012, per 8 anni, ho lavorato spessissimo come cameriere, mentre continuavo a fare l’attore, ma con meno frequenza. È stata l’esperienza più formativa della mia vita.

Hai sperimentato l’ambito internazionale con opere come “31 días” e “Stella cadente – Estel fugaç”. Qual è stata la tua prospettiva e sfida nell’approcciarti a progetti internazionali?
Viaggiare lavorando è il sogno più grande. Io amo la Spagna, amo la lingua spagnola. Recitare in spagnolo per me è stato un sogno, conoscere Carlos Saura sul set di “Io, Don Giovanni” mi ha insegnato tantissimo. Il set di Stella Cadente è stato meraviglioso, recitavo in castigliano mentre quasi tutto il cast recitava in catalano. “31 Dìas “è stato girato in Messico. Lavorare immerso nella cultura messicana è stato un sogno. Il film era una commedia romantica dallo stile americano, sentivo che quando sei all’estero il tuo corpo e la tua mente ti chiedono di più, perché desideri essere all’altezza della situazione, e questo mi regala una dose di energia maggiore nel lavoro.
Il tuo impegno nel supporto della comunità LGBTQ+ è evidente. Come ha influenzato la tua carriera e quali sono le sfide che hai affrontato nel diventare un assertivo sostenitore dei diritti gay?
Ha sicuramente influenzato la mia vita perché da quando ho fatto coming out pubblicamente mi sono sentito libero, trasparente, senza filtri, e questo ha aiutato il mio lavoro, le mie scelte lavorative, ma soprattutto la mia vita. Mi sono sempre sentito un sostenitore della mia comunità, penso che sia fondamentale metterci la faccia, ognuno a modo suo, ma non tirarsi indietro, e continuare ogni singolo giorno quello che si celebra e manifesta durante il Gay Pride.
Come hai affrontato la terza stagione di “Doc – Nelle tue mani” e cosa possiamo aspettarci dal tuo nuovo spettacolo di stand-up comedy, “E.G.O. – L’Arte della felicità”?
Il set di Doc è stata un’esperienza breve ma molto intensa. Non è facilissimo entrare in un contesto così collaudato da anni e cercare di dare il meglio delle proprie possibilità nell’arco di pochissimo tempo. Ho molto amato il lavoro dinamico della regia. Hai l’impressione di essere su una montagna russa che non si ferma mai, è davvero stimolante. Ed è sicuramente emozionante ritrovarsi circondato da un cast stellare, ho davvero un bel ricordo. Per quanto riguarda E.G.O., abbiamo debuttato il primo Marzo a Modena per poi proseguire tra Nord e Sud. E’il terzo progetto teatrale a cui partecipo con Mariano Lamberti e Riccardo Pechini che sono gli autori del testo. Questa volta il tema è la morte, in chiave comica, ma soprattutto tutte quelle cose si fanno in vita per esorcizzarla. È un monologo spietato, divertente, che offre diversi spunti di riflessione.

Come bilanci il successo artistico con il tuo impegno sociale? Quali sono le tue aspirazioni future nella tua carriera e nell’attivismo?
Per me l’unica forma di successo è la fortuna di poter fare nella vita ciò che si ama. Oggi ho la fortuna di vivere la vita che desidero nel campo artistico. Desidero poter scrivere per il teatro, perché non l’ho mai fatto prima. Mi piacerebbe portare i personaggi a cui do vita sui social, su un palcoscenico. Per quanto riguarda l’attivismo, non mi sono mai sentito veramente un attivista, ma come dicevamo prima un sostenitore della comunità LGBTQIA+, e lo sarò sempre.
La tua presenza nei social è molto attiva. Come gestisci il bilanciamento tra la tua vita online e offline?
Sicuramente l’uso dei social crea dipendenza, chi più chi meno. Se poi i social diventano il tuo lavoro il rischio di quella dipendenza diventa maggiore. Di base uso i social per raccontare il mondo di personaggi surreali, quella è la mia priorità, la vita privata è poco presente sul mio Instagram. Lo preferisco. Mi è capitato di condividere momenti della mia vita sui social o attraverso delle interviste, ma sono delle scelte precise, che nascono dal piacere o il bisogno di condividere qualcosa di personale.
Quali sono i tuoi obiettivi e le tue motivazioni sul fatto di interagire sulle piattaforme social? Qual è il messaggio principale che vuoi trasmettere?
L’obiettivo principale è sprigionare la mia creatività, poter raccontare il mio mondo a modo mio, senza alcun compromesso. Questa è una grande libertà, essere coerenti con la propria cifra artistica. Non c’è un messaggio preciso che voglio trasmettere, non amo i messaggi in realtà. Preferisco le suggestioni, gli spunti di riflessione, o più semplicemente scioccare il pubblico. Ma con un senso, mai in un modo fine a sé stesso.
Grazie per questa intervista. Quale può essere il tuo “slogan”?
Grazie a te. Non credo di avere un vero e proprio slogan. Da piccolo ho sentito dire tante volte “la libertà è il rispetto delle regole”. E io dicevo sempre di no, ero contrario alle regole. Col tempo ho trasgredito troppo a queste regole, danneggiando me stesso e a volte gli altri. Oggi vorrei imparare a rispettarle di più.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Sofia Viola: «Pozzuoli, il trampolino verso i miei sogni»

Nel panorama dei concorsi di bellezza italiani, emergono storie di giovani donne che sognano di lasciare il segno. Sofia Viola, Miss Campania 2023, incarna il perfetto equilibrio tra grazia, determinazione e semplicità. Nata a Pozzuoli, la città che ha dato i natali alla leggendaria Sophia Loren, Sofia porta avanti la tradizione di bellezza e talento che sembra scorrere nelle vene di questa terra fertile. Alta 180 centimetri, con occhi che ricordano le profondità del mare e un sorriso che illumina, Sofia si è distinta non solo per il suo aspetto fisico ma anche per il suo spirito resiliente e la sua aspirazione a diventare attrice.
La nostra intervista esclusiva
Scopriamo insieme chi è Sofia Viola, attraverso le sue parole, i suoi sogni e le sue aspirazioni, in un viaggio che va ben oltre la corona di Miss Campania.
Sofia, in che modo Sophia Loren e la tua provenienza da Pozzuoli hanno influito sulla tua esperienza nel mondo dello spettacolo e nella percezione pubblica di te?
“Sophia Loren rappresenta un emblema di talento e successo che ha superato i confini della nostra amata Pozzuoli, raggiungendo il cuore di un pubblico globale… La sua ascesa da una località di provincia a star di fama mondiale è ben nota. Non posso negare che la mia appartenenza a Pozzuoli e le inevitabili comparazioni con Sophia Loren durante la finale di Miss Italia a Salsomaggiore, abbiano suscitato un certo orgoglio. Queste somiglianze, soprattutto negli sguardi e negli atteggiamenti, mi lusingano e mi sorprendono, considerando l’assenza di legami di parentela. La mia città natale, con le sue storie di successo e le sue icone culturali, mi ha sicuramente influenzata, offrendomi esempi di come si possa emergere partendo da umili origini.”

Dopo il tuo trionfo come Miss Campania, hai espresso sorpresa e gioia per la vittoria. Quali sono stati i primi pensieri e le prime emozioni che hai provato nel momento in cui sei stata annunciata vincitrice?
“Nel momento in cui l’attrice Fioretta Mari annunciò il mio nome come vincitrice MISS CAMPANIA, ho avuto un mix di emozioni: non saprei identificarle una ad una, perché sono stati momenti unici, momenti di gloria, tremavo, ridevo, non credevo in quel momento che avesse chiamato me come vincitrice MISS CAMPANIA 2023. Per quanto riguarda i miei primi pensieri, sono andati alla mia bellissima famiglia, che mi ha sostenuto in un percorso così bello, perché questo concorso non va visto come il solito banale concorso di bellezza ma bensì un concorso formativo, sia personale che professionale.”
Hai dedicato la tua vittoria ai tuoi genitori, che ti hanno iscritta al concorso a tua insaputa. Come descriveresti il loro ruolo nel tuo sviluppo personale e professionale? Ci sono stati momenti specifici in cui il loro supporto è stato cruciale per te?
“La figura dei miei genitori è sempre stata una figura molto importante in tutta la mia giovane vita, sia per le esperienze lavorative come Miss Italia e sia a livello scolastico. Per me la famiglia è un punto di riferimento che mi ha trasmesso valori che porterò sempre con me e cercherò di fare allo stesso modo con i miei figli, qualora li avessi. Momenti specifici non ci sono mai stati perché loro fanno parte in ogni mio singolo momento bello e brutto che sia.”

Il tuo obiettivo di diventare attrice richiede dedizione e studio. Puoi condividere con noi quali sono stati i momenti più formativi o le sfide che hai incontrato finora nel tuo percorso di recitazione?
“Dici bene Junior, il mio obiettivo è quello di diventare un’attrice. Una vera e propria formazione non l’ho mai avuta, c’è da dire che dopo la fascia di Miss Campania, mi sto dedicando a formarmi a livello di dizione e di interpretazione. Di progetti ce ne sono veramente tanti, non sto qui a spoilerare i miei prossimi impegni però ne riparleremo sicuramente a tempo debito.”
Parlando di semplicità come tuo punto di forza, come mantieni questo equilibrio nella vita quotidiana, soprattutto in un ambiente spesso percepito come orientato all’apparenza, come quello dei concorsi di bellezza e del cinema?
“Ti sbagli, forse l’apparire è un termine comune della nostra società ma sicuramente non è quello che ho riscontrato nel concorso di Miss Italia, anzi potrebbe essere una banalità o una frase di circostanza ma la bellezza è sicuramente un punto di forza e di inizio, però non basta: bisogna avere tanto altro, come saper recitare, cantare, ballare…”

La tua visione della sconfitta come opportunità di crescita è molto matura. Potresti raccontarci di un momento specifico in cui una sconfitta ti ha portato a un successo o a una lezione importante?
“La mia visione della sconfitta non c’è, Junior. Nella vita una sconfitta va affrontata più forte di prima, una sconfitta non ti può bloccare, non può fermare un tuo sogno… anzi, quella sconfitta deve essere un punto di forza e di crescita sia professionale che personale.”
La guerra è la tua più grande paura, un sentimento purtroppo condiviso da molti. In che modo credi che il tuo ruolo pubblico possa contribuire a diffondere messaggi di pace e speranza, soprattutto tra i giovani?
“La guerra, noi giovani l’abbiamo sempre studiata sui libri, ma mai vissuta così vicino e così in tempo reale. Junior, la guerra, credo che comunque spaventi un po tutti, piccoli, giovani, adulti e anziani. Penso anche in te smuova delle paure, con il nostro ruolo possiamo aiutare a diffondere un po’ di pace, più che pace di dare segni positivi in un momento di crisi. Ma in realtà non solo io da personaggio pubblico, e te da giornalista, ma un po’ tutti possiamo diffondere la parola pace e non solo… a partire dai personaggi più influenti a quelli meno influenti, oggi abbiamo i social, quindi è un buon canale per poter trasmettere una giusta parola: PACE.”

Il tuo approccio alla moda riflette una grande attenzione alle tendenze pur mantenendo un occhio al budget. Come descriveresti il tuo stile personale e quale pezzo del tuo guardaroba pensi che rappresenti meglio la tua personalità e perché?
“Il mio stile è semplicemente quello di una ragazza di vent’anni attenta alle tendenze e al portafoglio (ride, ndr). Rispecchia sicuramente la mia personalità, tendenzialmente sono portata più ad una moda semplice e raffinata. La semplicità è l’arma più potente di ogni donna…”
C’è un regista o un film in particolare che ti ha ispirato a intraprendere il cammino nel mondo del cinema?
“Ambire ad entrare nel mondo del cinema è un sogno, è il mio motto è sempre stato se posso sognarlo posso farcela. Registi te ne potrei elencare almeno cinque se non di più, ognuno per un motivo ben specifico… Come già sai lavorare con i più grandi registi è un sogno di tutte le grandi attrici, quindi Junior non faccio nomi nel caso in cui uno di questi possa leggere la tua intervista, e giocarmi un grande ruolo perché non l’ho elencato nelle mie grandi preferenze (ride, ndr).”
Crescendo a Pozzuoli, come hai vissuto l’impatto della cultura e delle tradizioni locali sulla tua identità e sulle tue aspirazioni?
“Sono una ragazza di provincia con le proprie tradizioni sia familiari che locali: mi piacciono, le rispetto e le divulgo.”

Con la tua partecipazione a Miss Italia, hai avuto l’opportunità di incontrare molte altre giovani donne con sogni simili ai tuoi. C’è stata un’amicizia o un incontro che ti ha particolarmente colpita o influenzata durante il concorso?
“Potrei essere banale ma nel concorso di Miss Italia non ho trovato competizione sporca, anche se potresti non crederci. Li ho incontrato diverse realtà e da buona napoletana, ho creato gruppo. Siamo 40 finaliste, tutte con un sogno. Miss Italia, ci ha dato l’opportunità di confrontarci e maturare… Ho legato sì, con tutte, ma ho nel cuore una decina di ragaze che ancora oggi sento.”
Infine, guardando al futuro, oltre alla recitazione, ci sono altri ambiti o cause sociali che ti appassionano e per i quali desideri impegnarti attivamente?
“Il futuro?? Viviamo in una società che noi giovani non possiamo fare pronostici, sicuramente la mia prima ambizione e recitazione, poi in un secondo momento potrei affacciarmi nell’ambito giornalistico, e dulcis in fundo, nel salutarti, spero che tra qualche anno avrò una tua nuova intervista da attrice.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Giuseppina Di Bartolo: «Per me la moda è istinto»

A cura di Roberto Mallò
La Calabria, terra che le ha dato i natali, è sempre presente nelle sue creazioni, perché è dentro di lei “qualsiasi cosa faccia” ed è felice di rappresentarla in Italia e nel mondo. Di questo ne è certa Giuseppina Di Bartolo, sempre più sulla cresta dell’onda, e ricercata da tanti personaggi famosi e produzioni televisive, con il brand che porta il suo nome: Giuseppina Di Bartolo haute couture. Una passione, quella per la moda, che nasce fin da quando era bambina e che l’ha accompagnata per tutto il corso della sua vita. Successo che, come lei stessa dichiara, vive con un “pizzico di incoscienza”, ma del quale è estremamente soddisfatta, pur essendo curiosa dei risultati futuri che riuscirà a raggiungere.
Giuseppina, parliamo della sua passione per la moda. Quando nasce?
“La mia passione per la moda nasce fin da quando ero piccola. Amavo uscire con nonna: occhiali da sole rossi a cuore e la borsetta rigorosamente abbinata. Mi è sempre piaciuto il bello. Già all’età di 6 anni disegnavo abiti con una certa logica e gusto e alle mie Barbie facevo gli abiti con i tulle tolti dalle bomboniere e ritagli degli abiti di nonna. L’arte del cucito e del ricamo ce l’ho nel sangue; infatti, la mia bisnonna era una maestra sarta e cuciva durante i mesi estivi per la Principessa di Roccella, ultima della Casata dei Ruffo, nei primi anni del ‘900. Ho poi seguito la mia passione per la moda e per lo spettacolo con tenacia: ho conseguito, infatti, la laurea in Fashion Design e Confezione Sartoriale nel 2015 e tutt’oggi esercito, disegnando e creando abiti per i Vip della Tv”.

In che momento della sua vita ha deciso che la passione per la moda doveva diventare anche il suo lavoro?
“Ho deciso che la mia passione doveva diventare un lavoro in modo molto spontaneo. Dopo la prima collezione e le prime sfilate, il mio nome e il mio stile iniziavano a girare, ad essere apprezzati e cercati. Perciò, al primo ingaggio lavorativo ho detto sì e non mi sono più fermata nemmeno sotto Pandemia, facendo mascherine per tutti coloro che ne avevano bisogno quando non si trovavano in farmacia”.
Quanto conta rappresentare la Calabria nelle sue creazioni?
“La Calabria è la mia terra e la porto con me in qualsiasi cosa faccia. Sono orgogliosa di rappresentarla in Italia e nel Mondo. Ho vinto dei premi come ‘Eccellenza Calabrese’ e qualche anno fa le ho dedicato una collezione moda mare. Mi sono ispirata proprio ai frutti della mia terra: peperoncino, bergamotto, gelsomino, cipolla, fico d’india e così via. L’ho chiamata ‘I Rradici’ in dialetto calabrese, che appunto tradotto in italiano sta a significare ‘Le Radici’.

A quali progetti si sta dedicando in questo periodo?
“Ho diversi progetti in cantiere in realtà, primo fra tutti un progetto che dovrebbe concretizzarsi ad aprile e che mi vedrà protagonista come fashion designer per un programma TV. Non posso dire altro”.
Che cos’hanno gli abiti di Giuseppina di Bartolo in più rispetto a quelli di altri stilisti?
“Rispetto molto il lavoro dei colleghi perché so cosa vuol dire fare sacrifici e avere passione per qualcosa concretizzandola lavorando duro. Vengo da una famiglia umile e di questo sono molto orgogliosa. Perciò non dirò cosa le mie creazioni hanno in più rispetto a quelle dei colleghi, questo lo decideranno il pubblico, i clienti e i professionisti al vertice. Quello che posso dire invece delle mie creazioni é che vengono notate e apprezzate. Il mio stile è un mix tra linee pulite e moderne con un tocco di vintage, sono chic e glamour e soprattutto rispecchiano tutte le mie sfaccettature caratteriali. Il mio motto è ‘Giuseppina Di Bartolo haute couture – Perché classe e bellezza si possono anche indossare’. Ci metto qualità, bellezza e tanto cuore in tutto ciò che faccio e la gente credo mi apprezzi per questo”.
Da che cosa si ispira per le sue creazioni?
“Per le mie creazioni mi ispiro a ciò che più mi piace. Seguo la moda e gli input che ci suggeriscono durante le varie stagioni, ma sempre reinterpretandoli. Mi ispiro alle Dive, alle Principesse, ai Couturier che hanno fatto la storia della moda e che hanno cambiato i canoni di bellezza fino ai giorni nostri. Per me la moda è istinto, quindi spesso seguo semplicemente ciò che mi esce dalla testa e dal cuore e lo creo, gli do vita sul foglio, sul manichino e tutto interamente fatto a mano”.
Che tipo di tessuti usa per le sue creazioni?
“Lustrini, piume, frange, sete, tessuti preziosi, ricami, sono ciò che utilizzo nelle mie creazioni. Colori classici come il rosso, il bianco e il nero sono i colori che preferisco. La mia firma è caratterizzata da linee semplici abbinate a diversi volumi. Amo il vintage, precisamente gli anni ’50 e la haute couture”.

Lo scorso anno ha collaborato con Sofia Giale De Donà, concorrente del Grande Fratello Vip. Com’è nato il vostro sodalizio?
“Si, ho vestito Giaele per tutta l’edizione del GF Vip al quale ha partecipato. Ho mandato un curriculum e qualche scatto dei miei abiti e sono stata scelta. É stata un’esperienza bellissima. I miei abiti sotto i riflettori, su Canale 5 in prima serata, era un sogno che si realizzava. Poi il sogno è continuato perché Giaele uscita dal GF ha voluto conoscermi e mi ha voluta come sua stilista personale. Quindi ha voluto che la vestissi per cene di Gala, Red carpet, copertine di riviste e mi ha fortemente voluta per un progetto che riguardava una Luxury Collection che porta il marchio del suo brand. Innamoratasi dell’abito ‘Con le Ali’, ormai famoso, ha voluto che l’intera collezione presentata online durante la Milano Fashion Week portasse quel tratto distintivo di cui tanto si era innamorata. Tutt’oggi siamo in contatto e collaboriamo con entusiasmo”.
Con quali altri vip ha collaborato?
“Ho collaborato con Maria Monsé e la figlia Perla, Paola Lavini, Miss, Attrici e Modelle professioniste andate in TV e altri nomi che per il momento non posso svelare. Verrà pubblicato tutto a tempo debito”.
C’è qualche personaggio famoso che, invece, sogna di vestire e perché?
“Sogno in grande perché sognare non costa nulla, in fondo. Perciò, mi piacerebbe vestire l’attrice Hollywoodiana Gal Gadot. Quando arriverò a quei livelli, probabilmente, vorrà dire che ce l’ho davvero fatta”.

Ha partecipato a tante manifestazioni importanti, tra cui la Fashion Week di Milano e il Festival del Cinema di Venezia. Come vive tutto questo successo che sta avendo?
“Vivo tutto molto tranquillamente, anzi quasi non rendendomene conto, perché concretizzatosi un progetto sono subito con mente e cuore al successivo. Sono sempre in movimento e ho troppi sogni da realizzare, con poco tempo per farlo. Sono anche una moglie, una madre e una figlia molto presente. Crearmi una famiglia è il più grande sogno di sempre per me e quello l’ho realizzato, ma ovviamente ci si deve mettere impegno e amore tutti i giorni per mantenere sempre vivo e bello il sogno realizzato! Perciò fama e successo sicuramente fanno piacere, però so bene quali sono le cose veramente importanti per me. Mi godo il momento con un pizzico di incoscienza, diciamo così”.
So che ha vinto diversi premi. Quali?
“Tra i premi vinti ci sono quelli di “Eccellenza del made in Italy”, “Eccellenza Calabrese”, “Premio Stampa La mia Boutique Italia”, “Premio Elle Spose”, Seconda Classificata al concorso “Tu Sposa”, “Premio Star Stylist”, il “Premio Best Costume e Design” per il film Il Matrimonio più sconvolgente della storia del regista Demetrio Casile e tanti altri riconoscimenti, che conservo con orgoglio insieme ad interviste su giornali e riviste. Tanti altri dovrebbero arrivare, cercherò di prendere il buono sempre, il più possibile per poter sempre migliorare e fare sempre di più. Per me, per la mia famiglia e per chi con orgoglio mi segue”.
Ha un sogno professionale che vorrebbe realizzare?
“Ho troppi sogni, non posso scriverli tutti. Spero però di realizzarli tutti, invece. Uno tra i tanti forse é quello di collaborare ufficialmente, almeno una volta nella vita , con la casa di moda del mio idolo, Valentino, al quale ho dedicato la tesi. Con la casa di moda storica ho avuto contatti tempo fa e so che positivamente mi ha valutata per il team creativo, vedremo cosa mi riserverà il futuro”.

Come si vede tra qualche anno?
“Non riesco a rispondere a questa domanda, ma spero di vedermi sempre felice, con il sorriso, come ora, nonostante le avversità della vita che sono molte, purtroppo”.
Chi sceglie un abito Giuseppina di Bartolo perché lo fa, dal suo punto di vista?
“Chi sceglie un abito firmato Giuseppina Di Bartolo haute couture lo fa perché viene colpito dalla qualità, dalla particolarità e dall’unicità dei capi . Perché classe e bellezza si possono anche indossare”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Attualità
L’Arte di modellare il tessuto: Luca Giannola e la rivoluzione educativa nella moda

A cura di Pierluigi Panciroli – Foto di Fabrizio Romagnoli, Tonio De Carlo e Axel Blackmar.
Luca Giannola, un talentuoso scultore di abiti e maestro di moulage incrocia la meticolosa maestria artigianale con la creatività e estrosità dell’alta moda. Questa tecnica artigianale prevede la creazione diretta di capi sul manichino o sul corpo.
La sua storia ha inizio dalle affascinanti esperienze nelle botteghe delle zie a Benevento fino alle prestigiose passerelle delle Fashion Week internazionali.
Tra radici famigliari ed uno stile distintivo
Il percorso di Luca è un viaggio intimo che trova radici profonde nelle origini familiari, in particolare nelle preziose lezioni apprese dalle sue zie e dalla madre sarta. Crescendo in questo affascinante mondo, la moda è diventata parte del suo DNA, tanto da influenzare la sua scelta di iscriversi al liceo artistico, dove ha imparato la scultura.
Dopo un periodo a Milano, studiando fashion design e accumulando esperienze come assistente stylist e coordinatore di centri di creazione moda, Luca ha avvertito un crescente avvicinamento all’ambiente della moda. La sua identità di “designer” trova il suo vero sé a Bologna.
Dal moulage alla passerella
È proprio a Bologna che il suo stile ha preso forma definitiva. Collabora con un noto couturier per abiti da sposa e da vita alle sue prime opere di “moulage“, riportando, così, in vita il suo spirito di studente-scultore. Questa tecnica ha rappresentato un risveglio artistico e un ritorno alle sue radici creative. Con la sua straordinaria maestria, Luca ha aperto nuove prospettive nel campo della moda evidenziando come questa possa trasformare l’abbigliamento in una vera e propria forma d’arte. La sua singolare fusione di tessuti, forme e colori crea una sinfonia visiva senza precedenti.

Questo suo nuovo stile innovativo e distintivo ha attirato l’attenzione di appassionati di moda, stilisti e criticipermettendogli di guadagnarsi un posto di rilievo nell’industria della moda.
Oggi, Luca Giannola si descrive come uno “scultore di abiti”. Il suo approccio unico e la chiarezza della sua identità creativa lo hanno reso una figura rispettata nelle Fashion Week, dove organizza con passione le sue sfilate a Milano e Parigi.
Il tema del genderfluid trova spazio nelle sue creazioni, sottolineando il suo desiderio di esplorare nuove prospettive e sfide nella moda contemporanea. Luca Giannola è un esempio di come la costruzione di un’identità chiara e autentica possa aprire porte inaspettate e creare connessioni significative nel mondo della moda.

Il suo approccio alla Body Positivity
Luca Giannola, esperto docente di storia e progettazione della moda presso l’Istituto Rubbiani e la Scuola Moda Cesena, ha innovato l’approccio educativo introducendo la sua tecnica di modellare il tessuto. La sua visione è emersa durante le lezioni con le studentesse più giovani, in un periodo spesso delicato dell’adolescenza. Attraverso sperimentazioni creative, ha cercato di esplorare le silhouette femminili reali, coinvolgendo le aspiranti designer nel processo creativo. Queste iniziative hanno affrontato temi sensibili, come i disturbi alimentari, con l’obiettivo di favorire una percezione più sana del proprio corpo.
L’approccio di Giannola, oltre a trasmettere competenze nella progettazione di abiti, promuove una cultura della consapevolezza e del rispetto per la diversità delle forme corporee. Il suo impegno ha ottenuto riconoscimenti anche in ambito medico e scientifico, portandolo a collaborare con Ananke, un network di aiuto per coloro che vivono situazioni difficili legate al cibo.
Estendendo la sua influenza anche a case-famiglia, Giannola ha organizzato incontri leggeri e creativi incentrati su tessuti e drappeggio. La sua iniziativa di uno shooting di moda con le studentesse ha celebrato la bellezza autentica e naturale dei corpi femminili. Un approccio educativo che va oltre la moda e contribuisce alla formazione di individui consapevoli e sicuri di sé.

Nel contesto della Fashion Week, precisamente al Salon desMiroirs nel cuore di Parigi ho avuto l’onore d’incontrare Luca al fine di conoscere meglio un artista unico nel suo genere.
Ciao Luca, grazie per concedermi la possibilità di questa intervista. L’ambiente familiare, nello specifico le zie e la mamma sarta hanno contribuito molto alla tua formazione. In che modo le lezioni apprese e l’ambiente creativo locale hanno influenzato la tua visione artistica, diventando parte integrante del tuo DNA?
Ciao Pierluigi, intanto grazie a te per avermi dato la possibilità di fare questa intervista. Credo che la fortuna di essere nato in una famiglia di creativi, specie riferendomi alle mie zie e mia madre, siastato un terreno base fondamentale, su cui piantare e coltivare tutto ciò che ho imparato “giocando” innanzitutto. Ciò che le zie facevano infatti, lo ricreavo a mio modo sulle bambole delle mie sorelle e da grande ho scoperto che questo non era altro che fare moulage.
Quali sono i dettagli e gli elementi distintivi della singolare fusione di tessuti, forme e colori nelle tue creazioni che hanno attirato l’attenzione di appassionati di moda, stilisti e critici?
Credo che ogni appassionato di moda, o addetto ai lavori, sia colpito da fattori differenti. C’è chi rimane affascinato dalla comodità dei capi nonostante siano complessi nella struttura, chi dalla fusione dei tessuti a volte in contrasto tra loro, pur risultando idonei nel fondersi, chi del “fatto a mano” in un ‘epoca in cui a volte rischiamo di dimenticarne l’importanza e la bellezza.
In che modo hai integrato il tema del gender fluid nelle tue creazioni e come questo si riflette nella tua volontà di esplorare nuove prospettive nella moda contemporanea?
La mia interazione col gender fluid è davvero una minuscola parte per il momento. Una sfida che mi ha visto coordinatore di una linea realizzata con giovani designer, il che mi ha fatto capire che posso dare spazio ad un tema così attuale ed affascinante, anche nelle mie capsule, poiché i capi scultura a volte possono essere trasversali rispetto alle canoniche silhouette moda, ed in parte essere indossate senza distinzione di genere, ma ho ancora molto da lavorare su questo tema.
Hai affrontato temi sensibili come i disturbi alimentari, come hai contribuito a favorire una percezione più sana del corpo tra le giovani aspiranti designer, il concetto della Body Positivity?
Ho sempre cercato di portare ciò’ che sono in tutti i progetti, perciò anche la mia sensibilità. Con alcuni gruppi di studentesse abbiamo lavorato accuratamente su disegni di corpi riferiti a forme diverse dallo stereotipo moda. Abbiamo progettato per ogni silhouette con giochi di forme e colori creando equilibrio ed armonia, spesso immedesimandosi nelle forme stesse di quei corpi. È stato un lavoro pieno di soddisfazioni.
Il moulage quindi va oltre la moda, celebra la bellezza autentica e naturale dei corpi femminili. Pensi che possa avere uno spazio in un contesto medico-scientifico?
Quando mi approccio ad un tema delicato, che non vede come protagonista solo la moda ma l’aspetto emotivo, cerco di essere il più possibile cauto confrontandomi con persone che hanno strumenti specifici riguardo alcune tematiche. Il confronto è necessario e sostengo che sia importante poter sviluppare un legame (laddove sia possibile) tra moda e ambito medico scientifico.
L’esperienza della Fashion Week come ti ha arricchito e quale può essere, secondo te, la percezione e l’accoglienza di questa tecnica da parte degli stilisti e dei designer in una visione futuristica?
Mi sento fortunato perché grazie al Alwaysupportalent, che come ben sai sostiene tanti designer, ho avuto uno spazio durante eventi legati alle fashion week, facendo conoscere non solo le mie capsule, ma la mia personalità, il modo di essere, e nel mio piccolo poter dare un messaggio. Come spesso dico, il moulage non è qualcosa che abbiamo inventato oggi, ma una tecnica naturale usata fin dalle civiltà antiche. Credo che ogni designer, pur conservando e sviluppando la propria identità, può ricordarne l’importanza, sapere quanto sia necessario che l’abito si adatti al corpo e non il contrario.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Sandro Giordano: il fotografo che racconta la caduta dell’umanità con ironia

A cura di Pierluigi Panciroli – Foto di copertina: Ph. Fabrizio Massarelli
Sandro nasce a Roma il 6 ottobre 1972 e si appassiona alla scenografia, studiandola all’Istituto per la Cinematografia e la Televisione Roberto Rossellini. Dopo la laurea, si dedica alla tecnica del suono e delle luci nei teatri della capitale. Nel 1993, si cimenta nella recitazione, e frequenta una rinomata scuola privata romana; inizia, così, la sua carriera di attore. Sul palcoscenico lavora con registi di fama, come Luciano Melchionna e Giancarlo Cobelli, mentre al cinema condivide la scena con grandi nomi come Dario Argento, Davide Marengo, Carlo Verdone e ancora Melchionna.
Dal 2013, Sandro si immerge completamente nel suo progetto fotografico IN EXTREMIS (corpi senza rimpianto).
Le sue fotografie sono vere e proprie “storie brevi” che mostrano un mondo in declino.
Ogni immagine ritrae individui consumati, che in un improvviso collasso mentale e fisico, cadono senza alcuna speranza di salvezza. Questa impotenza è il risultato della stanchezza quotidiana nel fingere la vita, soffocati dal suo apparire anziché dal suo essere. In un’epoca degradata dalla chirurgia plastica, che produce immagini stereotipate al servizio di modelli di marketing imposti, Sandro Giordano rivendica la sua idea che la perfezione stia nell’imperfezione, nei contrasti forti, nella fragilità e nell’umanità che evidenzia l’unicità di ogni individuo. Il volto celato dei protagonisti nelle sue opere permette al loro corpo di diventare il testimone della loro esistenza. La caduta rappresenta il punto di non ritorno, un fondo che richiama il famoso detto: “bisogna toccare il fondo per ricominciare”. La CADUTA dei personaggi di Giordano è il loro fondo, oltre il quale il loro falso io raggiunge il suo limite. Ognuno di loro tiene stretto un oggetto, simbolo di questa menzogna.
La finzione, per Giordano
Non è solo espressa dagli oggetti, ma anche dai vestiti, dalle pettinature e dalla location. Tutto ciò che è visibile nella foto costituisce la loro finzione, mentre il CORPO spezzato rivela la VERITÀ, una verità che, per essere narrata, deve necessariamente crollare. Nelle sue opere, Giordano evita l’uso di manichini, preferendo attori professionisti capaci di esprimere ciò che sfugge allo sguardo, perché l’invisibile diventi visibile.
LA CADUTA raccontata con ironia
Fin da bambino, Giordano nutrì un amore per i film di Charlie Chaplin e Laurel e Hardy, fonte di risate e gioia. Nei loro film, i personaggi affrontano eventi terribili, gravi incidenti… LA CADUTA… L’istintiva reazione di stupore e imbarazzo di fronte alla sventura del protagonista si trasforma, però, in una risata liberatoria. Questo effetto è ciò che Giordano cerca di ricreare attraverso le sue fotografie: raccontare la tragedia con l’ironia. L’umanità in rovina, oggetto del suo affetto e attaccamento, non lo allontana, ma lo avvicina. È l’empatia che gli permette di non giudicare, ma di condividere storie con la speranza che una risata provocata nello spettatore sia un segno favorevole, una fiducia in un futuro migliore e più autentico. Infine, quella risata diventa una rivelazione.

Credit: My Worst Nightmare
Sono veramente entusiasta di poter intervistare Sandro Giordano, questo artista di grande talento ed esperienza che con la sua originalità c’incuriosisce.
– Sandro, grazie in tanto per aver accettato questa mia intervista. Non si può, certo non ridere guardando le tue opere. Come nasce l’idea di IN EXTREMIS e qual è il
messaggio che vuoi trasmettere con le tue fotografie?
– Ciao, grazie a te per questo bell’incontro. IN EXTREMIS nasce come denuncia di un mondo che sta lentamente cadendo. Racconto in chiave tragicomica di persone comuni che si schiantano nella vita quotidiana, sopraffatte da un peso che non riescono più a sostenere. Quando ci facciamo
male c’è qualcosa nelle nostre vite che non sta andando per il verso giusto e abituati a vivere come se fossimo dentro a una centrifuga, non ce ne rendiamo conto. Cadere, farsi male, sbattere la faccia, appunto, è un campanello d’allarme che non possiamo sottovalutare e il nostro corpo ci costringe a riflettere su questo aspetto. Nel momento in cui siamo a “terra”, abbiamo la possibilità di scegliere se rimetterci in piedi o rimanere là e andare sempre più giù. Sta a noi, è una prova che la vita ci chiede di superare.
– Quali sono le difficoltà e le soddisfazioni di realizzare le tue opere, che richiedono la collaborazione di attori, scenografi e truccatori?
– Vengo dal teatro e dal cinema. Concepisco le mie foto come fossero fotogrammi della pellicola di un film, quindi, immortalare quel momento richiede una grande lavorazione a livello scenografico. In quel frame devo metterci dentro tutto il necessario affinché il pubblico possa capire la dinamica dell’incidente e il background del personaggio. Attraverso gli oggetti, fondamentali per l’interpretazione, cerco di raccontare la sua vita e soprattutto il malessere che lo ha portato a “schiantarsi”. È un processo difficile e meticoloso di cui mi occupo personalmente. Realizzo tutto da solo. Sul set, spesso capita siamo solo in tre: io, il mio assistente e il modello. Lavoro principalmente con attori e ballerini perché sanno come gestire il corpo, posso chiedere loro di assumere posizioni che risulterebbero molto difficili ad altri.

Credit: Mea Maxima Culpa
– Come scegli le location e gli oggetti che accompagnano i tuoi personaggi caduti? C’è un significato simbolico o una storia dietro ogni scelta?
– Dipende dalla storia che voglio raccontare. Effettivamente, trovare la location giusta è l’aspetto del progetto più complicato. Ho una quantità incredibile di idee, che a volte risiedono nella mia mente per anni, ma se non ho il luogo giusto, non posso fare la foto e questo mi innervosisce non poco, è molto frustrante. Superato questo step, tutto diventa più semplice. Solitamente scatto delle foto sul punto esatto dove successivamente verrà posizionato il corpo e da lì inizio a creare l’immagine dentro di me. Vedo chiara la posizione degli arti e la disposizione degli oggetti. Quando arriviamo sul set so esattamente cosa voglio perché lo scatto definitivo è già nella mia testa.
– Quali sono i tuoi riferimenti artistici e culturali? C’è un fotografo, un regista o un attore che ti ha ispirato o influenzato nel tuo percorso?
– Spesso mi accostano a David LaChapelle, forse per la quantità di colori che utilizzo nelle foto. Sicuramente, a livello inconscio, ha avuto una grande influenza su di me, ma non ho mai pensato a lui quando ho iniziato il progetto. Sono cresciuto con i film di Stanlio e Ollio e Charlie Chaplin. Ricordo che da bambino rimanevo impressionato dalla quantità di incidenti che capitavano ai personaggi dei loro film. Cadevano, sbattevano, ma poi si rimettevano subito in piedi come fossero pupazzi di gomma, incredibile! Questo sicuramente ha avuto un’influenza maggiore sulle mie scelte artistiche. E poi ci sono due sitcom alle quali sono davvero legato per via delle strepitose attrici comiche che le interpretavano: Laverne & Shirley e Absolutely Fabulous. La prima è una sitcom degli anni ’70, l’altra, anni ’90. Anche lì, tra cadute e porte sbattute in faccia penso di non aver mai riso tanto. SOBRIA, la foto della Fiat 500 gialla, forse la più iconica del mio progetto, è un chiaro omaggio alla scena di una puntata di Absolutely Fabulous, in cui una delle due protagoniste, alla guida di un’auto in stato di ebrezza, viene fermata da un agente di polizia, che aprendo la portiera per il controllo della patente, la vede rotolare giù come fosse un sacco di patate. Se non conosci questa serie, ti consiglio di recuperarla il prima possibile.
– Come hai sviluppato il tuo stile fotografico, che mescola tragedia e ironia, realismo e finzione, bellezza e rovina?
– È la vita stessa che mi ha portato a sviluppare questi aspetti. Non ho mai pensato razionalmente ad essi come canali giusti da seguire per esprimermi. Tutti gli “ingredienti” che hai appena elencato mi riguardano personalmente nel quotidiano, mi viene quindi naturale metterli nel progetto. Sono convinto che esista sempre un lato ironico nella tragedia, basta farlo uscire fuori. Cosa che spesso non facciamo per pudore della tragedia stessa, come a dire: è immorale e fuori luogo farci una risata di fronte a un fatto tragico. Ma è proprio quello il punto, riuscire a sdrammatizzare nei momenti peggiori della nostra vita, ridere di noi stessi. Certo, l’ironia è cosa sconosciuta a molti. Quella, o la possiedi o non credo tu la possa mai acquisire.
– Quali sono le sfide e le opportunità di usare attori professionisti nelle tue opere, invece di manichini o modelli?
– Il mio progetto ha avuto molto successo proprio grazie al fatto io abbia usato esseri umani anziché manichini. La gente, per essere “schiaffeggiata”, deve identificarsi nei personaggi delle mie foto, e questo non accadrebbe se utilizzassi bambole di pezza. Dopo una giornata di shooting, lo scatto definitivo, quello che reputo migliore, è sempre uno degli ultimi, perché dopo diverse ore passate in quelle posizioni, il corpo dei modelli è stremato dalla stanchezza, e questo arriva dritto come un pugno nello stomaco quando guardi la foto. Si avverte subito. Per lo stesso motivo nascondo il loro volto. Non avere tratti somatici visibili, come punto di riferimento, permette di identificarti maggiormente.
– Come ti rapporti con il tema della caduta, che è centrale nel tuo progetto IN EXTREMIS? C’è un’esperienza personale che ti ha ispirato o segnato in questo senso?
– Si, pochi mesi prima di iniziare il progetto sono stato vittima di una brutta caduta in bici e stavo, guarda caso, attraversando uno dei momenti peggiori della mia vita. La cosa che mi inquietò molto di quell’incidente fu l’oggetto che avevo in mano, una barretta proteica, che anziché lasciare andare per tentare, quantomeno, di attutire il colpo, ho tenuto stretta per tutto il tempo. Pochi mesi dopo un mio amico si è rotto una gamba tra gli scogli al mare per salvare lo smartphone che gli stava scivolando dalle mani. A quel punto mi son detto: abbiamo un problema serio con i “beni” materiali, che pensiamo di possedere, ma che in realtà controllano le nostre vite. Ho voluto quindi mostrare anche quest’aspetto nel progetto. In quasi tutte le mie foto, infatti, i modelli tengono in mano un oggetto che non lasciano andare durante lo “schianto”, proprio per sottolinearne l’attaccamento tossico e ossessivo.
– Come scegli i temi e le storie che vuoi raccontare con le tue fotografie? C’è un processo creativo che segui o ti lasci guidare dall’istinto e dall’ispirazione?
– Nella maggior parte dei casi, prendo semplicemente spunto dalla vita di tutti i giorni. Mi piace osservare la gente, vedere come gesticola, come parla, come si veste e quello che fa. Intuire le loro nevrosi e le loro ossessioni, per poi esasperarle a modo mio. Raramente racconto storie che non conosco da vicino o che non ho vissuto personalmente.

Credit: La Pecorina
– Come vedi il ruolo del fotografo nella società̀ contemporanea, che è dominata dalle immagini digitali e dai social media? Qual è il tuo rapporto con queste piattaforme e con il tuo pubblico online?
– I social network sono diventati vetrine nel mondo, per tutti. Anche il mio progetto è nato dieci anni fa su Instagram e da lì è esploso ovunque. È l’uso che ne facciamo di questi social che fa la differenza. Oramai, chiunque può improvvisarsi fotografo, me compreso. Ho fatto l’attore per vent’anni e pochi mesi dopo aver smesso è nato IN EXTREMIS, che ho iniziato con il mio vecchio iPhone 5, tra l’altro, per poi passare alle vere macchine fotografiche, ma non ho mai studiato fotografia. Posso dire di avere avuto una buona idea e che forse ho realizzato nel modo giusto. Ma l’idea è alla base di tutto. Il mezzo che utilizzi per realizzarla passa in secondo piano quando essa è vincente.
– Quali sono i tuoi sogni e le tue aspirazioni come artista? C’è un progetto che vorresti realizzare ma che non hai ancora avuto l’occasione di fare?
– Mi piacerebbe realizzare IN EXTREMIS con le celebrities. È già da un po’ di anni che ho in mente l’idea di un libro fotografico che racchiuda, attraverso le mie foto e i loro racconti, la personale esperienza con le cadute interiori. Scivolare o inciampare e cadere a terra, piuttosto che sbattere la faccia contro una porta a vetri, azzera di colpo il tuo stato sociale. Quando cadiamo siamo tutti uguali: goffi e inermi. Ecco, sarebbe bello scoprire le loro vulnerabilità e giocare insieme a renderle colorate e ironiche.
– Mi propongo come modello per un tuo prossimo lavoro, cosa ne pensi?
– Per me va bene. Dipende solo da che rapporto hai con la tua cervicale
– Grazie veramente tanto per averci fatto entrare nel tuo mondo.
– Grazie a te per avermi dato l’opportunità.
www.sandrogiordanoinextremis.it
Instagram: -remmidemmi. Facebook: Sandro Giordano Remmidemmi
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Attualità
Intervista esclusiva a Francesca Bergesio, Miss Italia 2023: «Oltre la bellezza c’è un...

Incontrare Francesca Bergesio è stato come assistere all’aurora di una nuova era nel mondo della bellezza e della cultura. Giovane, carismatica e sorprendentemente matura, Francesca incarna una sinfonia di qualità che trascendono il mero concetto di bellezza esteriore. Vincitrice del titolo di Miss Italia 2023, questa diciannovenne piemontese si è distinta non solo per la sua eleganza innata, ma anche per la sua intelligenza acuta e un’insaziabile sete di conoscenza.
In una conversazione esclusiva con noi di Sbircia la Notizia Magazine, Francesca ci ha aperto le porte del suo mondo, un mondo dove il fascino dello spettacolo e la rigorosità della scienza si intrecciano in un abbraccio armonioso. Con una passione ardente per la medicina e un animo artistico che si esprime attraverso la recitazione, Francesca ci racconta del suo percorso, delle sue aspirazioni e dei suoi sogni.
Ci immergeremo in un viaggio intrigante attraverso le sue sfide, conquiste e aspirazioni: un viaggio che sfida gli stereotipi e ci invita a riscoprire il vero significato di bellezza, talento e determinazione. Per il terzo anno consecutivo, siamo entusiasti della nostra collaborazione con Miss Italia ed ecco cosa ci ha raccontato Francesca, una Miss che non ha paura di sognare e di lavorare sodo per rendere quei sogni realtà.
Ciao Francesca, benvenuta su Sbircia la Notizia Magazine! Nell’ambito dello spettacolo, come pensi di poter fondere l’approccio scientifico e razionale, tipico della medicina, con la creatività e l’espressività dell’arte?
“La mia visione è che in ogni campo, compreso quello dello spettacolo, sia cruciale unire un pensiero razionale e scientifico con un elemento di creatività e arte. Nell’affrontare situazioni e nel compiere azioni, dobbiamo usare la mente per riflettere e pensare in modo analitico, ma è altrettanto importante impreziosire queste azioni con un tocco di creatività, per dare vita a qualcosa di veramente unico e magico.”

Qual è stato il momento decisivo che ti ha spinto verso la medicina, in particolare verso la cardiochirurgia?
“La passione per la medicina è nata in me fin da piccolissima e contrariamente a quanto molti potrebbero pensare, non ho medici in famiglia. Questo sogno mi ha accompagnato per tutta la vita, resistendo a qualsiasi altra influenza esterna. Dopo aver concluso il liceo classico, ho deciso con fermezza di perseguire questa strada. La scelta di specializzarmi in cardiochirurgia è piuttosto recente, nata dalla mia curiosità e dal desiderio di comprendere a fondo il funzionamento del cuore e il suo impatto vitale sul nostro organismo.”
Durante il tuo percorso a Miss Italia, quali ostacoli hai dovuto affrontare e come li hai trasformati in opportunità di crescita personale e professionale?
“Il mio viaggio verso Miss Italia è stato piuttosto tranquillo. Le difficoltà maggiori che ho incontrato riguardavano principalmente la mia autostima e sicurezza in determinati momenti. In quei casi, il supporto morale di mia madre è stato fondamentale. Tuttavia, le critiche sul ruolo di mio padre sono state una sfida difficile, soprattutto perché sono emerse proprio durante la fase finale, che sarebbe dovuta essere la più gioiosa. Con il sostegno dei miei genitori e una nuova forza interiore, sono riuscita a superare questi ostacoli e proseguire il mio cammino con maggiore determinazione.”

Il concetto di bellezza è in continua evoluzione, quale ruolo credi che concorsi come Miss Italia possano svolgere nel promuovere una visione più inclusiva e profonda della bellezza?
“Miss Italia è un concorso che celebra la bellezza delle donne in ogni sua forma. Ogni partecipante porta sul palcoscenico un’unicità sia estetica che personale. Questo ci offre l’opportunità di mostrare non solo il nostro aspetto fisico, ma anche il nostro carattere, le nostre abilità e la nostra forza interiore. È una vetrina che permette a molte ragazze di farsi conoscere e di esprimere le proprie qualità uniche.”
Oltre alla recitazione, quali altre forme artistiche ti ispirano e influenzano il tuo modo di esprimerti?
“La musica è una grande fonte di ispirazione per me, nonostante non sia dotata nel canto. È una presenza costante nella mia vita e un modo per esprimere le mie emozioni, anche se in modo più privato. Cantare, per me, è un modo per liberare l’anima, che faccio spesso quando sono da sola o in compagnia di amici e familiari.”

Quali figure, sia nel campo della medicina che dello spettacolo, consideri come i tuoi principali ispiratori e quali insegnamenti trai dalle loro storie?
“Nel mondo della medicina, ammiro profondamente Elena Cattaneo per il suo lavoro sulle malattie neurodegenerative e per essere stata la più giovane donna a ottenere il titolo di senatrice a vita in Italia: lei è un modello di leadership femminile in un campo dominato tradizionalmente dagli uomini. Nel mondo dello spettacolo, Angelina Jolie mi ispira sia per il suo talento recitativo che per la sua presenza carismatica ed elegante, mentre Bianca Balti, per il suo coraggio nel parlare apertamente di argomenti considerati tabù, mostrando una forza e una chiarezza di cui abbiamo bisogno oggi.”
Come Miss Italia, quali iniziative di volontariato o progetti sociali ti piacerebbe promuovere o supportare, e perché?
“In quanto Miss Italia, sento una forte responsabilità verso il tema della violenza di genere. È un argomento che ho portato alla ribalta nella finale attraverso un monologo. Credo fermamente nell’importanza di aprire un dialogo su questi temi per sensibilizzare le nuove generazioni e creare un futuro basato sul rispetto e la comprensione. Anche se non posso influenzare direttamente le politiche, posso usare la mia voce per promuovere il cambiamento culturale e sociale.”

Con una vita così piena e diversificata, quali strategie adotti per bilanciare le tue aspirazioni professionali, accademiche e gli impegni personali?
“La determinazione è la mia forza trainante. Quando fisso un obiettivo, faccio tutto il possibile per raggiungerlo, anche se questo significa sacrificare il sonno e il tempo libero. Per bilanciare gli studi di medicina con gli impegni di Miss Italia, sto pianificando di utilizzare ogni momento libero, come i viaggi, per studiare e prepararmi per gli esami. Il mio obiettivo è non sprecare nemmeno un secondo del tempo a mia disposizione.”
Dove ti vedi tra dieci anni, sia a livello professionale che personale? Quali sogni e obiettivi desideri realizzare?
“Attualmente, mi sento attratta sia dalla medicina che dalla recitazione, ma la recitazione ha un fascino speciale per me. Quando recito, sento di trasformarmi, di brillare. Mi vedo come attrice perché è in quel momento che mi sento più viva. A livello personale, il mio desiderio più grande è quello di rimanere sempre felice e serena, continuando a fare ciò che mi fa stare bene.”

Quali consigli vorresti offrire alle giovani donne che, come te, aspirano a perseguire carriere impegnative in campi diversi, come il mondo dello spettacolo e la medicina?
“Il mio consiglio principale è di lanciarsi e mettersi in gioco. Non importa quanto possa sembrare spaventoso, il primo passo è sempre il più importante. Devi credere in te stessa e nei tuoi sogni. Anche quando incontri ostacoli, devi trovare la forza interiore per superarli e rimanere fedele ai tuoi obiettivi. È una sfida, ma alla fine scoprirai che è la cosa più gratificante che tu possa fare per te stessa.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Rita Pavone: «Arroganza vuol dire sentirsi superiori, autostima è...

A cura di Pierluigi Panciroli
L’itinerario artistico di Rita Pavone si è prodigiosamente conformato nel corso delle sei decadi della sua ineguagliabile carriera a nuove mode e a nuovi stili. La carriera artistica di Rita Pavone si apre con umili esordi quale fenomeno adolescenziale nell’effervescente contesto musicale degli anni ’60 ma la giovanissima e carismatica Rita irrompe da subito nell’immaginario collettivo con brani intrisi di spensieratezza, come “La partita di pallone“.
La popolarità è presto tale da travalicare i confini nazionali e arrivare in Inghilterra e addirittura negli Stati Uniti. La grande abilità nell’interpretare brani in diverse lingue straniere conferma l’estrema versatilità artistica della Pavone.
Con l’arrivo degli anni ’70 si assiste ad una significativa maturità artistica. Il suo talento di Rita abbraccia così l’epicentro del pop italiano e delle forme più mature della musica cantautorale. La Pavone inizia pure a scrivere i propri testi e a plasmare gli arrangiamenti, attestando una crescente autonomia creativa.

Nei decenni successivi (anni ’80 e ’90) la sua evoluzione artistica sperimenta altre correnti musicali che ne arricchiscono il repertorio. Nel frattempo, il suo impegno nei programmi televisivi e teatrali consolida la sua posizione come artista versatile e ammirata ovunque. Il nuovo millennio vede la rinascita della carriera di Rita Pavone. Accolte con fervore, le sue performance suonano come un inno alla sua eredità artistica.
Alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nel 2021 le viene conferito il prestigioso “Leone D’Oro” col quale si intende onorare Rita Pavone come icona della musica italiana. Ed è proprio nel 2021 che l’artista celebra i 60 anni di carriera. Un momento di profonda riflessione sulla lunga strada percorsa e sull’eccezionale contributo dato alla musica italiana.
La nostra intervista esclusiva
Ciao Rita, è veramente un onore per noi che tua abbia accettato questa intervista. Quali sono gli artisti o i generi musicali che ti ispirano o che ti piacciono particolarmente oggi?
Ciao Pierluigi, grazie a te… Per me è un piacere. Chi ha ispirato la mia generazione e la mia vita musicale sono nomi del passato che hanno mostrato di saper fare di tutto. Nonostante sia stata la musica o la danza la loro passione principale, sono comunque riusciti a dimostrare che il talento, se ti appartiene, ti consente di saper fare al meglio anche il resto. I miei grandi amori sono quelli della generazione precedente alla mia e quelli che hanno preceduto solo di qualche anno la mia. Molti di loro, oltre che cantare, mostravano capacità incredibili anche come attori, come comici, come ballerini, musicisti e imitatori: Judy Garland, Tony Bennett, Frank Sinatra, Bobby Darin, Sammy Davis Jr., Aretha Franklin, Shirley Bassey, Barbra Streisand, Tina Turner, Timi Yuro erano i miei preferiti e nella danza; Ann Miller, Fred Astaire, Gene Kelly e Donald O’Connor che oltre a danzare cantavano meravigliosamente bene. Se in tempi più recenti ho amato molto la voce di Sinead O’Connor e Amy Winehouse, di oggi amo le voci di Adele e Lady Gaga. Quest’ultima poi ha dimostrato di possedere una capacità vocale altamente duttile da rivelarsi credibile in ogni genere musicale affrontato. E poi è anche una splendida attrice. Chapeau! È partita in un modo un poco equivoco – una Madonna molto più ” sfrontata ” (vedi l’abito di carne che indossò ad un evento importante) per poi rivelare delle sfaccettature impensabili: ballate, rock, swing – vedi i concerti con Tony Bennett… Ricordo ancora come rimasi di sasso quando, in occasione dei premi Oscar, lei fece un tributo a Julie Andrews cantando con una vocalità da soprano, brani come Sound of Music. Fu incredibile! Travolgente! Nell’Italia di allora, prima ancora dei miei inizi televisivi, ho invece amato tantissimo e amo tuttora, Caterina Valente, artista straordinaria e poliedrica – basta vedere un filmato americano in cui si esibisce accanto alla Fitzgerald e questa la guarda ammirata per capirne la grandezza, e poi Mina, Sergio Endrigo, Umberto Bindi. Mentre, tra le cantanti di oggi, amo le voci di Elisa, di Arisa (se ha i pezzi giusti Arisa può fare faville. Ha una vocalità unica ed è sempre intonatissima), poi Giorgia e Elodie. In campo maschile amo Mengoni, Diodato, Lazza, Irama, Ultimo e Alex, il ragazzo di “Amici Loro sono quelli che cantano cose che possono rimanere nel tempo. Adoro poi Il Volo e amo i Maneskin, i quali, anche se si rifanno alle grandi band statunitensi o britanniche del passato persino nei comportamenti e nell’abbigliamento, risultano comunque nuovi ed inediti per la generazione Millennials. E poi Damiano ha una vocalità pazzesca.

Puoi condividere qualche aneddoto interessante o divertente legato alla tua esperienza sul palco?
Quello che sta accadendo adesso ai Maneskin nel mondo intero, per me ebbe inizio nell’estate del 1963, solo che allora io ero minorenne – la maggiore età in Italia si aveva a 21 anni e io ne avevo compiuti da poco 18. Allora non esistevano i social e quindi le notizie arrivavano molto in ritardo in Italia. Esattamente come i dischi stranieri. Per questo si facevano le cover. Perché quando quei brani diventavano un successo in Italia, nei Paesi di origine erano già dei pezzi dimenticati da tempo. A partire dalla metà del 1963, io cominciai ad essere presente non solo nelle chart italiane, dove mi sorpassavo da sola (verificare per credere) ma in tutte le classifiche del mondo. Europee e non. E persino in quelle U.S.A. Cinque volte ospite all’ Ed Sullivan Show, insieme ad artisti come The Animals, Beach Boys, Le Supremes etc. etc. e poi in tutte le reti americane: CBS, ABC, NBC…Alla mia terza apparizione all’ Ed Sullivan Show, sulla luminosa del teatro in Broadway, teatro che in seguito verrà intitolato al grande conduttore e famoso giornalista e luogo in cui si svolse per anni il David Letterman Show, nel marzo del 1965, qualche giorno prima del mio concerto alla Carnegie Hall di N.Y. fissato per il 20 di marzo e già “sold out” da tempo, sulla luminosa, io mi trovai ad essere il terzo nome dopo Duke Ellington ed Ella Fitzgerald. Ed ecco l’aneddoto: A parte sentire cantare la Fitzgerald alle 9 del mattino ” Train “, con note basse da capogiro, ” scat ” e super acuti da sballo, dopo l’esibizione televisiva in diretta del pomeriggio, from Coast to Coast , non venne lei, la GRANDE SIGNORA DEL JAZZ, a bussare alla porta del mio camerino per chiedermi una foto autografata per il figlio Philip? Ebbene sì! La Fitzgerald chiese un autografo a Rita Pavone. Da rimanerci morta io per lo choc!
Come gestisci il bilanciamento tra la tua vita personale e la tua carriera artistica? Come hai gestito la fama?
Questa è una domanda molto difficile la cui risposta è ancora più difficile. In realtà si tratta di una duplice domanda. Io avrei voluto poter decidere di gestire la mia vita come desideravo fare, ma non mi fu possibile proprio a causa della mia minore età. E questo resta il mio più grande rimpianto. Io avrei voluto rimanere negli Stati Uniti per imparare il mestiere. New York poi, era ed è, il posto più magico, il posto più agognato e sognato per una ragazzina a cui piaceva farne parte, e quindi, cercando di imparare tutto quello che la parola show bussiness contiene in sé. Mi avevano portato a vedere la Streisand in teatro in “Funny Girl.” Straordinaria! Immensa! Avevo assistito nel mitico Copacabana al concerto di Sammy Davis Jr. Prodigioso! Incomparabile! Sammy cantava divinamente, imitava, ballava la step dance, suonava la batteria e la tromba. 60/70 minuti di vero godimento. Lui era un comico, un grandissimo attore e un incredibile showman! Guardandolo io mi resi conto che solo lì io avrei potuto imparare un sacco di cose che non conoscevo affatto. Una su tutte, la lingua inglese. In casa, noi figli dell’immediato dopoguerra, spendevamo quello che avevamo per la pagnotta quotidiana. La musica? Il ballo? L’imparare le lingue, non ci riempivano la pancia. Quindi io cantavo un inglese maccheronico. You diventava “ IU’ “. Nelle interviste o nelle riunioni di lavoro la RCA Victor mi mise accanto una signora per tradurre tutto quello che io dicevo e quello che mi dicevano gli altri. Allora il traduttore simultaneo in uso oggi non esisteva e quindi diventava complicato fare delle interviste televisive. Ciò nonostante, pur non parlando io una parola di inglese, entrai nelle chart di Billboard e CashBox, considerate le Bibbie della musica mondiale, e nei primi 20 posti con due brani ” Remember me ” e ” Just Once More “. Ottenni un contratto di management con la più grande agenzia di spettacolo mondiale, la William Morris Agency, nella cui scuderia c’ erano personaggi come Bennett, Sinatra, Streisand, Sammy Davis Jr., ed in più, firmai un contratto per 3 LP wide world per la RCA Victor. Io facevo dei “pienoni” ovunque. In Canada, a Toronto, al mio primissimo debutto che si tenne al Maple Leaf Garden, feci 21mila persone e fui la seconda artista dietro ai Beatles che ne fecero 23mila. Questo era un segnale importante, eppure i miei genitori si opposero a lasciarmi negli Stati Uniti con una governante che si prendesse cura di me 24 ore al giorno. Non mi permisero di rimanere negli States e mi riportarono in Italia sordi anche alle parole del capo della William Morris che disse loro: “Le state facendo perdere una grandissima occasione. Rita, dopo Modugno, è l’italiana più amata negli States e può fare splendide cose qui da noi. ” Le stesse cose che disse Ruggero Orlando al telegiornale RAI durante uno dei suoi commenti televisivi. “Rita Pavone è entrata in America dalla porta principale “, continuò. Ma non ci fu niente da fare. I miei mi riportarono a casa con mio grande dolore. Ma – e questo lo scoprirò solo più avanti- non fu perché temessero che la loro figlia potesse prendere una brutta strada o ” perdersi ” in una città così immensa e così piena di pericolosi tentacoli; oppure perché la mia lontananza evocava in loro una grande sofferenza, ma fu invece per un problema che riguardava la loro vita coniugale che stava precipitando, cosa questa di cui io venni, o meglio, venimmo tutti, Italia compresa, a scoprirne solo dopo la verità. Ma fui io la sola a pagarne le conseguenze. A chi mi dice: ma l’Italia ti ha dato tanto e continua a darti tanto rispondo: Lo so bene, e le sono infinitamente grata all’Italia e agli italiani per tutto questo affetto che dura da ben 60 anni. Così come so che senza il successo italiano io NON avrei MAI raggiunto un successo internazionale, ma a me non è mai interessato il successo in sé, né tantomeno i guadagni. A me interessava imparare un mestiere che ho sempre amato profondamente e che avrei desiderato riuscire a fare. Comunque andassero le cose. Mi hanno anche spesso chiesto: Ma perché non ci sei tornata dopo? Bella domanda … Perché in America basta dare un calcio ad un sasso per trovare un diamante. La concorrenza è fortissima. Anche un semplice corista ha le carte per diventare un divo, e quindi tu devi sempre stare sul pezzo. Dopo tre anni di lontananza, pensare di ricominciare sarebbe stata una follia. Avrei perduto sia l’uno che l’altro. Resta comunque il fatto che, malgrado io fossi ritornata in Italia, tanti e soprattutto i più grandi artisti stranieri, sanno chi sono, e quel poco o tanto che ho fatto nel mio periodo statunitense e britannico – “Heart- I hear you beatin’ ” brano che tanto piace a Morrissey, si piazzò nei primi venti posti e vi restò 12 settimane e idem per ” You only you – Tu solo tu” , due brani che mi spalancarono le porte dell’Inghilterra, tant’è che per me scrissero Sir Lloyd Webber e Tim Rice oggi i KISS parlano di me. Gene Simmons è un mio grande estimatore. Chiedetelo ad Alvin di Virgin Radio che lo ha intervistato con tanto di video. Chiedetelo a Morrissey. Non solo lui parla di me nelle sue interviste, ma persino nella sua biografia. Chiedetelo ad Agnetha degli Abba che, sul suo disco da solista, dice di essersi ispirata a Rita Pavone. Chiedetelo a Nina Hagen, la quale fece nel 1972 la cover della mia “Wenn Ich ein Junge wär”, il mio primo grandissimo successo in lingua tedesca. Più di 800 mila copie da me vendute in Germania nel 1963 e una decina di album in lingua tedesca pubblicati negli anni.

Il bilancio quindi oserei dire che non solo è positivo, ma è ultra positivo!
Nonostante il mio rimpianto per gli USA, io ho fatto un sacco di cose durante questi 60 anni di carriera. In televisione poi, di tutto e di più. Dagli shows di Falqui del sabato sera a ” Il Giornalino di Gian Burrasca ” con 3 dico 3! Premi Oscar alle spalle: Nino Rota che firmò l’intera colonna sonora, Lina Wertmuller, che ne era regista, sceneggiatrice e autrice di tutti i testi delle canzoni e infine gli arrangiamenti di Luis Bacalov. Tutti e tre premi Oscar! Non parliamo poi dei costumi e delle scenografie di Piero Tosi (Gattopardo e del cast, dove era presente il Gotha del teatro italiano. Poi tanti specials, come ” Stasera…Rita! ” E tanti altri ancora che seguirono nel tempo. Due Cantagiro vinti: nel 1965 con ” Lui ” e nel 1967 con ” Questo nostro amore “. Nel Cinema, il mio debutto avvenne in Francia inizio 1963 con “Clementine Cherie” il cui protagonista era nientemeno che Philippe Noiret. Poi con il grande Totò, e dopo con la regia di Lina Wertmuller, i NON musicarelli, come vengono erroneamente indicati, ma film musicali leggeri alla Doris Day: “Rita la Zanzara ” e il sequel insieme a Giancarlo Giannini, Giulietta Masina, Peppino De Filippo, Bice Valori, Gino Bramieri, etc. etc.; o ” Little Rita nel West ” con Terence Hill e Lucio Dalla. Teatro rivista: con Macario, Carlo Dapporto, Piero Mazzarella, Gaspare e Zuzzurro; Teatro classico con ” La XII Notte ” regia di e con Franco Branciaroli, Renzo Montagnani, Pino Micol, Marco Sciaccaluga, ed infine “La Strada ” di Fellini e Pinelli, con Fabio Testi, la regia di Filippo Crivelli e i costumi e le scenografie di Danilo Donati, lo scenografo preferito da Federico Fellini.
E i risultati furono sempre: tanto pubblico e grandiose recensioni.
Come ho gestito la mia fama? Non ho dato di testa come molti fanno stupidamente per risvegliare la loro creatività assopita o mai esistita. La mia ” fama” l’ho vissuta come una grande opportunità che mi è stata data in dono. Era il sogno che si avverava e quindi bisognava saperla amministrare. Stare con i piedi ben piantati per terra e godere di quella grande cosa che significava avere notorietà, successo e denaro. Mai stata interessata a droghe o a cose strane. La mia droga era e resta l’adrenalina che ho in corpo. Per essere in forma vocalmente, dormivo tantissimo, ovunque mi trovassi e soprattutto nei lunghi viaggi in aereo. Come vivo la “fama”? In maniera molto tranquilla. Oggi come allora, se non lavoro, faccio una vita più che normale. Vado spesso a fare la spesa di persona e a casa stiro e talvolta cucino come tante casalinghe. Il mio spirito guida resta Cincinnato: Quando non lavoro, taglio l’erba del prato!

Hai mai avuto l’opportunità di utilizzare la tua musica per sostenere una causa sociale o benefica che ti sta a cuore?
Faccio beneficenza e cerco sempre di aiutare coloro ai quali la vita ha riservato l’ultimo dei suoi pensieri. Non mi va di dire come e per chi, ma i bimbi sono spesso i miei referenti principali. La beneficenza deve rimanere solo tra chi la fa e chi la riceve. Mi piacerebbe però partecipare a qualche importante evento benefico televisivo, ma quello sembra essere un circolo chiuso. Ci sono sempre gli stessi nomi a condurlo e questo mi piace poco perché, anche non volendolo, si rischia di farlo diventare solo una autopromozione.
Quali sono i progetti futuri o le aspirazioni che hai per la tua carriera musicale? Cosa ti motiva oggi a far musica?
Ho in ballo dei grossi progetti, molto molto intriganti, soprattutto pensando che fra due anni ne avrò 80, ma sono scaramantica e dirò tutto solo quando firmerò i contratti. Faccio musica perché amo la musica e perché il fare musica mi rende felice. E rende felice moltissima gente che mi ama. Finché una sana energia mi sosterrà e la voce ci sarà -e per il momento c’è, eccome se c’è! mi creda – farò il lavoro per il quale sono nata e per il quale ringrazio tutti i giorni quel Signore che sta Lassù.

Puoi condividere qualche consiglio o riflessione su come la musica può influenzare le emozioni e la vita delle persone sia sul piano sociale che politico?
Credo di essere la persona meno adatta per dare consigli. Preferisco ancora riceverli e farne tesoro, ma posso indicare coloro che di messaggi ne hanno dati tanti e importanti, ma che ahimè, visto come sta andando il mondo, disattesi dai più. Chi sono? Gaber, Fabrizio De Andrè, Battiato, Lauzi, Pierangelo Bertoli, Vecchioni, Proietti. E persino quelli che sembrano dei matti ma che ridendo ti sbattono in faccia la verità, come Elio e le Storie Tese. All’ estero Leonard Cohen, Bob Dylan, Patti Smith, George Michael…
Come descriveresti il tuo stile musicale in evoluzione nel corso degli anni? C ‘è una canzone o un album che hai registrato che ha un significato particolare per te?
Ho scoperto, intorno alla fine degli anni ’80, che avevo una netta propensione per lo scrivere. Fu così che dopo piccoli episodi fortunati in alcune canzoni, decisi che forse era ora di fare un album come autrice. Era il 1990. Fu un’autoproduzione la mia, perché ero certa che nessun discografico mi avrebbe mai dato una mano a realizzare quel disco se non dopo averlo ascoltato. Decisi di fare un disco tutto al femminile. Un disco sulle problematiche femminili. Nacque così “Gemma e le altre“. Testi miei e musiche di Carolain, una ragazza italoamericana molto in gamba. Venne fuori un disco grintoso, malinconico e stravagante insieme. Donne che si confrontano e raccontano di sé, dei loro malesseri, delle loro delusioni, delle loro aspettative, e senza peli sulla lingua. L’album ottenne delle recensioni fantastiche ma nessuno, o pochissimi, lo passarono per radio. Per i deejay, a 45 anni io ero già una boomer… E infatti quello fu uno dei miei dischi più belli ma meno conosciuti, tant’è che in Rai, alcuni mesi fa, durante un’intervista, quando mi chiesero cosa mi sarebbe piaciuto ascoltare di mio, io dissi ” Gemma “, che era il brano che dava il titolo all’album. Si guardarono tra loro smarriti, ma andarono a cercarlo e lo trovarono. Beh, era ancora intonso con tanto di cellophane…

Qual è stato il momento più significativo della tua carriera musicale e perché?
Pur non essendo io una musicista, ho trovato ugualmente un escamotage e le giuste dinamiche per riuscire a comporre anche le musiche delle mie canzoni. Sono partita a 17 anni appena compiuti, con un genere musicale indicatomi da altri, che però ho cercato sempre di fare mio e di renderlo alla grande, e visto i 50 e passa milioni di dischi venduti nel mondo, direi che non li ho mai delusi, ma io amo il soul, il rock, le ballate e lo swing. Quindi il MIO disco di riferimento è certamente MASTERS, dove dentro c’è tutto questo. Un album grandioso da me ancora autoprodotto, il quale vede un mondo musicale di 15 brani stranieri cantati da me nella lingua originale + 15 cover degli stessi in lingua italiana. Brani che io ho molto amato nella mia adolescenza e i cui arrangiamenti, totalmente rimodernati ma non stravolti dal M° Enrico Cremonesi, giovane e straordinario arrangiatore, suonano alla grande, grazie anche all’apporto di due signori Grammy Awards. Ebbene, questi brani, le cui versioni in lingua italiana sono firmate da Enrico Ruggeri, Franco Migliacci, Lina Wertmuller, Dario Gay e la sottoscritta – hanno altri arrangiamenti che li diversificano dalle versioni in lingua inglese. Quindi niente copia e incolla ma la conferma che, quando un brano ha una vera melodia, si può darne diverse letture, e stanne pur certo che ti daranno ugualmente enormi soddisfazioni. Uscito nel 2014 e distribuito dalla Sony, è entrato nelle chart italiane al 10° posto, ma anche questo disco, tranne un brano, ” I Want You With Me “, che lanciò nel ’55 Elvis Presley, ebbe pochissimi passaggi radiofonici. Un peccato perché si tratta veramente di un grandissimo disco.
Qual è stata la lezione più importante che hai imparato nella tua carriera musicale?
La lezione che ho imparato? Di avere una profonda autostima per la mia persona. Sia come donna che come artista. E questa non è arroganza. Arroganza vuol dire sentirsi superiori a tutti. Autostima è non sentirsi inferiori a nessuno. Questa sono io. Questa è Rita Pavone.

Nella sua totale semplicità ed umiltà, Rita ci ha raccontato il suo percorso artistico che si contraddistingue per la sua costante abilità di adattamento e reinvenzione attraverso le varie epoche della musica pop, dallo straordinario debutto come prodigio giovanile fino alla profonda esplorazione di generi musicali più maturi, catturando così una versatilità e una longevità uniche nella storia della musica.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Attualità
Intervista esclusiva a Carolina Vinci: «Tutto può succedere se ci credi veramente»
Il Centro Congressi Multimediale del Crowne Plaza Rome – St. Peter’s è stato teatro di una notte irrisolvibile per Carolina Vinci. L’83esima edizione di Miss Italia, che si è svolta il 21 dicembre 2022, è stata ricca di glamour e talento nel cuore di Roma. La serata si è conclusa con l’incoronazione di Lavinia Abate con il titolo di Miss Italia 2022. Tra le finaliste, si è distinta Carolina Vinci: rappresentante della Sardegna, ottenendo il titolo di seconda classificata e il premio Miss Cinema.
Chi è Carolina Vinci?
Carolina Vinci nasce nel 1998 a Torino ma cresce ad Arzachena, Sardegna. Trasferitasi a Roma a 19 anni, Carolina frequenta l’Accademia Internazionale di Teatro dal 2017 al 2020, conseguendo una laurea in interpretazione. Attualmente residente nella capitale, è riconosciuta come una talentuosa attrice, con una profonda passione per il cinema e il mondo della moda. Dotata di un spirito resiliente, ha conseguito importanti risultati fin dai suoi primi anni di carriera.

Tra i suoi principali riferimenti nel mondo della recitazione figurano Sofia Loren, Paola Cortellesi e Alessandro Borghi. Carolina è fluente in inglese, ha occhi verdi e capelli castani, è alta 1,74 m ed è apprezzata per la sua eleganza naturale. Oltre alla recitazione, ha praticato anche danza classica e moderna. È una sportiva poliedrica e coltiva un amore per il tennis, che pratica a livello agonistico, oltre a ginnastica, pallavolo e nuoto. Durante il concorso di bellezza, ha stretto un forte legame con Anita Lucenti, Miss Sicilia, legate dal comune retaggio insulare.
Anche con Lavinia Abate, Miss Italia, è nata una forte amicizia: grazie alla magica atmosfera del concorso e agli indimenticabili momenti condivisi, come la loro partecipazione all’80ª edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, hanno scoperto un’affinità profonda che va oltre i riflettori e le passerelle.
Carriera
Carolina Vinci ha iniziato la sua carriera nel mondo della recitazione sin da giovanissima. A soli 8 anni, fu notata da un direttore del casting francese durante una performance di danza. La sua determinazione e ottimismo, come lei stessa ha sottolineato in diverse interviste, hanno contraddistinto la sua carriera.
Nel 2005, debutta nel cinema con un cameo nel film francese “Les Bronzes 3”, diretto da Patrice Leconte. L’anno seguente, nel 2006, ricopre il ruolo di Antonia nella serie Rai “L’Onore e il rispetto”, diretta da Salvatore Samperi, dove recita al fianco di Gabriel Garko.
Nel 2007, è la protagonista in “Sotto il cielo” di Michele Salimbeni, e l’anno successivo debutta sul palco teatrale interpretando il ruolo principale in “Ipotesi”, una rivisitazione dell’Orestea di Eschilo, sempre sotto la regia di Salimbeni.

Nel 2015, prende parte alla fiction Rai “Non Uccidere”, diretta da Giuseppe Gagliardi, e nel 2018 ha un ruolo di rilievo nel film “La Lupa”, noto anche come “La louve”, di Michele Salimbeni.
Sebbene le siano state proposte numerosissime opportunità, tra cui un ruolo nella popolare serie televisiva “I Cesaroni”, Carolina ha sempre dato priorità ai suoi impegni accademici, dimostrando un forte impegno professionale.
La nostra intervista esclusiva
Ciao Carolina, benvenuta su Sbircia la Notizia Magazine e grazie per aver accettato di rispondere alle nostre domande! Raccontaci un po’ della tua infanzia. Ci sono momenti o esperienze particolari che ritieni abbiano influenzato la tua carriera?
“Ciao Junior, grazie a te per avermi invitata e per avermi dato l’opportunità di raccontare un po’ di me. Ritengo che la vita sia fatta di scelte e di esperienze e sicuramente la mia è stata mossa da queste. Sono nata a Torino ma ho vissuto fino ai 18 anni in Sardegna. La mia infanzia è stata guidata dall’amore della mia famiglia che seguendomi passo dopo passo mi ha permesso di poter scegliere. Protagonisti indiscussi i miei fratelli, le colonne portanti della mia vita. Ero una bambina che sognava ad occhi aperti, questa sfumatura tende ad emergere ancora adesso, forse perché sono dell’idea che senza i sogni nulla ha senso. Frequentavo un corso di danza, e un giorno per puro caso si avvicinò una casting director, da quel momento ho scoperto un nuovo mondo, quello che ancora adesso frequento e sogno in grande, il mondo della recitazione. Avevo 8 anni e quel giorno è stato determinante per il mio futuro.”

Carolina, c’è un sogno o un obiettivo che ti tieni stretto e che speri di realizzare nel mondo dello spettacolo?
“Uno dei più grandi è sicuramente quello di potermi confrontare con grandi attori, poterci lavorare insieme, condividere idee. Questo lavoro è per me fatto di scambi, di condivisione. Quindi si mi tengo stretta l’idea che un giorno tutto questo possa realizzarsi. Vorrei condividere una frase che rappresenta a pieno il mio desiderio più grande: ‘Voglio vivere di quello che amo, di arte, di emozioni e di sorrisi’.”
Dalla tua prospettiva, quali sono state le qualità che hanno permesso a Lavinia Abate di aggiudicarsi il titolo di Miss Italia 2022?
“Essere se stessa. Lavinia è una ragazza meravigliosa. In questo anno ho avuto modo di conoscerla meglio, direi che ci siamo trovate. Siamo molto simili, tutte e due abbiamo dei sogni e ci impegniamo per raggiungerli al meglio. Ci piace l’arte e non è scontato trovare una persona che possa condividere con te l’amore per questo mondo. Lavinia ha vinto portando niente di più che la sua essenza.”

Quando rifletti sulla tua vita, quali sono le priorità che emergono chiaramente?
“Rispetto, gentilezza e determinazione 3 aggettivi che mi accompagnano da sempre, possiamo fare tanto da soli, ma con gli altri ancora di più se sei gentile e rispettoso le cose belle ti tornano indietro, certo non sempre ma per me il 90 percento delle volte si.”
Parlaci del tuo percorso di crescita ad Arzachena. È stato difficile coltivare il sogno di diventare un’attrice in una località così specifica?
“Sono felice di essere cresciuta ad Arzachena, certo per il mio futuro sapevo che mi sarei dovuta spostare perché soprattutto nel mio ambito le possibilità sono ridotte, ma sono contenta del mio passato. L’arte si trova ovunque anche e soprattutto dove le possibilità vengono meno. Frequentavo un corso di teatro al liceo, guardavo film a casa, nel mio piccolo cercavo di portare avanti la mia passione.”

Puoi condividere con noi come hai fatto il tuo debutto nel mondo del cinema? Quali emozioni hai provato?
“Come ho già accennato prima ho scoperto il mondo del cinema da bambina, il mio primo ruolo l’ho avuto poco dopo per una serie Rai “L’onore e il Rispetto”. Era un gioco, molto serio ma pur sempre un gioco. Amavo stare sul set, soprattutto perché la mattina presto portavano la focaccia calda. Non capivo bene, ma la sensazione era di serenità totale. Quando stavo lì, davanti a una cinepresa, stavo bene. Sensazione che spero di portarmi dietro per tutta la vita.”
Ci sono state occasioni in cui hai dovuto declinare offerte di lavoro significative nel mondo dello spettacolo?
“Si, non direttamente io ma i miei genitori, essendo minorenne tutto doveva passare da loro. C’è stata un’offerta per un ruolo che mi obbligava a trasferirmi per molti anni. Questo implica lasciare casa, la tua famiglia e i tuoi amici. Ammetto che non ci ha spaventato questo, a casa siamo sempre stati molto aperti ai cambiamenti, ma ci sono delle priorità che vanno rispettate. Semplicemente in quel momento particolare non poteva avvenire. Con il senno di poi credo che abbiamo preso la decisione più giusta per me e per la mia carriera. D’altronde la vita è fatta di scelte. Al momento sembra sempre difficile decidere, non si capisce mai se sia la cosa giusta o sbagliata da fare ma il tempo porta consiglio e ti aiuta a capire che spesso è meglio dire di no.”

Tra tutti i personaggi che hai interpretato finora, c’è uno con cui ti sei particolarmente identificata?
“Questa domanda mi fa molto ridere. Io in realtà ho sempre interpretato nel mio piccolo, personaggi particolari, finisco sempre per essere rapita o uccisa. Quindi a meno che non vogliate sentirvi dire “la morta” direi che no, forse deve ancora arrivare un personaggio che possa sentire davvero mio.”
Con quali colleghi, sia attrici che attori, ritieni di aver condiviso una sinergia particolarmente forte sul set?
“Ricordo con il sorriso Cosima Coppola, interpretava mia madre nell’ Onore e il rispetto. La adoravo, fuori dal set stavo spesso con lei e anche dentro dato che interpretava mia madre.”
Qual è stata l’ispirazione o la motivazione che ti ha spinto a partecipare a Miss Italia 2022?
“Mia madre mi parlava di Miss Italia da un po’ ‘di tempo. Tutti abbiamo dei pregiudizi e spesso sbagliamo soprattutto quando si tratta di mondi che pensiamo di conoscere ma in realtà non è cosi. Per questo non mi volevo iscrivere. Poi un giorno ho pensato che potesse essere comunque divertente, mi piace mettermi in gioco e così ho aperto la pagina per iscriversi e da lì è iniziato tutto.”

Oltre al concorso in sé, quali lezioni preziose hai appreso durante la tua esperienza a Miss Italia?
“Partecipare a Miss Italia mi è servito molto personalmente. Ti aiuta a credere in te, a sentirti bella e apprezzata. Non si tratta di bellezza solo estetica ma di bellezza interiore. Ho conosciuto davvero ragazze carinissime. Miss Italia mi ha fatto riscoprire me stessa, non pensavo di arrivare fino alla fine, la fascia di Miss Cinema era il mio obiettivo e quando l’ho raggiunto nemmeno io ci credevo. Sono partita dalla Sardegna, andavo alle selezioni a quattro ore di macchina da dove vivo d’estate, tornavo a casa la sera stessa perché la mattina seguente lavoravo in un negozio di abbigliamento, così per un bel po’ di tempo. E’ stato davvero un sacrificio, fino alla finale regionale non sapevo se sarei partita per le prefinali nazionali, perché non avevo preso nessuna fascia che mi permettesse di partire. Alla finale però ce l’ho fatta. Ora penso a quanto sia importante crederci anche quando sembra che nulla stia andando bene. La determinazione e la perseveranza mi hanno aiutato a capire che tutto può succedere se ci credi veramente.”
Al di là della tua carriera, qual è il tuo sogno più profondo e personale?
“Sogno una famiglia, una grande famiglia, una casa mia, dei figli. Sogno di poter tornare a casa, magari dopo una giornata di set e vedere la mia famiglia li. Mi auguro tanta felicità e amore. Nient’altro.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Marta Anna Boruncinska: «Nella vita non si sa proprio mai e quindi...

Nella vita di Marta Anna Boruncinska, l’esperienza culturale e linguistica va ben oltre il confine di un singolo Paese. Dalla fusione di tradizioni italiane e polacche, alle competenze in più lingue, passando per una vasta gamma di talenti e formazione, la sua è una carriera che incarna la poliedricità nel mondo dell’arte. In questa intervista, esploriamo come questi vari elementi abbiano plasmato la sua identità artistica, i suoi progetti e il suo rapporto con il pubblico in un’era sempre più globalizzata.
Ph. Giuseppe D’Anna / FremantleMedia
Sei nata a Roma da genitori di origine polacca. Come pensi che questa combinazione culturale abbia influenzato la tua espressione artistica?
“Da piccola mi metteva a disagio il mio cognome bizzarro, mi sentivo comunque diversa. Ma amavo la Polonia quando andavo in bici per i boschi dai miei nonni, ed amavo l’Italia quando passeggiavo per i suoi vicoli la sera con mia mamma. Credo mi abbiano regalato malinconia ed umorismo entrambe, perche entrambe hanno questi due opposti molto marcati anche se in modi diversi, e sono due lati del mio carattere a cui tengo molto.”
Parli italiano, polacco, francese e inglese. Come queste competenze linguistiche hanno aperto nuove opportunità nella tua carriera internazionale?
“Io parlo l’italiano come mia prima lingua insieme al polacco, mentre l’inglese me lo sono imparato da sola guardando il Letterman show, ed è vero. Chi nasce bilingue è predisposto ad imparare facilmente altre lingue, ed ora sto studiando bene il francese a livello di conversazione. Lavorativamente l’inglese mi ha aperto diverse strade, in una città multiculturale come Roma, e spero di usarlo per la scrittura (cosa già successa quando mi è capitato di lavorare come EDITOR o copywriter). Per la recitazione credo che a parte alcuni casi fortunati, di base nel mondo del lavoro si reciti sempre nella propria o nelle proprie lingue madre, oppure si rischia di recitare in lingue straniere ma sempre rappresentando ruoli della propria nazione spesso con tonnellate di cliché attaccate sopra.”

Hai una vasta gamma di talenti artistici: recitazione, canto, violino, danza e nuoto. C’è un talento che consideri più vicino al tuo cuore?
“Il violino ha significato molto per me, perché è stato un amore che non mi aspettavo e che mi ha fatta sudare tanto, ma tanto. Calli, spalle dolenti e tante crisi, perché sono poco disciplinata. Però la musica è per me un amore al pari del cinema e la musica classica e jazz sono una delle poche cose che riesce a calmare la mia testa sempre piena di pensieri. Considero però anche il nuoto una parte fondamentale della mia vita perché saper nuotare bene e sentirmi a mio agio anche in acque profonde o mosse, mi permette di evadere in mezzo al mare con il massimo della serenità e fare lunghe nuotate lontano da tutto.”
Sei diplomata presso il Liceo Classico Statale Dante Alighieri e la Scuola d’arte cinematografica Gian Maria Volontè. Come queste istituzioni hanno plasmato il tuo approccio all’arte?
“Essendo una che vaga molto con la testa e si incuriosisce di tante cose avere delle persone, dei bravi insegnanti, che mi hanno guidata nelle mie scoperte mi ha permesso di capire come gestire una curiosità fuori controllo che spesso mi rende tuttora caotica. È una fortuna incontrare dei professori e insegnanti in gamba ma io ne ho incontrati e ne sono grata.”
Hai recitato in teatro in diversi spettacoli. Come ti prepari per interpretare personaggi diversi e complessi?
“Come dicevo sono molto curiosa e nella mia vita ho sempre visto tanti film, ascoltato musica, letto biografie, visto documentari e soprattutto parlato con tantissime persone di ogni parte del mondo o di ogni connotato sociale, ed inconsciamente da questo traggo intuizioni che restituisco ai personaggi che mi capita di interpretare.”

Con Un posto al sole come è stata l’esperienza di passare dal teatro e cinema alla televisione?
“Per me stare sul set o a teatro significa sempre lavoro, e con ciò intendo che mi impegno allo stesso modo, e sto facendo sempre e comunque questo mestiere, quindi non fa differenza che sia la tv nel mio approccio al lavoro che voglio tenere quanto più professionale possibile, non mancando comunque molti momenti di scherzo. Cinema tv, teatro, ti danno emozioni diverse per quanto riguarda il pubblico, perché il pubblico della tv mi riconosce per strada e per me e una cosa nuova, buffa, ma che mi fa percepire quanto il nostro lavoro ha effetto sulle persone.”
Essendo una persona molto riservata, come gestisci l’equilibrio tra la tua vita pubblica e quella privata, soprattutto nell’era dei social media?
“Il fatto che per strada le persone mi fermino e mi chiedano foto mi stupisce sempre. Devo dire che mi fa piacere, anche se sono una persona che e sempre molto sovrappensiero e non gestisco sempre bene il dover cadere dalle nuvole all’improvviso. Però trovo molto dolce ed accolgo con gentilezza tutte le persone carine che hanno voglia di complimentarsi con me e che sorridono nel riconoscermi, perché alla fine il mio lavoro lo faccio anche grazie a loro. Recentemente ero al supermercato ed era un momento cupo, difficile, normalmente non avrei voluto parlare con nessuno e infatti mi sono comprata un cappello per camuffarmi, ma mi ha riconosciuta una signora con il figlio, erano molto dolci e mi hanno chiesto una foto in modo gentilissimo e delicato, e alla fine ho sorriso un po’ grazie a loro.”
Il tuo profilo Instagram è focalizzato sul tuo lavoro e le relazioni professionali. C’è un motivo specifico per questa scelta?
“Su Instagram ogni tanto mi diverto a condividere qualcosa, ogni tanto essendo un’esteta mi piace pubblicare cose che trovo belle, e poi lo tratto come una vetrina ma di una parte di me puramente lavorativa. Per il resto non ho proprio le forze o il tempo mentale di mettermi al pari con i ritmi dei social ad oggi, devo staccare e compaio solo quando dico a me stessa “dovresti pubblicare qualcosa”, cosa che faccio anche spesso ma sempre con un’attitudine di “cosa che va fatta” e non che mi andrebbe di fare.”

Quali sono i tuoi obiettivi artistici per il futuro e cosa dovrebbe aspettarsi il pubblico da te nei prossimi anni?
“Vorrei rispondere a questa domanda ma non ne ho idea, perché ho imparato che nella vita non si sa proprio mai e che quindi tanto vale lasciare un grande punto interrogativo.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
CLICCA QUI PER LEGGERE TUTTE LE ALTRE NEWS E ANTICIPAZIONI SU UN POSTO AL SOLE
Interviste
Intervista esclusiva a Valentina Iazzetta: «Con dedizione e duro lavoro, ogni sogno può...

Oggi l’ospite della nostra intervista è Valentina Iazzetta, nota per la sua partecipazione a ‘Azzurro – Storie di Mare’ su Rai 1 e per il suo lavoro nel campo della moda. Discuteremo del suo percorso professionale, dei momenti salienti della sua carriera e dei suoi progetti futuri.
Com’e nata la tua partecipazione ad Azzurro?
“Può essere attribuita alla costanza e all’impegno che ho sempre messo nel mio lavoro. Questa dedizione non è passata inosservata e, dopo un rigoroso processo di selezione, sono stata fortunata ad essere scelta per il programma. È stato un onore e un privilegio lavorare a stretto contatto con un conduttore eccezionale come Beppe Convertini e avere l’opportunità di collaborare con uno dei produttori e autori più innovativi e visionari del panorama televisivo, Gennaro Coppola.”

Il bilancio personale e anche del grande successo del programma?
“Guardando indietro alla mia esperienza, posso affermare con certezza che il bilancio è straordinariamente positivo. Mai avrei immaginato di raggiungere una visibilità con oltre 1.300.000 spettatori e di toccare picchi di share del 21%. Questo non è solo il risultato del mio impegno personale, ma è la somma di un duro lavoro portato avanti da un’intera squadra. Tutti noi, uniti, abbiamo conseguito un risultato davvero eccezionale e fuori dal comune.”

Ci racconti qualche aneddoto dietro le quinte del programma?
“Tra i vari set, c’è sempre stato un mix intenso di duro lavoro e momenti leggeri pieni di risate. Ricordo che in qualche frenetica corsa tra un set e l’altro, abbiamo persino dimenticato qualcuno indietro! Ma non chiedetemi chi, le mie labbra sono sigillate su questo aneddoto e preferisco mantenere il mistero”.

Come ti sei avvicinata al mondo dello spettacolo?
“Fin da quando ero bambina, il mondo dello spettacolo ha esercitato su di me un fascino irresistibile. Era come una chiamata interiore, un desiderio profondo di esprimermi attraverso l’arte e la creatività. Tuttavia, ci sono stati periodi in cui il dubbio e l’insicurezza hanno preso il sopravvento, frenando la mia determinazione a seguire questa passione. Ma, quando ho iniziato a lavorare come modella, ho avuto una sorta di Epifania: ho scoperto il mio vero valore, rafforzando la mia autostima e la mia determinazione. Questa rinnovata sicurezza mi ha spinto ancora di più a perseguire il mio sogno nel mondo dello spettacolo”.

Quali sono state le tappe principali e fondamentali della tua carriera?
“Ripercorrendo il mio percorso professionale, ci sono diverse tappe che hanno segnato in modo significativo la mia carriera. Sfilare indossando gli abiti di Gai Mattiolo, un nome di spicco nel panorama della moda a livello internazionale, è stata una delle prime ed emozionanti esperienze; indossare le sue creazioni è stato un vero onore e l’emozione era palpabile. La mia partecipazione come semifinalista nazionale di Miss Mondo Italia ha rappresentato un momento fondamentale per la mia crescita personale e professionale, imparando l’importanza di credere in me stessa e mettermi costantemente alla prova. La mia presenza in programmi calcistici di grande seguito, come SuperGoal su Canale 8, mi ha dato l’opportunità di entrare nelle case di molti italiani ogni venerdì. Calpestare il red carpet del Festival di Venezia è stato la realizzazione di un sogno che ho coltivato per anni. E, naturalmente, la mia partecipazione ad Azzurro Storie di Mare su Rai 1 è stata un’esperienza indimenticabile; vedere il mio nome sul piccolo schermo è stato oltre ogni aspettativa”.

Quali sono i progetti a cui ti stai dedicato adesso?
“Dopo l’indimenticabile avventura su Raiuno con Azzurro Storie di Mare e una breve ma significativa partecipazione all’ ottantesimo Festival di Venezia, mi trovo attualmente immersa in un nuovo progetto cinematografico, anche se in un ruolo non protagonista. Il mondo della moda e delle sfilate rimane una mia grande passione e continuo a rimanere attiva in quel settore. Anche se non posso rivelarvi troppo al momento, anticipo solo che presto mi vedrete in un nuovo programma televisivo. Restate sintonizzati”.

Chi sei fuori dalla tv e dal tuo lavoro come persona comune?
“Al di là della figura pubblica che mostro attraverso il mio lavoro, credo di essere l’esatto opposto nella vita di tutti i giorni. Sono una ragazza semplice e, devo ammetterlo, anche piuttosto testarda. Ma quello che caratterizza davvero la mia essenza è il grande cuore che porto con me. Questa mia natura spesso mi espone a profonde delusioni, poiché tendo a fidarmi facilmente delle persone. Sono estremamente protettiva riguardo alla mia vita privata e ai miei cari. Cerco sempre di tenerli vicini a me, un modo per mantenere i piedi ben saldi a terra nonostante tutto”.

Tre aggettivi per descriverti?
“Se dovessi racchiudere la mia essenza in tre aggettivi, sceglierei sicuramente: ‘Solare’, perché cerco sempre di portare positività e luce nelle situazioni; ‘Testarda’, poiché quando ho un obiettivo in mente non mi fermo davanti a nulla per raggiungerlo; e ‘Forte’, perché la vita mi ha insegnato a essere resiliente e a superare ogni sfida con determinazione.”

Hobby, passioni, tempo libero?
“Il mio hobby è quello del fitness, amo tenermi in forma e curare il mio corpo. Allenarsi è un qualcosa che ti fa stare bene sia fisicamente che psicologicamente. Per me, oltre ad essere un hobby è anche una passione. Nel tempo libero mi piace stare in compagnia delle mie amiche e amici, mi piace uscire, andare al mare, ascoltare musica. Mi piace anche cantare, a volte mi dicono che sono intonata, ma io non ci credo. Chissà, magari prenderò qualche lezione”.

Un sogno nel cassetto?
“Più che sogni, preferisco parlare di obiettivi. Credo fermamente che, con dedizione e duro lavoro, ogni sogno possa diventare realtà. Il mio obiettivo primario è quello di diventare una Professionista con la ‘P’ maiuscola. Desidero che il mio lavoro sia fonte di ispirazione e orgoglio non solo per me, ma anche per tutti coloro che mi sono vicini e che mi sostengono nel mio percorso”.

Tifi Napoli?
“Per me, non tifare per il Napoli sarebbe impensabile, e ci sono due motivi principali. Primo, sono cresciuta in una famiglia dove la passione per il Napoli scorreva nelle vene di tutti; è un amore che mi è stato trasmesso sin da quando ero piccola. E poi, come non innamorarsi di Napoli e della sua squadra? Napoli, come il suo storico club, è un’esplosione di colori, di emozioni, di storie. È semplicemente irresistibile”.

Come ti sei avvicinata allo sport e alla moda?
“L’avvicinamento al mondo della moda è avvenuto quasi per caso. Ho iniziato partecipando a shooting fotografici per divertimento, ma in breve tempo, brand di prestigio hanno iniziato a contattarmi, proponendo collaborazioni e sponsorizzazioni attraverso i social media. Da un semplice hobby, la moda è rapidamente diventata la mia professione. Per quanto riguarda lo sport, la mia passione nasce da tradizioni familiari: siamo tutti tifosi del Napoli. Questa fede calcistica, radicata sin da quando ero piccola, si è intensificata ulteriormente con la mia partecipazione al programma SuperGoal, rendendomi sempre più appassionata e legata al mondo del calcio”.

Ti piacerebbe ampliare la tua esperienza televisiva?
“Certo, espandere il mio orizzonte televisivo è da sempre uno dei miei sogni più grandi. Credo fermamente nel potere del duro lavoro e della dedizione per realizzare le proprie aspirazioni. Mi sto impegnando al massimo in questo percorso, e spero di poter raggiungere tutti gli obiettivi che mi sono prefissata. Mi piacerebbe affermare la mia presenza nel panorama dello spettacolo e contribuire in modo significativo con il mio talento e la mia passione”.
A cura di Roberto Mallò.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Daniela Ioia: «Ho amato Rosa da quando lessi lo stralcio di...

È raro trovare un’attrice che coniughi talento, passione e amore per la propria terra come fa Daniela Ioia. Con il suo ruolo di Rosa Picariello nella soap opera “Un posto al sole”, è riuscita a toccare i cuori di molti italiani. Abbiamo avuto l’occasione di chiacchierare con lei su come Napoli influenza il suo lavoro, l’importanza dello sport e del teatro nella sua vita e molto altro ancora.
FOTO DI GIUSEPPE D’ANNA / FremantleMedia
Ciao Daniela, benvenuta su Sbircia la Notizia Magazine. In che modo le tue radici hanno influenzato la tua arte e la tua percezione del teatro e del cinema?
“Sicuramente aver vissuto e vivere a Napoli mi consente di avere più materiale umano a cui ispirarmi, maggiori sollecitazioni per interpretare i miei personaggi. Io poi sono una che osserva molto e Napoli offre situazioni, scenari fantastici e contraddittori. È un teatro a cielo aperto.”
La tua carriera ha avuto inizio con la messa in scena di “Miseria e Nobiltà” nel 2000. Puoi raccontarci un aneddoto o un momento particolare di quella esperienza che ti ha fatto capire che la recitazione sarebbe stata la tua strada?
“In verità sapevo di avere una grande passione per la recitazione dalle elementari. A scuola infatti avevo già mostrato interesse per le attività artistiche. L’esperienza di ‘Miseria e Nobiltà’ è stata strepitosa. Avevo 16 anni, mi sentivo nel paese dei balocchi. Abbiamo girato alcune piazze campane con lo spettacolo e mi divertivo tanto. Ci spostavamo in pullman, si facevano scherzi, battute; lì ho capito che la passione era davvero forte e concreta, ma la consapevolezza che la strada giusta per me fosse la recitazione l’ho avuta anni dopo.”

Il personaggio che interpreti in “Un posto al sole”, Rosa Picariello, è diventato molto amato dagli spettatori. Potresti condividere con noi qualche dettaglio su come hai costruito questa figura e quali sfide hai affrontato nel renderla tanto accattivante per il pubblico?
“La mia amata Rosa. L’ho amata da subito, da quando lessi lo stralcio di copione per il provino. Ho letto in quelle righe una Napoli che amo, che rispetto, fatta di gente semplice e forte che lotta con i denti per riscattarsi e non lasciarsi travolgere dalle cose sbagliate che sono intorno, dai pregiudizi e dalle difficoltà che spesso schiacciano. Sono una che osserva molto, come ti dicevo, ho semplicemente osservato senza giudizio, ma proprio solo una semplice osservazione di ciò che avevo intorno. Ho ascoltato confidenze, ho assistito a litigi, ho incontrato persone. E quando leggo le battute di Rosa è come se tutto questo venisse a galla e allora la sua voce diventa la voce di tutte le anime che ho incontrato.”
Hai partecipato a numerosi laboratori artistici, tra cui quello diretto da Emma Dante nel 2012. Qual è il consiglio più prezioso che hai ricevuto in questi ambienti di formazione?
“Ho frequentato davvero tanti workshop e tutti diversi tra loro. Ho imparato da ognuno qualcosa. Il consiglio più prezioso che ho appreso è quello di essere aperti e predisposti al cambiamento, alla dinamicità, a non adagiarsi. Con il cuore e con la mente.”
Dall’equitazione al canto, passando per il podismo e la prepugilistica, come queste diverse passioni influenzano la tua interpretazione dei ruoli e il tuo benessere psicofisico?
“Lo sport è un elemento fondamentale della mia vita, delle mie giornate. Mi fa star bene, mi aiuta a canalizzare le mie energie. A scaricare tensioni e stress. Una giornata che inizia con una scazzottata o con una corsa non ha eguali.”

Parli diversi dialetti italiani. In che modo questa abilità ha arricchito la tua recitazione e ti ha permesso di immergerti meglio nei personaggi?
“Sono una che studia e sono molto diligente. Quindi se è richiesto, approfondisco e mi cimento anche in altri dialetti. Con il siciliano ho proprio un amore, e mi riesce abbasta bene. E poi un’estate della mia adolescenza ero in vacanza con i miei zii in Grecia e improvvisai un grammelot, che però non era greco, ma sembrava più polacco e negli anni l’ho mantenuto. (Questa cosa mi fa ridere)”
In “Gomorra” hai interpretato Tiziana Palumbo, l’alter ego femminile di Genny Savastano. Come hai affrontato la preparazione per un personaggio così complesso e in che modo ti ha cambiato come attrice?
“Gomorra è stata la mia prima esperienza importante televisiva e cinematografica. Quindi ha fatto un po’ da apripista ed è arrivata nel momento in cui decisi di voler essere una attrice nella vita. Il personaggio di Tiziana era una donna forte e determinata, colta e molto arrivista. Fu una bella sfida anche perché era l’unico personaggio a non essere una camorrista tipo, ma forse per questo era ancora più cattiva perché subdola e falsa.”
‘La nostalgia’ era in lizza per gli Oscar 2023. Come hai vissuto questo riconoscimento internazionale e quale impatto ha avuto sulla tua carriera?
“I film di Mario danno sempre grandi soddisfazioni. È stato emozionante. La mia partecipazione fu voluta da Mario Martone che mi chiamò un pomeriggio spiegandomi il progetto. Anche se il mio è un cammeo, sono stata felice e onorata di essere stata nei pensieri di un regista del calibro di Martone e di aver partecipato ad un film in lizza per gli Oscar. Questo è un primo segno del destino :-)”
Hai partecipato al calendario 2021 dei lavoratori della Whirpool di Napoli. Cosa ti ha spinto a sostenere questa causa e come vedi il ruolo dell’artista nel contesto sociale?
“Hai toccato un pezzo di cuore. Con i lavoratori della WHIRLPOOL c’è un legame profondo. Io ho semplicemente acquistato il loro calendario ma con loro ho condiviso i momenti di occupazione della fabbrica, le ore di presidio quelle dure, fatte di lacrime silenziose, tensioni e sorrisi nervosi. Abbiamo fatto teatro insieme, li aiutavo così. Giocavamo ad interpretare scene, li ho aiutati nella preparazione di un flash mob a piazza Dante quando il comune donò loro una panchina come segno di solidarietà. Ho seguito a distanza e qualche volta presenziando, tutte le loro iniziative e oggi con loro festeggio la riqualificazione e l’assunzione da parte della Tea Tek dei 300 e più dipendenti. Il ruolo dell’artista oggi è di fondamentale importanza nel sociale e nella società. L’artista può essere la voce delle minoranze, possiede spesso la possibilità di coinvolgere, influenzare. Attraverso l’arte si può denunciare, far riflettere, raccontare e dare punti di vista diversi. Oggi invece ho la sensazione che si usi l’artista più come testimonial, per marketing e basta.”
Sei sentimentalmente legata ad Antimo Casertano, anche lui attore, e avete un figlio, Jacopo. Come riesci a bilanciare la vita familiare con una carriera così impegnativa?
“Non è semplice, ci vuole tanta collaborazione. Facciamo di tutto per assicurare al bambino una certa stabilità e routine, con non poche difficoltà. Santi subito: i nonni, tutti e quattro e le due babysitter.“
Dopo un percorso artistico così ricco e variegato, quali sono le nuove sfide che ti attendono nel panorama cinematografico e teatrale italiano e internazionale?
“Sicuramente mi vedrete ancora nei panni di Rosa Picariello, poi sarò in vari teatri sul territorio nazionale con lo spettacolo di Paolo Caiazzo ‘separati ma non troppo’ insieme a Gennaro Silvestro e Maria Bolignano e poi ancora teatro con la mia compagnia Teatro Insania nata nel 2018 insieme al mio compagno e il mio monologo sulla maternità ‘MAMMA,MA’ . Spero presto arrivi un bel ruolo al cinema e una esperienza all’estero. Ma sono fiduciosa , le cose accadono quando è giusto che debbano accadere.“
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
CLICCA QUI PER LEGGERE TUTTE LE ALTRE NEWS E ANTICIPAZIONI SU UN POSTO AL SOLE
Interviste
Intervista esclusiva a Giuseppe Cossentino: «Attraverso le mie sceneggiature, film e...

Classe 1986, Giuseppe Cossentino, autore, regista e scrittore italiano si distingue per la sua feconda e brillante creatività e il suo sguardo rivolto al sociale. Attraverso le sue sceneggiature che sono diventate prodotti di spessore e di successo mette in evidenza tematiche come l’amore, la violenza, la bellezza, la diversità, il bullismo, le malattie rare.
Dalle inesauribili idee, lo sceneggiatore che per diversi anni ha vinto i Rome Web Awards, l’Oscar italiano del web, diversi Festival mondiali ed in concorso con diversi cortometraggi al David Di Donatello 2023, oggi è passato al cinema sociale e alla scrittura di libri a fumetti ci racconta il suo lavoro che è più la sua grande passione… svolta magnificamente!
Partiamo dal successo della tua serie web ” Passioni Senza fine” che ti ha dato tanta popolarità...
Devo dirti che sono molto felice dopo 12 anni dalla messa in onda di “Passioni Senza fine”. Questo progetto recupera quel radiodramma che un tempo si ascoltava nella radio tradizionale che via via è andato sempre più scemando scomparendo del tutto. Nel 2010, l’idea di un plot narrativo e poi la sceneggiatura e la messa in onda quel 28 febbraio del 2011 ha cambiato radicalmente la mia vita regalandomi una forte notorietà sia a me che agli attori che hanno preso parte a questo meraviglioso viaggio. Infatti, molti di loro, essendo stati ascoltati anche dagli addetti ai lavori, hanno fatto casting importanti anche per produzioni internazionali, altri scelti in spettacoli teatrali in tournée per tutta Italia ed altri ancora scelti per cortometraggi e produzioni estere importanti.

Qual è il segreto di questo successo?
Il segreto del successo è sicuramente nella mia continua costanza, di lavorare 24h su 24 oltre alla stesura di lunghe sceneggiature e dialoghi che propongono una storia forte e coinvolgente, alla definizione di personaggi e ruoli che servono poi per i casting delle voci su tutto il territorio nazionale. Il contributo degli attori e doppiatori è preziosissimo con il continuo confronto per rendere i testi ancora più vivi e veri. Sceneggiature avvincenti e reali, regia e attori bravi con la mia continua maniacale supervisione sono il vero successo di questo racconto che sembra non avere una fine per il momento.
Grazie a Passioni Senza fine e tanti altri progetti di serie e cortometraggi hai vinto l’Oscar italiano del web e la testata Open Journalist ti ha messo nella top ten dei migliori dieci sceneggiatori al mondo. Insomma, una bella soddisfazione.
Si per diversi anni ho vinto l’Oscar italiano del web sia per le diverse serie su internet, sia a livello personale per aver saputo reinterpretare quei radiodrammi che un tempo trasmettevano in radio, oggi su internet e in podcast. La top ten è stata una bella sorpresa, non credevo tanta attenzione e interesse per il mio lavoro dalla stampa internazionale. Certo che è una bella soddisfazione e mi inorgoglisce.

Cosa rappresenta per te la scrittura? Quale emozioni vuoi trasmettere attraverso le tue sceneggiature?
Per me scrivere rappresenta tutto. Senza scrivere non saprei stare, intorno la scrittura gira la mia vita. È il mio lavoro, la mia passione, il mio sogno che è diventato oggi la mia realizzazione di quello che sempre ho voluto fare sin da piccolo. Non immagino la mia vita senza scrittura, le emozioni che voglio trasmettere sono tante, io mi emoziono a scrivere ed uno scrittore che non si emoziona ed emoziona non è uno scrittore valido.
Sei anche regista: quali sono i tuoi modelli e punti di riferimento?
Sì, mi definisco più un prestato alla regia cinematografica tante le mie regie “Napoli nel Cuore”, “Elastic Heart, Un giorno a Napoli, “Non Uccidermi”, Io credevo in te” . Sicuramente tra i miei registi modello ci sono Ferzan Ozpetek e Paolo Sorrentino non mi dispiacciono.
Hai scritto serie di grande successo per il web: il pubblico che segue i tuoi prodotti che apprezzamenti fa del tuo lavoro? Qual è stato il commento che ti ha fatto più piacere ricevere?
Piacciono molto, le vorrebbero vedere ed ascoltare oltre che sul web anche sul piccolo schermo. Beh come idea non sarebbe male, chissà se un giorno succederà. Aspetto proposte interessanti ed economiche. Il pubblico che segue i miei prodotti è calorosissimo, vario e mi segue non solo dall’Italia ma dall’Europa e dal mondo. Tra i complimenti che mi hanno fatto piacere ne ricordo uno che mi ha colpito tantissimo, cioè che sono un autore con la mentalità americana e sprecato per la nostra Nazione chiusa alle novità.

Hai lavorato e lavori anche con grandi interpreti, come per esempio Lorenzo Patanè: puoi raccontarci qualche aneddoto?
Si ho avuto modo di lavorare con Lorenzo Patanè, sia in “Passioni” che in “Scandali”, ma anche con altri come Emanuela Tittocchia, Maria Rosaria Virgili, Mario Da Vinci, Ivan Boragine, Vincenzo Messina, Marco Cassini, Fabio Mazzari, Guia Jelo, Fabio Massimo Bonini, Patrizio Pelizzi, Massimo Ferroni D’Andrea e tanti altri interpreti della scena nazionale e non solo. Ed anche con l’attore Nunzio Bellino, personaggio televisivo negli ultimi anni con il quale ho stretto una grande sinergia artistica ed abbiamo molti progetti insieme. Tra gli aneddoti posso raccontare che sono persone umilissime e alla mano e per me è stato solo un piacere lavorare con questi interpreti ed oggi anche cari amici.
Infatti sei il regista di Elastic Heart, come nasce il tuo rapporto con Nunzio Bellino?
Si il rapporto con Nunzio nasce diversi anni fa attraverso i social. Seguiva il mio lavoro. Io provengo come sceneggiatore e regista dalla web serialità e lui seguiva le mie serie su internet. Mi ha contattato su facebook e ci siamo dati appuntamento in un bar, dove mi ha raccontato la storia della sua vita e mi ha mostrato la sua straordinaria capacità. Il resto credo che sia tutto nel cortometraggio e poi nel successivo libro ” L’Uomo Elastico” che bisogna vedere e leggere assolutamente per carpire la personalità di Nunzio e la sua storia che merita di andare sempre più avanti ed essere tramandata alle generazioni future come modello e a chi nascerà con la sua stessa e pericolosa sindrome!

“Elastic Heart” è un corto davvero toccante e molto forte. Tanti i premi e i riconoscimenti vinti da quest’opera di grande impatto civile e sociale.
Il corto ha un percorso abbastanza particolare, ha avuto una risonanza mediatica senza precedenti. Due Oscar del web come Miglior sceneggiatura e Trailer, siamo stati tra i 10 pitch trailers finalisti al Trailers Film Fest, in concorso al David Di Donatello 2023 ed ora ha ricevuto la ” Honorable Mention” al Festival del Cinema di Cefalu’ 2023 con giudizio di lode per la qualità dell’opera cinematografica.
Ed oggi la storia di Nunzio Bellino è diventata oltre ad un corto anche un libro a fumetti di successo dal titolo “L’Uomo Elastico” del quale sei autore e sceneggiatore.
Un libro a fumetti che educa alla diversità e all’inclusione e diventa uno stumento contro ogni forma di discriminazione e bullismo. Nunzio Bellino diventa una sorta di batman partenopeo per i vicoli di Napoli, un supereroe resiliente che combatte contro una subdola e rara patologia, la Sindrome di Ehlers-Danlos e scende in campo in difesa dei più deboli dai bulli. Un progetto che abbiamo portato in giro per l’Italia, dalla Campania, Calabria, Venezia alla Mostra del Cinema sino ad arrivare nelle scuole italiane. La mia sceneggiatura è disegnata dal bravissimo Tiziano Riverso. Il volume è edito da Antea Edizioni.
Con quale attore vorresti lavorare? Hai mai scritto un ruolo pensandolo già per un interprete preciso?
Alessio Boni, Sophia Loren, Nancy Brilli, Elio Germano, Beppe Fiorello, Pierfrancesco Favino, Giulia De Sio per citarne alcuni, sono tantissimi. Se ho scritto un ruolo pensandolo per un interprete preciso? Sì! E’ successo proprio per Lorenzo Patanè ed Emanuela Tittocchia, in Passioni senza fine nel ruolo di se stessi e la seconda volta ancora con Lorenzo per Scandali nel ruolo di un italo-tedesco, Elko Bauer.

Progetti futuri?
Continuare a scrivere, non posso elencarli tutti ne sono tanti ne riparleremo quando alcuni nuovi progetti si saranno concretizzati. Però posso dirti che ho ideato e sono da qualche tempo editore di www.gcnewsmagazine.it, attraverso il quale mi occupo di cultura, arte, attualità e gossip dopo l’esperimento riuscitissimo del sito di informazione internazionale www.italyintheworld.info con il quale diffondo il made in Italy e la cultura italiana nel mondo attraverso i news media dando luce e voce a chi lavora per far diventare grande la nostra amata Nazione.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Regalare emozioni: la musica di Roberto Casalino è capace di toccare le note dell’anima

By Pierluigi Panciroli
Nel vasto panorama della musica, esistono artisti che hanno l’incomparabile capacità di toccare l’anima, evocando un ventaglio di sentimenti e regalando emozioni che risuonano in ogni nota. Questa abilità non deriva soltanto da un talento innato, ma anche da una profonda empatia, una passione viscerale e una sincera comprensione dell’essenza umana. Roberto Casalino è uno di questi luminari, un cantautore la cui musica va oltre la semplice sonorità, raggiungendo il cuore dell’ascoltatore e risvegliando in lui ricordi, speranze e desideri. Le sue canzoni non sono mere composizioni; sono piuttosto viaggi emozionali, collegamenti tra il tangibile e l’ineffabile, tra l’ordinario e l’eterno. Nell’arte di Casalino, ogni nota, ogni parola, diventa un regalo per l’ascoltatore.
La capacità di trasformare sentimenti in parole e note
Dalle sue prime apparizioni nel mondo musicale, Roberto Casalino ha destato l’attenzione non solo per la sua voce distintiva, ma anche per la sua innata capacità di raccontare storie attraverso le sue canzoni. La sua carriera, costellata di successi, racconta di un artista che ha saputo combinare l’essenza della tradizione cantautorale italiana con influenze moderne, creando un sound unico e inconfondibile. Ma Casalino non è soltanto un interprete: è anche un talentuoso compositore, responsabile di alcuni dei brani più iconici della musica italiana recente, spesso scritti per voci illustri del panorama nazionale: da Tiziano Ferro a Giusy Ferreri, da Emma Marrone a Marco Mengoni. Proprio per quest’ultimo scrive insieme a Francesco de Benedettis “L’essenziale”, il brano vincitore del Festival di Sanremo 2013. La sua sensibilità nel mettere in musica emozioni profonde e universali ha fatto sì che molte delle sue creazioni diventassero vere e proprie colonne sonore della vita di intere generazioni. La forza di Casalino risiede nella sua capacità di trasformare sentimenti in parole e note, di creare un legame intimo con l’ascoltatore, rendendo ogni canzone un viaggio emozionale unico. Nel panorama musicale italiano, la sua voce risuona come un eco potente e autentico, un testimone del potere trasformativo della musica.
I segreti di una carriera così longeva
Recentemente ho avuto la fortuna di conoscere personalmente questo grande artista e confrontarmi con lui. Roberto è stato tanto gentile di concedermi la possibilità di pubblicare le risposte alle mie domande sul blog menover50mode.com (segui questo link per leggere l’intervista a Roberto Casalino), mi ha colpito particolarmente una sua frase, in cui ha affermato: “Scrivo solo e soltanto quando sono ispirato e ho bisogno di farlo se sento di aver qualcosa da dire, da raccontare”.
Questa dichiarazione, in tutta la sua semplicità, rivela molto del processo creativo di Casalino e della sua dedizione autentica all’arte della composizione. Mentre molti artisti potrebbero sentirsi obbligati a produrre costantemente, indipendentemente dal loro stato emotivo o ispirazione, Casalino si attiene fermamente al principio che la qualità e l’autenticità vengono prima della quantità.
La sua scelta di scrivere “solo e soltanto quando è ispirato” sottolinea l’importanza dell’autenticità nella sua musica. Non si tratta solo di produrre un brano per rispettare scadenze o aspettative del mercato, ma di ascoltare il proprio cuore e la propria anima, attendendo quel momento di ispirazione genuina. Questo approccio garantisce che ogni canzone sia un riflesso sincero dei suoi sentimenti, delle sue esperienze e delle storie che desidera condividere.
“Se sento di aver qualcosa da dire, da raccontare” suggerisce una profonda responsabilità che Casalino sente come artista. Sa che le sue parole possono toccare, ispirare e cambiare le vite di coloro che ascoltano. Così, non si prende alla leggera l’atto di scrivere e condividere. Ogni brano diventa un pezzo del suo cuore, un frammento della sua anima, offerto all’ascoltatore in un atto di pura vulnerabilità e fiducia.
L’album “DIECI PICCOLE RAGIONI”
DIECI PICCOLE RAGIONI è il nuovo album di Roberto Casilino, uscito il 15 settembre ha riscontrato un forte apprezzamento dalla critica e dal pubblico.
I temi centrali del disco toccano argomenti come il trascorrere del tempo, la ricerca della libertà, l’importanza del perdono e della compassione, nonché sfumature di amore sia benefico che distruttivo. Gli eventi che hanno caratterizzato l’esistenza del cantautore negli scorsi due anni sono impressi in queste canzoni, mostrando luci e ombre della sua quotidianità.
Le DIECI PICCOLE RAGIONI rappresentano i dieci segmenti dell’immagine di copertina che formano il volto dell’artista. È come se un’immagine venisse frantumata, producendo frammenti che si tenta di riunire a fatica, ognuno infatti muta a causa del tempo e delle esperienze acquisite. La persona che emerge da questo processo non è necessariamente migliore o peggiore di prima: è semplicemente diversa e merita attenzione.
Pierluigi Panciroli
https://menover50mode.com/
Interviste
Intervista esclusiva a Diletta Acanfora: «Punto in alto, sogno di condurre Sanremo»

Diletta Acanfora, attrice e conduttrice, è uno dei volti della squadra di Azzurro – storie di mare, il fortunato programma condotto da Beppe Convertini su Rai 1 e prodotto dal team storico di Gennaro Coppola con Gianmarco Ravo. Noi l’abbiamo incontrata in esclusiva per voi.
? Ph. Armanda Marie Annucci
Diletta, com’è nata questa nuova avventura?
“La mia collaborazione con Azzurro – storie di mare nasce da lontano, in quanto il produttore del programma, Gennaro Coppola, mi vide a teatro ed ebbe l’intuizione di avviarmi alla carriera della conduzione televisiva.”
Contenta?
“Il bilancio personale è sopra le aspettative, abbiamo raggiunto dei numeri di ascolti altissimi, picchi di oltre un milione. E sto avendo un forte riscontro nei tanti messaggi anche sui social, dove non mi aspettavo una risposta simile. Tanti nuovi followers e persone che mi chiedono della mia rubrica e degli sport che vedremo nelle prossime settimane!”

Ti sei divertita in giro per la penisola?
“Molto, e ci sono aneddoti divertenti; abbiamo girato l’Italia on the road con una bella troupe e qualche volta, tra caldo e stanchezza, è capitato di dimenticare qualche membro dell’equipaggio in una location!”
Ha sempre desiderato far parte del mondo dello spettacolo?
“Mi sono avvicinata al mondo dello spettacolo da bambina, con lo studio del canto; sono un soprano, e successivamente passando dal teatro musicale al teatro di prosa, giungendo infine al mondo dell’audiovisivo e del giornalismo.”

Altri progetti?
“Adesso mi sto dedicando alla conduzione televisiva, in particolare a tre nuovi format di cui a brevissimo vi parlerò, in partenza già quest’inverno.”
Chi è Diletta senza trucco nella vita di tutti i giorni?
“Fuori dalla TV e dal mondo dello spettacolo c’è una ragazza, Diletta, che porta avanti la sua vita tra famiglia, affetti, impegni, che crede ancora al valore delle relazioni umane e dei sentimenti, che ama tutelare il suo privato, non eliminandolo completamente dai social, ma riuscendo a bilanciare, custodendo dei momenti solo per sé.”

Come ti descriveresti con qualche aggettivo?
“Tre aggettivi mi contraddistinguono: sono ironica, stacanovista ed esuberante!”
Passioni e hobby del tuo tempo libero?
“Buona parte delle mie passioni le riverso nel mio lavoro, ho una passione per i felini, amo i gatti ed amo viaggiare! È stato il massimo per me unire la mia passione per i viaggi e la scoperta del nuovo al mio lavoro.”
Un sogno nel cassetto?
“Il mio più grande sogno, (potrebbe apparire scontato), è quello di arrivare a condurre Sanremo!!! Punto in alto, d’altronde è un programma che mi permetterebbe di mettere in atto tutte le mie sfaccettature, dalla conduzione, alla recitazione al canto.”

Sei anche attrice. Perché ti piace il teatro dove hai una certa esperienza?
“Amo il teatro perché mi permette di interpretare mille personalità e di studiarne gli aspetti più profondi.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Venezia nel cuore: Isabelle Adriani racconta il suo ritorno alla Mostra e...

Incontriamo Isabelle Adriani, tra le star di Venezia per un grande progetto.
IL GIARDINO DELLE FATE
Il nuovo film della IA ACADEMY, scritto e diretto da Isabelle Adriani e prodotto dai Conti Palazzi Trivelli, sarà presentato in prima assoluta durante l’80’esima Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia, Venerdì 8 Settembre 2023 alle ore 17:00 presso la Sala Tropicana 1 della Fondazione Ente dello Spettacolo all’interno dell’Hotel Excelsior di Venezia Lido.
L’accademia di Fiabe, Cinema e Teatro, fondata e diretta da Isabelle Adriani nel 2022 con sede nello storico Palazzo Palazzi Trivelli nel cuore di Reggio Emilia, sbarca a Venezia per la premiere del lungometraggio “Il Giardino delle Fate”, interpretato dagli allievi della Academy dai 6 ai 70 anni. Tra le guest stars anche la Contessa Chiara Dona’ dalle Rose e Angelo Maggi. Ospite d’onore Luciano Ligabue.
Con l’occasione si terrà anche la prima edizione dell’ IA ACADEMY FILM AWARDS, durante la quale saranno premiati i giovani talenti che hanno preso parte al film, fra i quali, per la prima volta sugli schermi, Linda Ligabue, Riccardo Caselli, Anna Pingani, Cecilia Predieri e il trombettista Amedeo Crotti.

Il film narra la struggente avventura di due orfani che ritrovano la gioia di vivere, grazie all’arte, all’amicizia, all’amore e ad un pizzico di magia, incontrando le Fate e i Maghi dei 4 Elementi. In collaborazione con Progetto Pulcino.
A cura di Roberto Mallò
Isabelle, emozionata di tornare a Venezia?
“Venezia è un po’ il mio posto del cuore, è qui che è cominciata la mia carriera ed è qui che presentiamo il mio nuovo film: Il Giardino delle Fate.”
I momenti più belli della sua carriera internazionale…
“Dopo la Laurea in Storia e parecchi film italiani, mi sono trasferita negli Stati Uniti dove ho studiato regia presso la New York Film Academy ed ho lavorato in numerose produzioni americane. Direi che uno dei momenti più belli è stato sul set di INFIDEL con Jim Cavieziel (ora al cinema con il controverso SOUND OF FREEDOM). Abbiamo girato in Giordania nel 2019, a Lima e nel deserto del Wadi Rum, un’esperienza magnifica! Avevo un doppio ruolo, una giornalista/spia sotto copertura, ho anche dovuto guidare un elicottero. Una sera abbiamo fatto una videochiamata con Mel Gibson, un giorno svelerò cosa mi ha detto e poi, naturalmente, il Waltzer con Zac Efron, lo sketch con Danny de Vito, ma anche la notte sui tetti di Roma con Penelope Cruz mentre giravamo Twice Born e all’Aquila con George Clooney per The American, o a Puerto Rico con John Cusack e a Cuba con Brignano…”

Prossimi progetti a cui stai lavorando?
“Ho fondato la mia Academy di Fiabe, Cinema e Teatro nel 2022, abbiamo già prodotto il Film Magic Dreams (ora su Amazon Prime UK) e dopo la premiere del nuovo film Il Giardino delle Fate all’80esima Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia, che ho scritto e diretto e nel quale recitano molti dei miei studenti, siamo già pronti per il nuovo anno accademico con il Musical dal titolo ‘Lo specchio magico’ e ‘Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare’. In più, durante l’anno, gireremo degli Short Movies con protagonisti i miei allievi. Sono molto orgogliosa di aver aperto la mia Academy, è un modo per trasmettere ai miei ragazzi le mie numerose esperienze nel mondo del cinema, in Italia e all’Estero.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Dal Tè alle Onde del Mare, intervista esclusiva ad Elena Campanile

Grandi riscontri per Elena Campanile, scrittrice, insegnante, artista e nel cast di “Azzurro – Storie di Mare,” il programma condotto da Beppe Convertini e prodotto dal team storico capitanato da Gennaro Coppola con Gianmarco Ravo. Ecco la nostra intervista esclusiva!
Com’è nata l’idea della tua partecipazione ad Azzurro?
“L’idea della mia partecipazione ad Azzurro è nata grazie a Gennaro Coppola, che circa un anno fa invitai a casa mia per un tè. Da quel momento lui è rimasto piacevolmente impressionato dalla mia passione per il tè e per il suo rituale, così mi ha invitata a realizzare uno spazio dedicato al tè nella sua importante produzione sulla Rai.”
Ti aspettavi questo grande successo che avete avuto con Azzurro?
“Il successo è sempre l’apice di un lungo percorso di lavoro fatto di passione e competenza. Persone che insieme creano un prodotto vincente, proprio come è accaduto per Azzurro – Storie di Mare. Indubbiamente per me è stata un’esperienza nuova e sorprendente.”

Qual è il tuo legame col tè?
“Il mio legame con il tè è recente. La mia passione nasce prima di tutto per le tazze da tè, che mi hanno sempre affascinata. Successivamente mi sono avvicinata al tè con maggiore consapevolezza, e ho anche conseguito una certificazione presso l’Accademia di Londra del tè.”
Quali preferisci?
“Il tè bianco, aromatizzato al fiore della passione! Ma se proprio devo riconoscere un tè che mi piace in maniera particolare, è il tè nero. Mi piacciono tutti i colori del tè, l’importante è saperlo preparare.”

Il bilancio personale e anche del grande successo del programma?
“Non posso che pensare agli autori, al conduttore Beppe Convertini, che hanno reso questo programma interessante e equilibrato. Sono felice che lo spazio dedicato al tè abbia attratto un numero sempre crescente di persone.”
Come descriveresti il timoniere Beppe Convertini? Come ti sei avvicinata al mondo dello spettacolo?
“Beppe Convertini è un grande professionista della televisione. Con me sono bastate poche battute e immediatamente ci siamo intesi, creando questo angolo dedicato al tè.”
Quali sono state le tappe principali e fondamentali della tua carriera?
“Sono un’insegnante di Storia e Filosofia da oltre vent’anni con spiccate doti artistiche e una smisurata passione per il tè.”

Quali sono i progetti a cui ti stai dedicando adesso?
“Sto ultimando la scrittura di un libro che racconta di tè e non solo… sarà pronto per questo autunno.”
Chi sei fuori dalla TV e dal tuo lavoro come persona comune?
“Cerco sempre di essere me stessa, una persona sincera ed autentica. Il mio lavoro di insegnante è connaturato alla mia persona.”
Tre aggettivi per descriverti?
“Empatica, simpatica e lunatica…”
Hobby, passioni, tempo libero?
“Canto, letture, cucito, cucina, Tè. Il tempo libero? Lo dedico alla famiglia e agli incontri con il tè.”

Un sogno nel cassetto?
“Aprire una elegante sala da tè, che possa diventare un luogo per anime belle ed evocare atmosfere dei tempi lontani con una rinnovata visione sulla tradizione…”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Roberto Lipari: Dal cinema alla TV, una stella in ascesa

Roberto Lipari, siciliano doc, è davvero uno dei volti più promettenti della tv. In breve tempo da Zelig è approdato a Striscia la notizia ed è uno dei conduttori più amati in coppia con Sergio Friscia. Ma Lipari ha anche fatto il salto nel cinema come attore e regista, e da questa estate su Prime video è disponibile il suo secondo film “So tutto di te”. Lo abbiamo incontrato al prestigioso Nations award, kermesse internazionale con grande attenzione ai temi legati all’ambiente. Lipari, simpatico e disponibile, appare inarrestabile con una grande carriera in forte ascesa e un futuro di immense soddisfazioni.
Roberto, sei contento su questo secondo film?
“Moltissimo. Ci ho messo tutto me stesso.”
“So tutto di te” è una commedia sentimentale che fa della satira il suo tratto distintivo. Puoi dirci di più sul tuo personaggio e sulla trama?
“Roberto, il mio personaggio, è un trentenne che riesce sempre a dire la cosa sbagliata al momento sbagliato. Lavora come agente immobiliare ed appare sempre un po’ distratto e impacciato, anche in amore. A fare da sfondo in tutta la storia c’è il teatro dei pupi del nonno di Roberto interpretato da Leo Gullotta, che ho fortemente voluto. Il film è girato a Palermo, una scelta che risuona come una metafora: nella società contemporanea dominata dai social e dall’intelligenza artificiale, proviamo a capire quanto siamo ‘pupi’ nelle mani di algoritmi e grandi multinazionali. Ho girato in sequenza dopo ‘Indiana Jones’ e ora ‘Il Gattopardo’ e ‘The Bad Gay 2’. Il capoluogo della Sicilia è prolifico, ora si gira tanto. E approfittiamone. La Sicilia, con il suo turismo, sta vivendo un grande momento. È meglio associare la Sicilia con queste bellezze piuttosto che con l’immagine della mafia; si può raccontare e prendere in giro nel modo giusto.”

Attore e regista. Com’è il bilancio?
“Ottimo. E penso già al terzo film! Sono onorato che Gullotta abbia accettato. È un maestro, un grande in tutto. Sono grato, e poi ho nel cast gli amici Sergio Friscia e Barbara Tabita. Cosa manca? Solo un appello a Tornatore. Magari leggesse e mi ascoltasse… sognare non costa niente.”
Striscia la notizia ha fatto boom di ascolti con te e Friscia. Felice?
“Contento assai! In fondo ci divertiamo e la gente lo capisce. Facciamo sempre del nostro meglio con l’impegno di Striscia. Ho sempre Sergio su cui contare. E menomale! Sono felice dei tanti messaggi e delle persone che ti incontrano per strada e mostrano affetto trattandoti come uno di famiglia.”
Sei stato uno dei grandi volti del Nations award tra il Premio Oscar Murray Abraham e gli attori popolarissimi di Terra Amara. Qual è il tuo appello per l’ambiente?
“La situazione è drammatica, lo dimostra il clima. Abbiamo il dovere di amare il mondo che ci ospita, comportarci bene, con rispetto. Il rispetto comune delle regole potrebbe fare molto se tutti ci uniamo e ci crediamo.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Attualità
La bellezza e la determinazione di Lavinia Abate, l’incredibile storia di Miss...
Lavinia Abate è stata incoronata Miss Italia il 21 dicembre 2022 presso l’hotel Crowne Plaza Rome St. Peter’s, battendo altre 20 concorrenti provenienti da ogni regione della penisola. La giuria, composta da personalità del mondo dello spettacolo come Fioretta Mari, Francesca Manzini e Massimo Boldi, ha scelto Lavinia come ragazza più bella d’Italia.
Chi è Lavinia Abate: Miss Italia 2022
Nata a Roma, nel 2004, figlia di Fiorenzo, impiegato alla Telecom, e di Camilla, insegnante di inglese con origini scozzesi, Lavinia è una ragazza determinata e bella dentro. Pratica danza moderna e contemporanea da 12 anni, suona il pianoforte e compone canzoni.
Ha frequentato il liceo scientifico Azzarita, dove si è distinta per la bravura e la media dell’otto. Modesta, sensibile e trasparente, Lavinia è un esempio per le ragazze che cercano di realizzare i propri sogni con impegno e passione.
Lavinia Abate: una fisicità e una personalità che non passa inosservata
Lavinia ha conquistato il pubblico della storica manifestazione, con la sua bellezza naturale e l’eleganza. Alta 1,76m, con capelli castano chiaro e occhi marroni, la giovane romana ha catturato l’attenzione dei giudici e del pubblico con il suo sorriso contagioso e la sua forte determinazione. Lavinia non ha tatuaggi, preferendo una figura pura e semplice.

La sua personalità brillante e intraprendente la rende un’ambasciatrice perfetta per il nostro Paese, ispirando una nuova generazione di ragazze italiane a realizzare i propri sogni con impegno e dedizione.
La passione per la musica
Lavinia Abate è una ragazza dalle molteplici passioni. Oltre alla danza, infatti, la giovane romana è appassionata di musica e canto, in particolare di pianoforte. La passione di Lavinia per la musica è stata messa alla prova anche durante la serata finale di Miss Italia 2022, quando ha eseguito sul palco un brano inedito, scritto da lei, intitolato “Vino Rosso”. La sua performance ha dimostrato il talento e la determinazione di questa giovane donna, che ha tutte le carte in regola per diventare una stella della musica italiana.
Ora Lavinia, che ammira artiste come Adele e Ariete, si appresta a vivere una nuova avventura come ambasciatrice della bellezza e della cultura italiana. La giovane Miss Italia ha dimostrato di avere tutte le qualità per rappresentare al meglio il nostro Paese e di essere in grado di affrontare ogni sfida con impegno e dedizione.
Single o impegnata?
La neo Miss Italia 2022, non ha attualmente alcun legame sentimentale. La giovane ha confessato di non avere un fidanzato, ma di essere ancora in buoni rapporti con il suo ex-partner. “Adesso sono concentrata su di me“, ha spiegato. Sebbene non abbia un’idea precisa dell’uomo ideale, ha elencato alcune caratteristiche che apprezza dell’altro sesso, come la statura elevata, un viso dolce e occhi espressivi, un carattere forte e una mente aperta.
Romana “purosangue”, non segue il calcio e non si interessa ai calciatori che – a suo dire – si concentrano troppo sull’aspetto fisico. Tuttavia, come ogni giovane, ha le sue preferenze: “Preferisco gli uomini con i capelli scuri“, ha recentemente dichiarato.
I problemi fisici
In una recente intervista, Lavinia Abate, ha svelato un particolare intimo della sua vita privata, parlando del problema di salute che l’ha afflitta per anni. La giovane ha confessato di soffrire di scoliosi fin dall’età di 14 anni, e di aver dovuto portare un busto rigido per quattro lunghi anni. La scorsa estate, grazie ai medici e fisioterapisti dell’Isico, Lavinia ha finalmente potuto togliere il corsetto, che l’ha resa insicura e diversa dagli altri.
Secondo la ragazza, i medici dell’Isico sono stati i suoi veri angeli custodi: è grazie a loro che la sua schiena ha potuto sorreggerla durante lo show, senza particolari disagi. Nonostante ciò, la schiena di Lavinia non potrà mai tornare alla normalità, ma la giovane ha imparato ad accettarsi per come è, compresi i suoi acciacchi fisici. Lavinia considera questa una vittoria personale, importante tanto quanto il trionfo a Miss Italia.
La nostra intervista esclusiva
Dopo aver “sbirciato” qualcosa su di lei, abbiamo deciso di incontrarla per saperne di più. Ed è con immenso piacere che, dopo Zeudi Di Palma (Miss Italia 2021), vi presentiamo la nostra intervista esclusiva a Miss Italia 2022, Lavinia Abate!

Ciao Lavinia, cosa è successo dentro di te quando hai sentito il tuo nome chiamato come vincitrice di Miss Italia?
“Ad essere sincera ripensando a quel momento ho difficoltà a ricordarmi a pieno come mi sono sentita una volta sentito il mio nome. Penso sia normale non ricordare dettagliatamente questi momenti quando si è sommersi da un emozione così grande. È come se il mio corpo, per controllare le mie emozioni, si fosse sospeso momentaneamente lasciandomi a bocca aperta tanto da coprirla con le mani per la sorpresa. Le mie orecchie sembravano tappate e tutti i suoni, dalle parole pronunciate dai vari giornalisti fino alle urla di gioia delle mie compagne, erano ovattati. Non avevo modo di pensare dal momento che tutti volevano la mia attenzione, la mia foto, la mia intervista… Avevo difficoltà a parlare e a descrivere a pieno le mie emozioni in quanto non le avevo ancora metabolizzate. Nell’attimo in cui venne detto il mio nome, “Lavinia” non era più quella di prima. È assurdo da pensare ma è come se in un solo secondo, da quella che era una giovane ragazza sognatrice e piena di ambizioni, conosciuta solo dai suoi familiari e dal suo piccolo gruppo di amici della sua zona diventa una specie di celebrità, una ormai donna ammirata da tutti, riconosciuta e vista da tutti i giornali d’italia. Se dovessi descrivere in tre parole le emozioni che provai su quel palco nel momento della proclamazione della vincitrice sono: sorpresa, orgoglio e felicità.”
Ad esclusione della proclamazione, qual è stato il momento più emozionante per te durante l’intera esperienza di Miss Italia?
“Sicuramente il momento più emozionante è stato quando ho fatto il primo passo in questo concorso ovvero la mia prima selezione. Non avevo mai partecipato al concorso o tantomeno fatto esperienze di questo genere. Non ho mai sfilato e non ho mai avuto l’opportunità di entrare nel mondo della moda e dello spettacolo, su una cosa sola avevo conoscenza: la musica, nonché la mia più grande passione. Proprio quella sera feci la mia prima “passerella” davanti ai giudici ma anche la mia prima e vera esibizione portando un brano composto e cantato da me. Ricordo di essermi sentita agitata e forse anche inadeguata ma quando suonai il mio brano, nonostante la paura di non piacere ai giudici e al pubblico, mi sono sentita a mio agio, completamente me stessa. L’iniziare un’esperienza di cui non ci si sente a proprio agio proprio perché nuova e inesplorata, è ciò che spaventa di più ed è per questo che lo considero il momento più emozionante. Dalla prima vittoria decisi di portare sempre me stessa in tutte le tappe del concorso portando con me le mie passioni.”

Con che animo hai vissuto questa straordinaria esperienza? Avresti mai potuto immaginare di giungere alla vittoria finale?
“Data la casualità della mia iscrizione al concorso non avevo nessun tipo di aspettativa ma solo una grande voglia di buttarmi in una nuova esperienza, mettermi in gioco e conoscere il mondo di miss Italia. Ho vissuto questa esperienza con divertimento, passione e spensieratezza, pronta a imparare qualcosa di nuovo e a conoscere nuove persone. Sono rimasta felicissima per aver scoperto nuove amicizie con molte delle ragazze finaliste provenienti da tutt’italia. Raramente ti capita di conoscere in una botta sola tante ragazze che vengono da ogni regione di italia ed è infatti una delle tante cose per me belle del concorso. Ammetto che prima ancora di iniziare il concorso per me era praticamente impossibile vincere ma arrivata in finale la possibilità era sempre più bassa e a quel punto ho iniziato a credere un po’ di più in me stessa e in una possibile vittoria. Ero così contenta dell’esperienza fatta e delle persone conosciute, ho sempre creduto nelle mie ambizioni e nella realizzazione di esse a prescindere dal concorso. Se non avessi vinto non mi sarei scoraggiata ma sono sicura che avrei continuato comunque a inseguire i miei sogni. Sono orgogliosa del traguardo raggiunto ma non mi fermerò, prossimo traguardo: diventare una cantautrice e fare musica perchè nella vita secondo me non bisogna mai darsi limiti.”
Partecipare ad un concorso di bellezza è un qualcosa che hai rincorso da tempo? Come e quando hai deciso di partecipare?
“Questa domanda sembra stata fatta apposta per me… L’idea di iscrivermi al concorso è nata da una pura casualità, esattamente l’estate scorsa. Di concorsi di bellezza ce ne sono tanti ma Miss Italia è sicuramente quello più acclamato e riconosciuto in tutt’Italia. Nel corso degli anni amici e conoscenti mi hanno spesso consigliato di entrare nel mondo della moda ma non mi era mai capitato di ricevere commenti del tipo “perché non partecipi a un concorso di bellezza come Miss Italia?” …fino a quest’estate. Era metà agosto e io e la mia famiglia ci trovavamo in sala d’attesa per prendere un tavolo a un ristorante del paesino in Sardegna dove tutti gli anni passiamo l’estate. Proprio in quel momento entra una coppia: era Caterina Murino con il suo compagno (suppongo). Si avvicinò verso di me e a i miei genitori facendomi i complimenti sul mio aspetto e raffinatezza nei miei modi. Si presentò come un ex finalista di miss italia del ‘97 che grazie al concorso è riuscita ad entrare nel mondo dello spettacolo e ora è un attrice di grande successo, soprattutto in Francia! Mi invita a partecipare al concorso purché riteneva che avessi tutte le carte in regola. È così da questo casuale incontro decisi il giorno dopo di iscrivermi prendendolo come un segno del destino e da lì cominciò tutto il mio percorso a Miss Italia. Ripensandoci mi sembra di vivere in un film per la casualità di questi eventi che mi hanno fatto raggiungere un traguardo emozionante come questo. In parte devo il merito a Caterina Murino perchè senza di lei non so se avrei mai intrapreso questa strada e ora non sarei qui! Ringrazio anche il supporto dei miei amici e familiari per essermi sempre stati accanto.”

Uno dei momenti clou della finale di Roma è senza dubbio il discorso. Tu come lo hai preparato? C’è stato qualcuno in famiglia o al di fuori che è stato fonte di ispirazione?
“Si quest’anno il concorso si è concentrato non più solo sulla bellezza ma anche su quello che c’è dentro ogni ragazza scoprendone la personalità, il carattere, le passioni, cosa c’è dietro un bel fisico e un bel viso. Io quando mi ero iscritta non sapevo di questa nuova concezione di bellezza che il concorso ha voluto valorizzare ma nonostante questo ho voluto lo stesso, di mia spontanea volontà, portare alla luce le mie passioni. Una cosa su cui sicuramente non ero preparata era il discorso… Non sono mai stata una ragazza portata per esporre bene concetti o in generali miei pensieri e considerazioni, solitamente mi esprimo con la musica. Il concorso sotto questo punto di vista mi ha messo molto alla prova regalandomi una maggiore sicurezza nel parlare davanti a un pubblico, come per esempio quando andai alla Rai per la prima volta nel programma ‘I fatti vostri’. Per la finale l’unica cosa su cui ero ansiosa era il discorso, non perché non avessi nulla da dire ma perché avevo paura di non riuscire ad esporre bene. Una persona importante che mi ha aiutata molto sotto questo aspetto è sicuramente mio padre. Ammiro come mio padre riesca ad essere così conciso quando parla, ad essere in grado dì collegare un argomento a un altro dovuto anche alla sua ampia conoscenza. Addirittura spesso do per scontato che lui sappia tutto e non mi faccio scrupoli a chiedergli qualcosa. Una volta gli chiesi com’era possibile che sapesse tutte queste cose in così tanti campi e lui mi rispose: “sono sempre stato una persona molto curiosa e mi ricordo che fin da piccolo appena c’era un qualcosa che non sapevo andavo subito a documentarmi, mi incuriosivo di tutto quello che mi circondava e non sopportavo non sapere le cose.” Così come quasi in tutto, in preparazione alla finale ho chiesto il suo aiuto che mi è stato d’oro. Alla finale ho deciso di portare come frase che mi rappresenti una del filosofo Seneca che dice: “non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove vuole andare”. Lascio a te comprendere questa mia scelta.”
Come hai affrontato le sfide del concorso, come il controllo del peso, la preparazione delle sfilate e la competizione con le altre concorrenti?
“Non avendo mai partecipato a un concorso o tanto meno fatto sfilate mi trovavo abbastanza impreparata e preoccupata sul come affrontare le varie sfide. Non mi sono mai preoccupata del mio peso ho sempre pensato che la cosa importante fosse mangiare tutto purchè salutare e in maniera moderata. Mio padre ha introdotto a casa una cucina salutare eliminando ciò che conteneva solo grassi o grandi quantità di zucchero. Mio padre mi ha insegnato che è importante però non mangiare sempre lo stesso piatto ma variare ogni giorno. Per quanto riguarda le sfilate mi ricordo che i giorni precedenti alla prima selezione mi mettevo a camminare sui tacchi per casa simulando una sfilata ed accompagnandomi con della musica che mi gasasse. Nonostante non abbia esperienze da sfilate so di avere una buona postura dovuta anche all’indossamento del corsetto che sicuramente aiutò molto nel portamento. Non ho mai cercato competizione con le altre ragazze. Non avevo interesse nel prevalere sulle altre. Purtroppo sembrerà strano ma ho sempre avuto poca autostima sommersa dalle mie insicurezze che ancora ora mi porto appresso nonostante il risultato ottenuto.”

Immagino che le persone a te vicine avessero delle aspettative durante la finale. Come le hai gestite?
“In realtà, come spiegato precedentemente e nello specifico, data la casualità della mia iscrizione al concorso, nessuna delle persone a me vicine aveva aspettative nei miei confronti. Io stessa, nelle mie varie interviste, ho ribadito che ho sempre tenuto le aspettative basse, non solo durante la finale, ma anche per tutta la durata del concorso. Sostengo che crearsi aspettative sugli avvenimenti e sulla vita in generale, possa portare solo a delusioni e sofferenze. È bello vivere le situazioni e le esperienze con spensieratezza, dando il massimo a prescindere da tutto.”
C’è qualche persona a cui attribuisci il tuo successo a Miss Italia?
“Attribuisco il mio successo alle persone che mi hanno reso la persona che sono oggi: i miei genitori, fratelli e, in generale, alle persone che mi stanno vicine. Li ringrazio per il supporto che mi danno sempre, in ogni cosa che faccio e in ogni difficoltà che mi si presenta davanti. Assegno il mio successo in parte anche a me, nella mia costanza nel migliorarmi, nel proseguire con grande determinazione le mie ambizioni e nel mettere il cuore in tutto quello che faccio. Siccome nella vita giocano un ruolo importante anche le opportunità, nel mio caso devo molto anche a Caterina Murino, che mi ha introdotto all’interno di questo concorso.”

Lavinia, qual è il tuo rapporto con la famiglia? È cambiato dopo la vittoria di Miss Italia?
“Con la mia famiglia ho un bellissimo rapporto. Sono cresciuto in una famiglia che mi ha sempre supportato e incoraggiato a perseguire i miei sogni. La mia vittoria di Miss Italia non ha cambiato il nostro rapporto, ma ha sicuramente creato un’esperienza unica che abbiamo vissuto insieme con grande entusiasmo e orgoglio. La mia famiglia è stata presente per me in ogni fase del concorso, dalla preparazione all’evento finale. Il loro sostegno e il loro amore mi hanno dato la forza e la determinazione di affrontare tutti i momenti difficili e di perseguire il mio obbiettivo. Sono fieri dei mie traguardi raggiunti e mi sosterranno per quelli futuri.”
È stato un anno molto importante per te: hai sostenuto anche esame di maturità, dimostrando una straordinaria determinazione e impegno. Qual è stata la sfida più grande che hai affrontato durante la preparazione e come hai conciliato gli impegni di Miss Italia con lo studio?
“Hai detto bene, determinazione e impegno sono a mio parere le due qualità che ti permettono di fare qualsiasi cosa. Queste sono le qualità che mi caratterizzano e se ora sono arrivata fin qui, lo devo alla mia determinazione e al mio impegno che metto in tutto quello che faccio e con un pizzico di amore e umiltà. Queste qualità sono anche la ragione per cui sia riuscita a gestire lo studio e gli impegni di Miss Italia, oltre al fatto che sono sempre stata una ragazza che ama riempirsi le giornate. Prima del concorso, oltre allo studio, mi dedicavo al canto, alla danza, al piano e al disegno. Poi, purtroppo, con gli impegni del concorso e l’esame dietro l’angolo, ho dovuto sacrificare qualche impegno, che più che impegno preferirei chiamarla passione. Sono una ragazza piena di passioni e mi ritengo fortunata ad avere avuto una famiglia che mi abbia permesso di coltivarle sostenendomi sempre. Con Miss Italia, ho lasciato temporaneamente le lezioni di canto e piano, continuando però a ballare per potermi sfogare e tenermi in forma. Dico temporaneamente perché appena avrò più tempo le riprenderò subito perché credo ancora di avere tanto da migliorare. Sono una ragazza ambiziosa e a volte i miei bellissimi risultati non mi soddisfano abbastanza e questo mi porta a migliorare sempre di più. Detto questo, ringrazio anche il concorso che ha compreso le mie esigenze scolastiche e mi è venuto incontro permettendomi soprattutto l’ultimo periodo di dedicarmi all’esame di maturità. La sfida più grande è stata adattarmi a questo nuovo stile di vita e parlo quindi dei primi mesi, quando oltre alla novità della nuova Miss Italia, piena di interviste e impegni, dovevo ricominciare la scuola dopo le vacanze di Natale. Ammetto che la notorietà a cui non ero abituata mi ha distratto nel primo momento, rendendomi difficile gestire il tutto. Piano piano sono riuscita a conciliare i miei impegni, prestando tempo, seppur meno, anche ai miei amici.”

Hai mai subito delle critiche o dei pregiudizi a causa della tua partecipazione al concorso?
“Le critiche e i pregiudizi li ho ricevuti, ma penso sia impossibile non riceverli quando inizi ad avere un minimo di notorietà. Per mia fortuna, le uniche critiche che ho ricevuto sono da parte di persone che non conosco personalmente… le persone che mi conoscono, invece, sono fiere del traguardo che ho raggiunto e la mia umiltà mi ha permesso di rimanere con i piedi per terra, rimanendo la Lavi di sempre, anche attorno ai miei amici e parenti. L’unica cosa che posso dire è che i miei amici e conoscenti hanno trovato inaspettato questo risultato per il semplice fatto che mi conoscono come una normale ragazza, carina certamente, ma non una Miss Italia. ‘Lavi, sei una ragazza bellissima ma wow, assurdo che una mia amica sia diventata Miss Italia!’ Queste sono le parole che spesso mi capita di ricevere e ammetto che a volte anche io trovo difficoltà a crederci e fingo di essere una ragazza qualunque. Sicuramente, una cosa che ho apprezzato poco da quando sono stata eletta Miss Italia è avere conoscenti che hanno cambiato approccio nei miei confronti solo per il mio titolo da Miss Italia, o oppure gente che si è fatta risentire dopo tanto tempo… Per fortuna, i miei amici più stretti invece mi trattano come sempre e questo mi permette di trovarmi a mio agio e rilassarmi, senza dover soddisfare le aspettative di nessuno e semplicemente essere la Lavi di sempre.”
Hai qualche consiglio per le giovani ragazze che vogliono seguire le tue orme e partecipare a un concorso di bellezza?
“Certamente, penso che i concorsi di qualsiasi tipo debbano innanzitutto essere presi con leggerezza. Per facilità, scrivo come se mi stessi rivolgendo a un’ipotetica giovane ragazza. Il concorso è un’opportunità ma non sarà la tua unica ragione per proseguire i tuoi sogni. Ci vuole duro lavoro, determinazione e tanta passione. Basta pensare a me: il mio sogno è diventare una cantante o, in generale, entrare nel mondo della musica. Di certo, non ho partecipato al concorso perché pensavo che con esso sarei potuta diventare una cantante… L’ho presa come una esperienza e un’opportunità per magari arrivare ad avere contatti e una generale visibilità. Lo stesso vale per il mondo della moda, certo mi dirai che il concorso è decisamente molto più direzionato verso quel mondo ma questo non vuol dire che tu riesca comunque a lavorare e ad entrare in quel mondo. Se tu vuoi realmente raggiungere i tuoi sogni, il concorso deve solo darti un aiuto ma non sarà Miss Italia nel singolo a permetterti di raggiungerlo. È un po’ come se il concorso fosse una bicicletta: se non pedali sta ferma ma se pedali ti permette di raggiungere il tuo traguardo più velocemente di come faresti a piedi. Leggerezza e spensieratezza sono le qualità necessarie per partecipare a un concorso di qualsiasi tipo. Nel concorso potresti trovare molta competizione e con quelle qualità ti distingueresti subito. Un secondo consiglio è quello di crearsi delle amicizie per poterti vivere il concorso con più spensieratezza, serenità e divertimento. Terzo consiglio: SORRIDERE. Con la spensieratezza e con le amiche che tifano per te e ti sostengono, sorridere sarà molto più facile. Il sorriso è fondamentale, molto spesso mi è capitato di vedere ragazze serie come se dovessero sfilare per un sfilata di alta moda… questo è Miss Italia e il sorriso è una bellissima qualità che esprime gioia e vitalità! Quarto consiglio: UMILTÀ E SICUREZZA. Queste qualità ti faranno arrivare lontano. Una Miss Italia deve essere sicura di sé con tutti i suoi difetti, d’altronde ognuno di noi li ha, anche le modelle più note. La sicurezza permette di eliminarli e gli altri nemmeno se ne accorgeranno. Una Miss Italia deve rappresentare ogni donna e una donna vanitosa che vuole sentirsi superiore alle altre non la vuole nessuno. Una donna umile è una donna che sta vicino a tutte le altre! Quinto e ultimo consiglio: FAI VEDERE CHI SEI. Il nostro vero modo di essere e ciò che ci distingue, quindi porta su quella passerella tutta te stessa, dal tuo outfit che più ti rappresenta e con le qualità che ti caratterizzano. Se hai delle passioni, mostrale e vedrai che i tuoi risultati ti soddisferanno molto di più. L’essenza vera di una persona vince su tutto!”

In che modo sei solita fronteggiare i momenti di sconforto? Quali strategie adotti per superare le difficoltà e trovare la forza interiore necessaria per risollevarti e andare avanti?
“Di momenti di sconforto e difficoltà ne ho avuti come tutti ma è anche vero che ognuno li fronteggia in maniera diversa. Io consapevole di essere una ragazza un po’ drammatica tendo a vedere problemi anche quando non ci sono e mi butto facilmente giù anche per le cose piu piccole. Questo atteggiamento fa parte della mia sensibilità che ho sempre avuto e forse è quella che piu mi caratterizza. Il mio sfogo piu grande quindi è quello di piangere, mi fa scaricare fisicamente la tensione buttando fuori tutto quello che in quel momento mi rende triste. La mia sensibilità però si fronteggia con la mia grande determinazione che mi permette di rialzarmi anche alle cadute più brutte. Con il tempo ho capito che i momenti di sconforto sono fondamentali per fortificare la nostra persona e ci rende più sensibili ai problemi della vita. La forza sta nel riuscire a rialzarsi nonostante tutto e questo mi motiva a non abbattermi ma ad affrontare le difficoltà per diventare piu forte e una persona migliore. Sicuramente la mia ambizione ha un grande ruolo nel riuscire a superare gli sconforti e le difficoltà. Importante è anche secondo me tenersi stretta le persone che ti vogliono bene e che sono pronte ad aiutarti nei momenti di sconforto. Nella vita non siamo soli e siamo in grado di superare tutto.”
Esploriamo la tua intensa passione per la musica: qual è stata l’origine di questa vocazione alla composizione e alla scrittura di canzoni? E soprattutto, hai in programma di perseguire questa passione nel futuro prossimo, magari con l’obiettivo di intraprendere una carriera musicale?
“Su questo argomento ci sarebbe un infinità di cose da dire ma cercherò di essere il più concisa possibile. Parto dal spiegare il valore che la musica ha avuto e che ancora oggi ha all’interno della mia vita. La musica per me ha davvero un valore importantissimo. Da ragazza emotiva quando ascolto la musica è come se mi si accendono mille emozioni, emozioni che non riuscirei neanche a descrivere. La musica colora le mie giornate, si sincronizza perfettamente con il mio stato d’animo dando un senso a quei momenti monotoni e scontati. Mi accompagna sempre e ovunque e oggi non riesco davvero a farne a meno. La musica ha dato vita a molte delle mie passioni come il canto, il suonare e la danza; ha costruito la ragazza che sono oggi. La musica non mi stanca mai e adoro ascoltarla con le cuffie a volume alto tanto da coprire quel silenzio che a volte mi spaventa. Con la musica non mi sento sola e molto spesso è con me nei momenti di grande solitudine e tristezza. La musica nel tempo è diventata uno sfogo per me e già all’età di 8 anni appena ho iniziato a toccare i primi tasti sul piano ho iniziato a creare musica mia, musica che usciva dalle parti più profonde e intime della mia persona. Avevo trovato un mio sfogo e da lì ho continuato sempre di più a comporre. Quando compongo è un momento che dedico completamente a me stessa, dove mi spoglio e mi immergo completamente nelle mie emozioni. Mi fa sentire 100% me stessa. Con il tempo ho capito che la musica era la mia strada, ciò che mi lascia sorrisi e soddisfazioni. Voglio fare di me qualcosa di importante e la musica è ciò che mi fa sentire cosi. Per questo penso che sarebbe assurdo decidere un futuro diverso da questo, diverso da quello di fare musica e se mai nel peggiore dei casi non riuscirò a raggiungere i miei obbiettivi, la musica rimarrà sempre con me, continuerò a comporre, a suonare, a cantare perchè la musica rimarrà sempre una mia passione che nessuno potrà togliermi.”

Lavinia, ti ringraziamo di cuore per aver condiviso con noi la tua storia e i tuoi sogni. Ti auguriamo un futuro radioso, illuminato dalla tua determinazione e dal tuo talento, e ti incoraggiamo a proseguire con passione e impegno il cammino che hai scelto. Siamo certi che la tua bellezza, sia interna che esterna, continuerà a incantare il pubblico e a ispirare le giovani donne di tutto il mondo. Grazie ancora per essere stata con noi, Miss Italia 2022.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Gina Amarante: «Ritengo che alcune cose debbano essere protette,...

Vi presentiamo la nostra intervista esclusiva a Gina Amarante, l’attrice campana tanto amata per la sua versatilità e la passione che la caratterizza. Dedizione e impegno l’hanno portata ad emergere come una delle più apprezzate attrici della sua generazione. Attualmente impegnata sul set di “Un posto al sole”, Gina ha costruito una carriera notevole nella televisione e nel cinema, arricchita dall’esperienza maturata in varie serie di alto rilievo.
Foto di Giuseppe D’Anna / FremantleMedia
Gina, prendendo la tua audacia di esordire nel mondo dello spettacolo a soli 12 anni come punto di partenza, potresti condividere con noi quali sentimenti hanno pervaso quella fase delicata e formativa della tua vita?
“Fin da piccola ho sempre saputo di avere per questo lavoro una specie di vocazione, non sapevo immaginare il mio futuro diversamente. Ho tentato più volte di convincere i miei a iscrivermi ad una scuola di recitazione fin quando non ci sono riuscita. Ad Angri, nel paese in cui sono cresciuta non ce n’era una e Ricordo che mia madre mi accompagnava a Castellammare e aspettava tutto il tempo in macchina per poi riportarmi a casa a fine lezione. Sono stata molto fortunata, i miei mi hanno da sempre appoggiata e sostenuta. Sicuramente non è stato semplice, ma era quello che desideravo. A 16 anni ho iniziato a lavorare in una caffetteria durante il weekend per potermi pagare anche il corso di cinema oltre a quello di teatro, non volevo pesare troppo sui miei. I sentimenti del primo periodo di studio sono tutti molto belli, positivi, uscivo felice, mi sentivo viva, avrei trascorso tutti i giorni tutto il giorno in quella scuola.”
Per coloro che stanno per fare il loro primo passo nel mondo del teatro, quale saggezza acquisita durante il tuo viaggio artistico vorresti trasmettere?
“L’unica cosa che mi sento di dire è che se mettere i piedi su un palcoscenico, così come il contatto con la macchina da presa, vi fa sentire bene, vi fa sentire pieni, appagati, innamorati, allora fate di tutto per alimentare questi sentimenti, non è semplice ma vi assicuro che ne varrà la pena.”

Nel tuo attuale doppio ruolo in “Un posto al sole”, quali sono le sfide che emergono nel dar vita a due personaggi in un unico contesto narrativo?
“Sicuramente è complesso riuscire a dare vita a due personaggi diversi tra loro ma che allo stesso tempo si compensano, riuscire a rispettare la personalità e i sentimenti di entrambi senza mai schierarsi, soprattutto per i tempi veloci di girato, ma al tempo stesso è energia pura. Sono davvero molto fortunata, a pochissimi artisti capita nel corso della propria carriera di poter interpretare due ruoli diversi nello stesso momento all’interno dello stesso progetto. All’inizio ero preoccupata di non riuscire a dare il massimo, poi però piano piano le gemelle sono diventate una parte di me, ora dare vita al loro sentire mi è naturale.”
Avendo avuto l’opportunità di illuminare sia il piccolo che il grande schermo, potresti condividere la tua percezione delle differenze nelle dinamiche dietro le quinte di entrambi?
“Cambia il rapporto con il pubblico, a teatro è istantaneo, cambia il rapporto con il proprio corpo e la propria voce, cambia il mezzo, cambia il luogo, ma la preparazione del personaggio no, lo studio che c’è dietro non cambia, è necessariamente sempre profondo, è di testa tanto quanto di pancia e di cuore, lo scopo è essere e non fare.”
C’è un ruolo in particolare, forse uno che non hai ancora avuto l’opportunità di interpretare, che desideri profondamente portare in vita?
“Sono talmente tanti i ruoli che vorrei interpretare che è difficile sceglierne uno, di sicuro più un personaggio è lontano da me, da quella che è Gina, più mi affascina, più mi piace. Mi piacciono le sfide.”
Stai ponderando l’idea di ampliare il tuo orizzonte artistico oltre la recitazione, magari avventurandoti nella regia o nella sceneggiatura?
“Mi piace molto scrivere, è una passione che coltivo da anni e spesso mi dedico alla realizzazione di sceneggiature che un giorno spero di poter condividere con tutti, quindi perché no. L’attrice resta ciò che scelgo e sceglierei ogni giorno, ma tutto ciò che è arte, bellezza, emozione, mi fa stare bene, mi fa sentire me stessa, mi fa sentire in qualche modo a casa, al sicuro, al posto giusto.”

Hai mostrato una versatilità artistica straordinaria, oscillando tra ruoli drammatici e leggeri. Qual è il tuo segreto per mantenere un tale equilibrio?
“Il segreto è pretendere da me stessa di restituire sempre e comunque verità ai personaggi che incontro, ai quali ho la fortuna di dare vita. Nella vita anche noi attraversiamo periodi felici e altri meno e così anche i personaggi, vivono a 360 gradi esattamente come noi. Ridono a crepapelle, sono spensierati, sono comici, imbarazzati, tristi, sofferenti, delusi, innamorati, persi e ritrovati. Spesso ai miei allievi dico “non fermatevi fin quando non saprete dei vostri personaggi tanto quanti sapete di voi stessi”.”
Nella tua variegata carriera, c’è un ruolo che hai rifiutato e che ora, con il senno di poi, ti piacerebbe aver accettato?
“Come detto prima, tutto ciò che in qualche modo è arte mi fa stare bene e mi appassiona, come la scrittura anche la fotografia, il disegno, il canto. Mi piace molto osservare, essere in ascolto sempre.”
Sei molto coinvolta nelle piattaforme di social media. Preferisci il dialogo aperto con i tuoi fan o prediligi un’aura di mistero preservando la tua privacy?
“Sicuramente preferisco il dialogo aperto, il rapporto umano occhi negli occhi e oggi i social in qualche modo ci permettono di farlo nonostante le grandi distanze, ma sulla mia vita privata sono abbastanza riservata e non è per mantenere un’aura di mistero, ma piuttosto perché ritengo che alcune cose debbano essere protette, portate dentro.”

Come domanda finale, potresti svelarci qualche anticipazione sui tuoi futuri progetti artistici, qualcosa che potrebbe incuriosire ed entusiasmare il tuo pubblico?
“Non posso dire molto, ma lo scorso novembre ho preso parte ad un film, l’opera prima di Lorenzo Cammisa dal titolo TRENTATRÈ che uscirà presto al cinema e che non vedo l’ora di condividere con tutti.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
CLICCA QUI PER LEGGERE TUTTE LE ALTRE NEWS E ANTICIPAZIONI SU UN POSTO AL SOLE
Interviste
Intervista esclusiva a Marina Suma: «Mi piacerebbe girare con Paolo Sorrentino»

Per Marina Suma, iconica attrice italiana, è un momento d’oro. Negli scorsi mesi ha girato, infatti, diversi film destinati ad emozionare il pubblico appena usciranno in tutte le sale cinematografiche: progetti italiani e internazionali che daranno altro lustro alla carriera della Suma, che si è raccontata a Sbircia La Notizia partendo dai suoi esordi per ripercorrere poi le tappe più significative del suo percorso nel mondo dell’arte e non solo. Non a caso, ci ha svelato uno dei suoi sogni nel cassetto: lavorare al fianco di Paolo Sorrentino.
Intervista a cura di Roberto Mallò
Marina, innanzitutto ti diamo il benvenuto su Sbircia La Notizia. Partiamo da una domanda semplice; come ti sei avvicinata al mondo dello spettacolo?
“La prima opportunità è arrivata grazie a Salvatore Piscicelli, che mi ha scelta per il film Le Occasioni Di Rosa. Grazie a quello mi sono aggiudicata un David di Donatello ed ho potuto partecipare al Festival di Venezia e non solo. Mi ritengo fortunata nel mio percorso artistico perché, oltre al David, ho ricevuto un Nastro D’Argento, il Premio Noschese, la Venere D’Argento e tanti altri”.
Quali sono state le tappe principali e fondamentali della tua carriera?
“Partiamo dagli anni ’80, dove ho lavorato moltissimo; ho fatto tantissimi film. In seguito a Le Occasioni Di Rosa ho lavorato con tutti i grandi attori italiani: da Dorelli a Banfi, passando per Celentano e Montesano. E in questo lasso di tempo è arrivato Sapore di Mare. Ho fatto tantissimi film, ad esempio, con Jerry Calà. Sapore Di Mare è stato un film molto importante. Ho girato un film molto importante e bello anche con Francesco Patierno, che era Pater Familias, grazie al quale ho preso il premio come attrice non protagonista. E sono arrivati anche tanti lavori in televisione”.

Quali sono i progetti a cui ti stai dedicando adesso?
“Di recente, sono stata sul set di Amici Per Caso, diretto da Max Nardari e prodotto dalla Reset Production di Nardari, con produzione esecutiva di Massimo Paolucci, della casa cinematografica umbra PH Neutro Film e con l’organizzazione di Sara Paolucci. Ho girato poi un film in Bulgaria con una produzione bulgara. Il film si chiama Axis of Life; è di un regista bulgaro ed è un fantasy. Interpreto il ruolo di un oracolo e mi sono divertita molto. Adesso, sto finendo di girare Nati Pregiudicati, sempre con una produzione indipendente di Napoli che ha la regia di Stefano Cerbone. Inoltre, c’è questo docufilm che ho girato con Luigi Libra e la regia di Nilo Sciarrone. Si intitola Terra Viva e parla di tutte le eccellenze campane: dal cibo alla natura, senza tralasciare la bellezza della Campania. Vengono esaltate tutte le bellezze della regione. Sono usciti poi, su Amazon Prime Video, La Ragazza Dagli Occhi Di Smalto e Prima di venire Via, il film di Massimo Cappelli, dove avuto un bellissimo ruolo”.
Chi sei fuori dalla tv e dal tuo lavoro come persona comune?
“Sono una persona come tante altre persone, che fanno la propria vita e si divertono. Ho un hobby in particolare: creo dei monili con la carta pesta. La collezione si chiama Leni, perché nasce proprio dall’isola di Salina. Ho casa lì da tanti anni e quest’isola mi ha ispirato proprio a creare questi monili bellissimi che, tra l’altro, poi vendo nello spazio creativo d’estate a Salina. Inoltre, dipingo, leggo e faccio tanto sport. Mi dedico anche molto a me stessa; ci tengo molto a curarmi, sia dentro, che fuori”.

Hai un sogno nel cassetto che vorresti realizzare?
“Mi piacerebbe girare con Paolo Sorrentino, perché so che sta preparando questo film a Napoli e mi piacerebbe tanto essere una sua attrice. E poi altri sogni nel cassetto cosa potrebbero essere? Beh, mi auguro che la vita mi sorrida. Sono una persona positiva; prendo la vita sempre con positività, anche se ho pure i miei momenti tristi e di malinconia”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Attualità
Intervista a Cillara Makeup, truccatrice e acconciatrice a Roma

Oggi abbiamo il piacere di parlare con una delle truccatrici più acclamate del nostro territorio, Cillara Makeup. Buongiorno Denise, è un vero piacere poterti intervistare oggi. Potresti iniziare raccontandoci un po’ di te e di come sei entrata nel mondo del beauty?
Buongiorno, grazie per le gentili parole. Sono molto felice di essere qui oggi. La mia passione per il trucco è nata fin da giovane, ma per essere precisi proprio per l’arte in generale. Dopo aver conseguito il diploma da truccatrice a Roma, ho iniziato a sperimentare con varie tecniche di trucco e a lavorare con diversi marchi di cosmetici. Ho scoperto che il make-up è un modo meraviglioso per esprimere la propria creatività e aiutare gli altri a sentirsi più sicuri di sé.
Questo è davvero affascinante. Hai trasformato la tua passione in una carriera di successo. Ora, lavori come truccatrice professionista, sei stata anche un’insegnante nel campo del make-up e continui ad insegnare alle donne a truccarsi e come valorizzarsi. Qual è la tua filosofia o l’approccio che guida il tuo lavoro?
Per me, il trucco è molto più che, semplicemente, applicare cosmetici sul viso. È un’arte, un modo per esprimersi e per valorizzare la bellezza unica di ogni individuo. Ogni persona ha una bellezza innata, e il mio lavoro come truccatrice è aiutarle a valorizzarla e a farla risplendere. La più grande soddisfazione è quando la cliente si guarda allo specchio, a volte si emoziona per quello che vede, e li capisco che il mio lavoro è stato fatto come volevo. Quando insegno, cerco sempre di trasmettere questa filosofia, con i giusti prodotti e le giuste tecniche può truccarsi in maniera corretta chiunque. Il make-up è appunto una dose quotidiana di autostima che fa risplendere noi donne.
È un approccio molto bello! Sul tuo sito web (www.cillaramakeup.com) offri una varietà di servizi, tra cui corsi di trucco personalizzati e trucco per occasioni speciali. Potresti parlarci di più di questi servizi e di come li hai sviluppati?
Sì, con piacere. Offro una serie di servizi di trucco che vanno dal trucco per eventi speciali, come matrimoni e photoshoot, a lezioni personalizzate di trucco. Ogni servizio è personalizzato secondo le esigenze individuali del cliente. Per esempio, per un matrimonio, lavoro a stretto contatto con la sposa per creare un look che rispecchia la sua personalità e che si abbini perfettamente al suo abito e allo stile del matrimonio. Quindi si fanno una o più prove complete di trucco e acconciatura per trovare la soluzione migliore per la sposa. I corsi di self-make-up invece generalmente durano dalle 2 alle 4 ore e sono corsi individuali in cui si studia il look idoneo alla persona che ho di fronte sia per tutti i giorni che per le occasioni speciali.
Suona come un processo molto dettagliato e personalizzato. Ma parliamo più approfonditamente del servizio sposa. Come sono strutturate le prove?
Allora, le prove sposa hanno una durata di 2/3 ore circa, a volte anche ce ne vogliono anche di più, dipende da quanto è indecisa la sposa. Solitamente si riesce a trovare il look per il giorno del matrimonio con una sola prova, altre volte invece ce ne vogliono di più. Durante la prova, faccio molte domande alla futura sposa così da cercare di conoscerla il più possibile e riuscire ad entrare nel mood del suo matrimonio e ricreare un look che si abbini perfettamente all’abito scelto e allo stile del matrimonio in generale. La prova consiste nella realizzazione di 1/2 acconciature strutturate come se fosse il giorno del matrimonio e non arrangiate, così che la cliente si possa vedere al meglio senza avere sorprese il giorno del matrimonio, e di una prova make-up realizzando due make-up occhi diversi. Solitamente o si fanno gli occhi di due colori diversi oppure se la tonalità è stata già scelta, si va a giocare sull’intensità.
È davvero un lavoro di precisione e creatività! Complimenti! Ho letto che offri anche la consulenza sulla pelle e sui capelli durante la prova, in cosa consiste?
Durante la prova esamino approfonditamente sia la pelle che il capello della cliente, facendo anche molte domande alla cliente stessa su come si prende cura quotidianamente dei capelli e della sua pelle. Il 90% delle volte la cliente esegue una skincare sbagliata per la sua tipologia di pelle, così io le preparo una nuova skincare routine dettagliata spiegando anche la modalità di utilizzo dei vari prodotti che del vado a consigliare.
Bene, quindi ti prendi cura delle tue spose a 360 gradi! Sul tuo sito offri anche consulenze di bellezza personalizzate. Come funzionano e cosa si può aspettare una persona che prenota una di queste consulenze?
Sì, offro consulenze di bellezza personalizzate sia online che di persona. Durante una consulenza, parlo con la cliente per capire le sue esigenze e obiettivi di bellezza. Discutiamo di tutto, dalla cura della pelle alla selezione dei prodotti giusti, al trucco quotidiano. Creo poi un piano di bellezza personalizzato per la cliente, che include suggerimenti su prodotti, tecniche di trucco, e persino consigli su come migliorare la salute e l’aspetto della pelle, così da avere un risultato ottimale anche del make-up.
Suona come un servizio molto completo. Ma torniamo al tuo lavoro come truccatrice. Quando lavori con una cliente, come decidi quale look è il più adatto alla persona?
La decisione è basata su una serie di fattori. Prima di tutto, considero il tipo di evento o la situazione in cui la cliente indosserà il make-up. Ad esempio, un look per un matrimonio diurno sarà diverso da uno per un evento serale. Poi considero il tono della pelle della cliente, il colore degli occhi, dei capelli forma del viso, stile personale e look che indosserà. Infine, ascolto ciò che la cliente vorrebbe e mi assicuro di creare un look che sia il giusto compromesso tra le richieste della cliente e i miei consigli, così da realizzare il look migliore per quella persona.
È chiaro che metti molto impegno, dedizione e cura nel tuo lavoro. Passando a un argomento leggermente diverso, come ti mantieni aggiornata sulle ultime tendenze del trucco?
Rimanere aggiornata sulle ultime tendenze nel mondo del make-up è una parte fondamentale del mio lavoro. Leggo molte riviste di moda e bellezza, guardo tutorial online, e seguo i migliori make-up artist sui social media. Inoltre, partecipo regolarmente a masterclass per imparare nuove tecniche e conoscere i nuovi prodotti sul mercato.
Interessante. Secondo te, quali saranno le prossime grandi tendenze nel mondo del make-up?
È sempre difficile prevedere con precisione quali saranno le prossime grandi tendenze, ma ci sono alcune cose che sto vedendo emergere. Ad esempio, penso che vedremo un ritorno al look naturale e luminoso, con un’enfasi sulla cura della pelle e sull’uso di prodotti che migliorano la luminosità naturale della pelle. Inoltre, essendo estate stanno tornando anche tonalità audaci e vivaci per gli occhi e le labbra, e chissà forse le ritroveremo anche in autunno/inverno.
Staremo a vedere. E cosa pensi del trucco per gli uomini? Vedi una tendenza in crescita in questa direzione?
Assolutamente, il trucco per gli uomini sta diventando sempre più popolare. Penso che stiamo assistendo ad un cambiamento nella percezione sociale del trucco, con sempre più persone che riconoscono che il trucco può essere per tutti, indipendentemente dal genere. Nel mio lavoro, ho avuto il piacere di lavorare con diversi clienti maschili, ma ovviamente è un trucco completamente diverso da quello che si conosce. Si va semplicemente a migliorare l’incarnato e ad infoltire sopracciglia e barba dove ce ne è bisogno.
Questo è un cambiamento positivo. Passando a un argomento leggermente diverso, hai mai avuto un cliente o un progetto che ti ha particolarmente colpito o influenzato?
Ci sono stati molti clienti e progetti che hanno avuto un impatto su di me, ma uno che mi viene in mente è un cliente che ho avuto qualche tempo fa che stava attraversando un periodo molto difficile nella sua vita. Era molto insicura della sua apparenza e aveva perso molta della sua autostima. Attraverso le nostre sessioni di trucco e le lezioni, sono stata in grado di aiutarla a riscoprire la sua bellezza e la sua fiducia in sé stessa. Vedere la sua trasformazione sia estetica che mentale è sempre un promemoria del motivo per cui amo quello che faccio.
Questa è una storia molto toccante, Denise. Mi fa pensare a quanto sia potente l’impatto del trucco e della bellezza sulla fiducia in se stessi. Ora, vorrei chiederti della tua routine di bellezza personale. Come truccatrice professionista, quali sono i tuoi prodotti indispensabili?
Come truccatrice, ho la fortuna di poter provare molti prodotti diversi, ma ci sono alcuni che ricompro da sempre. Ad esempio, non posso fare a meno dei rossetti liquidi di Maybelline, sono gli unici che mi fanno la certezza che dureranno tutta la giornata. Un altro prodotto imprescindibile per me è un buon correttore. È l’arma segreta per nascondere qualsiasi imperfezione e far risaltare gli occhi. Infine, altro prodotto per me fondamentale è la matita sopracciglia, nello specifico quella di Nabla con la quale mi trovo bene da anni.
E quando non stai lavorando o insegnando, come ti piace passare il tuo tempo?
Amo trascorrere il tempo con la mia famiglia e i miei amici. Mi piace anche viaggiare e scoprire nuovi posti. E ovviamente, amo sperimentare con il trucco nel mio tempo libero. È un modo per me di rilassarmi e di esprimere la mia creatività.
Benissimo. Denise, è stato un vero piacere parlare con te oggi e imparare di più sulla tua carriera e sulla tua filosofia di trucco. Grazie mille per aver condiviso la tua esperienza e la tua vita con noi.
Grazie a te per avermi dato l’opportunità di condividere la mia storia. È stato un piacere.
E grazie a tutti i nostri lettori per essere stati con noi oggi. Non dimenticate di visitare il sito web di Cillara Makeup per scoprire di più sui suoi servizi, corsi e consulenze personalizzate e se vuoi vedere i suoi lavori puoi visitare il suo profilo Instagram.
Arrivederci al prossimo incontro con i professionisti del mondo della bellezza!
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Samuele Cavallo: un viaggio eclettico tra cinema, teatro e musica

Da una carriera nascente nel mondo del cinema a una forte presenza sulla scena teatrale e televisiva, Samuele Cavallo ha conquistato il cuore del pubblico italiano. Nato a Fasano nel 1989, ha dimostrato il suo eclettismo artistico attraverso il cinema, il teatro, la televisione e persino la musica. Ora, a 34 anni, continua a risplendere come stella poliedrica del mondo dell’intrattenimento, lasciando un’impronta indelebile in ogni progetto a cui partecipa. Noi lo abbiamo incontrato ed ecco un’intervista esclusiva molto interessante!
Foto di Giuseppe D’Anna / FremantleMedia
Samuele, come ha influenzato il tuo approccio alla recitazione l’esperienza di lavorare con un regista di calibro come Sergio Rubini fin dal tuo debutto?
“È stata la mia prima esperienza professionale importante, l’occasione per capire che poteva essere concretamente la mia vita, il mio futuro. Lui è un mentore, un maestro, ha un estro creativo senza confini sia sul set che dietro la cinepresa.”

Hai avuto l’opportunità di condividere il palcoscenico con un’icona come Massimo Ranieri. In che modo questa esperienza ha contribuito alla tua crescita artistica e personale?
“Essere diretto da Massimo Ranieri in quello che tuttora è ancora il Tempio del Teatro Musicale Italiano, ovvero Il Sistina, è stata una sorpresa inaspettata. Ogni giorno cercavo di “rubare” il modo di tenere la scena, il suo stile, la sua padronanza vocale, il temperamento e quel fascino tipico e raro dei grandi artisti.”
Il tuo percorso artistico è fortemente contrassegnato dall’intersecarsi di teatro e musical. Secondo te, quanto peso ha l’elemento canoro in un’opera teatrale per creare un legame emotivo con il pubblico?
“Il canto è un linguaggio complesso e allo stesso tempo comprensibile, di facile presa, specie quando ha una forza emotiva che arriva a tutti. Se in un’opera teatrale ci sono momenti in cui qualcuno canta, sicuramente lo spettacolo cambia frequenza, si arrichisce di altre sfumature. Può essere interessante se usato coscientemente. Nel musical invece è assolutamente una parte importantissima. Spesso parte della storia viene raccontata attraverso il canto, la musica, la danza, la recitazione.”
Fra i musical a cui hai preso parte, quali ti hanno segnato di più e perché?
“Beh, West Side Story è stato uno spettacolo molto intenso, per esempio. C’era tutto quello che vorrei sempre portare su un palco: amore, odio, riscatto, ironia, energia, tensione, tecnica, ostacoli, visioni, amicizia, fratellanza. Poi, In The Blues Legend ho portato in scena il Rythm and Blues, il soul: ogni sera era bellissimo! Ma poi anche Priscilla, il primo spettacolo “sui Tacchi”, “The Boys in the Band” in cui ero un avvocato alle prese con una crisi interiore devastante… Chorus Line, Alladin, Poveri Ma Belli, Dirty Dancing, La Febbre del Sabato Sera, The Bodyguard… Ogni spettacolo mi ha dato qualcosa di prezioso, ha segnato un periodo della mia vita.”

Esiste un musical specifico a cui non hai ancora preso parte ma che desidereresti interpretare in futuro? Qual è e perché?
“Mi piacerebbe moltissimo interpretare Christian in Moulin Rouge perché ho sognato di fare musical grazie alla storia raccontata nella celebre pellicola di Baz Luhrmann. Mi dicevo: in un’altra vita vorrei nascere Ewan McGregor.”
La tua voce è uno strumento essenziale per la tua arte. Potresti condividere con noi qualche dettaglio del tuo processo di allenamento vocale?
“Beh, considerate che io inconsciamente canto in ogni luogo… magari qualcuno mi prende per matto ma è così. È una cosa che faccio di default. Perfino quando vado a correre, cosa che magari risulta complicata perché devi gestire il fiato. Poi, ogni giorno faccio le mie “scale” al piano e quando non ce l’ho a portata di mano, ho l’app di una tastierina sul telefonino, cuffia in un orecchio e vado avanti e indietro a fare scale ed esercizi vari. Mentre lo faccio mi piace tantissimo vedere la gente che mi guarda come se venissi da Marte o fossi completamente suonato?, ma è così che funziona. Un centometrista corre tutto il giorno, un cantante lavora col suo strumento tutto il giorno per “addomesticarlo”.”
La tua carriera ti ha portato anche sul set di spot pubblicitari. Come differisce questa esperienza rispetto al girare per il cinema o la televisione?
“Anche lo spot è un figlio della comunicazione. È un modo diretto per arrivare a tutti. Per farlo, spesso ci si serve degli attori. È divertente e interessante farli, perché lì davvero le sfumature fanno la differenza. Un momento bizzarro è stato sul set di uno spot per una merendina: c’era il momento del morso. Ricordo che le prime volte l’ho anche mangiata, poi dopo un po’ di ciak non mangiavo più e successivamente, per la quantità enorme di ciak per quel morso, ho iniziato ad avere la nausea.”
“Un posto al sole” è stato un trampolino di lancio per la tua carriera. Quali aspetti della serie ti hanno colpito maggiormente e come descriveresti il tuo rapporto con il resto del cast?
“La serie racconta le varie storie nel “palazzo” più popolare d’Italia, Palazzo Palladini. La cosa che mi ha colpito di più è l’enorme e costante lavoro che fanno gli autori per costruire e intersecare storie sempre interessanti attorno ai personaggi. Considerando 27 anni di storia e uno smalto sempre freschissimo, una capacità di essere sempre attuale, sempre “avanti”, che tiene l’attenzione sempre alta, trovo la cosa di una difficoltà estrema e che mi affascina tantissimo. Credo che uno dei segreti, che non è un segreto, ma un ingrediente non facile da trovare in giro, è proprio questo senso di appartenenza, di famiglia che si crea con tutto il cast. Noi ci scriviamo spessissimo, sia per cose ironiche, sia per cose più serie, per festeggiare il compleanno di un collega, per darci appuntamento per lo spettacolo di qualcuno, per andare a cena insieme, per darci una mano, un consiglio e tanto altro. Questa cosa credo sia davvero unica. Ci rispettiamo e stimiamo molto. Alcuni sono diventati degli amici importanti per me.”

Se dovessi dare un consiglio a un aspirante attore, cosa gli diresti basandoti sulla tua esperienza nel mondo dello spettacolo?
“Gli direi che non esiste un regolamento per fare questo mestiere, ma esiste una disciplina, una passione da nutrire anche nei momenti difficili, quelli quando si pensa di aver fallito. Di restare coi piedi per terra quando si tocca il cielo con un dito, di guardare oltre il confine, di vivere pienamente le piccole e le grandi esperienze. Ma soprattutto di non farsi dire da nessuno “TU NON PUOI”, ma al contrario, dare voce a quello che sentite dentro.”
Da poco sei diventato padre. Potresti raccontarci qualcosa di questa nuova e affascinante esperienza?
“Isabel è arrivata in un momento in cui stavo cercando il mio, costantemente traballante, equilibrio, turbando ancora di più quelle pochissime e apparenti certezze che avevo della vita. Per cui all’inizio, sono sincero, ho avuto paura. Per la prima volta non mi sono chiesto “cosa ne sarà di me oggi”, ma “cosa ne sarà di noi domani”. Perché in un istante “io” è diventato “noi”. Anche se mi dicevo “che bello sarebbe essere padre” e mi dicevo di essere pronto, la notizia mi ha “freddato”. Poi sono andato a vedere la prima ecografia: mi sono commosso, ho avuto mille immagini nella testa, le farfalle allo stomaco. Da allora è stato tutto un crescendo. Oggi la guardo e mi innamoro ogni minuto sempre di più. È stupenda…”
In che modo la tua compagna influisce e sostiene la tua carriera e la tua vita artistica?
“Stare affianco a un compagno che parte spesso, che non ha orari, festivi prestabiliti non è facile. Capirne sempre le scelte, gli stati d’animo nemmeno. Lei, nonostante non faccia il mio stesso lavoro, nelle cose che ritiene giuste per me mi sostiene. Magari a volte su alcune cose non condividiamo la stessa opinione, ma credo sia normale. Ragioniamo con due teste diverse, veniamo da due mondi diversi.”

Guardando al futuro, immagini mai di poter condividere il palcoscenico in un musical con tua figlia Isabel?
“Beh, non lo so ?. Mi piacerebbe moltissimo. Quello che posso dire è che lei, a modo suo, canta e balla in continuazione appena partono le canzoni dei suoi cartoni animati preferiti.”
Oltre alla recitazione e al canto, quali altre passioni alimentano la tua creatività e il tuo spirito artistico?
“Lo sport è un elemento fondamentale per me. Mi rigenera, mi ricarica, mi dà lo spazio per pensare, immaginare. Quando faccio sport ascolto tanta musica. È il mio modo per allenare l’immaginazione. È il momento della giornata in cui sono solo e viaggio.”
Per concludere, potresti darci un assaggio di ciò che ti aspetta nel tuo futuro artistico? Ci sono progetti imminenti che ti entusiasmano particolarmente?
“Quest’estate sarò un po’ in giro con i miei live e non vedo l’ora di tornare ad avere un contatto col pubblico!”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
CLICCA QUI PER LEGGERE TUTTE LE ALTRE NEWS E ANTICIPAZIONI SU UN POSTO AL SOLE
Interviste
Intervista esclusiva a Catherine Fulop: tra ricordi, aneddoti e piani futuri

Marilena e Gloria sola contro il mondo sono le due telenovelas che hanno consacrato la bellissima e simpatica Catherine Fulop come diva delle telenovelas di sempre. E l’attrice ne ha girate tante, restando nel cuore del pubblico. Le sue novelas sono tra le più replicate come quelle delle colleghe Grecia Colmenares e Jeannette Rodriguez, tra le tante star del genere.
Qual è il tuo rapporto con l’Italia?
Cathy: “L’Italia è stato il primo paese ad offrirmi lavoro. Sono venuta dal Venezuela, ho lasciato le telenovelas per venire a lavorare in Italia nei fotoromanzi ed è stata la prima volta che si sono aperte le porte per me a livello internazionale. È stato un rischio per me, perché in Venezuela altri attori mi dicevano: ‘Te ne vai dal Venezuela, nel momento in cui sei l’attrice più pagata del Venezuela e non te ne puoi andare ora, in questo momento in cui hai un successo enorme’. Io risposi che volevo provare ad avere fortuna anche in Italia, paese che mi aveva accolto benissimo.” Mi ricordo che uno dei più grandi fan club era proprio quello italiano, poi è nato quello in Spagna, però in Italia…considerato che voi italiani siete molto passionali e caldi, questo mi è sempre piaciuto. Mio padre viaggiava molto, veniva spesso a Bologna ad una fiera per lavoro. Io ricordo che eravamo piccole e i miei genitori ci salutavano dicendo che andavano in Italia a Bologna e ci ho ripensato quando abbiamo viaggiato in treno per andare a Venezia e ho visto la stazione di Bologna. Mi sono detta: ‘uh i miei genitori scendevano qui’. Inoltre, quella era l’epoca di Abigail, Marilena, e feci un tour lungo la costa adriatica, e sempre l’Italia è stata amorosa con me e ora è come se tutto tornasse agli inizi perché mia figlia vive in Italia, e non l’avrei mai immaginato che si sarebbe fidanzata con Paolo Dybala che gioca in Italia, prima a Torino con la Juve ed ora con la Roma. Oriana è molto fortunata, si amano molto, sono fidanzati da 4 anni. Non sono potuta venire prima in Italia anche se avevo molta voglia, ho dovuto lasciare il programma radio perché altrimenti non sarei potuta venire. Dopo la pandemia non ho potuto viaggiare per via del lavoro, ma sono stata 3 anni senza aver potuto venire a trovare mia figlia. Ho lavorato in Master Chef. E amo la vostra pizza!”
Qual è il tuo personaggio preferito tra quelli interpretati?
“Tutti per me sono importanti, ma Marilena è sicuramente quello speciale: una telenovela di successo, vista in ogni parte del mondo e ancora oggi viene trasmessa in diversi paesi. Un personaggio per me importante a livello recitativo è stato Gloria (Gloria sola contro il mondo) perché ho interpretato due personaggi, la ragazza campagnola poi è cresciuta ed è cambiata e l’ho resa diversa, cercando di non pensare alla prima parte. Un altro che mi è piaciuto tanto e che mi sono divertita a fare è stato Sonia Rey di Rebelde Way. Ero una mamma ed è stato molto divertente. Questi tre personaggi hanno segnato la mia vita.”

Hai aneddoti di Marilena e Gloria?
“Stavamo girando una scena sul set di Marilena con Carlo Alfredo, la madre (l’attrice Rosita Vasquez) che era la cattiva, c’era Gladys Ibarra, molte persone sul set. Rosita Vasquez si alza e la gonna cade a terra, era rimasta in slip e non se ne era resa conto. Non so perché non si era accorta che la gonna era caduta e abbiamo gridato al regista di fermarsi perché lei era in mutande mentre noi abbiamo iniziato a ridere. Questo è stato molto divertente e poi in Rebelde Way quando giravo con i ragazzi, io ero la mamma e loro adolescenti con gli ormoni a mille e il mio personaggio era molto sexy, con cose aderenti, super divina e mi prendevano e mi facevano ridere, in maniera molto innocente anche perché ero l’unica tra i personaggi adulti che stava con loro ridendo e giocando, divertendomi con i ragazzi.”
Il finale di Marilena vede la cattiva dark lady Maria Paola super cattiva fingere la sua morte e morire poi davvero soffocata in una bara! Un finale sconvolgente tra i più forti e indimenticabili… che ne pensi?
“Marilena è una delle serie più lunghe, quasi 300 puntate! Termina con un matrimonio ma leggendo il copione, siamo stati noi attori a suggerire un finale diverso perché dopo tante cattiverie il pubblico meritava qualcosa di grande e Maria Paola di essere punita in qualche modo. Ci siamo ispirati a una pellicola e ancora oggi si parla di quel finale…”

Hai un ricordo di un fan che ti ha detto qualcosa di particolare?
“Ho molti ricordi, ma in particolare la responsabile del mio fan club italiano, Assunta. Lei sapeva che io amo la pasta al pesto e lei la faceva e me la spediva in Argentina, per posta la congelava e me la mandava a casa. Era un grande amore. Oggi purtroppo Assunta non c’è più, ma ha lasciato una grande eredità perché tutti voi siete il proseguo di questo amore avuto con Assunta e con suo marito Mario, che sicuramente saprà di questo incontro.”
Sei amica di altre attrici di telenovelas?
“Certo, io ho molti amici nella mia vita. In questo ambiente ci conosciamo. Jeannette Rodriguez ora vive a Miami e ogni volta che lei viene in Argentina o io a Miami, ci scriviamo con l’intenzione di vederci, anche se non siamo amiche, ma poi per impegni vari non riusciamo. Con Grecia Colmenares ci sentiamo su Instagram, io metto like ai suoi post o lei a me e anche con Jeannette Rodriguez, a volte vedo i loro post tramite i fan, come Fernanda Bucceroni che segue entrambe.”
Qual è il ruolo che sogni fare?
“Forse prima avevo più voglia, ora il mio sogno è poter godere del lavoro che ho realizzato, occuparmi della mia famiglia, poter viaggiare, stare in casa di mia figlia per un periodo come sto facendo ora. Certo ho rinunciato al mio lavoro in radio, non ho accettato nessun altro lavoro per essere qui e ho fatto tante cose nella mia vita che non so se ora ho il desiderio di fare un ruolo in particolare. Penso di averlo già fatto. Con i miei ruoli ho l’affetto del pubblico che continua a guardare le mie telenovelas.”

Tu aiuti anche molto nel tuo tempo libero le persone che hanno bisogno.
“Sì, sono molto attenta e in questo momento sono vicina al popolo venezuelano, a coloro che stanno lasciando il Venezuela verso altre parti del mondo, quando vengono in Argentina io li sponsorizzo parlando di ciò che fanno. Se mi dicono vendo empanadas, o cibo mi chiedono di dar loro visibilità, io lo faccio, o se mi dicono che sono muratori posso dare anche lavoro.”
Che fai nel tuo tempo libero?
“Mi piace molto stare in casa, vedere un buon film, una buona serie tv. Prima mi piaceva molto leggere, però credo per colpa di internet, delle piattaforme dove trovo tanti film, lo faccio di meno. Mi piaceva molto. Un’altra cosa che mi piace fare è andare a teatro, o in buoni ristoranti.”
Prossimi progetti?
“Partirò per il QATAR, con un programma che si chiama PER IL MONDO, in occasione dei mondiali con Marley, staremo 10 giorni e poi sto lavorando molto con i miei social, sono testimonial di vari marchi di prodotti, sta per uscire uno spot che ho fatto con L’OREAL, e anche del mio. Voglio fare questo: essere più padrona del mio tempo.”
Quanto ha contato la tua bellezza? E quanto è importante la preparazione?
“Sicuramente la bellezza ti apre porte, ma l’affermarsi nel tempo è un’altra cosa. A me piace vedermi bella, mi curo molto, lavoro sulla mia immagine, perché la mia carriera è anche dovuta al fatto che mi sono sempre preparata, sono precisa, disciplinata, professionale. Se devo preparare un personaggio mi informo, studio, per questo la gente mi chiama per un successivo lavoro. Ho dovuto rifiutare tanti lavori, opere teatrali, perché per fortuna mi chiamano per lavorare. Io ora voglio essere padrona del mio tempo. La bellezza conta perché mi ha aperto molte porte.”
C’è stata nel tuo passato una porta che si è chiusa e che ti ha fatto soffrire?
“No, la gente non mi vede solo bella, ma anche simpatica, parlo con la gente e questo è molto importante perché se sei bella, ma antipatica e odiosa, la gente non può amarti tanto e non so se avrei tanto lavoro.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista a Nunzio Bellino, attore e personaggio tv l’Uomo elastico: “Io...

Nunzio Bellino, attore e personaggio televisivo italiano affetto da una rarissima patologia, la Sindrome di Ehlers- Danlos ha conquistato il cuore del pubblico italiano e non solo. La sua storia è diventata prima un cortometraggio dal titolo Elastic Heart e poi una storia a fumetti, “L’Uomo Elastico”. Oggi si divide tra cinema, tv e sociale (sempre però con l’obiettivo di portare un messaggio positivo alle persone). “Non arrendersi mai, e andare avanti nonostante tutto sempre con il sorriso.”
Ciao Nunzio, per prima cosa ti volevo chiedere come ti senti quando la gente ti considera una star in senso positivo quando in realtà lo fa per qualcosa che non lo è poi così tanto?
“Si, la situazione è divertente. All’inizio ero un po’ spaesato. Però, è bello essere riconosciuti per strada, partecipare ad eventi mondani importanti, concedere selfie e fare video per le tante persone che ti mostrano affetto e solidarietà , dopo il successo del cortometraggio “ Elastic Heart” che mi vede protagonista, firmato dal bravissimo sceneggiatore e regista Giuseppe Cossentino che racconta la mia vita con grande sensibilità e tatto. Per chi ha già visto il corto come voi sa di cosa parlo. Sono felice perché ho avuto dei risultati, il mio obiettivo era far conoscere la Sindrome di Ehlers- Danlos ed aiutare gli altri con la mia stessa patologia o con sindromi diverse, a non arrendersi, anzi incito a lottare e adaffrontare sempre la vita con il sorriso sulle labbra. Ma si sa, a volte non è per niente facile”.
Puoi raccontarci qualcosa in più sulla tua sindrome?
“La Sindrome di Ehlers- Danlos, è una patologia subdola, di trasmissione genetica che varia da persona in persona. I segni e sintomi della sindrome possono variare a seconda della tipologia ( classica, ipermobile, vascolare e tante altre tipologie). Ogni segno e sintomo è riconducibile alla difettosa o ridotta produzione di collagene. La Sindrome colpisce in particolare le articolazioni, la pelle e i vasi sanguigni. Quasi tutti noi affetti da Ehlers- Danlos, abbiamo una lieve insufficienza mitralica. Nei casi più gravi può portare alla morte. Purtroppo, la mia Sindrome è peggiorata passando dalla forma classica, alla vascolare. Quella più grave e fatale.
Ovviamente devo condurre una vita tranquilla, dobbiamo stare attenti a non farci male perché siamo soggetti a lussazioni e gonfiori, dato che siamo più fragili e delicati, sia esternamente che internamente”.

Abbiamo visto il corto Elastic Heart è quel che riesci a fare è straordinario, da Guinness World Records. Com’è nata l’idea?
“L’idea è nata dall’incontro con il regista e sceneggiatore Giuseppe Cossentino, durante un caffè a Napoli gli ho raccontato la mia storia nei minimi particolari, partendo dalla mia infanzia, la scomparsa improvvisa di mia madre a quarant’anni, della quale ho ancora immortalato il ricordo nella mia mente. Ero un bambino quando è successo e certe cose non si dimenticano. Giuseppe Cossentino ha colto ed elaborato tutti i dati ed ha capito con grande intelligenza cosa si nascondeva dentro al mio cuore, ecco da dove nasce il titolo del lavoro filmico “ELASTIC HEART” “Cuore Elastico”. Un titolo che racchiude tutto, dietro l’elasticità della mia pelle ci sono sentimenti profondi e senza tempo con ricordi che certamente non possono essere scritti in un testo o una sceneggiatura, sono reali e Cossentino con la sua magica penna è riuscito con grande maestria a farli risaltare su carta e sia dal punto di vista registico attraverso le immagini”.
Noi ora guardiamo la star con tanto seguito sui social network, ma questa diversità è stata un problema di integrazione sociale per la tua vita?
“Ho subito discriminazione, bullismo e cyberbullismo, tutto ciò mi ha reso una persona più forte, ora la mia mission è quella di aiutare gli altri a combattere i bulli ed ogni tipo di violenza e sensibilizzare sulle patologie rare”.
Il sorriso che metti sempre in primo piano è un bellissimo messaggio per chi vive ogni giorno delle difficoltà, senti la responsabilità di essere un punto di riferimento per alcuni? Cosa vorresti dire ai ragazzi che vivono delle difficoltà dovute a sindromi genetiche?
“Si vorrei essere un utile punto di riferimento, un modello, un esempio da seguire. E vorrei dire a chi soffre di sindromi genetiche in generale che non si è soli al mondo, siamo persone ed esseri umani, abbiamo un cuore, sentimenti, sogni e amiamo come tutti gli altri”.

Sei stato ospite in diverse trasmissioni tra tv e radio, ospite di Storie Italiane su Rai1 ed hai calcato i più importanti red carpet come quello della Mostra del Cinema di Venezia, da vittima di bullismo sei diventato un personaggio pubblico… simbolo antibullismo italiano e delle patologie rare. Cosa rappresenta tutto questo per te?
“La televisione è un mezzo utile e potentissimo per tematiche così importanti, un veicolo comodo per divulgare messaggi significativi. Devo ringraziare, la sensibilità di Eleonora Daniele che mi ha voluto fortemente ospite del suo programma Storie Italiane dove ho avuto l’occasione, oltre a raccontare la mia storia, di recitare un monologo sulla diversità.
Venezia è stata una bella esperienza calcare il Red Carpet con tante star, un’emozione indescrivibile mostrando al mondo che la diversità non è un problema, noi siamo unici e irripetibili. Essere un personaggio pubblico per me è un bel riscatto ed anche una bella responsabilità”.
Dopo Elastic Heart è nato il libro a fumetti ” L’Uomo Elastico”. Un nuovo grande successo. Un tour di presentazioni in tutta Italia arrivando anche nelle scuole…
“Si! L’Uomo Elastico è una sorta di spin-off del cortometraggio Elastic Heart, un supereroe resiliente che combatte contro una patologia rara e difende i più deboli da ogni tipo di violenza e discriminazione. Il fumetto è un mezzo di comunicazione universale e credo che oltre le librerie e altre location, la scuola per questo tipo di progetto sia una tappa fondamentale perchè è il primo luogo dove si possono verificare atti di bullismo e bisogna ancora sensibilizzare su questa piaga della società della quale si parla ancora troppo poco. Il mio messaggio ai ragazzi bullizzati è questo! Gli altri ti prendono in giro? Tu sorridi sempre! L’arma più potente che abbiamo è il sorriso per batterli! Anche per questo ho aperto il mio sito di informazione www.elasticmedianews.it per sensibilizzare su certe tematiche, ma anche per divulgare cultura, arte e attualità”.
Elastic Heart il corto, in cui racconta la tua storia, è stato in concorso anche ai David di Donatello.
“Ha avuto molti premi e riconoscimenti. Ha vinto agli Oscar del web “Rome Web Awards” come Miglior Trailer e Migliore Sceneggiatura. Ma soprattutto è stato per me l’inizio di un impegno nel cinema a sfondo sociale. Ho girato cortometraggi contro la violenza di genere, l’abbandono dei cani, la depressione”.
Progetti futuri?
“Continuerò con il tour di presentazioni del fumetto L’Uomo Elastico e sono in cantiere alcuni progetti di cortometraggi sociali che mi vedranno ancora una volta protagonista”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista a Raul Tejon, star della serie spagnola Machos Alpha su Netflix

È nel cast di Machos Alfa, una delle serie iberiche di Netflix di maggior successo dell’ultimo periodo. Parliamo dell’attore spagnolo Raul Tejon, scelto per interpretare il ruolo del maschilista Raul Camacho, gestore di un ristorante che non condivide la scelta, del tutto moderna, della fidanzata Luz di aprire la loro coppia. Una tematica affrontata in maniera divertente, ma che è capace di spingere gli spettatori ad una riflessione su quella che è la società moderna, dove le donne hanno tutto il diritto di cercare la loro realizzazione, esattamente come fanno gli uomini. Un punto di vista che abbiamo affrontato con Raul, attraverso questa intervista che ci ha concesso, dopo averlo visto anche nella soap Cuore Ribelle, nella fiction La verdad su canale 5 entrambe e in Caronte su Amazon prime.
Intervista a cura di Roberto Mallò
Raul, in Machos Alfa il personaggio che interpreta, Raul Camacho, viene spinto dalla fidanzata ad aprire la coppia in modo tale da poter vedere altre persone. Una situazione che a lui non piace più di tanto…
“Sì, è una decisione che Raul non capisce e che, dal suo punto di vista, non aveva ragione d’esistere. Per lui la coppia è una cosa molto concreta, così come la sua mascolinità. Raul pensa infatti che le donne debbano accettare i desideri dell’uomo che hanno accanto, senza nemmeno fiatare e opporre resistenza. Una visione che non coincide per niente col mondo di oggi, in cui le donne stanno facendo dei grossi passi avanti e, giustamente, rivendicano ciò che a loro sta bene oppure no. Tra l’altro, Luz è una donna d’affari molto intelligente e potente. Caratteristiche che si vedono in tutta la serie. Anche se non ha mai esitato a tradirla, Raul non riesce ad accettare il fatto che Luz voglia una coppia aperta. E’ un’opzione che non avrebbe mai potuto immaginare. Ed è per questo che il suo mondo crolla quando Luz, essendo una donna molto diretta, gli fa la proposta di poter vedere altre persone. Il personaggio che interpreto è un maschilista, così come lo sono i suoi amici. E questo è uno spunto per parlare, come dicevo poco fa, della figura della donna nel mondo di oggi, in questo particolare momento storico”.

Tra l’altro per Raul le cose non sono per niente semplici, visto che Luz è forse la donna più emancipata e moderna della serie…
“Sicuramente è quella più potente e realizzata dal punto di vista professionale. Ma c’è pure Daniela, che comincia dal nulla una carriera come influencer che la porta a diventare famosa. Infine, Esther è un’insegnante di scuola guida annoiata dalla sua vita, ma saprà riscattarsi. L’unica che non lavora è la giovanissima Alex, la figlia di Santi, ma è il motore del percorso di tutti i personaggi. Tramite suo padre fa ragionare tutto il gruppetto dei quattro amici; fa pensare loro che la mascolinità, così come la recepiscono, può essere tossica. Cerca di far sì che Santi sia una sorta di promotore ai suoi amici di quel messaggio”.
Conoscevi già i tuoi colleghi? Come ti sei trovato a lavorare con loro in questo nuovo set?
“Con Kira Miró, che interpreta la mia partner Luz, avevo già lavorato tanto in passato; siamo stati coppia anche in teatro. Così come avevo già incrociato nel mio percorso i registi e fratelli Alberto e Laura Caballero. Visto che con loro due mi ero trovato benissimo, avevo senz’altro voglia di tornare a condividere un altro set con loro. C’è poi Raquel Guerrero, il volto di Esther, con cui ho recitato tanto. In fin dei conti, conoscevo già tutti. Faccio questo mestiere da quasi 30 anni e quindi era capitato di condividere insieme altre esperienze. Anche se i rapporti più stretti erano quelli con Kira e il fratelli Caballero”.

Dunque, sei stato felice della presenza di Kira?
“Assolutamente sì. L’ammiro tantissimo come persona e attrice. E’ un’ottima collega, sempre presente, disposta, coraggiosa e aperta al dialogo. Trovo che sia molto gentile e generosa sul set”.
In Spagna, a livello di visualizzazioni, Machos Alfa sta andando molto bene ed è stata già rinnovata per una seconda stagione…
“Siamo rimasti molto contenti di questo. Fin dal primo giorno, Machos Alfa è balzata al numero uno dei prodotti più visti su Netflix in Spagna. Nessuno si aspettava una cosa del genere. I feedback di chi ci ha seguito sono positivi. Tutti ci dicono che la serie è divertente e si può vedere sia in coppia, sia con la famiglia. Ci sono inoltre quelli che si sono arrabbiati alla visione perché, a un primo sguardo, sembra che siano solo le donne a trionfare, a discapito degli uomini che soccombono. Invece, guardandola più attentamente, si può dire che nessuno vince: né le donne, né gli uomini. E anche chi si avvicina, in fondo, ha una vittoria un po’ amara. La cosa più importante è che Machos Alfa fa riflettere, senza mai dare delle lezioni vere e proprie. Suggerisce tante cose che spingono ad interrogarsi. Lancia delle bombe su quella che è la società attuale, anche se lo fa con i toni della commedia. Per questo siamo felici del suo successo, sia noi attori, sia gli sceneggiatori e i registi ”.

Messaggi che manda con dei personaggi ben caratterizzati…
“Proprio così. Al centro della scena ci sono quattro quarantenni ognuno diverso dall’altro e con una mascolinità distinta. Uomini con dei problemi differenti, ma che hanno pure delle caratteristiche buone. Nel corso delle dieci puntate, si presentano a loro delle situazioni quotidiane, che possono succedere a ciascuno di noi nella vita. E nella serie abbiamo cercato di portare in scena come si può reagire di fronte alle stesse, senza mai dire se ciò che un personaggio fa è un bene o un male. E questo modo di non giudicare, di non fare una lezione, è secondo me il punto più forte di Machos Alfa”.
D’altronde a chiarire uno dei messaggi della serie è Luz: le donne non devono essere superiori agli uomini, ma pari a loro.
“Sì. Non si vuole lanciare né un messaggio maschilista, né uno femminista. Le donne cercano un’uguaglianza, le stesse opportunità. Vediamo come proseguirà ciò con la seconda stagione”.

Lasciamo per un attimo la serie. Ci sono altri progetti ai quali ti stai dedicando in questo periodo?
“Faccio un po’ di tutto; in questo periodo sto scrivendo, visto che mi piace fare anche lo sceneggiatore. Nei prossimi mesi andrò sicuramente in Italia a girare. E’ un progetto che sento mio, visto che non ho firmato soltanto la sceneggiatura ma sarò anche il protagonista della pellicola. Devo quindi incastrare i vari impegni, visto che c’è un altro film che girerò tra Barcellona, Buenos Aires e Las Vegas. Infine, dato che il lavoro è tanto, c’è persino la possibilità di un’altra fiction con la Disney. Per tale ragione devo vedere le varie date e capire cosa posso o non posso fare di tutti questi impegni. Sarà un 2023 impegnativo e si presenta bene anche il 2024. Speriamo bene”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva ad Alessandra Masi: «Carrozze, cavalli, duchi… sono una romantica!»

Alessandra Masi, classe 1992, è una giovane e talentuosa attrice italiana nata a Massa di Somma, in provincia di Napoli. Alessandra è conosciuta principalmente per il suo ruolo di Chiara Petrone nella celebre soap opera “Un posto al sole”.
È attualmente impegnata in un progetto audace e personale: “La mia prima volta da sola“. Si tratta del primo monologo che segna una tappa importante nella sua carriera, dove Alessandra non è solo l’attrice protagonista ma indossa anche i cappelli di regista, autrice e produttrice, presentando una visione autenticamente sua.
L’ascesa artistica di Alessandra: dall’Accademia al palcoscenico londinese
Fin dall’adolescenza, Alessandra ha coltivato la passione per il teatro, salendo per la prima volta sul palco di un villaggio vacanze a soli 16 anni. Dopo essersi diplomata all’Accademia Internazionale di Teatro a Roma nel 2014, l’attrice ha trascorso un periodo di formazione a Londra frequentando un corso sulla tecnica Maisner, condotto da Trine Garrette, per poi tornare in Italia e dedicarsi al teatro e al cinema.
In questa fase ha continuato a studiare partecipando a seminari e laboratori come Analisi del testo e lavoro sensoriale di Michael Margotta e Osservatorio Mantica a cura di Chiara Guidi.
Chiara Petrone: il ruolo nella celebre soap opera ‘Un posto al sole'”
Nel 2015, Alessandra è entrata a far parte del cast di “Un posto al sole”, la popolare soap opera italiana, in onda dal 1996 su Rai 3, dove interpreta Chiara Petrone. Ambientata nella città di Napoli, la serie si concentra sulle vicende di un gruppo di personaggi che vivono e lavorano nel complesso residenziale di Palazzo Palladini. La trama si sviluppa intorno alle loro storie d’amore, conflitti familiari, amicizie, ambizioni professionali e questioni sociali, offrendo un ritratto realistico della vita quotidiana e delle dinamiche relazionali tra i personaggi.

Alessandra Masi ha partecipato anche al cortometraggio drammatico “Partenze” (2018), diretto da Nicolas Morganti Patrignani e a teatro ha lavorato con Eduardo Ricciardelli in Brigantesse. Brigantesse narra la storia dei contadini e dei popolani meridionali che si ribellano all’oppressione organizzando bande armate per scacciare l’esercito piemontese. Alessandra è una delle quattro attrici che raccontano le vicissitudini di una vita dedita alla clandestinità, insieme ad Antonio Lubrano, Susy Pariante, Clara Morlino e Apollonia Bellino. Il dramma è un’opera a metà fra il melodramma e il teatro-canzone, dove la musica folk e la lingua napoletana coinvolgono il pubblico.
Il teatro dei burattini e l’arte itinerante
Ha lavorato anche come Burattinaia presso il Teatro San Carlino, Roma. Con Luigi Morra recita nello spettacolo itinerante Fuoco e nel 2019 entra nel cast del progetto Negri, spettacolo per bianchi, un cantiere itinerante e sperimentale che si sviluppa adattandosi ad ogni tappa, e arricchendosi di volta in volta di fatti legati al tema a seconda delle location.
Sebbene risieda attualmente a Roma, dove collabora con un’associazione culturale che organizza reading teatrali, Alessandra è legatissima alla sua città natale, Napoli. Siete pronti ad immergervi nel mondo di Alessandra? Abbiamo avuto il piacere di incontrarla in esclusiva e siamo entusiasti di condividere con voi questa emozionante intervista!
Alessandra, com’è stata la tua prima esperienza su un palcoscenico?
“La mia prima esperienza sul palco è stata intorno ai 16 anni, in un villaggio turistico nel Cilento. Facevamo serata cabaret con tanti schech divertenti, molto trash anche, e ricordo una energia fortissima e tante risate; facevo anche musical, ricordo il re Leone, Jesus CHrist Super star, blues brothers. Mi sono divertita tanto, pensavo poco, ero molto più istinto.”

Hai dato vita al personaggio di Chiara Petrone in “Un posto al sole”: cosa ti è piaciuto di lei e quali sono state le maggiori sfide nel portarlo sullo schermo? Quali sono le differenza tra di voi?
“Chiara è un pezzo del mio cuore. La cosa che mi è piaciuta di più di lei è la stessa cosa che ha fatto si che fosse una sfida portare sullo schermo quelle emozioni, ovvero la sua grande fragilità e vulnerabilità. La prima grande differenza tra noi due è che Chiara è una ricca ereditiera, io no. E sono anche meno snob. Forse ahahah.”
Puoi spiegare ai nostri lettori come “La mia prima volta da sola”, il tuo primo monologo, affronta le complesse dinamiche del rapporto padre-figlia e il suo impatto sulla crescita e la consapevolezza personale?
“‘La mia prima volta da sola’ vuole raccontare un rapporto tra una figlia e un padre, che da unico, diventa universale. Un rapporto che porta con sé, come tutti i rapporti, ricordi di momenti belli e di momenti meno belli. Al centro c’è la crescita, la consapevolezza e il perdono di una donna verso ciò che è stato. Per la prima volta da sola, una donna al centro della scena si mette a nudo e, contestualmente, fuori dalla scena, per la prima volta da sola, Alessandra è attrice, regista, autrice e produttrice.”
Come ti prepari per un ruolo? Hai qualche particolare metodo o routine di studio del personaggio?
“Leggo e rileggo tutta la scena , il copione , il testo, e ogni volta trovo un dettaglio in più, prezioso al fine della messa in scena. Cerco delle assonanze con me e con le persone che incontro in giro , rifletto, ne parlo, eh si perché parlarne per me è fondamentale , quando i punti di vista si incontrano ed esci da una visione che è solo tua è importante e quindi hai molte più possibilità di lettura.”
C’è un genere cinematografico o teatrale in cui ti senti particolarmente a tuo agio o che vorresti esplorare maggiormente?
“Mi piacerebbe da sempre girare un film in costume. Ambientato nell’800. Carrozze, cavalli, duchi, conti, contesse, ventagli, duelli, amori nascosti, corpetti… eh si, sono una romantica!”
Se non fossi diventata un’attrice, quale altra professione avresti intrapreso?
“Sicuramente avrei scelto un lavoro che mi avrebbe permesso di essere sempre in giro per il mondo. Probabilmente sarei una Hotel tester!”
Qual è stato il momento più emozionante della tua carriera fino ad ora?
“Il momento in cui ho finito di fare il mio monologo per la prima volta. Ho scritto un testo mio che si chiama “LA MIA PRIMA VOLTA DA SOLA” . Mi sono molto emozionata, ho pensato a come sia bello lavorare con un qualcosa creato da te; tutto questo ha un so che di sacro, come una creatura tua che prende vita e viene messa a servizio del pubblico e del teatro; ha a che fare con te, con la tua storia, con un mondo interiore tuo, anche intimo, che diventa in qualche maniera universale.”

Oltre alla recitazione, quali sono le tue passioni e interessi nella vita privata?
“Mi piace molto ballare, uscire con i miei amici che sono la mia famiglia; andare a fare passeggiate in montagna ,andare a cavallo. Adoro il mare e fare snorkeling… Inoltre sono anche molto pigra, quindi trascorro volentieri del tempo a casa, in totale relax, per godermi un libro o un film.”
Come è il tuo legame con la città di Napoli? C’è qualche luogo particolare in cui ti piace tornare ogni volta che ne hai l’opportunità?
“Napoli è energetica, bomba ad orologeria, folle, esagerata, incasinata, e sicuramente viva. Non posso mai mancare da Di Matteo a prendere la frittatina di pasta. Mai!”
Cosa ti aspetti per il tuo futuro professionale?
“Di continuare a fare cose per il quale mi batte il cuore e sono felice. Semplice. ❤️”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Coronavirus
Intervista a Mauro Cardinali: sarà nel cast di Indiana Jones 5 presentato a Cannes con...

Ha potuto formarsi come attore grazie ad una lunga gavetta svolta in teatro, al fianco di registi di fama internazionale come Ricci/Forte, Paolo Rossi, Filippo Timi, Marina Abramović, Emma Dante e Luciano Melchionna che gli hanno insegnato, spettacolo dopo spettacolo, i rudimenti e i segreti della recitazione. Diplomato attore-performer presso il C.U.T. di Perugia nel 2010 sotto la guida di Roberto Ruggeri, Sergio Ragni e Ludwig Flaszen del Teatr LAboratorium di Wroclaw, Mauro Cardinali è stato di recente nel cast dell’ultima stagione de La Porta Rossa, fiction di successo di Rai2. Un impegno a televisivo a cui ne seguiranno altri, come ci ha raccontato in questa intervista.
Con la preziosa collaborazione di Roberto Mallò e Sante Cossentino by Massmedia Comunicazione
Mauro, partiamo dal quinto capitolo di Indiana Jones, un progetto internazionale che la vede coinvolta. So che è un appassionato della saga. E’ sicuramente un’emozione far parte del cast, no?
“Una grande emozione, uno di quei progetti che sembrano capitare una volta nella vita. Ma chissà… Stiamo cercando di avere sempre più contatti con casting e produzioni internazionali. E’ fondamentale, però, continuare a lavorare bene qui in Italia, a costruire un buon nome per poterlo poi diffondere meglio oltreconfine. Mi piace confrontarmi con realtà straniere. Ho girato con il signor Ford e Phoebe Waller-Bridge. Ho conosciuto e passato del tempo con Mads Mikkelsen. Sono stato truccato dalla Premio Oscar Frances Hannon, storica truccatrice di Wes Anderson, e diretto dal grande James Mangold, anche se ovviamente mi avrebbe fatto piacere che ci fosse ancora Steven Spielberg. Quindi direi di sì, si è trattato di un grande regalo piovuto da chissà dove. Un’importantissima esperienza personale e lavorativa”.

Anche perché si lavora in maniera decisamente diversa dai set italiani…
“C’è una grande professionalità. C’è un’abnegazione, uno stakanovismo; è come se tutti fossero indirizzati verso un unico grande obiettivo, che era quello di lavorare al meglio. Nonostante le tante ore, si è mantenuta sempre una grande concentrazione e una grande energia. Ovviamente, stiamo parlando di produzioni stellari, ma non parlo solo della questione economica. C’era proprio la volontà e la conoscenza di stare facendo qualcosa di importante; che doveva essere fatta al meglio, al top”.
Avete girato in Italia?
“Sì, abbiamo girato in Sicilia. Io, personalmente, nella parte orientale dell’isola, ossia alla Tonnara del Secco, sotto Trapani. E’ capitato poi di girare a Londra negli storici studi Pinewood, tra i teatri di posa più importanti e famosi d’Europa, dove hanno girato Kubrick e la maggior parte dei film 007. E’ una sorta di grande Cinecittà, anche se non poetica e bella come la nostra. Lì abbiamo fatto le scene che era impossibile fare all’aperto. La troupe si è spostata poi in Marocco, in Scozia. Perché si è voluto tornare all’idea di portare Indiana Jones in giro per il mondo e di farlo in modalità live action”.

In che lingua ha recitato?
“Nel film interpreto Maximus – The Hero e le mie battute erano in latino. Senza spoilerare troppo, posso dire che Indiana Jones viaggerà nel tempo e incontrerà questo comandante romano, che parla appunto il latino incitando la sua truppa. Mi sono fatto aiutare per la lingua da amici e professori per non commettere errori. Si trattava di battute rapide e secche, bisognava trovare la giusta storicità a livello filologico. Non bisognava metterci dentro roba che non c’era, come a volte succede”.
Tralasciando Indiana Jones, sarà anche nel cast delle seconde stagioni di Blanca e di Lea – Un Nuovo Giorno, entrambe destinate a Rai Uno.
“Blanca ho appena finito di girarla; sarò il protagonista del quarto episodio per la regia di Michele Soavi. Lea è ancora in fase di riprese. In questo caso, si tratta di un personaggio che torna in più episodi”.

Tra i lavori prossimi c’è anche La Lunga Notte con la regia di Giacomo Campiotti…
“Sì, uscirà in Rai a novembre, così come Blanca e Lea sono destinate all’inverno. Per il momento, lì ho un piccolo cameo, di un ruolo che crescerà nella seconda serie perché verrà raccontata la sua vita. Parlo del Colonnello Frignani, che arrestò Benito Mussolini per ordine del re nel 1943. La serie parla della storia di Dino Grandi, che era un gerarca, colui il quale chiese la sfiducia al Duce, cosa che poi accadde con la caduta del Regime. Fatto che porterà il re ad ordinare l’arresto di Mussolini, con Frignani che conclude tale compito e lo porta in cella, prendendosi le minacce del Duce. Evento che farà finire Frignani nella Resistenza, post caduta del Regime. Verrà poi arrestato, torturato davanti alla moglie, finché non verrà fucilato e sepolto nelle fosse Ardeatine. E’ un personaggio molto bello. Nella prima serie si racconteranno gli eventi fino all’arresto di Mussolini, nella seconda si arriverà, come ho già detto, alle fosse Ardeatine”.
Le è piaciuta come esperienza?
“E’ stata molto bella. C’è Duccio Camerini che interpreta Mussolini, mentre Luigi Diberti è il Re. Alessio Boni interpreta, invece, il protagonista. Un bel cast di attori bravissimi e moltonoti al pubblico”.

Il personaggio che ha portato in scena più a lungo è stato quello di Piero nella terza stagione de La Porta Rossa. Che cosa le ha lasciato quella serie, che è anche un piccolo cult per la Rai?
“E’ vero; la prima stagione mi piacque molto perché ero affascinato dalla figura di Cagliostro, che ha preso ispirazione dal Conte Cagliostro. Ricordo che rimasi attratto da questo nome. Sono stato dunque molto felice di poter prendere parte alla terza stagione. Lungo il tragitto, è stato cambiato il mio ruolo, che poi ha interpretato Paolo Mazzarelli. Per quanto quello di Mazzarelli fosse un ruolo più grande, come pose e così via, sono rimasto contento di avere interpretato Piero perché ha avuto un arco di trasformazione. Piero è stato una sorpresa: è partito in sordina, con un ruolo istituzionale da coprire, ma ha in seguito imbracciato un fucile, è stato arrestato ed ha avuto una crisi, una rottura. Noi attori speriamo sempre di vivere questa trasformazione, che ne La Porta Rossa è avvenuta nell’arco degli 8 episodi. Sarebbe stato ancora più bello farlo in tempi più lunghi; è stato difficile farlo nei tempi ristretti che abbiamo avuto, ma per me è stata una bella prova perché nel poco tempo è cambiato il personaggio”.
Cosa ricorda del provino per la serie?
“L’avevo fatto con Carmine Elia; è andato bene, ma Carmine non ha potuto continuare con la lavorazione ed è stato sostituito da Gianpaolo Tescari. Ho così dovuto affrontare un altro provino con lui, ma è andato bene lo stesso. Tescari è una persona molto gentile che riesce a guidarti bene. Quella ne La Porta Rossa era la mia prima esperienza grande ed è stata una fortuna avere lui per quest’occasione. Ho rotto le acque con il linguaggio televisivo, dopo anni di esperienza in teatro. Nei set successivi mi sono sentito più a mio agio e così sarà andando man mano avanti”.
Non a caso, dopo La Porta Rossa è arrivata l’esperienza nella serie iberica Nacho, dove ha interpretato Rocco Siffredi. Com’è stato confrontarsi con una persona reale e ancora in vita?
“Ho subito contattato Rocco; è stato sempre disponibile e gentile, si è instaurato tra di noi un bel rapporto. Nel frattempo, lui era a Budapest con Alessandro Borghi per girare Supersex. Alessandro ha avuto la fortuna di stare a stretto contatto con Rocco per interpretarlo. E’ quello che ciascun attore si auspica di poter fare quando porta in scena un personaggio ancora in vita. Io mi sono invece documentato, formandomi con interviste e documentari e chiamando Rocco quando era possibile. Tra l’altro, conosco personalmente Alessandro, che è una persona che stimo tantissimo, oltre che un attore che mi piace davvero tanto. L’idea che stessimo lavorando parallelamente sullo stesso personaggiomi ha dato molta forza e mi ha fatto molto piacere. Sono stato il primo a interpretare Rocco Siffredi, non era mai capitato. E a distanza di poco si è aggiunto Alessandro Borghi, che è un esempio e un faro di quello che è il mio lavoro. E so che il mio Rocco ha avuto dei feedback positivi. Ancora non ho finito di vedere la serie, ma ritengo che il personaggio sia uscito molto bene”.

Lì ha recitato in italiano o in lingua spagnola?
“Ho recitato in spagnolo, italiano e inglese. Lo spagnolo e l’inglese li ho pronunciati non benissimo, esattamente come fa Rocco. Ho parlato in italiano soprattutto quando il personaggio si innervosiva e l’inglese quando nelle scene si confrontava con produttori americani e via dicendo. E’ stato un bel mix molto divertente”.
Quando ha deciso di diventare un attore e dedicarsi alla recitazione?
“Mi sono avvicinato alla recitazione quando ho deciso di fare qualcosa per me. Avevo bisogno di lavorare un po’ su me stesso; erano anni difficili e complessi. Diciamo che ho preso la via del teatro come una terapia, non immaginavo che sarebbe diventato un lavoro. Facendo teatro, in maniera quotidiana perché ho frequentato un’accademia, ho scoperto la meraviglia della catarsi teatrale. Da lì è stato un concatenarsi di situazioni ed eventi che mi hanno portato a farlo a livello professionale. Ho fatto tantissimo teatro, tantissime performance e, ogni tanto, piccole esperienze televisive e cinematografiche. Per esempio, Pasolini di Abel Ferrara o Che Strano Chiamarsi Federico di Ettore Scola. C’è stato poi un film molto particolare, intitolato I Figli di Maam, con la regia di Paolo Consorti e con Franco Nero. Lì ho fatto un diavolo che cambiava forma tante volte: un diavolo politico, un diavolo bohemienne, un diavolo avvocato – nello specifico di Erode interpretato da Franco Nero – ed un diavolo iconografico con un body panting rosso con le corna. La potenza che potevo tirar fuori attraverso il mio corpo è stata un po’ la mia cifra per lungo tempo. Inoltre, ho lavorato per diversi anni con Antonio Marras, sia nelle sue sfilate, sia nelle performance che ha realizzato. Facendo questo lavoro ho sempre vissuto delle emozioni fortissime; per questo ho deciso di investirci. E pian piano è diventato sempre più assiduo”.
So che è impegnato anche nelle attività teatrali dedicate al sociale…
“Sì, ho iniziato a lavorare con Giorgio Rossi, un danzatore della Sosta Palmizi. Ho cominciato ad assisterlo nei laboratori di teatro sociale e integrato. Ho avuto otto anni di lunga esperienza in tal senso, con spettacoli anche a New York e Londra. Un’attività, quella dei laboratori, che ho portato avanti finché ho potuto. In questi anni, dove ho girato tantissimo, non mi è stato più possibile. Inoltre, c’è stato anche il Covid a sospendere il tutto, anche se ancora oggi, quando posso, vado a un gruppo di lavoro di ragazzi con varie problematiche. Con loro, ho realizzato degli spettacoli unici, meravigliosi, con la potenza che hanno queste persone sia espressiva, sia emotiva. La loro sensibilità è qualcosa di unico;poter lavorare con queste persone, considerate spesso solo dei ‘matti’, è più gratificante, spesso, di lavorare con aspiranti attori, nonostante le difficoltà del caso. Perché c’è una libertà, una voglia, un amore. Ci sono anche varie difficoltà, ma lì sta a me, col mio lavoro, riuscire a creare qualcosa che li faccia sentire bene e a loro agio per raccontare delle storie partendo dalle loro esperienze, difficoltà e dalla loro rabbia. Così sono nati vari spettacoli che ho scritto e diretto di teatro integrato. Ed è un aspetto del mio mestiere che vorrei portare avanti, pensando magari a qualcosa di audiovisivo. Insomma, quello che sarà, sarà”.

Riassumendo, è quindi arrivato al teatro per un suo bisogno personale?
“Sì, sono arrivato al teatro come bisogno di crescita, di evoluzione; per chiarire e sciogliere qualche nodo. Credo, per questo, che il teatro sia una cosa che tutti debbano poter fare almeno una volta nella vita. Andrebbe assolutamente insegnato nelle scuole; è uno strumento utilissimo per formarsi e approcciarsi alle difficoltà della vita e personali”.
Lei utilizza Cardinali, il suo cognome materno. Posso chiederle per quale motivo?
“E’ un omaggio a mia madre, una donna che ha scelto di sacrificare tutto per me e mio fratello. Non ci ha mai abbandonati nel bene e nel male. Di male ne abbiamo vissuto tanto, ma è servito a crescere. E’ stato difficile, doloroso ma è andata così e va benissimo. La nostra vita da diverso tempo a questa parte è cambiata in positivo. Io e mio fratello stiamo bene e abbiamo dei figli meravigliosi. Piuttosto che fare girare Fiorucci, il mio cognome paterno, ho optato per quello di mia madre, in onore alla sua forza. Tante donne nel mondo nascondono una forza e un coraggio inimmaginabile”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Incontro con Christian Stelluti: Tra il set e la paternità, il viaggio di un attore verso...

Christian Stelluti è diventato popolare con la soap Centovetrine nel ruolo dell’agente di polizia Carlo Foti, ma a parte tante fiction a cui ha partecipato, la sua carriera è costellata di esperienze cinematografiche importanti e anche internazionali. Adesso sarà al cinema da protagonista nella pellicola La ragazza dagli occhi di smalto, con la partecipazione di Marina Suma e prodotto da Alberto De Venezia per Ipnotica film.
Come ti sei avvicinato al mondo dello spettacolo?
“Penso sia avvenuto inconsapevolmente all’età di dieci anni. Ero in quinta elementare, dopo un anno intero trascorso a preparare la recita di fine anno arriva la vigilia dello spettacolo e correndo mi distorco una caviglia. Mi rifiutai con tutte le mie forze di farmi ingessare e il giorno dopo a scuola contrariamente al parere del dottore dei miei genitori e degli insegnanti feci la mia performance saltellando su un piede solo per più di 20 minuti ricevendo così un’ovazione che mi gratificò tantissimo.”
Quali sono state le tappe principali e fondamentali della tua carriera?
“Le mie tappe principali credo affondino le radici nella danza, grazie ad essa iniziai a lavorare nel settore delle pubblicità. Poi arrivarono i primi spot grandi per brand importanti dove oltre alla presenza fisica era richiesta una recitazione più ricercata e capii quindi che potevo dare sempre di più mettendomi in gioco non solo con il mio corpo ma sfruttando anche le mie sfumature più profonde. Mi scrissi al CTA di Milano e iniziai a fare teatro passando dalle mattinée nelle scuole elementari ai prestigiosi palchi di Milano come il Filodrammatici. In seguito arrivarono le famose soap come Vivere e 100 Vetrine, una palestra tosta dove imparai molta tecnica da attori bravissimi come Sergio Troiano che interpretava il mio commissario. In fine il trasferimento a Roma mi ha permesso di accedere a provini rivolti più che altro al cinema, sia commerciale che d’autore.”

Quali sono i progetti a cui ti stai dedicando adesso?
“Tra i vari progetti che ho in cantiere c’è in programma l’impresa titanica di produrre un film da me scritto e sceneggiato, un lungometraggio difficile un thriller noir che parla anche del tango argentino, un ballo che mi appassiona molto.”
Chi sei fuori dalla tv e dal tuo lavoro come ragazzo comune?
“Fuori dallo schermo sono una persona solitaria, schiva, faccio poca vita sociale soprattutto perché un anno fa sono diventato padre e ho deciso di dedicarmi completamente a Ginevra, il “Film” più bello che abbia mai fatto in vita mia.”
Tre aggettivi per descriverti?
“Empatico – passionale – cupo.”
Hobby, passioni, tempo libero?
“Come ho scritto prima amo ballare il tango argentino anche se da tempo non frequento più milonghe. Mi piace leggere libri che parlano di fisica quantistica, di alchimia e di alimentazione. Tempo libero ormai non esiste più da quando esiste la piccola. Ieri sera per assistere alla premier del film ‘La ragazza dagli occhi di smalto’ non ho salutato per la prima volta mia figlia prima che si addormentasse.”
Un sogno nel cassetto?
“Lavorare con il regista Matteo Garrone.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Chiara Conti: luce oltre la bellezza, l’intervista esclusiva tra sfide e tripla arte

Chiara Conti è un’attrice italiana che ha iniziato la sua carriera negli anni ’90 lavorando in televisione nella trasmissione Non è la Rai. Dopo aver vinto il concorso Bellissima nel 1995, ha frequentato corsi di improvvisazione teatrale e di recitazione oltre a corsi di dizione, per migliorare la sua tecnica. Ha esordito come attrice teatrale e poi è passata al cinema e alla televisione.
La bellezza come limite nel cinema italiano
Nonostante la sua bellezza, Chiara Conti ha dichiarato che all’inizio della sua carriera questo aspetto ha rappresentato un limite nel cinema italiano. Il suo viso regolare, senza tratti particolari, non era considerato adatto a certi ruoli. Tuttavia grazie al talento e alla determinazione è riuscita a superare questo ostacolo e a farsi apprezzare per le sue doti artistiche.
I primi lavori cinematografici e televisivi
Tra i suoi primi lavori cinematografici, si ricordano Faccia di Picasso di Massimo Ceccherini e L’ultima lezione, regia di Fabio Rosi. Nel 2004 interpreta Fulvia nel film Promessa d’amore, diretta da Fabrizio Giordani. Nel 2005 lavora per Franco Battiato in Musikanten, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia dello stesso anno e uscito nelle sale il 3 marzo 2006.
Nel 2005 è anche parte del cast della fiction di Rai 1 La Omicidi nel personaggio di Irene. Nel 2006 è la Olivia protagonista di H2Odio, sotto la regia di Alex Infascelli. Successivamente nello stesso anno ottiene un grande successo con la miniserie tv trasmessa su Rai 1 Butta la luna e diretta da Vittorio Sindoni. Prende parte anche alla serie tv E poi c’è Filippo, lavorando insieme all’attore Giorgio Pasotti.
Nel 2007 recita nel video e nel film con la regia di Franco Battiato dal titolo Niente è come sembra. È tra gli attori protagonisti nella mini serie tv in due puntate, Le ragazze di San Frediano di Vittorio Sindoni, interpretando Gina. Sempre nel 2007 è scelta come protagonista femminile de Il capitano 2, di nuovo sotto la regia di Vittorio Sindoni.
Successi televisivi e ultimi lavori
Tra le sue interpretazioni più significative si ricordano la miniserie tv in tredici puntate, Butta la luna 2 di Vittorio Sindoni, e la miniserie David Copperfield, sotto la direzione di Leone Pompucci, prestando il suo volto a Clara Copperfield. Inoltre è parte del cast principale di La scelta di Laura, una produzione Taodue trasmessa da Canale 5 con la regia di Alessandro Piva.
Nel 2011 recita nell’ultima stagione di Distretto di Polizia, nel ruolo della ex moglie del vicequestore Brandi (Andrea Renzi). Dopo la sua partecipazione alla serie televisiva, Chiara Conti ha continuato a dedicarsi principalmente al cinema e alla sua vita privata.
Nel 2020 torna sul piccolo schermo nella serie tv Il commissario Ricciardi, diretta da Alessandro D’Alatri, dove ha interpretato il ruolo di Marta, la madre del commissario. Nello stesso anno è entrata a far parte del cast della soap opera italiana Un posto al sole, dove interpreta il personaggio di Lara Martinelli.
Chiara Conti: attrice e pittrice, amata sui social
Oltre alla recitazione Chiara ha un’altra grande passione: la pittura. Sul suo profilo Instagram principale si definisce come “un’attrice che dipinge o una pittrice che recita“. Ha un altro account Instagram dove pubblica le immagini delle sue opere, descritte così: “Tutto quello che viene dal cuore: incido l’alluminio e lo dipingo.”
Si tratta di opere dal carattere tridimensionale, alcune molto colorate, altre sui toni dell’argento e dell’oro, che raffigurano statue, monumenti, bambole, corpi, forme immaginarie e talvolta anche volti di icone dello spettacolo (come una delle sue più recenti, dedicata a David Bowie). Un talento davvero grande quello di Chiara come creativa ed artista: le sue opere sono spesso esposte in pubbliche mostre e protagoniste di spettacoli dove le arti della pittura e dell’incisione si uniscono alla musica e alla recitazione.
Denunce e sfide: Chiara Conti e il cinema italiano
Nel corso della sua carriera Chiara ha più volte denunciato lo stato del cinema italiano in cui le donne ricevono cachet più bassi rispetto ai colleghi uomini. Inoltre in un’intervista ha raccontato di un’aggressione subita da un uomo in ascensore, in un palazzo di Milano, ma di essere riuscita a scampare alla violenza grazie anche alle arti di difesa personale apprese negli anni precedenti.
Chiara Conti: una donna poliedrica tra recitazione, pittura e impegno sociale
Chiara Conti è una donna poliedrica, appassionata di recitazione e di pittura, che ha fatto della sua determinazione e del suo talento le armi per superare i limiti imposti dalla società e dalla sua bellezza. La sua carriera è stata contraddistinta da numerosi successi, sia in campo artistico, che cinematografico e televisivo, dimostrando di essere una delle attrici più versatili e apprezzate del panorama italiano. Noi l’abbiamo incontrata per farle qualche domanda ed ecco la nostra intervista esclusiva!
Come hai iniziato la tua carriera nel mondo della recitazione?
“Ho fatto scuole straniere (tedesca asilo e elementari, inglese medie e liceo). Le materie artistiche erano molto considerate, si faceva musica, arte, tra scultura e pittura, e recitazione, per chi ne avesse avuto voglia. Io ero molto timida, la mia insegnante mi disse: “sopra questo palco puoi ridere, piangere, saltare, urlare, puoi fare ed essere tutto quello che vuoi. Sopra questo palco, sei libera.” E quel palco è diventato il posto dove mi sono sempre sentita nel posto giusto, a casa. Dove mi sento libera. Recitare mi aiuta a buttar fuori. È un modo per conoscermi, affrontarmi, sfogarmi, stare bene. Una necessità.”

Quali sono state le maggiori difficoltà che hai incontrato per interpretare un ruolo così ambiguo come Lara Martinelli?
“Ho amato ed amo molto Lara, un personaggio così diverso dai miei precedenti, così ambiguo, complesso, audace, sfacciato e sfaccettato. Mi diverte spesso, mi insegna a combattere, a osare. Sicuramente ho avuto grandissima difficoltà nella storia dell’ultimo periodo. La storia del piccolo Tommy è stata per me difficilissima da affrontare, non riesco a pensare di poter usare o peggio, far del male ad un bambino, non riesco a pensare che si possa non provare amore di fronte ad un bimbo, è una realtà che non riesco ad accettare, soprattutto perché amo con tutto il cuore i bambini, mi commuovono, adoro averli vicino. Ed ho sempre e solo desiderato diventare madre, il mio sogno più grande, più voluto. Ho cercato di mettere quel dolore nel gesto terribile, ma è stato davvero difficile per me. Ed in questo caso, ho dovuto cercare molto a fondo dentro me per capire, capirla e trovare un motivo per ritornare ad accettarla. Ed ho pensato al suo amore malato e distorto nei confronti di Roberto, e che quell’amore possa essere distorto anche nei confronti del bimbo. Ecco, ho visto un’ossessione d’amore, sbagliata, arrabbiata, prepotente. Ma è il modo d’amare di Lara. Non ne conosce altri. Per ora, almeno.”
Quali invece le maggiori soddisfazioni?
“Lara è un personaggio potente. È scomoda, prepotente, sfacciata, coraggiosa, ambiziosa, distruttiva, ma piena di contrasti, agisce per amore (per quanto sbagliato possa essere). È un personaggio pieno di luci ed ombre (in questo momento più nero), ed è bellissimo scoprire che susciti tante emozioni contrastanti anche nel pubblico. Lara non resta mai indifferente. E questa per me è una grande conquista. Personalmente ho sempre amato i personaggi scomodi, ma scoprire che è così per molti, mi riempie di gioia.”
Qual è il tuo ruolo preferito tra quelli che hai interpretato?
“Sono legata a tutti i miei personaggi, perché ognuno mi ha regalato qualcosa. Posso nominare Diana in “L’ora di religione” perché è il film che ha cambiato la mia vita, conoscere e lavorare con Bellocchio e Castellitto come primo film da protagonista, mi ha arricchita infinitamente: ho incontrato due artisti che mi hanno insegnato e guidata con generosità e passione. Mi hanno dato fiducia ed hanno fatto in modo che mi affidassi. È stato uno scambio bellissimo. Cosima di Butta la luna è il ruolo che mi ha fatto conoscere al grande pubblico, ho adorato la sua profonda sensibilità, il suo combattere per i valori in cui crede, in una serie a parer mio bellissima, perché trattava argomenti di cui si era sempre parlato molto poco, come il razzismo, gli istituti minorili, figure più nascoste, come gli assistenti sociali. Grazie a Cosima (ho saputo da alcune ragazze che mi hanno scritto!!), alcune fans della serie hanno intrapreso gli studi di psicologia e si occupano di minori, proprio come lei. E questo è bellissimo. Simona in 1993 la serie, mi ha coinvolta tantissimo, la sua disperazione, la sua dignità. E ne Il commissario Ricciardi, vorrei parlare non tanto di Marta, quanto dell’amore per questo mestiere a volte così difficile che mi ha trasmesso Alessandro D’Alatri. Ho fatto con lui un provino di 2 ore per il ruolo, cosa che non succede spesso purtroppo, 2 ore in cui ci siamo confrontati, scontrati, trovati. Venivo da un periodo di crisi con me stessa ed il mio lavoro, e lui mi ha rimesso in pace. Mi ha ricordato perché ho scelto di essere un’attrice: per emozionarmi e donare emozioni. Perché, grazie al mio mestiere, a volte, ho la fortuna di incontrare persone meravigliose con una passione fortissima, con la voglia di creare qualcosa di bello, di profondo, con la capacità di guardare oltre, di andare a fondo, di lottare e vincere. Lui amava profondamente gli attori. Più di tutti. E tu eri disposto a dare tutto in scena, perché quell’amore che lui metteva nel suo film era ovunque. Lo sentivi. Lo vedevi. Sono grata per tutto quello che finora e arrivato, per tutti i ruoli che ho avuto la fortuna di vivere e scoprire, per le persone che hanno arricchito la mia strada e per quelle che ogni giorno mi insegnano qualcosa.”
Quanto è stata importante la formazione teatrale nella tua carriera di attrice?
“Importantissima. Il teatro ti aiuta a trovare il tuo posto in scena, ti rende consapevole del tuo corpo, della potenza della tua voce, del gesto, delle infinite capacità che puoi ottenere esercitandoti. Ed in più regala magia. Non solo a chi guarda, ma soprattutto a chi sta sopra quel palco, con quel profumo di legno e polvere, regala emozioni talmente forti che nessuno dovrebbe farne a meno.”

Come è stato lavorare con registi come Franco Battiato e Vittorio Sindoni?
“Franco mi ha insegnato l’ascolto, la semplicità di un abbraccio, i sorrisi che coinvolgono, la curiosità di tutto quello che ci circonda, la voglia di conoscere e scoprire, il coraggio di osare e di giocare, l’umiltà dei grandi. Ho amato ogni momento con lui. Perché mi ha dato fiducia, mi ha avvolto nella sua positività e giovinezza di cuore. Mi sono sentita sempre nel posto giusto e al sicuro con lui accanto. Vittorio ha creduto in me dal primo momento ed ha combattuto per avermi nelle sue serie tv, visto che non ero un volto abbastanza conosciuto e quindi più difficile da scegliere come protagonista. Mi ha dato la possibilità di esplorare un personaggio bellissimo e molto amato. Mi ha dato l’occasione per crescere molto. E mi ha insegnato tanto, con i suoi modi a volte burberi, ma sempre pieni d’affetto. Mi mancano le nostre discussioni sul personaggio, il nostro lavorare fianco a fianco. E gli sarò sempre grata.”
C’è stato un episodio nella tua vita professionale o privata in cui hai riso così tanto da diventare un momento indimenticabile?
“Ho la fortuna di ridere tanto, e di avere accanto persone che hanno voglia di ridere tanto. E questo è bellissimo. Le serate con le mie amiche, i giochi con Olivia (la sua barboncina, ndr), gli scherzi con la mia famiglia, i viaggi nei posti più assurdi, ma divertenti proprio per le persone che ho accanto. E ovviamente il lavoro, con i miei compagni d’avventura ridiamo tanto. Mi ricordo in “E poi c’è Filippo”, non riuscivamo ad essere seri nemmeno per un momento, o ridevamo noi attori (Neri Marcorè, G. Pasotti) o, le rare volte che stavamo per riuscire a finire la scena, qualcuno della troupe cominciava a ridere e si ricominciava. Ci abbiamo messo un mese in più a finire la serie, per il tempo delle risate tra noi. Una serie che mi fa sorridere ogni volta che ci penso.”
Come riesci a bilanciare la tua vita privata con la carriera?
“Con rispetto e attenzione. Cerco di esserci sempre per la mia famiglia e le persone che amo, anche da lontano. Sono la mia vita. Sempre. Più di tutto. Il lavoro mi rende migliore, più serena, più calma, e questo fa del bene anche a chi mi sta vicino. Ma cerco comunque di proteggere le persone che amo e di tenerle separate da quello che è il mio lavoro. Sono molto riservata nell’esposizione dei miei affetti, perché ritengo l’amore troppo prezioso per essere sempre condiviso.”
Quali sono le tue fonti di ispirazione nella pittura e come hai iniziato a dedicarti a quest’arte?
“Ho sempre amato disegnare, ma non lo facevo da tanto tempo. Come suonare. Tutto quello che è creazione mi libera. Ho scoperto l’incisione durante il lockdown. Avevo una lastra di alluminio ed ho cominciato ad inciderla con un coltello. Ho scoperto che l’alluminio è molto morbido, oltre ad essere un materiale bellissimo. Ho inciso e inciso e inciso e sbagliato mille volte (ancora sbaglio!!), ma piano piano sto scoprendo tecniche e strumenti. Ho preso un trapano, delle punte e la mia tecnica improvvisata si è affinata. Poi ho scoperto i colori, che prima non avevo il coraggio di usare, mentre adesso li vivo con immensa curiosità. I colori sono liberatori, sono potenti, coinvolgenti, così simili a quello che si ha dentro. Uso le mani, le dita, la carta con i colori, pochissimi pennelli, qualche rullo, qualche spatola. Mi immergo nel suono del trapano sull’alluminio o nella pastosità dei colori e non penso a niente, la mente diventa leggera. Ed è bellissimo.”
Cosa ti spinge a condividere le tue opere d’arte e qual è il messaggio che vuoi trasmettere?
“Condivido perché racconto me. Ogni mio quadro è un momento, una sensazione, un’emozione, un avvenimento mio o del mondo intorno. L’arte serve a trasmettere qualcosa: un messaggio, una considerazione, un’emozione. Io spero che qualcosa arrivi guardando le mie lastre e perdendosi nei personaggi che ci metto dentro. Ma la cosa più importante è che quello che metto là dentro, libera me da qualcosa che avevo la necessità di raccontare.”
Quali consigli vorresti dare alle giovani attrici che si affacciano nel mondo del cinema e della televisione?
“Di studiare, di leggere, di essere curiosi sempre, di ascoltare, di essere generosi e non troppo concentrati su se stessi. Di cercare di migliorarsi sempre. Perché in questo lavoro non si finisce mai di imparare. Mai. E che a volte può essere molto complicato, le infinite attese per una chiamata, che forse non arriverà, lo sconforto quando si viene scartati, la paura di non essere abbastanza. E quindi bisogna amarlo sopra ogni cosa, per avere la forza di non rinunciare. E mi sento anche di dire, abbiate sempre un piano B, perché a volte l’occasione arriva tardi, e a volte, purtroppo, non arriva.”
Quali sono i tuoi progetti futuri?
“La prossima mostra, il film che sto scrivendo su una grande donna della storia, ma soprattutto vorrei la mia famiglia accanto e continuare a guardare il mare di Napoli, per molto tempo ancora.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
CLICCA QUI PER LEGGERE TUTTE LE ALTRE NEWS E ANTICIPAZIONI SU UN POSTO AL SOLE
Interviste
Intervista esclusiva ad Agostino Chiummariello: «Gennaro, un personaggio con amore e...

Con il suo Gennaro ha fatto breccia in tutti i telespettatori di Mare Fuori, visto che è sempre pronto a difendere e a proteggere i ragazzi reclusi all’interno dell’Istituto Penitenziario Minorile di Napoli. Un ruolo di cui Agostino Chiummariello, l’attore che gli presta il volto, è molto soddisfatto, dove ha potuto tirare fuori anche il suo lato più paterno. Personaggio che presto potrà riportare in scena, dato che farà parte della quarta stagione della fiction di Rai2 che si girerà a breve.
Agostino, come ti sei avvicinato al mondo dello spettacolo?
“Da ragazzo alle scuole medie, fra le tante materie al doposcuola, c’era Teatro e mio padre per puro caso mi iscrisse a quello. Da allora non l’ho più lasciato; avevo 11 anni”.

Quali sono state le tappe principali e fondamentali della tua carriera?
“Il teatro filodrammatico; poi le varie scuole di recitazione e i grandi maestri che ho incontrato e ancora oggi incontro. Mi sono sempre sentito un allievo e ancora oggi ho voglia di imparare”.
Fin dalla prima stagione di Mare Fuori interpreti il ruolo di Gennaro. Che cosa ti piace di questo personaggio?
“La semplicità e l’amore per i ragazzi che sente come figli da proteggerli e seguirli per un fine giusto”.
In fondo tutti i ragazzini rispettano Gennaro, che è forse la guardia penitenziaria con più esperienza nell’IPM. Come ti sei preparato ad affrontare questo risvolto del personaggio?
“Nessuna preparazione particolare. Ho messo il mio essere padre e la mia esperienza di uomo adulto”.
Fantastichiamo un po’. Quali storyline metteresti in scena per lui nella quarta stagione…
“Vorrei si scoprisse qualcosa della sua gioventù. Soprattutto mi immagino Gennaro fuori dal lavoro dedito ad associazioni per il recupero di ragazzi difficili. Gennaro non stacca mai dal suo impegno nel sociale. Me lo immagino anche allenatore di squadrette di periferia di qualsiasi sport”.

Nel finale della terza stagione, molti sono rimasti sorpresi nello scoprire che Gennaro ha un parente anche nell’IPM di Milano. A te, personalmente, ha divertito questo risvolto a sorpresa?
“Era solo una battuta ironica fuori copione per rassicurare Filippo che comunque non l’avremmo abbandonato. Non esiste nessun doppione di Gennaro”.
Dal tuo punto di vista, per quale ragione Mare Fuori ha fatto breccia nel cuore del pubblico?
“Perché è rivolto ai giovani, alle loro difficoltà e al fallimento degli adulti e della società in generale, che dovrebbe proteggerli per creare loro un futuro migliore”.
Quali sono i colleghi del set con i quali hai legato maggiormente?
“Ho un rapporto meraviglioso con tutti i colleghi, fatto di rispetto e stima. C’è un grande gioco di squadra che risulta vincente”.
Come stai vivendo la popolarità acquisita grazie a Mare Fuori?
“La popolarità la vivo in maniera tranquilla e piacevole; noi attori viviamo per il pubblico perché è grazie a quello se esistiamo. Quindi mi presto alle chiacchierate; non mi sottraggo alle foto quando me le chiedono. Fare il contrario, sarebbe un controsenso”.
Hai preso parte anche alla terza stagione di Gomorra. Che ricordi hai legati a quella serie?
“Buonissimi, Gomorra è stata una serie girata benissimo e con bravi attori. L’ho Vissuta poco per il numero di giorni che ho lavorato. È stato abbastanza veloce e non ho potuto né sviluppare e né vivere un personaggio per potermi esprimere al meglio”.
Tra i tanti film a cui hai preso parte, a quale sei rimasto più legato?
“Sono legato a tutti i film, ma forse di più al primo film di Sorrentino – L’uomo in più – che mi ha dato per la prima volta un po’ di visibilità”.
C’è qualche attore a cui ti ispiri e con cui vorresti lavorare? E un regista?
“Tutti! Amo il mio lavoro e amo tutti gli attori in genere, ma se devo fare un nome dico che Gian Maria Volontè per me è irraggiungibile. Registi? Il prossimo a cui io possa interessare, famoso e non”.

Quali sono i progetti a cui ti stai dedicato adesso?
“Tanto teatro, corti in prossima produzione; girerò poi la quarta stagione di Mare fuori. Infine, sto aspettando anche alcuni responsi di provini fatti per il cinema”
Chi sei fuori dalla tv e dal tuo lavoro come persona comune?
“Una persona tranquilla, serena che vive di cose semplici e che ama stare in buona compagnia”.
Tre aggettivi per descriverti?
“Umile, leale e stakanovista”.
Hobby, passioni, tempo libero?
“Passeggiare in genere vicino al mare, viaggiare, leggere, cucinare per chi amo, andare al cinema e a teatro”.
Un sogno nel cassetto?
“Fare sempre quello che amo e farlo sempre al meglio. Non importa se siano registi o cast importanti, ma storie da raccontare sempre stimolanti e belle”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
“Caos” di HERA: il nuovo singolo dal cuore ardente, l’intervista esclusiva

Il 5 maggio 2023 ha segnato l’arrivo di “Caos”, l’ultimo singolo dell’artista HERA (Pamela Placitelli), estratto dall’EP “HEART”. La canzone è disponibile in rotazione radiofonica e su tutte le piattaforme di streaming digitale.
“Caos” è un brano scritto in collaborazione con Marco Canigiula e prodotto da Korma per Cantieri Sonori, distribuito da Ada Music (Warner). La canzone simboleggia il fuoco e tutto ciò che ne deriva: l’incandescenza, l’ardore, ma anche la cenere. Rappresenta una conversazione introspettiva in cui si riconosce il proprio stato confusionale, esprimendo il desiderio di stare bene e la paura di non riuscire a raggiungere questa apparente semplice meta. L’istinto, a volte, rischia di mandare tutto in fumo, incluso la nostra serenità.

“Caos è quella fase di totale confusione che precede ogni forma di bellezza. Pensate alla creazione dell’universo, sappiamo tutti che è preceduta dal disordine e dal vuoto totale, eppure è quanto di più vicina all’idea di armonia e perfezione! Amo danzare con il caos e sentirmi parte di quel vortice di emozioni contrastanti che precedono i grandi cambiamenti, sono i giorni in cui mi sento più creativa. Adrenalina e minimalismo sono nel dna di questo ultimo singolo, contenuto nel mio nuovo Ep Heart“, afferma HERA riguardo alla nuova release.
“HEART”, l’EP pulsante di HERA
L’EP “HEART” sarà disponibile su tutte le piattaforme di streaming digitale a partire dal 5 maggio 2023. Il lavoro rappresenta la sintesi di un pensiero in continua evoluzione, nato da un forte desiderio di comunicazione. Ogni traccia dell’EP è una realtà a sé stante, slegata dalle altre sia per la parte testuale che musicale. L’intero EP è un tributo alla forza prorompente della natura, raccontando storie di vita quotidiana scandite da suoni, parole e arrangiamenti che rappresentano a pieno i quattro elementi naturali.

L’artista descrive l’EP come un macro concept e un contenitore artistico originale, giocando con le lettere del titolo per scoprire gli ingredienti fondamentali: Heart, Earth, Art, Hera. Con “HEART”, HERA condivide riflessioni e pensieri sul mondo che la circonda, ponendo l’accento sul tema della natura.
La nostra intervista esclusiva
Come hai sviluppato il concetto di “Caos” e cosa ti ha ispirato a scriverlo?
“Caos è una canzone nata di getto, ricordo che in quel periodo avevo una gran voglia di schiettezza e semplicità. E’ stato importante mettere nero su bianco questo dialogo interiore con me stessa, dovevo fare un po’ di pulizia e vivere a pieno la fase di totale confusione che precede ogni forma di bellezza. Cosa mi ha ispirata? La quotidianità, la mia vita è abbastanza caotica, mi piace l’idea di assaporare ogni istante del mio viaggio.”
Qual è il tuo elemento naturale preferito e come lo hai incorporato nel tuo EP “HEART”?
“Il fuoco è senza dubbio l’elemento che mi rappresenta. Metto una grande energia e passione in tutto ciò che faccio. L’esperienza mi ha insegnato a gestire in modo più consapevole questo “magma interiore”. “CAOS” rappresenta la parte di me più irrequieta ed esplosiva, non ho fatto altro che esprimerla attraverso la musica.”
Quali artisti ti hanno influenzato maggiormente nella creazione dell’EP “HEART” e in che modo hanno contribuito alla tua crescita artistica?
“L’EP “HEART” è influenzato dalla mia esperienza artistica e personale, un macro concept in cui sono completamene me stessa: canto, compongo e vibro alla mia frequenza. Per questo lavoro, frutto di una ricerca attenta, lenta e minuziosa che dura da un anno, non ho avuto fretta, mi sono concessa il tempo di cui avevo bisogno. La musica che ascolto, i libri che leggo, il teatro, la danza, la pittura e la curiosità che mi spinge a viaggiare per il mondo, rappresentano tutto ciò che contribuisce quotidianamente alla mia crescita artistica.”

Puoi condividere con noi il processo creativo dietro la scrittura e la produzione dell’EP “HEART”?
“Ogni traccia di “HEART” ha una storia a sé stante, il filo rosso che crea un legame indissolubile tra i brani è rappresentato dalla natura. Ho voluto celebrarne la bellezza, ma soprattutto la lentezza. “La natura non ha fretta, eppure tutto si realizza” sostiene il filosofo Lao Tzu. Un pensiero che è stato il mio mantra nell’ultimo anno, da qui l’idea di questa produzione. Ogni volta che canto i miei brani non ho dubbi rispetto al perché io sia completamente devota al mio lavoro, dopo vent’anni riesco ancora a commuovermi ascoltando, intonando o componendo una canzone.”
Come hai scelto i musicisti e i collaboratori per lavorare all’EP e quali sono state le sfide nel lavorare insieme?
“Sono una persona molto esigente, ma allo stesso tempo chiara ed esplicita: la libertà di confronto, il rispetto del lavoro e la giusta attenzione/sensibilità verso un pensiero diverso, sono elementi imprescindibili per le mie collaborazioni. L’incontro con Cantieri Sonori c’è stato nel 2020, sin da subito è nata una buona sinergia e con il tempo abbiamo imparato a conoscerci vicendevolmente. Korma, producer dei brani, è un valido alleato creativo-musicale!”
Hai un brano preferito nell’EP “HEART”? Se sì, quale e perché?
“No, sono tutti figli di tematiche e pensieri che mi stanno particolarmente a cuore. Nei testi parlo apertamente di emarginazione sociale, diversità, ma anche del rapporto con il proprio corpo, amore, spensieratezza e felicità.”
Quali sono i tuoi piani futuri nel panorama musicale e quali temi vorresti esplorare nei tuoi prossimi progetti?
“Per ora mi godo l’uscita di questa ultima creazione, in due anni ho prodotto due EP e credetemi dietro quelle tracce ci sono notti insonni, rinunce, battaglie, sorrisi e lacrime. Ora voglio vivere il “qui ed ora”, tornare a riprendere l’attività dei live in previsione per la prossima estate, poi in autunno chissà… !”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Valeria Cavalli, tra nuovi progetti e grandi successi, l’attrice rivela i segreti...

E’ in video ogni settimana, in prima serata su Rai1, con la settima stagione di Un Passo dal Cielo, ma negli scorsi mesi è stata impegnata in diversi film di successo: dal biopic su Arnoldo Mondadori a quello di Fernanda Wittgens, passando poi per tutte le sale cinematografiche con Il Colibrì. Una carriera sempre piena di bei riconoscimenti quella di Valeria Cavalli, che in passato è stata nel cast di Un Posto al Sole, ma anche de L’Ora della Verità e di tante fiction, italiana e straniera, apprezzata dai telespettatori.
Intervista a cura di Roberto Mallò
Valeria, partiamo dall’ultima novità che la riguarda. Il suo ritorno nella settima stagione di Un Passo dal Cielo.
“Sì, è vero. Nel corso della stagione, rivedrete la Contessa Volpi. E posso dirvi che il suo spazio sarà decisamente più ampio rispetto al passato. Inizialmente, verrà accompagnata dalla sua spocchia e antipatia, che già conoscete, ma ad un certo punto ci sarà un suo cambiamento; si ricrederà su alcune sue convinzioni.”

Di recente, è stata anche tra i protagonisti di Arnoldo Mondadori – I Libri Per Cambiare il Mondo, docufiction trasmessa dalla Rai, che l’ha vista al fianco di Michele Placido. Come si è trovata a interpretare Andreina, la moglie di Mondadori?
“Devo dire che è stata una fiction davvero molto interessante; Andreina faceva di cognome Monicelli. Non è stata solo la signora Mondadori, ma anche la zia di Mario, il grandissimo regista e sceneggiatore. Ritengo che sia importante, parlare al giorno d’oggi, di uomini che si sono formati da soli come Mondadori. Anche se era il semplice figlio di un ciabattino, aveva un sogno: portare la lettura nelle case e permettere a tutti di leggere. La scrittura l’ha affascinato fin da bambino. Ed Andreina gli è stata sempre accanto, mediando anche il suo rapporto difficile con i figli.”

E se le dico Fernanda Wittgens?
“E’ un altro docufilm che ho fatto, con protagonista Matilde Gioli, sempre trasmesso da Rai1. La pellicola è stata diretta da Maurizio Zaccaro ed ho interpretato Margherita, la madre di Fernanda Wittgens, ossia la prima donna a dirigere la Pinacoteca di Brera nel 1940, capace di adoperarsi per proteggere l’intero patrimonio artistico di Milano al fine di sottrarlo alla razzia nazista e ai bombardamenti. Una donna, Fernanda, che è annoverata anche tra i Giusti delle Nazioni, visto che ha aiutato gli ebrei perseguitati, durante la guerra, ad espatriare. E, proprio per tale ragione, è stata arrestata il 14 luglio 1944 e poi condannata a quattro anni di prigione.”
C’è un altro progetto a cui tiene particolarmente, Le cose che amiamo di Ale…
“Sì, parla di Alessandro Cevenini, fondatore della ONLUS BEAT LEUKEMIA. Alessandro, quindici anni fa, è stato colpito da una forma di leucemia grave e acuta. Aveva solo ventiquattro anni quando è morto, dopo due anni di cura e di tentativi. Ha sofferto molto ma, nonostante il suo male, ha voluto creare un blog, in modo tale da portare al pubblico normale la conoscenza delle malattie del sangue con un linguaggio semplice e comprensibile, dando spazio alla spiegazione delle cure, come quelle del trapianto del midollo spinale e del midollo osseo. Pensi che, ad oggi, la fondazione ha donato oltre 1.300.000 euro in strumentazioni mediche e borse di studio a giovani ricercatori in tutta Europa, per lo studio sulla Leucemia ed eventi per la sensibilizzazione sui tumori dei sangue. In questo progetto, ho avuto modo di interpretare Cristina Motta, la madre di Alessandro. E’ stata lei a soccorrerlo quando, una sera, si è sentito male. L’ha sempre sostenuto, gli è stata vicina insieme a tutta la sua famiglia. Cristina, che ho avuto modo di conoscere, è una persona meravigliosa; ha sempre il sorriso, anche se dai suoi occhi si vede una lacrima che è pronta a sgorgare. Cristina è vitale, attiva, non ha mai abbassato la guardia e, probabilmente, ha trasmesso queste sue caratteristiche al figlio. Vive per il prossimo, così come Alessandro, che era molto religioso.”

Inoltre, c’è il personaggio di Katherine Beaufort del film Moriah’s Lighthouse…
“E’ un film girato in Francia da un produttore americano e fa parte della catena televisiva Hallmark. Moriah’s Lighthouse ha al suo interno due storie d’amore. La prima ha per protagonista due giovani, mentre la seconda parla di un rapporto più adulto. Io sarò Katherine, la zia di Moriah, la ragazza giovane. E’ una storia con un bel lieto fine. Ha sullo sfondo una Bretagna bellissima, ed un faro – denominato appunto di Moriah – che darà il via alla narrazione”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Maddalena Stornaiuolo svela i segreti di Mare Fuori, un viaggio emozionante dietro le...

Non perdete l’occasione di conoscere più da vicino Maddalena Stornaiuolo, la talentuosa new entry della terza stagione di Mare Fuori, in questa intervista esclusiva. Scopriremo come è entrata nel cast, cosa pensa del suo personaggio e i suoi rapporti con i colleghi. Ma non solo, Maddalena ci parlerà anche delle sue numerose attività al di fuori del set, tra cui la sua carriera come regista e fondatrice di una compagnia teatrale. Un’intervista ricca di sorprese e curiosità da non perdere!
Maddalena sei stata una new entry della terza stagione di Mare Fuori. Come sei arrivata nel cast della fiction?
“Attraverso i provini. Quando il mio agente mi ha chiamato per dirmi che avevo ottenuto il ruolo ho fatto i salti di gioia.”

Quali aspetti caratteriali ti piacciono di più del personaggio e quali invece cambieresti?
“Devo dire che è un personaggio che mi piace molto, ci sono affezionata. Forse a volte mi piacerebbe che fosse un pizzico meno autorevole.”
Ragioniamo un po’. Quali storyline metteresti in scena per lei nella quarta stagione…
“Non ci penso proprio!! Ahahah!! So di essere nelle mani di ottimi sceneggiatori che faranno le scelte narrative giuste.”

Si inizia a notare una sorta di legame “maggiore” tra Maddalena e Rosa Ricci. Vorresti che il loro rapporto venisse approfondito maggiormente nei prossimi episodi?
“Certo, mi piacerebbe moltissimo. Voglio molto bene a Maria, l’attrice che interpreta Rosa Ricci, si è creato subito un bel legame e lavorare con lei è molto divertente.”
Dal tuo punto di vista, per quale ragione Mare Fuori ha fatto breccia nel cuore del pubblico?
“Credo che i fattori siano tanti. Un aspetto sicuramente importante è l’umanità di questi personaggi, il riuscire ad entrare in empatia anche con le fragilità dei personaggi “più negativi”. Commuove molto, emoziona e a volte ci si identifica in delle storie.”

Quali sono i colleghi del set con i quali hai legato maggiormente?
“Maria Esposito in primis. Ma devo dire che ho praticamente legato con tutti. Sono molto grata ai miei colleghi per come mi hanno accolto sin da subito. Non era scontato, visto che è “una macchina da guerra ben collaudata” già da due anni.”
Forse non tutti sanno che non sei soltanto un’attrice, ma anche un acting-coach, regista, imprenditrice e fondatrice della compagnia teatrale Vodisca Teatro e della scuola di recitazione La scugnizzeria. Parlaci un po’ di tutti questi tuoi impegni.
“Ho aperto la scuola di recitazione La Scugnizzeria qualche anno fa. Mi piace definirla la casa degli scugnizzi, dove ognuno può sentirsi a casa e provare a creare per sé il futuro che vuole. Alcuni allievi stanno avendo grandi soddisfazioni, come il Festival di Venezia, premi cinematografici e esperienze di set importanti. Vederli crescere anagraficamente e professionalmente mi riempie di orgoglio. Come acting coach ho lavorato per il film Fortuna di Nicolangelo Gelormini con Valeria Golino. Come dialogue coach su L’Amica Geniale e per un periodo anche su La vita bugiarda degli adulti.”

Quando hai cominciato a muovere i primi passi nel mondo della recitazione?
“Ho iniziato durante l’adolescenza per cercare di vincere la timidezza. Poi sono stata scelta subito per la miniserie O professore di Maurizio Zaccaro con Sergio Castellitto, su Canale 5, e da lì ho iniziato a studiare seriamente.”
Ci sono altri progetti a cui ti stai dedicando in questo momento?
“Ci sono tre progetti nuovi, di cui uno musicale e uno letterario. Stiamo lavorando per realizzare il mio primo lungometraggio.”

C’è qualche attore a cui ti ispiri e con cui vorresti lavorare? E un regista?
“Adoro Meryl Streep, sarebbe un sogno. Come regista mi piacerebbe lavorare con Paolo Sorrentino.”
Cosa ti piace fare quando hai un po’ di tempo libero per te?
“Rilassarmi, leggere, ascoltare musica. Viaggiare.”

Come stai vivendo la popolarità acquisita grazie a Mare Fuori?
“La vivo con molta naturalezza. Mi godo questo momento magico. I fan di Mare fuori sono davvero molto calorosi e ed è gratificante essere apprezzati per il lavoro che si fa.”
Il cuore invece? È occupato?
“Si, sono sposata.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Bracco di Graci presenta il suo nuovo singolo “La vita è un click”...

Il cantautore torna sulle scene musicali con un brano ricco di emozioni e un videoclip accattivante.
Il cantautore Domenico Di Graci, in arte Bracco di Graci, di origine siciliana ma bolognese d’adozione, scopre proprio nel capoluogo emiliano la passione per la musica. Ha lanciato il 14 aprile 2023, il suo nuovo singolo “La Vita è un click”, disponibile su tutte le piattaforme digitali di streaming e in rotazione radiofonica.
Il brano racconta una storia metropolitana di un amore che sta per finire, con un protagonista maschile che cerca disperatamente di salvare la relazione e una protagonista femminile che si distrae ballando per superare il momento difficile. Il “click” simboleggia un interruttore che, in un istante, può portare alla vittoria o alla sconfitta sia nell’amore che nella vita. L’artista riassume il concetto della nuova release con la frase: “La vita è un click imprevedibile che ti fa vincere o perdere”.

Il videoclip, diretto da Daniele Balboni e con gli arrangiamenti del produttore Giordano Mazzi, è ambientato in un quartiere di provincia nel Bolognese e vede come protagonisti Fjolla Ibraimi e Massimiliano Rubini. Il video racconta le emozioni dei due amanti e le loro diverse reazioni alle sorprese inaspettate che la vita riserva.
La nostra intervista esclusiva
Da dove nasce l’ispirazione per il tuo nuovo singolo “La vita è un click”?
«Dal click che nella mia idea rappresenta un interruttore.»
Qual è il messaggio che vuoi trasmettere con questo brano?
«Il messaggio è che nel tempo di un attimo quando meno te lo aspetti tutto può cambiare e tutto ciò che ritenevi scontato in fondo non lo è mai così nell’amore cosi nella vita.»
Come è stato lavorare con il regista Daniele Balboni e il produttore Giordano Mazzi?
«Beh Giordano Mazzi è il produttore programmatore e arrangiatore, grande professionista inoltre persona squisita dotato di un gusto musicale straordinario, cura il dettaglio come pochi. Daniele Balboni è un regista con il quale mi sono trovato bene abbiamo entrambi il gusto per la semplicità, anche lui molto professionale.»
Quali sono le tue influenze musicali e come si riflettono nel tuo nuovo singolo?
«Le mie influenze musicali vengono dai grandi cantautori del passato quelli che non erano legati ai numeri ma che li raggiungevano con il talento e la verità delle proprie opere, quelli che credevano che attraverso la musica si potesse migliorare la società rendendola meno vulnerabile alle follie dei potenti. Oggi è quasi tutto dimenticato ed il mondo distopico che viviamo è molto preoccupante.»

Quali sfide hai affrontato nel comporre e registrare questo brano?
«Mah, la sfida più oppressiva è stata la mancanza di tempo, quando devi lavorare per sopravvivere, conciliare arte e lavoro non è semplice, ci vuole concentrazione e forza d’animo e non è sempre facile. Ma la sfida più grande è adesso, in quanto gli spazi per far arrivare la tua arte si sono molto ristretti, tutto è cambiato, ci sono i social certo, ma anche lì ci vogliono molti soldi per fare girare le cose in un certo modo, credo che tutto l’apparato sia molto meno democratico di quanto non lo fosse una volta.»
Cosa ti ha spinto a tornare sulla scena musicale dopo un periodo di pausa?
«In realtà non avevo nessuna intenzione di tornarci e forse non ci sono nemmeno tornato, devo ancora capire bene, diciamo che Giordano Mazzi, il produttore, mi ha incalzato e convinto a fare delle cose, così mi sono rimesso a scrivere è merito suo se è successo.»
Quali sono i tuoi progetti futuri nel mondo della musica?
«Non credo oggi si possano fare progetti e non solo nell’ambito musicale, si vive alla giornata e si cerca di fare del proprio meglio vediamo che succede.»
Hai qualche consiglio per i giovani artisti che stanno iniziando la loro carriera musicale?
«Non ci sono consigli da dare, dal mio punto di vista l’arte se fatta in modo vero ti detta lei le condizioni, se dovessi dare un consiglio per forza direi “state lontano dai compromessi e siate voi stessi!”»
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Attualità
Intervista esclusiva a Clementino: Cuore napoletano, passione per la TV e il tributo a...

Una voce amata della musica, un volto tv in ascesa, un gran bravo ragazzo che ce l’ha fatta: parliamo di Clementino. Grande successo per lui per il concerto di No name Radio lo scorso 17 marzo e per il memorial dedicato a Pino Daniele il 19 marzo al Palapartenope di Napoli, dopo gli ottimi riscontri in tv su Rai 1 a The Voice Senior e The voice Kids di Antonella Clerici. Noi lo abbiamo incontrato per una chiacchierata super esclusiva, a cura di Sante Cossentino e Junior Cristarella.

Qual è il tuo rapporto con Pino Daniele? Un tuo ricordo di Pino.
“Io ho sempre avuto un bellissimo rapporto con il maestro Pino Daniele. Ho persino fatto incidere un tatuaggio sulla mia schiena, proprio per esprimere l’enorme impatto e l’inestimabile contributo che ha avuto sulla mia musica e sull’evoluzione del mio stile artistico. Io sono contento perché mi ricordo di Pino al Pala Partenope, entrai nel suo camerino e lui era lì, con la chitarra che suonava la mia canzone “O’ vient”. E disse “Guagliòstupiezz ha la mie pennellate!” e da li capii che stavo facendo bene.”

Come sta la musica napoletana?
“La musica napoletana adesso sta viaggiando come il Napoli Calcio. Quindi sta andando bene, abbiamo tanto seguito e dobbiamo continuare a sostenerla, sempre! Sostenete tutti gli artisti partenopei!”

Ti affascina il mondo della televisione?
“Devo dirti la verità: mi affascina molto. Ho fatto The Voice, Made in Sud, Pechino Express. Piano piano voglio affermarmi sempre di più in questo mondo.”
NO Name Radio, è un po’ il sogno di questi ragazzi giovani conduttori per Radio Rai. Cosa consigli a questi ragazzi che sognano di diventare speaker radiofonici?
“Ho fatto tante cose e proprio per questo posso dirti che la prima regola, la prima componente che una persona deve avere è la determinazione. Bisogna lavorare. Se vuoi fare il cantante bisogna scrivere tante canzoni. Non puoi pensare di scriverne una sola all’anno. Ne devi scrivere cento. Così tiri fuori il 100% della tua forza. Bisogna essere determinati e anche se ci saranno tanti momenti bui, nei quali ti senti giù, tante porte chiuse davanti, ma devi continuare ad insistere e vedrai che prima o poi le porte si aprono.”

Si può dire che Antonella Clerici ti ha ‘battezzato’ in tv, e in questo senso è un po’ la tua madrina. Come la descriveresti?
“Antonella è luminosa, paziente e tanto generosa. Da spazio a tutti. In The Voice sono stato benissimo quest’anno. Credo sia stata la migliore stagione. Una stagione da 10! Oltre ad aver vinto mi hanno conosciuto anche in altre vesti. Quest’anno sono stato casinista ma anche con tanto cuore. Sono usciti lati di me inaspettati. Questo è importante perché le emozioni non vanno mai frenato e questo la gente lo avverte. E la verità che viene fuori è la chiave di tutto: in tv, nella musica, nello sport e nella vita!”
Qual è il tuo prossimo appuntamento?
“Ho tante cose in ballo. Però ci tengo ad invitare tutti il 25 aprile: siamo a Piazza Duomo a Nola con Hollywood Animation. Con una bellissima squadra e con tantissimi ospiti. Un evento assolutamente da non perdere. La festa dei Sogni! E si sa. Non bisogna mai smettere di sognare.”

Sogni nel cassetto?
“Il mio sogno adesso è quello di sorridere sempre. Non mi importa di niente.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Attualità
Jacopo Ratini si confida: il viaggio emotivo dietro ‘Carta da Parati’

Il cantautore Jacopo Ratini torna sulla scena musicale con il suo ultimo singolo, “Carta da Parati”, disponibile dal 23 marzo e in rotazione radiofonica dal giorno successivo.
La canzone esplora i sentimenti, i sogni e le paure di un padre in attesa del suo primo figlio. Ratini esprime le certezze indissolubili e le aspettative inevitabili nei confronti del futuro figlio attraverso liriche intense e toccanti.
Un videoclip illustrato e innovativo
Il videoclip di “Carta da Parati” si presenta come un racconto a disegni in formato “Instagram Stories”, realizzato grazie all’artista Dalila Di Corso. Trenta illustrazioni riprese in piano sequenza dalla fotocamera di un iPhone, che accompagnano il testo della canzone. Il brano, scritto da Jacopo Ratini, è prodotto in collaborazione con il producer e musicista Jacopo Mariotti e pubblicato dall’etichetta Atmosferica Dischi.
La carriera di Jacopo Ratini
Dopo la laurea in Psicologia, Ratini intraprende la carriera di cantautore, vincendo premi e festival nazionali di musica d’autore. La sua discografia include tre album, un libro di poesie e racconti, e un’audiofiaba. Ratini è inoltre ideatore del Salotto Bukowski, fondatore dell’etichetta musicale “Atmosferica Dischi” e creatore dell’Accademia del Songwriting. Dopo il successo del singolo “Non sono più io” pubblicato a gennaio 2023, il 23 marzo è uscito il brano “Carta da parati”. Noi lo abbiamo incontrato e ci ha raccontato qualcosa qualcosa in più!

Ciao Jacopo, grazie per aver accettato il nostro invito! Noi di Sbircia la Notizia Magazine siamo lieti di averti come nostro ospite. Prima di cominciare a parlare del tuo lavoro, desideriamo farti una domanda un po’ più personale: chi è Jacopo nella vita di tutti i giorni?
“Una persona curiosa e riflessiva, che ama leggere, scrivere poesie e canzoni, fare lunghe camminate e mangiare dolci.”
Il tuo nuovo singolo “Carta da Parati” esplora i sentimenti di un padre in attesa di un figlio. Qual è stata l’ispirazione dietro a questo tema e come hai cercato di trasmettere queste emozioni attraverso il brano?
“La tematica della canzone non è stata pensata o scelta. Si è materializzata. Mi spiego meglio. Ero alla chitarra, ho cominciato a suonare una serie di accordi e ci ho improvvisato sopra una linea melodica insieme ad una serie di parole e frasi in lingua italiana, buttate a caso. E proprio quelle parole, pronunciate in modo casuale, mi hanno suggerito l’argomento che dovevo affrontare. Ho provato, quindi, a mettermi nei panni di un uomo che sta per diventare genitore per la prima volta, descrivendo tutte le sue emozioni, i suoi sogni, le sue aspettative e le sue paure nei confronti della nuova avventura che sta per affrontare. Il suo legame di vicinanza e di complicità con la propria compagna che diventa ancora più intimo e forte. Si può dire che “Carta da parati” rappresenti la mia idea romantica di amore, di famiglia e di paternità.”
Le illustrazioni del videoclip di “Carta da Parati” sono state realizzate dall’artista Dalila Di Corso e girate in piano sequenza con un iPhone. Come è nata questa collaborazione e in che modo le illustrazioni contribuiscono a raccontare la storia della canzone?
“Dalila l’ho conosciuta casualmente. Scrollando tra i reels consigliati dall’algoritmo di Instagram, mi sono imbattuto in un uno dei suoi meravigliosi video illustrati. Le ho scritto in privato, le ho fatto ascoltare la canzone e lei se ne è subito innamorata. Era settembre del 2022. Da quel momento è iniziata una collaborazione creativa che ha portato alla realizzazione del videoclip di “Carta da parati”. Le trenta illustrazioni, ideate e realizzate da Dalila, rendono il video un vero e proprio diario personale, disegnato, di quei nove mesi di attesa da parte del genitore.”

Hai lavorato con il produttore e musicista Jacopo Mariotti per la realizzazione di “Carta da Parati”. Qual è stato il processo di collaborazione tra voi due e come avete sviluppato l’arrangiamento musicale del brano?
“Con Jacopo lavoriamo insieme dal 2015, anno in cui è entrato a far parte della mia band come chitarrista e l’ho coinvolto negli arrangiamenti dell’album “Appunti sulla felicità”. Su “Carta da parati” abbiamo lavorato in questo modo. Gli ho portato una demo chitarra e voce del brano, già definito sia a livello melodico che testuale. Insieme abbiamo provato ad aggiungere alcuni accordi che lo arricchissero dal punto di vista armonico. Successivamente ci siamo dedicati alla fase di produzione vera e propria, scegliendo gli strumenti più adatti da utilizzare e sperimentando il sound che valorizzasse al meglio la canzone. Una volta ultimato l’arrangiamento, abbiamo registrato le voci al Cubo Rosso Recording di Igor Pardini, il quale si è occupato di finalizzare il brano, con il mix e il master.”
Il tuo percorso artistico spazia dalla musica alla poesia, passando per il teatro e la fondazione di un’etichetta discografica. In che modo queste diverse esperienze influenzano la tua musica e la tua scrittura?
“Tutte queste esperienze mi hanno reso più consapevole e preparato sia dal punto di vista artistico che manageriale ed organizzativo. Ho capito meglio cosa voglio/posso fare e fino a dove posso arrivare. Quanto sia importante, in certi momenti, lavorare da solo e quanto sia fondamentale, in altre situazioni, circondarmi di professionisti preparati e di fiducia che mi aiutino a realizzare e a velocizzare i miei progetti.”
Sei il fondatore dell’Accademia del Songwriting, un’accademia online di scrittura creativa applicata al mondo della canzone. Come è nata l’idea di creare questa piattaforma e quali sono gli obiettivi che desideri raggiungere con questa iniziativa?
“L’Accademia del Songwriting nasce dal mio desiderio profondo di aiutare e sostenere chiunque abbia il sogno di approcciarsi alla scrittura creativa applicata al mondo della canzone. Negli anni ho sviluppato un vero e proprio metodo didattico/formativo che prevede sia corsi base rivolti a chi non ha mai scritto una canzone, sia percorsi di confronto e supporto tecnico, pratico e manageriale, rivolti a chi già scrive canzoni (per mestiere o per passione) ma desidera perfezionare il proprio stile e le proprie competenze artistiche. In sostanza l’Accademia del Songwriting è una vera e propria palestra online per allenare la creatività.”
Quali sono i tuoi progetti futuri nel mondo della musica?
“Pubblicare nuovi singoli, fare uscire un paio di libri che ho nel cassetto, tornare ad organizzare un mio grande live su Roma ed ampliare e sviluppare l’offerta didattica e formativa dell’Accademia del Songwriting.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Attualità
Intervista esclusiva a Nek, tra successi televisivi e tour musicali

Nek torna da conduttore su Rai 2 in prima serata col programma Dalla strada al palco, dopo il grande successo dello scorso anno. E stavolta in primavera e non in estate, per qualche serata in più. Nel frattempo, come cantante, continua il tour congiunto in tante città d’Italia con Francesco Renga. Ecco la nostra intervista esclusiva!
Nek, qual è il tuo bilancio personale?
“Ottimo, vivo una promozione. Siamo in onda in primavera, con qualche puntata in più e poi da Napoli, dallo splendido Auditorium.”

Come sei stato accolto a Napoli?
“Benissimo, gli studi Rai qui sono fantastici, c’è gente meravigliosa, una squadra di immensi professionisti. Tutto alla grande insomma.”
Come ti sei approcciato a questa seconda edizione?
“Sono sempre molto critico, il peggior critico di me stesso, Sono molto concentrato quanto felice perché questi stupendi artisti che si esibiscono , hanno davvero una grande chance. Sono in tv, e sono anche davanti ad una platea di 800 persone . Come conduttore non sarò mai perfetto, faccio il mio, tutto ciò che posso, ci metto davvero il maggiore impegno possibile. E’ chiaro che poi sono un cantante, e il mio approccio è anche e soprattutto da musicista.”

Cosa ti dà questo programma?
“Tanto, perché sono un po’ tramite tra pubblico e musicisti. Raccontare le storie di queste persone è veramente emozionante.”
Tra i tanti artisti di strada, sono nati i Maneskin diventati band di fama mondiale. C’è speranza per tutti in tal senso?
“E’ un caso a parte, hanno talento, ce l’hanno fatta, da X Factor a Sanremo. Dimostrano che c’è tanto talento in giro. In questo programma, gli artisti hanno l’occasione di un palco e anche i coraggio poi di tornare ad esibirsi in strada, senza problemi.”

A tal proposito, sei in tour congiunto con Francesco Renga per tante nuove date. Continuerai a fare il cantante ma anche il conduttore?
“Senza dubbio, la musica fa parte della mia vita, le due cose posso convivere e continuare senza alcun tipo di problema.”

Magari un giorno, ti piacerebbe anche condurre Sanremo?
“Ho fatto il festival, ci sono andato, e lo guardo sempre da spettatore. E dico, perché no? In fondo era già successo con altri colleghi come Baglioni. Chissà.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Gianni Franco tra favole, cinema e buoni sentimenti: un viaggio leggendario tra passato e...

Da giovedì 23 marzo 2023 sarà in tutte le sale cinematografiche con il film Il Viaggio Leggendario, nuova opera del regista di successo Alessio Liguori che ha per protagonisti i DinsiemE, il duo di youtuber composto da Erick Parisi e Dominick Alaimo. Un ruolo, quello di Platone, di cui l’attore Gianni Franco è davvero molto soddisfatto, e che l’ha portato a condividere il set con Herbert Ballerina, Ladislao Liverani e tanti altri attori. Un film che fa da preludio anche ad un altro progetto importante: sarà infatti nel cast della seconda stagione di Vita da Carlo, la serie scritta e diretta da Carlo Verdone. Ecco, quindi, che cosa ci ha raccontato Gianni Franco.
Intervista a cura di Roberto Mallò
Salve Gianni, è tra i protagonisti de Il Viaggio Leggendario, in uscita nelle sale il prossimo 23 marzo. Che cosa dobbiamo aspettarci dal film?
“Una gran bella favola, che ha per protagonisti due ragazzi che si vogliono bene. Gli stessi che verranno catapultati all’interno di un videogioco e viaggeranno in tre mondi leggendari: Camelot, Atlantide e Diamante. Si troveranno dunque a vivere mille disavventure: incontreranno i pirati nel mondo di Atlantide, con il buon Platone che cercherà di aiutarli; interagiranno con Ginevra a Camelot e non mancherà Re Artù. Tutti personaggi da favola che saranno un vero e proprio toccasana per i bambini; sono sicuro che andranno pazzi per la storia che abbiamo raccontato. Quelli che hanno potuto assistere all’anteprima erano eccitatissimi, ridevano, giocavano e si divertivano come pazzi. Si sono affezionati ai personaggi, persino al cattivo, il capitan Sarrangia. Un nome comico, che nasconde un cattivone che, ad un certo punto, verrà sconfitto”.

Lei interpreta Platone. Quali caratteristiche ha il personaggio?
“E’ un Platone diverso da quello che conosciamo; è simpatico e riservato ai bambini, non è quello storico. Non mi sono trovato certamente a fare un’interpretazione per i grandi. Il film parla ai bambini; direi che ha come target un pubblico dai 5 ai 10 anni. E ho constatato che il cinema Adriano, dove è stata fatta la prima, era veramente strapieno. Abbiamo avuto un continuo applauso. Un tripudio, con autografi da tutte le parti, che ci ha reso felicissimi”.
A proposito della presentazione, si è detto soddisfatto di questo nuovo film perché parla di buoni sentimenti.
“Sì, penso che nel 2023 sia arrivato il momento di tornare ai buoni sentimenti. La favola che raccontiamo ne Il Viaggio Leggendariofa sognare grandi e piccoli. Anche se il target, dal mio punto di vista, arriva fino ai 10 anni d’età, ritengo che la pellicola possa rivolgersi anche alle madri e ai padri dei bambini. D’altronde, siamo stufi tutti quanti di cattiverie, di assassinii, di morti ammazzati all’interno dei prodotti audiovisivi. Non voglio fare i nomi delle produzioni, che sono realmente fatte bene, ma ritengo che inducano i giovani all’imitazione. Quei giovani che vogliono emulare, secondo loro, quelli che ritengono eroi, ossia personaggi negativi che hanno trasformato in veri e propri miti a cui devono somigliare. Per questo c’è tanta violenza nel mondo. Dal canto mio, penso invece che si debbano raccontare i buoni sentimenti, come l’amore. Se si torna ad assistere alle favole, con delle persone che si amano ed hanno il giusto lieto fine, si può dare l’input per essere propensi a fare del bene”.
Se non sbaglio non è la prima volta che si confronta con una favola per bambini, no?
“Esatto, quando avevo trent’anni ne dimostravo circa diciotto, al massimo venti. Ero biondo con dei capelli lunghi, con gli occhi azzurri ed ero magro. E in quel periodo ho fatto una favola per Rai Tre che si intitolava Stretta la foglia, larga la via. Il mio ruolo era quello del principe azzurro su un cavallo bianco che andava a dare un bacio alla bella addormentata nel bosco. Parliamo di circa quarant’anni fa, con la regia di Mario Procopio, persona squisita e un grande professionista. Era una favola stupenda. Genere che in quegli anni andava in voga, come Fantaghirò e così via”.

Il viaggio Leggendario è stato diretto da Alessio Liguori. Aveva mai lavorato con lui?
“Non avevo mai lavorato con Alessio, che è stato una bella scoperta. Sono davvero felice di aver trovato una brava persona e un bravo regista come lui. Tra l’altro, anche Liguori ha detto la stessa cosa di me. Per Il Viaggio Leggendario ho fatto un provino, che è piaciuto ad Alessio. Ed è una cosa bellissima, perché mi ha confessato, quando ci siamo incontrati la prima volta, di non aver voluto vedere poi altri attori. Ha capito fin dal primo istante che dovevo essere io Platone. Ha detto subito: ‘Il mio Platone è lui’. E’ davvero una bravissima persona, umana e squisita, oltre che un bravissimo regista. Fa dei bei film e sa passare con maestria da un genere a un altro: dai thriller alla favola per bambini”.
A quali altri progetti si sta dedicando in questo periodo?
“C’è la seconda stagione di Vita da Carlo, la serie di Carlo Verdone. Mi ha fatto fare un provino, che non pensavo di vincere, così come è stato. Interpreto un prete che racconta una barzelletta molto scurrile e che fa ridere. Non a caso, mi dice: ‘Eh, eh Padre, raccontare una barzelletta così’. Un ruolo molto difficile da recitare poiché si svolge il tutto in una frazione di secondi. Se ne sbagliavo soltanto uno, la barzelletta non faceva più ridere. Una questione di tempistiche difficilissime, dove non si poteva sbagliare e c’era di fronte tutta la produzione. Compreso Christian De Sica, che era vicino a Carlo. E’ stata un’ansia terribile, veramente”.

Non è la prima volta che incontra Carlo Verdone nel suo percorso d’attore, giusto?
“Esatto. Feci con lui I due carabinieri, Si vive una volta sola e Maledetto il giorno che t’ho incontrato. In quest’ultimo c’era Asia Argento, mentre nel primo Enrico Montesano. Inoltre, tanti anni fa, quando avevo circa 35 anni, feci il protagonista di uno spot per le caramelle alla menta Polo. E la regia, anche in quel caso, era di Verdone. E penso sia l’unico che lui ha fatto come regista”.
C’è poi lo spot di Poste Italiane…
“Sì. Lì sono Nonno Fausto di Poste Italiane, il protagonista assoluto dello spot, che fa parte del progetto Polis. C’è stata la presentazione con il Presidente Sergio Mattarella, con il Premier Giorgia Meloni, con Matteo Salvini. Lo hanno proiettato alla sala dei congressi La Nuvola. E’ uno spot davvero molto bello”.
In virtù delle considerazioni che abbiamo fatto prima, cosa pensa del cinema di oggi? C’è qualcosa che si potrebbe fare per migliorarlo?
“Il cinema di oggi andrebbe valorizzato con delle storie un po’ meno violente. Non c’è bisogno di parlare sempre di sparatorie. Ad esempio, trovo molto bella la fiction Cuori, ambientata a Torino nell’ospedale Le Molinette. Vorrei che il cinema trattasse anche storie di sentimenti. Ci possono essere anche dei prodotti, con degli attori bravissimi, che fanno commuovere e tra questi rientra Cuori. Ce ne sono anche altre, ma questa fiction mi piace davvero molto. Vorrei davvero che si tornasse a quella tipologia lì, pure nel cinema. Ci sono dei giovani registi molto bravi, che dovrebbero scrivere però delle storie con il lieto fine e l’amore come fulcro. Il fulcro deve essere l’amore; ci dobbiamo voler bene. Ma, purtroppo, il cinema di oggi è diverso”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Tra Forum e Radio, Turchese Baracchi svela i segreti del suo successo e la nuova...

E’ stata per anni uno dei volti quotidiani di Forum, il celebre programma Mediaset condotto nelle ultime stagioni da Barbara Palombelli. Parliamo della scrittrice e conduttrice Turchese Baracchi, attualmente in onda su Radio Cusano Campus con il suo format storico Turchesando e la novità J&T Show, dove ha al suo fianco l’amica Jessica Selassiè. Un’esperienza, frutto della sua lunga carriera, di cui ci ha parlato in questa intervista.
Intervista a cura di Roberto Mallò
Turchese, in questo periodo è impegnata con diversi progetti…
“Sì, innanzitutto c’è Turchesando, un format che mi segue ovunque io vada. E’ una trasmissione radiofonica, condotta in precedenza sul web. Da lì, mi ha sempre seguito in vari emittenti radiofoniche, fino ad arrivare ad oggi, su Radio Cusano Campus. Una realtà splendida, piena di gente volenterosa, in gamba e capace. L’editore Stefano Bandecchi ci crede e investe energie e soldi nei giovani. Sono molto contenta perché Turchesando, si può dire, è una delle trasmissioni di punta della radio, che è una radio nazionale”.
Spesso le interviste che si svolgono all’interno di Turchesando anche una grossa risonanza mediatica e vengono riprese da vari blog e siti…
“Esattamente. Sono sempre tutti attenti e con le orecchie dritte quando c’è un’intervista su Turchesando. In qualche modo riesco a mettere a mio agio gli ospiti, che vengono, si confessano e fanno, in mia compagnia, quella che amo definire una chiacchierata rilassata. Sono, infatti, dell’idea che ci debba essere un’armonia, uno scambio allegro, divertente, frizzante e, a volte, profondo ed intenso. Tutti elementi che non devono mancare quando si fa una chiacchierata con qualcuno. Alla fine, Turchesando non è una fredda e mera intervista, ma uno scambio tra amici come se fossero in un bar o sul divano di casa. Il pubblico che ci segue è super partecipativo, così come i giornali. Ad esempio, è venuta ospite da me Taylor Mega, che ha fatto delle dichiarazioni molto forti, che puntualmente sono state riprese. Forte di ciò, Turchesando continua ad andare in onda tutti i sabati e le domeniche dalle 13 alle 14 con ospiti eccezionali, che sono anche nella maggior parte dei casi dei miei grandi amici”.
Sceglie personalmente gli ospiti di Turchesando? In basi a quali caratteristiche?
“Li scelgo tenendo conto di alcuni criteri, ma anche in base al momento in cui l’ospitata viene realizzata. Se c’è un argomento caldo cerco di chiamare i protagonisti diretti o indiretti legati allo stesso per poterne parlare insieme. Capita anche di alzarmi una mattina con un argomento che mi frulla per la testa e penso a chi chiamare. Infine, ogni tanto do l’opportunità a degli amici che devono promuovere qualcosa, che sia un libro, un disco, un singolo, un film, uno spettacolo teatrale e così via. E pure questo mi fa piacere. Perché credo che ci debba essere sinergia, un aiutarsi reciprocamente”.

Turchesando ha dunque fortemente la sua impronta?
“Sicuramente a Turchesando faccio tutto io; scelgo gli ospiti, faccio la scaletta. Anche se, sinceramente, vado molto a braccio, non mi preparo quasi nulla. Prendo giusto delle informazioni su alcuni dettagli della vita degli ospiti che si susseguono nelle varie puntate che possono sfuggirmi o che posso non sapere. In generale, però, mi piace la spontaneità che si viene a creare con gli ospiti, insieme allo scambio umano e alla fiducia. Le persone vengono da me con piacere perché sanno che non gli farò mai un’imboscata. Se mi chiedono di non parlare di un argomento, non li farò mai trovare di fronte al fatto compiuto. Non voglio approfittare di una diretta, con i microfoni aperti, per fare una domanda scomoda. Questo non l’ho mai fatto e credo che ripaghi. Le domande non vengono mai concordate in precedenza, ma mi faccio lo scrupolo di chiedere ai miei ospiti se c’è qualcosa di cui non vogliono parlare. E se me lo espongono, non tratto quell’argomento”.
E su Radio Cusano Campus è partito di recente J&T Show, il programma che conduce con Jessica Selassiè.
“Proprio così. Da me, ho avuto varie volte ospiti, a Turchesando, le principesse Selassiè. E’ nata così una bellissima sinergia che mi ha portato a proporre all’editore, al direttore e a tutti i miei collaboratori l’idea di poter fare un altro programma, insieme a Jessica. Mi hanno detto subito sì con entusiasmo e dallo scorso 24 gennaio, tutti i martedì dalle 18.30 alle 19.30 in diretta in radiovisione sul canale del digitale terrestre televisivo Cusano Italia, è partito appunto J&T Show. Un titolo che, letto con la e normale invece di quella commerciale, rimanda al jet, perché il programma è pronto a spiccare il volo, a decollare. E’ questo il doppio significato che abbiamo voluto dargli, perché J&T in realtà nasce come Jessica e Turchese”.
Com’è strutturata questa nuova proposta radiofonica?
“Ci sono tre momenti importanti all’interno della trasmissione. Parliamo di perle d’amore, un segmento dove è richiesta la partecipazione attiva del pubblico, visto che è chiamato a mandarci dei vocali di circa 15 secondi ed i più accattivanti vengono mandati in onda. Non manca nemmeno il momento gossip, come quello legato a Harry e Meghan sul loro presunto divorzio, a cui segue quello fashion. Di volta in volta, man mano che le puntate andranno avanti, ci saranno delle grandissimesorprese, oltre ai collegamenti con degli ospiti. Inoltre, lasceremo frasi importanti ai nostri amici in ascolto”.

Siete entusiaste lei e Jessica di questa trasmissione?
“C’è allegria, positività e voglia di fare. E, per quanto mi riguarda, ci sono dei futuri progetti televisivi in fase di partenza. Ma ne riparleremo più avanti, quando ci sarà un po’ più di concretezza. Inoltre, un po’ di scaramanzia non fa mai male”.
J&T Show segna il debutto in radio di Jessica Selassiè. E’ diventata una sorta di tutor per lei? Le sta dando tanti consigli, immagino…
“Proprio così. E sono contenta perché a me gratifica dare una mano alle persone. Cerco sempre di dare delle occasioni a chi vale. L’ho fatto tante volte, anche se in rari casi ho ricevuto poi un po’ di gratitudine, che purtroppo non fa parte di questo mondo. Tuttavia, di Jessica sono molto contenta perché credo che sia una ragazza davvero per bene, oltre che simpatica. Quando serve, inoltre, è spregiudicata, nel senso che dice quello che pensa senza filtri, ma in modo carino ed elegante. Le sto dando, ovviamente, dei consigli, ma abbiamo cominciato a divertirci insieme già dalla registrazione dei promo. Ed è una bella cosa, perché quando ti diverti tu per prima poi trasmetti agli altri la serenità e l’armonia a chi ti ascolta. Parlando di Jessica, è davvero amatissima. Ha un esercito di fan meravigliosi, perché ognuno ha davvero quelli che si merita. In base a come sei, i fan ti rispecchiano. Questa è una grandissima verità”.
Che tipo di feedback hai da parte di chi ti segue?
“Sono felicissima perché, per me, la stima e l’affetto delle persone che mi seguono sono davvero la più grande soddisfazione. Fin da tempi di Forum, devo dire, le persone mi trasmettono un affetto, una stima, una costanza incredibile, commovente. Nonostante ci siano dei rapporti solo virtuali tramite i social, con persone che non ho mai visto dal vivo, noto che in tanti mi seguono da anni. E li posso definire, veramente, quasi amici. E questo mi fa stare veramente bene, mi riempie il cuore”.
Quando è nata la sua passione per la radio? C’è sempre stata o è arrivata in un momento preciso della sua vita?
“Vengo da una famiglia di spettacolo. Mio nonno era un produttore cinematografico della commedia all’italiana. Senza dubbio, il senso dello spettacolo e l’amore per il pubblico ce li ho sempre avuti dentro. Poi, un giorno, ho fatto per caso il provino per andare a fare l’opinionista a Forum. Una cosa che ho fatto, più che altro, per imparare a scrivere. Volevo toccare con mano quello che succedeva in uno studio televisivo per imparare a sviluppare meglio dei format miei. La scrittura, infatti, è una mia passione, visto che ho scritto un libro, dei teen drama. Comunque sia, è proprio grazie a Forum che è scoppiato il mio amore per la televisione. E, dopo i sette anni come opinionista di punta nel tribunale di Canale 5, ho cominciato in radio con delle puntate che mi ha fatto fare Maurizio Costanzo su Radio Rai1 con L’uomo nella notte. E lì è cresciuto ancora di più l’amore folgorante per la radio e la televisione. Appena è stato possibile, ho cominciato a fare la mia piccola trasmissione televisiva sul web, sul divano di casa mia, che era seguitissima. Avevo 150mila connessi all’epoca in cui gli algoritmi di Facebook funzionavano ancora in un certo modo. Prima ancora dell’avvento di Instagram. Era il mio programma televisivo fai da te. I social sono un mezzo davvero democratico, perché il periodo non avevo opportunità di avere uno spazio televisivo tutto mio. Sicuramente facevo l’ospite, come capita tutt’ora, visto che vado tranquillamente sia alla Rai, sia a Mediaset per fare l’opinionista”.
A proposito dei programmi televisivi a cui ha preso parte, quali ricorda maggiormente?
“Ho fatto per diversi anni Mattino Cinque. C’è stato poi, su Rete 4, Ieri oggi italiani, dove ero l’unica opinionista di studio al fianco di Roberto Olla e Rita Dalla Chiesa. Un programma scritto e ideato da Maurizio Costanzo. Attualmente, vado spesso da Eleonora Daniele, su Rai1, a Storie Italiane. Diciamo che tra la tv e la radio, sicuramente, ho trovato la mia dimensione. Ogni tanto mi butto nella scrittura e, quando ho voglia di socializzazione, organizzo degli eventi nel casale che ha mia mamma a Roma e che si chiama Casale Saraceni”.

Quando si pensa a lei è impossibile non ricordare Forum, visto che era ed è tutt’oggi un volto popolarissimo della trasmissione.
“Sì, ed è sempre un piacere continuare ad andarci come ospite.Ancora oggi mi fermano per Forum. Nonostante i miei due anni e mezzo a Mattino Cinque, le mie ospitate su Rai1, tutti mi ricordano lì con affetto me e dicono che manco. Per me, Forum è sempre casa e famiglia. C’è una squadra pazzesca di autori, truccatori, parrucchieri. Inoltre, voglio un bene incredibile a Barbara Palombelli, che stimo profondamente. E’ una professionista veramente di livello. Ed è una persona profondamente umana. Molto di più rispetto a tantissime persone che sembrano maggiormente dolci, amabili. Barbara sta lì, sembra tutta d’un pezzo per via del suo apparente atteggiamento distaccato, ma invece non è per niente così. E’ una persona che se deve aiutare aiuta, se deve consolare consola. Le voglio davvero molto bene. Ha l’animo grande ed una professionalità davvero unica”.
Importante nel suo percorso è stato anche Maurizio Costanzo, che ha nominato più volte…
“Senza dubbio. Costanzo è stato un punto di riferimento, un vero consigliere. Conosceva mio nonno, con cui aveva lavorato, e mio papà. Mi sono laureata con lui. Indubbiamente, è una persona che, come Barbara Palombelli, stimo profondamente. Ho avuto la fortuna di vivere certi momenti con lui; ho potuto ‘rubare’ dal suo immenso cervello degli insegnamenti che mi porterò sempre avanti”.
Si è prefissata qualche sogno o obiettivo da raggiungere nella sua carriera?
“Sogno di avere, prima o poi, un mio bellissimo programma televisivo da condurre. Mi piacerebbe avere un talk show o un approfondimento. Ho scritto tanti format, vediamo. Sicuramente, bisogna bussare alle porte e non rimanere a casa. Altrimenti non succede niente. E sono del parere che chi merita forse riesce. Se si rimane chiusi a casa vanno avanti soltanto le persone che cercano scorciatoie. Che ci sono anche quando esci di casa, ma chi la dura la vince. In qualche modo, le qualità di una persona, probabilmente, riescono ad uscire fuori. Infine, vorrei scrivere un altro libro. Del primo che ho scritto – Il manuale della conquista certa. Non esistono uomini inconquistabili – mi hanno proposto di farci una serie, ma chissà. La prefazione è stata scritta da Maurizio Costanzo.
Insomma, si muove su vari campi…
“Mi piace la comunicazione a tutti i livelli; chi lo sa, magari in futuro potrei pure fare un singolo, visto che amo cantare sotto la doccia, in chiave dance. Sarebbe anche questa una bella esperienza da raccontare”.
Chi è Turchese Baracchi nella vita di tutti i giorni? Che cosa fa quando ha un po’ di tempo libero per sé?
“Ritengo di essere molto simile alla Turchese che si vede in tv e in radio; amo lo sport, prendermi cura di me stessa con la palestra e le lunghe passeggiate. Adoro viaggiare. Sono della bilancia, ragione per cui mi ritengo un animale socievole e sociale. Pur avendo pochi amici veri, ho tantissimi conoscenti con i quali mi piace trascorrere il tempo sia davanti al camino, sia ai grandi eventi. Mi piace approfondire sempre di più le idee che mi passano per la testa; sono sempre in fermento”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Raffaele Poggio: tra musica e recitazione, il messaggio di...

E’ in rotazione in radio e disponibile in tutti gli store digitali Egualmente Colpevoli, il nuovo singolo di Raffaele Poggio. Un lavoro ricercato che lancia un messaggio ben specifico, proprio come il cantante ci ha svelato in questa intervista, dove ha parlato anche della sua passione per la recitazione, che presto lo porterà in una fiction Rai.
Intervista a cura di Roberto Mallò.
Raffaele, lo scorso 6 marzo è uscito Egualmente Colpevoli, il tuo nuovo singolo. Il videoclip è abbastanza particolare. Come ti è venuta l’idea?
“Nel videoclip volevo raccontare le emozioni provate e non i personaggi della storia. Nel brano si parla di un argomento scomodo, ossia il tradimento, che non è solo quello fisico, capace di scatenare varie dinamiche. Volevo descrivere in modo simbolico e artistico le emozioni provate dai personaggi coinvolti. Non a caso, il videoclip è suddiviso in capitoli, dove ogni emozione ha un determinato titolo. Parlo di un tradimento con una persona del proprio sesso perché la storia è incentrata su un uomo e una donna che hanno poi delle dinamiche con un altro uomo e un’altra donna. Ho pensato dunque che il modo più semplice per fare apprendere alle persone ciò di cui stavo parlando fosse quello di utilizzare un linguaggio universale, come lo sono appunto le emozioni e gli stati d’animo. Aspetti che le persone possono recepire meglio, a differenza di una cosa, magari, troppo trasgressiva o forte. Ho cercato, così come è il mio modo generale di comunicare, di analizzare l’essere umano secondo quei punti là, evitando di esagerare. Si toccano vari punti, come la demascolinizzazione dell’uomo da parte della donna, che porta la coppia protagonista del video ad allargare le loro dinamiche. Un lavoro che è stato diretto da Gianfranco Busanca”.
L’idea del video è completamente tua o è stata studiata insieme a Busanca?
“Le storyboard di ogni video sono sempre mie; la storia la creo sempre io, anche se ovviamente Busanca dà il suo apporto per strutturarla tramite le immagini”.
Come ti sei avvicinato al mondo della musica? So che è cominciato tutto quanto in un periodo non proprio felice della tua vita…
“Sì, esatto. Fondamentalmente, la musica c’è sempre stata. Nel momento in cui attraversavo una frase di depressione a casa da solo senza più alcun punto di riferimento, quando si sono verificati sulla mia persona dei fenomeni di bullismo e così via, la musica era un modo per viaggiare lontano. In seguito, quando ho iniziato ad essere artista e a creare note e parole, quella è stata una cosa diversa e consapevole perché volevo parlare di argomenti che potessero arrivare a persone che avevano bisogno di una voce o, più semplicemente, di qualcuno che parlasse di loro. Si può trattare un argomento, come la violenza in casa o sulle donne passando per il bullismo o la depressione, ma non si capisce mai fino in fondo cosa si prova se non lo si è vissuto in prima persona. Se lo si vive personalmente, le cose cambiano”.
Però è vero che si può parlare di un argomento anche attraverso dei lavori di ricerca, no? Non si deve per forza vivere tutto quanto…
“Certo, anche se le mie canzoni sono un po’ più impegnate, come Egualmente Colpevoli. Non narro sempre un argomento. Tendo, attraverso le strofe, ad essere un po’ ermetico, in modo tale che quella strofa possa voler dire una cosa, ma anche un’altra. Così facendo, posso arrivare a più persone diverse, perché dipende da come ciascun ascoltatore la interpreta”.

Hai avuto dei modelli di riferimento cantautoriali ai quali ti sei ispirato?
“Come tendenze musicali, sono cresciuto con la musica pop classica degli anni ’80 e ’90. Amo il mondo latino e i suoi vari generi, come il reggaeton e la bachata. La produzione che sto portando avanti, da un anno a questa parte, è prevalentemente latina. Lì lo scrivere si basa molto sulla ritmica, bisogna fare molta attenzione a questo aspetto. Gli artisti che generalmente apprezzo sono tanti; nel reggaeton cito sicuramente Maluma. Tuttavia, nello scrivere, visto che nei brani parlo prevalentemente di me, non ho mai preso ispirazione da altri, perché dovevo raccontare ciò che ho vissuto a modo mio”.
Lo scorso anno hai rilasciato il singolo Quedate conmigo, che è andato molto bene ed è stato ai primi posti della classifica europea delle etichette indipendenti.
“E’ un singolo che è nato da un incontro con Angelo Divino, un cantautore cubano che mi ha aiutato a scrivere la parte del brano in spagnolo. Questa è una cosa a cui tengo parecchio: facendo musica latina, voglio che si respiri il vero cuore latino. Purtroppo, in Italia il reggaeton viene spesso storpiato. Invece, avere un ragazzo che, con la chitarra, butta giù la musica latina vera, com’è, è un’altra cosa. Si respira l’aria di quei paesi lontani. Poi è logico che si aggiungono anche tutti quegli elementi moderni per rendere il brano più appetibile e commerciale. In passato, io e Angelo abbiamo anche cantato un brano insieme, Te Estoy Amando. In genere, i miei brani sono quasi sempre italo-spagnoli, che posso scrivere grazie alla collaborazione con Angelo, ed Egualmente Colpevoli è un’eccezione. Volevo fare un testo italiano anche perché me ne serviva uno da presentare a tutti gli eventi collaterali di Sanremo”.
A proposito di Sanremo, come è andata l’esperienza lì?
“E’ stata un’esperienza carica di energia; attraverso le interviste ho avuto modo di fare arrivare meglio la mia percezione, il mio bisogno di comunicazione, oltre che le mie canzoni”.
Lì ti sei presentato con un look decisamente particolare…
“Esatto. Il look aveva un significato ben preciso, perché volevo fare in modo che l’artista venisse visto come un uccello che vuole prendere il volo verso il suo sogno, per arrivare con la musica in modo planetario alle persone. Per questo ho indossato delle piume. Tuttavia, bisogna tenere conto delle varie problematiche che si creano. In primis, i problemi economici nell’autofinanziarsi quando si è degli artisti indipendenti. Ostacoli che ho concretizzato poi con delle catene che mi avvolgevano. Ecco perché avevo una giacca con queste piume di uccello ed ero incatenato. Avevo, infine, un cielo di plastica, che è legato al video. La plastica era intesa come il soffocamento. Nel videoclip di Egualmente Colpevoli, se ci pensi, la plastica soffoca la relazione a quattro; ma può soffocare anche l’artista. Tra l’altro, c’è anche tutta una problematica ambientale legata alla plastica”.

Sono previste delle date in cui porterai la tua musica in giro?
“In questo momento, io ed Angelo stiamo lavorando su una scaletta di brani latini, dove porteremo i miei, i suoi brani e i classici latini che tutti conoscono. Dobbiamo ancora capire se fare un progetto solo acustico o se mettere insieme una band”.
Che feedback hai da chi segue la tua musica?
“Chi mi segue da anni, e questo mi fa piacere, è sempre più affezionato ai brani un po’ più introversi. Quelli che magari sono meno commerciali ma che parlano più di me, delle cose forti, e che collegano a loro. La canzone che è piaciuta maggiormente è quella dedicata a mia mamma, Cuore Rosa, scomparsa nel 2017. In fondo, tutti nella vita abbiamo provato il lutto per una persona cara. E in un testo, dove non parli di cose molto specifiche, tutti possono riconoscersi. Le persone che mi seguono sanno come ragiono, conoscono il mio modo d’espressione. Anche se non disdegnano dei brani dove magari si balla e ci si diverte. Per anni ho sperimentato, spaziando tra la pop, la dance, il reggaeton. Ultimamente mi piace esprimermi con il genere latino; chissà in futuro che cosa accadrà”.
Forse non tutti sanno che sei anche un attore; ci sono dei progetti legati a quest’altra professione?
“Sono impegnato nelle riprese di una serie Rai. Non posso dire nello specifico di che cosa si tratta, ma ne sentirete presto parlare”.
Com’è alternarsi tra il lavoro di cantante e quello dell’attore, visto che sono due professioni diverse?
“Diciamo che nella musica non ho bisogno di un lavoro di ricerca, nel senso che c’è lo studio, ma quello che esce da me si concretizza nella musica. Nella recitazione, invece, mi arriva il copione con il personaggio, devo capire la storia, analizzarla. E, dopo, devo immaginare come Raffaele vivrebbe quello che sta vivendo quel personaggio per essere il più vero possibile e non interpretare qualcun altro. Diciamo che c’è un lavoro ulteriore perché devi andare a scavare dentro di te, dentro i tuoi stati d’animo, gli atteggiamenti corretti da poter applicare e portare poi in scena, sia che sia davanti alla camera, sia che sia sul palco di un tetro. Inoltre, ho sempre due sogni nel cassetto: vorrei essere in un film di Ferzan Ozpetek, perché anni fa avevo fatto un casting ma non avevo ancora nessuna esperienza. Sono stato mandato a Roma all’improvviso, senza aver studiato. Mi sono ritrovato da solo, con Ferzan, nel suo ufficio. E’ stata un’esperienza fantastica. E vorrei fare anche un reality, perché a me piacciono le dinamiche delle persone. Mi piace provocare e smuovere le coscienze, poiché spesso le persone sono limitate. E sarebbe pure un modo per farmi conoscere ulteriormente”.
Da cosa nasce questo interesse per i reality?
“Spesso guardando programmi come l’Isola dei Famosi o il Grande Fratello Vip, così come la televisione in generale, mi rendo conto che ci sono dei punti di vista superficiali, di coscienze dormienti. Visto che lavoro molto su me stesso, penso che se le persone conoscessero di più riuscirebbero ad affrontare meglio le sfide che possono capitare. Mi viene in mente, ad esempio, la filosofia orientale, con il lavoro che una persona può fare su se stessa per migliorare e apprendere di più consapevolmente la vita. Si dovrebbe parlare pure di questo, ma c’è poca conoscenza, che forse è voluta. Non la considero però giusta: in un mondo ci devono essere delle voci differenti che spiegano i diversi modi di affrontare e vivere la vita, di passare le giornate. Chi guarda la tv può dunque restare incuriosito da una cosa che non conosceva e che magari potrebbe essere il suo tassello di svolta come è stato con me”.
La tua è una riflessione personale, giusto?
“Esatto. Quando io stavo male ed ho vissuto una depressione che mi ha portato ad usare degli psicofarmaci, ero nel baratro più profondo. Se un mio amico non mi avesse fatto leggere i libri di Osho, non avrei mai approfondito quel mondo lì. E non avrei avuto in mano degli strumenti che, successivamente, sono stati vitali per risolvere cose molto grosse. A volte basta che ci sia qualcuno che ti parli di qualcosa affinché tu possa avere uno switch”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Attualità
Ginevra Lamborghini: «Mia sorella Elettra? Io tifo per la famiglia. Con Marco Bellavia...

Un cognome importante, quello dei Lamborghini. Nella bellissima serata evento di Nemea a Cardito (NA), abbiamo incontrato anche Ginevra Lamborghini, reduce dal Grande Fratello VIP, un’amicizia speciale con Antonino Spinalbese che è ancora nella casa del reality e adesso concentrata sui suoi progetti musicali. Ecco la nostra intervista esclusiva!
Prima domanda direi d’obbligo: un bilancio del tuo Grande Fratello tra le mille polemiche per adesso sopite… Come va?
“Direi bilancio positivo, alla fine anzi estremamente positivo. Abbiamo chiuso in bellezza. Mi sono divertita tantissimo, è stata un’esperienza superlativa. Io ancora ringrazio dell’occasione Alfonso Signorini che mi ha concesso di vivere questo piccolo sogno.”

Sognavi il reality?
“Sì. Perché da quando sono piccolina, l’ho sempre seguito, e mi sono sempre immaginata in quella casa. Viverci è un qualcosa di molto emozionante, unico ed irripetibile.”
Come va con Marco Bellavia dopo le tante polemiche che ti hanno vista coinvolta?
“Non abbiamo mai instaurato un rapporto idilliaco con Marco. Lo vedo in studio, abbiamo un rapporto fatto di questo… molto formale. Buongiorno e buonasera. Niente di più e va bene così.”

E come va con tua sorella Elettra Lamborghini? Meglio? O tutto tace?
“Io tifo per la famiglia ma questa domanda su mia sorella dovresti farla a lei. Chissà cosa risponderebbe lei!”
Cosa ti porterai di questa esperienza?
“Tanti ricordi ma anche tutto quello che mi ha portato il Grande Fratello una volta uscita dalla casa. Ovvero la possibilità di essere conosciuta, ovviamente, avere un legame con le persone che mi seguono.”
Quali sono i tuoi progetti futuri?
“Musica, musica, musica ed ancora tanta musica. Non posso svelarvi nulla di preciso… ma sono in fase di progettazione, produco, sto andando avanti con tante canzoni nuove.”

Il tuo cuore come sta?
“Il mio cuore sta bene! Il mio San Valentino di quest’anno sono stata io… per adesso mi reputo una donna libera, focalizzata su di me. È questo è il regalo più bello che io possa farmi. Darmi il tempo e vivermi questa nuova situazione che spero duri tantissimo.” E quando Antonino uscirà, si vedrà (ndr).
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Attualità
Intervista esclusiva a Marina Tagliaferri: «Io e Giulia abbiamo in comune un forte...

Romana, attrice poliedrica e doppiatrice, diplomata all’Accademia nazionale di Arte Drammatica Silvio D’amico. Vanta un curriculum che va dal teatro, dove ha lavorato, tra gli altri, con Carmelo Bene, Mario Scaccia, Enrico Maria Salerno e Giorgio Albertazzi, al cinema e alla tv, dove è stata diretta da Francesca Archibugi, Alessandro D’Alatri, Carlo Vanzina e Giorgio Capitani. Parliamo di Marina Tagliaferri, interprete di uno dei personaggi più amati, apprezzati e longevi della fiction di Rai 3 “Un Posto al Sole”: Giulia Poggi. Benvenuta Marina! Grazie per aver accettato il nostro invito.
Vogliamo subito iniziare questa nostra chiacchierata analizzando due parole che, avendo analizzato la sua biografia, sembrano avere per lei un significato molto particolare: pianoforte e Bricca. Che sentimenti, emozioni rievocano alla sua mente?
“Per quanto riguarda il pianoforte è una cosa legata alla mia infanzia. Nella mia famiglia dalla parte delle donne abbiamo tutte studiato il pianoforte. Io ho continuato a farlo anche se non sono bravissima. E’ un oggetto a cui sono molto legata. Non potrei privarmene. Bricca è il nome della mia cagnolina. Era un nomignolo dato a me da alcuni amici napoletani e che ho poi regalato alla mia cagnetta.”
Bene, ora possiamo entrare nel vivo della nostra intervista, durante la quale cercheremo di approfondire aspetti privati e professionali della nostra ospite.
Com’era Marina da bambina, ovvero, di solito l’indole artistica è ben evidente già in tenera età; lei, quando ha iniziato a manifestare interesse per la recitazione e, soprattutto, è stata appoggiata dai suoi familiari o ha dovuto “lottare” per il suo sogno?
“La mia passione per il teatro nasce a 7 anni. Andavo a scuola dalle suore. Loro avevano un piccolo teatro. Scoprii la meravigliosa sensazione del palcoscenico, anche se piccolo e non l’ho più dimenticata. Non posso dire che la mia famiglia mi abbia ostacolato. Diciamo che è stata a guardare. Poi, naturalmente ne è stata fiera.”

Ha iniziato la sua carriera recitando a teatro; quali sono gli aspetti della recitazione teatrale che le sono stati utili, se lo sono stati, anche nel cinema e nella fiction?
“La recitazione è di per se’ una forma di analisi. Questo è forse l’aspetto più utile. Si può fare a meno dell’analista!”
Teatro, cinema, Tv, doppiaggio, pubblicità. Una carriera costellata di successi, ma se dovesse dichiarare la sua preferenza, a quale di queste arti la accorderebbe e perché?
“Sono nata con il teatro. Ne ho fatto tanto in una età di formazione, dai 20 ai 35. Quindi la mia casa resta il teatro, affettivamente ed emotivamente. Ma amo anche tutto il resto.”
Come venne a conoscenza della possibilità di recitare in “Un Posto al Sole”?
“Non sapevo che ci fosse in preparazione “Un posto al sole”. Avevo mandato alcune scene dai “Ragazzi del muretto” per un provino per un’altra produzione. Il produttore australiano di UPAS vide per caso quelle scene e volle convocarmi. Il resto è storia.”
Quando ha iniziato la sua avventura ad Upas, immaginava che avrebbe tenuto compagnia a milioni di italiani per 27 anni?
“Sicuramente no.”
E dopo 27 anni com’è il rapporto con i suoi colleghi?
“Ottimo, come sempre.”

Pensa che il ruolo di Giulia Poggi le abbia precluso altre opportunità, ad esempio nel mondo del cinema?
“Non saprei. E’ molto difficile giudicare un ruolo che vanta così tanti anni di attività. I pro e i contro possono essere molteplici.”
Cosa deve Marina Tagliaferri a Giulia Poggi e cosa, invece, Giulia Poggi deve a Marina Tagliaferri?
“Ci siamo trovate bene insieme. Giulia mi ha dato una parte della vita che non avevo e viceversa.”
Nella soap, Giulia è un’agguerrita femminista, inoltre, ha molto a cuore gli aspetti sociali, visto appunto il suo lavoro come assistente sociale. Da questo punto di vista, com’è Marina nella vita quotidiana?
“Io e Giulia abbiamo in comune un forte significato dell’ingiustizia. Non la sopportiamo e reagiamo con veemenza.”
Ha mai avuto il sentore che talune tematiche sociali, tratate ad Upas, siano state particolarmente apprezzate dal pubblico? Se sì, ne ha ricevuto manifestazione fuori dal set?
“Sicuramente. Una volta sono stata avvicinata da una “vera” assistente sociale che mi ha confidato che una loro assistita aveva trovato il coraggio di reagire ad una situazione molto pesante perchè aveva preso coraggio guardando come nelle nostre puntate avevamo affrontato lo stesso problema.”
Nell’Aprile del 2014 è stata insignita del premio “Donna dell’anno” dall’Associazione Italiana Culturale di New York. Cosa ha provato nel ricevere questo riconoscimento?
“E’ stato emozionante ma non tanto per il premio in se stesso. Sono stata molto felice di conoscere la comunità italiana di New York, il loro entusiasmo e la loro italianità… vera.”
Lei è anche un’apprezzata doppiatrice, non solo di cinema, ma anche di film d’animazione, fiction e telefilm; ricordiamo che ha prestato la sua voce, tra le altre, a Meryl Streep, Melanie Griffith, Whoopi Goldberg e Mariah Carey. Se ne avesse avuto la possibilità, quale attrice, in quale film e perché avrebbe voluto doppiare?
“Ho doppiato tante attrici ma sicuramente quella che sognavo di doppiare e che poi ho doppiato è Meryl Streep. E’ stata da sempre la mia attrice di riferimento sin dall’inizio.”
Che progetti ha Marina Tagliaferri per il futuro? In particolare, sappiamo che ha un sogno nel casseto cioè fare un musical: a che punto siamo?
“Il mio sogno di fare il musical nasce quando ero una ragazza. All’epoca però i musical italiani erano pochi. Poi sono stata presa dalle lunghe tourneé teatrali e poi da Upas e quindi è diventato più difficile ma… mai dire mai!”

Se avesse la possibilità, oggi, di dare un consiglio alla ragazza che nel 1974 calcava il palcoscenico teatrale al fianco di Carmelo Bene, nell’Amleto, cosa le direbbe?
“Goditi ogni attimo di quello che fai. Non dare niente per scontato. Vivi il ricordo prima che diventi tale!”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma. Foto di Giuseppe D’Anna.
CLICCA QUI PER LEGGERE TUTTE LE ALTRE NEWS E ANTICIPAZIONI SU UN POSTO AL SOLE
Interviste
Da Mare Fuori a Sopravvissuti, intervista esclusiva a Giacomo Giorgio

Da Mare Fuori a Sopravvissuti, davvero Giacomo Giorgio è il più promettente dei nuovi interpreti della fiction italiana. E noi lo abbiamo intervistato a Sanremo in esclusiva.
Giovane attore, già tante esperienze in tv, a Sanremo come ospite. Quali sono le tue sensazioni?
“Sto molto bene, sono molto felice ed anche molto emozionato e soprattutto è anche una rivalsa ed un premio essere qui, su uno dei palchi più importanti del mondo ed essere riusciti a toccare il cuore di, pare, 80 milioni di persone.”
Mare fuori è un prodotto napoletano che è diventato ormai internazionale. Le emozioni che hai provato nell’avere anche qui, a Sanremo, questa accoglienza?
“L’affetto del pubblico è commuovente. Ovunque andiamo è sempre così, non solo qui a Sanremo dove, ovviamente, siamo molto felici. Questa ormai è la nostra routine e questo vuol dire che abbiamo fatto qualcosa di davvero molto buono. È una serie napoletana, ma da Napoli è riuscita ad universale, con un linguaggio che viene compreso in tutto il mondo. Si raccontano storie di ragazzi difficili attraverso gli adulti, non c’è un’apologia alla camorra o al male, ma c’è il tentativo di raccontare questi ragazzi a specchio sugli adulti. Ovviamente senza giustificare queste azioni ma anche senza giustiziarle. Credo che questo messaggio ed in più l’unione, inteso come gruppo, che traspare, sia stata la magia, la formula vincente per Mare Fuori.”

Quanta umanità di Ciro c’è in Giacomo e quanto di Giacomo c’è in Ciro?
“È molto difficile stabilire quando si interpreta un personaggio quanto c’è di proprio. Sicuramente Ciro è un personaggio molto lontano da me. Però per raccontare quella cattiveria ho dovuto fare i conti con la mia cattiveria, ed ho dovuto scovare delle chiavi dentro di me che ancora non avevo scoperto. Forse anche conoscermi meglio. Ci sono delle cause che ti fanno diventare come sei. Ciro è il più cattivo di tutti probabilmente perché è il più debole e fragile di tutti. È quello più prigioniero. Ho scoperto che la parola cattivo, in latino deriva da captivus che significa “prigioniero”. Questa cosa mi ha spostato l’ottica, ed è stato molto interessante ed un’opportunità incredibile poiché sin da piccolo sognavo di interpretarli. Non sapevo però quando sarebbe stato il momento. Mi sono divertito molto anche se non è stato facile.”
Raccontiamo il primo giorno, la prima emozione in Mare Fuori.
“Si facevano i provini per questa serie. Il ruolo di Ciro è stato provato da 2500 ragazzi. Ero disincantato. È accaduto tutto nel giro di pochissimo, fin quando non ho conosciuto il regista della prima stagione Carmine Lia, con il quale ho avuto subito una sintonia. Poi mi arrivò la telefonata dal mio agente che mi ha comunicato che ero stato preso e la mia prima reazione è stata quella di andare in lacrime da mia madre e dai miei nonni per dire loro che ce l’avevo fatta. L’inizio delle riprese è partito con una scena, in cui Ciro uccide il suo migliore amico che l’aveva tradito e perché il padre gli aveva detto che era arrivato il momento e la serie finisce con la morte di Ciro che torna bambino. Torna quell’umanità che gli fa dire ,io non voglio morire’.”

Questo successo è stato totalmente inaspettato?
“Ti sono sincero, si è stato tutto inaspettato anche se sin dal primo giorno si percepiva una certa aria di importanza. In questa serie eravamo tutti in questa bolla magica, con la consapevolezza che stavamo raccontando cose molte importanti, certo non avremmo mai immaginato di salire sul palco dell’Ariston.”
Tre aggettivi per descriverti fuori dal set.
“Sarò banale ma… quello che sono è un attore. In quanto tale non so minimamente chi sono. Sono sempre, per fortuna, in panni di personaggi ed è molto bello. Ti senti al sicuro, perché sei coperto da un qualcosa, da un personaggio.”
Tra l’inizio della passione per lo spettacolo ed i primi ruoli, cosa c’è stato?
“Sicuramente c’è stato tanto studio ed è molto importante nello studio della recitazione. C’è una parte di istinto importante, che non si impara, è innata. Io nel tempo ho imparato a fare degli spettacoli a teatro e quando avevo 15 anni ho scoperto l’esistenza di questo metodo Stanislavskij, questo metodo che ti apriva ad un mondo introspettivo nei personaggi, un po’ distante dal mondo tecnico del teatro. E da lì mi sono trasferito a Milano dove ho iniziato a studiare con diversi insegnanti, come Maicol Margotta, Susane Bazzo in America, Francesca de Sapio a Roma e da lì non ho mai lasciato questo metodo. Ci sono ovviamente varie fasi. Personalmente è stata la chiave. Il primo ruolo che ho interpretato, all’età di 17 anni, è stato The Happy Prince, di Rupert Everett. Un film americano che racconta gli ultimi anni di vita di Oscar Wilde con tantissimi attori ed attrici di assoluto livello. Un battesimo folgorante. L’incontro con Colin Firth è stato incredibile. Io sono riuscito a stento a dirgli… “nice to meet you”… tremavo!”

A proposito di sogni… altri?
“Se proprio devo spararla grossa, mi piacerebbe arrivare in America, all’Academy, agli Oscar … ma ho questo piccolo problema di essere italiano e nono americano… quindi mi accontento anche dell’Italia. Ho fatto una promessa a mia nonna, che non c’è più, che un giorno avrei vinto un David di Donatello per un film. Per lei era una cosa bellissima ed importantissima. Ed il primissimo sogno che vorrei realizzare è questo e dedicarlo a lei. Per poi andare oltre!”
Prossimi progetti?
“Diabolik 3 al cinema tra qualche giorno, “Noi siamo Leggenda” una serie per Rai 2 ed Amazon Prime. E “il Caso Claps” per Rai 1 e BBC una serie sul caso di cronaca di Elisa Claps.”
Abbiamo parlato tanto di lavoro… ora una curiosità: hai tantissime fan. Cosa è cambiato attorno a te, cosa succede e come ti rapporti a questa nuova situazione?
“Sulle ragazze ti dico… NO COMMENT!”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Stefano Sarcinelli, in tournée con Francesco Paolantoni in “o...

Stefano Sarcinelli è un mondo da scoprire. Attore e autore, fra teatro e tv, è lui una delle firme del successo di “Stasera tutto è possibile” e intanto si divide fra tre impegni teatrali. Porta avanti lo spettacolo con Marco Marzocca “Ciao signò”, ha poi debuttato con Veronica Mazza e Eduardo Tartaglia con “Altro giro, altra corsa” e sarà in tournée con l’amico Francesco Paolantoni in “o Tello o…. Io”. Questa è la nostra intervista esclusiva, a cura di Roberto Mallò e Stefano Telese.
Come nasce la passione per il mondo dello spettacolo tanto da diventare poi il tuo lavoro?
“Mi sono avvicinato al mondo dello spettacolo piano piano, di nascosto. È cominciata questa passione frequentando piccoli gruppi teatrali di quando ero molto più giovane. Adesso sono ancora giovanissimo, però quando ero proprio bambino diciamo e anche signorino. Frequentavo i gruppi di teatro perché eravamo certi che col teatro si poteva cambiare il mondo, si poteva cambiare… e non abbiamo cambiato quasi niente però io ho cambiato la mia prospettiva, nel senso che il teatro mi ha cambiato moltissimo, mi ha dato innanzitutto una forma di disciplina che altrimenti, forse, non avrei avuto e quindi devo molto a questo, e poi mi ha soddisfatto in qualche modo un sogno, una passione. Ho cominciato a farlo di professione. Sono passato dai gruppi in cui si faceva Makbeth (credo abbia detto questo) in maniera ovviamente molto amatoriale, nel senso pieno d’amore ma forse con pochi soldi e poca professionalità a un teatro più leggero, probabilmente, però fatta con grande professionalità e grande passione. Ho iniziato con Nello Mascio, a Napoli, con Rigillo (credo), sono stato il suo aiuto regista per tre quattro anni; è stata la mia formazione. E poi, nel 1986/1987, sono stato a Milano, allo Zelig, e con Francesco Paolantoni debuttammo con uno spettacolo comico e ci rendemmo conto che, per fare meglio il teatro, era il momento di fare uscire dei nomi importanti e riconoscibili dal pubblico, che all’epoca era l’unico modo. Oggi con i social e con la televisione si può avere lo stesso risultato. La soluzione era quella di fare la televisone, in maniera allegra; era una parte della passione che prendeva un’altra strada.”

Quale è stata la tua prima esperienza da professionista?
“La prima esperienza vera da professionista, mi ricordo ancora il giorno in cui l’impresario mi diede i primi soldi, è stata La gondola fantasma di Gianni Rodari, uno spettacolo che feci a Napoli con la regia di Nello Mascia, che considero quello che mi ha dato questa grande opportunità. Poi ho avuto molta fortuna perché ho incontrato da lì Mariano Rigillo, dopo due anni che è stato un altro mio grande maestro a cui devo molto, e la televisione è stato Fate il vostro gioco, programma che facemmo per Raidue con Francesco Paolantoni nell’87/88. Con un giovanissimo Fabio Fazio che conduceva, insieme a Elvire Audray, con un cast che era composta da Malandrino e Veronica, Roberto Citran, Daniele Luttazzi, Lella Costa… Era tutto un gruppo di giovani attori comici, una grande esperienza per me.”
C’è stato un momento nella tua carriera che l’ha segnata in maniera importante?
“Nel 96/97 un’altra cosa importante è stato, per me, passare a fare l’autore in maniera più decisa. Con Macao, con Gianni Boncompagni, che è stata una grande professionalità. È stato molto impegnativo però è stata anche una scommessa. Attraverso un altro mio amico collega e autore, mi chiamò perché Gianni aveva bisogno di avere un confronto con uno che si occupasse più di comicità e quindi mi buttai un po’ a peso morto nel vuoto. Perché così io penso che questo lavoro debba essere fatto, con un po’ di fiducia verso il futuro, anche se non stai bene dove stai andando.”
Come ti descriveresti?
“Sono un posto che sta ancora cercando. Pigro, pelato e, come si può dire, umile. E anche passionale. Sono un appassionato, anche se non riesco a seguirla sempre, di pallacanestro. Ho giocato, una mezza schiappa, ma mi è sempre piaciuto tanto. Molto divertente, è uno sport di squadra, uno sport elegante, anche però bello duro. È spettacolare, ha molto a che fare con lo spettacolo il basket; le azioni velocissime, una dietro l’altra, e ogni giocatore… Poi la musica, fino a poco tempo fa compravo un sacco di dischi ecc. Adesso, con questa cosa di Spotify, ne compro meno; mi dispiace un po’ perché comunque l’oggetto disco era proprio bello. È bello sfogliare una copertina, leggere cosa l’artista in realtà ha voluto dire, ascoltare la musica e vedere chi suona, cosa suona, chi ha fatto gli arrangiamenti. Mi ha sempre appassionato molto questa cosa e quindi vado spesso ai concerti quando posso, suono malissimo la chitarra ma mi piace tantissimo. Volevo fare il chitarrista rock da grande, vorrei farlo ancora e credo che lo farò.”

Programmi e progetti futuri?
“A livello personale, vorrei perdere una 15ina di kg. Professionalmente mi piacerebbe molto fare più teatro. Ne parlavo con un amico e collega soprattutto; sarebbe bello recuperare col teatro quell’entusiasmo e quella passione di qualche anno fa, con la quale vivere soprattutto pensando alla bellezza di quello che stai facendo, che ha un valore di per sé perché mentre lo fai assume valore, non perché necessariamente bello o brutto. È come un po’ il ruolo delle anatre di Guccini… Cinque anatre volano a sud e la canzone finisce con queste anatre che non tutte arrivano a destinazione, ma l’importante era volare.”
C’è un collega che stimi particolarmente?
“Stefano De Martino è stata una piacevolissima sorpresa; e anche un punto di stimolo personale; è un gran lavoratore molto determinato, nel senso positivo del termine, è attento a quello che fa. Dedica la propria arte, nel senso sia mentale che fisica, al raggiungimento dello scopo non pensando soltanto al glamour che la televisione comunque ti dà, la visibilità. È anche un uomo disponibile, una persona veramente attenta al prossimo, arriva sempre in televisione ed è molto cordiale con tutti; c’è sempre spazio per un sorriso e una stretta di mano, per una chiacchiera. Spero che questa cosa, siccome lui è molto giovane, la conservi perché è un valore aggiunto alla professione.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Aldo Montano in esclusiva: «Tifo per la Fiordelisi sportiva come me! Alex Belli? Non lo...

Aldo Montano, campione della scherma e protagonista delle Olimpiadi, è anche reduce dalla penultima edizione del Grande Fratello Vip. E Montano è stato tra gli ospiti del grande evento Nemea di Cardito (NA). Ecco la nostra intervista in esclusiva assoluta!
Aldo, è un momento di deriva sociale anche tra i giovani in assoluti ed è brutto quanto ci raccontano le cronache. Quanto secondo te può aiutare lo Sport?
“Lo Sport è importante per quello che le piccole generazioni possono capire ed apprendere da esso. È un mondo sano, ti tiene lontano da brutte situazioni che purtroppo oggi sono presenti ed il più delle volte fanno breccia nei nostri ragazzi. Poi che possa diventare professione o un piccolo passaggio di vita è una cosa che fa bene comunque. Fa bene alla crescita dei ragazzi. Impari a superare tante difficoltà che la vita ti mette davanti. Lo Sport ti mette davanti un avversario, un tempo, una misura da battere e quindi ti educa a tirare fuori il meglio per superare le difficoltà.”

Tre aggettivi per descriverti come uomo, marito, papà?
“Premuroso ed ansioso in quanto papà. Marito fedele. Sportivo ed appassionato. Ne ho messa tanta nella mia vita… è stata la mia benzina in tutti questi anni in pedana!”
Cosa ti ha conquistato di tua moglie Olga?
“Gli occhi mi hanno conquistato. Ci siamo conosciuti in una discoteca… Poi dopo il seguito è stato più profondo. Abbiamo costruito qualcosa di bello e solido.”

A cosa ti stai dedicando in questi giorni?
“Sto portando in giro la mia Academy, che porta il mio nome. Mi diverte. Mi dà la possibilità di portare alle classi più giovani ciò che lo sport mia regalato ed insegnato. Dico regalo, perché anche se quello che ho raccolto me lo sono sudato, è stato un vero e proprio regalo la passione che mi è venuta da dentro. Restituire ciò che la scherma mi ha dato credo sia un compito oltre che un dovere che devo assumermi.”
Il momento più bello?
“L’ultimo, a Tokyo, l’argento… Venivamo dalla pandemia, in una Olimpiade che ha rischiato di non farsi. Per me aggiungere un anno è stato incredibile oltre che complicato. E chiudere così è stato stupendo!”

Parliamo di grande fratello vip… Oggi come va con la tua amica Katia ed il tuo ‘nemico‘ Alex Belli che ricordiamo nei vostri forti scontri nel reality? Sei in contatto con loro?
“Nooooo!!! (ride, ndr) non li sento… Sono sincero. Sento solo Katia ogni tanto, Alex non lo sento. Ognuno ha la sua vita e la sua è diversissima dalla mia.”
Stai vedendo la nuova edizione del Grande Fratello?
“Si, la sto seguendo. Seguo la Fiordelisi… è campana, è una schermitrice… non potrei non seguirla, fa parte della famiglia! Faccio il tifo per lei!”

Il rapporto con il tuo grande amico Manuel Bortuzzo invece come procede?
“Ci sentiamo spesso. Io ultimamente da Roma mi sono trasferito. Lì ci vedevamo spesso ora un po’ meno per via della distanza. Sta bene, sta preparando una paralimpiade ed una qualificazione ad essa. E facciamo tutti il tifo per lui.”
Il tuo rapporto con i social?
“Non sono un furibondo della tastiera o dei social network. So che è un mezzo di comunicazione importante oggi, però non ne sono schiavo. Mi piace “ciaciare”, mettere una storiella, una foto ma non sono un addict.”

Due consigli per mantenersi sempre in forma?
“Mangiare bene, poco e sano e soprattutto fare sport. Se non c’è la voglia di farlo… è importante farlo! Anche solo un’oretta tre volte a settimana è importante…”
Un desiderio che vuoi realizzare?
“Non so dirti… spero solo che la vita sorrida a chiunque. Che sia materiale, un pensiero, una situazione… importante che sorrida a tutti.”

Immagini un futuro televisivo?
“Non è la mia professione e lo so. Sono state pillole che ho preso con simpatia. Ma più di questo… non si sa mai però. Mi sto occupando di altro ora.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Due chiacchiere con Alfonso Signorini: «Io, il grande fratello e il futuro…»

In esclusiva assoluta abbiamo incontrato Alfonso Signorini, ospite d’onore al reopening del Complesso Nemea di Cardito (NA) in una serata molto glamour, e piena di tanti vip. Il direttore di Chi e conduttore del Grande fratello vip si racconta a cuore aperto e con grande disponibilità, parlando anche del Grande Fratello Vip.
Direttore, quanta sensibilità e quanta verità ci vuole per affrontare i momenti più difficili del Grande Fratello, che è uno spaccato di vita ed in assoluto quali sono stati i due momenti che ti hanno colpito di più?
“Bella domanda… più che una questione di sensibilità, direi che è una questione di ascolto. È importante saper ascoltare e capire ed avere l’intuito di capire dove c’è una difficoltà. Non è facile. È in diretta… e questo fa tanto. Non siamo preconfenzionati. È facile fare programmi decorosi tagliando tutto quello che non va. Noi offriamo uno spaccato della realtà. È chiaro che questo comporta delle responsabilità maggiori. Se devo citarti degli episodi particolari, sicuramente ti cito il caso Bellavia che è stato clamoroso e reale. Era uno spaccato di quello che poi succede nella vita di tutti i giorni. L’ultimo con lo sbrocco di Oriana, piuttosto che la mancanza di empatia tra le persone. Quest’anno c’è un cast molto complicato, fatto di persone estremamente difficili. Per cui anche il fatto che Oriana disprezzi così tanto Antonino, non è un fatto umano, ed è giusto sottolinearlo, però poi sono presi dalle dinamiche del gioco.”

Come ci si prepara a cinque ore di diretta ogni volta?
“Semplice… non mi preparo. Io sono quello che vedete in tv. Vado di pancia. Non ho copione, non ho gobbo, non leggo. Se mi hanno dato un programma, il programma diventa mio e devo viverlo per quello che penso. Se hanno bisogno di uno che legge come i somarelli a scuola, prendessero altre persone.”
Oggi sei uno dei personaggi più popolari della tv e un bravo conduttore, oltre ad aver fatto già tante cose oltre ad essere uno dei più importanti direttori e giornalisti in Italia. Cosa ti piacerebbe fare in futuro?
“Io diversifico molto la mia attività. Ad esempio curo la regia dei teatri d’opera. E per me fare la regia di uno spettacolo lirico è una boccata di ossigeno. Trovo la musica ed un altro mondo.”

E cosa farai poi?
“Scriverò un libro, ed anche questo è un altro mondo. Dirigere un giornale è un altro mondo ancora. Fare televisione… un altro mondo. Se facessi solo tv assomiglierei a tante persone schiave dello strumento. Io preferisco diversificare. Quindi non c’è niente che non mi piace e che non possa fare.”
E’ una volontà ed anche un messaggio di determinazione che lanci?
“Tutti i desideri che ho so che prima o poi, con volontà, posso realizzarli.”

© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a LDA, in gara alla 73ª edizione del Festival di Sanremo

Abbiamo incontrato LDA a Sanremo dove figura tra i big in gara. Figlio d’arte e lanciato da Amici di Maria De Filippi, Luca D’Alessio è un grande talento ed un bravo ragazzo.
Intervista a cura del nostro inviato Sante Cossentino, in esclusiva per Sbircia la Notizia Magazine. Con la collaborazione di Stefano Telese per Massmedia Comunicazione.

Ciao Luca, quali sono le tue emozioni per questo tuo primo Festival di Sanremo?
“Sto vivendo una cifra di emozioni contrastanti. C’è da un lato tanta serenità ma anche tantissima ansia. Una combo davvero strana: divertimento e stress, in combo. Ma devo dirti che mi sto divertendo molto.”
Le cose più belle che ti sono capitate in queste ore? Magari hai incontrato degli idoli…
“Ho conosciuto tantissimi artisti che di norma ascolto sotto la doccia, sento in macchina… di cui sono proprio fan! Poi ad un tratto, mi fermo e penso che devo spogliarmi dei vestiti da fan ed assumere anche un atteggiamento più serio!”

Raccontaci il tuo incontro con Amadeus. Il momento in cui hai saputo che ci saresti stato, qui, a Sanremo.
“La prima volta che ci siamo visti è stato sul palco praticamente. Mi ha trasmesso una sicurezza che non ti so spiegare. Mi sembra tipo un papà… è stato molto carino nei miei confronti. Anche dopo quando ci siamo salutati dietro le quinte. È stato veramente “un amore di persona”. Proprio come lo si vede in tv.”
Cosa ti aspetti da questo Sanremo?
“Di norma non sono una persona che si fa tante aspettative, anche perché ho paura, poi, di rimanerci male. Spero solo di godermelo e divertirmi e che vada tutto bene.”

È tradizione che Maria De Filippi in queste occasioni mandi un po’ di sms… è arrivato anche a te?
“Si! è arrivato il messaggino, è arrivata la chiamata… Maria è una seconda mamma per me. L’ho sempre detto e continuerò a dirlo! E sono certo che in qualità di seconda mamma mi vuole davvero bene.”
Per quanto riguarda, invece, papà, qual è l’ultima cosa che ti ha detto e cosa ti sta dicendo in queste ore?
“L’ultima cosa che mi ha detto è stata: “Tè mis a’ sciarpa? ( hai indossato la sciarpa?)”… me l’ha detto proprio poco fa. Mi ha detto di godermela, mi ha dato consigli da papà professionista. Di divertirmi e di non pensare.”
Come è cambiata la tua vita con Amici? Il rapporto, ad esempio, con le ragazze? Lo sto chiedendo al ragazzo ventenne…
“Comunque ne ho ancora 19, non mi far invecchiare prima… È sicuramente cambiata in meglio. Sono fidanzato… quindi te lo dirò in privato… scherzo! Bisogna sempre stare attenti, ho avuto la fortuna di incontrare una persona che mi fa stare veramente bene, che mi da serenità. Molto bella sia esteticamente che interiormente. È una persona che mi sprona.”

Per me tu sei umile e talentuoso. Aggiungi tu un terzo aggettivo per descriverti.
“Io direi… Semplice! Anzi… direi narciso!”
Qual è il tuo sogno dopo Sanremo?
“Volendo sognare in grande, dico Eurovision ed un Grammy!”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Kne – I Kustodi di Napoli Est, intervista all’autore Ivan Orrico

E’ quasi tutto pronto per la presentazione di Kne – I Kustodi di Napoli Est, il film di Ivan Orrico la cui anteprima, per la stampa, è prevista per il prossimo 23 febbraio 2023 a Napoli. Con le musiche del Maestro Vincenzo Sorrentino, l’opera sarà incentrata sulla storia di una famiglia criminale del quartiere Ponticelli. Un ritratto nudo e crudo della criminalità organizzata della Camorra dal sapore neorealista, di cui Orrico ci ha parlato in questa intervista.

A cura di Roberto Mallò per MassMedia Comunicazione
Ivan, com’è nata l’idea di Kne – I Kustodi di Napoli Est?
“L’idea è nata durante il periodo di permanenza su Napoli per la realizzazione di un altro progetto. Parliamo del 2017-2018 circa.La storia di una famiglia criminale di Ponticelli, a Napoli Est, da cui ho voluto prendere ispirazione. Mi ha colpito, infatti, come queste persone, nonostante i loro affari con la malavita, avessero il consenso della gente. Questo mi ha spinto a riflettere. Perché davvero in alcuni quartieri, vige veramente l’Antistato, che fa da padrone. Mi sono quindi fatto raccontare come queste persone vivevano, quello che facevano per avere il consenso della gente, che li idolatrava e si metteva al loro servizio facendoli diventare I Kustodi del Territorio .E da queste premesse ho preso spunto per scrivere la storia di Kne – I Kustodi di Napoli Est. Con la famiglia protagonista del film ho avuto modo di portare in scena la differenza tra il modo di vivere dei camorristi di oggi rispetto a quelli di ieri. Pur essendo ambientato ai giorni nostri, i criminali si muovono seguendo il vecchio stampo. Mi piaceva raccontare entrambi i modi di pensare di questa gente, di come mettono in gioco la vita della famiglia e dei figli per il Dio Denaro. Racconto ciò dunque mettendo tutto a nudo, senza romanzare, a tratti in maniera cruda. In Kne è molto importante anche la figura dello Stato, rappresentato dall’ispettore Galletti, che combatte con ogni mezzo il malaffare. Un servitore della giustizia, anche egli realmente esistito, che lascia la firma su ogni sua operazione scrivendo sui muri delle abitazioni dei criminali Arrestato per rimarcare la forza e la presenza delle istituzioni. Il suo è un modo per ricordare ai giovani ‘adulatori’ che questo mondo puzza di morte, ed è assolutamente da evitare. Il film appunto racconta e illustra senza alcuna censura la sofferenza a cui porta la strada della Malavita”.
Entriamo nel vivo della trama. Al centro ci sono quattro fratelli in antitesi con il loro mondo, perché sono in contrasto con un altro capoclan, e con lo stato.
“Sono personaggi che ho scritto interamente io. Nella realtà, si trattava di quattro fratelli maschi, mentre ho voluto inserire la figura femminile, che in questo mondo è molto forte e presente. Le donne di mafia e di camorra in moltissimi casi detengono il potere; sono per alcuni versi più sanguinarie e feroci degli uomini. Riescono a gestire e comandare decine e decine di soldati per aizzarli contro la vendetta dei propri mariti e figli. Riescono ad essere maggiormente spregiudicate. Ho dunque ritenuto necessario mettere in risalto anche una figura femminile, che incarnasse le tante donne che purtroppo, come dicevo,comandano veri e propri clan al posto dei mariti carcerati o defunti”.

E poi poteva dare luogo, come ha già detto, ad altre sfumature del mondo che racconta.
“Sì, dava molteplici sfumature alla narrazione. Ovviamente, pur partendo da una storia vera, ho inserito aneddoti e nito altri eventi realmente accaduti nella provincia di Napoli ottenendo una storia,dal punto di vista criminale, direi completa, mettendo in risalto anche la loro mentalità ed il loro codice d’onore. Ad esempio, c’è una scena molto forte, in cui questi criminali giustiziano due pedofili che hanno ucciso una bambina dopo averne abusato perché nel loro regolamento i bambini sono intoccabili (che fa riferimento alla tragedia di una bimba della periferia a nord di Napoli lanciata da un balcone dai suoi aguzzini). Così come alcuni episodi risalenti agli anni 80 in cui la criminalità era organizzata in vere e proprie bande, da uomini armati fino ai denti, che si scontravano ogni giorno con i rivali o con le forze dell’ordine che provavano a fermarli e dove sono caduti anche decine e decine di innocenti come la Strage di Ponticelli, dove soltanto per un affronto scaturito da uno schiaffo si innescò una faida . In Kne chiunque conosce la storia può rivedere fatti ed episodi realmente accaduti e capire così la gravità di quelle circostanze, lavorando insieme perché questo non possa più accadere”.
Com’è avvenuta la scelta del cast? E’ stato lei a scegliere gli attori?
“Li ho scelti insieme all’aiuto di diverse figure che hanno da subito creduto nel progetto, come l’attore Tommaso Palladino,facendo tantissimi provìni. Per quanto riguarda il cast principale,il primo che ho scelto è stato proprio lui. Un attore che ha fatto oltre cinquanta film, tra cui alcuni diventati dei veri e propri cult, come Napoli Spara!, Napoli Violenta. L’ho scelto perché era quello che rappresentava la vecchia frangia dei camorristi; un caratterista con uno sguardo, a mio avviso, non replicabile. Non è certamente una tipologia di boss disposto ad uccidere per 2.000 euro o un bracciale. Questa nuova frangia, di cui stiamo parlando, l’ho dunque affidata a Carmine Monaco, che nel film rappresenta Toni De Marco ed è ispirato sempre ad un personaggio realmente esistito, condizionato dalla madre nelle sue decisioni, visto che era lei a spingerlo verso il malaffare, l’azione criminale. Poi la scelta di Walter Lippa, dapprima chiamato per coprire il ruolo di un altro dei fratelli e invece, dopo le prime battute, ho voluto dare a lui – poiché secondo me è il più carismatico – il ruolo del capofamiglia. Una volta trovato con Adriano Piccolo e Rosa Miranda il giusto mix che equilibrava l’azione corale recitativa sono partiti i provini per gli attori secondari. Abbiamo visto migliaia e migliaia di persone. Il risultato alla fine è stato eccellente . Un equilibrio che ha portato la scelta di puntare su attori emergenti ad essere vincente, seguendo la politica di uno dei miei registi preferiti come Stefano Sollima che in Gomorra ha dimostrato che non serve un nome per fare grande una persona e quindi un progetto .C’è una scena nel film , che proprio per questo considero una fra le più belle , dove la Figurazione alla sua prima esperienza ha comunicato con la sua espressione qualcosa di speciale, di sorprendente. E’ riuscito ad esprimere quella sensazione di paura che la scena prevedeva, alla stregua di un attore professionista, in un modo che magari quest’ultimo non sarebbe mai riuscito . C’è stata una sinergia tale, dove ogni interprete è riuscito a rendere al meglio il personaggio che rappresentava, a prescindere dalla esperienza, bilanciando o escludendo totalmente il gap che naturalmente sì sarebbe dovuto verificare”.
Una cosa bella, no?
“Sono molto critico. Penso davvero che non ci sia un attimo dove lo spettatore possa perdere l’attenzione sulla storia per qualcosa che lo faccia distogliere dalla realtà del film .Un ritmo costante in un progetto corale dove ogni personaggio ha avuto la possibilità di esprimersi e di venire fuori, di emergere. E assicuro che non è cosa semplice dare spazio ad ogni interprete, che a sua volta ha saputo ricambiare con il massimo delle potenzialità. La mia è stata una sfida il cui obiettivo non era solo vincere ma arrivare alla fine superando degli schemi convenzionali, preimpostati e dei pregiudizi. Penso di esserci riuscito risolvendo problemi e a virare, recuperando la rotta, arrivando all’obiettivo”.
Anche lei interpreta un ruolo nel film, giusto?
“Esatto, sono uno dei protagonisti. Interpreto Uacchi e Brillante , tenebroso e carismatico criminale che detiene le redini di un piccolo ma efficiente clan. Un professionista del crimine realmente esistito. Un leader spietato che, insieme al suo fedelissimo Tito Arpea, si vuole avvicinare al boss che raccontava Tornatore , di ‘altri tempi’. Ho visto tante volte il Camorrista ed era quello a cui, secondo me, bisognava ispirarsi per far uscire ancor più la differenza tra la camorra con organizzazione gangsteristica e quella di oggi che subisce di più la pressione microcriminale. Spero di esser riuscito ad interpretare nel miglior dei modi il personaggio e che la sua diversa ‘estrazione’ arrivi al pubblico con tutte le sue peculiarità .
In precedenza, ha detto che il film serve anche a far capire che “il sano resta sano”. Cosa intendeva con questo concetto?
“Il nostro compito, pur raccontando l’esaltazione di chi intraprende questa strada, è fare arrivare il messaggio che “il sano resta sano “. E’ proprio la vendetta, perpetrata e realizzata attraverso un sistema calcolatore e vessatorio, quell’attenuante che “muove e smuove”, individualmente , gli animi dei fratelli, che rappresentano, nella loro veste meno tecnica, i diversi archetipi dei camorristi. Essa rappresenta il tragico epilogo di un racconto di persone deviate dal bene che, private dei loro affetti più cari, provati dalla precarietà socioeconomica hanno progettato azioni criminose e crudeli con spargimento di sangue, anche di innocenti. E’, dunque, “l’apoteosi distorsiva” di un gruppo di persone che ha scelto come “ultima speme”, di uscire dalle proprie difficoltà personali, utilizzando mezzi da veri e propri aguzzini, frutto della “degenerazione” di una società che ha omologato a valori la vita criminale. Per capire chi è sano, bisogna capire che cos’è il male. Se riesci a vedere il male per com’è realmente ti attacchi al sano. Sono molto credente. Ritengo che la fede si acquisisca maggiormente solo se conosci ed individui il male. Più quest’ultimo ti è vicino e più capisci quanto è grande Dio. Solo così hai consapevolezza di qual è la differenza tra il bene e il male. Se il male si presenta sai almeno la strada giusta da seguire”.
Da regista, che giudizio dà a Kne – I Kustodi di Napoli Est?
“E’ un film come dicevo corale, ben bilanciato e con un grande ritmo. L’azione è il suo cuore pulsante; è un action Movie da cardiopalma. Però non vorrei continuare a dare giudizi perché sarei troppo di parte. Sono grato a tutto il cast perché, secondo me, ha contribuito a formare una grande famiglia con cui è stato un piacere lavorare ed il risultato ne è la prova. Ringrazio a chi ha creduto nel progetto e in me; hanno capito l’importanza dei ruoli che avrebbero interpretato. E ad alcuni che avevo già visto in Gomorra, come nel caso di Monaco e Lippa, mi ero già interessato per come avevano saputo interpretare i personaggi. E’ come se avessi voluto dare ancor più spazio alla loro bravura e interpretazione attoriale, per non parlare di Tommaso Palladino, figura emblematica del genere che stavo trattando. E, mi permetta di dirlo, sono anche delle grandi persone con tanta umiltà e dei valori che, in questo mondo vortice, è sempre più raro trovare. Sono del parere che anche il nome più importante del panorama cinematografico se non ha questo mix non è completo e, personalmente, preferisco lavorare con chi ha queste caratteristiche e devo dire che così i risultati sono garantiti .
Il film è prodotto dalla Move produzione indipendente e distribuito dalla Mediterranea Production. E’ stato difficile portare avanti questo progetto?
“Non è stato sicuramente semplice. Era però mia premura dimostrare che anche con un low budget si possono realizzare delle belle opere. Chi lo potrà vedere noterà gli accorgimenti stilistici, dal punto di vista della regia, degli effetti speciali e del trucco, che sono stati fatti. Abbiamo avuto un maestro d’armi dal vero e vfx. Ci siamo impegnati per rendere il film altamente qualitativo . Ed anche questo è un modo per far capire che, con un piccolo budget, si possono comunque realizzare prodotti audiovisivi di un certo livello se c’è la volontà, la forza e una squadra di persone capaci. Anche perché penso che le produzioni indipendenti debbano essere aiutate maggiormente. Se avessi dovuto aspettare il finanziamento della regione, le Film Commission varie e l’aiuto di altre produzioni, credo che ancora non sarebbe uscito. Con tanto lavoro e sudore, se si considera la pandemia, Kne sarà disponibile dopo due anni di realizzazione. E’ un grande risultato per noi, che abbiamo realizzato tutto in seisettimane. Consideri che molte produzioni in tante occasioni non riescono a ultimare i lavori, anche se ricevono soldi dalle Film Commission. Il fatto che noi ci siamo riusciti, senza ricorrere alle stesse, può essere d’esempio per chi vuole realmente fare cinema e svolgere la professione in maniera professionale”.
A che punto è il cinema di oggi?
“Penso che il cinema, purtroppo, sia diventato soltanto un modo dove veicolare i soldi e regalarli a persone che veramente non sono interessate all’audiovisivo o al prodotto in sé per sé, ma a fare cassa. Per questo dobbiamo farci una domanda e capire perché il cinema sta scomparendo. In Italia non diamo più spazio alle produzioni indipendenti; pensiamo soltanto a fare i film kolossal, che costano tantissimo, invece di dare spazio a tutti. Non bisogna dare la colpa alla pandemia, alla guerra, alla crisi. La colpa è soltanto di chi gestisce i fondi, di chi decide come e in che maniera darli alle piccole produzioni. Questo fa sì che i produttori indipendenti non esistano quasi più”.
In quali sale uscirà il film?
“Come ha già detto, il film verrà distribuito dalla Mediterranea Production, che è una società molto forte e solida nell’ambito della distribuzione. Il fondatore Angelo Bassi, che è un caro amico, ha creduto molto nel progetto ed ha voluto distribuirlo. E’ stato il primo a visionarlo, quando ancora giravamo, ed ha scelto di entrare a far parte di Kne – I Kustodi di Napoli Est tramite la distribuzione. Il film uscirà in tutta Italia, in quasi tutte le regioni dove la Mediterranea ha la sua lente distributiva. Anche se siamo amanti dei cinema, ci sarà poi il passaggio sulle piattaforme, con cui attualmente stiamo prendendo accordi”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva alla cantante Joia B

Joia B è una cantante dalla carica esplosiva. Veterana del palco, ama trasmettere amore e gioia a chi l’ascolta. Dopo i primi due inediti “Un tempo per volare” e “Sciamare'”, ha presentato a Casa Sanremo un nuovo brano intitolato “Don’t stop love”… Perché l’amore non può essere fermato!
Intervista a cura del nostro inviato Sante Cossentino, in esclusiva per Sbircia la Notizia Magazine. Con la collaborazione di Stefano Telese per Massmedia Comunicazione.
Com’è cominciata la passione per la musica?
“La passione per il canto per me è sempre esistita, non ricordo un momento particolare.”

Le tappe fondamentali del tuo percorso professionale?
“A 14 anni la prima esperienza importante con Una voce Per Sanremo, tournée come corista con una band del sud Italia, e vincitrice di numerosi concorsi nazionali. Ad aprile 2022 esce il mio primo singolo UN TEMPO PER VOLARE (brano autobiografico) e dopo pochi mesi SCIAMARE’. L’ultimo singolo DON’T STOP LOVE presentato proprio a Casa Sanremo 2023.”
Quali sono i tuoi idoli musicali?
“I I miei idoli musicali sono: Tina Turner, Lady Gaga, Amy Winehouse.”
Raccontaci la tua esperienza al festival.
“La mia esperienza al festival è semplicemente strepitosa e positiva, ricca di eventi in cui ho potuto mettermi in mostra e farmi conoscere.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Francesco D’Alessio, direttore d’orchestra per LDA a Sanremo

Una lunga gavetta, tappe importanti accanto a Gigi D’Alessio e a tanti altri artisti. Insomma, Francesco D’Alessio è un grandissimo musicista e noi lo abbiamo intervistato a Sanremo dove dirige suo cugino Luca D’Alessio, per tutti noto come LDA.
Intervista a cura del nostro inviato Sante Cossentino, in esclusiva per Sbircia la Notizia Magazine. Con la collaborazione di Stefano Telese per Massmedia Comunicazione.
Quali sono le emozioni che stai provando in questo momento e le emozioni che hai provato quando ti è stata confermata la notizia che LDA avrebbe partecipato al Festival di Sanremo e tu lo avresti accompagnato e diretto?
“Tu sai che ogni musicista ha il proprio sogno che coltiva sin da quando era bambino. E questa partecipazione era proprio il mio sogno da bambino. Spero non sia l’ultimo. È un’emozione forte, nonostante siano tanti gli anni di esperienza. Ho suonato su palchi e musicisti importanti, eppure l’emozione è davvero tanta! Questo è per me un traguardo importante. E fammelo dire con un po’ di orgoglio, non tutti ci riescono! Ci sono anche grandi musicisti che non ci sono riusciti. Ho sudato per arrivare qua, ed oggi finalmente si realizza il mio sogno.”

Hai citato diverse esperienze fatte e molte di queste importanti. Quali di questi ricordi con affetto?
“Il palco più importante è stato sicuramente quello di Piazza Plebiscito… sicuramente, poi anche quello dell’allora Stadio San Paolo… sono stato in America, in Australia, grazie a mio zio che mi ha permesso di fare questo. Ho partecipato a tante trasmissioni televisive su rai e mediaset. E sono queste le esperienze che ricordo con particolare affetto.”
Hai realizzato, quindi, da musicista il tuo più grande sogno, ovvero partecipare al Festival di Sanremo. Sogniamo ancora di più in grande. Dopo il festival di Sanremo quale altro grande sogno vuoi realizzare?
“Mah guarda… visto che ci siamo… sogno di farne tanti altri! Di continuare su questa scia.”
Parlando, invece, di tuo zio (Gigi D’Alessio), che consigli ti ha dato?
“Diciamo che più che consigli lui ci ha detto di divertirci. Lui dice sempre che ci ha dato la canna per pescare, ma il pesce sta a noi prenderlo. Lui è stato intelligente, secondo me, perché si è fatto da parte. Senza mai invadere, finanche sulla scelta del pezzo. Direi su tutto praticamente. Ci ha detto di goderci questo momento.”
Progetti futuri?
“Ci saranno tanti concerti di Luca ad Aprile ed i concerti di Piazza Plebiscito con zio Gigi. E poi ci sarà il nuovo disco di un altro artista, figlio di Napoli, che è Rosario Miraggio.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Cosetta Turco: «Sono una mamma giocherellona e una moglie...

Televisione, cinema, teatro, una lunga carriera per un sogno da bambina realizzato. Oggi Cosetta Turco è un’artista a 360 gradi: ecco la nostra intervista esclusiva!

A cura di Roberto Mallò per MassMedia Comunicazione
Come ti sei avvicinata al mondo dello spettacolo?
Sono nata con la passione per la danza. Mia mamma mi racconta che quando ero nel passeggino appena sentivo la musica mi iniziavo a muovere e poi crescendo ho iniziato a ballare guardando Lorella Cuccarini e Heather Parisi, senza che nessuno mai mi dicesse cosa fare. Poi ho iniziato a studiare danza e ho fatto di tutto per inseguire il mio sogno che prima era quello di diventare una ballerina e poi quello di diventare un’attrice.

Quali sono state le tappe principali e fondamentali della tua carriera?
La mia carriera nel mondo dello spettacolo è iniziata a soli 18 anni. Fui scelta come ballerina per il programma “Tira e Molla”, pre-serale di Canale 5 condotto da Paolo Bonolis. Ho un ricordo bellissimo di quell’esperienza, la porterò sempre nel cuore. Successivamente ho partecipato ad altri programmi televisivi come “La sai l’ultima”, “Domenica In”, “Chiambretti c’è”, “Buona Domenica” e tanti altri. Nel 2005 lavorai per una fiction intitolata “Grandi Domani” e da lì capii quanto mi piacesse stare su un set cinematografico così ho iniziai a fare provini come attrice e dopo poco fui presa per serie tv come “Distretto di polizia 8″, “Ris 5”, per poi passare al grande schermo con film quali “Napoletans”, “Operazione Vacanze”,“E io non pago” e “The Stalker”.
Quali sono i progetti a cui ti stai dedicando adesso?
Ci sonodiversi progetti in cantiere ma per scaramanzia non dico ancora nulla. Seguitemi sui mei canali social e sarete aggiornati.

Chi sei fuori dalla tv e dal tuo lavoro come donna?
Sono una mamma giocherellona e dolcissima, una moglie amorevole dedita alla sua famiglia.
Tre aggettivi per descriverti?
Sono una persona super positiva. Vedo il bicchiere sempre mezzo pieno e non mi abbatto davanti alle difficoltà, ma cerco sempre di trovare una soluzione. Sono molto buona e cerco di aiutare tutti i miei amici e infine sono una persona molto solare. Come si suol dire: un sorriso al giorno leva il medico di torno. E io mi attengo alla lettera a questo detto.
Hobby, passioni, tempo libero?
Mi piace tanto cucinare prelibatezze per i miei due uomini di casa. Mi diverto a sperimentare sempre nuove ricette e devo dire che apprezzano tanto. Una passione che mi ha invece trasmesso mio padre è quella di partire e andare in giro per il mondo alla scoperta di nuovi posti. Prima viaggiavo con mamma e papà, adesso viaggio con mio marito e mio figlio. Quel poco tempo che mi rimane a disposizione lo dedico al pilates. Ho scoperto questa disciplina da poco e mi ci sono subito appassionata.

Un sogno nel cassetto?
A livello lavorativo mi piacerebbe interpretare un bel ruolo in un film di successo e vincere tanti premi e a livello personale vorrei tanto allargare la mia bellissima famiglia.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Attualità
Intervista esclusiva a Domenico Auriemma, titolare del brand di occhiali D-Style

D-Style è una vera eccellenza del Made in Italy, un brand di fama internazionale e garanzia di gusto ed eleganza. Ecco un’intervista esclusiva all’artigiano dell’occhiale, il campano Domenico Auriemma, ottico dei vip.

A cura di Roberto Mallò per MassMedia Comunicazione
Quali sono le novità del brand in questo inizio anno?
“In questo periodo dell’anno siamo in completamento delle strategie per il nuovo anno. Programmiamo su informazioni di tendenze forme e colori i nuovi modelli da portare a completamento per la primavera estate”.
Come vivi questo particolare momento storico in questo periodo dell’anno?
“Il periodo natalizio per me è sempre dedicato alla famiglia”.

Dove trovi la motivazione per il tuo lavoro?
“Ogni mio singolo modello è realizzato a mano; sono tutti come dei miei figli. Chi si relazione con me si deve sentire come se stesse parlando con una persona cara della sua famiglia. In ogni singola occasione non amo e non ho mai amato parlare di relazione di stira commerciale, perché il fine non è legato al business (contrariamente a chi ne fa l’unica e sola prerogativa ), ma al rapporto, alla stima, all’affetto verso prima noi stessi, per quello che facciamo con immensa passione, e poi verso chi ci stima e ci vuole bene. Personalmente, amo trattare chi ha una profonda stima nei miei confronti al pari di un mio familiare. Parlare di clienti per me è non accettabile”
Perché un cliente deve scegliere Dstyle?
“Chi sceglie Dstyle opta per la prima l’iniziale di queste parole. D di Domenico proprio perché in quella D cerco ogni singolo giorno della mia vita, in ogni singolo gesto, di trasmettere un legame verso la mia persona ed i miei manufatti, che siano più o meno economici, con la certezza che hanno un valore immenso di amore e passione”.
Come si sono evolute le tue creazioni e come cambiano nel tempo?
“Le evoluzioni del prodotto sono relative a due elementi: la richiesta del portatore e la riqualificazione della moda. Ad inventare qualcosa di nuovo non siamo, talvolta, noi ma è la storia che riappare e ci fa riqualificare ciò che viene di nuovo ed è da apprezzare. Spero vivamente che non si perda di vista e non si annulli nulla. Parlo di valori, di principi sani, di tradizioni, di ciò di bene e giusto c’era, non solo legato alla moda o al consumismo. Il tempo che stiamo vivendo ci sta portando ad accelerare in avanti e a dimenticare, talvolta, le basi e le fondamentali prerogative della vita bella giusta e sana a 360°”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva ad Angelo Perotta, direttore artistico della rassegna al Teatro de...

Anima campana, lunga gavetta e tanta esperienza, quella di Angelo Perotta è grande passione per il teatro. E fra tanti progetti è direttore artistico della rassegna al Teatro de Rosa di Frattamaggiore. Ecco la nostra intervista esclusiva!

A cura di Roberto Mallò per MassMedia Comunicazione
Come ti sei avvicinato al mondo dello spettacolo?
“Ho iniziato quasi per gioco, da ragazzino, avvicinandomi al teatro di Viviani. Ho sfidato me stesso. Mi raccontano che quando ero bambino mi sono sempre rifiutato di salire sul palco per le recite di fine anno scolastico. E invece mi ritrovo oggi che dal palco non scendo più, perché è un modo per sentirsi liberi. E’ una libertà che ti fa stare bene.”

Quali sono state le tappe principali e fondamentali della tua carriera?
“Ho capito di dover approfondire quella che inizialmente era una passione e farne il mio lavoro abbandonandone un’altra, il calcio. I maestri che sicuramente hanno lasciato un segno nella mia formazione professionale e personale – prima come attore e poi come regista e scrittore – sono Nando Paone e l’indimenticabile Cetty Sommella. Da giovanissimo, 21 anni, ho debuttato sul piccolo schermo con la regina Sophia Loren; na piccola parte che mi ha permesso di esplorare il mondo del cinema, che non disprezzo affatto, anche se successivamente mi sono dedicato molto di più al teatro. Devo comunque molto della mia identità attoriale e registica ad artisti del panorama partenopeo e non, come Eduardo de Filippo, Viviani e Troisi, che purtroppo ho potuto vedere solo in tv. Ho avuto il piacere di conoscere e vedere dal vivo un altro maestro per eccellenza, ossia Gigi Proietti, il quale è riuscito a lasciare il segno in ogni giovane artista che vuole intraprendere questo mestiere. Una svolta nella mia vita è stata la fondazione della compagnia teatrale Comic Art con la conseguente nascita dell’associazione omonima, che mi ha permesso di convogliare tutti gli insegnamenti del mio passato, conferendogli però la mia firma personale. Lo spazio artistico è diventato nel tempo centro di ritrovo, di conoscenza, di formazione per professionisti e non. Un luogo dove l’arte e la passione per quest’ultima hanno sempre regnato sovrani.”
Quali sono i progetti a cui ti stai dedicato adesso?
“Oggi, dopo anni difficili per il mondo dell’arte, posso affermare che la mia compagnia sta riprendendo la sua marcia senza esitazioni. Abbiamo ripreso la formazione e lo spettacolo per i giovani, abbiamo allestito una nuova stagione teatrale nel nostro territorio, collaborazioni con compagnie di altre regioni e all’orizzonte c’è una possibile pubblicazione del mio libro di poesie.”
Chi sei fuori dalla tv e dal tuo lavoro come ragazzo comune?
“Non amo parlare molto di me, sono esattamente ciò che vedete. Il palcoscenico è la mia vita e penso che faccia ormai parte di me e sia difficile scindere le due parti. Spesso giocosamente anche gli amici d’infanzia mi chiamano affettuosamente ‘il regista’. Contrariamente a ciò che si potrebbe dedurre da queste parole, non amo essere al centro dell’attenzione, mi piace osservare da lontano, posso risultare introverso e silenzioso, parlo solo se è necessario.”
Tre aggettivi per descriverti?
“Mi descriverei come determinato, curioso e attento.”

Hobby, passioni, tempo libero?
“Da buon partenopeo sono appassionato del mondo del calcio; mi piace ascoltare musica, meglio se dai vinili, e amo luoghi rilassanti, in particolar modo nel verde.”
Un sogno nel cassetto?
“Ciò a cui aspiro maggiormente è sicuramente la serenità… e magari essere protagonista di un film, perché no, potrebbe essere un bel sogno da realizzare.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Coronavirus
Robert Madison si racconta in un’intervista esclusiva, tra ricordi passati e sogni...

Sono tanti i lavori che vedranno protagonista Robert Madison nei prossimi mesi. Dopo il ruolo del professore in Di4ri, la serie di grande successo distribuita da Netflix, l’attore sarà il volto di diversi film destinati al cinema, tra cui Soldato Sotto la Luna diretto da Massimo Paolucci. Un periodo roseo, frutto dei tanti anni di lavoro ininterrotti, di cui sta andando molto fiero e che l’ha portato a volare anche verso le Filippine, nazione in cui ha girato una pellicola horror ancora tutta da scoprire. Tra ricordi passati, in primis le esperienze nelle soap Vivere e CentoVetrine, e sogni futuri, Madison si è raccontato in questa intervista, dove ha menzionato il padre Guy, attore statunitense volto del cinema degli anni ’50 e ‘60.

A cura di Roberto Mallò per MassMedia Comunicazione
Robert, partiamo dagli ultimi lavori che la vedono come protagonista…
“In primis c’è la serie Di4ri, diretta da Alessandro Celli e che è stata distribuita da Netflix ed ha avuto un grande successo, poiché è stata per tanto tempo tra le produzioni più viste della piattaforma. Lì ho interpretato un professore di educazione fisica. Essendo un lavoro tutto incentrato sui ragazzini delle medie, i ruoli degli adulti erano senz’altro più immaginari. Ma fa sempre piacere far parte di un prodotto apprezzato così tanto che, da luglio, sta uscendo in tutto il mondo”.

Ci sono poi diversi film, no?
“Sì. C’è Soldato Sotto la Luna, diretto da Massimo Paolucci. Un lavoro dove ho potuto lavorare nuovamente con Daniela Fazzolari, che avevo già conosciuto sul set di CentoVetrine, di cui ho fatto parte per diverso tempo. Nel cast c’è anche Daniel McVicar, per anni nel cast di Beautiful. C’è questo mix di ex volti di soap che gli appassionati del genere non potranno non notare”.
Qual è il suo ruolo in Soldato Sotto la Luna?
“Sono un nazista ai tempi della Seconda guerra mondiale che arriva di fronte ad un casolare con una motoretta, accompagnato dalla propaganda e dalla musica del suo ‘credo politico’. Un uomo che, trovandosi da solo, si rilassa un attimo, si toglie la giacca ed accende una sigaretta finché, dall’alto, non spunta un ragazzino, che ce l’ha coi nazisti perché vuole vendicarsi di uno stupro subito da una sua vecchia fidanzata. Vendetta che va a buon fine, dato che riesce ad uccidere questo soldato. Anche se l’uomo, quarant’anni dopo, ritorna come fantasma. Si tratta quindi di un personaggio molto importante, dato che sono io il Soldato Sotto la Luna del titolo che torna nel casale, dove c’è la nipote del ragazzino che l’ha ucciso e che ormai è morto. E da lì parte tutto il meccanismo che porterà il nazista a tentare di fare del male alla donna”.

Con Paolucci, il regista, aveva già lavorato?
“Sì, in Una Preghiera per Giuda, dove sono stato il direttore di un carcere. Un ruolo molto particolare, dato che era un uomo strano con i capelli molto lunghi, lontano dai canoni tipici di chi dirige un penitenziario. Nei prossimi mesi, Paolucci ha in cantiere un film molto bello sullo sbarco di Anzio e dovrei farne parte pure io”.
E per quanto riguarda gli altri lavori?
“Ho girato Abisso Nero, che è stato fermo per tanto tempo a causa della pandemia. Pur essendo stato girato in precedenza, parla di un virus creato in un laboratorio per sterminare la popolazione terrestre. Quando uscirà sembrerà fatto a posta proprio in seguito al Covid, mentre invece è stato del tutto casuale. La regia di questo lavoro è di Ronald Russo e verrà distribuito, via streaming, da una piattaforma. A novembre, inoltre, sono partito nelle Filippine per girare un film horror di produzione Italiana, dove ho recitato in inglese. Il lavoro ha ancora un titolo provvisorio. Tra i prossimi progetti c’è anche un cortometraggio, di cui per il momento è meglio non parlare ma che mi vedrà sul set a febbraio. Non dico altro perché poi, magari, ci rubano l’idea, che è davvero molto carina”.

Se ricordo bene era stato già in precedenza nelle Filippine per girare dei film, giusto?
“Proprio così e sempre con Gianni Paolucci, fratello di Massimo. Insieme a lui avevo fatto, nelle Filippine, La Tomba, film horror di Bruno Mattei. Ho sempre amato spaziare tra i vari generi. Avendo preso parte a La Terza Madre e Il Cartaio con Dario Argento mi hanno spesso chiamato per prendere parte a degli horror, ma ho cercato di diversificare i lavori”.
E se le dico La lunga notte dei morti, cosa mi risponde?
“E’ un altro film che ho girato con la regia di Dario Germani. E’ un horror divertente, con una chiave utile per diversificare il genere. Pur essendo incentrato su una catastrofe zombie, ha dei momenti in cui si ride. Un esperimento che, dal mio punto di vista, è riuscito e sarà disponibile a breve. Tra l’altro avevo già lavorato con Germani in La Mattanza, che è uscito invece al cinema”.
A proposito di soap, che abbiamo citato poco fa, non ha soltanto CentoVetrine nel suo curriculum ma anche Vivere. Che ricordi ha legati a quelle due produzioni?
“Quello in Vivere era un personaggio molto bello, con una doppia faccia. Uno psicopatico che faceva il carino con Irene Monteleone (Francesca Cavallin), ma che in realtà voleva vendicarsi di un avvocato che non l’aveva difeso bene per uno stupro di cui si era macchiato e che l’aveva fatto finire in galera. In CentoVetrine, invece, sono stato per otto mesi Luca Pellegrini, un venditore di vini coinvolto in un triangolo con le cugine Carmen e Roberta interpretate da Emanuela Tittocchia e Arianna Bergamaschi”.

E’ figlio del divo del cinema americano Guy Madison. L’arte ha quindi sempre fatto parte della sua vita?
“Esatto. Anche se non è facile, cerco di portare avanti la tradizione familiare. Papà è stato una star; alla sua epoca, negli anni ’50, i film erano davvero un evento. Un attore, che appariva sul grande schermo, era un Dio. Adesso non c’è più quell’impatto quando si prende parte ad un film. E le stesse fiction, in televisione, non vengono seguite come un tempo, perché magari la gente preferisce recuperarle in una piattaforma”.
Al giorno d’oggi è difficile vivere soltanto di cinema e spettacolo?
“Se fai un film con un estremo successo parte senz’altro un volano di richieste e se scegli bene, portando a casa altri due o tre prodotti apprezzati, tutto va da solo. Non è sempre detto, perché il successo non è facile da mantenere. Bisogna avere la freddezza, la lucidità e l’umiltà per ciò che sceglierai dopo. Altrimenti rischi di bruciarti. Ci vuole fortuna, ma anche molta testa e intelligenza nel mantenere il successo che si ha. In Italia ci sono degli attori che lavorano sempre, non si rischia tanto su nuovi volti. I produttori sanno che un determinato attore porta quell’incasso, in base alle varie statistiche che vengono fatte, e vanno sul sicuro con i loro soldi. In passato, negli anni ’60, questo meccanismo non c’era. Si rischiava di più e si facevano almeno 300 film all’anno. Ora forse ne girano 16 o 20, puntando magari su volti che il pubblico apprezza. Per citarne due, Pierfrancesco Favino ed Elio Germano, che sono bravissimi e adoro, ma anche altri miei stimati colleghi”.

Parlando di sé, ha qualche passione in particolare?
“Sono una persona sportiva. Non a caso, sono maestro della Federazione Italiana di Tennis e Padel, sport molto in voga in questi ultimi anni”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma. Foto da cristinacaremoli.agency
Cultura
Intervista esclusiva a Gianfranco Angioni, autore del libro “Le metamorfosi imperfette”

Oggi vogliamo presentarvi Gianfranco Angioni, autore del libro “Le metamorfosi imperfette” per la Pav edizioni, un libro che saprà stupire, coinvolgere e risolvere alcuni dubbi o domande sul rapporto uomo donna con un finale inaspettato.
Da dove nasce questo titolo?
“Le metamorfosi imperfette è un romanzo in cui si intrecciano vicende di persone comuni e del loro vivere l’esistenza secondo le proprie attitudini e il proprio sentire. L’essere umano riconosce i suoi limiti e le sue deviazioni, cerca anche di migliorarsi, di cambiare. Ma la natura umana è immutabile a dispetto dei condizionamenti cui l’uomo stesso la può sottoporre, le trasformazioni repentine degli esseri viventi riescono solo nella mitologia e nella letteratura. Nel caso degli esseri umani sono, appunto, metamorfosi imperfette.”

Sheila chiede a Glauco “Dimmi che senso ha stare con te”. Che senso ha il loro rapporto?
“Sheila e Glauco erano stati amici per molto tempo, poi l’ha accettato perché pensava la completasse sia affettivamente che fisicamente. Pensava di essere arrivata a un punto fermo della sua vita. Quando si era resa conto di non essere pienamente corrisposta aveva deciso di chiarire questa relazione, a qualunque costo. Ma mai dire mai, anche Sheila ha una natura complessa, occorre andare vanti nella lettura di Le metamorfosi imperfette e vedere cosa accade. Ognuno è fatto a modo proprio, qualche volta si incontra l’anima gemella, qualche volta no, qualche volta per un certo periodo di tempo va tutto bene, qualche volta niente va bene.”
A pagina 100 affronti il rapporto uomo donna in modo più ampio. Può esserci amicizia tra uomo e donna?
“Sicuramente, a patto di accettare la completa parità tra uomo e donna. Certo, a volte, nel corso di una giornata, nel corso di un mese o di un anno, può esserci anche desiderio sessuale. Senza ipocrisie, quando si spinge molto avanti oggi lo chiamano un rapporto da “scopamici”, ma credo che tali relazioni siano sempre esistite. Non dimentichiamo che nel nostro DNA vi sono residui da uomo preistorico, anzi anche da rettili preistorici e che certe problematiche del giusto e dello sbagliato sono giunte quando l’uomo ha elaborato i concetti di morale, si è dato delle leggi, ha inventato il matrimonio.”
Proseguendo, a pagina 109, da uno a dieci quanto è megalomane Glauco?
“Glauco non è megalomane, è una persona che, nella sua tendenza a cambiare, nella sua volubilità e immaturità, è rispettoso dei suoi simili. Certo ha reazioni a volte fuori dalla norma e commette errori, come tutti.”
Perché il rapporto che Glauco ha con Arianna “sarebbe stato diverso”, come cita il racconto a pagina 111, rispetto a quello avuto con Sheila?
“Perché con Sheila è il completamento di una relazione di amicizia, di affiatamento che muta nel tempo, con Arianna è il risultato di un flash emotivo, senza giustificazione logica e, in quel momento gli piace. Non dimentichiamo che precedentemente si è dedicato alla ricerca dell’anima gemella. In quei momenti pensa che la ricerca si concluda con Arianna.”
Come mai hai scelto proprio Malta per ambientare l incontro tra Arianna e Glauco?
“Perché Malta e La Valletta sono molto belle e si prestavano per un incontro di riavvicinamento, di premessa a un futuro rapporto amoroso tra i due e poi, il fatto di avere citato quel particolare dipinto di Caravaggio, la reazione di Arianna alla sua visione erano la premessa a futuri sviluppi del romanzo. Nell’equilibrio di una trama, nulla è lasciato al caso, nulla deve essere banale, buttato lì per caso, alla fine i conti devono tornare, altrimenti il lettore alla fine completa la lettura con un senso di incompiuto, non armonico, non bello. Ringrazio Fabia Tonazzi e Sbircia la Notizia Magazine per avermi dato l’opportunità di esprimermi e spiegare quanto la lettura del mio romanzo possa richiedere.”
Arrivati alla fine di questa intervista, invitiamo chi lo desidera a leggere fino alla fine “Le metamorfosi imperfette“, ci sono ancora tante sorprese da trovare. Per fortuna la natura umana è molto ampia e variegata e si presta a continue e diverse descrizioni di caratteri.
(di Fabia Tonazzi)
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Attualità
TuDiva by Giulia Fiorentini, la scelta giusta per sorprendere chi ami con un gioiello di...

Rieccoci qui a parlare di gioielli e ovviamente parliamo di tuDiva! Vi dico subito: è uscita la nuova collezione, Love tuDiva. La trovate sia in negozio che online. E per l’occasione, siamo tornati a fare quattro chiacchiere con Giulia Fiorentini, la mente e il cuore dietro il brand, che ci ha raccontato qualche chicca in più.
C’è qualcosa di speciale nel regalare un gioiello, no? È un gesto che dice tante cose senza bisogno di parole: affetto, amore, rispetto… è come dire a qualcuno ‘sei prezioso per me’. E i gioielli tuDiva non sono solo belli, sono fatti con cura, con attenzione, con cuore. Regalare un gioiello è uno dei modi migliori per dire ‘grazie’, per far sentire una persona importante. E tuDiva è perfetto per questo: sono gioielli di qualità, pensati per lasciare il segno, per dire qualcosa di unico a chi li riceve.
Il gioiello come depositario degli affetti
Un gioiello è qualcosa che resta, un regalo che va dritto al cuore, un gesto che non si dimentica. È come dire, senza tante parole: ‘Ti voglio bene, sei speciale per me’. Per secoli e secoli i gioielli hanno affascinato e parlato per noi, raccontando storie di amore, rispetto, di legami che sfidano il tempo. Un simbolo, un pezzo di eternità che ci portiamo dietro.
E per questo oggi vi parliamo ancora di ‘tuDiva’. Perché sì, questo brand nato dalle mani di Giulia Fiorentini, nei laboratori di famiglia de ‘L’Arte del Gioiello’ a Viareggio, è l’essenza di tutto questo. È tradizione, è passione, è il saper fare artigianale italiano che si tramanda di generazione in generazione, un pezzo dopo l’altro, con tutto l’amore e la cura che servono.

Se ancora non l’avete fatto, vi consiglio di leggere l’intervista completa con Giulia. Ci ha aperto il suo mondo, ci ha raccontato del suo brand e di cosa significa per lei. Trovate il link qui sotto, vale davvero la pena dare un’occhiata.
Andando oltre il mero valore materiale, il gioiello è testimone di un legame affettivo, un regalo che sottolinea l’importanza, e la stessa preziosità, della persona a cui è destinato. Esiste un gioiello perfetto per ogni legame e occasione, dall’eterno diamante, al profondo smeraldo, fino alla passione dei rubini.
Ogni pietra ha una storia antichissima, oltre che ad un sistema di valori e significati profondi a essa connessi. È questa la differenza che separa irrevocabilmente un gioiello da un pezzo di bigiotteria. Nel secondo viene meno l’inestimabile valore artigianale, la preziosità e la durevolezza nel tempo, le proprietà intrinseche e le caratteristiche salienti e peculiari delle pietre preziose.
A ogni gioiello il suo significato
La stessa declinazione dei gioielli, collana, bracciale orecchini e il resto del comparto, veicola messaggi e tradizioni differenti. In base ai loro significati, si può scegliere quale sia il più appropriato per una determinata persona. Ecco una panoramica dei gioielli tuDiva e del significato che ognuno di essi rappresenta nella storia e nella modernità.
L’anello: Sin dall’Antichità, l’anello ha simboleggiato eternità e unione. Si regala soprattutto alla persona amata come segno di impegno e fedeltà e, in occasione del matrimonio, come promessa di una vita insieme;
La collana: Regalare una collana indica protezione verso una persona, l’atto di circondarla per tenerla stretta a sé. Simbolo di grande affezione, simboleggia una vicinanza di sentimento anche nelle avversità;
Il bracciale: Sin dalle epoche più antiche, il bracciale è stato utilizzato come scudo ed elemento protettivo, ma anche per indicare un rango nobiliare. Oggi si presta a essere regalato per numerose occasioni. Quelli con ciondoli personalizzati sono perfetti per sottolineare un legame o un’occasione unica;
Gli orecchini: Nei tempi antichi, gli orecchini venivano indossati come simbolo di ricchezza, diffondendosi anche tra le tribù di molteplici civiltà. In passato venivano considerati talismani propiziatori o con fini pratici e ornamentali. Attualmente l’estremo valore dell’orecchino risiede nella sua bellezza, come nella sua tradizione, e sono regali comuni che si adattano bene a ogni occasione.
Il baciamano: L’origine dei baciamano risale al lontano XVI secolo nella corte polacco-lituana, diffondendosi in breve tempo in tutte le corti europee. Era considerato un gesto di cavalleria di un uomo nei confronti di una dama dell’epoca: un saluto che non lasciava spazio a rifiuti. Il baciamano è tutt’oggi un elemento originale per stupire chi ami con un regalo non banale e completo, per fornirle il tocco che renderà qualsiasi suo outfit unico.
Gli Earcuff: Sono una sorta di orecchini che si possono indossare senza buco, si tratta di un pezzo di gioielleria molto suggestivo che andava di moda nell’antico Egitto e in India. Negli ultimi anni vengono usati in molte occasioni e per motivi diversi, rendendo i nostri looks più sorprendenti, donando a chi li indossa un tocco di unicità in più.
Sul sito di tuDiva troverete una vasta scelta di baciamano, anelli, bracciali, orecchini, collane, earcuff e tanto altro.
L’Arte del Gioiello: il valore vero della tradizione artigianale italiana, quella che ti fa emozionare
L’Italia, sapete, ha un legame antico coi gioielli. Roba che risale al Medioevo, poi ancora di più con il Rinascimento. Insomma, quando qui si parlava di arte, i gioielli erano già diventati un qualcosa di unico, elevati al livello di arte pura, roba da lasciare a bocca aperta anche il resto d’Europa.

Oggi, per fortuna, c’è ancora chi porta avanti questa passione, chi tiene vive quelle vecchie tecniche, tramandate di padre in figlio, di mano in mano. L’Arte del Gioiello di Mirko Fiorentini è una di quelle piccole grandi eccellenze che sono rimaste. Mirko è un vero maestro artigiano, uno che ci mette il cuore in ogni pezzo, uno che fa dei suoi gioielli dei piccoli capolavori che raccontano la migliore tradizione italiana.
Ogni gioiello che esce dal laboratorio di “L’Arte del Gioiello” ha una cura per i dettagli che ti lascia senza parole. Dalla base fino alla pietra incastonata, ogni passo è fatto con la massima attenzione, ogni trattamento studiato per far sì che quel gioiello resti bello nel tempo, sempre. Ma la cosa bella è che ogni creazione ha una storia, è diversa dalle altre, unica come un piccolo sogno che si materializza. E Mirko Fiorentini è uno che crede nel valore del Made in Italy e ha passato tutto questo amore e passione a sua figlia Giulia.
TuDiva by Giulia Fiorentini, il gioiello perfetto da regalare o regalarsi
I nostri lettori più attenti già ne hanno sentito parlare: l’intervista di Giulia è infatti una tra quelle che ha riscosso maggior successo. TuDiva, o tuDiva, riportandolo con la grafica corretta, è il brand creato da Giulia Fiorentini, nel febbraio del 2022, “per far sentire ogni donna una diva”. Figlia d’arte, sin da piccola Giulia è cresciuta nel mondo dei gioielli e la sua passione si è ben presto trasformata in professione.
Giulia ha iniziato presto, a sei anni già giocava a fare gioielli, e oggi, guardate un po’, ha creato un’intera linea tutta sua. Si è formata come disegnatrice CAD, roba tecnica insomma, ma il suo cuore è sempre stato nelle pietre preziose e nei gioielli, quel tipo di amore che hai da bambino e non ti lascia più. Ha messo tutto questo in tuDiva: giovane, fresco, moderno, ma con dentro tutto l’amore per l’arte di creare qualcosa di speciale.
Ogni gioiello è unico, proprio come chi lo indosserà. Ogni dettaglio è curato, niente è lasciato al caso e ogni pezzo è fatto solo con materiali di qualità, nel rispetto della tradizione orafa italiana che non si scherza. E poi con tuDiva puoi chiedere di tutto: gioielli personalizzati, qualsiasi cosa ti venga in mente, qualcosa che parli davvero di te. Giulia è lì, pronta a trasformare un’idea in un piccolo capolavoro da portare sempre con sé.
A tal fine è possibile compilare il form direttamente sul sito oppure inviare una mail a info@tudiva.it – non c’è limite alla fantasia e potrete richiedere la creazione di qualsiasi gioiello abbiate in mente, così che possa essere un pezzo davvero unico al mondo. Il vostro gioiello sarà disegnato direttamente da Giulia, lo ricordiamo, disegnatrice CAD professionista. Vi sarà inviato il render via mail e in caso di approvazione, inizierà la lavorazione, rigorosamente a mano, dagli orafi del laboratorio de “L’Arte del Gioiello”. Questa è sicuramente un’idea regalo perfetta per occasioni da rendere uniche ed indimenticabili.
In basso un’immagine della lavorazione a mano dei gioielli tuDiva.

Un gioiello racconta inevitabilmente una storia, dicendoci qualcosa dei gusti e del carattere di quella persona. E Giulia mette il cuore nel suo lavoro, per soddisfare ogni suo cliente.
La collezione, in stile artistico moderno, realizzata in argento 925 e incastonata di pietre preziose, è piena di carattere e di vitalità, con un design essenziale e ricercato: una classicità senza tempo che si adatta alla vita della donna moderna. Gioielli per esaltare la bellezza esteriore e interiore, la storia individuale e tutte quelle caratteristiche che rendono ogni persona diversa dalle altre.
Donare un gioiello tuDiva vuol dire esprimere i propri sentimenti, fare sentire una donna apprezzata e speciale – regalare un sogno materializzato, infuso della passione dell’anima creatrice.
TuDiva, gioielli ma non solo: idee regalo “alternative”
Sul sito ufficiale tuDiva troviamo un’ampia offerta di prodotti. Oltre ai gioielli come anelli, collane, baciamano, bracciali, earcuff e parure, possiamo trovare diversi tipi di accessori: dal porta borsa da tavolo alla penna a forma di rossetto, dal panno per la pulizia dei gioielli al porta gioielli da viaggio. Insomma, gadget molto utili da portare sempre con sé.
Il porta borsa da tavolo tuDiva è un gancio da tavolo per borse in acciaio inossidabile, disegnato da Giulia Fiorentini. L’accessorio, grazie alle sue piccole misure, è ideato anche per le borse più piccole: si può infatti fissare anche all’esterno della borsa. Supporta grandi pesi ed è una delicata innovazione realizzata in un pezzo unico nel suo genere. Disponibile in due colorazioni diverse e si può anche richiedere un’incisione, in modo che sia un accessorio unico e personalizzato.
La penna rossetto tuDiva da borsetta scrive in blu, è super leggera e comodissima anche per le borse più piccole.
La nuova collezione “Love tuDiva”
E le sorprese non finiscono qui – come vi abbiamo anticipato all’inizio, Giulia Fiorentini ha appena rilasciato la nuova collezione, Love tuDiva, già disponibile sia online che presso il negozio del brand nel vero centro di Viareggio. La nuova linea di gioielli nasce per continuare a soddisfare tutte le richieste e il desiderio di acquistare la qualità del made in Italy, sviluppando le linee salienti della prima, offrendo qualità altissima, unicità e personalizzazione.
Lo storico e intramontabile design italiano incontra tecniche e macchinari moderni e sofisticati, un connubio da cui nasce una collezione avvincente e promettente che guarda al futuro, preservando la tradizione di famiglia e tutto il meglio che l’expertise dei gioiellieri italiani possono offrire.

Abbiamo incontrato ancora una volta Giulia per saperne di più e ci ha spiegato che “questa linea resterà con noi per tanto tempo e che si rinnoverà di continuo con proposte nuove e alla moda”. Ogni pezzo sarà unico, esattamente come chi li indossa. Il nome Love tuDiva, rappresenta “l’occasione di regalare un gioiello indimenticabile” proprio perché, come suggerisce il nome stesso, è possibile trovare molte pietre taglio cuore e solitari, simbolo per eccellenza del fidanzamento.
“Posso dire che la nuova collezione, Love tuDiva, è nata grazie al pubblico e alla forte richiesta. Visto i notevoli ordini ho deciso di ampliare il catalogo che continuerà a rinnovarsi, seguendo le nuove tendenze e le evoluzioni di stile. Con amore e tutta la qualità del made in Italy.” (Giulia Fiorentini)
Per finire, vi rimandiamo ancora una volta alla nostra intervista esclusiva a Giulia Fiorentini e al sito ufficiale di “tuDiva”, dove troverete anche lo shop online.
Vi ricordiamo che il primo punto vendita tuDiva si trova a Viareggio e fa angolo tra Via Antonio Fratti, 178 e Via Giuseppe Zanardelli, 152: da un lato c’è la vetrina tuDiva e dell’altro la vetrina de “L’Arte del Gioiello“.
Emoziona chi ami con un gioiello di alta qualità, scegli tuDiva!
Interviste
Intervista esclusiva a Luciana Frazzetto, in scena con “SIGNORI E SIGNORE BUONASERA”

Dopo il grande successo di Varietà Romano, di nuovo in scena la premiata ditta Frazzetto & Scapicchio, che portano divertimento, gag, travestimenti, macchiette e tanta bella musica che ci riportano indietro nel tempo omaggiando il varietà e quelle trasmissioni degli anni 60/70 che hanno accompagnato la storia della televisione italiana.
Al Teatro degli Audaci, arriva il nuovo successo firmato dalla coppia Luciana Frazzetto e Sandro Scapicchio con lo spettacolo “Signore e Signori Buonasera” per la regia di Massimo Milazzo, che regalano al pubblico allegria e buonumore a go-go e soprattutto due ore di sane risate e buona musica. Uno show coinvolgente, dal ritmo continuo, che vede in azione una frizzante, scoppiettante e instancabile Luciana Frazzetto e un eclettico musicista, cantante e attore come Sandro Scapicchio.
Come va tutti pazzi per mamma?
Abbiamo terminato lo spettacolo a Roma al Teatro 7 Off il 6 Novembre riscuotendo un grande successo di critica e di pubblico. La commedia scritta da Luca Giacomozzi per la regia di Massimo Milazzo è piaciuta molto sia ai giovani che alle persone più mature perché c’erano tutti gli ingredienti per fare il pieno di risate, e non solo…. Infatti si ride moltissimo ma allo stesso tempo ci sono momenti di grande commozione.

Qual è il punto di forza dello spettacolo?
Trattare temi importanti con il tono della commedia,, come la vita della nostra famiglia, che vive la sua quotidianità tra ironia e vivacità, tra alti e bassi, tra divertimento e commozione. Marisa, il personaggio che ho interpretato ha rinunciato a fare carriera nel mondo del cinema proprio per la sua famiglia a cui è molto legata ed è un punto di forza della nostra commedia. Tante risate e qualche lacrimuccia finale sono gli ingredienti del nostro successo.
Qual è il segreto per lavorare insieme e fare cose di successo?
Moltissime regie dei miei spettacoli portano la firma di Massimo Milazzo. Il nostro connubio dura da oltre trent’anni. Il successo della nostra ditta “Frazzetto-Milazzo” è stato sugellato nel 1990. Non è facile lavorare insieme in teatro. Spesso ci sono diverbi, abbiamo vedute diverse su una battuta, su uno stato d’animo, su un movimento e durante le prove nascono, nervosismi, discussioni, battibecchi, risate… che alla fine però sono costruttivi perchè dalle contraddizioni nascono spettacoli perfetti. perché Massimo, come un bravissimo direttore d’orchestra, dirige gli attori con energia e precisione ed esige la perfezione assoluta. Noi siamo un’unica cosa sia nella vita privata che nel lavoro e calato il sipario, spenti i riflettori, torniamo a casa marito e moglie.
Vogliamo parlare degli altri progetti a teatro e non solo che vi vedono coinvolti insieme?
Prossimamente dal 1 al 4 Dicembre debutterò al Teatro degli Audaci a Roma con uno spettacolo di Varietà, molto divertente scritto da me e Sandro Scapicchio “SIGNORE E SIGNORI BUONASERA” sempre con la regia di Massimo Milazzo. E’ un contenitore di Sketch, monologhi comici, battute, canzoni romane, Battute demenziali con humor inglese in chiave italica, gag…dove anche il pubblico sarà protagonista. Molto diverso dalla commedia TUTTI PAZZI PER MAMMA, ma altrettanto molto divertente. Dopo un periodo di restrizione e quarantena, cerchiamo di regalare allegria e buonumore.
A Marzo invece porterò in scena un mio monologo, che ho portato in tournèe già da diversi anni, scritto insieme a Riccardo Graziosi “NEI PANNI DI UNA DONNA” diretto sempre dal mio regista preferito Massimo Milazzo. E’ un monologo divertente che indaga l’universo femminile visto dagli occhi ingenui (ma non troppo) di una sarta, che si trova a raccontare episodi della propria vita, in monologhi dissacranti, con un inaspettato e suggestivo colpa di scena finale che non posso assolutamente svelare. Tra un orlo e una cerniera, le faccende di casa, un insopportabile marito, due figli e un cane, mi divertirò a far ridere il mio pubblico parlando di tutto ciò che ci circonda al giorno d’oggi. Un monologo molto apprezzato dal pubblico e dalla critica e che tratta anche il tema del femminicidio con un’ironia graffiante, perché spesso il sorriso è l’arma migliore per affrontare il dolore.

Cosa ti ha fatto innamorare di lui /lei?
Era Gennaio del 1990 quando incontrai Massimo per la prima volta in teatro. Era seduto con la sua sciarpa, il suo capello lungo e bianco che fuoriusciva dal suo inseparabile borsalino. La sua immagine mi ricordò subito Federico Fellini con il quale avevo lavorato alcuni anni prima. Mi colpì il suo grande carisma, la sua gioia nell’approcciarsi con gli attori, la sua disponibilità e il voler aiutare i giovani, cosa molto rara in questo ambiente. Ci siamo innamorati durante le prove e la sera della prova generale ci siamo dati il nostro primo bacio e poiché eravamo tutti e due impegnati sentimentalmente decidemmo di “scappare” dai rispettivi partner andando a fare una vacanza insieme dopo le repliche. Da quel giorno non ci siamo più lasciati. Massimo è un uomo molto altruista, un’artista a tutto tondo, è anche un bravissimo direttore di doppiaggio e fa questo lavoro con tantissima passione donandosi anima e corpo. Insomma….Massimo è Massimo…e sono stata felice e fortunata ad averlo incontrato. La nostra è una bella storia d’amore. Una bella favola.
Tre aggettivi per descriverlo /descriverla?
Dinamico, estroverso, colto.
Un sogno nel cassetto da realizzare?
Avendo iniziato la mia carriera in cinema, ho avuto la fortuna di lavorare con grandi maestri, Fellini, Samperi, Damiani, Castellano & Pipolo, i fratelli Vanzina, Steno, Mastroianni, Alberto Sordi…. ma il mio sogno sarebbe quello di lavorare con Pedro Almodovar. Le sue pellicole sono originali e variegate; le sue opere eccentriche e grottesche e sono popolate da personaggi forti e sopra le righe, passionali e sentimentali, proprio come piacciono a me. Sono un’attrice comica, drammatica, imprevedibile, ironica e quindi…. Si! Mi piacerebbe molto interpretare uno dei suoi personaggi, e magari avere anche una piccola parte in un suo film, ma so che resterà un sogno. Ovviamente se mi dovesse chiamare Özpetek o Sorrentino, mi precipiterei immediatamente.
E vorrei concludere questa intervista con una frase di Lee Strasberg che disse: “L’attore crea con la sua carne e il suo sangue tutte quelle cose che le altre arti, in qualche modo, tentano di descrivere.” Bella vero?
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Vladimir Randazzo: «A me piace la limpidezza, la linearità e la...

Nato a Ragusa il 6 Agosto 1994, Vladimir Randazzo è uno dei giovani attori italiani più interessanti e talentuosi del momento. Molti sicuramente legano il suo volto alla fiction televisiva di Rai Tre, “Un posto al sole”, in cui interpreta il ruolo di Nunzio Cammarota.
Randazzo, che ha sempre nutrito sin da piccolo la passione per la recitazione, ha cominciato piuttosto presto la sua carriera, prendendo parte a diverse serie tv e pellicole cinematografiche: “Il giovane Montalbano”, “A mano disarmata”, “Squadra Antimafia 8”.
Ma il primo amore di questo bell’attore siciliano resta sempre il teatro, da cui ha mosso i primi passi e che ha rappresentato un trampolino di lancio per il suo futuro.
Vladimir Randazzo ha completato la sua formazione frequentando l’Accademia di Arte Drammatica “Giusto Monaco” INDA di Siracusa, alla fine degli studi presso il Liceo Classico “Umberto I” di Ragusa.
Vita privata
Non si sa molto della vita personale di Randazzo, che non ama molto essere al centro del gossip. Ci è finito comunque tempo fa, a causa del presunto flirt con la showgirl Patrizia Pellegrino. Attualmente l’attore vive a Roma.
La nostra intervista
Nunzio Cammarota, il personaggio che interpreti nella fiction “Un posto al Sole” è piuttosto camaleontico: cosa ritrovi di te, del tuo carattere, in lui?
“Durante lo studio della matrice di questo personaggio molte volte mi sono chiesto quali potessero essere i punti di forza che ci legassero. Non per usare scorciatoie nel costruire identità vicine alla mia, bensì per avere punti di partenza immaginari tramite cui realizzare le ragioni e i pensieri di Nunzio. Così facendo, come inevitabilmente avviene in un processo di mimesi, ho registrato dei punti in comune che trovano espressione in alcuni pregi e difetti che avvicinano la mia persona al personaggio di Nunzio. Senza dubbio la testardaggine -quella la possiedo senza mezze misure- la voglia di mettermi sempre in discussione e la limpidezza nel farlo senza vergognarmi. A volte anche l’incapacità di accettare con calma le scorrettezze e le prepotenze, finendo così per esagerare e strafare.”

Ti sei trasferito dalla Sicilia a Roma per studiare recitazione e lavorare nel mondo dello spettacolo. Cosa ti manca di più di Ragusa e della tua terra di origine?
“Credo che il tassello di cui più sento la mancanza sia la famiglia. Implicitamente, scegliendo questo mestiere e sperando che vada bene, accettiamo di allontanarci dai nostri affetti, dai familiari. A volte mi fermo a pensare a quanta energia spendiamo per rimanere al passo di questa vita frenetica che chiede sempre qualcosa in pegno. Realizzo che a volte non ci accorgiamo che stiamo vivendo tanto tempo lontano dai nostri genitori, dai familiari in genere. Purtroppo l’allontanamento coinvolge un po’ tutti e ferisce un po’ tutti. Anche chi non lo ammette. La città non mi manca poi così tanto, mi mancano le persone con cui l’ho vissuta. Mi manca la MIA PERSONALE città di Ragusa a cui sono legato da ricordi, sensazioni, odori, dolori e gioie. Ma sono felice di ciò che ho e so che, senza il supporto proprio di chi ci sta accanto anche da lontano, non saremmo arrivati dove siamo oggi. Ancora una volta la più grande risorsa che possiamo avere sono le persone che ci stanno accanto davvero.”
Cosa provi quando reciti? Ti leghi emotivamente ai personaggi che interpreti, o riesci a mantenere un certo distacco?
“Beh, qui affrontiamo una separazione, un istmo che da tempo immemore divide diverse scuole di pensiero sulla questione. La recitazione è un processo mimetico che coinvolge inevitabilmente il tuo personale background emotivo ed esperienziale. Lo si elabora poi e lo si plasma in realtà vissuta, che si chiami Nunzio o in un altro modo. Quindi penso che il distacco che si crea tramite tutto ciò sia poi quello che ci aiuta a tenere d’occhio il percorso, i segnali, la strada… a stare attenti, insomma, a non fare incidenti. Una specie di occhio esterno sempre vigile. Brecht allacciò molti suoi pensieri e dettami interpretativi alla teoria secondo la quale un attore debba estraniarsi dal ruolo e osservarlo quasi dall’esterno per, paradossalmente, aderirvi maggiormente. In ultima analisi è sempre necessario anche uno sforzo tecnico per restituire naturalezza e verità. Ecco perché servono buone scuole, buoni maestri e forza di volontà e cultura. Non ci si può improvvisare.”
Essere attori oggi non è facile: bisogna essere pronti a studiare e reiventarsi continuamente. Quali sono i tuoi obiettivi professionali da qui ai prossimi cinque anni?
“È un mestiere complicato, ostacolato ancor di più dai nuovi social media che hanno portato al successo persone che non capiscono che fare questo mestiere è cosa seria e che la notorietà non c’entra nulla, che fare l’attore è un lavoro normale che non è normale, che bisogna mandare un messaggio di cultura alla gente. So di avanzare pensieri forti e forse polemici, ma la verità è che la nostra categoria non è difesa da mura di cinta e che bisogna pretendere tanto impegno e tanta dedizione per poter dire di fare questo mestiere. Se penso a uno sviluppo plausibile da qui a cinque anni, non penso strettamente a qualcosa di personale ma auspicherei a una condizione di maggiore meritocrazia per il nostro settore. Basta con gli influencer.”
C’è un attore del passato che ti piace particolarmente, o al quale ti ispiri?
“Gian Maria Volontè e il suo trasformismo eclettico. Senza elencarne i motivi reconditi, è stato probabilmente uno dei più grandi interpreti. Nutro inoltre una specie di ossessione per Sir. Anthony Hopkins che, per quanto mi riguarda, è un attore senza limiti fisici o mentali. Può arrivare ovunque.”
Quanto conta, nella carriera, la fortuna?
“Parecchio, la fortuna conta davvero tanto. Un po’ la creiamo, molta è quella che invece ci raggiunge. Come molta è quella che non ci assiste in altre cose.”
Sei una persona ottimista? Come ti vedi tra venti anni?
“Abbastanza ottimista con sprazzi di realismo. Lo trovo un modo sano per affrontare la vita. Vent’anni sono un po’ tanti. Ma spero di essere felice e circondato da persone che mi vogliono bene e a cui io voglio bene. C’è davvero ricchezza più grande di questa?”

La più bella lezione di vita che hai imparato sul set?
“Che il progetto vince sulle piccole necessità e velleità personali. Che siamo sempre a servizio di una storia che vive e respira grazie alla collaborazione di tanti componenti di una macchina.”
Quale desiderio esprimi di fronte ad una stella cadente?
“Conservare la passione di conoscere le diversità altrui, le culture altrui e le ragioni altrui. Viaggiare per imparare, mangiare e gioire di ciò che non conoscevo, ma che sto conoscendo. Il viaggio nel senso macroscopico del termine.”
Agli occhi del pubblico sembri bello e impossibile. Chi è Vladimir, nella vita di tutti i giorni?
“Impossibile no di sicuro (ride, ndr). A me piace la limpidezza, la linearità e la semplicità. Credo siano tre mie caratteristiche importanti. Adoro stare in gruppo e condividere tempo con gli altri, adoro fare sport (e anche mangiare). Tutto ciò che implica una connessione sociale con gli altri mi diverte molto e mi tranquillizza.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma. Foto di Giuseppe D’Anna.
CLICCA QUI PER LEGGERE TUTTE LE ALTRE NEWS E ANTICIPAZIONI SU UN POSTO AL SOLE
Interviste
Intervista esclusiva a Marco Ciriaci, Patron di Miss Universal Beauty

Marco Ciriaci, attore e conduttore televisivo nato a Roma, Amministratore di Mediaseven Production di Roma. Dopo quattro anni alla Direzione Nazionale di Miss Universe e dopo ben 6 Finali Mondiali, decide di accettare l’incarico di Presidente Internazionale di Universal Beauty Competition. Noi lo abbiamo incontrato e in quest’intervista ci ha raccontato qualcosa in più sul concorso ma non solo…
Qual è il bilancio di questo inizio di ripartenza?
Ottimo, inaspettato. Universal Beauty Competition sta viaggiando a ritmi pazzeschi e il primo grande risultato fatto registrare dalla nostra Valeria Mancusi lo scorso maggio alla Finale Mondiale di Miss Elite World in Egitto ne è stata la prova lampante. Riportare in Italia una fascia internazionale e una TOP10 al primo colpo penso proprio che sia un risultato da Guinness dei primati.
Qualcosa sta finalmente cambiando.
Quale futuro attende le vincitrici?
Prima di tutto di cambiamento. Fino ad oggi l’Italia alle Finali Mondiali di Miss Universe, tanto per citarne uno, ha fatto solo un “riempitivo”, e purtroppo per loro continuerà a farlo per molti anni ancora. Per loro l’Italia rappresenta un numero, niente di più. E non solo l’Italia, ma l’Europa in generale. Ogni tanto ci regalano ad una nazione europea il “contentino” di una TOP20 o giù di lì, ma per quanto riguarda i piani alti l’Europa non ha accesso.
Ma da oggi si cambia, sarà l’Italia a dettare le regole, il nostro paese e le nostre ragazze dovranno essere protagonista. l’Italia deve occupare il posto che gli spetta di diritto. È uno dei paesi fra i più belli al mondo, se non il più bello, e non può non occupare un posto di rilievo nelle classifiche mondiali della bellezza.

Quali consigli dai a chi si approccia al concorso?
Di pensare in grande. Serve ambizione e carattere, determinazione e idee molto chiare, altrimenti si rischia di regredire e tornare indietro di 30 anni, quando l’unica cosa che questo nostro paese sapeva offrirci, era quello scempio della cosiddetta “ragazza della porta accanto” che purtroppo per chi ha coniato questa dicitura oscena, non ha mai fatto niente di buono.
Solo danni. Non ha fatto altro che creare un immagine di donna italiana assolutamente sbagliata.
Oggi si lavora meglio in Italia o all’estero?
Dipende. Ripeto, l’Italia è un paese che offre molto ma toglie anche molto. Le nostre ragazze devono obbligatoriamente viaggiare, conoscere il mondo e fare esperienze. Tutto questo però, senza mai perdere di vista la cosa più importante, che siamo italiani. Siamo il TOP.
Quanto contano bellezza e sostanza in un beauty contest?
Se ci sono entrambe, moltissimo.
La bellezza è il biglietto da visita, la sostanza è ciò che rimane nel tempo. La bellezza ha un inizio e una fine. La sostanza dura in eterno.

Come va la collaborazione con Eleonora Cecere?
Molto bene. Eleonora è una brava ragazza e nonostante non sia un esordiente, ha una gran voglia di fare e di migliorare. Dote che in pochissime hanno.
Chi è Marco Ciriaci oggi?
Lo stesso di 20 anni fa. Con molta più esperienza e razionalità. Ma con la stessa identica fame. Sono follemente innamorato di ciò che faccio e la cosa che mi gratifica enormemente è vedere che coloro che mi sono accanto e mi conoscono bene, tutto questo lo percepiscono. Ecco… è proprio quella sottile percezione fra cuore e capacità, che rendono un artista invincibile, contro tutto e contro tutti.
Un sogno nel cassetto da realizzare?
I cassetti sono fatti per gli slip e le scartoffie, non di certo per i sogni.
I sogni devono volare in alto e prendere sostanza. I miei??? Volano splendidamente…
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Giovanni Carta: «Il teatro è stato la mia casa»

Sarà Tiberius nell’attesissima seconda stagione di Barbarians, al fianco di Alessandro Fella che interpreterà invece Germanicus, ma anche il marito di Elena Radonicich in Brennero, nuova fiction in onda prossimamente sulle reti Rai. Parliamo dell’attore siciliano Giovanni Carta, che ha al suo attivo una lunga esperienza teatrale e televisiva. Tra tanti progetti, l’artista è entrato di recente a far parte della piattaforma WeShort, che si occupa di cortometraggi italiani e internazionali. Un nuovo ed entusiasmante impegno per l’attore palermitano, volto di fiction celebri come Il Capitano, La Mafia Uccide Solo D’Estate e Il Cacciatore.
Giovanni, partiamo dall’inizio. In una passata intervista ha dichiarato che non c’è stato un momento in cui ha capito che voleva fare l’attore, perché in fondo ha sempre desiderato fare soltanto questo. Me lo conferma?
“Sì, in qualche modo sono stato fortunato, nel senso che non ho dovuto mai scegliere. Era talmente chiara fin da subito questa necessità di voler fare l’attore, che non mi sono mai dovuto porre il problema di concentrarmi su qualche altra passione. Essendo siciliano, per poter fare qualcosa, sono dovuto andare via dalla mia terra nel 1991. Da lì, mi sono poi iscritto all’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, dopo aver superato un difficile esame d’ammissione. Questo ha fortificato una passione che, già negli anni precedenti, avevo avuto modo di coltivare e di far crescere. Fin da piccolo era un assiduo spettatore di teatro.
Il richiamo del teatro, che ha fortemente influenzato la sua carriera…
“Il teatro è stato la mia casa; li mi sono formato. Ho lavorato con molti Teatri Stabili d’Italia: da quello del Friuli-Venezia Giulia, fino ad arrivare a quello di Catania. Ho fatto tantissime tournée, al fianco di attori importanti della scena italiana, come Mariano Rigillo, Massimo De Francovich, Massimo Popolizio, Elisabetta Pozzi, Alessandro Preziosi.Spettacoli che giravano per cinque, sei mesi, in tutta Italia. Il teatro,mi ha accompagnato per gran parte della carriera. Ho fatto la vera e propria gavetta. Cambiavo genere, repertorio. E’ stata una vera formazione. Non sono mai tornato in Sicilia e questo mi ha permesso di avere qualche contatto nella città di Roma, dove poi mi sono fermato a vivere e tutto ha avuto inizio! Da lì, pian piano, sono arrivate anche la televisione e il cinema”.
Nonostante l’arrivo della televisione e il cinema, ha comunque fatto contemporaneamente teatro…
“Si, anche se è cambiato il modo di fare teatro. Prima ti impegnava tantissimo, motivo per cui era difficile riuscire a fare anche televisione. Col tempo, le tournée si facevano sempre meno ed erano più corte. Questo ha fatto sì che si cercassero delle alternative. Ho così iniziato a fare televisione. Non ero giovanissimo ed avevo, la maggior parte delle volte, dei ruoli da cattivo. Ho cominciato con Vittorio Sindoni, che considero il mio mecenate, grazie alla serie Il Capitano con Alessandro Preziosi e Gabriella Pession. Prima di questo, è vero che avevo preso parte ad un episodio de La Squadra o al film di Roberto Andò che si intitolava Il Manoscritto del Principe ed aveva un cast internazionale meraviglioso, ma il lungo impegno seriale è arrivato con Sindoni. In seguito, ci sono stati Butta La Luna e La Mia Casa E’ Piena di Specchi, lungometraggio sulla vita di Sophia Loren, con lei che interpretava la sua mamma. Io, invece, ero il marito Carlo Ponti”.

Che tipo di esperienza è stata quest’ultima?
“Sophia è la diva per eccellenza. E lo dico con la stima e la più grande ammirazione. E’ una donna di un estremo fascino e di una grandissima sensibilità ed umanità; è sempre sorridente e accogliente. Con me, che avevo il ruolo di colui che era stato suo marito, è stata molto simpatica. Avrebbe potuto non calcolare nessuno e farsi i fatti suoi e, invece, è stata una donna piena d’attenzione e di sorrisi. Quando mi ha visto per la prima volta vestito e agghindato come Carlo Ponti, si è commossa. Mi ha fatto molto piacere. Ed ho anche un altro aneddoto meraviglioso da raccontarti”.
Quale?
“Parlando di me, si è avvicinata a Vittorio Sindoni, il regista, e gli ha detto che ero perfetto per fare Carlo Ponti. La Mia Casa E’ Piena Di Specchi è stato il mio primo ruolo televisivo rilevante. Anche se poi è venuta tutta la saga della Sicilia, come Il Giovane Montalbano, con Michele Riondino con cui avevo già lavorato in teatro, e La Mafia Uccide Solo D’Estate con Claudio Gioè e Anna Foglietta. Anche quella è stata una bellissima esperienza, con la regia di Luca Ribuoli.raccontare la Mafia con ironia è stato molto divertente.Sono arrivati, infine, i film in costume tratti dai Romanzi di Andrea Camilleri come La Mossa del Cavallo. Anche quella è stata una bellissima esperienza, sempre al fianco di Michele Riondino”.
Tra l’altro Andrea Camilleri è stato suo insegnante, no?
“Esatto. Ho avuto Camilleri come Maestro, non solo di teatro, ma di vita. Era un grande uomo con uno spirito incredibile e una passione e attenzione per tutti i ragazzi siciliani. Si è subito legato a me; era una persona che amava raccontare storie e aneddoti. Abbiamo avuto in Accademia un fortissimo legame. Ed è stata una gioia quando, nel mio percorso professionale, ho potuto lavorare con lui in teatro o in televisione. Camilleri è uno di quei capisaldi, oserei dire, della mia formazione”.
Parlando di capisaldi, oltre ad Andrea Camilleri, ce ne sono altri che ti senti di menzionare?
“Massimo Castri, un regista che non c’è più. Grazie a lui ho imparato a leggere i testi teatrali, perché mi ha dato gli strumenti per poterlo fare. C’è poi un altro regista con cui ho lavorato molto bene e che vorrei di nuovo incontrare in teatro, Armando Pugliese. Con lui ho imparato ad essere libero, pazzo, irriverente e indisciplinato. Sophia Loren è stata un’insegnante di vita e di stile. Era difficile togliere gli occhi di dosso da lei, per vedere come si comportava con gli altri, per come stava sul set. Noi attori siamo un po’ come i ladri; dobbiamo soltanto rubare. Bisogna rubare e riconoscere le cose che sono giuste per te dai grandi che incontri. Ritengo di avere avuto tanta fortuna. Ho incontrato un altro nome importante del teatro, che è Luca De Filippo. Te lo dicocon sincerità, , ma credo sia stato l’ultimo dei capocomici. Non ne esistono più come lui; la classe, lo stile, la forza, il rigoreche metteva nel lavoro erano unici.Questi esempi mi rimarranno per sempre. Me li sono portati dietro anche facendo televisione.
C’è differenza tra un attore televisivo e uno teatrale?
“Non penso che ci sia differenza. Ci sono attori bravi e attori meno bravi. Questa è l’unica differenza. Preferisco avere questa immagine, se mai ci debba essere un margine di separazione”.
Hai anche diretto alcuni spettacoli teatrali…
“Negli anni si cresce, si pensa di potersi dedicare anche ad altro. E mi è capitato anche di dirigere, soprattutto per ciò che concerne la drammaturgia contemporanea. Ed è sorta l’occasione di A Testa Sutta, un monologo scritto da Luana Rondinelli, giovane autrice di successo che sta portando attualmente in giro degli spettacoli con attrici importanti come Donatella Finocchiaro, Valeria Solarino. Ha scritto per me A Testa Sutta quando sentivo l’esigenza di recitare in siciliano, ossia sette anni fa. A quel punto, ho ritenuto che sarebbe stato superfluo affidarlo ad un altro regista, visto che il testo era nato per noi e con noi. Lo sapevamo, lo conoscevamo, l’avevamo riconosciuto e metabolizzato. Lo spettacolo ha poi avuto molto successo e altrettanti riconoscimenti. Lo porto in giro da sette anni e, in questo periodo post pandemia, lo sto riprendendo sperando di poterlo rifare ancora. E da allora è successo che, ogni tanto, curo la regia di alcuni spettacoli”.
E ti piace?
“Devo dire che approfondire il lavoro dell’attore, facendo il regista di tanto in tanto, non fa male. E’ una cosa interessante che mi porta del bene anche nella mia prima professione. Per quanto questa esperienza sia basata per lo più sulla drammaturgia contemporanea. Per il futuro, ho in progetto qualcosa di nuovo, si tratta di un testo di Francesco Randazzo, Io Sono Chiara, interpretato da Emanuela Trovato che oltre ad essere una bravissima attrice, è anche mia moglie.
Prossimamente sarà nel cast di Barbarians, in uscita su Netflix ad ottobre, e di Brennero, nuova fiction Rai con Elena Radonicich e Matteo Martari. C’è qualche altro progetto, a parte questi, di cui può parlarci?
“Nel periodo della pandemia, dove fortunatamente non mi sono quasi mai fermato ed ho girato anche Il Cacciatore, sono entrato a far parte della piattaforma WeShort, che seleziona e raccoglie cortometraggi. sono un uomo curioso e che in quel periodo avevo un po’ di tempo libero, ho accettato di parlare con Alessandro Loprieno, presidente di WeShort. Ci siamo incontrati on line, in una video conferenza. Ci siamo piaciuti e abbiamo deciso di collaborare. E’ una start-up, una vera e propria realtà. E raccoglie al suo interno cortometraggi italiani e internazionali. E ad un evento, dove sono andato proprio per presentare WeShort e alcuni registi dei lavori contenuti al suo interno, ho avuto l’occasione di conoscere Emiliano Locatelli, con cui a settembre girerò la sua opera prima in Friuli-Venezia Giulia. Di altri progetti, invece, parlerò più avanti. Ma sicuramente tra teatro e televisione c’è tanta roba in ballo”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma. Intervista a cura di Roberto Mallò per MassMedia Comunicazione.
Interviste
Intervista esclusiva a Daniele Pompili, in giuria del nuovo programma di Rai 2 “Help – Ho...

Dal prossimo 28 luglio sarà uno dei giurati di Help – Ho Un Dubbio, il nuovo programma di Rai2. Tuttavia, nei mesi a venire, sarà anche tra i volti principali di diverse produzioni cinematografiche. Parliamo del giovane attore Daniele Pompili, che si sta facendo sempre più strada nel cinema nostrano. Non a caso, anche quest’anno andrà al Festival del Cinema di Venezia con un cortometraggio, ma ritornerà ancora sul set al fianco di Massimo Paolucci, il regista che ha scommesso, e vinto, sul suo talento. Tutti aspetti di cui ci ha parlato in questa intervista.
Ciao Daniele, a quali progetti ti stai dedicando in quest’ultimo periodo?
“Prossimamente, tornerò a far parte della squadra della Rai, canale nel quale ho iniziato la mia carriera facendo il modello e alcune telepromozioni. Sono stato dunque ricontattato per far parte del programma Help – Ho Un Dubbio, condotto da Caterina Balivo. Il mio ruolo consisterà nel fare degli interventi per porre delle domande ai vari concorrenti del programma ed esprimere il mio giudizio, insieme ad altre persone, attraverso un telecomando. Entrando più nello specifico, sarò uno dei membri della giuria”.

In che cosa consiste il meccanismo del programma?
“I vari concorrenti si rivolgeranno ad Help per chiare un dubbio. Ad esempio, uno può venirci a chiedere se deve sposarsi o meno ad ottobre. E lo stesso concorrente, alla fine, dovrà rispettare ciò che sarà la scelta della giuria, anche per via del contratto sancito con la Rai. Negli appuntamenti successivi scopriremo poi cosa è successo”.
Caterina Balivo l’hai già incontrata? Come ti sei trovato?
“Molto bene; è una persona molto gentile, oltre che un’ottima conduttrice. In generale, sono felice di essere ad Help perché sono ritornato da mamma Rai, visto che la mia carriera televisiva è davvero partita da lì, come modello a Geo&Geo, Uno Mattina Estate e così via. Spero dunque di continuare a lavorare con l’azienda”.

Parliamo un po’ di te come attore. So che anche lì ci sono tanti progetti in ballo…
“Sì, ho terminato un cortometraggio che andrà al Festival del Cinema di Venezia a settembre. Si intitola Nessun Noi e vede alla regia Massimo Paolucci. E’ prodotto dalla PH Neutro Film. In questo lavoro ha partecipato con me Bruno Bilotta, che ha fatto la parte del boss. Mentre, per quanto riguarda me, ho impersonato un agente infiltrato della Dea che ha una storia con la fidanzata del boss, interpretata da Martina Marotta. Inoltre, c’è in preparazione un film horror, di cui ancora non posso menzionare il titolo. Ed anche lì sarò uno dei protagonisti”.
Anche questo lavoro sarà diretto da Massimo Paolucci?
“Esatto. Se a livello di televisione sono nato da mamma Rai, a livello di cinema mi ha lanciato invece Massimo Paolucci. Devo tutto a lui, che mi ha messo in un set cinematografico e mi ha fatto mangiare pane e ciak. Mi ha preso e buttato sul set. Voleva vedere quali fossero le mie potenzialità, visto che mi considerava un vero e proprio autodidatta. E devo dire che la sua scommessa è andata bene. Non a caso, Massimo sta preparando un altro progetto mondiale molto grande, che avrà a che fare con l’America e l’Italia, ed anche io ne farò parte, insieme ad attori di prim’ordine”.
E a breve uscirà nelle sale Una Preghiera Per Giuda, altro film che hai girato con Paolucci.
“Proprio così. Lì sarò un carabiniere. Oltre a questo, ho girato pure Soldato sotto la luna, che è stato premiato col Grifone d’Oro. La protagonista di quest’ultima pellicola è Daniela Fazzolari”.

Sei soddisfatto di come sta andando il tuo percorso?
“Dal luglio del 2021 a luglio del 2022, ho girato quattro film. Come attore, sono davvero orgoglioso. Anche perché a breve ne seguiranno degli altri. Sono quindi molto soddisfatto, anche perché ho avuto sempre dei ruoli di rilievo ed ho recitato con attori importantissimo come Danny Trejo, Bruno Bilotta. Massimo Paolucci è poi un regista che conosce a 360° quello che è il cinema, da cui sto imparando davvero tanto. E’ una persona davvero competente. Sa come muoversi. E’ un ottimo maestro”.
Intervista a cura di Roberto Mallò
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Coronavirus
Intervista esclusiva a Nadia Carlomagno: «Upas è stata un’esperienza di grande valore e...

Sta per tornare a teatro con lo spettacolo ‘2084 – l’anno in cui bruciammo Chrome’, che andrà in scena al Campania Teatro Festival, ma è uno degli ultimi volti più apprezzati della soap Un Posto al Sole. Parliamo dell’attrice Nadia Carlomagno, che si è raccontata in questa intervista dove, tra ricordi e curiosità del passato, ci ha parlato anche del suo ultimo progetto, passando anche per l’esperienza nella produzione di punta di Rai3.
Intervista a cura di Roberto Mallò
Salve Nadia, sta per ritornare in teatro dopo tanti anni. Che emozioni prova?
“Torno in teatro dopo due gemelli e tanta ricerca e sperimentazione. Sono sotto debutto e tornare nel rito comunitario del teatro è stato un gran dono e un grande privilegio che, a dirla tutta, non avevo preventivato. Quando il regista mi ha detto che aveva scritto un ruolo adatto a me, ho avuto qualche titubanza. Poi ho aperto il cuore e l’ho seguito… ed eccomi qui a cuore aperto, come direbbe il sommo Maestro che ci ha appena lasciato Peter Brook, ad interrogare Atria Cafiero, una donna che ha sulle spalle tutta la responsabilità di mandare avanti la famiglia ormai allo sfascio, con due figli persi nella realtà virtuale”.
Farà parte di uno spettacolo che verrà presentato all’interno del Campania Teatro Festival. Come si intitola? Di che tipo di rappresentazione si tratta?
“Lo spettacolo ‘2084 – l’anno in cui bruciammo Chrome’, testo e regia di Marcello Cotugno, rientra nei progetti speciali del Campania teatro festival. E’ un debutto assoluto, un progetto che nasce nell’ambito del Master in teatro pedagogia e didattica dell’Università Suor Orsola Benincasa che ho ideato nel 2017, e affronta tematiche molto innovative e soprattutto inquietanti e distopiche che interrogano la realtà e anche la contemporaneità, invitando ad aprire dibattiti su che direzioni prenderà l’umanità tra soli sessant’anni Torneremo alla terra? Ci perderemo definitivamente in una dimensione virtuale? Come si modificheranno le nostre vite già oggi così mutate dall’uso della tecnologia e dall’abuso che abbiamo fatto del nostro stesso pianeta. Indaghiamo il Metaverso e la realtà virtuale che inghiotte i giovani e che rappresenta già oggi una emergenza educativa e pedagogica, senza perdere di vista i rapporti umani e il legame con la terra. In ‘2084– L’anno in cui bruciammo Chrome’, che trae la sua ispirazione tematica dal romanzo di Orwell, s’immagina che l’Occidente post-capitalista sia stato colonizzato dalla cultura cinese. La tecnologia più avanzata pervade ogni cosa: dal Metaverso all’utilizzo di droni e telecamere per controllare il livello di sicurezza della nazione. La vita della collettività è regolata dai crediti sociali: per ogni azione dei cittadini il governo assegna un punteggio. Il lavoro è diventato l’unica ragione di vita. In un appartamento di un quartiere povero di una cittadina immaginaria, una famiglia cerca, tra mille difficoltà, un riscatto sociale”.

Con quali colleghi interagirà sul palco?
“Con Francesco Maria Cordella, un attore di grande talento ed esperienza col quale avevo già lavorato alcuni anni fa e alcuni allievi del Master in Teatro pedagogia e didattica che hanno avuto la fortuna di essere scelti del regista, che è anche loro docente al Master. Giulia Scognamiglio, Graziano Purgante, Paolo Capozzo, Antonella Durante e Anna Simioli, anche loro giovani talenti”.
La regia sarà a cura di Marcello Cutugno, un regista molto importante e con un curriculum invidiabile. Avevate già lavorato insieme? Come si è trovata a interagire con lui?
“Si Marcello è un regista di grandissimo talento, uno studioso e un pedagogo appassionato di tecnologia e di musica. Firma anche il testo originale. Sono molto felice di lavorare con lui, mi ha fortemente voluta in questo spettacolo”.
Negli ultimi due anni il teatro è stato sicuramente messo a dura prova dal sopraggiungere della pandemia. Immagino che la ripresa sia difficile, no?
“Sicuramente le istituzioni non hanno sostenuto l’arte, considerandola entertainment, qualcosa di simile all’intrattenimento, divertimento, lasciando chiusi a lungo i teatri. E’ difficile anche ora che i teatri sono aperti e i festival hanno ripreso la loro programmazione garantire l’andata in scena a causa delle restrizioni ancora in atto dovute al Covid-19. Si rischia spesso di far saltare gli spettacoli per casi di contagio”.

Ripercorriamo un po’ la sua carriera. Quali esperienze da attrice le sono rimaste maggiormente nel cuore?
“Al cinema sicuramente l’esperienza con Ettore Scola nel film La cena, dove interpretavo Lolla, una delle protagoniste femminili accanto a Stefania Sandrelli e Fanny Ardant, e poi con Marco Risi con cui ho girato Fortapàsc, interpretando il ruolo della moglie di Valentino Gionta (Massimiliano Gallo), il mandante dell’omicidio del giornalista Giancarlo Siani. Con Massimo Martelli poi ho interpretato un altro bellissimo ruolo da protagonista nella commedia Il segreto del successo con Antonio Catania e i comici Malandrino e Veronica, un film che vinse il Premio Solinas. Ho trovato estremamente significativo interpretare anche i piccoli ruoli di esordio nei film Teatro di guerra di Mario Martone, I magi randagi di Sergio Citti e nell’Imbalsamatore di Matteo Garrone. Film girati da grandissimi registi dove ho imparato davvero molto. A teatro porto nel cuore i ruoli di Elena e Clitennestra, che ho interpretato nel Decimo anno, tratto dalle troiane di Euripide e l’Agamennone di Eschilo con la regia di Andrea De Rosa e Francesco Saponaro, ma anche Dene nello spettacolo di Thomas Bernard Ritter Dene Voss con Mercedes Martini e Francesco Cordella e poi il magnifico ruolo di Rita nel Cilindro di Eduardo De Filippo con la regia di Alfonso Santagata”.
E se le dico Vittorio Gassmann?
“Le rispondo un artista straordinario, di grandissimo talento, un mattatore, un uomo di grande cultura che adoravo ascoltare nei pomeriggi trascorsi insieme sul set la Cena di Scola, un flusso di coscienza a ritroso nel suo passato, di grande bellezza e splendore. Ho un ricordo vivo e intenso di quel periodo. Mi confidò che aveva visto e vissuto tutto ciò che un uomo potesse desiderare: belle donne, successo, viaggi, premi, “ma quando scendi in profondità”, mi disse, “tutto assume un colore diverso, tutto diventa fragile”. Era di una tale sensibilità che mi conquistò subito, anche umanamente”.
C’è un regista con cui vorrebbe lavorare? Perché?
“Mi piacerebbe lavorare in progetti stimolanti con registi che stimo… ne cito alcuni? Mario Martone, Matteo Garrone, Paolo Sorrentino, Andrea De Rosa, Ferzan Özpetek, Edoardo De Angelis, Pappi Corsicato, Stefano Sollima, Pietro Marcello, ma ci sono anche registe interessantissime come Emma Dante, Nina di Majo e Valeria Golino, legate incredibilmente alla mia terra e al sud con una sensibilità straordinaria”.
Qualche anno fa ha preso parte ad Un Posto al Sole, nel ruolo di Nunzia, la madre di Clara. Che ricordo ha di quel periodo?
“Un periodo molto intenso, molto stimolante, interrotto bruscamente dalla pandemia, dove ho conosciuto una grande famiglia che mi ha accolto con grande professionalità e affetto. Ho ancora ottimi rapporti con mia figlia Clara e con molti altri attori”.

Cosa le piaceva di Nunzia?
“La sua determinazione, il suo coraggio, la sua passione, la sua capacità di amare, di rischiare per amore fino a perdere la vita…”
Una storyline, quella del suo personaggio, che si è conclusa in maniera abbastanza tragica. Come mai? E’ stata una sua scelta quella di andare via?
“E’ stata una scelta che mi è stata anticipata dalla produttrice con grande delicatezza, che ho condiviso subito, anche se con dispiacere, perché ho avvertito che fosse necessaria e utile a far soffermare il pubblico su alcune tematiche importanti. Nunzia era stata l’amante di n boss della camorra con il quale aveva avuto una figlia, un uomo inaffidabile che ha saputo riconquistarla dopo 20 anni, per poi ucciderla di sua mano. Si aprono tante considerazioni utili anche a far riflettere le giovani donne che oggi sono vittime della violenza dei compagni… Bisogna saper lasciare che i personaggi possano continuare a vivere nella memoria degli spettatori e questo accade quando lasci un segno forte. Devo ammettere che ricevo ancora tantissime belle testimonianze di affetto su Facebook e Instragam e di incitazione a tornare”.
E’ rimasta in contatto con alcuni colleghi della soap?
“Si con Imma Pirone (Clara), mia figlia nella soap”.
Se capitasse l’occasione, ritornerebbe ad Un Posto al Sole?
“Assolutamente sì e con grande gioia! E’ stata un’esperienza umana e professionale di grande valore e calore umano”.
Ha avuto dei punti di riferimento quando ha deciso di fare l’attrice? Mi racconti un po’ dei suoi esordi. Quando ha deciso di fare l’attrice?
“Ho iniziato presto, durante il primo anno dell’Università, con un gruppo di ricerca diretto dal regista Mario Santella, debuttando con uno spettacolo su Vladimir Majakovskij a Officina 99, un centro sociale occupato e successivamente a Sala Assoli. Ho avuto poi la fortuna di continuare a lavorare con realtà teatrali della mia città come Libera Scena di Renato Carpentieri, Rossotiziano e Teatri Uniti, con i registi quali Francesco Saponaro e Andrea De Rosa. Ho incontrato poi ancora grandi maestri di teatro da Giuseppe Patroni Griffi a Emuntas Nekrosius a Leo De Berardinis, Alfonso Santagata, Giampiero Solari, Augusto Omolù dell’Odin Theatre per citarne alcuni. Poi è arrivato il cinema con Sergio Citti, sceneggiatore e collaboratore di P.P. Pasolini, con il quale ho debuttato nel film I magi Randagi e poi Ettore Scola, Mario Martone, Matteo Garrone, Giuseppe Piccioni, Antonietta De Lillo”.
Leggevo che lei è anche un’insegnante. Ci racconta un po’ di questa sua attività?
“Sono una professoressa universitaria di pedagogia sperimentale. Per me è naturale conciliare il mondo accademico con il mondo artistico. Sono due mondi nei quali mi sono formata e sono cresciuta e sono sempre stati presenti. Essere attrice mi ha consentito di poter indagare con più sicurezza il campo di ricerca della pedagogia sperimentale. Ho sperimentato su di me l’importanza dei linguaggi non lineari delle arti sceniche: il linguaggio espressivo, emotivo, musicale, mimico- gestuale, corpo-cinestesico che sono linguaggi fondamentali per valorizzare l’inclusione nella prassi educativa. Pratico da sempre la ricerca-azione, ma soprattutto la ricerca in azione in linea con le ultime evidenze neuroscientifiche che riposizionano il corpo al centro dell’apprendimento. Per me, il corpo, l’azione, la relazione, il contesto sono gli elementi fondanti della cognizione e sono anche gli elementi fondamentali del lavoro dell’attore nella messa in scena”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Coronavirus
Intervista esclusiva a Veronica Maya: «Verdetto Finale è un programma che non smetterò...

Tanti impegni attendono la nota conduttrice Veronica Maya nelle prossime settimane. Ritornata alla guida di Miss Europe Continental dopo due anni d’assenza, la donna è anche il volto insieme ad Enrico Ruggeri di Musicultura 2022 e, di recente, ha condotto in Rai La Risposta Giusta. Tutti impegni di cui ci ha parlato in questa intervista, dove ha ripercorso anche le fasi più salienti della sua carriera.
Intervista a cura di Roberto Mallò
Salve Veronica, a quali progetti si è dedicata in quest’ultimo periodo?
“Nelle scorse settimane, ho registrato la serata finale di Musicultura 2022, al fianco di Enrico Ruggeri. Andrà in onda su Rai2 a luglio. La location è quella dello Sferisterio di Macerata, che è il tempio della musica colta, che viene prestato a quella pop con grandi nomi. Si tratta della tappa finale di un percorso cominciato diversi mesi fa con le varie selezioni e la preparazione alla manifestazione. Inoltre, su Rai Italia ci sarà un racconto ulteriore di quello che è Musicultura. Il programma verrà quindi raccontato con cose inedite”.
E’ reduce poi dall’impegno in Rai con La risposta giusta. Che esperienza è stata?
“Esatto, La Risposta Giusta è stato un po’ lo spin off de L’Italia che Fa, programma che ho condotto durante la fase acuta della pandemia, da Milano. E’ stata l’evoluzione di quella trasmissione per tematiche, perché abbiamo attinto anche lì dal terzo settore, parlando di ambiente, sostenibilità, green economy, rivoluzione digitale. Sono temi, se ci pensa, sempre più attuali. E’ necessario parlarne in tanti modi e linguaggi trasversali e accoglienti. Il quiz, che noi abbiamo adoperato, rientra nella modalità accoglienza. Perché, con leggerezza, si riescono a raccontare le cose belle e le iniziative del nostro paese. Si possono inoltre dare informazioni che interessano al pubblico a casa. Il quiz ci consente di giocare e di riflettere insieme”.

Un modo un po’ innovativo di raccontare l’Italia, insomma…
“Il quiz di per sé non è una novità, non ci siamo inventati niente. La novità sta nel raccontare il terzo settore attraverso il quiz, il gioco”.
Visto che l’abbiamo citata, la fase più acuta del Covid, personalmente, come l’ha vissuta?
“E’ stato sicuramente un momento inaspettato, che mi ha regalato delle opportunità. Per natura, sono una persona che cerca di vedere le opportunità nelle cose che mi capitano nella vita. Ho potuto stare tanto tempo in casa con i miei figli; ho potuto occuparmi di diverse cose in un modo nuovo. Ho avvertito l’esigenza di riempire quel tempo con dei contenuti che fossero utili e preziosi per la crescita della mia famiglia. Ritengo infatti che non siano solo i figli a dover crescere, ma anche i genitori. In questo senso, ho letto le opportunità. Ma ci sono state anche delle difficoltà”.
Quali?
“Ad esempio, è stato difficoltoso seguire i miei tre figli nella DAD. Katia era all’asilo, Tancredi in prima elementare. C’è stato il tentativo di non far passare questo tempo in modo inutile. Abbiamo cercato di dare loro dei contenuti e dei valori, per far sì che quel tempo fosse comunque ricco. Questo mi ha costretta a mettermi in gioco, a inventare cose, ad attingere a energie insospettabili. Il periodo è durato tanto, ma ce l’abbiamo fatta. Ed il bilancio è più che positivo”.

E a livello lavorativo ci sono state delle preoccupazioni?
“Nel momento in cui il mondo è totalmente fermo, non ti agiti più di tanto. Dal canto mio devo comunque dire che, appena ci sono stati quei margini di riapertura, ho avuto la possibilità di lavorare. Non a caso, a maggio 2020 ero in onda con L’Italia Che Fa. Inoltre, d’estate ho lavorato tantissimo. Per me, d’altronde, non esiste solo il mondo della televisione. La conduttrice è un mestiere che faccio anche lontano da una telecamera. E ringraziando Dio, lavoro veramente tanto. Per questo dico che quella prima estate, restrizioni a parte, è stata ricca di novità, così come la precedente o la scorsa. Pure quella che sta incominciando si prospetta buona. Il lavoro non è mancato. E quando non c’è non ne faccio un dramma, perché comunque ho tante cose a cui pensare. In primis, i miei figli. Non a caso, a volte, avere del tempo in cui non lavoro lo considero un privilegio, una piccola fortuna. Perché posso occuparmi serenamente di altre cose. Il lavoro è importante, ma non doverlo fare tutti i giorni è davvero un piccolo privilegio per una mamma di tre figli”.
Immagino che col lavoro che fa non sia semplice ritagliarsi dei momenti per stare con i figli…
“Beh, sì. Ci sono dei momenti in cui devi spingere sul lavoro, ed altri in cui ti puoi rilassare. E a me piace tanto stare con loro, a casa”.
Ad aprile è tornata anche alla conduzione di Miss Europe Continental, rimasto fermo per due anni proprio a causa della pandemia. E’ sicuramente uno dei volti fissi dello show…
“Sì, da tanti anni ho la fiducia del patron Alberto Cerqua, giovane e in gamba imprenditore, illuminato, che riesce a fare qualcosa di mastodontico per la parte organizzativa di tante nazioni che arrivano, che convivono, che si contendono il palco con un allestimento scenografico, registico, tecnico veramente notevole. Io che lavoro tanto so vedere bene la differenza tra un allestimento e un altro. Quello di Miss Europe Continental è veramente importante, preziosissimo e per una conduttrice come me è estremamente gratificante poter calcare un palcoscenico del genere, dove ho la possibilità di fare emergere le mie capacità, il mio talento. Posso anche condurre in lingua, dato che qui in Italia non tutti i conduttori sanno parlare discretamente l’inglese e il francese. Miss Europe Continental è una bellissima vetrina dove mi sento molto valorizzata e privilegiata. Avere la fiducia di Alberto, retorica a parte, è veramente qualcosa che mi fa piacere. Siamo tutti e due figli della stessa terra. Ritrovare questa sinergia e questi incontri che funzionano tra persone giovani è bello. La preparazione di Miss Europe Continental dura mesi, non si ferma allo spettacolo finale in sé. Ed Alberto ha la testa per coordinare tutto al meglio”.

Ha cominciato a fare televisione nel 2003. L’anno prossimo saranno vent’anni di carriera. Quali esperienze professionali ricorda con più affetto?
“Ne ricordo tre. Stella del Sud su Rai1, che ho fatto per due anni e mi ha consentito di viaggiare, per fare dei documentari, in oltre 50 paesi del mondo. La considero un’esperienza professione e umana inestimabile e di tanto valore. La porto nel cuore perché lì ho imparato il mestiere, oltre che a vivere e confrontarmi con religioni, culture e tradizioni. Come ricorderà ho poi condotto per circa dieci anni Lo Zecchino d’Oro, stando in video anche con i pancioni delle mie gravidanze. Lì c’è un ambiente davvero raro e rispettoso del mondo dell’infanzia; è un programma ricco di messaggi. La popolarità più grande è arrivata però con Verdetto Finale, che ho condotto per sei anni. Mi ha dato l’affetto del pubblico, che sento ancora oggi. Verdetto Finale è stato molto amato; mi ha fatto essere Veronica Maya. E’ un programma che non smetterò mai di ringraziare. Andava benissimo dal punto di vista degli ascolti: viaggiava sul 30% di share la mattina, con picchi del 36%, raggiungendo poi il 15-16% nel pomeriggio. Numeri di cui sono molto orgogliosa e che, oggi, non vengono raggiunti la mattina”.

Ha sempre desiderato fare la conduttrice?
“No, il mio desiderio più grande era quello di fare la ballerina. Conduttrice lo sono diventata per caso, quando ho scoperto di avere più talento per farlo rispetto al ballo. Tuttavia, la danza è stata la mia scuola di vita e nel lavoro. E’ grazie alla danza se ho saputo affrontare le regole del mondo televisivo con grande sicurezza fin da subito. La conduzione è la modalità in cui mi esprimo meglio. Mi sento molto sicura e nel mio habitat naturale. So di portare la barca in porto, qualsiasi cosa accada. Frutto anche dell’esperienza che ho fatto, con i tanti anni di televisione, ma anche di piazza, eventi, congressi”.
C’è una tipologia di trasmissione che non ha ancora condotto e con la quale vorrebbe cimentarsi?
“Per tematiche, ritengo di avere fatto parecchie sperimentazioni di linguaggio. Se parliamo di fasce, non ho mai perlustrato quella della domenica. Mi vengono poi in mente programmi come Domenica In e La Vita in Diretta. Tuttavia, i generi li ho sperimentati quasi tutti”.
Chi è Veronica Maya nella vita di tutti i giorni, quando non lavora e può prendersi del tempo per sé?
“Credo che questo traspaia abbastanza. Il mio modo di stare davanti al video è assolutamente uguale alla persona che sono. Non recito, non fingo, non uso filtri. Chi mi ha seguita negli anni, soprattutto nei programmi dove potevano venire fuori il mio pensiero e la mia personalità, ha capito ciò che io ero. C’è dunque un’aderenza tra il mio lavoro e la mia vita privata. Anche se, magari, di quest’ultimo aspetto ci sono delle cose che non racconto, com’è giusto che sia. In ogni caso, sono una grande lavoratrice ed una persona molto semplice. A casa sono una che fa molto, che è sempre piena di energie e iniziative. Sono disponibile, generosa. Voglio che i miei figli e mio marito stiano bene. Penso poco a me e molto alle persone che amo. Se avessi dedicato a me più tempo, forse avrei raggiunto altri traguardi, ma ho fatto delle scelte che non mi sono mai pesate, perché tutto non si può fare. Ma sto bene, mi sento risolta e appagata. Il mio pensare agli altri ritengo che sia bello che per chi mi sta attorno, a partire dai miei bimbi e da mio marito Marco”.

Che tipo di mamma è?
“Sono molto presente con loro. Anche se sono una mamma che lavora e che può stare fuori casa un giorno o una notte, sono presentissima. Non vivo il senso di colpa del lavoro. So quando devo esserci. La routine familiare si basa sulla mia presenza. I miei figli sono sereni e io sono serena con loro. Tutti in casa si rivolgono a me, ma questa dimensione mi piace e mi inorgoglisce, più di tutte le altre”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Patrizio Rispo: «La nascita dei miei figli mi ha cambiato la vita»

Attore di professione, amatissimo dal pubblico per aver interpretato Raffaele Giordano nella soap opera di Rai 3, Un Posto al Sole, Patrizio Rispo è nato a Napoli il 26 agosto 1956. Sin da piccolo ha avuto la grande passione per il cinema e lo spettacolo; infatti, da giovane si iscrive alla facoltà di giurisprudenza, ma chiamato dalla forte passione del mondo del cinema, decide di lasciare la facoltà ad un solo esame dalla laurea.
Così da lì, inizia la carriera: prima impegnato in un gruppo cabarettista, successivamente nel teatro, cinema e in tv. Rispo ha avuto anche una piccola parte nella pellicola Ricomincio da tre, film diretto da Massimo Troisi. Rispo, inoltre, ha avuto anche una compagnia teatrale insieme all’amico Biagio Izzo, Mario Porfito e Mimmo Esposito. La svolta nella sua carriera arriva nel 1996 quando viene scelto per far parte della soap opera Un posto al sole, dove interpreta Raffaele Giordano.
Nel 2001 prende parte al film drammatico La vita degli altri ed a Travolti dal destino, al fianco di Madonna. Nonostante una carriera avviata nel mondo della televisione, non abbandona la sua grande passione per il teatro. Nella sua carriera ha scritto diverse commedie ed è l’autore de L’occhio sul teatro, programma trasmesso da Rai3.
Nel 2013 è tra i protagonisti di Benvenuto Presidente e nel 2017 di Ammore e malavita, commedia musical. Come il personaggio che interpreta in UPAS, è un grande appassionato di cucina napoletana, tant’è che nel 2006 decide di pubblicare un libro: Un Pasto al Sole, che racchiude le principali ricette della famiglia Rispo. Qualche anno dopo, preso dalla passione culinaria, decide di aprire una pizzeria a Napoli: Pizzeria Tucci’s.
Dal 1999, Patrizio Rispo condivide la sua vita familiare con la moglie Maria Francesca Villani; già amici dall’infanzia e persi di vista per un periodo, si sono ritrovati per caso nel capoluogo partenopeo e da quel momento non si sono più separati. Dal loro amore sono nati due figli, Giordano e Tommaso.
Patrizio Rispo ha dovuto lottare contro due tumori, che ha sconfitto. La prevenzione è stata di fondamentale importanza e ha avuto il coraggio di saperci convivere. Stava per essere operato, poi è mancata la corrente ed è uscito dalla sala operatoria; consultò oncologi amici che gli dissero che con la sorveglianza poteva conviverci e così fece. Ogni sei mesi si sottoponeva a controlli e poi, grazie alla scoperta della macchina ad ultrasuoni, riuscì a sconfiggerli. Noi lo abbiamo incontrato e in questa intervista esclusiva Patrizio ci racconta un po’ di se.

Ciao Patrizio, ti piace scoprire altre vite: che cosa faresti di diverso oggi di ciò che non hai fatto nella tua vita?
“Scoprire nuove vite è stata la molla che mi ha fatto capire che fare l’attore poteva farmi vivere più vite ed da sempre sono affascinato dagli altri dalle persone e dalle loro storie. Il fascino più grande del nostro lavoro è quello di poter entrare in realtà e storie diverse e mi irrita quando un attore viene convocato per fare se stesso: più mi somiglia un personaggio e più mi annoia. Un attore deve essere chiamato per la sua capacità creativa e non per somiglianza al personaggio. Anche Raffaele, il ruolo che interpreto da 26 anni, non l’ho mai trasformato in una maschera ma ho sempre cercato di cogliere gli spunti di sceneggiatura per farlo cambiare di umori e reazioni.”
Sei soddisfatto di tutte le tue esperienze passate o c’è qualcosa che cambieresti?
“Sono soddisfatto e l’unica cosa che cambierei sarebbe avere dei figli prima di quanto abbia fatto.”
In che modo ti senti parte del personaggio Raffaele Giordano, che interpreti in Un posto al sole?
“Raffaele è per me un grande stimolo, oggi io sono il frutto di quello che ero e di quello che è il mio personaggio e colgo da lui stimoli per suonare corde diverse anche nella mia vita.”
Se dovessi dare un consiglio agli appassionati che vogliono fare carriera nel mondo del cinema che cosa diresti loro?
“Di essere se stessi, cavalcare i propri difetti, le proprie debolezze e conoscersi il più possibile, solo così si può essere interessanti come uomini e come artisti.”
Raccontaci della tua primo giorno su un set cinematografico; che cosa hai provato?
“Il primo giorno su un set, ma anche oggi dopo 40 anni che faccio questo lavoro, è per me entrare in un gioco meraviglioso e mi emoziono e diverto come un bambino in un parco giochi.”

Sappiamo che ami molto Napoli; ma se dovessi scegliere un altro posto dove vivere, dove andresti?
“Ho vissuto più di 20 anni a Roma, che amo molto e con il teatro ho girato tutta l’Italia ma tornando a vivere a Napoli per un posto al sole ho capito che potevo vivere solo qui: Amo Napoli, i suoi potenti contrasti, i suoi continui stimoli.”
La gioia più grande che hai provato?
“La nascita dei miei figli: mi ha cambiato e mi ha fatto capire che la vita non è solo un gioco.”
Da dove è nata l’idea di scrivere il libro “Un Pasto al Sole”?
“Un pasto al sole racchiude la tradizione culinaria della mia famiglia ed il libro nacque dai miei genitori che volevano che non si perdesse, così io ne feci la mia bomboniera di nozze e poi… ha camminato da solo ed oggi è alla 4 edizione.”
Hai degli altri progetti importanti che devono andare in porto?
“Aspetto sempre di fare il film della mia vita.”

Una tua passione nascosta che non sappiamo?
“I Cavalli ma è cosa risaputa e la natura: io quando passeggio per un bosco o sono sul mare… rinasco.”
Se ne avessi la possibilità, quale domanda faresti al creatore dell’universo?
“Mi fai fare il film della mia vita? Così mi metto il cuore in pace? Ma poi gli chiederei di eliminare l’egoismo, la cattiveria e la disonestà da questo mondo.”
Foto di Giuseppe D’Anna
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
CLICCA QUI PER LEGGERE TUTTE LE ALTRE NEWS E ANTICIPAZIONI SU UN POSTO AL SOLE
Attualità
Intervista esclusiva a Giulia Fiorentini, designer di gioielli ed ideatrice del brand...

Giulia Fiorentini, figlia d’arte, classe 2000, è una di quelle persone che non si arrendono mai. Disegnatrice CAD, con un sacco di dedizione, a soli 21 anni si è buttata e ha fondato il suo brand di gioielli, “tuDiva“. Da Viareggio, sogna in grande e ha tutte le carte in regola per farsi conoscere ovunque, non solo in Italia. Giulia ha respirato l’arte orafa fin da bambina e il suo amore per i gioielli è cresciuto anno dopo anno, fino a diventare il suo lavoro. Immaginate che il suo primo gioiello l’ha creato quando aveva solo 6 anni. Sei anni! Incredibile.
Ma quello che davvero distingue Giulia è che ci mette sempre il cuore, in ogni pezzo che crea. E questo lo senti, non c’è dubbio. Ogni gioiello che realizza è una piccola opera d’arte, fatta con una cura maniacale per ogni dettaglio, come nella migliore tradizione orafa italiana. Tutto parte dalla base, poi c’è l’incastonatura, i vari trattamenti, tutto fatto con attenzione per far sì che ogni pezzo duri per sempre. E se cerchi qualcosa di unico, non c’è problema: puoi chiedere qualsiasi cosa, da un anello a un bracciale, da una collana a un paio di orecchini, persino un baciamano. Basta un’idea, una foto, un sogno… e Giulia lo rende reale. Ogni creazione è fatta a mano, usando solo materiali di altissima qualità ed è pensata per rendere felice anche il cliente più esigente.
Vuoi parlare con Giulia? È super semplice: manda una mail a info@tudiva.it. Lei e il suo team sono lì, sempre pronti, sempre disponibili per qualsiasi domanda, richiesta, anche la più strana. Poi c’è il sito ufficiale, www.tuDiva.it, dove puoi curiosare tra i gioielli, fare acquisti senza stress e pagare come ti viene più comodo. Ma la parte più bella? La sezione “Gioielli personalizzati”: lì puoi chiedere un preventivo, magari anche un rendering, inserisci una descrizione, una foto, quel che ti pare. E Giulia? Ti risponderà al volo, pronta a trasformare il tuo sogno in realtà.

Noi Giulia l’abbiamo incontrata e ne abbiamo voluto sapere di più: come nasce un brand di gioielli? Come si realizza un gioiello? Cosa vuol dire essere “disegnatrice CAD”? In quest’intervista, un po’ diversa dal solito, Giulia ci porta nel cuore della gioielleria di famiglia “L’arte del Gioiello”, nonché della prima sede “tuDiva”, raccontandoci questo e tanto altro!
Ogni creazione realizzata nel laboratorio de “L’arte del Gioiello” ha la sua storia da raccontare e ogni collezione il suo tratto distintivo: non troverete mai un gioiello uguale ad un altro ed è anche grazie ai sofisticati macchinari di ultima generazione di cui è dotato, che si distingue per la ricercatezza della sua produzione artistica artigianale. Se volete regalare o regalarvi un sogno, tuDiva è la scelta vincente!
Questo non è un articolo promozionale, abbiamo deciso di incontrare Giulia spinti dalla nostra curiosità e per proporvi un’intervista fuori dall’ordinario. Siete curiosi? E allora bando alle ciance, andiamo dritti al sodo… Buona lettura!
Ciao Giulia, come è nata l’idea di aprire un brand tutto tuo?
“Sono nata nell’ambiente orafo nell’azienda di mio padre “L’arte del gioiello” e fin da piccola mi sono appassionata a questo lavoro. Oggi che sono diventata una disegnatrice Cad ho voluto realizzare una linea di gioielli interamente ideati e disegnati da me: ed è proprio così che il 26 febbraio 2022 è nato il mio brand, tuDiva di Giulia Fiorentini.”

Perché hai scelto il nome “tuDiva”?
“Il nome tuDiva è nato dall’idea che ciascuna di noi può essere una diva; i miei prodotti infatti rappresentano la qualità, l’unicità del design ed è questo che contraddistingue chi lo indossa o chi decide di regalarlo.”
I gioielli del marchio tuDiva sono tutti ideati da te?
“Sì, come dicevo prima ho voluto ideare ben sei linee di gioielli diverse tra loro partendo dalla mia idea, riportandola su carta a mano e infine al computer. Ciascuna linea è completa di parure mentre la sesta linea è composta da baciamano, abbinabili per colori alle altre linee.”

E’ possibile richiedere gioielli personalizzati?
“Sì, certamente: possiamo personalizzare qualsiasi tipo di gioiello con tecniche innovative e nel pieno rispetto della migliore tradizione orafa italiana. Tramite i render del gioiello diamo la possibilità al cliente di vederlo in dimensioni e colori reali in anteprima.”
Dove si trova la sede del tuo brand?
“La sede del mio brand si trova a Viareggio, in centro, nella famosa via Fratti 178, dove si può ammirare la vetrina del mio brand e tuDiva come primo punto vendita.”

Cosa vuol dire essere disegnatrice CAD? Di cosa ti occupi principalmente?
“In tanti mi hanno fatto questa domanda, io sono diventata una disegnatrice Cad specializzata in gioielleria e ciò mi permette di progettare un disegno di un gioiello nei minimi particolari al computer, tramite dei programmi specifici per la gioielleria.”
Quale percorso di studi bisogna intraprendere per diventare disegnatrice CAD?
“Io ho scelto un percorso privato di studi con diversi professori, una tra questi Svizzera, concludendo gli studi con gli attestati ufficiali: ad esempio l’attestato di livello due McNeel.”

Parlaci un po’ della gioielleria di famiglia, “L’arte del gioiello”
“L’arte del gioiello è l’azienda di mio padre, Mirko Fiorentini, dove io ho iniziato a muovere i miei primi passi nel laboratorio orafo, nella sala progettazione e in negozio. Tutto è situato in un’unica palazzina dove da sempre c’è stata la mia stanza, quella che oggi è diventata il mio studio. L’azienda progetta e realizza qualsiasi tipo di gioiello di altissima qualità, grazie alla passione, l’esperienza e alla professionalità di mio padre che in tutti questi anni mi ha trasmesso.”
Quali sono i momenti più difficili nel tuo lavoro e quali invece ti fanno sentire al massimo del potenziale?
“Non definirei nel mio lavoro momenti difficili ma piuttosto li chiamerei momenti più impegnativi. Succede quando ad esempio devo realizzare un nuovo progetto di disegno Cad. Dopo tanto impegno e professionalità, vedere il mio progetto realizzato è bellissimo: è quello il momento più entusiasmante e soddisfacente.”
Qual è stata la tua prima creazione?
“La mia prima creazione l’ho realizzata all’età di sei anni: ho fatto un anello con la lavorazione a cera persa, molto particolare e realizzato su più livelli, utilizzando diverse lime. Condivido con molto piacere le foto con voi.”

Partendo dalla progettazione sul pc alla realizzazione, come funziona il processo creativo di un gioiello?
“Il processo di realizzazione parte da un piccolo disegno a mano, successivamente viene disegnato al computer e fatto il render del gioiello da inviare al cliente. Dopodiché si stampa con le nostre stampanti 3D e il modello in resina va in fusione (in oro o argento), dopo ci sono vari processi di rifiniture, eventuali incastonature per le pietre, per ultimo la lucidatura e sgrassatura e il gioiello è pronto.”
A quale collezione sei particolarmente legata?
“È molto difficile rispondere a questa domanda perché avendole create tutte io, ovviamente sono legata a tutte perché ognuna ha una sua storia da raccontare. Diciamo che spesso la mia scelta di mettere un gioiello tuDiva rispetto ad un altro va in base a come sono vestita!”

Quanto è importante la scelta del colore e dei materiali in un gioiello?
“È molto importante la scelta dei metalli. Infatti per potersi definire gioiello deve essere realizzato con metalli preziosi come ad esempio l’oro, il platino o l’argento. Per quanto riguarda i colori dell’oro o dell’argento, in abbinamento con le pietre colorate, direi che è più un gusto personale.”
Che rapporto hai con i social network?
“Con i social network ho davvero un buon rapporto. Ad esempio su TikTok ho raggiunto in pochissimo tempo tanti follower, ma non sono solo numeri: sono persone reali che mi seguono e che si sono appassionate al mio lavoro. Infatti tanti di loro sono diventati miei clienti sia tuDiva, sia dell’arte del gioiello, con gioielli personalizzati!”

Progetti per il futuro?
“Un progetto che spero di poter portare avanti è quello di aprire più punti vendita tuDiva distribuiti a livello internazionale. Ho anche un sogno nel cassetto, ovvero quello di lavorare in tv per fare una nuova esperienza di vita. Inoltre vorrei continuare ad intrattenere le persone che mi seguono sui social proponendo contenuti interessanti, esperimenti e novità che riguardano il mondo dei gioielli: ci sono così tante cose da scoprire… E poi chissà, la vita non smette mai di sorprenderci, ogni nuovo progetto è una sfida e io amo cogliere l’attimo, lasciando sempre il segno in tutto ciò che faccio.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva ad Ale Anguissola, scopriamo qualcosa in più sul suo nuovo disco...

Ale Anguissola torna con il nuovo disco “RIO” un nuovo interessante viaggio musicale. Una formazione poliedrica, contaminata da tante culture che sono alla base di “RIO”.
Rio il nuovo viaggio musicale di Ale Anguissola. Cosa puoi raccontarci di questo nuovo lavoro?
“Il disco RIO è stato arrangiato da diversi produttori artistici nel biennio 2021/2022: Danilo Ballo, già arrangiatore dei Pooh, detiene la parte del leone con 6 brani, seguito da Emiliano Bassi (Ermal Meta, Tiromancino) con 5 e Gigi De Rienzo (Pino Daniele). All’interno di questo viaggio musicale si possono trovare influenze brasiliane, pop e dancefloor oltre che qualche nota funky del tatuatore e di rendez-vous”.
Come nasce “Rio”?
“Tutte le musiche sono state scritte da me, mentre i testi in alcuni casi da solo, in altri con Stefano Viali. La scelta di avere così tanti arrangiatori con gusti e influenze così diverse, risponde alla mia natura di essere un viaggiatore”

Quale formazione ti ha portato alla realizzazione di questo prodotto?
“Ho studiato negli States, ho lavorato in Brasile, sono stato sedotto dai cantautori italiani e dalla musica napoletana. Rio, dicevo, è il viaggio: come un viaggio richiede Coraggio e Gioia, una meta (Rio de Janeiro) e un ritmo (la bossa di non basta e di scherzi), incontri (rendez-vous e i tuoi occhi), amori e segreti.”
C’è un pezzo al quale sei più affezionato?
“Non esiste un pezzo cui sono più affezionato, ma quando capita che in macchina riascoltandoli tutti mi capita di alzare il volume, ecco che sono realizzato. A volte gli standard cui siamo costretti ad attenerci per essere più commerciali, vengono stravolti dal concept dell’intolleranza, la mia, agli schemi”.
Possiamo definire “Rio” come una vera e propria ribellione a certi schemi?
“Non è una ribellione fine a sè stessa e neppure una scelta di corrente: è invece la volontà di mettere in gioco tutte il buongusto possibile per la ‘canzone’.

Quali sono gli artisti che ti hanno di più influenzato?
“I musicisti che hanno influenzato di più in questo viaggio me e i miei arrangiatori sono Tiromancino, Jackson, Prince, Spandau Ballet, Bee Gees, Raf e Baglioni. Anche se nel mio cuore c’è sempre Tom Jobim, Lucio Battisti e Pino Daniele”.
Qual è l’identità che hai voluto dare a “Rio”?
“Dal punto di vista dei testi, devo riconoscere a Stefano Viali un’identità ben precisa, fatta di citazioni nobili alla poesia italiana accompagnata da spunti assolutamente originali di linguaggio e di immagini. È chiaro che il punto di vista è quello di un uomo che trae spunto dal proprio vissuto e dalla vita di tutti i giorni per raccontare il suo mondo senza rinunciare al divertimento di essere un funambolo del vocabolario”.
Stefano Telese per Massmedia Comunicazione
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Daniela Bessia, tra sogni ed esperienze passate

Tra gli astri nascenti della musica internazionale c’è anche l’argentina Daniela Bessia, cantante eclettica, amante della recitazione, che ha origini italiane. Una passione, quella nel campo musicale, che l’ha portata anche in Cina, dove è una vera e propria star acclamata da tutti. Tra sogni ed esperienze passate, Daniela si è raccontata in questa intervista.
Daniela, come è nata la tua passione per la musica?
“Mi è sempre piaciuto tutto ciò che aveva a che fare con l’arte. Non a caso, prima di fare l’attrice e la cantante, mi sono anche impegnata come fotomodella. Dato che mia madre è nata in Argentina, anche se mia nonna è del Veneto, sono cresciuta a Buenos Aires, che ha dato i natali anche a me, ed ho frequentato il conservatorio di musica lì. Ed è cominciato il mio percorso, capace di raggiungere un vero e proprio exploit quando ho iniziato a lavorare in Cina”.
A proposito della Cina, come sei arrivata lì?
“Collaboravo con agenzia cinese, che mi ha contatto per cantare la musica tipica della nazione. Ovviamente, imitavo principalmente la sonorità della lingua, visto che non la parlavo bene. Finché non sono stata scelta per un talent show, dove diversi nerd erano chiamati a studiare per imparare il cinese. Ed io ero la rappresentante dell’Argentina. Terminata questa esperienza, mi sono proprio innamorata della Cina ed ho avuto l’occasione di ritornarci quando mi è stata offerta un’ulteriore borsa di studio a Shangai. Da lì ho preso parte ad alcuni eventi canori e, inaspettatamente, mi è stata data l’opportunità di esibirmi, come ospite, a Talento Chino. Dopo quell’ospitata, fatta con lo scopo di mandare un augurio ai nuovi concorrenti, dove mi sono esibita anche con il vincitore dell’edizione prima, mi si sono aperte varie porte: mi hanno cominciato a chiamare in diversi programmi, compreso Avenue of the Stars, che è il Sanremo Cinese. L’ho fatto sia come giudice, sia come partecipante, ma anche come invitata. Ho partecipato anche a un cooking show stile Masterchef”.

Ci sono dei progetti a cui ti stai dedicando in questo periodo?
“Assolutamente sì! Il mio intento è sempre quello di fare uscire nuova musica. Non a caso, da poco tempo è uscita una versione acustica del mio brano Dime Que Sì. Sto programmando il mio tour e, come se non bastasse, sto scrivendo due libri. Tra i miei obiettivi, come immaginerai, c’è anche quello di farmi conoscere in Italia. Uno dei miei sogni, infatti, è partecipare a Sanremo. Voglio raccontare nei miei brani e in tutto quello che faccio ciò che ho vissuto, ma come sai l’artista è sempre severo con se stesso. E, per questo, non sono ancora pienamente soddisfatta”.
So che sei figlia d’arte, giusto?
“Sì. Mia madre, in Argentina, era conduttrice e attrice, mentre mio padre, da appassionato di musica, faceva il dj. Anche se in casa sono stata io a portare il mio lavoro a livello internazionale. Ho fatto tutto da sola, compresa la produzione dei miei video musicali. Per via di Instagram, attualmente, sto collaborando con diverse aziende; sono una sorta di influencer. Tra i miei progetti c’è anche quello di tornare in Cina, ma adesso viaggiare non è semplice, anche perché sono nuovamente in lockdown a causa del Covid”.
Immagino, visto ciò che mi hai detto poco fa, che se ti capitasse un’offerta lavorativa in Italia l’accetteresti più che volentieri…
“Ovvio! Come ho detto, adoro l’arte a 360°: dal canto alla conduzione, passando anche ai documentari, ai film e alle fiction, dove farei volentieri l’attrice. In Cina e Argentina ho già fatto alcune fiction. Se capitasse l’occasione giusta, reciterei più che volentieri. Per questo, sto cercando di imparare al meglio l’italiano. Adoro lo spettacolo, l’intrattenimento, far sorridere la gente quando, magari, ha dei problemi”.
E hai qualche sogno nel cassetto?
“Ti ho già detto che vorrei partecipare a Sanremo e fare una fiction in Italia. Tuttavia, se penso al mio sogno più grande, ti dico che desidero fare un concerto dove tutti cantano le mie canzoni. Fino ad ora ho cantato principalmente in Cina, ma se lo facevo in spagnolo e inglese, e dunque non in cinese, la gente aveva difficoltà a seguirmi, a cantare insieme a me”.
Roberto Mallò per MassMedia Comunicazione
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Morgan, in giuria della quarta edizione del talent show The Coach

Tra qualche settimana sarà in video come membro della giuria della quarta edizione del talent show The Coach. Parliamo di Morgan, artista poliedrico che da tanti anni affascina, con le sue canzoni e la sua grossa conoscenza della musica, il pubblico italiano. Di recente, è stato nel cast di Ballando con le Stelle, condotto da Milly Carlucci. Una “condottiera”, come ama definirla, che apprezza e con cui spera di poter collaborare in futuro.
Salve Morgan, di recente ha fatto parte del programma The Coach, in onda su 7Gold. Che tipo di esperienza è stata?
“E’ stata un’esperienza direi buona, sono stato bene. E’ stato un programma sereno, divertente direi. Assolutamente un’esperienza positiva”.
Come si è trovato nelle vesti di giudice?
“Sa, non è la prima volta che facevo il giudice. Anzi, diciamo che l’ho fatto parecchie volte. Comunque, mi sono trovato assolutamente rispettato nella mia posizione di giudice “veterano” senior e mi sono sentito in un ambiente molto ricettivo, che ha posto attenzione a quello che ho detto con grande interesse e curiosità. Questo mi ha lusingato e mi ha fatto sentire in un’ambiente assolutamente professionale”.

Che rapporto ha instaurato con le colleghe Meriam Jane, Maura Paparo e Ludovica Pagani?
“Ho istaurato un rapporto bellissimo, devo dire. Mi son divertito soprattutto con Meriam Jane, che è una grande cantante e una persona molto empatica. Mi ha colpito molto il suo spirito propositivo e collaborativo. Tuttavia, anche le altre colleghe sono state assolutamente all’altezza ed è stato piacevole. Devo dire una combinazione assolutamente azzeccata di persone del tutto estroverse e disponibili a una collaborazione, perché ci vuole questa capacità di inter-scambiarsi, di relazionarsi e anche, a volte, di sapersi mettere in discussione o, comunque, di non essere per forza protagonisti. Tutto è stato equilibrato”.
E di Agata Reale, la conduttrice, che cosa mi dice?
“Ecco, la conduttrice mi è sembrata valida, dal punto di vista dell’atteggiamento e della professionalità”.
Se capitasse, ritornerebbe a The Coach?
“Volentieri, per quanto riguarda la valutazione sul programma in sé. Ma, personalmente, non voglio di nuovo ritornare in generale a fare il giudice. Non è per The Coach o qualsiasi altro programma; semplicemente non vedo più me nella figura di giudice di talent. L’ho già fatto troppo, insomma. Ho altri progetti”.
Dal punto di vista suo che cos’è il talento? Qual è l’elemento imprescindibile che deve avere l’artista per emergere?
“Semplice: il talento è saper attirare l’attenzione altrui con un’abilità di spettacolo di scena. Andare in scena, e stiamo parlando di talento nell’ambito dell’intrattenimento pop musicale, significa saper stare su un palco e avere quella personalità carismatica che fa sì che gli altri stiano attenti. Si deve attirare l’attenzione; questo si trova nella voce e nell’atteggiamento corporeo, in prima battuta. Poi, quando un’artista si fa conoscere, diventa più un discorso legato alla sua storia, a quello che costruisce anche con un pensiero, non soltanto con il modo di stare in scena. Tuttavia, il talento che bisogna giudicare in un talent show, dove si vedono degli esordienti, dei giovani alle prime armi, si nota subito: è fatto da questa capacità di brillare, di essere luminosi, ma deve essere unito anche ad altre caratteristiche. Per emergere ci vuole fortuna, anche se molti bravi non emergono; non è detto che per forza si possa emergere. Ci vogliono comunque delle basi solide che sono fatte dallo studio, dall’impegno, dalla cultura di base. Bisogna essere vasti culturalmente, bisogna essere larghi a 360°, bisogna interessarsi alle cose, bisogna leggere, bisogna conoscere le opere d’arte altrui. Ci vuole un bagaglio di informazioni che si chiama conoscenza per essere solidi, per essere durevoli, longevi e per essere anche credibili. Il successo può capitare anche con un tormentone estivo. In ogni caso, il successo che secondo me merita di essere cercato è quello che dura nel tempo e si costruisce soltanto sulla base della preparazione. Non si prende in giro nessuno, soprattutto il pubblico”.

Nella scorsa stagione televisiva è stato tra i concorrenti di Ballando con le Stelle. Che ricordo ha di quella esperienza?
“Ho un ricordo interessante, perché è stata un’esperienza nuova per me. Non avevo mai fatto l’interpretazione così atletica, nonostante la mia esperienza di performer abbia sempre richiesto implicitamente una fisicità, soprattutto poi considerando che il mio fisico, con cui ho fatto 20 anni di concerti, è stato quello del rock come bassista frontman. Quindi, ogni volta erano delle prove fisiche molto intense. Io so vivere anche il palco da un punto di vista della performance. Ballando è stata una bella novità perché si trattava di concentrarsi sull’imparare, anche tradizionalmente, quelli che sono i vari generi della danza; è stato molto interessante per me, tant’è vero che l’ho fatto con dedizione e impegno. Ognuna di queste mie messe in scena sono state oggetto di grande lavoro da parte di tutti gli strati della costruzione dello spettacolo; è stato un lavoro di grande impegno di spettacolo totale, non soltanto il mio ballare, ma anche lo scrivere, il preparare la scenografia, il costume e tutto quello che è il racconto di quel che si arrivava a fare per una scelta di un certo tipo. Io ho fatto Gene Kelly in “Singin in the Rain’, ho cantato e ballato insieme, ho creato anche dei dibattiti. Come dire, ho usato il mezzo come pretesto per sollevare dei dibattiti importanti, com’è stato quello del Ghosting. Non se n’era mai parlato su Rai1 di questo problema che prende molto i giovani oggi, cioè del fatto di interrompere le relazioni bloccando, facendo il ‘No contact’ totale con la persona con cui si aveva una relazione fino al giorno prima e improvvisamente si scappa. Si chiama Ghosting perché si diventa fantasmi. Ecco, io ho fatto una puntata in cui ho basato la mia performance su un brano di Gainsbourg, ‘Les Amours perdues’, che anche quella è stata una scelta interessante, molto sofisticata, associata alla rumba di quel brano. Insomma, ho scritto una poesia dedicata al tema del Ghosting mettendo in scena la coppia che si lacera; quello è stato un bel passaggio. E’ stato anche molto bello quello della samba, dove ho fatto imparare a suonare i tamburi alla mia ballerina maestra. Con tutto quello che mi ha insegnato lei, io gli ho insegnato un’altra cosa e abbiamo fatto musica e danza insieme, coinvolgendo anche l’orchestra”.
E Milly Carlucci, invece?
“Milly è una delle più grandi professioniste con cui mi sono trovato nell’ambito televisivo; è una vera leader. Soprattutto, è una molto attenta; non le sfugge niente, sta completamente a guidare questo grande edificio, che è una trasmissione televisiva come Ballando con le Stelle, che è molto complesso, pieno di tanta gente, tante responsabilità e soprattutto tante complicazioni. Saperlo fare così, senza frenare, bloccarsi, senza incepparsi, ma avendo sempre una soluzione a tutto ed essendo sempre presente, è una grande cosa. Milly Carlucci è una vera conduttrice, nel senso di condottiere. Più che condurre, nel senso tradizionale del presentatore, lei è una conduttrice come un Giulio Cesare che comanda un esercito perché è al comando. Ho sempre detto che mi sarebbe piaciuto candidarla come Presidente della Repubblica italiana, perché ha talmente tanta capacità di essere responsabile che sinceramente la vedo bene in quel ruolo. Poi, è una persona molto colta che non fa abuso e non fa ostentazione della sua cultura, ma la usa come si dovrebbe sempre usare. Tanto di cappello alla Signora Carlucci, che è stata ed è ancora ancora una mia grande amica con cui mi piace molto lavorare e mi piace proprio il suo spirito. Mi piace l’approccio che ha, fossero tutti così il mondo sarebbe fantastico; invece, purtroppo non sono tutti come Milly Carlucci”.

Che consiglio darebbe a un giovane che vuole entrare a far parte del mondo della musica?
“Oggi la musica è in una condizione molto strana. La musica, intendiamoci, non è la discografia. La discografia non è la musica. Il mercato non è neanche la musica. La musica è una cosa molto più seria, molto più profonda, che è di tutti. La musica, tra l’altro, come concetto, diciamo puro, è un’entità metafisica perché non si vede: è invisibile, è intangibile, è in un mondo metafisico, nel senso che va al di là delle leggi della fisica, nonostante il suono si propaghi attraverso le onde meccaniche. Ma la musica non è semplicemente il suono, la musica è il suono più l’essere umano che lo articola. La musica, purtroppo, oggi non è che abiti proprio tanto nei mass-media; nelle radio i discografici si sono involuti parecchio. Che consiglio darei? Non sono uno che sa dare consigli, comunque direi di studiare: su questo non ci piove! Studiare perché la musica non è detto che entri dentro di noi. Anche se siamo dei musicisti, o se vogliamo essere dei musicisti o se stiamo per diventarlo, intanto, come si suol dire, impara l’arte e mettila da parte. Mentre aspetti che la musica ti tocchi, tu preparati! In modo tale che, quando arriverà la musica, che è come un raggio di sole che ti penetra, a quel punto, se tu sai come onorarla perché ne consoci gli artifici, le ricette i metodi, riesci ad esprimerla, sennò rimani frustrato. Ti entra dentro ma non riesci a mandarla fuori”.
Roberto Mallò per MassMedia Comunicazione
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Da “Un posto al sole” a “La Sposa”, intervista esclusiva ad Antonella Prisco

Antonella Prisco nasce a Nola, ad una manciata di chilometri da Napoli, nel 1982. Cresce nella tranquilla provincia campana seguendo un proficuo percorso di studio e cullando senza sosta un sogno nel cassetto: diventare attrice. Una volta laureatasi in Sociologia all’Università di Salerno, si trova ad affrontare una difficile scelta: chiudere una volta per tutte quel cassetto o lasciare che i suoi sogni prendano il volo. Inizia quindi a formarsi in ambito teatrale con una moltitudine di autori.
Lo studio, da ora in poi, andrà sempre nella direzione attoriale. Esordisce nel 2005 nella fiction “Orgoglio”, al fianco di Elena Sofia Ricci, dove interpreta due stagioni. Nel 2015 la grande occasione che la porterà quotidianamente sugli schermi di milioni di italiani: le viene affidato il ruolo di Mariella Altieri nella celeberrima soap opera “Un posto al sole”. Un ruolo che cresce nel corso delle stagioni e si fa sempre più centrale, confermando anno dopo anno Antonella nel cuore delle complesse vicende umane di Palazzo Palladini. Ma la parabola di Antonella non sembra volersi fermare: è di quest’anno il suo ruolo nei panni di Nunzia, co-protagonista della miniserie tv “La Sposa”. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con lei, su passato, presente e futuro.

Il tuo percorso di formazione ti ha portata ad ottenere una laurea in sociologia, ma non hai indugiato nella scelta di seguire la decisamente più rischiosa carriera di attrice. Quali sono stati i tuoi primissimi passi a riguardo? Come li hai vissuti?
“Era una strada incerta e sconosciuta quella che ho seguito e in quel momento avevo l’impressione che gli studi universitari mi distraessero dall’obiettivo: essere un’attrice. Poi ho capito che è stato un valore aggiunto, poter parlare di tutto, con tutti e non avere una formazione esclusivamente da attrice mi ha completata e dato ulteriori strumenti per fare al meglio il mio lavoro.”
Sempre rimanendo alle radici della tua carriera, raccontaci un po’ meglio quell’aneddoto che riguarda te e Alberto Sordi in visita all’Università di Salerno per la sua laurea honoris causa. Si raccontano molte storielle a riguardo e vorremmo sapere da te com’è davvero andata.
“Ero all’università e come al solito non pensavo ai corsi da seguire ma al mio sogno da inseguire. Seppi che quel giorno gli avrebbero conferito la laurea ad Honorem e spiai la security per capire dove lo avrebbero portato dopo… dovevo incontrarlo. Dopo ore di appostamento nascosta in un’ala dell’uni pensai che avessero cambiato destinazione e sconfortata chiamai l’ascensore… ma quando si aprì me lo trovai di fronte… ci ero riuscita… e ho capito che per fare questo lavoro ci vuole tanta tanta determinazione e pazienza… saper aspettare a volte non è star fermi…”
Cosa ha rappresentato per te nel 2005 l’esordio in una fiction TV ambiziosa come “L’orgoglio” al fianco di grandi figure della tv italiana come Elena Sofia Ricci, Daniele Pecci e Paolo Ferrari?
“È stata la prima esperienza che mi ha fatto capire cosa significasse stare su un set, quali i ritmi di lavoro. La persona che ho conosciuto in quell’occasione e con la quale ha avuto l’onore di confrontarmi è stato Paolo Ferrari… umano, straordinario, non lo dimenticherò mai.”

Quanto c’è della donna Antonella Prisco nel personaggio di Mariella Altieri?
“C’è tanto… Mariella mi ha cambiato la vita… è cresciuta dentro di me, dando voce tal volta in maniera ironica ma tanto vera a delle mie paure, incertezze che nella vita vera forse non avrei mai avuto il coraggio di dire ad alta voce.”
Cosa significa per un’attrice, sia a livello personale che professionale, essere legati per così tanto tempo ad un ruolo, come è successo a te con Mariella? Con il passare del tempo la sfida diventa sempre più difficile o subentrano certi automatismi per cui diventa tutto più immediato?
“Gli automatismi “buoni” cioè quelli che ti fanno fare bene il tuo lavoro sul set e tenere ritmo mi piacciono. Gli automatismi che riguardano il personaggio preferisco scansarli… non vorrei mai che il mio personaggio si adagiasse, cerco sempre di dare il meglio, di trovare un’evoluzione come accade nella vita reale a tutti… non bisogna mai fermarsi ma crescere e confrontarsi… in questo gli scrittori di Upas mi aiutano tanto, sono uno stimolo continuo.”
Quant’è importante, in un ruolo così protratto nel tempo come è il tuo caso con Mariella, riuscire a creare un solido rapporto umano con l’interprete della sua storica controparte amorosa nella serie, il comandante dei vigili Guido del Bue interpretato da Germano Bellavia? Quanto conta il dietro le quinte?
“È un aspetto importantissimo: essere sereni sul set, trovare un appoggio, un confronto fa tanto nella resa del personaggio e della stessa storia. Voglio tanto bene a Germano, c’è rispetto e soprattutto tante risate…”
Raccontaci qualcosa di più riguardo alla tua esperienza del 2015 in “Alle falde del Kilimangiaro Summer Night” al fianco di Dario Vergassola e Camila Raznovich.
“È stato un intervento molto divertente, Dario ha un’ironia intelligente e sottile, di quelle che ti inchiodano. È sempre bello confrontarsi con professionisti come lui.”
Nel 2015 hai avuto occasione di partecipare alla Scuola di perfezionamento per attori del Teatro Stabile Mercadante diretta da Luca De Filippo, poco prima della sua prematura scomparsa. Cosa ricordi di quell’esperienza di studio con un grandissimo del teatro napoletano e italiano?
“È stata un’esperienza che mi ha dato tanto. Un giorno a lezione ho avuto l’onore di esibirmi di fronte a lui, non potevo crederci… le sue erano sempre parole di incoraggiamento, mai distaccato… manca…”

Com’è stato declinare il tuo talento interpretativo per una figura come la Nunzia della nuovissima miniserie TV “la Sposa” di Giacomo Campiotti, profondamente diversa per contesto e indole dalla Mariella di “Un posto al sole”?
“Un attore vive per questo, per confrontarsi con ruoli diversi, provarsi, sfidarsi… e quella di Nunzia è stata una sfida meravigliosa. La paura era tanta, ho dovuto fare i conti con un dialetto che non era il mio ma alla fine leggere e incontrare persone che mi dicono di essersi affezionate a Nunzia, non ha prezzo… Ringrazio Giacomo per l’occasione che mi ha dato.”
Una delle caratteristiche più interessanti del personaggio di Nunzia è la sua sostanziale inconsapevolezza della propria condizione. E’ assoggettata a delle dinamiche profondamente maschio centriche della società e del tempo che vive, eppure sembra abbia trovato da qualche parte le risorse per sopportare, resistere e anche ironizzarci sopra. Cosa ti è arrivato dal vestire i suoi panni, così complicati e complessi?
“Ho capito che solo una donna avrebbe mai potuto sopportare tanto… annullarsi, accettare una condizione così estrema… L’uomo è capace di prendersi cura di sé, di tutelarsi, la donna un po’ meno e lo ha dimostrato la storia. Vestire i suoi panni mi ha fatto capire quanto c’è ancora da fare per poter parlare di parità… e forse il cambiamento deve arrivare da noi donne perché siamo meno solidali tra di noi, proprio perché capaci di sopportare…”

Due anni fa sei diventata madre di Vincenzo. Cosa ha portato nel tuo bagaglio artistico di attrice un’esperienza così forte e totalizzante come quella della maternità?
“Avevo paura di diventare madre. Questo cambiamento così grande mi spaventava, avevo paura di “perdermi”. Invece è stato il contrario… come dicevo prima le sfide ci fanno crescere ed essere genitore è una gran bella sfida… ma l’amore che senti e quello che ti ritorna è una cosa che auguro di provare a tutti.”
Hai da pochi mesi terminato le repliche de “Lo zio del medico dei pazzi” per la regia di Gianfranco Gallo all’Augusteo di Napoli, e la tua carriera teatrale è disseminata di esperienze nel corso degli anni. Cosa cerchi e cosa riesce a darti il mondo del teatro rispetto a quello della TV?
“È un aspetto del mio lavoro che mi completa quello del teatro. Ci sono energie e sinergie diverse che entrano in gioco. Quello che in assoluto mi manca in questo momento, più che le relazioni che si instaurano sul palcoscenico con i colleghi, è il rapporto col pubblico. A teatro un attore fa l’amore con il suo pubblico, cerca di sedurlo, di tenerlo col fiato sospeso, di affascinarlo in qualche modo e quando alla fine arriva l’applauso e la corrispondenza di amori sensi si è stabilita… nessuno dei due dimenticherà più quella sera dove ci si è conosciuti e amati in qualche maniera.”
Se la te stessa adolescente potesse vedersi al futuro e avesse te davanti, donna adulta e attrice professionista con alle spalle il tuo intero percorso, credi che sarebbe soddisfatta?
“Quanto amo questa domanda!!! Io ci parlo spesso con la mia Anto 16enne… e le dico: hai visto, è stata dura, abbiamo pianto tanto, a volte abbiamo anche perso la speranza… ma alla fine le do una pacca sulla spalla e penso: siamo sulla strada giusta… non ti ho delusa e spero di continuare così…”
*Foto di Giuseppe D’Anna
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
CLICCA QUI PER LEGGERE TUTTE LE ALTRE NEWS E ANTICIPAZIONI SU UN POSTO AL SOLE
Attualità
“L’Arte dell’Esperienza”, il nuovo libro di Marco Bonini, in libreria dal 20...

Uscirà il prossimo 20 maggio in tutte le librerie L’Arte dell’Esperienza, nuovo libro del celebre autore Marco Bonini edito da La Nave di Teseo. Uno scritto dove affronta il tema della recitazione da diverse angolature, rapportandola anche ad attività che avvengono fuori dal palcoscenico. Ritiene infatti che sia un’arte utile per aiutare tutti quanti a “mettersi nei panni dell’altro”, motivo per il quale auspica che venga introdotta come metodo di insegnamento nelle scuole, per educare glia allievi alla “sensibilità” ed evitare fenomeni più gravi come il bullismo e le discriminazioni. Proprio come ci ha raccontato in questa intervista.
Intervista di Roberto Mallò per Massmedia Comunicazione

Ciao Marco, il 20 maggio uscirà il tuo nuovo libro, che si intitola L’Arte dell’Esperienza. Com’è nata l’idea di scriverlo?
“Il libro parla della funzione pubblica del lavoro dell’attore, dell’artista interprete. Storicamente viene dal mio lavoro di tesi, di tanti anni fa, più precisamente nel 1996, in filosofia ed estetica. Sono stato uno dei fondatori di Unita, ossia l’Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo, un’associazione di categoria del nostro settore. Ho fatto parte del direttivo per tutto il primo anno di fondazione, in pieno lockdown. E, proprio in quel periodo, mi è venuta l’idea di scrivere il libro. Perché, se ricordi bene, il premier Giuseppe Conte aveva inserito il teatro e il cinema nel settore non essenziale”.

Quindi è stato il lockdown a far scattare la molla?
“Esattamente. Ho voluto raccontare a noi artisti stessi, al pubblico e alla società civile che il nostro lavoro non è non essenziale; non siamo una sala bingo. Quando la gente va a teatro, non sta andando a perdere tempo, ma ad assistere ad un rito identitario-collettivo. La nostra funzione pubblica è quella di raccontare chi è la Società. Il pubblico ha bisogno di sapere chi siamo noi perché questo ci orienta, ci fa alzare la mattina, ci fa sentire meno soli. Tant’è è vero che, nel momento in cui siamo stati reclusi nelle nostre abitazioni per via del lockdown, dopo un paio di settimane abbiamo sentito la necessità di aprire la finestra, uscire fuori nei nostri balconi e cantare l’Inno Nazionale. Abbiamo fatto un gesto simbolico-emotivo-identitario. Ognuno ricordava al proprio dirimpettaio, che gli stava davanti, chi eravamo e quali sono i nostri valori”.
Che è un po’ la funzione del cinema e del teatro, no?
“Certo, questa esperienza non è altro che quella teatrale e audiovisiva. Il meccanismo è lo stesso, perché entrambe sono la rappresentazione dell’esperienza umana. Il libro che ho scritto si chiama, appunto, L’Arte dell’Esperienza, che è il link che tiene insieme attore, personaggio e pubblico. Tutti noi ci chiediamo che senso ha la nostra vita e, per questo, abbiamo bisogno di qualcuno che la sintetizzi e rappresenti in maniera simbolica ed emotiva. Andando in teatro, chiediamo agli attori di dirci e ricordarci chi siamo. E questa è una funzione fondamentale, soprattutto in un momento di tensione come quello di una pandemia. Non siamo affatto intrattenimento, ma un servizio essenziale, soprattutto in un momento di crisi”.

Il libro ha però anche una funzione didattica, giusto?
“Sì e parte da un presupposto: l’attore è un operaio delle emozioni. L’Interprete è colui che usa come strumenti la grammatica e la lingua delle emozioni. Chiunque deve quindi, in qualche modo, essere alfabetizzato a questa lingua, perché l’intelligenza emotiva è una competenza sempre più collettiva. Per alfabetizzarsi al linguaggio delle emozioni, secondo me, la scuola pubblica dovrebbe adottare la recitazione come materia curriculare. Esattamente come si insegna a scrivere e a leggere, anche se non tutti diventano Hemingway, gli alunni dovrebbero avere i rudimenti della recitazione perché quella tecnica alfabetizza la lingua delle emozioni. E questo io l’ho provato perché, oltre ad Unita, faccio parte di un’associazione che promuove l’alfabetizzazione emotiva nelle scuole. Non a caso, abbiamo fatto dei progetti pilota di racconto nel libro con i bambini delle elementari”.

Ed in che cosa consistevano?
“Abbiamo fatto degli esperimenti di drammatizzazione. Prendevamo un evento qualsiasi successo in classe, che fosse un’interrogazione o una lita tra gli allievi, e lo rimettevamo in scena con altri due bambini che non l’avevano vissuto in prima persona. Dovendolo interpretare, gli attori prendevano quindi coscienza di quello che era successo, mentre chi l’aveva vissuto ne diventava autocosciente perché lo vedeva rappresentato. Diciamo quindi che le tecniche di recitazione sono importanti anche a livello pedagogico. Un aspetto che fa parte pure dell’attività di Unita che, lo scorso anno, è riuscita a far firmare un protocollo di intesa tra Ministero della Cultura e il Ministero della Pubblica Istruzione per provare e fare incominciare dei progetti pilota in dieci scuole nazionali. Un progetto che è partito dall’idea che le tecniche recitative potessero aiutare sia gli insegnanti, sia gli allievi a migliorare l’offerta pedagogica”.
Tra l’altro, nel libro dici che l’alfabetizzazione emotiva può servire anche da denuncia, per parlare di casi gravi come il bullismo, le discriminazioni e così via…
“Esatto. Qualsiasi forma di violenza viene da un’insensibilità. Tu puoi uccidere perché non provi l’emozione di essere ucciso, ma se entri empaticamente in quella situazione diventa molto più difficile violentare, uccidere o maltrattare. L’esperienza emotiva innalza la coscienza delle persone, che in qualche modo diventano meno esposte ai problemi sociali come il bullismo ecc. A questo proposito, racconto nel libro un episodio che ha come protagonisti dei bambini con dei disturbi di attenzione, quasi autistici. Dopo solo quattro ore di lezione con il metodo dell’educazione emotiva, attraverso gli esercizi di drammatizzazione, questi bambini erano molto più calmi. Al punto che, alla fine dell’anno, hanno chiesto di poter raccontare ai genitori che cosa restava loro dell’educazione emotiva. Ed hanno ringraziato la pedagogista e la terapista con le quali hanno seguito il corso. Abbiamo quindi provato sul campo l’efficacia di questa tecnica”.

Si può dunque dire che con questo tuo lavoro hai cercato anche di spiegare come ci si mette nei panni dell’altro?
“Assolutamente sì! Propongo la tecnica recitativa come tecnica pedagogica. Che non serve soltanto a noi attori, visto che dovrebbe essere una competenza di dominio pubblico. Esattamente come la lingua scritta, parlata e letta. Tutti sappiamo leggere e scrivere, ma non facciamo necessariamente i giornalisti e gli scrittori. In questo senso, dico che tutti dovrebbero fare a scuola recitazione nella forma base”.
Mi sembra di capire che L’Arte dell’Esperienza abbia preso il via appena hai avuto la consapevolezza, in pieno lockdown, della concezione sbagliata che c’era del ruolo degli artisti…
“Proprio così, non si aveva la consapevolezza del nostro ruolo sociale, di quale fosse la nostra funzione. Ovviamente, non è solo quella di intrattenere, che se vogliamo dirla tutta è un effetto collaterale del nostro lavoro. Il libro è rivolto a tutta la società, agli educatori, agli insegnati e non solo. Sempre più persone fanno corsi di recitazione per vincere le proprie emozioni e per sconfiggere le loro timidezze. Ognuno di noi, lavorando su se stesso, può avere dei vantaggi da questa cosa. L’Arte dell’Esperienza può essere utile anche agli attori per ricordare loro che questo mestiere non si fa soltanto per cercare di diventare famosi. Non è un lavoro che promette ricchezza e fama, ma ha un obiettivo sociale ben preciso che impone una responsabilità agli operatori, una coscienza civile. Noi attori siamo i depositari delle emozioni collettive. Il modo in cui lo facciamo dev’essere responsabile perché può cambiare la vita di una persona”.

Ci sarà una presentazione del libro?
“Sì, al Salone del Libro di Torino, con Giovanna Mezzogiorno, sabato 21 maggio 2022 intorno alle 19.30”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Attualità
Intervista esclusiva ad Alessandra Tumolillo: «Raccontarsi è sempre bello, con la musica...

Giovanissima ma a un passo dalla fama mondiale: Alessandra Tumolillo, in questi giorni molto chiacchierata per esser stata ospite del noto tenore Andrea Bocelli. Affiancata dalla presenza promettente di Diego Russello, alla sua giovane età ha già incontrato un artista di tale calibro che avendo ascoltato i suoi pezzi è già un grande sostenitore della Tumolillo.
Alessandra Tumolillo, cantautrice, classe 2000, nasce nella bella Napoli sotto il segno della vergine. Benché questa sia una delle città col maggior numero di cantanti, Alessandra ha già tutte le carte in regola per primeggiare nel mondo musicale. Figlia d’arte di due validi musicisti; madre pianista e padre violinista. Si è fatta notare sul web appena adolescente e a 17 anni è stata scelta da Peppe Barra per partecipare alla ‘Cantata dei Pastori‘, nel programma ‘Quanno nascette Ninno‘. Nel 2018 è riuscita a dar voce alla colonna sonora di un film di Alessandro Siani con un suo brano, nello stesso anno è stata ospite a ‘The Voice of Italy‘, per poi partecipare come concorrente del programma televisivo ‘Amici‘, nel 2020.
A Maggio del 2019 nasce il brano “Il Cammino”, scritto durante un momento di pausa dalle riprese del film “Alessandra, un grande amore e niente più”. «Fui ispirata dalla musica dei Beatles, dalle progressioni armoniche e dalle melodie», ci spiega Alessandra. Ed è così che prende vita “Il Cammino”, unendo il mondo Partenopeo e quello “Liverpooliano” (così lo ha definito simpaticamente Alessandra).
«Il brano fa cenno alla speranza, senza esplicitarne troppo il senso. Fa uso metafore, è introspettivo. Nasce come ninnananna ma si evolve come brano maturo. “Il Cammino” è stato utilizzato come colonna sonora nel film “Anime Borboniche”», racconta entusiasta Alessandra ai nostri microfoni.
Nonostante la sua giovane età, Alessandra già vanta collaborazioni di successo con artisti illustri come Ernesto Vitolo, pianista, tra l’altro, dell’album “Nero a metà” di Pino Daniele; Sergio Cammariere, cugino del cantautore Rino Gaetano; Jake Sherman, cantautore e produttore americano; Michael Rosen; Elisabetta Serio; Roberto Giangrande…
A Dicembre 2021, Alessandra pubblica su YouTube il brano “Auguri al mio pianeta“, un progetto musicale intorno al quale si sono aggregati alcuni tra i più bravi musicisti napoletani. La canzone, scritta da Felice Iovino è una vera propria esplosione di positività e di allegria, condivisione e felicità collettiva, un invito, almeno per qualche minuto, a guardare il futuro senza le paure imposte dalla pandemia.
Alessandra ha una voce calda, profonda, potente e passionale. La sua carriera è rappresentata dalla cover di Andrea Sannino, ‘Abbracciame‘. La giovane interpreta il brano con una verve invidiabile e un candore inimitabile. Davvero brava a suonare e cantare con l’anima; un’artista a tutto tondo.
Un brano che ci ha fatto sognare ad occhi aperti, accorciando in qualche modo le distanze durante i lockdown. Noi ascoltandolo ci siamo molto emozionati, e voi? Ecco il video, direttamente dal canale YouTube di Alessandra.
Oggi nella vita di Alessandra ci son nuovi progetti in vista, dalla collaborazione con artisti di fama mondiale alla partnership con Diego Russello, uno dei migliori imprenditori del momento. Cerchiamo di capirne di più attraverso quest’intervista esclusiva.
Ciao Alessandra! Benvenuta su Sbircia la Notizia Magazine. Iniziamo con la nostra domanda di rito: chi è Alessandra Tumolillo nella vita di tutti i giorni?
“Alessandra oggi è una ragazza di ventun anni che ama tuffarsi in tutto ciò che si può definire “Arte”: dalla pittura, alla musica, al cinema… Non ho molti amici, ma quelli che hanno posto nel mio cuore, l’avranno per sempre. Sono figlia di Anna e Alessandro, entrambi musicisti, violino e pianoforte; guide indispensabili per il mio percorso artistico e primi fan della mia musica da quando ho iniziato a scrivere canzoni (avevo 12 anni). Sono iscritta al biennio di chitarra jazz al conservatorio di Napoli San Pietro a Majella e infine sono “mamma” di un cane di nome Simba (che ho tatuato sul braccio sinistro).”

Bella e radiosa come il sole, fresca di incontri promettenti. Com’è stato trovarsi di fronte Andrea Bocelli?
“Ho avuto l’onore di incontrarlo e di condividere dei momenti a casa sua insieme alla sua splendida famiglia. Sono stati dei momenti emozionanti… direi, come quello di aver cantato insieme “E po’ che fà” di Pino Daniele. Non mento, all’inizio mi tremava la voce dalla commozione!”
Come tutti i giovani sei molto presente su vari social network, sarà questo il mezzo principale della partnership con l’imprenditore Diego Russello?
“Esatto. Ho conosciuto Diego nel lontano 2020, ci siamo incrociati per caso su Facebook… All’epoca girava ancora il mio video della cover di “Abbracciame” di Andrea Sannino ed è stato proprio questo il motivo dell’avvicinamento mio e di Diego. Oggi lo considero non solo il mio manager e dunque figura importante nell’ambito professionale lavorativo, ma anche un padre.”

Sappiamo che i tuoi genitori sono stati il pilastro della tua passione musicale ma oltre a loro qual è l’artista che ti ha influenzato maggiormente?
“Sarebbe troppo scontato se dicessi Pino Daniele? (ride, ndr) In realtà la mia prima influenza più grande è stata Norah Jones… e a seguire Esperanza Spalding, John Mayer, Stevie Wonder… e last but not least Pinuccio.”
Qual è stata la tua primissima esibizione?
“La mia prima esibizione fu all’Around Midnight a Napoli nel lontano 2017: fu in trio con due musicisti molto bravi, avevo 16 anni (Domenico Peluso al basso e Giuseppe Donato alla batteria). Ricordo con grande piacere e gioia quella prima volta davanti a un pubblico, ero molto timida ma sicura che quello sarebbe stato il posto giusto per me: Il palco. A fine serata venni accompagnata anche da un pianista, a cui sono affezionata in particolar modo: Sergio Esposito, grande jazzista e anch’egli grande fonte di ispirazione per il mio percorso artistico.”

Come hai vissuto i primi successi?
“Il mio successo è stato il giorno in cui ho scoperto di amare la musica a tal punto da farne il mio lavoro, per tutta la vita. Non è una strada semplice, l’entusiasmo è il carburante che serve per ingranare la marcia e non smettere mai… ma è facile, amandone l’essenza. Aver avuto modo di interfacciarmi con persone che hanno saputo apprezzare il mio modo di fare musica è stata una vittoria, di cui sarò sempre grata.”
Perché Siani ha scelto proprio un tuo brano per la colonna sonora del suo film?
“Alessandro è una persona stupenda, potrei dire che mi ha quasi vista crescere. È stata una delle prime persone a credere in me e infatti nel 2013, quando io non sapevo ancora cosa fosse bene la musica, mi accolse nel suo camerino al Diana per farmi cantare dei pezzi. Mi chiese se fossi effettivamente pronta per cantare la mia musica (all’epoca avevo scritto solo mezza canzone) ed io ingenuamente ma con estrema sincerità gli risposi “No, non è ancora il mio momento, voglio stare in camera mia a sperimentare, voglio crescere”. Da allora ci siamo subito voluti bene e infatti nel 2017 si fidò della mia sensibilità artistica prendendo in considerazione uno dei miei brani inglesi intitolato ‘Spell’.”

Sebbene tu abbia partecipato come concorrente nel Talent di ‘Amici’, sei una dei pochi che non viene accomunata a quella tipologia di artisti: gli ‘usciti dai Talent Show’. Secondo te perché?
“Talent Show significa TV, TV significa personaggio, personaggio significa finzione. Ci ho provato, ho voluto provarci… benché all’età di 15 anni venni segnalata a dei talent e ne rifiutai le proposte (Amici e XFactor). Oggi penso di aver fatto la scelta giusta e il mio averci riprovato non è pentimento. Poi essendo parzialmente fatalista, penso che molte delle cose che succedono nella vita non succedono mai per caso, quindi chissà.”
Sei un’artista a tutto tondo ma a livello canoro non sei molto simile ai tuoi colleghi partenopei. Cosa ti ha influenzato particolarmente?
“Ho sempre ascoltato musica inglese, americana, francese… mai italiana. Oggi ovviamente ascolto di tutto, la musica italiana mi fa impazzire, anche quella napoletana. Ma il mio modo di interpretare rimane sempre molto legato alla musicalità della lingua inglese e dunque l’assenza della cadenza partenopea che è, a mio avviso, fantastica se trattata con garbo.”

Giovane, sana, bella e famosa. Si può dire che in questa vita non ti manchi nulla. C’è qualcosa che ti pesa, nonostante la cornice da favola?
“Si può avere tutto nella vita, ma se non sai canalizzare l’energia e avere il giusto equilibrio, è tutto inutile. Da bambina le scuole per me erano un inferno, ho conosciuto il bullismo. Ero in forte sovrappeso e ciò mi ha portato ad una grande insicurezza che si è insidiata nel mio subconscio negli anni… qualche stralcio forse me lo porto ancora dentro. Non avevo amici, ero molto iperattiva, non ero tranquilla. Ma al sovrapporsi di questa verve vi è sempre stata una forte sensibilità: incompresa, sola e scomoda. La musica mi ha salvato e lo fa tutti i giorni della mia vita.”
Alessandra, grazie per aver risposto alle nostre domande! Siamo felici di averti avuta a bordo e ti auguriamo di andare incontro ad un futuro sempre più ricco di soddisfazioni.
“Grazie, Junior! Raccontarsi è sempre bello… Con la musica ancora di più! ❤️ Felice di averlo fatto con voi, ciao.”

Vi ricordiamo che Alessandra è attiva su Instagram con il suo profilo ufficiale: seguitela per rimanere aggiornati sulle sue attività.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Eleonora Baliani: «Essere un’attrice mi permette di scavare...

È da poco uscito in tutte le librerie il suo secondo romanzo, ma la scrittrice Eleonora Baliani si dedica anche alla recitazione. Lo scorso anno, infatti, ha vinto il prestigioso Premio Vincenzo Crocitti, ideato da Francesco Fiumarella, che le ha permesso di conoscere dei colleghi come Christian Patané, per il quale sta curando la stesura di un lungometraggio, e la collega Valentina Gemelli, con la quale sta realizzando due lungometraggi e ha aperto il canale Youtube Fate o Streghe?, finalizzato a raccontare le fiabe in maniera ironica. Una carriera da attrice, scrittrice e sceneggiatrice avviata anche grazie ai suoi studi, visto che la Baliani, dopo il percorso al liceo classico, si è laureata al DAMS.
Intervista di Roberto Mallò
Eleonora, lo scorso febbraio hai pubblicato il tuo secondo libro, Maira e il lago di cera.
“Sì, proprio così. È uscito da poco tempo, ma nonostante questo sto già ricevendo dei feedback positivi. Sono molto contenta perché a priori non puoi conoscere la percezione che il pubblico avrà su un tuo lavoro e, quando si hanno delle critiche positive per qualcosa che si è realizzato, è sempre piacevole. Tra l’altro, il mio libro è un fantasy, un genere particolare già di per se stesso ma soprattutto nel mio caso, perché quello che faccio io si discosta un pochettino dai canoni classici di un fantasy, essendo incentrato sulla parte spiritual, rispetto alla lotta di potere, che è pur sempre presente ma in maniera diversa. Inizialmente, la storia può sembrare indirizzata prevalentemente ai bambini ma penso che possa affascinare anche un pubblico più adulto. Idealmente è rivolta ai ragazzini tra gli 11 e i 15 anni”.

Com’è nata l’idea di questo romanzo? Che cosa puoi anticipare a chi ancora non l’ha letto?
“L’idea è nata da tanti piccoli input che ho ricevuto nel tempo. Mi definisco una visionaria: è capitato che vedessi, ad esempio, le radici di un vecchio albero in una posizione particolare che ha evocato in me un’immagine. Partendo da questo e altri segnali, si è sviluppata la storia in modo totale. Il romanzo inizia in un’atmosfera molto tranquilla e serena. Nell’aria si sente il profumo dello zucchero filato; ci sono danze, balli e allegria. Fin quando tutto precipita perché da parte dell’esercito del regno limitrofo viene sferrato un attacco improvviso, totalmente inaspettato, nel regno di Ealain. Durante l’attacco muoiono quasi tutti e si salva soltanto una ragazzina, Maira, che scappa nel bosco e incontra, inaspettatamente, il mondo elementale, fatto da driadi, elfi, folletti, gnomi e così via. Grazie a loro, scopre che la guerra è l’ultimo dei problemi perché a monte c’è qualcosa di molto più pericoloso e grave. Maira si trova così investita del ruolo di salvatrice e decide di provarci in ogni modo, ritrovandosi coinvolta in un’avventura estremamente piena, che non sa dove la porterà. È una bella storia, visiva, che merita e mi piacerebbe tantissimo finisse, in futuro, anche nella sale”.
È difficile scrivere un fantasy? Immagino che ci sia un grosso lavoro di ricerca dietro, fatto di credenze, leggende…
“Certo. Ci si informa sulle leggende ma è bello crearne di nuove, dando spazio alla tua fantasia per dar vita al tuo universo. Tutti i mondi dove avvengono le mie storie sono inventati di sana pianta; non hanno dei riferimenti reali”.
Quando ti sei appassionata a questo genere?
“Da piccola, stranamente, il genere fantasy non mi piaceva. In seguito, è subentrato il fenomeno di Harry Potter, che in principio pensavo fosse la solita cosa noiosa. Appena ho comprato, per caso, il quarto libro della saga, senza pensare all’ordine giusto degli stessi, ne sono rimasta folgorata; mi ha preso il cuore e l’anima. È nato un vero e proprio amore, che è continuato con Le cronache del mondo emerso di Licia Troisi e ha fatto nascere in me la voglia di scrivere di nuovo, stavolta per davvero. Per questo ho creato La sfida di Aileen. Le cronache del Grande Regno, il mio romanzo d’esordio”.
Concentriamoci sul primo libro. Immagino che anche quello abbia avuto degli ottimi riscontri, visto che poi è arrivato il secondo…
“Sì, anche se non pensavo, perché si trattava della prima pubblicazione. Invece è piaciuto tanto, sia ai più piccoli che agli anziani. I bambini sono rimasti affascinati in particolar modo dai personaggi e dagli aspetti più fantasiosi e magici di ogni singola avventura, mentre gli adulti hanno apprezzato il significato più nascosto e simbolico che c’era dietro alla storia. E ti posso dire che con il regno di Aileen il percorso non è finito qui perché, partendo dal libro, io ed un mio collega abbiamo buttato giù una saga in cinque film, senza un vero e proprio collegamento tra di loro se non nel capitolo finale, che stiamo cercando di vendere all’estero. In Italia, infatti, la storia piace molto, ma è molto rischioso investire perché costa tantissimo”.
Mi sembra una bella ambizione, no?
“Assolutamente. Da buona sceneggiatrice, mi piace trasformare i miei lavori in film. Cerco sempre, quando scrivo, di farlo per immagini. Quando metti giù una sceneggiatura il procedimento è analogo. Quello che ti permette il libro, a differenza della sceneggiatura, è la descrizione dettagliata delle emozioni. Nella sceneggiatura è diverso perché devi affidarti e lasciare che siano gli attori a viverle e, di conseguenza, farle vedere al pubblico. Sono dunque due lavori diversi, ma estremamente belli e affascinanti. E sono felice, perché penso che non avrei potuto trovare una professione più bella di quella che faccio”.
Hai sempre sognato di fare questo mestiere?
“Da piccolina sì, volevo fare la scrittrice. In seguito, ho abbandonato la scrittura per dedicarmi alla recitazione, tant’è che pensavo di fare solo quello nella vita. Finché, qualche anno fa, ho cominciato a scrivere La sfida di Aileen e alla recitazione si sono unite la scrittura e la sceneggiatura. E vorrei continuare a proseguire su questi percorsi. Il fatto di essere un’attrice, in effetti, mi permette di scavare a fondo nei personaggi che vado a creare; mi dà la capacità di scandagliare l’aspetto psicologico di tutti i ruoli che scrivo. La recitazione e la scrittura si incastrano tra di loro, motivo per cui possono procedere parallelamente. Il mio sogno è poter scrivere dei film dove avere dei ruoli da interpretare. Vorrei apparire in tutti i film che sto attualmente scrivendo e, chiaramente, nella saga!”.
C’è qualche progetto futuro di cui puoi parlarci?
“Ce ne sono tanti. In primis, sto cercando di lanciare un paio di progetti all’estero, che per scaramanzia non voglio ancora rivelare. Come ti accennavo prima sto portando avanti la stesura di due lungometraggi in co-autorato con Valentina Gemelli e la stesura di un lungometraggio con Christian Patané. Per tutti ho grandi aspettative! Inoltre, sto ultimando il mio prossimo romanzo ed ho già un’idea per quello successivo”.
Sei soddisfatta di quello che stai costruendo?
“Sì. Mi sono sempre costruita da sola. Pian piano sto vedendo i risultati e, ovviamente, questa cosa mi rende molto felice. Quando lavori sodo e cerchi di migliorarti sempre di più, stando sul pezzo, è una gioia enorme vedere i risultati. Sulla mia strada sto incontrando professionisti validi con cui si stanno formando bellissimi progetti e collaborazioni molto stimolanti. Ed è bello condividere ciò che ami fare con le persone che hanno in comune le tue stesse passioni”.
Ci sono degli autori a cui ti sei ispirata?
“A parte gli autori che abbiamo già citato, sono nata e cresciuta con le favole, che adoro e, all’inizio, mi sono basata su quelle per iniziare a scrivere perché le favole ti spiegano la struttura esatta della storia perfetta. Se penso a dei modelli di riferimento ti direi: da Rodari a Fedro, passando per Esopo, Dickens, i fratelli Grimm, senza dimenticare Mary Shelley, le sorelle Brontë, Italo Calvino, Kafka e tanti altri. Di ciascuno, ho in mente un’opera particolare oppure qualcosa dello stile che mi è rimasta impressa. Ad esempio, se penso a Sidney Sheldon, mi viene in mente la sua capacità di scavare nel dettaglio della cosa di cui andava a parlare, sia che parlasse di imprenditori immobiliari, sia di disturbi della personalità. Mentre leggevi, ti rendevi conto che sapeva perfettamente di cosa stesse parlando e questo, anche se dovrebbe esserlo, non è scontato”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Zeudi Di Palma vola da Napoli a Venezia e conquista il titolo di “Miss Italia 2021”, ecco...

Il suo nome viene dalla lingua tigri e vuol dire ‘corona imperiale’, mentre in antico greco vuol dire ‘grata a Zeus’. La sua squadra del cuore è il Napoli, il suo calciatore preferito è Insigne e si ispira ad Angelina Jolie. Per lei Gabriel Garko è il più bello d’Italia, stima molto Chiara Ferragni e quanto alla classe politica, ha affermato che “Conte ha sicuramente molta classe”. Ok, ma di chi stiamo parlando? Di Zeudi Di Palma, naturalmente! La nuova reginetta, eletta il 13 Febbraio 2022 a Venezia “Miss Italia 2021”, è nata a Napoli, sotto il segno dello Scorpione e ha tanti interessi come il volontariato, la musica, la moda e lo sport.
Oggi vive a Scampia insieme alla madre Mariarosaria, il fratello Giuseppe e la sorella Asia. Capelli e occhi castani, alta 1,72, a soli 12 anni intraprende la carriera di modella, sfilando per la prima volta nella manifestazione “Le Vele e la moda”. Raggiunta la maggiore età, ha anche lavorato come mascherina al teatro San Carlo di Napoli.
Oltre ad essere una modella, Zeudi è diplomata al liceo scientifico e attualmente frequenta la facoltà di Sociologia all’Università degli Studi di Napoli “Federico II”.

Giunta al concorso con il titolo di Miss Napoli, la sua città natale, Zeudi ha partecipato, ottenendo la vittoria, alla 82ª edizione di Miss Italia. L’evento si è svolto al Casinò di Venezia ed è stato trasmesso online in diretta sulla piattaforma Helbiz Live. Zeudi ha dedicato la vittoria a sua madre, definendola il suo punto di riferimento, una donna forte che le ha insegnato la resilienza.
Zeudi è una ragazza che si impegna nel sociale e nell’attivismo: è la Presidente dell’associazione dal nome “La lampada di Scampia” che si rivolge ai molti giovani che vivono per strada, con l’obiettivo di valorizzare il loro talento e trovargli un tetto. Anche per questo suo impegno nel sociale, Zeudi è molto amata nel suo quartiere.

Fa la modella, studia, si impegna nel sociale e lavora in un ufficio. Ma Zeudi ha molte altre passioni, quali il calcio e la fotografia. È amante dell’arte, del disegno e della musica: ha studiato e suonato clarinetto e riusciva a strimpellare anche le percussioni. Zeudi vorrebbe inoltre continuare a lavorare per i ragazzi di Scampia, “quelli che vivono dove batte il mio cuore”.
Con Zeudi di Palma, la Campania conquista il titolo per la quarta volta nella storia del Concorso. Noi di Sbircia la Notizia Magazine abbiamo avuto il piacere di incontrarla e siamo rimasti folgorati non solo dal suo evidente ed indiscusso fascino ma anche dai suoi modi gentili, dalla sua eleganza, dalla sua spontaneità, ma soprattutto siamo rimasti colpiti dal fatto che anche dopo essere stata eletta Miss Italia, sia rimasta se stessa: una ragazza normalissima che nella sua quotidianità studia, lavora, esce con le amiche, aiuta la famiglia, tenendo sempre ben saldi i valori più importanti della vita.

Venerdì 8 Aprile 2022 Zeudi debutta in TV, nella trasmissione “Big Show“, affiancando Enrico Papi insieme a Gianluca Fubelli.
Zeudi non ha avuto un’infanzia facile: oltre al fatto che a Scampia i ragazzi faticano il doppio per emergere, è stata abbandonata dal padre quando aveva soli due anni. Ma sono proprio le difficoltà che aiutano a crescere e grazie al supporto incondizionato di mamma Mariarosaria, che ha fatto tanti sacrifici per sopperire alla mancanza della figura paterna, Zeudi oggi è una ragazza forte e determinata che lotta con tutta se stessa per raggiungere traguardi sempre più ambiziosi. Adesso però concentriamoci sulle cose belle, su quelle che meritano di essere ricordate e raccontate.

Anche il Sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, ha rivolto un messaggio a Zuedi: “Congratulazioni a Zeudi Di Palma, vincitrice di Miss Italia 2021, orgoglio di Scampia e di tutta Napoli. Ti aspettiamo a Palazzo San Giacomo.”
Zeudi è una ragazza tenace, con un animo nobile e la sua storia ci ha molto emozionato. Rappresentare la bellezza Italiana, in tutte le sue sfaccettature, è una grandissima responsabilità e sicuramente Zeudi ne è pienamente all’altezza! La sua giovane età non deve trarre in inganno, ha infatti le idee ben chiare sulla sua vita e tanti sogni pronti da realizzare. Noi abbiamo voluto saperne di più e allora ecco, per i nostri lettori, una bellissima intervista che Zeudi ci ha concesso in esclusiva e che noi siamo orgogliosi di pubblicare!
Zeudi Di Palma è Miss Italia 2021: l’intervista esclusiva
Ciao Zeudi, innanzitutto grazie per aver accolto il nostro invito. Siamo entusiasti di averti con noi a bordo oggi! Desideriamo introdurre quest’intervista con una prima domanda molto semplice: chi è e cosa fa Zeudi Di Palma nella vita di tutti i giorni, lontana dalla passerella e dai riflettori?
“Studio alla facoltà di Sociologia e lavoro presso un’azienda come archivista, nel tempo libero cerco di dedicarmi bene a me stessa, andando in palestra e ritagliandomi attimi di distrazione con le mie amicizie.”

Cosa è cambiato nella tua vita dopo essere stata eletta Miss Italia 2021?
“La mia vita, da quando ho vinto Miss Italia, ha subito un cambiamento radicale, chiaramente in positivo. Il mio quotidiano si è trasformato completamente, dati gli impegni che questa corona comporta, ma che mi rendono estremamente soddisfatta. È cambiata soprattutto la prospettiva di guardare alla vita.”
Quando e come è nata in te la passione per il mondo della moda?
“La mia passione per la moda è nata all’età di 12 anni, quando ho sfilato per la prima volta all’evento sociale “Le Vele in moda”, organizzato da mia madre per i ragazzi di Scampia.”

Che ruolo ha avuto la tua mamma, Mariarosaria, nella tua decisione di partecipare a Miss Italia?
“Decisiva, giacché se non fosse stato per lei non avrei mai partecipato quest’anno a Miss Italia. Lei invece è stata molto brava a convincermi, pur essendo io sommersa dallo studio e il lavoro.”
La tua vittoria è stata una sorpresa per tutti, a causa di un errore tecnico eri infatti prima stata eliminata ma in realtà il podio era già tuo. Cosa hai provato quando il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro e la patron Patrizia Miriglian ti hanno incoronata?
“Un cocktail di emozioni inspiegabili ed ero emozionantissima per vari motivi, come l’esser stata votata da quasi tutte le ragazze eliminate, che erano divenute giuria in quella splendida serata e soprattutto esser stata votata da una giuria tecnica con personaggi dello spettacolo di un certo spessore. Poi aver avuto il passaggio di corona con Carolina Stramare è stato indimenticabile, data la mia ammirazione verso di lei, perché è stata lei a essere, oltre mia madre, motivo che mi ha spinta a partecipare a questo concorso dopo la sua vittoria nel 2019. Infine, la patron Mirigliani e il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro mi hanno incoronata e avvolta in un momento magico, mi sono sentita apprezzata non solo per la mia estetica, ma soprattutto per i contenuti che ho fatto trapelare lungo il concorso…”

C’è una persona in particolare che ti ha da sempre supportata, alla quale desideri dedicare questa vittoria?
“Senza alcuna ombra di dubbio a mia madre.”
Noi di Sbircia la Notizia Magazine siamo fieri di essere Campani ed il fatto che a vincere questa edizione di Miss Italia sia stata una ragazza napoletana, ci rende orgogliosi. In alcune serie TV, la visione di Napoli è molto diversa dalla realtà e questo induce la maggior parte delle persone a farsi un’idea distorta su Napoli e sui napoletani. Per questo, Zeudi, lo chiediamo direttamente a te che Napoli ce l’hai nelle vene e l’hai vissuta sin da bambina: parlaci un po’ di questa bellissima città…
“Napoli è una città che ha tanto da regalare e che non è solo esteticamente bella, ma le persone la rendono stupenda, dato che ogni giorno si impegnano sempre di più per migliorarsi e per migliorare la propria città, soprattutto rispetto quei riflettori che accendono solo su quelli che sono gli aspetti negativi, mettendo in ombra quelli positivi. ‘Napul’è mill culure’ come dice Pino Daniele nella sua canzone ed è accogliente e inclusiva. Rifacendomi a ciò che ho scritto inizialmente, la mia città ha tanto da donare e spero che ci siano più iniziative possibili per far sì che tutti i ragazzi delle periferie possano esprimersi al meglio e crescere, coltivando le proprie passioni.”

Hai mai guardato “Un posto al sole”, la soap che va in onda dal 1996 prodotta interamente a Napoli?
“Certamente, soprattutto quando ero piccola e cenavo con la mia cara nonna, mia madre e i miei fratelli.”
Quali sono i tuoi progetti per il futuro e a cosa ti piacerebbe dedicarti, dopo aver concluso gli studi universitari?
“I miei progetti per il futuro sono sicuramente laurearmi, realizzarmi come donna e continuare a lavorare nel mondo dello spettacolo. Un mio sogno è quello di diventare un’attrice in un serie televisiva, però so anche che devo impegnarmi tanto e studiare molto recitazione e dizione. Speriamo bene.”

Quali sono i valori più importanti nella tua vita?
“I valori più importanti nella mia vita sono sicuramente il rispetto e solidarietà.”
Diventare attrice è un tuo sogno e noi siamo certi che riuscirai a realizzarlo molto presto. Quali ruoli ti piacerebbe interpretare e con quale regista vorresti lavorare?
“Mi piacerebbe tanto cimentarmi nel mondo della recitazione e il regista con cui mi piacerebbe lavorare è Paolo Sorrentino. Adorerei soprattutto interpretare più ruoli possibili per capire fin dove posso spingermi, superando i miei limiti e laddove non riesco accettandoli.”

Oltre alla bellezza, quali sono state le principali sfide che hai affrontato per conquistare il podio?
“Le varie sfide che ho affrontato per conquistare il podio sono state rivolte alle prove a cui le finaliste di Miss Italia sono state sottoposte quest’anno nella miniserie pubblicata sulla piattaforma Helbiz Live. Attraverso le prove di originalità, impatto e trasformazione noi ragazze abbiamo avuto la possibilità di esprimerci al meglio facendo trapelare il nostro carattere, la nostra personalità e i nostri contenuti.”
L’edizione di Miss Italia 2021 è slittata a febbraio 2022 a causa del Covid. A tal proposito, vorrei porti una domanda su questo argomento che ha toccato un po’ tutti noi, da vicino o da lontano, almeno per una volta. Come ha cambiato le tue abitudini questa pandemia e come hai vissuto i periodi di lockdown?
“Sicuramente la pandemia non ha aiutato nessuno e tutt’ora non aiuta, perché ci sono restrizioni e difficoltà da prendere in considerazione tutti i giorni. Nei periodi di lockdown tutti noi ragazzi abbiamo vissuto male, perché comunque è subentrata la mancanza di stimoli dettata dalle mancate relazioni umane, le quali sono fondamentali per la crescita. Chiaramente ciò ha causato tanti fenomeni diversi in ogni ragazzo, ovviamente c’è chi se l’è vissuta bene, chi così così e chi meno, però probabilmente è servito a molti per comprendere il vero senso della libertà e della vita.”

Come ami trascorrere il tuo tempo libero e quali sono le tue più grandi passioni?
“Il mio tempo libero lo preferisco trascorrere con la mia famiglia e con i miei amici. Amo molto andare al cinema, mangiare, divertirmi, suonare, ballare, leggere e fare tutto ciò che mi fa sentire viva.”
Che rapporto hai con i social network?
“Ho un bel rapporto con i social network, perché li utilizzo sempre con parsimonia.”

Tua madre Mariarosaria ha fondato l’associazione “La lampada di Scampia”, di cui tu ora sei la Presidente. Di cosa si occupa? Ce ne parli un po’?
“È un’associazione ludico culturale, fondata 10 anni fa per aiutare i ragazzi con difficoltà ad emergere. Mia madre impartiva lezione di doposcuola da diversi anni e più maturava questo suo impegno e più comprendeva che in ogni giovane ci fosse un talento, però spesso non hanno la spinta giusta per esternarlo. Così ha fondato quest’associazione autofinanziata, che organizza “Scampia Musical festival” e “Scampia in moda” utilizzando l’auditorium di Scampia come location, perché l’associazione non ha una sede operativa. Ad oggi io, sempre al fianco di mia madre, sono diventata presidentessa di quest’ultima e spero di portare avanti più iniziative possibili per i ragazzi.”
Fai parte del cast del programma “Big Show”, in onda ogni venerdì su Canale 5. Cosa ci puoi raccontare di questa tua prima esperienza televisiva?
“Questo programma televisivo mi sta regalando tanto e soprattutto la prima puntata è stata il mio debutto televisivo, al quale sono arrivata grazie al titolo di Miss Italia. Ci sono persone eccezionali all’interno del programma Big Show e lavoriamo tutti insieme in maniera armoniosa per creare contenuti validi da presentare al pubblico di Canale 5, che per il momento ci sta dando un ottimo riscontro.”

Descrivi te stessa con tre aggettivi positivi e tre negativi…
“Io sono determinata, indipendente e ambiziosa, ma anche testarda, permalosa e orgogliosa.”
L’intervista si è conclusa! Speriamo di essere riusciti a farvi conoscere meglio Zeudi e che continuiate a seguirla – Potete farlo anche su Instagram sul suo profilo ufficiale.

© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Coronavirus
Intervista esclusiva a Renato Novara: ha cominciato a doppiare Sonic nei videogiochi

È uscito da qualche giorno, nella sale cinematografiche di tutto il mondo, Sonic – Il film 2, il secondo capitolo dedicato al simpatico riccio blu eroe del videogame creato da SEGA. A dare la voce al protagonista c’è l’attore e doppiatore Renato Novara, che ci ha svelato alcuni aneddoti legati al lungometraggio.
Intervista a cura di Roberto Mallò / Massmedia Comunicazione
Renato, lo scorso 7 aprile è uscito in tutte le sale cinematografiche Sonic – Il film 2, dove doppia il famosissimo riccio blu. Che cosa può anticiparci di questo nuovo lavoro?
“Per quanto riguarda la trama, posso dire che ci sarà un nuovo nemico, Knuckles, che all’inizio sarà alleato con il dottor Robotnik (Jim Carrey), che è il vero cattivo. In seguito, diventerà amico di Sonic, così come Tails, che fin dal principio sarà al lato del protagonista in questa nuova avventura”.
È particolarmente legato al personaggio di Sonic, visto che l’ha doppiato anche nei videogiochi?
“Sì, ho cominciato a doppiarlo proprio così. Anche se il lavoro che ho fatto nei film è sicuramente diverso dal precedente. C’è stata un’evoluzione del personaggio. E, nel caso cinematografico, ho avuto come direttore del doppiaggio Massimiliano Alto, che è bravissimo. Avere a che fare con lui è veramente una cosa pazzesca. Uno dei sogni che ho è quello di riuscire a mettermi in contatto con Ben Schwartz, il doppiatore originale di Sonic. È difficile, ma sono sicuro che ce la farò”.
Sonic è sicuramente un’icona per gli appassionati del genere…
“Esattamente. È uno di quei personaggi, al di là del doppiaggio, che resteranno per sempre. Negli ultimi tempi, c’è stato poi un restyling del personaggio. Appena la vecchia generazione legata a Sonic ha visto il disegno che era stato fatto per lo scorso film, c’è stata una grande mobilitazione dei fan che ha fatto sì che venisse cambiato, per questo secondo lavoro, al fine di somigliare maggiormente all’originale. Questo fa capire il grande affetto nei confronti di Sonic. Tra l’altro, penso che sia stato azzeccato avergli dato il colore blu elettrico, che è davvero bello. E il suo potere legato all’elettricità, ovvero le saette, rimanda ad altri miti, come Pikachu e Flash Gordon. È anche questo un elemento vincente”.

Personaggio che, almeno agli esordi, era nato come l’antagonista di Super Mario della Nintendo. Mentre oggi è famoso quanto lui…
“Secondo me, il fatto che sia un animaletto e non un essere umano, a differenza di Super Mario, l’ha aiutato, esattamente com’è accaduto con i Pokemon. Ad esempio, quando ero piccolo io facevano parte di questo gruppo gli Exogini. La caratteristica non umana di Sonic lo fa amare molto di più. O per lo meno è questa la percezione che ho”.
C’è molta attesa per questo nuovo capitolo cinematografico?
“Direi di sì. Il primo film è uscito nel 2020, anno dello scoppio della pandemia. Per questo, è stato in cartellone per sole due settimane, anche se poi in tanti hanno potuto vederlo in streaming sulle varie piattaforme. Il ritorno al cinema per il secondo capitolo ha fatto aumentare ancora di più l’attesa. E credo che gli sceneggiatori abbiano avuto anche un’idea intelligente: introdurre, per questo nuovo film, altri personaggi legati al videogioco. Prima c’era solo Sonic, adesso ci sono Tails e Knuckles. È come se gli spettatori si trovassero di fronte al videogioco: hanno cominciato a interagire con un personaggio e poi, pian piano, arrivano gli altri. È stata una mossa astuta. C’è tutto un universo dal quale gli sceneggiatori possono attingere per i capitoli futuri”.
Immagino non si aspettasse tutto questo successo quando ha cominciato a doppiare Sonic, no?
“Sinceramente no. Vedendo com’è adesso il mondo dei giochi, ossia iperrealista e con scenari di guerra o di orrore, mi sembrava che si stesse prendendo la strada dell’umanizzazione, quasi della cinematografia. Vedere un pupazzetto come Sonic, con delle avventure banalissime, pensavo rimanesse una cosa a sé stante. Il fatto che sia riuscito ad andare avanti per oltre trent’anni, mi ha molto stupito. Soprattutto quando ho constatato che, nel passaggio al cinema, si è portato dietro anche alcune caratteristiche del videogioco. E non era scontato. Poteva far storcere il naso portare un eroe dei videogiochi al cinema. Dove dovevi limitarti a guardarlo senza poterci giocare. E invece hanno preso un attore bravissimo come Jim Carrey, in qualità di antagonista, e lo hanno convertito in un film per famiglie. Accoglie dunque un numero grosso di spettatori: da chi è adulto e ha vissuto Sonic da bambino, fino ad arrivare ai piccolini di oggi”.
Nel 2020, il film di Sonic è stato anche pubblicizzato da Amadeus a I Soliti Ignoti.
“Sarei dovuto andare fisicamente negli studi, ma il pupazzo era troppo piccolo rispetto a me. Non ci entravo, visto che era 1,65 cm. L’ho quindi doppiato da casa, anche perché c’era il Covid. Tra l’altro, interagirò personalmente con Sonic all’interno di Super House, che è una sit-com che va sul canale Super, dove interpreto il portiere. In una puntata, arriverà Sonic, che avrà la mia voce. E si creerà un meccanismo strano, visto che sarò la voce sia del portiere, sia di Sonic, sia della Super House. Non si capirà niente, perché tutti si chiederanno chi sta parlando in quel momento, ma sarà molto divertente. Tra l’altro, grazie a questa esperienza, ho realizzato un altro mio desiderio, ossia ritornare a fare delle cose video. E su questo campo ci saranno a breve altre novità”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Coronavirus
Intervista esclusiva all’attore Vincenzo Della Corte, tra gli interpreti di Italian...

Tanti impegni attendono nei prossimi mesi l’attore campano Vincenzo della Corte, tra gli interpreti di Italian Horror Stories e Cattivo Sangue, entrambi disponibili sulla piattaforma Prime Video di Amazon. Un amore, quello per la recitazione, che ha spinto Vincenzo a scrivere, in compagnia dei colleghi Federico Baldini e Salvatore Mazza, la sceneggiatura di un film. Tutti aspetti di cui ci ha parlato in questa intervista, dove ci ha svelato che sarà anche nel cast della serie 3.33.
Intervista a cura di Roberto Mallò / Massmedia Comunicazione
Vincenzo, a quali progetti ti stai dedicando in questo periodo?
“In primis, ho rilasciato Non Rispondere, un cortometraggio che ho fatto. La mia speranza è quella di farlo arrivare al Ministero, dato che vuole mandare un messaggio, ossia che non bisogna stare al telefono mentre si guida. È tra i miei obiettivi quello di fare arrivare questo lavoro nei festival. Per adesso, è fruibile su YouTube. Tra l’altro, in questo periodo, sono arrivato finalmente agli sgoccioli della sceneggiatura del mio primo film. Non si tratta di un corto come quelli precedenti che ho fatto. Infine, c’è una serie che ho girato lo scorso anno, di cui ancora non posso parlare perché, a livello distributivo, non ci sono informazioni utili. Posso anticipare che si intitolerà 3.33. Interpreterò un uomo anagraficamente molto più grande di me, tant’è che ogni volta dovevo stare tante ore al trucco affinché mi invecchiassero di circa 20 anni”.
A proposito di Non Rispondere. So che presto andrà in onda anche in tv.
“Esatto. Domenica 10 sarà in onda su canale Odeon, all’interno del programma The Odeon Show. Presto sarà poi nel programma CortoVINCEndo su Policinema”.

Hai parlato del tuo primo film. Puoi accennarmi qualcosa sulla trama?
“Certo. È un’idea che è nata alla fine delle riprese del cortometraggio che poi, come saprai, è diventato uno degli episodi del film Italian Horror Stories, che attualmente è disponibile su Amazon. L’ho scritto insieme a Federico Baldini, che è un altro attore, e Salvatore Mazza, che ha recitato nel mio corto. Insieme, ci siamo trovati a parlare del nostro lavoro e abbiamo convenuto sul fatto che fosse sempre più difficile per noi ottenere dei ruoli più grandi, motivo per cui abbiamo deciso di scrivere una sceneggiatura per fare i protagonisti. Il film si intitola Pappon’s Agency”.
Un titolo curioso, no?
“Abbiamo inglesizzato la parola papponi e, come immaginerai, si parla di un’agenzia di papponi. I protagonisti sono due uomini che si trovano a perdere, nello stesso giorno, il posto di lavoro. Dopo una serie di colloqui andati male, si devono dunque reinventare. Diventando dipendenti di un’altra agenzia, scoprono quindi il mondo dei gigolò. Ciò non significa che il film sarà erotico. Tutto verrà affrontato in chiave totalmente comica, visto che a scriverlo sono stati due napoletani e un romano”.
Però, dato l’inizio del film, immagino verranno affrontate pure tematiche serie…
“Assolutamente sì. Affronta, ad esempio, la difficoltà nel trovare lavoro ad una certa età. Inoltre, abbiamo aperto in corso d’opera una piccola parentesi sul Covid. Ma tutto nasce, comunque, dalla creazione dell’agenzia da parte di questi due uomini, che così riescono a risollevarsi e a fare una vita dignitosa. Da un lato ci sono io che faccio il gigolò che attrae le donne, dall’altro c’è il mio collega che viene chiamato dalle signore non perché vogliono fare sesso con lui, ma semplicemente per sfogarsi e parlare dei loro drammi. Diventerà per loro una sorta di psicologo. E il tutto sarà davvero molto simpatico. Il film ha tanti argomenti che variano: da un antagonista potente economicamente ma fragile nel privato e nel mantener salda la famiglia, passando per un migliore amico gay, con una vita vissuta a volte nell’ombra, e una moglie fuggitiva. Ci sarà poi una migliore amica che sembra avere due facce, frivola e leggera nel privato e forte e decisa nel lavoro!”.

C’è, invece, qualcos’altro che puoi svelare ai nostri lettori?
“Direi qualcosa su quello che succederà dopo il primo finale. Tutto partirà da un set, in cui tre attori si stanno lamentando del fatto che non trovano lavoro, se non dei piccoli ruoli. Tra una battuta e l’altra, decideranno quindi di scrivere un film, anche perché terminato quel lavoro, nel bel mezzo dei festeggiamenti con le maestranze, ai poveri tre non se li filerà nessuno. Se li dimenticheranno all’interno di uno stanzino dove stanno girando. Cosa che darà modo a loro di parlare tutta la notte per prendere la decisione di scrivere una sceneggiatura. Insomma, gli spettatori assisteranno ad un film dentro un film, perché i tre proporranno tale sceneggiatura ad un’agenzia. Dopo ciò, partirà una sorta di nero di qualche secondo e ci saranno i titoli di testa del film proposto dai tre. Ovviamente, quando sarà terminata, proporrò la sceneggiatura del film, per primo, a Ipnotica Produzioni, che ha prodotto Italian Horror Stories. Vedremo un po’ che cosa succederà, perché entro il 2023 vorrei convertire la sceneggiatura in una vera e propria produzione”.
A proposito di Italian Horror Stories, il film su Amazon Prime Video che ti vede tra i protagonisti. Siete rimasti soddisfatti dell’accoglienza che vi hanno riservato gli spettatori?
“Sì, al Bloody Festival, a Roma, abbiamo vinto un premio a novembre. Quando siamo stati selezionati per partecipare, ed io ho presenziato in quanto regista di uno degli episodi, mai mi sarei aspettato che, alla fine, avremmo trionfato. Anche perché, quel Festival è davvero destinato agli horror. Mentre Italian Horror Stories, dal mio punto di vista, non riesco a considerarlo come tale: è ad episodi, con tanti filoni narrativi. Il mio episodio, ad esempio, è una black comedy. È un incrocio di diversi generi, che comprende anche il thriller, e non mi aspettavo di battere dei lavori prettamente horror. Ovviamente ero felicissimo del premio. Presto parteciperemo ad un altro concorso, in estate, a Roma. Nonostante la fruizione streaming, non abbandoniamo i concorsi e agganciamo sempre più pubblico”.

L’episodio che hai diretto tu ha avuto dei feedback positivi?
“Assolutamente, è piaciuto sia al pubblico, sia agli addetti ai lavori. E questo mi onora e mi fa piacere all’ennesima potenza. Fin quando il complimento te lo fa un amico o un parente può essere di parte. Non ti dirà mai che non gli è piaciuto. Quando leggi recensioni positive da riviste di critica cinematografica non puoi che essere felice. E io lo sono per come è andata la mia opera prima”.
Insomma, mi pare di capire che sia un periodo di lavoro abbastanza intenso.
“Proprio così. Sono rappresentato dallo studio di Andrea Lamia. Attualmente Manuela, che fino a qualche anno fa è stata la sua segretaria, ha preso in mano le redini dell’agenzia e sono in ballottaggio per due o tre importanti produzioni. Incrocio dunque le dita per avere notizie da questi casting. Aspettiamo l’esito, anche se sono contento del lavoro di Manuela, che si sta muovendo benissimo. È sempre stata un’agente di moda e sta curando anche la parte cinematografica del lavoro. In diversi colleghi, hanno girato fiction su Netflix. Sono contento di avere un’agente con uno spirito forte come quello di Manuela. In linea di massima, ribadisco però ciò che ho detto: se non mi danno bei ruoli, me li scrivo io per primo”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Coronavirus
Intervista esclusiva a Enio Drovandi: «Faccio una vita normalissima, per questo mi piace...

E’ stato il volto di diversi personaggi iconici della televisione e del cinema italiano: il fotografo Cecco di Sapore di Mare, il barista Totip ne I Ragazzi della 3ª C, il ladro della roulotte in Abbronzatissimi. Parliamo dell’attore toscano Enio Drovandi, che di recente ha diretto Ti vogliamo bene Francesco Nuti, mediometraggio dedicato al celebre collega. Un impegno, quello nel mondo della recitazione, cominciato quasi per caso, ma che poi è diventato l’epicentro della vita di Drovandi, proprio come ci ha raccontato in questa intervista.
Intervista a cura di Roberto Mallò e Sante Cossentino di Massmedia Comunicazione
Enio, nel suo curriculum da attore ci sono tantissimi film che hanno fatto la storia del cinema italiano, come Amici Miei – Atto II°, Sapore di Mare, Eccezzziunale… veramente e tanti altri. Quali pellicole ricorda con più affetto?
“E’ una domanda difficilissima, che secondo me non deve avere risposta. Sarebbe un po’ come chiedere a un figlio se ama maggiormente il babbo o la mamma. Tutte le esperienze lavorative le ho affrontate con grande gioia e piacere. Sono stato l’unico attore al mondo diretto quattro volte da Mario Monicelli. Marcello Mastroianni invece, ne Il Fu Mattia Pascal, mi ha dato i primi insegnamenti di recitazione. Ho imparato tanto da Roberto Benigni, Ugo Tognazzi, Lino Banfi. Sono tutti maestri che hanno influenzato la mia carriera”.
Se le dico Cecco Il Fotografo di Sapore di Mare che cosa mi risponde?
“Sapore di Mare è un film a cui sono sicuramente molto legato. Sono conosciuto da tutti quanti per il ruolo di Cecco. Se ci pensa molti attori sono famosi per il loro nome e la faccia, mentre io lo sono maggiormente per il personaggio che ho interpretato in quella pellicola che mi ha dato tanto. Dal mio punto di vista, gli attori più grandi sono infatti quelli che rimangono e diventano iconici per i ruoli a cui hanno dato vita e non per il loro volto. Abbiamo citato Cecco, ma di questi fanno parte anche il barista Totip de I Ragazzi della 3ª C , così come il ladro della roulotte in Abbronzatissimi. Sono entrati a far parte dell’immaginario collettivo. Ed è un onore per me averli portati in scena”.

In alcune interviste precedenti si è definito un attore anonimo. Può spiegarci meglio questo concetto?
“Mi piace definirmi un attore anonimo perché faccio una vita normalissima e non sono interessato ad esibire qualcosa. Spesso, quando vado a fare gli spettacoli, la gente mi guarda ma non riesce ad associare il mio nome a un volto. Alcuni dicono tra sé e sé che forse mi hanno visto da qualche parte, altri mi riconoscono per la voce. Tuttavia, nell’istante in cui proiettano un video che mi riguarda con i maggiori personaggi che ho interpretato, sgranano gli occhi, rimangono con la porta aperta. Perché, anche se non conoscevano il mio nome, si erano trovati a vedermi nei film, magari nei panni di Cecco, di Totip e degli altri che abbiamo citato prima. Appena sanno concretamente chi sono, è come se diventassi Benigni”.
La domanda sorge spontanea. Come si è avvicinato al cinema?
“Sono nato a Pistoia, una cittadina fantastica che da ragazzino mi stava alquanto stretta poiché, anche se l’amavo, si trattava di un posto di provincia. Mi sono avvicinato casualmente al cinema grazie all’incontro con Roberto Benigni, a cui chiesi inizialmente di farmi fare l’attore. Seguendo un suo consiglio, sono così andato a Roma per un casting e mi hanno preso. Ed è da lì che è incominciato tutto”.
Ha dei nuovi progetti di cui può parlarmi?
“Mi sto dedicando ad un nuovo progetto televisivo, intitolato Tacco 12… Un Over al Top! Andrà in onda sulla televisioni commerciali. Ho scritto poi un trattato sulla comunicazione legata allo spettacolo che si chiama L’elogio della sconfitta. In esso, spiego che per vincere nella vita bisogna imparare a saper perdere. Proprio per questo, mi è stato proposto di scrivere un libro che, provvisoriamente, si intitola Da Benigni a Monicelli, da Vanzina a Nuñez. Se nota, sono tutti registi e amici con cui ho lavorato. Quest’anno festeggio i 40 anni di carriera, motivo per cui in questo libro ho voluto raccontare tutti gli aneddoti della mia vita. C’è al suo interno la storia di un ragazzo di provincia che, senza competenze e solo con la sua energia, ha raggiunto degli obiettivi. Non a caso, il sottotitolo dell’opera è La storia di un nessuno che voleva diventare un qualcuno ed è diventato un qualcosa”.
So che ci sono poi dei film, no?
“Assolutamente sì. Uno è un thriller, che sto ancora scrivendo, mentre il secondo racconterà la storia l’ultimo giorno, prima di andare in pensione, di un professore di lettere di un liceo. Si concentrerà anche sull’ultima ora di lezione, che farà ad una scolaresca per spiegare l’etica, i valori della vita. Nel progetto, dovrebbe entrare un grande personaggio della musica italiana, che per il momento non posso ancora svelare, dato che ne sto vagliando alcuni. Per entrambi i lavori sto ancora definendo i vari cast”.
A dicembre sarà anche protagonista di un nuovo spettacolo. Di che cosa si tratta?
“Esatto, andremo in giro nelle varie sale da ballo. Si chiama Enio Drovandi e la Manichino’s Band. Il pubblico vedrà me con sei manichini sul palco. La Manichino’s Band sarebbe un’orchestra che esegue la musica da ballo con al lato due schermi dove verranno proiettati i film delle canzoni che cantiamo. Non ci sarà soltanto musica da ascoltare, ma anche da vedere. E’ questa è una grande novità per quanto riguarda il panorama musicale delle sale da ballo. Il debutto dovrebbe avvenire tra Natale e Capodanno, per poi andare avanti nel 2022”.

Lei è anche il creatore della “festa della vita”. Evento di cui hanno parlato anche il Times, il Washington Post, El Pais. In che cosa consiste?
“E’ una festa che organizzo da 30 anni consecutivi. Tutto è partito da un incidente che ho avuto nel 1989, dove sono morto e poi rinato. Da quel giorno, ogni anno, faccio una festa che ha come intento quello di brindare alla vita. In questi ultimi due anni, segnati dal Covid, non ho potuto purtroppo organizzare questo evento, dove veniva sempre tantissima gente. Speriamo di poter riprendere la tradizione al più presto”.
Quali soni i suoi hobby e le sue passioni?
“Ho una passione sportiva, che è fare l’arbitro di calcio. L’ho fatto per tanti anni, anche a grandi livelli. Adesso, faccio le partite con la Nazionale Calcio Attori 1971, l’unica e fondata da Pier Paolo Pasolini. Sono un dirigente e addetto agli arbitri della squadra, in cui sono entrato nel 1981. Inoltre, sono il responsabile del settore Asi Spettacolo, che ha un milione e cinquecentomila tesserati in tutta Italia e quindicimila circoli sul territorio nazionale. Per questo, faccio formazione e casting, oltre a dare la possibilità alle persone che non hanno reddito di potersi istruire gratuitamente. Voglio infatti che la gente con talento e senza possibilità economiche possa avere la sua occasione di emergere. Rilasciamo gli attestati con i loghi ministeriali, dato che ciò che facciamo è riconosciuto dallo Stato”.
In passato ha lavorato con Laura Antonelli, Virna Lisi e tante altre attrici. Cosa ricorda di loro?
“Laura Antonelli aveva una grande stima per me, così come Virna Lisi. Parliamo di due attrici che hanno dato tanto al cinema italiano. Virna era una signora di grande eleganza. Anche se ci siamo frequentati per anni, avevo una grande ammirazione per lei. Le confesso infatti di non essere mai riuscito a darle del tu. Sia lei, sia Laura sono due figure grossissime del panorama cinematografico italiano, di cui mi onoro di avere avuto una piacevole simpatia e amicizia”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Coronavirus
Intervista esclusiva a Guenda Goria: «Al di là di quello che può essere un seme che un...

Il pubblico televisivo sta imparando a conoscerla giorno dopo giorno, in seguito alla fortunatissima esperienza al Grande Fratello Vip 5 che le ha dato modo di farsi apprezzare da una platea più ampia. Tuttavia, la giovane Guenda Goria ha avuto, fin dall’infanzia, un’innata passione per tutto il mondo dell’arte, anche grazie a Maria Teresa Ruta e Amedeo Goria, i suoi genitori. Non a caso è un’attrice, una musicista e si sta dedicando, attualmente, anche al ruolo di inviata televisiva. Uno dei suoi sogni nel cassetto è infatti quello di condurre un programma di viaggi, magari insieme al fidanzato Mirko Gancitano, attualmente tra i protagonisti de La Pupa e il Secchione Show.
Intervista a cura di Roberto Mallò e Sante Cossentino (Massmedia Comunicazione)

Ciao Guenda, benvenuta su Sbircia la Notizia Magazine. Sei un’attrice, ma anche una musicista, appassionata di arte a 360°. Questo amore ti è stato trasmesso dalla famiglia?
“Naturalmente, mi è stato tramandato. La passione per lo spettacolo e per il teatro è qualcosa che mi ha trasmesso mamma, così come quella per l’arte. Oltre al mio papà, posso dirti però che anche mio nonno paterno era un grande intellettuale appassionato di arte. Sicuramente, questa passione è una cosa che ho assorbito familiarmente. Tuttavia, devo dire che ero molto recettiva come bambina, nel senso che ero sempre felice quando mamma mi comunicava che mi avrebbe portato, ad esempio, a teatro, al contrario magari di mio fratello che si nascondeva ovunque pur di non uscire e non andarci. Lo spettacolo, così come la recitazione e la parte più artistica legata al teatro, era qualcosa che mi incantava. Volevo infatti sempre andare a vedere l’Opera, il balletto, il musical. Mi piaceva proprio tanto stare dietro le quinte ed ho avuto la fortuna di studiare musica e danza”.
Sicuramente la tua era una predisposizione artistica, no?
“Certo. Avevo una predisposizione molto forte, soprattutto per la musica. Non a caso, ho fatto studi musicali importanti. Le passioni a cui ero stata instradata sono state quelle che ho coltivato e portato avanti con determinazione e verità. Al di là, appunto, di quello che può essere un seme che un genitore pone sottoterra per farlo germogliare, altri semi sono cresciuti in me. Sono sempre stata una bambina con una forte indole artistica: mi piaceva disegnare, suonare, cantare. Insomma, ci sono degli elementi che appartengono a me in maniera diversa rispetto ai miei genitori. Le nostre passioni comuni, infatti, sono declinate differentemente: ad esempio, a me piace il mondo classico e raffinato; quello della prosa e della musica classica. Anche se, adesso, mi sto affacciando nel mondo più leggero della televisione, dalla quale sono stata lontana per tanti anni. Forse perché volevo evitare di entrare in un campo che sentivo appartenere di più ai miei genitori rispetto a me”.

Nonostante questo, hai partecipato però da giovanissima all’Isola dei Famosi, in qualità di “figlia di”, e dopo un po’ di anni buio, televisivamente parlando, c’è stato il Grande Fratello Vip 5. Come mai hai deciso di metterti nuovamente alla prova in un reality?
“Sì, il buio televisivo è stato, al contrario, pieno per quello che riguarda la mia carriera teatrale e cinematografica. Quella di allontanarmi dalla tv è stata una mia scelta. Ero rimasta un po’ scottata dall’esperienza pesante fisicamente dell’Isola dei Famosi. Nei reality, mi accade spesso di essere molto amata ma di non vincere mai. Anche lì, infatti, ero candidata alla vittoria, ma poi alla fine ha vinto Daniele Battaglia, un figlio dei Pooh, con un televoto flash. Ma questo non importa, visto che poi al Grande Fratello Vip è accaduta un po’ la stessa cosa, dato che sono stata eliminata a sorpresa. Si vede che ho il karma per situazioni di questo genere. Ci avevo fatto il callo all’Isola e non me la sono presa nemmeno al GFVip. Alla fine, si tratta di giochi; le dinamiche sono tante. Motivo per cui prendo tutto in maniera più leggera e professionale. Se ci pensi, è più importante lasciare un segno, indipendentemente dalla posizione che poi uno ottiene. Anche per dare una continuità alla carriera”.
Mi sembra un buon ragionamento…
“Beh, sì. Altrimenti, i reality rischiano di essere esperienze che muoiono lì. Ti danno una bella consapevolezza umana, perché sono esperienze di vita e visibilità che spesso non si riesce a trasformare. Perché, in caso contrario, possono diventare persino controproducenti, se uno si allontana troppo dalla propria carriera o fa dei grossi scivoloni. In ogni caso, all’occasione del GFVip ho deciso di rispondere con grande entusiasmo. Anche pensando al fatto che ci sarebbe stata una seconda ondata di Covid, per cui il programma avrebbe potuto fare compagnia a tanti italiani. Immaginavo dunque che potesse essere un’edizione seguita e su questo ho avuto ragione, dato che poi è stata allungata, a sorpresa, fino a sei mesi. Oltre ad essere stata vincente dal punto di vista degli ascolti, l’edizione del reality a cui ho partecipato ha avuto anche un alto indice di gradimento. Mi viene da fare un paragone con quella che si è appena conclusa, che ha avuto sì tanti ascolti, ma l’affezione ai personaggi è stata inferiore. Il GFVip 5 è rimasto nel cuore dei telespettatori e questo, dal mio punto di vista, ha tanto valore”.

I tuoi genitori sono Maria Teresa Ruta, giornalista e conduttrice, e Amedeo Goria, giornalista. Sei attrice e quindi fai parte di un campo in cui loro non c’entrano particolarmente. Questa voglia di recitare quando ti è venuta?
“Nasce forse da una timidezza e dalla voglia di esprimermi da un mondo interiore molto ricco. È nato anche da una passione culturale per il cinema. Da un desiderio di trovare forza attraverso i personaggi. Nasco molto timida, in realtà. Ho sempre fatto fatica ad autodeterminarmi. Anche se sembra che ho un carattere molto forte, ho convissuto da sempre con le mie fragilità. Il fatto di indossare una maschera e poter interpretare altro mi autorizzava a tirare fuori dei colori che nella vita reale non usavo”.
Tra i personaggi che hai interpretato ce n’è qualcuno che ti è rimasto di più nel cuore?
“Indubbiamente il ruolo di Clara Schumann nello spettacolo La Pianista Perfetta. È il ruolo della mia vita, scritto e costruito su di me, insieme alla grande penna della scrittura italiana che è Giuseppe Manfridi. Clara è una perfezionista, una donna romantica di grande forza che ha respirato un po’ di follia ed è straordinaria. Mi piace molto interpretarla. Inoltre, devo citare Violetta nel prime time de Il Paradiso delle Signore. E adoro i cattivi shakespeariani. Ho interpretato il ruolo di Regan, la figlia cattivissima del Re Lear, e mi ha molto divertita. Credo che Shakespeare scriva dei bei personaggi ed ho una goduria interpretare soprattutto quelli cattivi”.

Ci sono dei prossimi progetti lavorativi di cui puoi parlarci?
“Sono in scena con La Vespa, uno spettacolo a due donne. Ci sarà ancora La Pianista Perfetta a teatro, che andrà anche al Parlamento Siciliano. Come avrai visto, sto seguendo le avventure del mio fidanzato Mirko Gancitano a La Pupa e il Secchione Show. Insieme a lui, continuo a portare avanti il progetto di viaggi per promuovere l’Italia. Ho infine molte proposte per l’estate e per l’anno prossimo, che sto definendo. Con Mirko, non a caso, stiamo mettendo in piedi un magazine di viaggi. Mi muovo sempre su più fronti. E la vita mi sta regalando tante gioie che mi godo”.
A proposito di Mirko. So che vi siete conosciuti a Sharm El Sheik. Il vostro è stato un colpo di fulmine?
“No, non è stato un colpo di fulmine. Inizialmente, abbiamo avviato una conoscenza amichevole. Non avevo intenzione di avere avventure o fidanzarmi; in quel periodo, volevo rimettere insieme dei pezzi della mia vita dopo un inverno bellissimo ma pesante dal punto di vista privato. Era appena finito il GFVip, motivo per cui sono partita in Egitto per stare per conto mio. C’era stata la lontananza di mamma, avevo avuto delle difficoltà fisiche, senza tralasciare il Covid. Quando sono arrivata lì ho cominciato dunque a chiacchierare con Mirko, che ho pensato da subito fosse un ragazzo molto dolce. E ci siamo trovati a parlare di viaggi, finché una sera, per caso, ci siamo guardati ed è scattato un bacio. Da quel momento è nato qualcosa di speciale, che partiva dal cuore, tra due persone che si sono volute bene fin da subito. E da lì è stato tutto bello, sereno e affettuoso. Nessuno ha mai adottato delle tattiche, come pensare di scappare o di farsi rincorrere. E infatti Mirko mi ha subito mandato un mazzo di rose rosse, che in Egitto è complesso trovare. Ci siamo innamorati giorno dopo giorno. Mirko mi ha permesso di aprire il cuore e penso che mi abbia addolcito e migliorata come donna. Ho smussato, grazie a lui, anche alcuni spigoli caratteriali che ho. Abbiamo anche annunciato il matrimonio; è una storia che ha dato tanto ad entrambi”.

Attualmente, Mirko sta partecipando a La Pupa e il Secchione Show. Come lo vedi da concorrente-secchione? È stato “accoppiato” a Mila Suarez che conosceva già. Una situazione non semplice, dato che c’erano degli attriti tra di loro.
“Sì. Di attriti tra di loro ce ne sono parecchi. Tuttavia, mi sembra che stiano cercando di smussarli. E ricordiamoci che Mirko è stato costretto a scegliere tra Mila e Vera Miales, la compagna di mio padre Amedeo. E quello era il suo peggiore incubo. Sperava tutte le pupe, fuorché loro. Tra l’altro, la dinamica con Mila è davvero complessa, anche perché è una pupa che tende ad attaccare i giudici, come ha fatto ad esempio nella prima puntata con Soleil Sorge, facendo guadagnare alla coppia lo scontro per l’ipotetica eliminazione. Questo, alla lunga, rischia di non giovare al percorso. Ma sanno essere anche simpatici. Non a caso, mi sono ribaltata sulla sedia quando lei ha detto che Roma era uno dei sette vizi capitali. Insomma, Mila e Mirko sono una coppia che scoppia, ma sono curiosa di vedere le prossime evoluzioni. Ritengo che siano due caratteri incompatibili e potrebbero nascere tante scintille, a meno che il tutto non sfoci in una grande amicizia”.
Un rapporto burrascoso che dipende anche dal fatto che Mila è l’ex di Alex Belli, migliore amico di Mirko?
“Sì. Non è un segreto che tra Alex e Mila c’è una forte antipatia. Mirko si trova dunque in una situazione complessa, ma Mirko non è Alex ed è giusto che non si faccia troppo condizionare nel suo rapporto con Mila a La Pupa e il Secchione Show”.

Al di là di Mila, immagino che tu sia contenta perché così Mirko, grazie al reality, può farsi conoscere di più dal pubblico?
“Certo. È un’esperienza di vita che può fortificarlo. Mirko è un ragazzo molto dolce, con le sue fragilità. Secondo me, può funzionare a livello televisivo perché ha dei valori sani. Sono quindi contenta di questa opportunità, che penso lo fortificherà e gli darà delle nuove chiavi per il suo futuro. Potrà farsi conoscere per quello che è; gli darà più notorietà. E, tra l’altro, sta lavorando con Barbara D’Urso, che trovo sia una professionista straordinaria che sta conducendo benissimo La Pupa e il Secchione Show. Il programma è molto divertente e mi piace l’entusiasmo con cui Barbara intraprende le nuove avventure. È veramente una professionista. Trovo che il reality sia onesto e non si prenda troppo sul serio. Infine, sono azzeccati anche gli opinionisti: Antonella Elia, che è una mia cara amica, Federico Fashion Style, e Soleil Sorge, che sta portando avanti la sua carriera nella direzione giusta”.
E del carattere di Mirko, invece, che cosa mi puoi dire?
“Mirko è un ragazzo dolce, ma ha sicuramente il suo caratterino, motivo per il quale potrà sorprendere. Sicuramente ne vedremo delle belle. È anche in grado di fermare Mila, qualora esagerasse. Anche se mi auguro sempre che si formi una bella amicizia. Tuttavia, è inutile negare quanto la Suarez abbia un carattere con cui Mirko, nella vita, entra in conflitto”.

E di Vera Miales, che faceva parte della rosa delle pupe del programma, cosa pensi? È la compagna di tuo padre, ma tra di voi non scorre buon sangue…
“C’è sicuramente un’antipatia reciproca. Per ora non credo ci siano possibilità di riappacificazione. Per fare la pace, ritengo che uno debba dire delle cose in maniera diversa. Altrimenti io resto nella mia posizione. Il dialogo deve nascere da una volontà di dialogare reale. Ma, al momento, non c’è mai stata. Nessuno mi ha mai contattato per dialogare, anche se magari in televisione Vera ha detto che io non le rispondevo al telefono o cose varie. Mio padre ogni tanto ci prova a instaurare un dialogo tra di noi, ma ad oggi è tutto bloccato”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva ad Antonio Medugno, grande rivelazione del Gf Vip 6: un bravo...

È riconoscente ad Alfonso Signorini perché “è stato molto gentile con me e mi ha capito come un figlio, un nipote”. A parlare è Antonio Medugno, il modello e tiktoker campano che si è fatto conoscere di recente dal pubblico grazie alla sua partecipazione al Grande Fratello Vip 6. Un ingresso che non è passato inosservato, anche perché nella casa ha fatto parlare sia per via di un suo flirt precedente con Clarissa Selassié, sia per il suo difficile passato.
Intervista a cura di Roberto Mallò e Sante Cossentino (Massmedia Comunicazione)
Antonio, è reduce dal percorso al GF Vip. Che tipo di esperienza è stata quella nel reality?
“È stata un’esperienza molto intensa, che non pensavo mi portasse a cedere emotivamente com’è poi accaduto. Tuttavia, ne sono uscito vincente. Ho oltrepassato tante paure, che prima pensavo di non riuscire ad affrontare da solo”.

Com’è arrivata la proposta di partecipare al programma?
“Ho fatto il provino a settembre, quando avevo interrotto da poco tempo una relazione. Il mio umore era senz’altro sbagliato per affrontare un percorso del genere. Finché non è arrivata la seconda chiamata di gennaio. Inizialmente ero scettico, perché il percorso degli altri concorrenti era già abbastanza avviato, ma mi sono detto che il treno passava una volta sola ed ho deciso di prenderlo. Non è stato semplice, ho avuto un crollo dopo una settimana. Mi sentivo piccolino all’interno della casa: ero l’ultimo arrivato, quello facilmente attaccabile, a cui addossavano le colpe di cose che nemmeno facevo. Ho visto pochi essere sé stessi là dentro. Vivere con persone che hanno delle maschere e non sono come si mostrano, anche per via delle strategie in vista del traguardo finale, ti porta ad avere delle difficoltà. Soprattutto se sei un tipo come me, che vive una quotidianità normalissima”.
Mi sorge spontanea una domanda: quali sono stati allora i concorrenti più sinceri?
“Ho instaurato un rapporto bellissimo con Delia Duran. Ci siamo vissuti 24 ore su 24. È nata una bellissima amicizia che spero di coltivare anche fuori. Nonostante tutto il caos derivato dalla storia con Alex Belli, per me è stata davvero una delle più sincere. Nell’ultimo mese di gioco ha sofferto tanto e mi sono rivisto in lei in diverse circostanze. Inoltre, vorrei citare Jessica Selassié. Ha avuto un cambiamento radicale in sei mesi, si è messa in gioco con tutta se stessa. Sono loro due, tra le finaliste, le persone più vere”.

Quando si pensa al suo percorso è impossibile non menzionare Nathaly Caldonazzo, con la quale ha legato tantissimo.
“Nathaly è la mia vincitrice in assoluto di questo GF, per come l’ha vissuto, per quanto è vera. Ha sempre detto le cose in faccia senza alcun tipo di timore. Mi sono rivisto in lei dal primo giorno; mi ha accolto in maniera splendida, mettendomi subito a mio agio. Mi ha fatto raccontare, è riuscita a farmi aprire. È nato un rapporto stupendo, che ancora oggi voglio coltivare e tenere al di fuori della casa. Sento Nathaly più volte al giorno. Abbiamo avuto un’empatia che fai difficoltà a trovare anche fuori. Le ho raccontato cose personali e profonde. Le devo davvero tantoperché è stata il mio appoggio morale e fisico, visto che è stata anche la prima a capire la mia problematica col cibo. Quandovedeva che stavo giù si inventava qualcosa per farmi distrarre”.
Si è poi sviluppata un’amicizia anche con Soleil Sorge, che inizialmente non sopportava più di tanto.
“Sì, l’ho rivalutata e gliel’ho detto. I primi giorni che sono stato in casa sembrava molto acida e sulle sue. Non mi piaceva il modo in cui si rapportava a noi nuovi arrivati. Pian piano, ho parlato con lei e mi sono aperto. Ha iniziato a capirmi, mi chiedeva tante cose sul mio lavoro. Personalmente, amo le persone vere e schiette. Non mi piacciono i sotterfugi, né chi teme di esporsi. E Soleil non ha avuto paura di nulla”.

C’è qualche concorrente che l’ha proprio delusa?
“Mi ha deluso Gianluca Costantino per un motivo. È uscito una settimana dopo la nomination che fece ai miei danni, quando fino a quel momento era stato un po’ la mia spalla. Essendo entrati insieme in casa, ci davamo forza a vicenda perché avevamo difficoltà a rapportarci con gli altri. Ci siamo confidati tanto in quei giorni e non ho condiviso la sua scelta di nominarmi. Credo abbia peccato di personalità. Era molto più facile scagliarsi controdi me. Magari pensava che non me la sarei presa, ma ho trovato incoerente il suo atteggiamento”.
Prima del suo ingresso in casa, si era parlato di un flirt con l’ex concorrente Clarissa Selassié. Come sono andate realmente le cose?
“Io e Clarissa ci siamo incontrati ad una cena, una settimana prima che entrassi in quarantena per entrare in casa. Ci siamo trovati bene a chiacchierare; c’era una buona sintonia e abbiamo stabilito un legame. Al termine di una serata trascorsa in un locale, siamo andati ad un B&B con degli amici. Abbiamo fatto dei giochini per divertirci e c’è stato un mezzo flirt. Quando ha saputo che sarei entrato in casa, mi ha dato dei consigli. La nostra era comunque una conoscenza, che non è sfociata in altro. Attualmente è una bellissima amicizia”.

Nasce come modello…
“Esatto. Fin da bambino, ho aspirato a diventare modello. Dopo il diploma, ho iniziato a lavorare per racimolare un po’ di soldi e raggiungere un’indipendenza economica. Per quattro mesi, ho lavorato in uno studio legale a Napoli, dove consegnavo i permessi di soggiorno agli immigrati. Ho preso servizio per poco tempo pure in una lavanderia, dove non venivo trattato benissimo. Volevo però raggiungere il mio sogno della moda e mi sono così rivolto ad Alessio, il mio agente. Ho ascoltato i suoi consigli: ho cominciato ad andare in palestra, ho assunto un personal trainer, ho curato la mia acne giovanile. E da lì è stato tutto in discesa: ho partecipato ai primi concorsi, che spesso vincevo. Quando ho preso agenzia a Milano, ho fatto lavori più seri come Richmond, Trussardi, la sfilata di Carlo Pignatelli e così via. E mi sono preso le mie soddisfazioni”.
E su TikTok com’è arrivato?
“Mi sono iscritto a 21 anni grazie a mia sorella, che ha 10 anni ed era convinta del fatto che sarei diventato virale. Anche se ero scettico, le ho dato ascolto e le ho fatto postare un video che raccontava di me che ha raggiunto in poche ore 500.000 visualizzazioni. E da lì ho cominciato a fare video che diventavano virali e l’ho preso come un lavoro, dato che venivo pagato dalla community di TikTok. Devo tanto a mia sorellina, che cerco di accontentare in ogni sua richiesta perché, in fondo, senza di lei non sarei dove sono ora. Così come ringrazio mio padre, che ha fatto tanti sacrifici per spronarmi ad andare avanti nel mondo della moda, mia madre e gli altri miei fratelli. La mia vittoria è averli resi fieri e felici della persona che sono”.

Nella casa ha parlato di alcuni problemi che ha avuto in passato col cibo. Forse parlarne può essere d’aiuto anche ad altri?
“Direi di sì. È questo il mio intento. Vorrei aiutare tutte le persone che, in questo momento, soffrono di disturbi alimentari, come li ho avuti io. Sto cercando di apportare il mio contributo anche sui social. Ho iniziato a soffrirne a 14 anni: non avevo appetito, mangiavo pochissimo e in piccole porzioni, finché non ho odiato e rifiutato determinati alimenti. Sono dimagrito tantissimo e l’anno successivo pesavo 41 kg. Io e la mia famiglia, che era preoccupatissima, siamo passati attraverso varie cliniche per fare analisi ed esami. Finché non ho incontrato un dottore, che ringrazierò sempre. Mi ha consigliato uno psicologo adatto. E da lì si è capito che il mio non era un problema che derivava dal mio corpo o dal mio metabolismo, ma dalla testa, dalla psicologia. C’era qualcosa che mi faceva soffrire e che portavo automaticamente sul mangiare. Abbiamo fatto anche delle ipotesi su cosa potesse essere, ma alla lunga non sono riuscito ad andare avanti con le sedute dallo psicologo. Grazie al supporto di mamma, che fu il mio angelo, ho superato il baratro: ha capito cosa mi piacesse mangiare ed ho ripreso ad avere appetito. È stata una grande vittoria perché avevo bisogno di rinascere, di guarire da quella cosa brutta che mi stava buttando giù”.
Ci sono già dei progetti futuri di cui può parlarci?
“Si sta muovendo qualcosa. Voglio cercare innanzitutto di cavalcare le passerelle delle migliori aziende di moda. Vorrei inoltre studiare dizione e recitazione per affacciarmi al mondo cinematografico. Infine, vorrei prendermi gli ultimi due attestati come personal trainer, dato che prima del GF stavo studiando per diventarlo anche per avere qualcosa di stabile per un domani”.

E il cuore come va? Sta sentendo qualcuna?
“Sono entrato nella casa da single, ma ho frequentato fino a un mese prima una ragazza, con cui sono stato per due mesi. Non pensavo che nel corso dei giorni, con alcune canzoni e altri riferimenti, mi mancasse. Ho pensato quindi a lei. Quando sono uscito ho cercato di capire se ci fosse e la risposta è stata negativa. Aveva saputo delle cose su di me che non le erano piaciute. Ha scoperto un mio errore. Ho provato a recuperare il rapporto, ma ora non c’è. E va bene così perché, in questo periodo, voglio pensare a me stesso, al mio lavoro, a tutto ciò che mi sta regalando la vita”.
Stiamo parlando di Giulia D’Urso per caso? Non so se sa ma ha parlato di lei dopo che è entrato al GF…
“No, parliamo di un’altra ragazza. Io e Giulia ci siamo visti un paio di volte a Milano e una volta a Napoli. Era una cosa molto easy. So che lei si era affezionata al mio modo di essere, a come la trattavo. Ma non è stato niente di che. Comunque, appena sono ritornato alla quotidianità, ho chiarito personalmente con lei”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Le gemelle Chiara e Bianca D’Ambrosio si raccontano in esclusiva su Sbircia la Notizia...

Recitano fin da quando sono bambine. Hanno infatti esordito in Febbre d’Amore e da allora non si sono più fermate. Parliamo delle gemelle, di origine italiana, Chiara e Bianca D’Ambrosio. Una carriera ancora tutta da scrivere, ma costellata già di grandi successi. Chiara ha vinto infatti il Daytime Emmy Award 2021, nella categoria Miglior Giovane Attore in una Fiction dal Daytime, per il ruolo Regan Sanders nella sesta stagione di The Bay, la serie digitale di grandissimo successo dove ha recitato insieme a Bianca, anche lei candidata per il premio. Un percorso artistico di cui, entrambe, ci hanno parlato su Sbircia la Notizia Magazine.
Con la collaborazione di Roberto Mallò per Massmedia Comunicazione
Ciao Chiara e Bianca. Siete diventate attrici fin da giovanissime. Avete mai hai pensato a quale lavoro avresti potuto fare se non aveste iniziato a recitare?
Chiara: Onestamente non credo che vorrei far parte di nessun altro settore, a parte quello dell’intrattenimento. Mi piace recitare, ma se avessi un lavoro diverso, forse sarei nel settore immobiliare o nel giornalismo.
Bianca: No, non proprio. Ho conosciuto solo l’industria dello spettacolo. Anche per quelle che mi vengono a mente, non riesco mai a vedermi in nessun’altra professione.

Che cosa ricordate dell’esperienza in Febbre d’Amore, la soap dove avete esordito?
Chiara: Ho imparato tanto partecipando a Febbre d’Amore. Ho imparato fin dalla giovane età come prepararmi per trasmettere tutta la profondità di un personaggio.
Bianca: Mi sono divertita molto a lavorare sul set, è stata la base per l’inizio della mia carriera. Sarò eternamente grata perché mi ha aperto la strada per il mondo dove sono ora.
Non avete sempre lavorato insieme. Quali esperienze, tra quelle fatte da sole, vi sono rimaste di più nel tuo cuore?
Chiara: Una delle mie esperienze preferite in cui ho lavorato da sola è quella su Disney+ in Diary of a Future President. È stato molto divertente lavorare con il cast e la troupe. Non vedo l’ora che tutti conoscano il mio personaggio.
Bianca: Una delle mie esperienze preferite su cui ho lavorato individualmente è stato un film chiamato Call Jane. Parla di una donna negli anni ’60 prima di Roe vs Wade. Cerca l’aborto ma non riesce ad abortire. Trova un gruppo clandestino di donne disposte ad aiutarla e lei trova poi la forza di aiutare le altre che hanno attraversato situazioni simili alla sua Il film è interpretato da Elizabeth Banks, Sigourney Weaver e io interpreto la figlia di Kate Mara. È stata un’esperienza incredibile. Non vedo l’ora che tutti vedano questo film.

E quali, invece, sono stati i lavori più importanti che avete fatto insieme?
Chiara: Io e mia sorella abbiamo lavorato insieme nella serie yA ed è stato un vero spasso. Abbiamo anche avuto modo di lavorare insieme in un episodio pilota Disney e ad uno spettacolo Nickelodeon chiamato See Dad Run. Noi amiamo lavorare insieme perché abbiamo tanta chimica sul set.
Bianca: Chiara e io abbiamo lavorato a un film horror chiamato Slapface in cui interpretavamo Donna e Rose. che sono stati classificate come bulle. Questo è l’esatto opposto di ciò che siamo, ma abbiamo trovato stimolante lavorare insieme per lo studio dei personaggi. Slapface è sicuramente uno dei miei progetti preferiti al quale abbiamo lavorato in team.
Se vi dico yA, cosa mi rispondete?
Chiara: yA mi ricorda due serie tv, Beverly Hills 90210 con Riverdale. Lascia le persone incuriosite e all’erta!
Bianca: yA è una serie che segue le adolescenti Frankie e Regan Sanders mentre si trasferiscono nel loro nuova vita a Bay City. Appena arriveranno lì accadranno un sacco di situazioni drammatiche e loro continueranno a pensare anche al passato nella loro vecchia casa.

Avete sempre sostenuto temi importanti, come il bullismo. Come mai?
Chiara: Siamo grandi sostenitrici dell’antibullismo. Poiché i social media sono ai massimi storici, il cyberbullismo può essere un problema enorme. Per questo continuiamo a sensibilizzare sul tema delle piattaforme social il più possibile.
Bianca: Quando Chiara ed io siamo stati iscritti a scuola, abbiamo sperimentato il bullismo, motivo per cui abbiamo pensato fosse importante sensibilizzare l’opinione pubblica contro questo fenomeno. Anche aiutare per aiutare gli altri in situazioni simili come la nostra.
Avete anche ricevuto il Gracie Award per la tua battaglia contro il bullismo. E’ stato sicuramente un onore…
Chiara: Sì, decisamente. Crescendo, ho avuto modo di abbracciare l’importanza del Gracie Award e sono stata onorata di riceverlo.
Bianca: Sì, lo è assolutamente. È stato un onore incredibile avere un riconoscimento per la nostra battaglia contro il bullismo in così giovane età.

Amate anche gli animali. Da dove viene questo vostro amore?
Chiara: Quando siamo nate, avevamo già sei cani di grossa taglia. Avevamo un Samoiedo, quattro Terranova e un cane dei Grandi Pirenei. Siamo grandi sostenitrici di Adopt, Don’t Shop e la passione che abbiamo per i cani da salvataggio continua a crescere ogni giorno. In futuro, mi piacerebbe aprire il mio rifugio per gli animali.
Bianca: La mia famiglia è grande amante degli animali. Quando i miei genitori mi hanno portato a casa dall’ospedale, la mia casa era già accompagnata da 6 cani di grossa taglia. Mia mamma e mio papà sono molto appassionati di salvataggio degli animali e cerchiamo di fare tutto il possibile per aiutare gli animali nella nostra zona e in tutti gli Stati Uniti. Aiutiamo a raccogliere fondi per associazioni di beneficenza e cerchiamo di adottare o salvare animali. Troviamo questa causa molto importante.
Ci sono progetti futuri di cui potete parlarci?
Chiara: Bianca ed io stiamo scrivendo e dirigendo i nostri mini film, ma speriamo di riuscire, entro il prossimo anno, a produrre il nostro primo lungometraggio.
Bianca: Chiara ed io siamo appena tornate dal Connecticut, dove abbiamo girato un film di cui non possiamo ancora svelare i dettagli ma che verrà annunciato presto. Girerò poi un film alla fine di questo mese, ma anche qui non posso dire nulla sul progetto, tranne che sarà fantastico. In realtà, abbiamo un po’ progetti imminenti su cui lavoreremo insieme e separatamente. Consiglio a tutti ci controllare i nostri social media per tenersi aggiornato su ciò che ci coinvolgerà.

Siete molto attive sui social network?
Chiara: Estremamente attiva. Sono su Tik Tok e Instagram tutto il giorno e mi diverto a pubblicare contenuti per ascoltare tutti i nostri follower. È una priorità principale far sapere ai nostri sostenitori cosa stiamo facendo.
Bianca: Sì, abbiamo un profilo Instagram (@dambrosiotwins) dove pubblichiamo contenuti molto frequentemente. Oltre a Twitter, Facebook e un canale Youtube dove pubblichiamo un nuovo video ogni venerdì. Ci piace connetterci con i nostri sostenitori su tutte le nostre piattaforme di social media.
Cosa fate nel tempo libero?
Chiara: Sono un’appassionata lettrice. Ad oggi, ho letto un totale di 118 libri. Quest’anno, spero di arrivare a 150 entro la fine. Mi piace giocare con i miei cani e passare il tempo con la famiglia e gli amici.
Bianca: Sono un’appassionata lettrice. Cerco di leggere più libri che posso. Nel tempo libero amo stare con la mia famiglia e i miei amici guardando film e rilassandomi all’aria aperta.

Avete mai praticato qualche sport?
Chiara: Amo nuotare e giocare a tennis per divertimento.
Bianca: Non professionalmente, ma nel tempo libero mi piace nuotare e giocare a tennis con mia sorella.
Che programmi guardate in televisione? Qual è il vostro genere televisivo preferito?
Chiara: One Tree Hill, That’s 70s Show, On my Block, Parks and Recreation, Stranger Things e Santa Clarita Diet sono quelli che mi piace guardare di più. Come scrittura, amo i misteri perché… mi fanno pensare e sfidano la mia prospettiva su ciò che sto guardando. I miei generi preferito sono romanzi, drammi e commedie per adolescenti.
Bianca: I miei programmi TV preferiti da guardare sono Stranger Things, Killing Eve, On my Block e One Three Hill. Per quanto riguarda i generi, amo i drammi, le commedie, i gialli e il musical.

C’è qualcosa che proprio non vi piace della televisione di oggi?
Chiara: Penso che ci siano alcuni progetti che non sono troppo legati alla vita di tutti i giorni e che non danno modo agli adolescente di capire come crescere nella nostra società attuale.
Bianca: Penso che alcuni contenuti siano troppo maturi per essere guardati dai bambini. Al giorno d’oggi, un sacco contenuti etichettati come televisione per ragazzi e bambini sono molto per adulti. Se questo è il modo in cui il Direttore e gli scrittori vedono il progetto, va benissimo, ma penso personalmente che alcuni diventino un po’ troppo maturi.
C’è un regista o un attore con cui vi piacerebbe lavorare?
Chiara: Mi piacerebbe lavorare con Greta Gerwig, che è la regista e scrittrice di Piccole donne, Lady Bird. Ha un talento straordinario. Mi piacerebbe anche lavorare con Jodie Comer, perché è un’attrice straordinaria e lavorare con lei sarebbe un onore immenso.
Bianca: Sì, Jodie Comer che interpreta Villanelle in Killing Eve. Killing Eve è uno dei miei show preferiti di tutti i tempi e lei è anche una delle mie attrici preferite di tutti i tempi. Lavorare con lei sarebbe un sogno diventato realtà.

Qual è il vostro sogno più grande?
Chiara: Scrivere i miei progetti e vederli un giorno sul grande schermo. Oltre a recitare, vorrei calarmi nella produzione a tempo pieno.
Bianca: Essere un regista e produttore. Adoro recitare, ma in più mi piacerebbe avere una carriera dietro la macchina da presa.
L’Italia è parte di voi. Se si presentasse un’opportunità, verreste qui a lavorare?
Chiara: Assolutamente, adoro andare in Italia. Sfortunatamente in questi 18 mesi passati, non ho avuto la possibilità di viaggiare ma, soprattutto per lavoro, accetterei in un battito cardiaco.
Bianca: Al 100%. Sia mia madre che mio padre sono italiani, quindi amo il cibo, le persone e, soprattutto, la cultura. Se avessi l’opportunità di lavorare in Italia, la coglierei assolutamente.

C’è qualcuno di speciale nel vostro cuore?
Chiara: La mia famiglia e i miei amici perché continuano a sostenere me e i miei sogni, non importa cosa sono. Mia sorella, che è sempre lì per me, e anche mia cugina Ava. Lei è sempre lì quando ho bisogno di chiamarla per qualsiasi cosa al mondo e mi dà ottimi consigli.
Bianca: I miei genitori, mia sorella, mia cugina Ava, i miei amici e tutti i miei sostenitori. Li amo tutti così tanto.
Se doveste descrivervi con qualche aggettivo, quali usereste?
Chiara: Userei leale, creativa, artistica, responsabile e ambiziosa.
Bianca: Direi determinata, compassionevole, ambiziosa e “topo” di biblioteca.

© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Cosimo Alberti: «Napoli è la mia casa, la mia patria, il mio cuore»

Cosimo Alberti, all’anagrafe Cosimo Pizzutolo, è un attore napoletano diventato famoso per il ruolo di Salvatore Cerruti, vigile nella celebre soap Rai “Un posto al Sole” in onda tutte le sere alle 20:45 su Rai3. Cosimo, del segno zodiacale dei Gemelli, nasce a Napoli nel quartiere Gianturco da genitori salentini negli anni 60, più precisamente il 15 giugno. Da loro eredita la passione per i balli popolari come tarantella e pizzica. Da qui la decisione di insegnare a suonare, ballare e cantare a persone di tutte le età, grazie anche alla realizzazione di laboratori creati ad hoc.
Il 13 settembre 2019 Cosimo Alberti si è unito in matrimonio con Cristian Luino. La coppia è stata unita in rito civile dal sindaco di Napoli, Luigi De Magistris. La cerimonia ha visto la luce nel cuore della città partenopea al Maschio Angioino dove hanno presenziato amici, parenti e colleghi del cast della soap dell’attore. Noi di Sbircia la Notizia Magazine lo abbiamo incontrato ed ecco, in esclusiva, un’intervista molto interessante!
Ciao Cosimo, bentrovato. Iniziamo a parlare del tuo personaggio nella serie tv “Un Posto al Sole”. Quanto c’è in comune tra Cosimo e Salvatore Cerruti?
Ciao, bentrovati a voi. In comune c’è senza dubbio il modo di esprimersi e l’allegria nel rapportarsi con gli altri personaggi; infatti non faccio fatica a recitare con naturalezza le scene che gli autori scrivono per Cerruti in quanto il piu delle volte mi riconosco in lui. In altre invece devo studiarle con più attenzione perché alcuni peculiarità del mio personaggio sono lontane dal mio carattere come l’insicurezza nelle scelte d’amore e la sottomissione ai rapporti familiari e amicali.
Quanto è forte il legame con la tua Napoli? Ti va di raccontarci com’era Cosimo bambino?
Il rapporto con la mia città natale è molto forte. Napoli è la mia casa, la mia patria, il mio cuore. Da bambino ero molto vivace, estroverso, mi incuriosivano tante cose e sentivo la necessità di soddisfare queste curiosità che spesse volte mi mettevano nei guai con il mio papà che era severo.
Quando hai capito che “da grande” avresti fatto l’attore?
Mia madre ha sempre raccontato che da bambino per farmi stare buono non avevo bisogno di box e giocattoli ma bastava mettermi davanti alla televisione e restavo incantato per ore. Amavo tanti personaggi televisivi ma ho ancora indelebile il ricordo di quando vidi Corrado Mantoni in smoking in un programma del sabato sera, fu in quel preciso momento che capii che avrei fatto parte di quel mondo. A sei anni fui coinvolto nella messa in scena di commediole dell’oratorio del mio quartiere, da lì piano piano è cresciuta sempre più la mia passione per la recitazione.

Come nasce la passione per le danze popolari?
Ho sempre avuto una predisposizione naturale per il ballo. Da ragazzo animavo le feste che si facevano nelle case degli amici. Sono di origine salentina, ho sempre ballato la pizzica pizzica, il ballo tipico pugliese e le tammurriate campane. Un giorno la direttrice della Federazione Danza Storica di Napoli mi chiese di collaborare con la sua associazione e ora sono trascorsi quasi quindici anni che organizzo laboratori e seminari.
C’è un ruolo vorresti interpretare in futuro?
Assolutamente si! Vorrei interpretare ruoli drammatici che potessero darmi la possibilità di misurarmi con personaggi ricchi di spessore e dimostrare che non sono solo un attore brillante e comico.
Ti va di raccontarci il tuo primo giorno sul set di “Un posto al sole”?
Il mio primo giorno di set fu stracolmo di emozione. Avevo già un quarto di secolo di esperienze televisive e teatrali ma siccome avevo sempre desiderato entrare nel cast di Upas mi sentivo meravigliosamente confuso e sembravo un emergente al suo debutto. Posso raccontarvi un aneddoto simpatico: avevo imparato le scene nell’ordine sbagliato cosi quando Germano Bellavia e Lucio Allocca nella prima scena mi recitarono le loro battute io non riconoscendole in preda al panico risposi con le battute di un’altra scena che non avevano senso! Tutta la troupe scoppiò in una sonora risata, me compreso!
La soap parla di tematiche sociali molto importanti: secondo te cosa è necessario fare ancora per abbattere le barriere che ci circondano?
Caspita se c’è ancora bisogno di fare per abbattere le barriere circa le problematiche contemporanee. In questo caso sia gli autori, che la produzione e la rete Rai stessa fanno tanto per sensibilizzare le famiglie che guardano la soap perché è proprio da lì che bisogna incominciare: dalla famiglia. Mi sento di dire una cosa però, bisogna avere una punta di coraggio in più!
La tua passione per la danza è stata notata anche da Milly Carlucci che ti ha voluto a “Ballando on the road”. Ti va di raccontarci come hai vissuto quell’esperienza?
Fui chiamato da un autore della signora Carlucci che cercando in internet gruppi di danza da inserire nel loro spin off: “Ballando on the road” si imbatté nei miei video. Siccome era un affezionato spettatore di Upas riconobbe in me il “Vigile Sasà Cerruti” mi propose alla signora Carlucci che mi invitò al programma per conoscere più da vicino le danze popolari. Ne restò entusiasta e in sieme alla signora Carolyn Smith parlammo addirittura di creare insieme una federazione che ne potesse tutelare la continuità facendole conoscere ad un pubblico nazionale proprio come quello di Rai 1.

Come hai vissuto il periodo di pandemia che lentamente ci stiamo lasciando alle spalle?
All’inizio l’ho vissuta con paura, ci siamo trovati difronte ad una situazione che mai avremmo supposto di dover vivere. Poi però ho cercato di capire per affrontare al meglio questa emergenza. Ho scoperto quanto siamo vulnerabili e che la quotidianità non è affatto scontata. Di carattere io sono una persona che guarda sempre il bicchiere mezzo pieno, cerco di trarre il meglio da ogni cosa, mi accontento del necessario e l’avvento della pandemia non ha fatto altro che confermarmi che faccio bene!
Proprio in quel periodo, in compagnia di Nina Soldano, è nato il progetto con dirette Instagram de “I solerti”. Come è nata questa idea? Avete pensato di esportarla al di fuori delle quattro mura e concretizzarla nei mesi successivi?
Tutto è nato per caso. Durante una diretta instagram di Nina mi sono inserito per salutarla e siccome Nina è una donna molto solare ci siamo messi a scambiare battute ridendo come matti divertendo tutti gli utenti che nel frattempo erano diventati migliaia. Nei giorni seguenti molti ci scrivevano per ripetere la diretta e cosi li abbiamo accontentati. Abbiamo anche creato un duo cybernetico: “I Solerti” giocando con i nostri cognomi molto seguito. Con una punta di orgoglio ti dico che abbiamo anche ricevuto un premio per aver donato sorrisi durante un periodo molto triste per la comunità che era chiusa in casa.
Quali sono le 3 caratteristiche che hanno in comune Cosimo Alberti e Salvatore Cerruti?
Questa domanda mi spinge ad essere autocelebrativo ma lo faccio lo stesso:
1 La generosità; 2 La solarità; 3 La passione.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma. Foto di Giuseppe D’Anna.
Interviste
Intervista esclusiva a Martina Marotta: «L’amore va a gonfie vele e sono molto...

Quella di Martina Marotta, giovane attrice toscana, è una carriera sempre più in ascesa. Dopo essere stata nel 2021 in tutte le sale cinematografiche con il film Medium, la ragazza sarà infatti nel cast di Una Preghiera per Giuda e Soldato sotto la luna, pellicole dirette da Massimo Paolucci dove avrà modo di far splendere ancora di più il suo talento nella recitazione.
Si ringrazia per la collaborazione Roberto Mallò per Massmedia Comunicazione
Martina, partiamo dall’inizio. Quando è nata in te la passione per la recitazione?
“La passione per la recitazione è nata grazie a mio nonno. Devi sapere che, insieme a lui, vedevo i film di Totò e Sophia Loren. Da bambina, quando facevamo le cene in famiglia, mi piaceva da morire far divertire tutti i parenti. Studiavo i monologhi e li recitavo in maniera davvero comica. Ho scelto di fare l’attrice, principalmente, perché ho sempre sentito dentro di me il bisogno di fare emozionare le persone. Se ci pensi, molti spettatori si rivedono nei personaggi che noi attori interpretiamo; diamo loro dei consigli, gli facciamo compagnia. L’idea di essere un mezzo per qualcuno che ne ha bisogno mi gratifica ed è per questo se al giorno d’oggi faccio l’attrice”.

Hai studiato recitazione?
“Sì. Come prima cosa a Firenze, visto che sono toscana, ma in seguito a Roma in Accademia. Penso però che è sul set che si impara veramente qualora. È lì che capisci quanto sia importante saper trattenere le emozioni. Nelle attese tra una scena e l’altra, devi mantenere sempre il personaggio, le emozioni che vive”.
Quali sono state le tue prime esperienze lavorative?
“Cito un’esperienza che è stata davvero molto intensa. Parlo del cortometraggio, diretto da Emiliano De Martino, incentrato sulla storia dell’Onorevole Antonio Guidi, il primo ministro della salute disabile e affetto da tetraparesi spastica. Lì, in quel lavoro, sono stata una giovane contadinella, molto genuina, che lo ha sedotto ed è stata il suo primo amore. La Tetraparesi spastica ha portato all’Onorevole Guidi delle difficoltà nei movimenti, nelle parole. Al tempo, i medici gli dissero addirittura che non sarebbe mai riuscito a fare niente, perché avrebbe vissuto come un vegetale; invece, Guidi, sfidando quella funesta sorte, ha preso il controllo di se stesso e si è realizzato, oltre a crearsi famiglia. Ha sconfitto un destino che, per molti, era già scritto. È un uomo che mi ha completamente affascinata”.

E se ti dico “Medium” e “Una Preghiera per Giuda”, cosa mi rispondi?
“Medium è stato il primo horror che ho girato, nel quale sono stata diretta da Massimo Paolucci e dove ho avuto la possibilità di lavorare con star del calibro di Bruno Bilotta, Tony Sperandeo e Hal Yamanouchi. In Una Preghiera Per Giuda sono stata, invece, Martina ossia l’amica di Pietro, il protagonista interpretato da Emilio Franchini. Dato che si tratta di un lavoro ancora inedito, posso dire che due si confideranno nei momenti di difficoltà e la ragazza vedrà nell’uomo quel lato dolce che le è mancato e di cui fondamentalmente ha bisogno. Sul set di quest’ultimo lavoro sono cresciuta davvero tanto”
Di recente, hai finito di girare il film Soldato Sotto La Luna, anch’esso diretto da Paolucci come Medium e Una Preghiera per Giuda. Quale personaggio interpreti?
“Interpreto Caterina; è la compagna del giovane Anicio, interpretato da Valerio Paolucci nel 1943. È un personaggio chiave, in quanto da un violento accanimento si creeranno delle conseguenze che arriveranno fino ai giorni nostri e che Anicio, in questo caso interpretato da Abel Ferrara, terrà nascoste”.
Avevi già lavorato in passato con Massimo Paolucci, regista del film…
“Sì. Massimo Paolucci lo conosco molto bene; è un regista molto scrupoloso e questo crea un’atmosfera professionale. Con Massimo ho un ottimo rapporto: è una persona buona, solare, simpatica ma mai farlo arrabbiare. Colgo l’occasione per ringraziarlo nuovamente per questa possibilità che ha voluto darmi. Spero altrettanto di averlo ricambiato facendo un ottimo lavoro”.
C’è già una data di uscita per il film?
“No, al momento no. Non conosco ancora le date”.

E l’amore come va?
“A gonfie vele. Ho una relazione stabile da quattro anni e sono molto contenta di questo”.
Immagino ci siano altri progetti che bollono in pentola?
“Di progetti ce ne sono tanti; spero vivamente sia un anno ricco di emozioni”.
Interviste
Soldato Sotto La Luna, intervista esclusiva a Daniela Fazzolari: «Clara è stato il...

E’ tra i protagonisti di Soldato Sotto La Luna, il nuovo film di Massimo Paolucci che avrà nel cast anche divi internazionali come Abel Ferrara, Daniel McVicar e Tomas Arana. Parliamo dell’attrice piemontese Daniela Fazzolari, che il pubblico televisivo conosce, soprattutto, per Anita Ferri, storica protagonista della soap CentoVetrine, dove in seguito ha avuto l’occasione di interpretare pure Diana Cancellieri Ferri, la sorella minore della donna.

Nel nuovo lavoro, la Fazzolari interpreterà Clara, che l’attrice ha descritto come una sorta di “Dante Alighieri all’interno di un viaggio umano dove incontrerà diversi personaggi chiave della sua esistenza”. Un impegno cinematografico che le ha permesso di lavorare, per la prima volta, con Paolucci, che già conosceva in precedenza, e che l’ha resa molto orgogliosa per via della sinergia che si è venuta a creare con tutti i colleghi di set. Ecco che cosa ci ha raccontato.
In collaborazione con Roberto Mallò per Massmedia Comunicazione

Daniela, è nel cast del film Soldato Sotto La Luna, che uscirà presto nei cinema. Che tipo di esperienza è stata?
“Innanzitutto, parto col dire che è un thriller storico-psicologico. E’ sicuramente un film difficile, che abbiamo girato in poco tempo rispetto a quanto un lavoro del genere avrebbe richiesto. Anche per i momenti difficili che abbiamo vissuto in quest’ultimo periodo, non c’è al suo interno soltanto la passione che contraddistingue chi fa il nostro lavoro, ma anche uno spirito di abnegazione e sacrificio che ha portato, a mia sensazione, a dei risultati, per tutti, oltre ogni aspettativa. C’è stata una collaborazione di massa ammirevole, che comprende anche le varie maestranze e non soltanto noi attori”.

E col regista Massimo Paolucci come si è trovata? Avevate già lavorato insieme?
“No, non avevo mai lavorato con Massimo, anche se ci eravamo già sentiti telefonicamente in precedenza. Un po’ di tempo fa collaboravo con un amico discografico che doveva fare un lavoro, per il quale io comunicavo con Paolucci. Ormai ci davamo del tu, ma la nostra conoscenza era soltanto telefonica. Qualche anno dopo è quindi successo che, mentre mi trovavo con un regista che era suo amico, ho incontrato Paolucci. Da lì a un mese mi ha quindi chiamato per comunicarmi che voleva scommettere su di me per Soldato Sotto La Luna. Lo ringrazierò a vita per avermi dato questo importantissimo e difficilissimo ruolo. Ha avuto un bel coraggio, accompagnato dalla sua esperienza nel sapere le cose. Vedendo i suoi occhi, e giorno per giorno quello che accadeva, toccavo con mano la sua contentezza. E questo mi ha riempito d’orgoglio”.

Quindi mi sembra di capire che Clara, il personaggio che hai interpretato, sia stato difficile…
“Molto. Penso che sia il personaggio più complicato e difficile che io abbia mai interpretato fino ad oggi. Il film copre un arco narrativo ampio. All’interno di questo circolo dantesco in cui mi trovo vengono fuori vari aneddoti, fino ad arrivare al tempo della guerra, del nazismo. E’ veramente un lavoro che tocca più generi. Nel cast ci sono anche attori internazionali importantissimi come Abel Ferrara, Tomas Arana, Daniel McVicar. C’è stato un connubio e un insieme di elementi. Un esperimento che, a sensazione, sembra essere ben riuscito. E questo ci ha reso felici. E’ stata davvero un’emozione forte collaborare con chi fa questo mestiere da molto più tempo di me e conosce bene le dinamiche, anche internazionali”.

Il film è stato girato in piena pandemia. Immagino che per te che fai l’attrice non sia stato un periodo semplice…
“No, in questi ultimi due anni sicuramente non si è potuto lavorare bene. Soprattutto per me che sono mamma di un bambino che ha sei anni e mezzo. Ho dovuto quindi dedicare tutta me stessa a cercare di alleggerire e rendere meno duro l’impatto di questa tragedia su di lui, visto che si trova in una fascia d’età in cui inizia appena a comunicare, a socializzare e a vivere una pseudo dipendenza, che gli è stata completamente bloccata. Mi sono dunque dedicata anima e corpo solo ed esclusivamente a lui. Non poteva che essere così: quando sei mamma e accadono delle cose così gravi è quello il tuo ruolo. Non devi fare altro. Ho messo da parte Daniela come attrice, pur portando avanti delle cose sociali molto carine. Come un cortometraggio in casa, che si intitola Stadio, ossia una specie di testamento che resterà ai posteri per questo lockdown”.

© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Marchino: «Lo sport è qualcosa a cui io non so rinunciare»

E’ stato il volto di tantissime pubblicità, mondo di cui è sicuramente il re, ma attualmente si sta facendo conoscere, con il suo carattere, anche come componente del muro di All Together Now, lo show di successo condotto, ogni domenica sera, da Michelle Hunziker su Canale 5. Una vera e propria novità nella vita dell’attore Marchino che, dopo tantissimi anni passati sui set di tanti promo di successo, vorrebbe dare una svolta alla sua carriera dal punto di vista televisivo. Un sogno che spera si realizzi, proprio come ci ha raccontato su Sbircia La Notizia Magazine.
Con la collaborazione di Roberto Mallò per Massmedia Comunicazione
Marchino, come è incominciata la sua strada nel mondo della pubblicità?
“La mia non è una di quelle storie tipo mi hanno fermato per caso per strada chiedendomi se e poi è successo tutto io avevo proprio pianificato tutto quando ero molto piccolo guardavo la televisione ed ero molto colpito da questi piccoli film che erano poi le pubblicità è lì ho subito realizzato che mi sarebbe piaciuto tantissimo poter far parte di una pubblicità arrivato a Milano a 18 anni al mio primo casting venne preso e Dalì non mi sono più fermato non mi sarei mai immaginato di diventare il re delle pubblicità in Italia.”
Quali sono i promo che, dal suo punto di vista, hanno influenzato maggiormente la sua carriera?
“Le pubblicità hanno la capacità di entrare nelle case degli italiani o comunque degli utenti di tutto il mondo tutto il giorno in Moltissimi momenti della giornata quindi non so dirti quale abbia avuto più efficacia o meno efficacia, è vero che lo spot delle caramelle Haribo mi ha dato la possibilità di rendere tutto quello che faccio più pop.”

E’ difficile farsi strada nel mondo della pubblicità?
“Il mondo della pubblicità è un mondo davvero molto complicato fatto di richieste davvero molto precise di velocità, di puntualità e anche se non sembrerebbe di professionalità e preparazione, la preparazione attoriale è fondamentale in questo campo perché le richieste del cliente non sono mai approssimative: hanno esigenze di precisione e rapidità, spesso quando si devono dare delle battute succede che bisogna essere più veloci possibili rischiando quasi di sembrare naturale ma la capacità dell’attore è quella di far sembrare tutto normale e semplice.”
Che consiglio darebbe ad un giovane che vuole provare ad intraprendere la sua stessa strada?
“Il consiglio di intraprendere questa strada non è facile da dare perché la pubblicità ce la devi avere nel dna, bada bene che non ha niente a che fare con quello che fanno gli influencer sui social, spesso si confonde il genere ma spesso ritengo che chi fa l’influencer non può fare pubblicità commerciale alla televisione perché non è in grado, infatti gli influencer nascono soprattutto perché non riescono a fare quello che faccio io cioè fare un provino per una pubblicità essere selezionato, essere scelto come attore protagonista firmare un contratto, presentarsi sul set essere truccato, studiare le battute farsi dare il ciak e poi a fine giornata con l’autista ritornare a casa. Tutto questo è quello che vorrebbe un’influencer… Quindi il mio primo consiglio è quello di non fare gli influencer pensando che i due settori si assomiglino ma in realtà sono davvero molto differenti.”
In queste settimane la stiamo vedendo tra i componenti del muro del programma All Together Now. Come è nata la sua partecipazione lì?
“Il programma va in onda tutte le domeniche su Canale cinque per me è stato davvero un onore partecipare, mi sono impegnato e sin dalla prima puntata tutta la produzione già conosceva il mio nome me ne sono accorto perché appena finito di registrare la prima puntata, ho sentito citare il mio nome chiamandomi decine e decine di volte quello era il segnale che stavo facendo bene il mio lavoro, programma hai fatto apposta per le famiglie e spensierato e pieno zeppo di musica e io sono davvero grato di aver fatto parte di un programma gigantesco con un direttore artistico come Roberto cenci che è stato fenomenale mi sono sentito uno studente universitario seduto al mio banco che poi sarebbe il muro che con quadernino prendevo appunti… Per non parlare poi degli autori come Francesca cenci che mi ha scelto ed è stata la mia autrice di riferimento alla quale devo tantissimo per l’interventi che ho fatto durante il programma e poi del fantastico Marco Salvati uno degli autori più importanti che abbiamo nel panorama italiano.”
Che tipo di giurato credere di essere stato?
“Io non sono stato un giurato dal cuore d’oro, anzi credo di essere stato un pochino cattivello questo perché a me nella vita non mi ha mai regalato niente nessuno nessuno mi ha mai fatto la carità nel mio lavoro ho sempre ottenuto tutto sulla base del mio talento delle mie capacità della mia professionalità quindi spesso mi trovo a giudicare con severa attitudine il lavoro degli altri detesto chi dal divano di casa sua pensa direttamente di arrivare in televisione e poter diventare famoso.”

E di Michelle Hunziker invece che mi dice?
“Michelle è stata fenomenale, ero davvero stupito che riuscisse a ricordarsi la maggior parte dei nomi di tutti i 100 del muro e ancor più mi sono stupito come avesse imparato velocemente il mio di nome è Marchino, che è il mio nome d’arte ma che arriva da quando ero uno studente alla scuola elementare.”
Le piacerebbe prendere parte ad altri show televisivi?
“La televisione è un qualcosa che mi ha sempre affascinato dal punto di vista dei programmi televisivi io in questo momento sono molto grato di aver fatto parte di All Together Now E così vorrei continuare a sguazzare nel top della televisione, ad esempio Pino Strabioli con il suo caffè di Raiuno è un contenitore culturale stupendo e spero in un miracolo che mi possano prendere magari come inviato, conosco Pino Strabioli da moltissimi anni perché mi prese a condurre uno show sul teatro quando io ero appena uscito dalla scuola d’arte drammatica Paolo grassi ricordo che al casting rimase sorpreso nel mio modo di sapere e interpretare il canto quinto della Divina Commedia.”
Sicuramente per fare pubblicità bisogna anche saper recitare. Lei ha studiato in tal senso?
“Come ti dicevo prima lo studio è fondamentale non solo in pubblicità ma in generale nel mestiere dello spettacolo la formazione deve essere una formazione seria non certo di un corso di teatro da due ore settimanali io quando avevo 23 anni ho fatto la scuola d’arte drammatica Paolo grassi che è uno delle scuole più importanti che abbiamo in Italia, lo studio è fondamentale per far riconoscere a chi ci provino se abbiamo talento e soprattutto se siamo in grado di non far gettare milioni di euro al cliente perché non siamo in grado di recitare il giorno in cui si gira la pubblicità. Mi sento di dire che la pubblicità è il settore del mondo dello spettacolo dove le raccomandazioni non hanno forza in quanto non è un giudizio artistico che viene dato ma un giudizio di gusto che è solo ed esclusivamente quello del cliente questo significa che se per il regista puoi essere la persona giusta, magari per il cliente assolutamente no e naturalmente anche il contrario.”

Cosa fa Marchino nel tempo libero? Quali sono i suoi hobby e le sue passioni?
“Il mio tempo libero e le mie passioni sono il mio grande tesoro che tengo gelosamente privato, tuttavia io sono esattamente come i personaggi che interpreto nelle mie pubblicità. Io sono il ragazzo acqua e sapone, il ragazzo della porta accanto e quindi ho degli hobby e degli interessi affini all’italiano medio ma se mi posso sbilanciare, lo sport, l’attività fisica è davvero qualcosa a cui io non so rinunciare.”
Parteciperebbe ad un reality per farsi conoscere maggiormente?
“Per quanto mi riguarda i reality show sono stupendi, da guardare in televisione. Oggi sono grande avessi ancora 25 anni probabilmente vorrei fare il grande fratello o tanti altri reality show, ma ad oggi che sono molto più grande perché mi avvicino ai quarant’anni mi sono reso conto che la mia intimità la mia vita privata alla quale fanno parte naturalmente la mia famiglia i miei amici oggi come oggi non sono disposto a portarla dentro uno show televisivo.sono fan del grande fratello perché posso guardarmelo a casa con un barattolino di gelato così come per l’isola dei famosi. Ma io oggi come oggi non parteciperei a nessun reality a nessun programma dove venga dato più interessa come mi sveglio la mattina piuttosto di come faccio il mio lavoro.”
E sul versante sentimentale… come va?
“Chi si fa i cavoli suoi campa cent’anni baci baci baci baci a tutti grazie.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Sonia Aquino: «Sono una donna ironica, sensibile e forte»

Ogni mercoledì sera, in prima serata su Canale 5, i telespettatori stanno assistendo ad una fiction di grande successo: Storia di una famiglia perbene. Tra i protagonisti c’è anche Sonia Aquino, scelta per dare vita ad Angelica Straziota, la moglie del temibile boss e contrabbandiere don Nicola (Vanni Bramato), avverso alla famiglia De Santis capeggiata dal personaggio interpretata da Giuseppe Zeno. Una donna controversa interpretata da un’attrice che è un volto noto della fiction nostrana e che si è raccontata sulle pagine di Sbircia la Notizia Magazine per raccontarci alcuni aneddoti della “sua” Angelica e non solo.
Con la collaborazione di Roberto Mallò per Massmedia Comunicazione
Sonia, parliamo di Angelica Straziota, il personaggio che interpreta in Storia di una famiglia perbene. Che cosa pensa di lei?
“Angelica è una donna forte, tenace, testarda, cinica, intelligente e molto scaltra. Sa quando intervenire e tacere, sa muovere molto bene i fili. Conosce molto bene gli equilibri. Ama profondamente suo marito, i suoi figli e cerca di proteggerli in tutti i modi. Viene dalla sofferenza, che ha poi trasformato in rabbia e voglia di riscatto. Insegue i soldi perché insegue il potere. Al di là poi di tutti gli sviluppi negativi, perché viene inquadrata come un personaggio tale, se andiamo in fondo nella sua personalità scopriamo che è una donna nella quale ci possiamo riconoscere. E’ madre protettiva, è donna sofferente, che si conquista la vita tutti i giorni”.

Che tipo di madre è Angelica? Come la descriverebbe?
“Ritengo che Angelica sia una madre come tante altre. Ama i suoi figli e li vuole proteggere; vuole far sì che la famiglia sia unita e che resti unita. Vuole che tutti abbraccino, in qualche modo, la scelta che Angelica e il marito hanno fatto a monte, cioè quella del potere, del danaro e della delinquenza. E mentre i primi due figli avallano questa scelta, il minore Michele di distacca. E questo è un male per Angelica, che ritiene che l’amore per la musica sia un capriccio e che Maria non sia degna del figlio. Quindi si batte perché lui capisca che nella vita contano la famiglia e il potere”.
Per quale motivo, dal suo punto di vista, la fiction sta piacendo così tanto al pubblico da casa?
“La serie sta piacendo molto perché innanzitutto è ben girata, perché è ben raccontata e dà forti emozioni. Il pubblico quando va al cinema, al teatro o guarda la televisione ha voglia di allontanarsi dai propri problemi, di dimenticare quello che è successo durante il giorno per immergersi completamente in una nuova storia. Questa serie ti consente di emozionarti. Dà emozioni molto forti. Ci sono delle scene che ti scuotono, ti turbano, ma che poi ti portano anche in una dimensione romantica perché fondamentalmente è una bellissima storia d’amore. Un Romeo e Giulietta dei giorni nostri con un amore impossibile. Michele e Maria lotteranno fino alla fine per coronare il loro sogno, il loro progetto di vita”.

La fiction tocca molte tematiche: la violenza, l’amore tra i giovani Michele e Maria, l’omosessualità di Salvo Straziota. Pensa sia importante, in qualche modo, veicolare dei messaggi?
“Questa serie è uno spaccato della nostra realtà, che non è fatta dalla pagina dei social, ma di tematiche forti e importanti come l’omosessualità, l’amore, la delinquenza, la violenza. Noi come artisti, come gente dello spettacolo, come quelli che raccontano, abbiamo l’obbligo di portare sotto l’occhio di tutti certe tematiche affinché vengano accettate, sdoganate, capite, comprese. Bisogna aprire la mente di chi ha voglia di guardarci per farli ragionare in una maniera diversa”.
Al giorno d’oggi, per un attore, è difficile farsi strada? Quali sono le difficoltà a cui si va incontro? E cosa consiglia a chi vuole intraprendere questa strada?
“Direi di sì. Oggi tutti vogliono fare gli attori. E’ sempre più difficile farsi strada perché la concorrenza è fortissima e perché oggi i metri di giudizio sono cambiati rispetto a prima. Oggi si sceglie il personaggio e non l’attore per far fare ascolti. Sono cambiati moltissimo i meccanismi rispetto a qualche anno fa. Il consiglio che io posso dare, per non essere un meteora e resistere nel tempo, è sicuramente quello di studiare”.

Quali sono le tappe fondamentali della sua carriera?
“Ho dei bei ricordi di tutti i lavori che ho fatto. In ogni lavoro ho lasciato un pezzo di cuore; ho messo la mia anima. Sono stati tutti degli insegnamenti importanti, che mi hanno resa l’attrice che sono oggi”.
Che cosa le piace fare nel tempo libero? Quali sono i suoi hobby?
“Cose assolutamente normali e semplicissime. La prima cosa è stare con mio figlio, che è un bellissimo ometto di undici anni. Divoro libri, film. Mi piace moltissimo andare a scovare le diverse mostre d’arte che ci sono. Vado in palestra, passo il tempo con le persone care”.

Come si descrive da compagna e mamma?
“Bisognerebbe chiederlo a mio figlio. Sono protettiva, presente, divertente. Gioco molto con lui e ci parlo molto perché ritengo che il dialogo sia fondamentale per la crescita del rapporto. Come compagna, cito la Mannoia: dolcemente complicata”.
Tre aggettivi giusti per definirsi?
“Solo tre aggettivi? Sono troppo pochi. Allora, sono una donna ironica, sensibile e forte”.

Qual è il suo più grande sogno professionale e/o personale ?
“Non sono una donna che sogna, ma una donna che progetta. Il primo progetto in assoluto è quello di far crescere mio figlio sano, equilibrato, onesto e felice. Per quanto riguarda la parte professionale di idee ce ne sono tante ma sono scaramantica e quindi non riesco a dirle”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Coronavirus
Intervista esclusiva a Gianluca Ramazzotti: «Nel tempo libero leggo, vedo qualche amico e...

Ha fatto parte per diversi anni del Bagaglino, ma adesso produce i suoi spettacoli con Ginevra Media Production. Parliamo di Gianluca Ramazzotti, che attualmente è impegnato con la ripresa di Se Devi Dire Una Bugia Dilla Grossa, spettacolo da cui, in un certo senso, ha preso il via tutta la sua carriera. Ramazzotti si è raccontato in questa intervista esclusiva per Sbircia la Notizia Magazine.
Con la collaborazione di Roberto Mallò per Massmedia Comunicazione
Salve Gianluca, a quali progetti si sta dedicando in questo momento sia come attore, sia come produttore teatrale?
“In questo momento sto lavorando al progetto della ripresa di Se Devi Dire Una Bugia Dilla Grossa, che andrà in scena a Torino al mitico e storico Teatro Alfieri dal 18 al 21 novembre. In seguito, avremo della date sparse dal 16 al 23 dicembre, poi ci fermeremo per un po’, dato che a commedia riprenderà alla fine di gennaio e fino al 30 aprile 2022. Avremo piazze importanti, come Roma al Quirino, Milano al Manzoni, a Genova al Politeama. La commedia prevede nel cast me, Paola Quattrini, Paola Barale, Ninni Salerno. E’ un cast molto forte. Ha la regia originale di Pietro Garinei che Luigi Russo ha rinfrescato per fare una nuova messa in scena. Devo dire che la commedia è un evergreen; nella versione di Iaia Fiastri è una pietra miliare della commedia all’italiane e della farsa. In questo momento c’è bisogno di tornare a fare dei progetti con un grande divertissement per il pubblico”.
Di recente ha lanciato uno spettacolo totalmente innovativo, Contatto, per far fronte alle restrizioni imposte in materia di Covid19. Me ne parli un po’?
“Contatto è stato un’idea innovativa che veniva dalla Francia. Noi abbiamo fatto una versione italiana. E’ uno spettacolo che nasce per chi ancora ha paura del Covid, ma anche per chi non ne ha. Si tiene conto delle restrizioni. Viene fatto all’aperto, in spazi come piazzi, come quella di San Cosimato o il laghetto dell’Eur a Roma. E’ un progetto che prevede delle app che vengono scaricate dal pubblico. Dopo aver pagato il biglietto, si riceve una mail con scritto il posto dove presentarsi, con giorno e orario. Il pubblico si trova lì con altre persone sconosciute. A un certo punto si scarica questa app, dalla quale il pubblico potrà ascoltare lo spettacolo nelle proprie cuffie, sanificate perché sono personali. Lo spettacolo è silenzioso perché tutti seguono gli attori con le cuffie e con la app. E’ tutto ricreato al computer con delle sonorità estremamente innovative. E’ uno spettacolo nuovo, complesso, che ancora non ha preso piede, ma mi auguro che lo farà negli anni futuri. Lo faremo sempre. Al di là delle restrizioni future o no date dal Covid. In questo momento, le restrizioni non ci sono. Si è tornati al 100% di capienza del pubblico nei teatri al chiuso. Probabilmente, questo spettacolo verrà pensato in futuro anche per andare in scena in luoghi chiusi”.

Quest’ultimo anno e mezzo è stato segnato dalla pandemia. Immagino che non sia stato affatto facile per lei, anche per via delle varie leggi che, spesso, sono andate a sfavore delle piccole produzioni teatrali.
“L’ultimo anno e mezzo ha caratterizzato una forte depressione per quanto riguarda gli eventi culturali. Ci siamo trovati nel mezzo di una bufera pandemica, economica e sociale che ha toccato principalmente il settore della cultura. Il nostro settore non è mai stato unito. Questo ha creato grandi divergenze e punti di vista differenti; lo Stato non è quindi riuscito a soddisfare anche la richiesta dei piccoli imprenditori. Quello che c’è stato mandato dallo Stato è veramente risibile; è stato veramente poco. Abbiamo tutti fatto fronte e stiamo facendo fronte con risorse personali da mettere dentro le nostre aziende, che sennò muoiono. Lo Stato non ci ha aiutato un po’ perché dicono che i soldi fossero finiti, un po’ perché la nostra categoria è separata sia per quanto riguarda gli organismi teatrali, sia per quanto riguarda gli organismi produttivi. Ognuno pensa solo a sé e questo è un grave problema. Sì, ci sono state delle grosse manifestazioni che hanno sicuramente puntato il dito e il faro su quella che è la condizione precaria, sia delle maestranze e sia degli organismi produttivi e teatrali in sé, ma ancora non basta. Adesso stiamo chiedendo soldi per le ripartenze, ma non ci vengono dati, se non delle piccole briciole. Cosa che invece ha fatto lo Stato, anche sbagliando, a determinati organismi, sia ministeriali, sia non ministeriali ma teatrali. Ha dato tanti soldi ai teatri ma si è dimenticato delle produzioni e di chi sta dentro gli stessi a lavorare, ossia gli spettacoli privati. Hanno dato tanti soldi, tipo 17 milioni di euro, ad alcuni organismi e non a tutti. E questo è già discriminatorio, sbagliato. Perché o li dai a tutti o non li dai a nessuno. Anche facendo, a volte, delle scelte poco intelligenti. Hanno premiato teatri che avevano dentro nelle loro programmazioni molte produzioni private, non sovvenzionate. E queste ultime sono state praticamente negativizzate; sfavorite al 100%. Purtroppo, è andata così. Adesso l’unica cosa da fare è rimboccarsi le maniche e sperare che i soldi che ancora sono in pancia al Ministero della Cultura siano distribuiti equamente anche a quelli che non sono sovvenzionati e anche alle piccole, medie e grandi produzioni teatrali. Questo è quello che uno si aspetta per una ripartenza. Ad oggi, quelli che stiamo utilizzando sono soldi tutti privati, personali. Per la ripartenza, lo Stato e il Ministero della Cultura non hanno dato ancora un euro”.
Da produttore, spesso ricerca per primo gli spettacoli da portare in Italia. In base a cosa ne sceglie uno piuttosto che un altro?
“Da produttore cerco spettacoli che abbiano una trasversalità, che riguardino il pubblico. Spettacoli drammatici o comici che devono avere empatia con il pubblico. Prima della pandemia, di solito, andavo a vederli all’estero. Adesso con lo streaming riesco a fare questo tipo di lavoro; a vedere gli spettacoli già prodotti all’estero per capire se sono giusti o meno per il nostro pubblico italiano. Vero è che la pandemia ci ha messo di fronte ad una realtà: poter creare delle produzioni di spettacoli che abbiano non solo una commerciabilità, ma anche uno spessore. Devono provocare l’empatia che spinge il pubblico ad uscire di casa per vedere uno spettacolo che possa farlo divertire ed emozionare. La gente si deve o divertire tanto o immedesimare per dire al termine: ‘Uh che spettacolo che ho visto; che bei attori e che bella storia’. Ecco, le storie sono la cosa principale, il motore principale che muove uno spettacolo teatrale. Raccontare una storia, raccontarla dal vivo, come se accadesse in quel momento, è la cosa più bella del mondo. Molti spettacoli hanno drammaturgie in questo senso: spettacoli spagnoli, francesi, inglesi. Attualmente mi sto concentrando su una drammaturgia che sia internazionale, che abbia uno sbocco più tra l’Argentina e la Spagna e una drammaturgia italiana. Quindi, i progetti che riguardano la drammaturgia italiana che possa essere esportata all’estero. Ne facciamo tante esportate da lì, ma ne facciamo poche italiane. Come era negli anni ’70 e ’80, dobbiamo importare sempre di più la nostra drammaturgia all’estero”.
Veniamo al suo percorso d’attore. Come si è avvicinato alla professione?
“Ho cominciato, come tutti i bambini, facendo le imitazioni dei personaggi dell’epoca; quelli degli anni ’80.Da lì c’è stata una forte passione per il teatro perché i miei genitori mi hanno portato al Sistina proprio a vedere Se Devi Dire Una Bugia Dilla Grossa. Insomma, il cerchio si chiude in un certo senso. Avevo 16 anni e andai a vedere, seduto tra il pubblico, quello spettacolo con Paola Quattrini e Johnny Dorelli. Facevo il liceo. Mi era piaciuto talmente tanto che dopo ritornai a vederlo un mese dopo. Ero rimasto affascinato dal teatro leggero, fatto in quella maniera. Ho così fatto l’Accademia e cominciato a mettere in pratica quello che avevo studiato. In tutti questi anni avevo sempre il pallino di riprendere Se Devi Dire Una Bugia Dilla Grossa e ci sono riuscito”.
Quali, dal suo punto di vista, sono stati i ruoli che hanno segnato maggiormente la sua carriera?
“Non ho piccoli o grandi ruoli. Ho sempre grandi ruoli che siano personaggi importanti, anche se magari non sono protagonisti. Anche quando produco, non sempre mi scelgo il ruolo protagonista, ma un comprimario o un alter ego. Perché scelgo il personaggio che possa raccontare attraverso la fisicità e il mio modo di recitare. Tutti i ruoli che ho fatto sono stati ruoli importanti, sempre. Da quando ho lavorato con tutti i più grandi registi sia internazionali e sia internazionali. Quando facevo solo lo scritturato o il produttore ho voluto interpretare personaggi che avesse un senso raccontare”.

E se le cito Il Bagaglino, quali ricordi le vengono in mente?
“Il Bagaglino è stato una grande esperienza di vita, di avventura, di forza, di teatro comico e leggero. Lì ho potuto veramente affinare le mie tecniche recitative leggere. Ho anche un lato drammatico, ma la comicità affianco a Oreste Lionello, Pingitore, Pippo, Leo Gullotta mi ha insegnato tanto. Tra l’altro, ho un grande debole per Lionello e Gullotta. Sono attori completamente diversi che hanno avuto una carriera, al di là del Bagaglino, formidabile. Sia Gullotta con il teatro e col cinema, sia Lionello col doppiaggio e alcune tra le poche scelte che faceva fuori dal Bagaglino. Sono personaggi che mi hanno insegnato molto quando li guardavo. Li ho guardati tanto. Li vivevo cinque e sei ore al giorno. Anche Pingitore ha sempre avuto un grande amore per gli attori. Era ed è un personaggio che lavora alla vecchia maniera, ossia provando. Anche le cose più ovvie bisogna provarle. Veniva da quel tipo di percorso, anche televisivo, dell’epoca. Dove tutto veniva provato. Adesso è tutto più veloce. Anche la televisione si fa mordi e fuggi. Pingitore è una persona che se tu gli dici di scrivere 80 pagine di copione le completa in 20 giorni. E’ una cosa che non ho mai più visto. Persone o autori televisivi adesso fanno solo scalette. Sono pochissimi quelli che, al giorno d’oggi, si mettono davanti al computer per scrivere una trasmissione o uno spettacolo di qualsiasi genere. E quelli che ci sono vengono soffocati dal fatto che si deve andare di corsa”.
Ha ancora un sogno nel cassetto da realizzare?
“I sogni nel cassetto sono quelli che uno può realizzare. Il sogno maggiore è quello di fare un grande testo drammatico per raccontare una grande storia che possa portare i giovani a teatro. Una storia drammatica o comica ma che sia un grande momento. Sarebbe molto bello raccontare una storia per tutta la famiglia, compresi i giovani. Anche non moderna, ma raccontandola in un certo modo. Speriamo di riuscirci”.
Che consiglio si sente di dare a chi vuole intraprendere il suo mestiere?
“Cosa consiglierei ad un giovane? Niente, di lasciar perdere. In questo momento, fare teatro è veramente un’impresa ardua e difficile. Riuscire ad uscire fuori e farsi notare non è semplice. Chi sceglie di fare teatro deve avere proprio una grande motivazione; altrimenti è meglio concentrarsi su altri mestieri”.
Cosa fa quando può concedersi un po’ di tempo libero?
“Nel tempo libero leggo, vedo qualche amico e faccio l’amore”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Mariasole Di Maio: «Upas è una grande famiglia, mi sento...

Mariasole Di Maio, giovanissima e con tanto talento, ha alle spalle un curriculum di tutto rispetto. Attualmente l’attrice è una delle protagoniste della nota soap Un Posto Al Sole, dove interpreta il ruolo di Speranza Altieri.
Tenacia, studio, esperienza e un viso acqua e sapone sono le caratteristiche che hanno permesso a Mariasole Di Maio di raggiungere in brevissimo tempo l’affetto del pubblico. Sul suo curriculum non spicca solo Speranza, ma anche Aurora Malinconico di La Nova Squadra: Spaccanapoli e Carmela Esposito, giovane con una famiglia difficile protagonista del film Il Diario di Carmela. Chi lo avrebbe detto quando Mariasole, preadolescente, partecipava agli spot di moda o nel settore bancario?

Nonostante sia un personaggio televisivo, l’attrice è riservata e non si sa molto sulla sua vita privata. Quello che è certo è che è molto amata anche sui social. Infatti, il suo profilo ufficiale su Instagram ha oltre 42 mila followers e non mancano profili di fan che la seguono con affetto.
Mariasole ha tantissime passioni: lo sport, la musica, i dialetti locali ma soprattutto la recitazione, che è diventata nel tempo la sua ragione di vita e il motivo per cui il grande pubblico la adora!
Chi è davvero Mariasole Di Maio e cosa sappiamo sulla sua vita privata? Oggi, la giovanissima star italiana si racconta in esclusiva su Sbircia la Notizia Magazine, in un’intervista da non perdere.
Mariasole Di Maio si racconta, dai grandi successi alla vita privata

Ha partecipato piccolissima, a 12 anni, a diversi spot televisivi. Come si è sentita davanti ai riflettori per la prima volta? Ha qualche aneddoto da raccontarci?
«In tutta sincerità, da bambina, ho sempre vissuto il set come un gioco divertentissimo a differenza di oggi che, vivendo la fase del passaggio da ‘hobby’ a ‘possibile lavoro’, mi è più complicato affrontarlo con la stessa leggerezza. Era mio padre ad accompagnarmi sempre e ricordo che sul set di una pubblicità per un brand americano a Capri, nacque per gioco una storia che lo vedeva padre single ed ex-compagno di Angelina Jolie: pertanto io sarei stata la figlia di entrambi (ride, ndr). Non so quante volte abbiamo raccontato questa storia, ovviamente all’insaputa di mia madre (quella vera) che l’ha scoperto anni dopo.»
Nel 2010, ha prestato il suo volto per l’interpretazione di Aurora Malinconico nella serie La Nuova Squadra: Spaccanapoli. Si sente più Aurora o più Speranza di Un Posto Al Sole? Quale personaggio pensa le rappresenti di più?
«Ho un ricordo di Aurora che è sbiadito con gli anni, Speranza è un lavoro più recente, che è durato e sta durando più tempo, e che sto affrontando con maggiore consapevolezza. Ma non credo che Speranza mi rappresenti: è molto diversa da me, Aurora – invece – era sicuramente molto simile alla piccola Sole, che però è tanto diversa dalla Sole di oggi (ride, ndr).»
Nel 2017 lei ha ottenuto il ruolo da protagonista per Il Diario di Carmela, interpretazione per cui ha vinto anche un premio nel 2019. Nella sua vita, quali sono le difficoltà che ha dovuto superare e come le ha affrontate?
«Eh! Tante, tantissime. Ma è giusto che sia così: c’est la vie. Se non avessi superato tutti gli ostacoli che la vita mi ha messo e che mi sta mettendo di fronte, non sarei la persona che sono oggi. Le difficoltà aiutano a crescere e formano, quando non ci imbruttiscono (e spero che un domani possa dire lo stesso). Di certo, non so dirti come le affronto. L’unico metodo che conosco è quello di farmi investire e poi rialzarmi piano piano. Non ho ancora una pelle abbastanza dura, non so se ambisco ad averla, ma volte farebbe comodo (ride, ndr).»
Carmela le è rimasta nel cuore? Cosa le ha lasciato questo personaggio?
«Carmela mi ha accompagnata negli anni più critici della mia adolescenza e sicuramente mi ha lasciato tanto. Ma tanto tanto: dai dubbi e le notti insonni, alle prime soddisfazioni e prospettive nuove. Soprattutto, mi ha lasciato un interrogativo importante sui nostri territori a cui spero di poter dare una risposta, presto o tardi…»

Le piacerebbe tornare nel mondo del cinema?
«A me piace bazzicare ovunque! (ride, ndr) A teatro, a cinema, in tv, dietro le quinte, in università, nei musei, in strada! Sono felice (felicissima) quando faccio quello che mi piace, e oggi mi basta questo.»
Lei ama molto fare sport: fa equitazione, danza, sci e persino Aikido. Secondo lei, quanto è importante lo sport nella vita di tutti i giorni?
«Ho fatto tanti sport, si. Più per curiosità e entusiasmo per qualcosa che non conosco, che per amore per il movimento, ad essere sinceri. Adesso aspetto con ansia Peppe Zarbo (Franco di Un posto al Sole) che mi indottrini al golf! Per me, fare sport significa volersi bene, dedicare del tempo a se stessi, e – come recitare – spesso è una bella fuga dalla realtà. Quando comincio a procrastinare i miei allenamenti, capisco che forse sta per arrivare un periodo no… quindi è importantissimo!»
Ha un account ufficiale su Instagram da oltre 42 mila followers. Come reagisce ai commenti negativi? Ha ricevuto qualche attacco personale per il suo successo?
«Con i commenti negativi ci convivo da sempre. Quelli che hanno fatto più male sono stati quelli dei compagni di classe e dei miei insegnanti ai tempi del liceo, ma – per fortuna – sono stati una bella palestra per affrontare dopo la pioggia di offese gratuite sui social (che oggi cominciano a pungere meno).»

C’è qualcuno nella sua vita? E, se non c’è, cosa dovrebbe avere il suo uomo ideale?
«Ci sono tante persone nella mia vita che mi amano e che amo (e che si prendono cura di me) e oggi sono il mio baricentro. Non ho una persona ideale.»
Ha frequentato tantissimi corsi prima di iniziare a lavorare in TV. Può dare un consiglio alle ragazze che sognano di entrare nel mondo dello spettacolo?
«Ascoltiamoci. Impariamo a conoscerci. Solo dopo averlo fatto possiamo cominciare a lavorare sodo e inseguire un obiettivo. Quando la strada è tortuosa, lunga e difficile, è necessario capire profondamente chi siamo (o chi scegliamo di essere), dove vogliamo andare e perché vogliamo andarci. Il resto è studio e allenamento. Basta affrontarli con il giusto mindset. Come con tutto.»
Come fa a parlare romano, milanese e napoletano? Qual è il suo segreto?
«È la stessa curiosità che mi spinge a fare tanti sport diversi. Non c’è nessun segreto: mi diverto! Adesso vivo con due ragazze londinesi, una calabrese e una siciliana. No, non è una barzelletta. Si, le imploro ogni giorno di parlare in dialetto (o in inglese). Attraverso la lingua, la cultura parla, si esprime e comunica la nostra identità. Per me è un modo per conoscere meglio loro e scoprire un po’ di più il mondo. Le lascio una frase di Nelson Mandela che mi piace tanto: “Parlare a qualcuno in una lingua che comprende consente di raggiungere il suo cervello. Parlargli nella sua lingua madre significa raggiungere il suo cuore”.»
Parliamo adesso di Un posto al sole. Il 21 ottobre la soap ha compiuto 25 anni e lei è una delle poche guest che compare nel servizio fotografico insieme ai protagonisti storici. Ci racconti un po’ di questa esperienza…
«Un posto al sole è una grande famiglia. Dopo 25 anni che si lavora insieme, inevitabilmente, si crea un ambiente familiare. Ed è bellissimo, pieno di storia, passione, Napoli. Mi sento fortunatissima a farne parte.»

C’è un ruolo in particolare che le piacerebbe interpretare in futuro?
«In un futuro molto prossimo (e preferibilmente anche presente): quello della studentessa universitaria (ride, ndr), nella vita reale. Riuscire a fare tante cose allo stesso tempo è difficile. Ma sento la necessità di affiancare all’esperienza lavorativa uno studio e una formazione migliore.»
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma. Foto di Giuseppe D’Anna.
Coronavirus
Intervista esclusiva a Carola Stagnaro: «Mi piace leggere, studiare e approfondire le mie...

E’ attualmente tra i protagonisti della fiction “Cuori“, in onda su Rai 1, che lei stessa definisce come un prodotto di altissima qualità, con un cast d’eccezione. Gli appassionati delle soap opera hanno avuto modo di seguirla in “CentoVetrine“, “Vivere” e qualcuno la ricorderà nella prima stagione di “Un posto al sole“. Stiamo parlando di Carola Stagnaro e noi l’abbiamo incontrata in esclusiva per Sbircia la Notizia Magazine!
Con la collaborazione di Sante Cossentino e Roberto Mallò per Massmedia Comunicazione
Carola, attualmente la stiamo vedendo nella fiction Cuori, dove interpreta il personaggio di suor Fiorenza. Cosa le piace oppure no di lei?
“Mi piace la sua energia, la sua efficienza, la sua serietà. Forse non mi piace tanto la sua rigidità su certi argomenti.”
E’ contenta del successo che la fiction sta avendo da parte del pubblico?
“Sono molto contenta del successo che stiamo avendo e penso che sia molto meritato perché i miei colleghi sono bravissimi, la sceneggiatura è molto bella di di questa fiction: c’è questo buon equilibrio tra problemi del cuore e i problemi tecnici del cuore, nel senso degli interventi chirurgici. Quindi penso che sia un bel mix e sia fatto molto bene, è molto bella l’ambientazione, così come i costumi, i trucchi, le scenografie… Gli attori mi sembrano molto bravi e di altissimo livello.”
E col regista Riccardo Donna come si è trovata?
“Con Riccardo mi sono trovata benissimo, è la seconda volta che ho lavorato con lui. Sul set riesce sempre a creare un’atmosfera gioiosa e divertita. Sa benissimo quello che vuole, ha le idee chiare, non perde tempo e nello stesso tempo lascia molto alla creatività dell’attore stesso. Accoglie tutte le proposte che gli vengono fatte e le valuta: se sono buone le accetta. Lavorare con lui è molto piacevole.”
Se le dico Un Posto al Sole, Vivere e Centovetrine che cosa le viene in mente?
“Beh, di “Un posto al sole” ho un ricordo brevissimo. Ero andata per fare da spalla a Patrizio Rispo per il provino che fece per entrare nel cast e lo vinse. Poi da quel momento feci forse 12 puntate, quindi ho un ricordo molto molto limitato. Invece con Vivere e CentoVetrine è stata un’esperienza veramente indimenticabile, molto interessante. Io non avevo mai lavorato in una soap opera, praticamente però ho trovato che fosse con me una compagnia teatrale che però ogni giorno ha un copione diverso. Mi sono divertita molto, è stato molto difficile e faticoso perché ogni giorno si dovevano imparare 30 pagine, quindi si girava tantissimo. All’inizio ero terrorizzata ma dopo mi sono divertita molto, ho anche avuto grande gratificazione per il personaggio che aveva affrontato in “Vivere”, questa cattiva che fu premiata con me personaggio più amato di soap… Quindi è stata una una bella vittoria, perché ero riuscita a trovare il lato anche divertente di questa cattiva, con l’ironia. Ci sono stata per un anno, quindi fu molto molto faticoso ma anche molto gratificante. E’ stato molto piacevole, con i colleghi eravamo diventati come una famiglia. Per quanto riguarda CentoVetrine, lì ci sono stata solo sei mesi quindi è stato più breve ma allo stesso tempo molto intenso.”
Ha fatto tantissimi anni di teatro. Quali sono gli spettacoli che le sono rimasti maggiormente nel cuore?
“Ho fatto tantissimo teatro, quindi devo dire che ogni spettacolo mi è rimasto nel cuore, perché sono tutti figli… Diciamo che ultimamente quello che è stato più coinvolgente, probabilmente per per il lavoro che si fece durante le prove, fu quello con Cristina Pezzoli che fu “Lungo pranzo di Natale”, di Thornton Wilder per il Teatro Due di Parma e la compagnia di Sergio Fantoni. Poi forse “Cabaret” che è l’ultimo che feci sempre al Teatro Due di Parma… Molto bello, era con l’orchestra dal vivo, in mezzo al pubblico che mangiava durante lo spettacolo, insomma era particolare come forma teatrale. Poi vabbè “Le cattive”, il monologo su tutte le cattive del teatro, da quello greco al contemporaneo. E poi altri spettacoli con Piero Maccarinelli, Attilio Corsini e con Antonio Salinas… Insomma, di ogni spettacolo mi è rimasto qualcosa nel cuore.”
E le fiction invece? Ha preso parte a tantissime produzioni…
“Di fiction ne ho fatte veramente tante, anche se ho partecipato come guest star. Diciamo che quelle che mi sono rimaste più impresse sono quelle dove ho avuto al fianco degli attori come Nino Manfredi in “Linda e il brigadiere”, “Il maresciallo Rocca” con Gigi Proietti, “L’olio di Lorenzo” con Tomas Milian e Dominique Sanda… Ecco, mi rimangono appunto impresse per per il collega con cui dovevo condividere la scena, oppure per il personaggio che dovevo affrontare. Per esempio, sempre con Riccardo Donna, avevo fatto “Nebbia e delitti”, un personaggio molto complesso che era una serial killer. Quello me lo ricordo molto bene, è stato bello interpretarlo ed ho avuto anche molta soddisfazione.”
Quando è nata la sua passione per la recitazione? Quando ha deciso di voler fare l’attrice?
“Ho iniziato da giovane con dei gruppi universitari e poi dopo la licenza di maturità, ho deciso di andare a Roma per iscrivermi all’Accademia. Poi però non mi sono potuto scrivere perché ho iniziato subito a lavorare, mi hanno scritturata per uno spettacolo e da lì è iniziata la mia carriera.”
Che cosa le piace fare quando può ritagliarsi un po’ di tempo libero per sé?
“Mi piace leggere, studiare e approfondire le mie tecniche di insegnamento, visto che mi occupo anche di insegnamento teatrale con l’handicap, infatti ho portato a termine un master di due anni ed ultimamente sono operatore pedagogico teatrale. Poi mi piace andare al teatro, al cinema e anche occuparmi di lavori manuali in casa.”
Il mondo dell’arte ha senz’altro risentito dell’arrivo del Covid. Lei come ha vissuto questo periodo?
“Diciamo che ho cercato di usare questo tempo per affinare l’ascolto, per studiare, per fare dei Master, partecipando appunto a tanti corsi e approfondire, anche saper ascoltare in silenzio.”
Ci sono altri progetti futuri di cui può parlarci?
“Sì, ho girato già un film dal titolo “Un mondo fantastico” che uscirà che uscirà più avanti, non so quando però l’ho girato ultimamente. Il regista è Michele Rovini, poi dovrò farne uno di Vittorio Moroni a dicembre, il titolo provvisorio è ‘L’invenzione della neve’.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Marco Bonini: «La recitazione è la mia passione da quando avevo 14...

Marco Bonini inizia studiando danza classica e moderna, ma nel 1991 decide di dedicarsi alla recitazione. Inizialmente frequenta per un breve periodo l’Accademia nazionale d’arte drammatica, successivamente il Centro sperimentale di cinematografia, conseguendo nel frattempo la laurea in filosofia. Alterna il lavoro in teatro a quello in televisione, dove è protagonista di numerose fiction, e al cinema, prima come attore e dal 2000 come produttore e sceneggiatore. Di recente è entrato a far parte del cast della fiction di Rai 1 “Cuori” e noi, spinti dalla curiosità di saperne di più, lo abbiamo incontrato.
Con la collaborazione di Roberto Mallò per Massmedia Comunicazione
Salve Marco, attualmente la stiamo vedendo nella fiction Cuori, dove interpreta il ruolo dell’anestesista Ferruccio Bonomo. Cosa pensa di questo personaggio?
E’ un personaggio che ho amato molto per le sue debolezze. E’ un maschilista anaffettivo che spera di non soffrire per amore anestetizzando il suo cuore come fa con i suoi pazienti, ma avrà, come spero abbia come tutto il genere maschile, da che ricredersi… un cuore anestetizzato non percepisce il dolore, ma neanche l’amore!!!
Cuori ha senz’altro una ricostruzione storica molto dettagliata. E’ soddisfatto di questo aspetto?
Scenografia, costumi e regia hanno fatto un lavoro splendido, metà del nostro successo è dovuto all’impianto visivo della fiction!

E del successo che la fiction sta avendo cosa mi dice?
Non posso che esserne contento nella convinzione che in CUORI hanno lavorato solo professionisti di eccellenza. Nella mia categoria poi è bello essere in un prodotto dove non c’è un collega o una collega sbagliata o acerba o non professionale neanche nei ruoli di supporto. Grande applauso a regia e produzione che hanno sostenuto e perseguito una politica di cast di altissimo profilo, anche nelle micro scene di passaggio. Anche l’attore che dice una battuta è preparato per fare il protagonista. Questa è una scelta di politica aziendale che mi onora come intererete e onora tutta la categoria.
La regia è a cura di Riccardo Donna. Come si è trovato a lavorare con lui? Le era già capitato di incontrarlo su un set?
Con Riccardo ci siamo conosciuti su “le ragazze di piazza di Spagna”… non starò qui a ricordarvi il numero di anni che sono passati!
Passiamo a lei come attore. Quando ha deciso di approcciarsi a questo mestiere?
Nel lontano 1985, a 14 anni… decisi di raccontare storie per vivere, storie raccontate con le parole, scrivendo, con il corpo, ballando e con la voce, cantando e recitando… e sono qui che la penso ancora così!

Tra i tanti film e fiction che ha interpretato, quali ruoli le sono rimasti di più nel cuore?
Ovviamente Marcello il tassinario di ”Le ragazze di Piazza di Spagna” ha segnato la mia vita, come ruolo che mi ha presentato al mercato… ma poi sono tanti i ruoli che mi hanno sedotto, a teatro Enea Retalli ne “Quer pasticciaccio di via merulana” diretto da Ronconi, Jean della Signorina Julie diretto da M. Margotta. Il mio Mr Dago Show che sto portando in scena a gennaio. Al cinema Genziano di 18 anni dopo, il primo film diretto da Edoardo Leo che abbiamo scritto e interpretato insieme, fino al più recente prof Bolle di Smetto quando voglio.
E se le dico Un Posto al Sole cosa le viene in mente?
Gli insulti delle signore del mercato di Testaccio, dove faccio la spesa, perché il mio personaggio tradiva Marina… IO FACCIO L’ATTORE SIGNORA. MARINA NON ESISTE, è UNA MIA COLLEGA! Adoro il livello di immedesimazione nelle soap opera, non c’è più confine tra realtà e finzione.

A quali progetti si sta dedicando in questo periodo?
Sono reduce di una bellissima proiezione al Festival di Roma del documentario di Edoardo Leo “luigi proietti in arte Gigi” che ho scritto con Edoardo, e in primavera uscirà con La Nave di Teseo il mio nuovo Libro “L’arte dell’esperienza” , un saggio di filosofia della recitazione che Michela Marzano ha premiato con il Premio Inedito colline di Torino 2020 nella sezione saggistica. Ho cercato di raccontare la funzione pubblica del nostro lavoro e della tecnica. Imparare a recitare dovrebbe essere una materia scolastica curricolare, perché aiuta l’alfabetizzazione emotiva di tutta la popolazione. Imparare a gestire le emozioni è come imparare la grammatica italiana, ha una tecnica e una linguistica e va esercitata esattamente come si esercita un interprete professionista.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva ad Andrea Arru: «Ho ancora tanto da imparare dagli attori adulti ed...

Andrea Arru, classe 2007, è tra i protagonisti della miniserie Storia di una famiglia perbene, in onda ogni mercoledì sera su Canale 5. Ma nonostante la sua giovane età, sta già dimostrando di avere talento e noi lo abbiamo intervistato in esclusiva per il pubblico di Sbircia la Notizia Magazine.
Con la collaborazione di Roberto Mallò per Massmedia Comunicazione
Ciao Andrea, partiamo da una domanda semplice. Come ti sei avvicinato al mondo della recitazione?
E’ successo quando avevo 8 anni. Erano stati pubblicati diversi articoli di stampa sulla mia attività di modello e testimonial per la linea Armani Junior e la Scuola Civica di Cinema di Sassari chiese ai miei genitori se avrei potuto recitare in un cortometraggio da loro prodotto. Non avevo idea di cosa significasse recitare in un film e non avevo mai pensato ad una cosa del genere. Dissi ai miei che però l’idea mi piaceva ed in effetti fu un’esperienza molto divertente. Da allora non ho più smesso ed ho iniziato a studiare sia dizione che recitazione, teatrale prima e cinematografica poi. Al Teatro Civico di Sassari facemmo il sold out con “Più pazzi che briciole di pane” della Compagnia teatrale Bobòscianel di Laura Calvia e Daniele Coni: grandissime emozioni e bellissimi ricordi!

Arriviamo all’impegno televisivo che ti vede, attualmente, ogni mercoledì sera in prima serata su Canale 5. Interpreti infatti Michele Straziota in Storia di una famiglia perbene. Per quel che possiamo raccontare, che cosa ti piace di lui?
Beh Michele mi somiglia tantissimo. E’ una fortuna interpretare qualcuno in cui ti riconosci nel carattere, perché è sicuramente molto più semplice. E’ un buono costretto a ribellarsi ad una famiglia e ad un ambiente sociale che lo vorrebbe far crescere come un criminale, cosa che avrei fatto anche io. Ho un temperamento ribelle e non accetto imposizioni, esattamente come Michele. Prende tante “mazzate” ma non cede, risponde a muso duro a chi tenta di imporgli la dura legge del racket e sa fare scelte coraggiose. Ama teneramente la sua Maria, che salva e protegge, allontanandosi da lei perché non sia coinvolta nelle sue vicende familiari, ma poi ne rimane inevitabilmente attratto ed i due si ritrovano innamorati perdutamente.
Sicuramente la fiction tocca degli argomenti molto forti, nel corso delle sue quattro puntate.
Mi è stato raccontato che Bari, e Bari vecchia in particolare, negli anni ’80 era davvero pericolosa. Bande di criminali imperversavano guadagnando col traffico di stupefacenti, che si aggiunse al contrabbando di sigarette. I loro metodi per imporre il controllo del territorio erano spietati e la fiction li descrive fedelmente, a volte con crudezza. Fortunatamente oggi la realtà di Bari è molto diversa ed oggi è una città sicura per i suoi abitanti e per i numerosissimi turisti. Anche le discriminazioni sociali che Maria deve affrontare quando viene ammessa alla scuola privata rispecchiano fedelmente le spaccature che realmente esistevano fra la popolazione.
Sei giovanissimo, ma hai già interpretato diversi personaggi. Quali ti sono rimasti maggiormente nel cuore?
Oltre a Michele, anche Guido (Raoul Bova da adolescente) in “Buongiorno mamma” è stato un bel ruolo, anche lui ribelle e coraggioso, che sa reagire ad un padre aggressivo per difendere soprattutto sua madre. Pino poi, il bambino emofiliaco di “Glassboy”, che trova nell’amicizia la sua ancora di salvezza per affrontare la vita.

Hai già qualche sogno nel cassetto?
Vorrei tanto proseguire in questo lavoro. Ho ancora tanto da imparare dagli attori adulti ed esperti e devo crescere e studiare tanto. I piedi devono sempre stare ben piantati per terra ed i sogni usciranno dal cassetto quando sarà il momento.
A proposito di amici e sacrifici per il lavoro, cosa ti piace fare quando hai un po’ di tempo libero per te?
Appena ho tempo esco con gli amici e faccio un po’ di palestra per tenermi in forma. Ma il tempo è veramente pochissimo, tra lo studio per la scuola ed il lavoro sul set.
Ci sono già dei progetti lavorativi di cui puoi parlarci?
Ora sono sul set qui a Roma, per una serie tv. Ma non posso parlarne perché è un progetto top secret. Fino a fine anno questo è il mio impegno. Ci sono due altri lavori già calendarizzati, di cui uno all’estero. Di più non posso proprio dire.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Benedetta Valanzano: «Ho imparato a vivere giorno dopo giorno»

Nata a Napoli nel 1985, Benedetta Valanzano cresce nella città partenopea insieme ai genitori e alla sorella maggiore Maria Elena. Qui nasce e cresce la passione per la recitazione e per la musica, passione che la porterà a studiare nel tempo e sempre con l’appoggio incondizionato della famiglia sia arte, sia teatro e sia canto.
Gli studi affrontati con impegno danno d’altronde i loro frutti: la carriera di Benedetta, infatti, può vantare un curriculum artistico non solo estremamente ricco ma altrettanto eterogeneo nelle tipologie di esperienza.
Per quanto la notorietà al grande pubblico, è conosciuta per la sua partecipazione a molte fiction televisive di grande successo: “Carabinieri 3”, “Elisa di Rivombrosa 2”, “R.I.S. Delitti imperfetti”, “Un posto al sole”, “La nuova squadra”, “Don Matteo”, “Capri 2”, “I Cesaroni” e “Rex”. Le esperienze della Valanzano hanno spaziato in questi anni dal cinema ai videoclip, dalla radio alle serie web, dalla musica fino al cinema e al teatro.

Il suo eclettismo non la ferma neppure davanti al talent-show Ballando con le Stelle, a cui partecipa come concorrente nel 2010, lo stesso anno fortunato in cui va in scena insieme a Massimo Ranieri e Mariangela Melato, in “Filumena Marturano”.
Oggi Benedetta Valenzano si muove attraversando, come in tutta la sua vita professionale, tutte le discipline che l’hanno formata e resa celebre al grande pubblico, senza disdegnare semplici interventi come ospite in diversi programmi televisivi.
Nella vita privata Benedetta Valenzano è sposata da fine 2017 con Vittorio Ciancio, un avvocato civilista, con il quale dal 2019 ha una bimba, Anita. E per i lettori di Sbircia la Notizia Magazine, ecco un’intervista esclusiva!
Una napoletana non può non essere legata alla sua città vita natural durante: qual è il suo rapporto con Napoli?
“Io ho un rapporto indissolubile non solo con Napoli, ma con tutta la Campania. Sono nata a Castellammare di Stabia, ho vissuto a Caserta e vivo a Napoli… Ho sempre portato nel mio lavoro un pezzo della Campania e nella mia vita i ricordi d’infanzia sono legati a questa mia terra..”
Chi cucina in casa?
“Io, mia mamma e mia suocera… Anita usa il dido’.”

Con una community di oltre 10mila followers su Instagram e oltre 3500 sulla sua pagine Facebook personale, lei è certamente una persona che non si sottrae alle dinamiche social degli ultimi anni. Qual è il suo rapporto con questi strumenti di condivisione?
“Li uso con parsimonia, nonostante la mia voglia di condivisione. Seleziono sempre i contenuti, peso molto le parole e gli argomenti da trattare: chi si espone ha sempre una responsabilità. Però leggo tutto di tutti, sono più una finestra sul mondo per me.”
La sua è stata una carriera lunga e disseminata di soddisfazione, probabilmente anche di sacrifici, però: ora che ha una figlia, se la sentirebbe di assecondarla se -un domani- volesse seguire la sua strada?
“Le consiglierei di studiare, studiare e studiare… ed avere sempre altri interessi collaterali.”
Qual è stata la sua più grande soddisfazione professionale?
“Tutte mi hanno dato tante soddisfazioni: partendo da Upas, alla Nuova Squadra, Ballando, il teatro con Salemme, Ranieri, il Sistina, Lillo & Greg… devo continuare? (ride, ndr)”

E nella vista privata?
“La mia famiglia, mia Figlia…”
Il grande pubblico l’ha conosciuta in televisione grazie alle tante fiction: ce n’è una, o più di una, a cui è particolarmente affezionata?
“Come dicevo tutte, ma in particolare modo Upas: è stato il personaggio, Valeria, più lungo e complesso che abbia interpretato in tv.”
E un personaggio del cuore che ha interpretato e che ricorda con particolare tenerezza?
“Tenerezza? Proprio Valeria… Un gattino randagio la definirei.”
Lei ha avuto l’opportunità di lavorare in teatro con mostri sacri della recitazione: il teatro resta sempre il primo amore, non è così?
“Si, è così. Poi ho scoperto la commedia Musicale, ma è lo stesso amore.”
Si ricorda di aver ricevuto durante la sua carriera una critica faticosa da accettare?
“Mi chiamavano ‘Castorina’ per via del mio sorriso un po’ pronunciato… avevano anche ragione, non piaceva neanche a me, infatti ho provveduto. (ride, ndr)”

Dove si vede tra 10 anni?
“Non corriamo, mi mette l’ansia questa domanda! Ho imparato a vivere giorno dopo giorno.”
Immagini di scrivere oggi a sua figlia un biglietto, che lei troverà per caso tra 20 anni: cose le scrive?
“Quello che le dico sempre: ridi amore mio, sii fiera di te, della tua libertà di emozionarti ed emozionare, di stupirti. Prenditi cura della la tua intelligenza emotiva e ricorda sempre, anche se mamma non la vedi, mamma c’è.”
Ci lascia qualche anticipazione su quelli che sono i suoi progetti presenti e futuri?
“Ci stiamo lavorando: spero in una ripresa a teatro, intanto in Radio con Lillo e Greg 610 su Radio 2. Inoltre mi vedrete prossimamente in una fiction ma per ragioni contrattuali, al momento, non posso rivelare ancora alcun dettaglio.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Giorgio Borghetti: «Il contatto diretto con il pubblico è...

Attore a teatro e in televisione, doppiatore e addirittura direttore del doppiaggio italiano: stiamo parlando di Giorgio Borghetti, volto noto tra gli appassionati di fiction italiane.
Una doppia carriera, quella di Borghetti, che in certi periodi ha viaggiato in parallelo: il doppiaggio è stato il primo amore, e la passione è sorta da giovanissimo, tanto che è sua la voce di Benji, uno dei due personaggi del cartone animato di Holly e Benji, due fuoriclasse. Ma anche sua è quella del protagonista di E.T. L’extra-terrestre (1982), voce che continuerà a prestare ad Atreyu, protagonista dell’indimenticato film La storia infinita (1984). Altri film conosciuti al grande pubblico in cui compare nel doppiaggio, Taron e la pentola magica (1985), L’attimo fuggente (1989) e Molto rumore per nulla (1993). Borghetti è stato anche la voce Brian Austin Green, che nella serie interpretava David, in Beverly Hills 90210 e del vampiro Spike nella serie Buffy l’Ammazzavampiri.
A 25 anni viene folgorato sulla via di Damasco da una possibile carriera come insegnante di sci, ma la parentesi sarà breve, e Borghetti comincerà a dedicarsi a tempo pieno alla televisione e al teatro.

Nel suo curriculum televisivo, quello che gli ha dato la fama che ha oggi, lo troviamo protagonista di alcune delle fiction TV più seguite: Incantesimo, Cuccioli, Tutti i sogni del mondo, Carabinieri, Le ragazze di San Frediano, La figlia di Elisa – Ritorno a Rivombrosa.
Dal 21 febbraio 2015 ha preso parte come concorrente alla terza edizione di Notti sul ghiaccio, in onda in prima serata su Rai 1, approdando in semifinale. Nel settembre 2019 entra a far parte della serie pre-serale che da oltre 15 anni è sopra ogni dubbio la più amata dagli italiani, Un posto al sole: qui interpreta Fabrizio Rosato, un imprenditore attivo nel settore della panificazione che troverà in Marina un’utile, quanto difficile da gestire, alleata per scoprire alcune verità non dette della sua vita. A partire dalla puntata del 23 agosto 2021, appare nella sigla di apertura insieme ai personaggi storici. Per i lettori di Sbircia la Notizia Magazine, ecco la nostra intervista esclusiva!
Ha iniziato prestissimo, era praticamente un bambino, l’esperienza del doppiaggio: come si è avvicinato a questo mondo?
“Mi sono avvicinato al mondo del doppiaggio perché le figlie di un’amica della mia nonna materna facevano doppiaggio. Io ero un ragazzino sveglio, vivace e intonato e quindi mi hanno fatto provare.”
Tra tutti i protagonisti dei film in cui è stato doppiatore, ci cono due personaggi che resteranno nel cuore di tutti i bambini ancora per molte generazioni: Elliott di E.T. L’extra-terrestre e Atreyu di La storia infinita. Che ricordi ha di questi due personaggi bambini, che avevano più o meno la sua età?
“Elliott l’ho doppiato quando avevo 10 anni. È stato il sogno di tutti i bambini poter parlare con un extra terrestre e quindi è stato anche il mio di sogno. È stata la mia prima lavorazione importante e vi posso dire che l’urlo del bambino quando passano sulla luna l’ho praticamente inventato io perché in originale era diverso e il “Resta qui” alla fine del film l’ho ripetuto 35 volte perché non si trovava l’intenzione giusta. Atreyu l’ho doppiato che avevo 15 anni. È affascinante doppiare l’eroe che deve salvare un mondo che rischia la fine. Particolarmente difficile e commovente è stata la scena in cui Artax, il suo cavallo, si lascia andare nella palude della tristezza. La direttrice di doppiaggio Fede Arnaud, per rendere il più possibile vera la scena in cui Atreyu tira il cavallo, mi ha realmente tirato per farmi riprodurre quello sforzo.”
Il teatro è una passione che difficilmente si lascia: ha mantenuto i contatti con quel mondo?
“Se un attore ti dice che il luogo in cui preferisce stare non è il teatro, a mio modesto modo di vedere, non è un attore. Il teatro è vita, il teatro è passione, il teatro è fatica, il teatro è sudore. Non vedo l’ora di tornare su quel palcoscenico perché il contatto diretto con il pubblico è un’emozione unica.”
Come tanti, abbiamo trovato curiosa questa parentesi sportiva dell’insegnante di sci, in mezzo alla carriera di doppiatore e attore: ci vuole raccontare com’è arrivata?
“Il mio papà ha portato sia me che mio fratello sulle piste da sci quando avevamo 4 anni e quindi lo sci ce l’ho nel sangue. Dopo tanti anni, chiuso dentro le sale di doppiaggio, all’età di 25 anni, ho avvertito l’esigenza di “stare all’aria aperta” e ho pensato di tramutare la mia passione per lo sci in un vero e proprio mestiere. Un mio carissimo amico, Fabietto, maestro di sci abruzzese, però mi disse che c’è una bella differenza tra farsi una giornata sulle piste da sci a livello amatoriale e lavorare sulle piste da sci per otto ore con il 90% degli allievi principianti e l’80% di questi bambini, sotto il sole, la neve, il ghiaccio, il freddo, la pioggia, il vento. Quindi alla fine e per fortuna ho soprasseduto e ho continuato a fare l’attore.”

Il grande pubblico l’ha conosciuta in televisione grazie alle tante fiction: ce n’è una, o più di una, a cui è particolarmente affezionato?
“Sicuramente la prima in cui ero il protagonista maschile, Incantesimo, poi Carabinieri perché è stata la prima fiction che ho girato per Mediaset e anche lì ero il protagonista maschile, e poi La figlia di Elisa – Ritorna a Rivombrosa, perché è stato il mio primo ruolo da cattivo.”
E un personaggio del cuore che ha interpretato?
“C’è un ruolo che ho interpretato nella fiction Cuccioli per la regia di Paolo Poeti al quale sono molto affezionato perché è il ruolo di un uomo che rimane vedovo e deve occuparsi da solo della figlia di cinque anni. È stato molto impegnativo ed emozionante.”
Un Posto al Sole l’ha accolta a braccia aperte nel 2019: la soap opera, che accompagna le cena degli italiani dal 1996, era già un progetto rodato e funzionante, quando è arrivato. Ha avuto paure che l’introduzione del suo personaggio potesse destabilizzare?
“Un Posto al Sole è una serie televisiva che va in onda da più di 25 anni e quest’anno festeggiamo le nozze d’argento con il pubblico italiano. In questi anni spesso si sono inseriti nuovi personaggi che si sono relazionati con i protagonisti e che poi a loro volta sono diventati punti di riferimento della serie. Se la produzione e la scrittura hanno ritenuto opportuno inserire un personaggio come quello che io interpreto l’hanno fatto perché potesse fare breccia sul pubblico e così è successo.”
Sappiamo che un romano difficilmente non ama Roma: che rapporto ha con la sua città?
“Io sono romano di nove generazioni, da parte di padre, e quindi rispondo a questa domanda con una frase che diceva sempre mio nonno paterno e che ritengo esaustiva “Roma è Roma”.”

Qual è stata la sua più grande soddisfazione professionale?
“Vedere mio figlio alzarsi in piedi in platea al Teatro Duse a Bologna insieme alla sua classe e applaudirmi con un sorriso stampato sul suo giovanissimo volto orgoglioso del suo papà.”
Si ricorda un complimento particolarmente apprezzato e ricevuto durante la sua carriera?
“Inverno del 2018 all’uscita del Teatro Gioiello di Torino da una pomeridiana della domenica una signora molto elegante mi ha fermato e mi ha detto “Io ho seguito tutte le sue fiction e apprezzo molto come lei lavora in televisione però le dico che lei è nato per stare su quel palcoscenico”.”
E una critica?
“Più che una critica uno sberleffo ricevuto da una regista che si è rivelata una persona molto spiacevole. Ero agli inizi della mia carriera e fino ad allora avevo praticamente fatto soltanto doppiaggio. Vedendo il mio curriculum lei disse “Buongiorno sono un doppiatore” impostando la voce in maniera gratuitamente sarcastica. Risultato: la regista non lavora più, io sono ancora qui.”
Dove si vede tra 20 anni?
“In giro per i teatri d’Italia interpretando i ruoli che un attore settantenne con ormai sessant’anni di esperienza può interpretare.”

Per finire, ci lascia qualche anticipazione su quelli che sono i suoi progetti presenti e futuri?
“Da febbraio 2021 il cortometraggio che ho prodotto e interpretato “CAPTAIN T – La condanna della consuetudine” è distribuito da PREM1ER FILM in tutti i Festival più importanti italiani e internazionali. Finora ho ricevuto 3 premi come Miglior Attore e tanti altri premi nelle varie categorie. Il regista e autore, Andrea Walts, ha già scritto la sceneggiatura del film tratto dal questo corto e il nostro obiettivo è realizzarlo.”
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma. Foto di Giuseppe D’Anna.
Interviste
Intervista esclusiva ad Edoardo Siravo: «Il Teatro è la mia grande passione»

Il pubblico televisivo lo ricorda senz’altro per il ruolo del commissario Vincenzo Leoni nella fortunata soap Vivere, trasmessa per tanti anni su Canale 5, ma il poliedrico attore Edoardo Siravo ha alle spalle una prestigiosa carriera teatrale, visto che è stato il volto di tante opere e ne ha diretto altrettante. Una vita vissuta sul palco e sul set che lo porterà, nei prossimi mesi, il giro invernale di Prometeo, l’opera di Eschilo, e ad essere nel cast de Le Fate Ignoranti, la serie di Ferzan Ozpetek tratta dall’omonimo film. Tutti impegni di cui Siravo ci ha parlato in questa intervista, che ha concesso in esclusiva per Sbircia la Notizia Magazine.
Con la collaborazione di Roberto Mallò per Massmedia Comunicazione.
Edoardo, è nel cast della serie tratta dal film Le Fate Ignoranti. Quale sarà il suo ruolo?
“Il mio ruolo è quello di Valter, un amico del gruppo della Terrazza delle Fate. L’amico anziano, che assieme a Serra dispensa consigli e ironia ai più giovani”.

Grazie a Valter, ha potuto tornare a lavorare con Ferzan Ozpetek. Che rapporto ha instaurato con lui?
“E’ la seconda volta che lavoro con Ferzan Ozpetek e il rapporto lavorativo è estremamente positivo; apprezzo molto il suo modo di condurre gli attori verso gli obiettivi che desidera raggiungere”.
Altra sua passione è il teatro. Immagino si stia preparando al meglio per la prossima stagione, no?
“Sì, il Teatro è la mia grande passione. Per la prossima stagione, sto preparando un giro invernale con Prometeo, testo classico di Eschilo, che parla dei valori più importanti alla base dell’essere umano”.
Tra i tanti spettacoli teatrali che fatto, sia come attore e sia come direttore, quali hanno caratterizzato maggiormente la sua carriera?
“E’ difficile stabilire quale o quali spettacoli mi hanno meglio caratterizzato. Direi che i circa 200 spettacoli che ho portato in scena hanno al loro interno, ciascuno di loro, una parte di me. Anche i percorsi della lirica che fortunatamente ho potuto affrontare, hanno certamente contribuito ad un mio arricchimento personale e professionale”.

Il pubblico televisivo la ricorda soprattutto per il ruolo del commissario Vincenzo Leoni in Vivere. Che esperienza è stata quella nella soap?
“Ricordo ancora con gioia il periodo di Vivere, che ho vissuto con intensità e passione, confrontandomi per 10 anni circa e quotidianamente con il pubblico televisivo, dal quale ho avuto enormi riscontri e spero quindi di aver lasciato un bel ricordo”.
E’ anche Presidente della fondazione Piccolomini. Di cosa si occupa?
“La Fondazione Nicolò Piccolomini, che nasce da un lascito testamentario a favore degli attori indigenti, si occupa, appunto, di aiutare e sostenere gli attori meno fortunati. L’incarico di Presidente comporta grande impegno e responsabilità, che rivesto con gioia cercando di stare vicino a questa nostra categoria che è molto spesso lasciata in disparte”.
Ci sono altri progetti futuri di cui può parlarmi?
“Ho già accennato alla ripresa invernale di Prometeo e all’uscita della serie de Le Fate Ignoranti. Ci sono altre idee e progetti ma preferisco parlarne più avanti”.

Sua figlia Silvia, ha seguito le sue orme, tant’è che è un’attrice sempre più apprezzata. E’ orgoglioso di lei?
“Certo che sono orgoglioso di Silvia, che sta seguendo questa professione con estrema serietà e passione, accompagnata da indubbio talento e tenacia”.
Se le dico Nazionale Italiana Attori fondata da Pier Paolo Pasolini, cosa mi risponde?
“Sono stato fino a pochi giorni fa, e per più di 10 anni, Presidente della Nazionale Attori fondata da Pierpaolo Pasolini, che si occupa di beneficenza da più di 40 anni. Ho dovuto lasciare l’incarico, seppur prestigioso, per impegni sopraggiunti, tra i quali il ruolo di Consigliere d’amministrazione del NUOVO IMAIE.
Oltre alla recitazione, ha qualche altra passione?
“Mi piace molto cucinare e ricercare sempre nuovi prodotti, nuovi cibi e nuove ricette. Sono stato per tanti anni un buon giocatore di tennis e la racchetta non è ancora appesa al chiodo”.
Interviste
Intervista esclusiva ad Elena Starace: «Se potessi tornare indietro, mi piacerebbe...

Campana e giovane, Elena Margaret Starace ha già alle spalle, e che spalle, una carriera assolutamente invidiabile.
Nata nel 1989, Elena Starace studia per molti anni danza classica e jazz, per scoprire una forte passione per il mondo della recitazione. Comincia a studiare e porta a termine l’Accademia di Arte drammatica Eutheca di Cinecittà, che le dà la possibilità di avvicinarsi alle prime audizioni e ai primi provini. Il suo esordio nel 2013 come attrice TV nella fiction di Canale 5 Benvenuti a Tavola, ma sarà il 2014 e il suo personaggio, Noemi, all’interno della serie TV Gomorra ad acclamarla definitivamente presso il grande pubblico.
Gli spettatori di Un posto al sole la ricorderanno per aver interpretato, tra il 2015 e il 2016, il personaggio di Giada Ascione, ma molti avranno ancora in mente il suo ruolo nei panni di Teresa Capuano in Per amore del mio popolo, miniserie televisiva diretta da Antonio Frazzi e basata sulla vita di don Peppe Diana, il presbitero assassinato dalla camorra a Casal di Principe nel 1994.

Forse non tutti sanno che Elena è anche scrittrice: qualche anno fa, precisamente nel 2016, ha dato alla stampa il suo romanzo d’esordio per Anime pezzentelle, nel quale racconta la storia di una famiglia napoletana che si trasferisce per necessità negli Stati Uniti dopo la guerra, abbandonando radici e amori in cerca di fortuna. Oggi Elena, dopo aver dipinto con la sua opera prima un meraviglioso affresco della società italiana nel secondo dopoguerra, è al lavoro sul suo secondo romanzo, Uccia.
Nel suo curriculum artistico figurano anche due film tv, Fandango Limbo, in cui interpreta Imma, e Vita cuore battito, dove è Denise.
Fino ad arrivare ad oggi, dove Elena è uno dei personaggi più attesi della serie “I Bastardi di Pizzofalcone 3”, l’amatissima serie Rai per la regia di Monica Vullo e con Alessandro Gassman come protagonista indiscusso. Noi l’abbiamo incontrata e in esclusiva per voi, ci ha concesso una piacevole ed interessante intervista!
La prima domanda ci sorge spontanea e non può essere che questa: qual è il suo rapporto con la sua terra?
La Campania, la nostra lingua, le nostre maniere, il modo di articolare pensieri, azioni e relazioni sono l’utero in cui nasco come donna e come attrice. Tutto in me è legato a Napoli e della città, della sua cultura mi alimento costantemente.
Lei ha iniziato a studiare recitazione molto presto, a 12 anni: c’è un episodio in particolare che ricorda di quegli anni?
La sensazione, chiarissima in me sin dal principio, di essere entrata in un cerchio magico. Stavo apprendendo un linguaggio sconosciuto fatto di chiavi di significato per comprendere il mondo molto più in profondità. Entrare nella sala o nelle sale dei diversi laboratori che ho frequentato, era, tutte le volte, una spinta a conoscermi ed evolvermi.

Ci racconta il suo percorso artistico?
La Danza prima, il Teatro poi, tanta lettura, in ogni fase, col desiderio irrefrenabile di capire l’animo umano. Potrei dire che il mio percorso artistico inizia e prosegue con la curiosità, l’osservazione, la ricerca.
“Un posto al sole”, “Gomorra”, e “I Bastardi di Pizzofalcone 3”: è riuscita con la naturalezza più vera a interpretare ruoli molto distanti: come si prepara?
Lavoro sul dialogo tra testo, corpo e intenzioni del personaggio nella prima fase e in un secondo momento medio la mia proposta con le indicazioni e la visione del/della Regista.
Ha incontrato molti attori e registi, donne e uomini, nella sua carriera: c’è qualcuno a cui è rimasta particolarmente affezionata?
Alla bellissima e bravissima Lorenza Indovina.

É vero che le amicizie sul set sono difficili da far nascere e mantenere?
Da mantenere, più che altro. Il set è un microcosmo a sé in cui tutto è amplificato e le regole del tempo e dello spazio sono autonome rispetto a quelle dell’esterno. E’ facile capire, che una volta fuori, la vita, poi, va avanti di corsa ed è facile perdersi.
Se non avesse fatto l’attrice, oggi che professione farebbe secondo lei? (Ballerina non vale!)
La Storica. Se potessi tornare indietro, mi piacerebbe prendere una laurea in Storia e Filosofia.
Ormai sappiamo che sarà anche uno dei volti de I Bastardi di Pizzofalcone 3. Sono uscite già alcune anticipazioni, può raccontarci cosa succederà nelle prossime puntate e come sarà il suo personaggio?
Innanzitutto spero che il pubblico abbia apprezzato l’episodio di ieri sera e che si sia divertito a scoprire chi fosse l’assassino, così come io mi sono divertita a interpretarlo. Alvia Valletta è stato un personaggio particolare da portare sul piccolo schermo. Io ho dei lineamenti delicati, una corporatura minuta e quando capii di aver vinto il provino per il ruolo dell’assassino di episodio pensai “ok, sarà perché sono insospettabile”. E mi sono impegnata affinché il personaggio risultasse così: insospettabile, fino all’esplosione finale della verità.

Ci lascia qualche anticipazione su quelli che sono i suoi progetti presenti e futuri?
Con grande emozione sono presente nel film di prossima uscita al Cinema “I Fratelli De Filippo” di Sergio Rubini e a breve inizierò le riprese della serie Rai “Ultimo Spettacolo”.
Domanda pistola alla tempia: tra Giada Ascione di “Un posto al sole” e Noemi di “Gomorra”, chi butta dalla torre e perché?
Noemi. Con la pistola alla tempia però, eh! Salvo Giada perché è un personaggio con una bella evoluzione. Nasce chiuso, aggressivo, se vogliamo negativo e grazie all’aiuto di Franco, di Angela, scopre un diverso lato di sé, acquista fiducia nelle proprie capacità e si apre alla possibilità di un destino diverso.
Per finire, quali sono i valori più importanti nella sua vita, a cui non rinuncerebbe per nessun motivo?
L’educazione, l’empatia come esercizio costante, l’ascolto e il rispetto, la dignità e la gentilezza ma anche, sempre, il diritto alla ribellione.

© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Coronavirus
Intervista esclusiva a Guia Jelo: «Io voglio che i miei figli siano fieri di me»

L’attrice siciliana poliedrica Guia Jelo è impegnata, in questi mesi, su diversi set, ma non dimentica il suo amore per il teatro, dato che è anche direttrice artistica per Videobank del teatro Nino Martoglio a Benfasso (CT). Un amore, quello per la recitazione, che ha ripercorso insieme a noi nelle pagine di Sbircia la Notizia Magazine.
Con la collaborazione di Roberto Mallò per Massmedia Comunicazione.
Guia, il prossimo 30 dicembre uscirà il film La Befana Vien di Notte 2 – Le Origini. Qual è il suo ruolo? Chi sono gli altri attori che fanno parte del cast?
“La Befana Vien Di Notte 2 – Le Origini è un film pieno di fantasia, di forza espressiva, interpretativa. Tutto quello che io ho studiato con Strehler, il mio passato, tutto il mio percorso di ragazzina. Sembro una bambina matta in questo ruolo, Donna Isa. Sono molto attaccata all’estro di Paola Randi, che è la regista, che è molto nella mia traiettoria, nelle mie corde, e soprattutto, anche in tandem, con Nicola Guaglianone che è l’autore, colui che mi ha voluto. Però io so che è stata una richiesta da parte del mio <<maritino>>, dove abbiamo un rapporto tutto di liti, buffo e strano. E’ una coppia molto comica, sulle righe, che definirei iperbolica. Marito interpretato da Alessandro Haber, mio fraterno amico. Persona e artista amato dalla mia famiglia e da me, come se lui lo sapesse anche se non glielo ho mai detto. Lui mi ha suggerito alla Lucky Red. Tra gli interpreti, quello che più conta è che Monica Bellucci è una particolarissima befana, tutta nostra e italiana, vestita da una costumista strepitosa, che è Mary Montalto. La nomino perché quando mi ha vista arrivare alla prova costumi le è preso un colpo, perché si aspettava, e così era scritto nel personaggio, un donnone, un femminone, giunonico, matrona romana, e invece è arrivata questa mosca, una donnina . E’ un ruolo comico, chiaramente, a cui sono molto affezionata. Anche perché mi ha fatto scoprire, già sapevo di essere amata, da Haber”.

So che era la prima volta che lavorava con Fabio De Luigi. Come si è trovata con lui?
“Fabio De Luigi è una persona leggera come le nuvole, delicata, tiepida, come quel sole di maggio sul mare di Acitrezza. Mi commuovo. E’ così che lo dipingo. Nello stesso tempo è una forza, un impeto. E’ un uomo molto sensuale, molto forte, molto giusto, molto saggio. Io ho fatto tante mamme di tanti attori, più o meno importanti. Tutti i miei figli d’arte li ho amati tanto, come la Arcuri, di cui sono stata madre tre volte. Comunque sia, questa maternità con Fabio De Luigi mi è venuta nuova perché mi sono sentita di avere un figlio, perché lui mi ha fatto sentire così veramente, e di averlo avuto da ragazzina. Non mi ha mai fatto sentire vecchia sul set. E’ stato sempre molto galante. Sia sul piano umano, diciamo spirituale del sentimento, e quando dico sentimento non intendo i luoghi comuni dell’attrazione del sesso, assolutamente no. Per sentimento io intendo che investe il volersi bene con l’anima. Lui mi ha dato il rispetto della mia anzianità facendomi sentire però una sua coetanea. Mi ha dato il rispetto di chi ha un curriculum e una vita immensa artistica, ma nello stesso tempo, a livello suo, che è noto ed io non tanto. Non lo diventerò con questo film? E non importa, ho comunque fatto un bellissimo film. La voglia di successo e di sfondare c’è, di diventare per un attimo famosi anche alla mia età, lo ammetto, ma quello che apre la chiave e la porta del mio lavoro è che io voglio che i miei figli siano fieri di me. Voglio che pensino: ‘ La nostra mammina, quando eravamo piccoli, era sempre in giro per i teatri però adesso guarda che è diventata’. Questo conta”.
E’ anche protagonista di “Lupo bianco”, che è inserito nel ciclo legalità e temi sociali e umanitari per il MIU. Non a caso parla della vita del filantropo cavaliere al merito della Repubblica Carlo Olmo. Ci può parlare meglio di questo progetto?
“Non esattamente , il protagonista è’ Sebastiano Somma (al fianco di Morgana Forcella che interpreta il ruolo del cavaliere Carlo Olmo ) . Io interpreto un bellissimo cameo in un suo sogno , un’arcana realtà cinese . Quello che mi piace di questo personaggio è che lui ci ha voluto raccontare questa storia, perché è vita e non un romanzetto, con un film forte che ci motiva. Ma ci tiene a precisare, con una mitezza e una modestia, che non è un eroe. Lui dice che è un uomo normale. Tutti gli uomini dovrebbero fare quello che ha fatto lui. Anche lui mi apprezza perche’ anche Io sono Cavaliere per motivi artistici , perché ho fatto un po’ di volontariato, che preferisco solo accennare, ma anche io penso che sia normale potendolo fare. Non biasimo chi non fa niente; a volte si sta male e non si può. Però lui dice di essere un uomo normale”.
A quali altri lavori si sta dedicando in questo periodo?
“Sto finendo di girare, con moltissima felicità, Le Più Belle Frasi di Osho con lo Neri Marcorè per il quale, per i sentimenti che provo per lui e la grande ammirazione umana, tralascio quella artistica ma non la sottovaluto , mi ci vorrò dedicare , in un ‘intero articolo parlando solo di lui. Scandagliando la sua personalità con il suo ingresso nel mio cuore , lo adoro dalla testa ai piedi . E la regia è’ di Laura Moscardin. Verrà distribuito da RaiPlay. Per passare poi a The Bad Guy con la regia di Giancarlo Fontana e Giuseppe Stasi. E’ pazzesco, meraviglioso. Io sono un magistrato particolare. Non posso svelare che cosa accade a questo magistrato. Non posso dire nemmeno se appartiene ai buoni o ai cattivi. Posso dire che la genialità di Fontana e Stasi mi ha molto colpito e mi valorizza giorno dopo giorno e la ritengo il bastone della mia vecchiaia. Sono stanca, perché mi sono divisa tra due set, ma ognuno di loro mi dà degli amori diversi. Qui sono con Luigi Lo Cascio. Non posso dire altro se non ‘W lo spessore e la grandezza di noi attori siciliani’. Io lo paragono a De Niro. Con questo gli do tanto ed è nostro”.

Di recente, è stata anche al Festival del Cinema di Venezia. Immagino sia stata una grande emozione…
“Lupo Bianco per me sarà indimenticabile a parimerito, perché io non levo niente a Venezia rispetto a Cannes, al 1994, quando mano con la mano con Aurelio Grimaldi, un abito bianco quasi senza trucco semplicissima, io sono andata nei tappeti rossi di Cannes , candidata alla Palma d’Oro assieme a Virna Lisa e Uma Thurman, l’attrice di Pulp Fiction. Poi ha vinto Virna Lisi, quindi mi inchino e mi levo tanto di cappello su questo. Parlare di questo film significa per me, arrivata a 70 anni, l’essere andata a Venezia. Grazie, assolutamente lo devo dire, anche all’introduzione di questo premio, che ha vinto il Film, Carlo Olmo e tutti noi. Ringrazio tantissimo Francesca Rettondini, assieme al suo ufficio stampa, nonché mio grande ammiratore, Giuseppe Zagaria. E non posso non ringraziare Antonio Chiaramonte , eroico produttore del film . Voglio ringraziare il regista Tony Gangitano che mi ha voluto.
Un’altra delle sue grandi passioni è il teatro. Ci sono progetti legati ad esso?
“Stiamo cercando di riprendere il lavoro su Nino Martoglio, <<Stonchiti>>. E’ molto bello, con la regia di Turi Giordano. Sono co-protagonista insieme a Fabio Costanzo e poi ci sono i musicisti Flaminia Chiechio, Davide Sciacca, Anselmo Petrosino. Ci tengo moltissimo. I costumi sono di Rosy Bellomia. Ma c’è tutto. Stiamo cercando di riprenderlo, ma sono divisa su vari set e attualmente sta mancando per via dei miei enormi impegni. E poi, io non sono più tornata al Teatro Stabile di Catania. In tanti anni della mia carriera, mi sento una colonna di quel teatro, insieme a tanti veterani. Non ho mai detto: ‘Non sono al Teatro Stabile di Catania’. Mi pare una cosa assurda. E’ come se io dovessi dire: ‘Non ho più casa’. Io ho il mio teatro, che è il Nino Martoglio, ma che il Teatro Stabile di Catania ci abbia esclusi a noi anziani è una cosa dolorosissima. Però io non gliene voglio. Non mi sento rottamata, ecco. Rispetto le scelte artistiche. Si è voluto dare, forse, una sferzata per fare gli originali, i diversi, ma non so fino a che punto questo giova. Quello sì. Non mi sono offesa, no, ma addolorata, dispiaciuta. E lo dico senza falsa modestia. Non è positivo per il teatro perdere chi fa le code al botteghino, chi attira la benevolenza di quello che noi veterani sappiamo dare e sappiamo ricevere: amore. Ce l’hanno tolto. E’ positivo? Quando c’è qualcosa che distrugge l’amore, di qualunque specie di amore si parla, non è mai positivo. Questo mi addolora, ma tornerò. E’ una sfida, ma spero presto. A 80 anni dove sono questi ruoli? Già non ce ne sono più”.
E’ anche direttore del teatro Nino Martoglio di Belpasso Catania. Sicuramente un ostacolo da superare è stata la pandemia. Come vi siete organizzati per la ripresa?
“Voglio riaprire il teatro Nino Martoglio. Con la Videobank, io sono direttore artistico, abbiamo intenzione di fare qualcosa, se le istituzioni ci aiutano, per valorizzare il territorio, con progetti dove la mia forza che si è sempre sposata con la fragilità , si affiancherà e perché no , con attori etnei di una bravura e una presa sul pubblico , indiscutibile . Questo è il mio primo scopo come direttore artistico. Perché nel territorio noi abbiamo delle risorse che sono nazionali, perché la Sicilia è nazione. Quindi smettiamola di dire: l’attore locale, l’attrice locale, l’autore locale. Ma scherziamo? La Sicilia è Italia. Però il territorio e noi abbiamo il diretto di essere valorizzati anche a km zero. Quindi, faremo anche questo. La crisi del Covid, ovviamente, ci ha fatto male perché non abbiamo avuto nessun sostegno dallo Stato, che ha pensato a sostenere gli Enti Pubblici, quello di loro appartenenza. Con questo, non biasimo lo Stato. E’ una regola. Però ci rimboccheremo le maniche per cercare di fare vibrare ancora questo mio sipario”.

A breve esordirà dietro la macchina da presa per girare un mediometraggio. Di che cosa si tratta? Come mai ha deciso di dedicarsi alla regia?
“Come dicevo prima, Lupo Bianco è il top di questo momento, perché mi lega ad Antonio Chiaramonte, Cinemaset, con cui io diciamo sono in procinto, assolutamente in predicato, sono nella speranza direi concreta di fare un film, un mediometraggio per Miur, con la mia regia, con un mio soggetto; io come autrice, poi la sceneggiatura contiamo di affidarla ad Aurelio Grimaldi se tutto va bene. Soprattutto se ha tempo perché è super impegnato: è un regista importante e soprattutto uno sceneggiatore di grandissimo spessore. E’ un mediometraggio, il cui titolo non lo dico perché è molto forte, perché serve per raccontare alla società e al mondo e all’opinione pubblica , la tragedia del bullismo . Quanto bisogno c’è di dare una sferzata, di aiutare per poter debellare il fenomeno del bullismo. E’ anche un inno all’animalismo, vi si intreccia infatti una storia impregnata del mio grandissimo amore equino , anche un modo, come curare l’anima delle persone che l’hanno macchiata, hanno delle ombre, sono andate al buio con la propria anima facendo il bullo. Ecco, attraverso la cura di un animale, di un cavallo, questo solo posso accennare. Ci saranno dei momenti molto struggenti. Posso anche aggiungere che è dedicato a Giovanni Pascoli. Ha a che fare, diciamo, con La Cavallina Storna, che racconta la madre che glielo chiede chi è stato ad uccidere il proprio figlio. C’è tutto per la scuola: parlo della famiglia, della società, delle forze dell’ordine. Tutti devono contribuire il modo a debellare questa cosa che, ahimè, porta sovente ai suicidi”.
Quando è iniziata la sua passione per la recitazione?
“La mia passione per questo lavoro è stata sempre immensa, grande, determinata, caparbia. Sono stata sempre in posizione verticale, mai ho adoperato il mio corpo, la mia dignità, la mia anima per lavorare. Mai. Non posso rimproverare o biasimare nessun uomo perché io non ci sono stata alle loro avance. O sono fortunata oppure ho capitato degli uomini che si rassegnano facilmente, che hanno desistito immediatamente. Ho sempre lottato per il mio lavoro, sofferto. E’ stata una fatica immensa. Un salire, per poi cadere, per poi risalire. Sempre a piedi e con le scarpe rotte. Sono stata sempre nella grande fatica, ma posso guardarmi allo specchio ed essere orgogliosa di me”.

Ci sono stati dei momenti, nel corso della sua carriera professionale, in cui si è arresa e ha pensato che, probabilmente, avrebbe dovuto dedicarsi ad altro? Come li ha affrontati?
“Sono stati due i momenti in cui volevo lasciare tutto. Uno è stato quando ho visto per la prima volta mio figlio Vincenzo Filippo, da adolescente, che si faceva la barba allo specchio. Ero li e ho detto: ‘Non me lo sono goduta mio figlio’. L’ho fatto che avevo 18 anni, siamo cresciuti insieme. Abbiamo un rapporto immenso io e lui, però in quel momento volevo lasciare tutto. E mi ricordo che gli dissi: ‘Ti stai facendo la barba? Il bambino mio che si fa la barba’. Ho pensato subito che fosse cresciuto. ‘Mettiti subito sul vasino, ti voglio guardare sul vasino, ti prego’. Sono stata male, l’ho presa ironicamente, ma sono stata male. Volevo lasciare. La seconda volta somiglia molto, direi che è identica, ma è stata quando mia cognata, che in quel momento era sempre dietro a lei, mi ha detto che mia figlia Giovanna Adelaide Giorgianni -costumista e scenografa bravissima che non so se me la merito – era diventata donna. In quei giorni ero in tournee con Turi Ferro. Sono stata malissimo, ancora più male di quando lo sono stata per mio figlio. E volevo lasciare perché io non le ero vicino. Questi sono sacrifici immensi che una madre del mio tipo fa. Adesso i tempi sono diversi. Ho più agio per poter stare con i nipoti e con i miei figli. Adesso non mi dicono più la frase: ‘Mamma quando torni?’. In quelle terribili segreterie telefoniche, perché all’epoca non c’erano i cellulari”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Coronavirus
Intervista esclusiva a Frank Crudele: «Il mio cuore è Italiano e la mia anima è Canadese»

Il nostro ospite di oggi è l’attore di fama internazionale Frank Crudele, nato a Bari da genitori canadesi di origini italiane. Svolge la sua professione in Italia e in Canada spaziando tra televisione, cinema e teatro. Ha recitato nelle fiction “Un medico in famiglia“, “Ho sposato un calciatore“, “Gente di mare” e “Gente di mare 2“, per citarne alcune. Ecco la nostra intervista esclusiva, a cura di Roberto Mallò e con la partecipazione di Sante Cossentino per l’agenzia di stampa Massmedia Comunicazione.
Ti ringraziamo per essere con noi, Frank. Come procede il tuo vissuto?
“Sto passando un’estate abbastanza movimentata, ma allo stesso tempo positiva, dato che sono sempre circondato dal mare dove mi sento a mio agio (sono nato il 27 ottobre, appartengo ad un segno astrologico dell’acqua). Scherzi a parte, in Europa lavoro soprattutto per il cinema e la tv, mentre in Canada ho la mia vita artistica teatrale dove convivo, con la mia compagna spagnola Virginia Perez, in un paesino di nome Roberts Creek che si trova sul mare, esattamente vicino allo stretto di Georgia dell’oceano Pacifico. Per arrivare qui si deve prendere un traghetto di 40 minuti da Vancouver. Per adesso i miei 3 figli universitari vivono nell’altra sponda dello stretto, ossia nella città di Victoria. Dunque, in tempi di Covid non stiamo lontani. A livello professionale sto girando un ruolo divertente per “I Delitti di Barlume” sull’isola d’Elba e per i miei viaggi in Italia da Vancouver faccio sempre stop a Toronto per visitare mia madre, che sta in una casa di anziani e che deve compiere 98 anni. Venendo dal teatro, la più grande soddisfazione, questa estate, è stata comunque preparare una lettura al pubblico della nuova e ultima opera teatrale di Raphael Burdmam; “Whose Gerusalem?” (La Gerusalemme di chi?). Quest’opera ha tre personaggi immaginari del 1191: il re Riccardo d’Inghilterra e capo di una terza crociata a Gerusalemme- il quale catturandola diventerebbe più potente del papa -, il sultano Saladino che per mantenere potere del Califato deve battere re Riccardo a tutti i costi e, infine, un rabbino-medico personale al sultano e Ebreo e mediatore tra questi due. Il soggetto, purché allegorico, tratta la tragedia del conflitto del Medio Oriente non ancora politicamente risolto ai nostri giorni. Per ragioni ovvie dare energia a livello artistico a questo lavoro per me stato molto soddisfacente. Lo scrittore era già molto malato di un serio tumore ed era alla fine dei suoi giorni e, facendo uno sforzo epico per finire l’ultima bozza, giorni dopo è morto”.

Come hai affrontato il periodo legato al lockdown, che ha inevitabilmente “fermato” le nostre vite?
“Non lo dico per vantarmi però, per me, quando succedono cose negative nella vita, è tipico e nelle mie corde riuscire a risolvere intoppi che in tempi normali trovo impossibili. Per esempio, durante il lockdown, senza andare in palestra, mi sono dato l’obiettivo di fare 100 flessioni cinque volte a settimana e di perdere i 5 chili presi in Puglia di focacce, panzerotti e mozzarelle inghiottiti nell’estate del 2020, ossia nel periodo di chiusura estiva mentre giravo la serie “Zero” a Roma, che non erano facili da smaltire per il caldo e per i divieti di camminare fuori liberamente. Al mio arrivo in Canada ho costruito un one-man show del quale non posso ancora parlare perché i diritti sono un po’ complicati. Comunque, farlo come spettacolo è molto meno importante di averci lavorato perché il percorso è sempre più importante del risultato. Ad ogni modo, l’aspetto più importante, che durante il lockdown mi ha salvato dall’impazzire, era avere giornalmente un obiettivo artistico. Boh, forse farò questo one man show solo per amici. Poi se dai un occhiata su Google, il mio paesino si trova in una foresta fluviale circondato da grandissimi alberi e le mie passeggiate giornaliere senza mascherina mi hanno molto aiutato a non impazzire”.
Qual è stato il momento in cui hai realizzato di voler fare l’attore?
“Questo l’ho raccontato recentemente in un’altra intervista. Tecnicamente questo l’ho ammesso a me stesso solo mesi prima del mio ventottesimo compleanno, dopo avere partecipato in un laboratorio dove si valutavano, o meglio si approfondivano, le proprie abilità. A livello inconscio l’ho sempre saputo, però mai permesso di ammettermelo perché da figlio di immigranti, fare l’attore credevo fosse solo per figli di papà. Dunque, come molti ragazzi agli inizi dei vent’anni non sapevo che cosa volevo fa’ ed era normale. Avevo studiato lingue e avevo già quella che oggi chiamano la laurea breve di quattro anni; avevo studiato letteratura italiana, spagnolo e un po’ di francese. Mettevo una bella faccia sfacciata e ipocrita di uno sicuro di quello che voleva fare nella vita e stavo facendo ricerche per una posizione nella zecca canadese per un lavoro di relazioni pubbliche a banche del terzo mondo usando le lingue che conoscevo e viaggiando per il mondo. In verità, sapevo solo di essere infelice nell’interiore e non sapevo veramente quello che volevo fare o diventare. Ero l’unico figlio nella mia famiglia che aveva fatto l’università (mio fratello Vincenzo e mia sorella Maria erano molto più bravi e intelligenti a livello accademico però l’economia e circostanze della vita non gli hanno permesso di studiare) e dunque non potevo fallire. Poi successe il finimondo quando mio padre venne a vedermi nel mio primo spettacolo da protagonista interpretando il pugile Jake La Motta in un opera di teatro “off/alternativo”, la quale era una ripresa di una premiatissima opera fatta a Chicago, però quando mio padre si trovò in un magazzino convertito in teatro per questa opera, il suo sguardo diceva tutto e chiaramente….”E questo si è laureato per venire a fare l’attore qui”?”.

Vi è un particolare insegnamento che porti con te, nel tuo percorso artistico?
“Per questo rispondo brevemente nelle scene è sempre molto più interessante osservare e seguire un attore o attrice arrivare a un obiettivo. Lottare per cercare di arrivare all’obiettivo è l’aspetto più interessante. Dunque, per me, lo stesso discorso o metafora è valida per la vita; è il percorso che ci eccita, quando non si sa come arrivare al risultato. Ho detto anche a un intervista indirizzata a ragazzi e figli delle nuove generazioni di immigranti in Canada, quindi di colore, di sbagliare quanto possibile, di fare tutti gli sbagli possibili perché solo con gli sbagli si impara veramente. Sennò, per un’artista, si direbbe in spagnolo “seria un aburrimiento” – come lo è osservando l’attore che dice solo le sue battute a memoria-voila”.
Ad oggi, quale ruolo non hai ancora avuto modo di portare in scena?
“Tanti, specialmente nei lavori classici di teatro. Però, il tempo sta passando e anche l’energia e alla fine la realtà è che, nonostante il teatro sia sempre il teatro, per me non c’è niente di più eletrizzante che riuscire in una scena scritta da Dio, anche di pochi minuti, per il cinema o la tv. Soprattutto quando si crea la magia con un collega; quando la regia capisce gli attori e li lascia volare”.
Quali caratteristiche conservi delle tue origini italiane e quali dell’essere per metà canadese?
“Mi piace dire questo in inglese: “My heart is Italian and my soul is Canadian”, che non ha bisogno di traduzione. Il mio cuore sarà sempre italiano però, essendo cresciuto dall’età di 10 anni in Canada, ho assorbito anche dei valori che mi permettono di azzardare, o meglio di non essere tanto cinico… perché il cinico conosce sempre il prezzo ma non necessariamente il valore. In tutto il vecchio continente si ha a volte un tipo di atteggiamento dove non vale neanche la pena di provarci nella vita, perché tanto il potente sarà sempre potente e i loro figli avranno sempre le migliori opportunità; e una parte di me li capisce . Ecco in questo io sono forse un po’ ingenuo e diverso, però per scelta. Credo nel lottare per scoprire chi siamo e perché esistiamo. Ai miei ragazzi dico sempre che la vita è come una stupenda e breve festa che finirà prima che se ne rendano conto. Anche se sarà doloroso scoprire chi siamo e perché stiamo qui su questa terra, è meglio farlo perché abbiamo solo un dovere: lasciare questo piccolo pianeta un po’ meglio di come l’abbiamo trovato”.

Chi sono gli attori che ammiri e con i quali ti piacerebbe lavorare?
“Per me sono quelli che hanno fatto ruoli difficili in teatro e che hanno la capacità di fare lo stesso al cinema o tv; che saltano facilmente da uno all’altro. Per questo ammiro tanti miei colleghi canadesi che sono poco conosciuti, a meno che non vanno a vivere negli USA. In Canada non abbiamo una nostra vera industria di cinema con volume che crea un sistema di “star” (a parte nel Québec, dove si lavora in francese e che è purtroppo un cinema troppo poco visto, nonostante qualche eccezione). Gli attori che ammiro con i quali mi piacerebbe lavorare, e che mi vengono al volo in mente (e sono sicuro che fra 5 minuti me ne ricorderò altri), sono l’argentino Riccardo Darin, l’australiano Geoffrey Rush, gli italiani Tony Servillo, Fabrizio Bentivoglio, Valeria Bruni Tedeschi, gli spagnoli Javier Bardem, Elvira Minguez, l’austriaco Christoph Waltz, gli americani John Lithgow, Alan Arkin, gli inglesi Claire Foy, Daniel Day-Lewis e tanti tanti altri. Senza offesa, ovviamente, a quelli con i quali ho già avuto l’onore di lavorare”
Puoi anticiparci qualcosa dei tuoi progetti futuri?
“Per scaramanzia direi di farmi questa domanda fra un mese. Il più tangibile progetto per ora è seguire, oltre la mia compagna Virginia, le mie stelle ossia i miei tre figli: Nicholas, Hanna e Gabriel che, anche se hanno perso la loro mamma nel 2015, sono individualmente brillanti nei loro campi”.
Interviste
Intervista esclusiva ad Emilio Franchini: «La mia passione per la recitazione? C’è sempre...

Oggi, in esclusiva per Sbircia La Notizia Magazine, incontriamo il giovane attore Emilio Franchini, che dal 14 ottobre sarà in tutte le sale cinematografiche con il film Medium, di cui è protagonista. Una pellicola prodotta da Emy Productions, esattamente come Una Preghiera Per Giuda, altro lavoro che vede Franchini recitare al fianco di Tony Sperandeo, proprio come ci ha raccontato in questa intervista.
Intervista a cura di Roberto Mallò, con la preziosa collaborazione con l’ufficio stampa Massmedia Comunicazione di Sante Cossentino.
Salve Emilio, a breve sarai in tutte le sale cinematografiche con il film thriller-horror Medium. Di che cosa parla il film? Cos’ha che lo differenzia dagli altri?
“Il film Medium è molto originale, secondo me, perché nasconde inizialmente la sua vera identità da film horror e lo differenzia dagli altri proprio perché sembra di genere crimine/thriller . Sarà una sorpresa”.

Quali altri attori fanno parte del cast?
“Bruno Bilotta , Martina Marotta , Barbara Bacci , l’internazionale Hal Yamanouchi , Pierfrancesco Ceccanei, Dafne Barbieri e Tony Sperandeo”
Inoltre, sarai il protagonista di Una Preghiera Per Giuda, altro film prodotto da Emy Production. In questo lavoro sarai il figlio di Tony Sperandeo. E la trama sarà completamente diversa rispetto a Medium, dato che qui si parlerà anche di mafia, no?
“Il fim Una Preghiera per Giuda sicuramente ad oggi è il mio gioiello prezioso. Ogni film per un attore è speciale, ma questo mi ha colpito particolarmente dato le varie emozioni che vuole trasmettere al pubblico. Infatti, non ci sarà solo la mafia ad emergere ma soprattutto un rapporto da ricostruire tra padre e figlio, interpretati appunto da me e Tony Sperandeo. E’ un film completo con amore , rancore , dolore , speranza. C’è tutto e non vedo l’ ora che esca al cinema”.
Tra gli interpreti della pellicola, anche gli attori internazionali Danny Trejo e Natalie Burn. Immagino sia stato un onore poter interagire con loro.
“Non è stato semplice nascondere l’ emozione quando, per la prima volta nella sala trucco, ho visto un pezzo da 90 del cinema di Hollywood come Danny Trejo. Con lui, devo dire che ho instaurato un rapporto molto buono; abbiamo delle cose in comune come i tacos ed il pugilato!!! È un uomo di cuore ama gli animali come me, oltre ad essere un personaggio fantastico. Natalie Burn è una ragazza semplice ed umile; ride e scherza con tutti nonostante stia lavorando con attori americani molto famosi e nonostante abbia fatto pellicole importanti. Ha conservato la sua semplicità e non è facile”.

Medium e Una Preghiera per Giuda sono stati diretti da Massimo Paolucci. Che rapporto hai instaurato con lui?
“Con Massimo Paolucci c’è stima profonda, rispetto e bene. Per me è una cara persona; ci siamo scelti entrambi. D’ altronde quando si incontrano due persone di cuore spesso succedono belle cose. A noi è successo così. Sicuramente farà strada come regista; ha le carte in regola per spaccare: conosce ogni film, conosce ogni genere. E’ un maestro del cinema”.
Ci sono altri progetti nel futuro?
“Sì, ne ho diversi. Uno imminente è proprio con Massimo Paolucci. Un altro è invece internazionale. Finché non c’è la sicurezza, non ne posso però parlare seriamente. Il mio agente Simone Santercole si muove alla grande ed ho fiducia in lui”
Dal tuo punto di vista, quali sono le caratteristiche che un attore deve avere per emergere?
“Un attore emergente come me deve sfruttare le occasioni che gli vengono date nel migliore dei modi; deve recitare in maniera naturale in modo da riuscire a sorprendere il pubblico ogni volta che esprime un emozione forte. Deve sfruttare le sue caratteristiche fisiche e mentali, deve affiancarsi a persone precise serie ed essere fortunato che tutte queste cose si allineino; deve prendere spunto da ogni attore che lavora con lui sul set per prendere ogni metodo, ogni caratteristica da riproporre lui stesso; deve migliorare sempre, studiando, perfezionando e provando ogni tecnica senza perdere il proprio istinto e naturalezza”.

C’è un attore o un regista con cui vorresti lavorare? Un genere di film o un ruolo che ti piacerebbe interpretare?
“Il mio sogno è imparare bene l’inglese e lavorare con altri attori americani, ossia quelli che guardavo da bambino in tv come Danny. Tuttavia, anche qui in Italia ho molti idoli come Alessandro Borghi , Pierfrancesco Favino, Marco Giallini, Francesco Montanari, Edoardo Leo, Michele Placido. Di registi, invece, ce ne sono diversi: da Stefano Sollima a Matteo Rovere, passando per Paolo Sorrentino e Gabriele Muccino. Non mi pongo limiti; se mi piace il progetto il ruolo viene di conseguenza. E’ sempre stimolante per un attore interpretare ruoli diversi. Certo amo maggiormente i film di mafia, drammatici e d’azione, ma anche quelli d’amore amore e le commedie mi attraggono molto”.
Quando è cominciata la tua passione per la recitazione?
“La mia passione c’è sempre stata; a casa mi piaceva travestirmi in base all’umore della giornata. Amo guardare i film da sempre; avevo iniziato da piccolo, poi per varie cose ho cambiato i miei piani, finché non sono stato ripescato nel mio mondo. E vorrei rimanerci per Sempre”.
Che cosa ti piace fare nel tuo tempo libero? Quali sono i tuoi hobby?
“Mi piace cucinare. Gioco a calcio e vado a boxe. Il sacco e i guanti mi sfogano, ma la cosa che amo di più è stare con mio figlio; andare alle giostre con lui la mia compagna e la mia famiglia”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Coronavirus
Intervista esclusiva ad Angela Bertamino: «Riportare in vita Viviana è stata una gioia...

È attualmente tra i protagonisti nelle storie della soap opera “Un posto al sole” su Rai 3, senza dimenticare il film “Qui rido io” e la serie TV “I bastardi di Pizzofalcone 3“. Ha prestato il volto per alcune campagne pubblicitarie ed è molto attiva in ambito teatrale. Per il curriculum completo vi rimandiamo alla scheda ufficiale sul sito dell’agenzia. La nostra ospite di oggi è Angela Bertamino, che in una piacevole chiacchierata ci racconta un po’ di se e del suo lavoro.
Ciao Angela, è un piacere averti come nostra ospite. La nostra prima domanda, di rito, è un po’ sempre la stessa: descrivi te stessa, nella vita di tutti i giorni, quando sei lontana dai riflettori…
Non amo molto parlare del mio privato. Ad ogni modo conduco una vita molto semplice: studio, esco con le amiche, mi alleno molto e quando posso sto con la mia famiglia.

Nel tuo curriculum figurano diverse esperienze di vario genere, spaziando tra cinema, tv e teatro. Dove ti senti più a tuo agio?
A me piace recitare. Ci sono momenti in cui ho un maggiore bisogno del teatro e momenti in cui sento di avere necessità della macchina da presa. L’unica costante è la passione per la recitazione, nelle sue forme più svariate.
Hai fatto parte del cast di “Un posto al sole” nel 2019 e poi sei uscita di scena. Era già previsto un tuo ritorno o è stata una sorpresa anche per te?
È stata una bellissima sorpresa! Quando ho ricevuto la chiamata dalla produzione ero felicissima, tornare a portare in vita la mia Viviana è stata una gioia immensa per me. Certo, l’ho saputo con parecchi mesi di preavviso ed è stato difficilissimo tenere il segreto!!

Come ti hanno accolta sul set di Upas?
Upas è una famiglia a tutti gli effetti. Ti senti sempre a casa anche se era passato diverso tempo dall’ultima ripresa. Certo ora dato il covid le modalità di lavoro sono diverse, si deve sottostare a regole rigide di distanziamento e sicurezza, ma questo non mi ha impedito di percepire tutto il calore e l’affetto di staff e colleghi
Hai partecipato al film “Qui rido io” di Mario Martone, ci racconti qualcosa di questa tua esperienza cinematografica?
Una piccola partecipazione, ma per me una grande esperienza. Poter vivere un set come quello è una grande fortuna e ringrazio ogni secondo Mario Martone per aver scelto me tra le tante e avermi dato questa opportunità.
Come occupi il tuo tempo libero?
Tempo…libero? Scherzi a parte, mi piace rilassarmi a casa quando posso oppure andare in giro con le mie amiche più care. Cose semplici, davvero!

Qual è la cosa a cui tieni di più nella tua vita?
La famiglia. In particolare mia sorella minore. Il nostro legame è molto forte. È un mix di senso di protezione materno e amore fraterno.
A quale personaggio, tra i vari che hai interpretato, ti sei affezionata di più?
Tutti e nessuno. Li amo tutti chi per una cosa chi per un’altra. I personaggi sono parte di te, sono creature tue, dai a loro te stessa, ti doni: corpo, mente e anima in quel momento sono prestati. Per me è stupendo pensare che il mio sia un corpo prestato all’arte. Come se in fondo non fosse del tutto mio. E mi prendo cura di me stessa per poter offrire il meglio che posso ai miei personaggi, che prendono vita grazie a me.

Durante il lockdown dell’anno scorso come hai trascorso le tue giornate? Come ha cambiato le tue abitudini il Coronavirus?
Il lockdown ha cambiato tutti, fisicamente e mentalmente. Ho cercato di dare un ritmo e una scansione alle mie giornate, allenandomi costantemente, studiando, leggendo, apportando sempre qualcosa di costruttivo senza lasciare che il tempo mi scorresse addosso. Sono un tipo che senza far nulla non sa stare. Ho bisogno di trovare costantemente un senso alle mie giornate, di sentire sempre che in qualche modo mi sto migliorando in qualcosa.
*Foto di Giuseppe D’Anna
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Claudia Conte: «La recitazione è la mia più grande passione»

Si è avvicinata al teatro e al mondo della cultura e all’Arte della recitazione quando, a causa del morbo di Osgood Schlatter che le è stato diagnosticato, ha dovuto rinunciare alla carriera nell’atletica leggera, disciplina incominciata fin dalla giovane età. Parliamo dell’attrice Claudia Conte, che anche quest’anno tornerà al Festival del Cinema di Venezia per il Women in Cinema Award, il riconoscimento che lei stessa ha ideato. Un percorso artistico, quello di Claudia, in cui non mancano le organizzazione di eventi a scopo benefico. Proprio come ci ha raccontato in questa intervista esclusiva concessa a Sbircia La Notizia Magazine.
Intervista di Roberto Mallò, in collaborazione con Massmedia Comunicazione
Ciao Claudia, parliamo un po’ di te come attrice: quando è nata questa passione?
“Semplicemente è accaduto, mentre pensavo ad altro. Spesso nella vita le cose più belle sono inaspettate e arrivano all’improvviso. Avevo 16 anni e dopo 10 anni di atletica leggera (gli ultimi a livello agonistico) ho dovuto smettere per il morbo di Osgood Schlatter. Ero molto abbattuta e triste. Proprio in quel momento scopro il teatro e mi appassiono al mondo della cultura e all’Arte della recitazione, le passioni della mia vita.“

Sei un’artista internazionale. Sei da poco rientrata da un importante tour negli Emirati Arabi Uniti… e hai presentato un evento nell’Ambasciata degli Emirati Arabi a Roma.
“Amo gli Emirati, credo che tutti debbano conoscere questi luoghi così diversi e lontani, ma davvero misteriosi e affascinanti. A Dubai sono stata impegnata in un tour nelle località più belle come Burj al-Arab, burj khalifa, Dubai Marina. Protagonista di uno yacht luxury event organizzato dalla Dreams Tours Experience in cui ho presentato la linea di costumi Made in Italy Claudia Conte Collection con la campagna sociale Colleziona il tuo Coraggio che invita tutte le donne a credere in se stesse e lottare per i propri sogni. Vorrei ringraziare Antonio Epifani, Antonio Rubel e Angelo Paradiso per questa bellissima opportunità. In Italia ho avuto l’onore di presentare la Cerimonia celebrativa dell’Anniversario dell’Associazione Bambino Gesù del Cairo Onlus alla presenza di Sua Eccellenza l’ambasciatore Omar Obaid Alshamsi e Mons. Yoannis, già segretario particolare di Papa Francesco e Mariella Enoc, presidente del Bambin Gesù.“
Nel periodo della pandemia, hai trovato il tempo per fare anche volontariato. Parlami un po’ di questo tuo impegno.
“Credo che sia responsabilità individuale impegnarsi nel sociale, aiutare i più deboli, ognuno a suo modo. Io sono felice di far parte del corpo di soccorso internazionale Humanitas. Durante la pandemia abbiamo fatto del nostro meglio e anche recentemente nella settimana di Ferragosto con il Presidente Roberto Schiavone di Favignana abbiamo portato avanti una importante iniziativa, pattugliamento delle coste e vigilanza via terra, via mare con l’Ambulanza del Mare e via cielo con l’elicottero Humanitas.“

Sei organizzatrice e presentatrice di grandi eventi, molti a scopo benefico.
“Si, con la collaborazione di attori e cantanti Italiani di altissimo livello abbiamo realizzato eventi charity in collaborazione con la Santa Sede come “Natale 2020. Gesù nasce lo stesso” e ‘Insieme per la Rinascita’.”
Lo scorso anno hai istituito, al Festival del Cinema di Venezia, il premio Women in Cinema Award. Di cosa si tratta? Ci sarà anche quest’anno?
“Women in Cinema Award è un riconoscimento dedicato alle donne del cinema all’interno della Mostra di Venezia e della Festa del cinema di Roma. Quest’anno l’edizione veneziana, che vanta il patrocinio del Ministero della Cultura, si svolgerà il 7 settembre presso l’hotel Excelsior. Tra le premiate la grandissima stilista Alberta Ferretti e Marta Donzelli, presidente del Centro Sperimentale di Cinematografia.“
Interviste
Intervista esclusiva ad Agata Reale: «Chloe è la cosa più bella della mia vita»

E’ la conduttrice di The Coach, il talent show in onda su 7 Gold, che si prepara ad andare in scena con la sua quarta edizione, ma il pubblico la conosce soprattutto per essere stata una delle allieve della sesta edizione di Amici di Maria De Filippi. In fondo, Agata Reale non ha bisogno di tante presentazioni, visto che è una delle ex concorrenti più amate dello show di Canale 5. Un percorso artistico, quello della Reale, che oggi fa la conduttrice e la vocal coach, segnato anche da una battaglia contro la leucemia. Agata si è raccontata a noi, attraverso questa intervista.
Intervista di Roberto Mallò, in collaborazione con Massmedia Comunicazione
Ciao Agata, hai raggiunto la notorietà grazie alla sesta edizione di Amici. Che cosa ricordi maggiormente di quel percorso?
“La cosa che ricordo di più di Amici è sicuramente l’incontro con Maria De Filippi e le domande che le ho fatto. Ricordo il suo essere così dolce, tenera e sempre presente per aiutarmi tutte le volte che ero giù di morale. E poi, sicuramente, Luca Zanforlin e la grande squadra di Amici. Sono queste le cose che rammento sempre con grande piacere”.

E se ti dico Alessandra Celentano?
“Se mi dici Alessandra Celentano, preferisco sorridere perché, sicuramente, non è un ricordo bello. Sono passati tanti anni e va bene, ma non è di certo una cosa bella che ricordo, a differenza di quelle che ho elencato prima. Mi vengono in mente l’incoerenza e tante cose che, ancora oggi, mi porto dietro di questa persona”.
L’Amore per la danza in che modo è cominciato?
“La mia passione per la danza è cominciata moltissimi anni fa. Ero piccolissima, avevo cinque anni. Inizialmente, mia madre mi iscrisse a ginnastica artistica, ma non ero in grado. Tra l’altro, scoprii di avere il piede piatto e l’ortopedico mi disse che non potevo ballare, né fare la ballerina… o che, comunque, sarebbe stato difficile. Ma a me piacevano i tutù, le scarpette e, quindi, mia madre mi iscrisse a danza, perché quando vedevo ballare qualcuno in televisione lo facevo anche io. La mia passione è iniziata così. In seguito, è diventata la mia vita. Non c’erano giornate dove non andavo a scuola di danza. E’ un percorso dove ci sono state tante rinunce e tanti altri fatti per inseguire un sogno. E’ stato tutto molto bello, anche se molto difficile”.
Hai poi smesso di fare la ballerina, come mai?
“Qui devo parlare di una situazione particolare successa prima di Amici. Ho scoperto di avere un problema di artrite. Ero arrivata ad uno stadio un po’ difficile. Dovevo pensare se fare un intervento all’anca, perché avevo dei problemi. Il medico mi disse di riguardarmi, visto che i tempi da ballerina erano tosti, per via dei loro sforzi e così via. Iniziai quindi con delle terapie, ma la situazione non migliorò. Ad un certo punto, come ultima spiaggia, provai a fare il casting di Amici e, fortunatamente, andò bene e mi presero. In pratica, ho solamente posticipato il mio fermarmi come ballerina. Dopo il musical di Costanzo, a tre anni da Amici, ho avuto la botta finale, ossia un problema alle vertebre del collo. Dovevo fare un’operazione ma, visto che ho delle allergie importanti ai medicinali, il rischio era quello di avere un rigetto. Per paura di dover fare l’intervento e avere il rigetto, ho dovuto così prendere una decisione abbastanza traumatica: abbandonare la danza”.

Sei anche una vocal coach. Quando è nata in te questa passione?
“Esatto. Sono una vocal coach. Ho sempre amato l’arte in generale. Ho studiato canto e recitazione, anche se la danza è stato il mio primo amore. Per il canto ho sempre avuto una passione, ma non aveva mai avuto il coraggio, finchè non ho cantato pubblicamente ad Amici. Dopo che ho lasciato la danza, ho iniziato un percorso. Mi sono chiesta, quindi, che cosa potessi fare. In principio, ho insegnato danza ma, a causa dei problemi che ho esposto prima, stavo spesso male. Sono una persona che, se fa una cosa, la deve fare bene, altrimenti non la porta avanti direttamente. Se dovevo mostrare ai ballerini determinate cose, dovevo farle bene. Mentre, invece, rischiavo continuamente di stare male anche quando insegnavo. A un certo punto, interrogandomi su cosa mi piacesse fare, ho pensato al canto. Un giorno Maria mi disse: ‘Non è che tu sei proprio così brava a cantare’. La presi come sfida: dovevo dimostrarle che riuscivo anche a cantare, che non ero così male come lei mi stava dicendo. Iniziai a studiare per me, per poi cantare alle serate. Ho così scoperto un mondo bellissimo, dove ho fatto dei corsi per svolgere il ruolo di vocal coach. Mi sono innamorata di un mestiere, che adesso è il mio. Oltre la conduttrice, faccio questo. E ho avuto tantissime soddisfazioni: alcuni dei miei ragazzi sono stati a Ti Lascio Una Canzone, a Io Canto, a X Factor, a The Voice. Ho avuto tra gli studenti una vincitrice di Sanremo Young. Ho avuto tante soddisfazioni con i miei allievi”.
Da diversi anni sei la conduttrice del talent show The Coach, in onda su 7Gold. Che tipo di esperienza è?
“Esatto, conduco The Coach dalla prima edizione. Sono molto contenta di questa esperienza. Non posso dire che è nata per gioco, perché quando mi butto in una cosa mi piace farla bene, ma il casting come conduttrice è stato un po’ così. Mi fa sorridere l’incontro. Contattai la produzione, che nemmeno conoscevo, per far partecipare i miei allievi. Quando vennero a fare i casting, a scuola da me, mi proposero quindi di presentarmi come coach, perché comunque conoscevano il mio percorso artistico. E io spudoratamente, esattamente come sono fatta, ho detto: ‘No, al massimo faccio la conduttrice, mica posso fare il coach’. Ovviamente, scherzando e ridendo per il carattere che ho, non perché sono una che se la tira. Al che, il produttore mi ha risposto: ‘Guarda, abbiamo già la conduttrice, ma fammi vedere qua: facciamo un provino live’. Mi ricordai di quello che mi spiegò al telefono mesi prima del talent, con mia figlia appena nata che piangeva, e gli riproposi la spiegazione di The Coach nel provino. Per questo definisco il mio inizio nel programma come un gioco. Ed è iniziato tutto così: si sono fidati e affidati a me. Oggi sono la padrona di casa, come loro mi chiamano. Sono molto contenta, perché sono diventata da tre anni anche autore del programma. E’ molto bello: ci sono tante dinamiche. Non ho copione, non preparo nulla, ma faccio tutto real-talent. Mi piace non seguire sempre un qualcosa. Non sappiamo mai che cosa accade tra i concorrenti che si esibiscono: a volte uno si scorda un testo, un altro cade. Personalmente, non conosco nemmeno i coach che partecipano, se non quando arrivano sul palco, in studio. E’ bello perché non conosco le reazioni, non so i loro caratteri. Inoltre, faccio un corso motivazionale, dove conosco le persone, oltre che gli artisti”.

Qualche mese fa, è uscito T Pens, il primo singolo di tuo fratello Giuseppe. So che anche tu hai avuto un ruolo in questo nuovo progetto. Quale?
“Proprio così. T Pens è il primo inedito di mio fratello Giuseppe. In realtà, è stata una sfida: spesso ci sono dei pensieri un po’ strani, soprattutto nella mia terra siciliana, sui brani neomelodici o classici napoletani. Vengono sempre visti come di seconda categoria. Ho quindi voluto utilizzare mio fratello, e non i miei allievi, per capire che non c’è un genere di prima, seconda o terza categoria. La musica è bella tutta, se fatta bene. Mi sono calata nella direzione e sceneggiatura del video. Ho scelto gli attori. Questo è stato il mio ruolo”.
Chi è Agata Reale nella vita di tutti i giorni? Cosa fa quando può ritagliarsi un po’ di tempo per sé?
“Chi è Agata nella vita di tutti i giorni? E’ una diversamente giovane, come dico io. Ho 36 anni, ma me ne sento forse 20, 24 al massimo. Credo di essere rimasta a quell’età. Sono una diversamente giovane che, adesso, amo ancora di più la vita, la sua famiglia, mia figlia Chloe, mio marito che è il mio compagno di vita, un amico, che è tutto. Amo mia madre, mio padre e mio fratello. Sono una persona molto semplice, amante della famiglia. Vado in giro come mi pare. Non sto lì a badare al trucco, alla borsa, a come sono vestita. Anzi, quando mi vedono sul palco non mi riconoscono, perché vado spesso in giro senza trucco. Ho imparato una filosofia di vita: stare bene. Per il resto, so che la gente mi giudicherà sempre. Preferisco la comodità all’apparenza. Non posso dire di essere buona, perché questo devono farlo gli altri, ma mi ritengo altruista. Nel mio piccolo, cerco sempre di aiutare gli altri, di fare del bene appena posso e quando posso. Sono sempre disponibile e al servizio degli altri. Questa è Agata. Per quanto riguarda il tempo libero, è difficile: sono un’amante del lavoro. Non riesco a stare ferma un attimo. Per lavoro non intendo soltanto la conduzione o i miei impegni da vocal coach. Anche a casa, adoro cucinare e fare un po’ di tutto. Se c’è da fare una festa mi metto a curare tutto l’allestimento. Mi piace proprio fare. A differenza del non fare, che mi spaventa. Cerco di ritagliarmi il tempo, trovandomi sempre qualcosa da fare. In caso contrario, ho paura e la situazione mi deprime. Nel tempo libero, comunque sia, sto con mio marito e mia figlia. Magari facendo qualcosa, eh, ma con loro è tutto migliore”.
Hai qualche sogno o progetto futuro?
“Partiamo dai sogni. Una volta erano diversi. Adesso, dopo la mia malattia, devo dire che il mio sogno più grande è quello di poter continuare a vivere, di veder crescere mia figlia. A livello lavorativo, mi piacerebbe tanto far vedere realmente cosa so fare, chi sono, quanto mi piace lavorare e quanto amore ci metto in quello che faccio. Progetti futuri, ovviamente, ce ne sono. Un po’ per scaramanzia ho imparato a parlarne poco. In linea di massima, mi piacerebbe poter portare la mia esperienza e farla arrivare a un pubblico piuttosto vasto”.

Da tempo stai lottando contro la leucemia. Immagino non sia un percorso facile…
“Non è facile andare avanti. Una malattia del genere ti cambia la vita: ogni tre mesi fai l’agoaspirato, hai l’ansia che possa ritornare, devi aspettare cinque anni per capire come procede. Hai un se continuo in testa: cosa faresti se dovesse tornare, se dovesse accadere questo o l’altro. Spero sempre che il mio ‘se’ duri tantissimi anni. Non vedo l’ora che passino dieci anni, che finisca tutto questo percorso perché voglio stare tranquilla e vivermi tutto serenamente. Anche se, purtroppo, non sarà più così perché la leucemia ti cambia la vita. Conosco tante persone che hanno la mia malattia, che l’hanno avuta, e quando si parla di malati oncologici è sempre tosta. Spesso sorrido, vado avanti e faccio finta di non avere avuto mai nulla, nonostante le chemio, che ancora continuo a fare, la perdita di capelli, il corpo che cambia. Nella vita si va avanti, si sorride. Io l’ho presa un po’ così. In reparto, da me, mi dicono che sono la madrina, la mascotte, un esempio da seguire. In realtà, ho solo voglia di vivere, di veder crescere mia figlia, di vederla sposarsi e avere dei figli; vorrei diventare nonna. La mia forza deriva da questo. Se non avessi avuto mia figlia, forse sarebbe stato molto diverso. Forse non avrei avuto tutta questa voglia di vivere, di lottare, di stare bene, che è quello cerco di fare tutti i giorni. Non c’è stato un giorno in cui io abbia detto che stavo male, nonostante fossi a un passo dalla morte, per via della leucemia fulminante. Il rischio di un’emorragia celebrale, nei primi 15 giorni, era molto alto. Quando arrivai in ospedale, mi è stato detto che, se li superavo, potevo stare bene. Abbiamo pregato. E’ stata tosta, è arrivata a ciel sereno. Ma siamo qui, ne stiamo parlando in questa intervista perché ci sono ancora. Sorrido e vado avanti.
Abbiamo già citato Chloe, tua figlia. Che rapporto hai con la tua bimba?
“E’ favoloso. Le dico sempre: ‘Giurami che ti ricordi che mamma ti vuole tanto bene’. Glielo faccio promettere. Farà cinque anni il 23 settembre. E’ una piccola peste, alcuni la definiscono una ‘mini-me’. Vuole fare la fashion blogger, la conduttrice. Canta, balla e fa tutto. Su alcuni aspetti, è davvero una ‘mini-me’. E’ la cosa più bella della mia vita. Per ogni mamma, i figli sono pezzi di cuore. E’ il mio motore, la benzina, per andare avanti in questa grande battaglia. E’ la mia vita. Cantiamo insieme, ogni tanto balliamo, giochiamo e scherziamo. Spero di vivermela ogni giorno di più”.
Interviste
Intervista esclusiva ad Emanuela Tittocchia: «CentoVetrine è stata l’avventura più bella,...

È reduce dall’esperienza intensa de L’Isola Dei Famosi, dove è entrata in corsa come “arrivista”, ma il pubblico televisivo la conosce maggiormente nelle vesti di attrice e opinionista tv. Parliamo di Emanuela Tittocchia, nota soprattutto per essere stata Carmen Rigoni nella celebre soap opera CentoVetrine. Un percorso artistico incominciato fin dalla giovane età, che ha dato a Emanuela tantissime soddisfazioni. Proprio come ci ha raccontato in questa intervista esclusiva, a cura di Roberto Mallò, in collaborazione con l’agenzia di stampa e PR Massmedia Comunicazione di Sante Cossentino.
Emanuela, sei reduce dall’esperienza all’Isola dei Famosi. Che sensazioni hai provato?
“La prima sensazione, quando mi hanno chiamato per dirmi che sarei entrata all’Isola Dei Famosi, tra l’altro in corsa perché il programma era già iniziato, è stata di terrore. Ho detto: ‘Oddio no, che vado a fare? Aiuto, è difficile. Ce la farò?’. In seguito, c’è stata la curiosità e poi, quando sono arrivata lì, tantissimo divertimento. Ci sono state sfide, difficoltà e quant’altro. La sensazione che mi è rimasta è stata però quella della bellezza del posto, del gioco con gli altri, anche delle arrabbiature. Alla fine, però, mi è rimasto il divertimento nel gioco e nello stare tra di noi. Sono stata e sono molto contenta di aver fatto questa esperienza. La sensazione che ho oggi è che ho affrontato una prova non facile per nessuno, perché non si mangia, si dorme a terra e con gli insetti, con coraggio. Mi sento molto più forte adesso. Non ho mai avuto un cedimento, né fisico, né psicologico, né intimo interno e umorale. Sono stata sempre molto lucida e forte. Questa cosa mi ha dato tantissima forza”.

Chi tra i naufraghi ti ha deluso di più? E chi, invece, hai apprezzato maggiormente?
“I naufraghi che mi hanno deluso di più, penso che si sappia, sono Roberto Ciufoli e Isolde Kostner per vari motivi. Un po’ sono stati detti, un po’ li abbiamo visti. Non voglio andare nei particolari, ma non sono stati leali. Spesso mi hanno detto: ‘Va beh, ma Isolde è una sportiva, sarà stata leale’. Non lo è stata. Ci sono anche delle altre cose, che io non dirò mai, in cui si sono rivelati molto sleali. Non voglio di certo essere come loro, per questo non le rivelerò mai. Posso dire però che il pubblico non li ha conosciuti per come sono, perché naturalmente certi fatti non li ho detti per non arrivare ai loro livelli. Sono due persone che non stimo per niente. Al contrario, la persona con cui ho legato di più è Rosaria Cannavò. E’ una ragazza stupenda, meravigliosa, che conosco da 15 anni. Ci eravamo un po’ allontanate perché la vita ci ha portato in posti diversi. Lei ha vissuto quattro anni a Lugano e io ero troppo presa dal lavoro. Ci siamo ritrovate: è una bella amicizia che continua. Le voglio molto, molto bene”.
Quando è nata in te la passione per il mondo dell’arte?
“La passione per il mondo dell’arte è iniziata veramente tanti anni fa. Mamma mi dice che quando ero piccola, avevo circa 2 o 3 anni, correvo verso il televisore indicando Totò. Ho sempre avuto questa grande passione per lui. Quando ho iniziato a scrivere, a 6 o 7 anni, riportavo su un foglio le frasi di Totò e le facevo ripetere alle mie amiche. Era una sorta di teatro, cinema, a modo mio. A 13 anni ho fatto poi un corso di recitazione, finché alle medie non sono stata la protagonista di uno spettacolo in teatro. Subito dopo il liceo, mi sono iscritta all’Università di Architettura, che ho finito laureandomi, ma nel frattempo ho frequentato la scuola di recitazione del Teatro Nuovo. Ho lavorato nelle televisioni private durante gli anni di Università e di scuola di teatro. Insomma, diciamo che la passione per l’arte mi accompagna da sempre”.

Sicuramente, un punto di svolta fondamentale della tua carriera è stata CentoVetrine. Che ricordi hai di quel periodo?
“CentoVetrine è stata l’avventura più bella, importante e duratura. Ha segnato la mia vita da ogni punto di vista. Ho un ricordo meraviglioso di quei 14 anni e del mio personaggio, Carmen Rigoni. Mi ha arricchito tantissimo quella esperienza. A livello professionale tanto. Stavo sul set tutte quelle ore, per recitare tutto il giorno e tutti i giorni dodici scene. Cambiavo i vestiti, lo stato d’animo in modo veloce da una scena all’altra, visto non c’era il tempo di ripeterle trenta volte, come al cinema o nelle fiction. Nelle soap è veramente tutto velocissimo; devi essere preparato. Per questo, CentoVetrine mi ha insegnato tantissimo. Ci stavo riflettendo anche l’altro giorno. Sono una che dice le cose in faccia, si sa. Non ho paura di scontrarmi, se devo dire qualcosa. Stavo invece pensando che, nei 14 anni della soap, non ho mai avuto una discussione, un problema con nessuno dei miei colleghi. Questo è perché, quando si fa un certo tipo di lavoro, bisogna affiancarsi a dei professionisti, così hai meno possibilità di discussione. Anche perché, di solito, si litiga con i cretini e con quelli che non sanno fare il loro lavoro, o almeno per me è stato così, ma lì a CentoVetrine ho sempre trovato gente molto preparata. Sono nate grandi amicizie, intese. Quando ci si incontra, anche se non capita spesso, è come vedere un cugino, un fratello. E’ proprio rimasto un rapporto strettissimo. Mi è dispiaciuto tantissimo quando CentoVetrine ha chiuso. Mi è dispiaciuto per noi attori, ma anche per gli addetti ai lavori. Alla fine, eravamo in duecento a lavorare lì. Secondo me si poteva davvero continuare”.
Hai altri ruoli, tra quelli interpretati, che ti sono rimasti di più nel cuore?
“Tutte le donne che ho interpretato in questi anni, nelle fiction, nel cinema, nelle soap e nel teatro, mi sono rimaste nel cuore. Sono una parte di me. Sandra Colombo di Non Smettere di Sognare, che era la conduttrice del talent omonimo della fiction, è stata davvero figa. Soprattutto perché rappresentava quello che io vorrei fare, ossia la conduttrice di uno show, di un varietà. E, in fondo, Non Smettere di Sognare rappresentava quelle caratteristiche, perché c’erano dei ragazzi che ballavano e cantavano. Se parliamo di fiction, anche Ombretta di Un Posto al Sole, una canaglia vera, mi è rimasta nel cuore. A teatro, invece, forse il personaggio che più mi fa commuovere è Corie, la protagonista di A Piedi Nudi Nel Parco di Neil Simon, che nel film è interpretata da Jane Fonda con Robert Redford che faceva Paul. Era una donna ingenua che all’inizio non riusciva a far funzionare il matrimonio con il suo uomo. Non capiva veramente come si faceva ad amare, a stare insieme con una persona, a rendere concreto un sentimento e viverla. E’ una storia divertente, ma anche bella e molto profonda. Per questo, Corie mi è rimasta nel cuore”.

Il pubblico ti conosce anche nelle vesti di opinionista. E’ un ruolo che pensi ti si addica?
“Fare l’opinionista mi piace molto. Non è semplice come può apparire. Lo faccio da tredici anni con Mediaset e credo di funzionare perché, altrimenti, non mi riconfermerebbero. Per essere opinionisti, intanto, bisogna avere un’opinione. Spesso le persone leggono delle cose e si fanno delle idee sugli altri. Invece, avere un’opinione propria è già la prima caratteristica che un’opinionista deve avere, così come bisogna che la esponga, che non abbia paura di dirla. Forse mi salva questo, il non avere timore del giudizio delle persone. Non mi importa di quello che gli altri pensano per quello che dico. Mi interessa chi sono io, conoscere me stessa, andare avanti e dire la mia quando me la chiedono. E se diventa un lavoro, ancora meglio. Tra l’altro, mi diverte il fatto, così come mi dicono i miei capi, che riesco a dare delle letture diverse da quelle più classiche e che danno tutti gli altri. Riesco a vedere una cosa da un altro punto di vista, che è la mia caratteristica come persona. Do una lettura un po’ più interessante, diversa”.
Spesso sei stata anche al centro del gossip. Ti è dispiaciuto che si parlasse della tua vita privata oppure no?
“Sinceramente, ho dato tantissimo spazio al gossip. Sono stata la prima a raccontarmi e a raccontare quello che stavo vivendo. Certe volte l’ho anche esasperato, perché sono fatta così. Questo è il mio carattere. In ogni caso, penso che sia giusto che le persone, se interessate, sappiano quello che viviamo al di là del lavoro. Credo sia doveroso per chi fa il mio mestiere. Non basta far vedere soltanto i film che faccio. Mi sembra giusto dire se sono fidanzata, come vivo le relazioni e con chi. Anche nella difficoltà, nei litigi e nei dissapori si può essere d’esempio, dare dei consigli e una chiave di lettura diversa a chi mi guarda e mi segue. Ho tante persone che mi chiedono consigli, che mi scrivono, che mi seguono dal punto di vista amoroso. Fanno parte dell’avere una passione verso un certo tipo di persona e di personaggio. Per questo, a me piace raccontare la mia vita privata”.
Ci sono dei progetti in ballo per il futuro?
“Ci sono tanti e bei progetti, che riguardano il mio lavoro. Ce n’è uno in particolare, che speriamo vada in porto. L’anno scorso, il 28 ottobre, dovevamo debuttare in teatro io, Pablo e Pedro e Marco Todisco al Teatro Tirso de Molina con lo spettacolo ‘Zoro… con una ere sola’, che è la parodia romana di Zorro. Un’opera molto divertente; loro sono bravissimi. Io faccio tre personaggi. Dovremmo riprendere le prove a metà ottobre e debuttare il 3 novembre. Speriamo quindi che tutto vada bene. E poi ovviamente tornerò come opinionista in tv, mentre ci sono delle cose che riguardano la fiction non ancora sicure, motivo per il quale non scendo nei particolari”.

Hai qualche sogno nel cassetto da realizzare?
“Ne ho tanti. Credo che avere dei desideri, dei sogni, sia quello che alla fine ci spinge ad andare avanti, a lottare, a non arrendersi mai. Ho tanti programmi nel cassetto; spero che uno di questi si riesca a fare. E’ un programma condotto e scritto da me. Questo è il primo grande sogno da realizzare. Inoltre, voglio tornare a cantare. Ho sempre cantato, ma non mi sono esibita tanto. Vorrei fare con la mia band uno spettacolo da portare in giro”.
Cosa ti piace fare nel tempo libero?
“Nel tempo libero, mi piace riposarmi un po’. Lo devo fare per forza, perché sto sempre in giro e a quando sono a casa devo rilassarmi. Mi piace molto andare alle terme, fare dei messaggi. Inoltre, adoro leggere e scrivere. La mattina, quando ho tempo, mi metto al computer a scrivere, dopo colazione. Certe volte mi sveglio presto perché ho l’esigenza di farlo”.
Ti saluto con un’ultima domanda. Hai appena compiuto gli anni. Come hai festeggiato?
“Ho festeggiato con la Nazionale Attori, fondata nel 1971 da Pier Paolo Pasolini e Livio Lozzi, che celebrava appunto i suoi 50 anni di attività alla Contea Blu del Sunset Beach, un luogo bellissimo a Fiumicino, sul mare. C’erano tanti ospiti: da Ninetto Davoli a Luca Capuano, passando per Franco Oppini, Raffaello Balzo, Stefano Masciarelli, Edoardo Velo, Stefano Orfei, Mago Heldin e le amiche Ada Alberti, Rosaria Cannavò, Eliana Michelazzo. È stata una serata bellissima, ma ho festeggiato il mio compleanno tante altre volte in questi giorni. Ho proprio voglia di stare con amici, di condividere momenti insieme alle persone a cui voglio bene”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva ad Alejandra Meco: «Lavorare in Italia per me sarebbe un sogno»

Sbircia la Notizia Magazine, sempre più international, sbarca ancora una volta in Spagna! Questa volta la nostra ospite è Alejandra Meco, un’attrice spagnola diventata popolare in Italia per la sua partecipazione nelle soap “Una Vita” nel 2016-2017 e ne “Il segreto” nel 2018-2019. Ha inoltre recitato anche nelle serie tv “Aída” e ne “El Caso“. Prima di scoprire la sua passione per la recitazione, ha studiato per 12 anni danza classica al Conservatorio di Madrid. Alejandra è innamorata del nostro Paese, parla benissimo la nostra lingua e il suo sogno è quello di poter lavorare, un giorno, in una produzione italiana. Per questo noi l’abbiamo incontrata e per l’occasione ci ha concesso una ricca intervista, raccontando un po’ di se e delle sue esperienze professionali. Buona lettura!
*Le foto pubblicate in questo articolo sono di: Jose Noise, Silvia de la Fuente, Carlos Villarejo e Pancho Portillo.
Ciao Alejandra, siamo felici di averti con noi oggi. Innanzitutto presentati un po’ ai nostri lettori: come ti descriveresti nella vita di tutti i giorni?
Mi considero una persona molto attiva, che non sa stare ferma: sono sempre in movimento. La verità è che ho appena il tempo di sdraiarmi sul divano, a volte mi propongo di passare una giornata tranquilla, ma faccio fatica!
Alejandra, nonostante tu sia spagnola stiamo realizzando questa intervista completamente in italiano. Tu lo parli benissimo, sappiamo che ami il nostro Paese e che hai vissuto per un anno a Milano. Cosa porti nel cuore maggiormente della tua permanenza in Italia?
Qualunque cosa! Le persone, l’architettura, i paesaggi, ma soprattutto il cibo! L’anno in cui ho vissuto in Italia è stato uno dei più belli della mia vita. Sono sempre stata legata in qualche modo all’Italia. Mia madre diceva sempre che questo Paese era fatto per me. E qualche tempo fa ho saputo che il mio bisnonno era italiano (umbro), penso che questo legame con l’Italia sia nel mio sangue.

Oltre Milano quali altre città hai visitato?
Vorrei aver visitato più città. Un’estate mi piacerebbe fare un bel giro dell’Italia e scoprire altri luoghi che non ho ancora il tempo di visitare. Speriamo che la situazione Covid migliori presto per poterlo fare. Conosco Roma, ci viaggio spesso, adoro questa città e perdermi per le sue strade passeggiando. Inoltre Firenze, Torino, Milano, Bergamo, Como, Venezia, Verona, Genova, Napoli e ho percorso la Sicilia.
“Una Vita” (Acacias 38) e “Il segreto” in Italia hanno avuto un gran successo e tu sei stata protagonista in entrambe le soap. Che ricordo hai della tua esperienza in Acacias 38 e qual è stata la tua reazione quando la produzione ti ha comunicato il tragico destino della tua Teresa?
È stata la mia prima grande opportunità seria come attrice. È stato un sogno… una scuola. All’inizio è stato molto difficile, ma mi ha fatto imparare molto sia personalmente che professionalmente. Quando ho saputo del finale di Teresa ero molto triste, l’ho saputo da un collega della casa di produzione che aveva letto le nuove sceneggiature. Per me è stato uno shock, non ne avevo idea. È accaduto quando avevo finito a “Il Segreto”, la stessa settimana. Molte emozioni mescolate… Avevo una piccola speranza che Teresa sarebbe ricomparsa ad un certo punto con Mauro o almeno nei ricordi dei personaggi sarebbero stati felici. È un personaggio che ha sofferto molto e che personalmente ho protetto e curato molto. Ma alla fine è finzione e le decisioni sono in mano agli sceneggiatori.

Anche “Il Segreto” ha rappresentato un tassello molto importante per la tua carriera. Cosa ricordi in particolare di questa tua esperienza e come si è evoluto il tuo personaggio?
In un certo senso, per me è stato come tornare a casa. Il Segreto è prodotto dallo stesso produttore di Acacias (Aurora Guerra), gli stessi creatori e sceneggiatori e per di più condividono un set. Quindi era tutto conosciuto ma nuovo allo stesso tempo. È stata un’ottima opportunità per continuare a imparare. Il mio personaggio fin dall’inizio si è presentato sofferente! Penso che, come Teresa in Una Vita, sia un personaggio molto buono, con un buon cuore e con valori molto nobili. Ho imparato molto da loro due.
Acacias 38 è ambientata tra il 1899 e 1920 e naturalmente anche il guardaroba è stato scelto facendo molta attenzione ai dettagli che, nelle serie storiche, sono fondamentali per la buona riuscita del prodotto. Come ti sei trovata a dover girare le scene in abiti un po’ diciamo “pesanti” e così diversi da quelli che si indossano ai giorni nostri?
Gli abiti erano stupendi, le costumiste hanno fatto un ottimo lavoro. Gli abiti mi hanno aiutato molto durante la creazione e la costruzione del personaggio. Faceva parte del rito: indossavo quei vestiti, mi pettinavo ed ero subito Teresa. Devo ammettere però che a volte gli abiti mi hanno creato anche qualche difficoltà. Soprattutto d’estate con tanti strati di vestiti (corsetto, sotto corsetto, camicia, sottogonna, gonna, calze e stivali sia d’estate che d’inverno), in piena estate era molto dura. Non si poteva accendere l’aria condizionata durante la registrazione perché era molto rumorosa. A volte la memoria faceva brutti scherzi a causa del caldo e dimenticavo qualche battuta. Lavoravo a lungo, quasi tutti i giorni a tempo pieno, registrando 12 ore al giorno. E la cosa peggiore che ho indossato è stato il corsetto. Lo odiavo! (ride, ndr) Anche se non l’avevamo stretto come all’epoca era difficile respirare bene. Un giorno che faceva molto caldo ho dovuto interrompere la registrazione perché non riuscivo a respirare con normalità e mi hanno aiutato a riprendermi. Nonostante tutto ciò, ne è valsa comunque la pena per il bellissimo risultato sullo schermo!

Oltre a queste due soap quali altre esperienze lavorative hanno contribuito alla tua crescita professionale e personale?
Ho fatto delle piccole apparizioni in “Aída” e ne “El Caso” In questo periodo ho avuto l’occasione di formarmi come attrice con maestri spagnoli e internazionali che ammiravo molto e il cui metodo ero curiosa di conoscere. Anche nel contesto del teatro, in cui non ho molta esperienza e nel quale mi piacerebbe lavorare. Per me è importante essere sempre formata come attrice, non si sa mai quando può arrivare una grande opportunità.
Cosa hai studiato per diventare attrice?
Diciamo che per diventare attrice mi ha aiutato non solo studiare recitazione durante i vari anni con diversi maestri, ma anche studiare danza, imparare lingue, fare dei viaggi, oltre naturalmente alla carriera universitaria, ma soprattutto le esperienze personali. Penso che anche le esperienze della vita aggiungano molta ricchezza all’attore.

Il Coronavirus ci ha colpiti l’anno scorso un po’ tutti alla sprovvista, abbiamo vissuto e stiamo tutt’ora vivendo un periodo piuttosto difficile. In qualche modo questa pandemia ha cambiato le vite di tutti, quale impatto ha avuto in particolare sulle tue abitudini?
Ho vissuto il lockdown come un’esperienza tutto sommato positiva, anche se subito dopo ho preso il Covid. È stato un momento di sosta, tutti si sono fermati e tutto si è fermato. Credo che oltre alla parte drammatica, abbia portato cose buone, sia a livello ambientale che di coscienza. Nel mio caso è stato un momento per meditare e prendermi del tempo per me stessa. La parte difficile è stata essere separata dalle persone a cui voglio bene. Ancora oggi limito molto gli incontri sociali, li procrastino molto nel tempo, penso sia importante fare un piccolo sforzo, non si conoscono mai le conseguenze che possono avere sugli altri. In particolare, nel mio nucleo familiare ho persone a rischio e non voglio assumermi questa responsabilità di fare loro del male. È un piccolo sacrificio, ma non possiamo lamentarci. I nostri antenati hanno passato periodi molto più duri di quello che stiamo vivendo attualmente.
Ci sono attualmente nuovi progetti in cantiere? Ti rivedremo prossimamente ancora protagonista o stai dedicando un po’ di tempo a te stessa lontana dalla macchina da presa?
Magari! A causa del Covid le produzioni sono state sospese. Avevo un progetto teatrale che mi entusiasmava molto e alla fine non è potuto andare avanti. Sto aspettando di nuovo un’opportunità. Finora ho continuato a formarmi come attrice e a coltivare la pazienza. Purtroppo la vita dell’attore è fatta di tante pause tra i lavori, contrariamente a quanto si possa pensare, sono pochissimi gli attori (tranne quelli famosi) che agganciano un lavoro all’altro. Lo nostra quotidianità consiste nell’aspettare che squilli il telefono e nel tenere a bada la disperazione. Rimango ottimista, so che arriverà una bella opportunità e potrò fare ciò che mi piace di più al mondo: recitare.

Ti piacerebbe lavorare in Italia?
Sì! Sarebbe un sogno lavorare in Italia. Sono fan dei film e delle serie italiane. All’università ho studiato storia del cinema italiano e da allora mi piace seguire le produzioni che si fanno lì, penso che ci siano molte produzioni interessanti. Speriamo che un giorno si presenti l’occasione.
Ti sei laureata in danza classica al Real Conservatorio Profesional de danza di Madrid, poi però hai deciso di seguire un altro tuo sogno, ovvero quello di fare l’attrice. Oltre ad avere un fisico perfetto per una ballerina, hai anche le competenze necessarie per poter trasformare la tua passione in un lavoro. Attualmente ti stai dedicando alla danza? E quali sono i tuoi programmi per il futuro?
Sì, da piccola volevo fare la ballerina. Quando avevo circa 8 anni, ricordo che andavo al cinema a vedere Harry Potter e imitavo Hermione a casa, con un’amica facevamo doppiaggio. Immagino che la spinta alla recitazione sia sempre esistita in me. Ma ero troppo timida per ammettere che volevo fare l’attrice. Negli ultimi anni della mia carriera come ballerina mia madre mi ha iscritto a un corso di recitazione e da allora ho capito che era lì che volevo che andasse il mio percorso. Ho terminato la mia carriera di ballerina e non ho più ballato. Ho passato un brutto momento, avevo una bassissima autostima, la disciplina del conservatorio era molto dura e mi ha fatto soffrire molto, avevo un’ idea negativa della danza. Qualche mese fa c’è stato un casting dove cercavano una ballerina classica e ho ricominciato ad allenarmi. Anche se non mi hanno preso, ho continuato con le lezioni. Continuo ancora e le amo. Lo vivo in modo diverso, mi diverto di più e mi giudico di meno, non ho la pressione di quegli anni. La danza mi ha insegnato cose buone come: disciplina, perseveranza ed educazione. Cose che penso siano molto necessarie nella mia professione. Non ho progetti per il futuro, penso che sia un lavoro in cui non si può pianificare molto. Nemmeno le vacanze! Da un momento all’altro può cambiarti la vita! Quindi preferisco essere sorpresa.

Quali sono i tuoi gusti musicali? Ascolti le canzoni italiane?
Mi piace molto la musica. I miei gusti musicali sono cambiati nel corso degli anni. Prima ascoltavo molto rock, adesso ascolto di tutto. E mi è sempre piaciuta la musica italiana! Quando ero adolescente ascoltavo, ovviamente, Laura Pausini, Tiziano Ferro, Zero Assoluto ecc. Adesso ascolto più Paolo Conte, Andrea Laszlo de Simone, Lucio Dalla, Galeffi, Caparezza, Ghali, ecc.
Quali sono i valori più importanti nella tua vita e a cosa non rinunceresti mai?
Ad essere una persona nobile, semplice, educata e rispettosa verso le persone e l’ambiente.
Con quale regista ti piacerebbe lavorare?
Mi piacerebbe lavorare con molti registi italiani che ammiro. Paolo Sorrentino è tra i miei preferiti: il suo stile è unico. Ma sarebbe un sogno recitare anche per Emanuele Crialese, Paolo Virzì, Matteo Garrone, Marco Bellocchio… ce ne sono tanti!

Con quale tuo collega hai legato maggiormente? Che rapporto c’è tra voi adesso che non lavorate più sullo stesso set?
Mi sono trovata molto bene con i miei compagni di set. Ho un’ottima amicizia con Mónica Portillo (Humildad in Una Vita) Marita Zafra (Casilda in Una Vita) José Gabriel (Onésimo in Il Segreto) E ovviamente Alessandro Bruni (Álvaro in Il Segreto) che è il mio compagno.
Alejandra, grazie per aver risposto alle nostre domande. In bocca al lupo per la tua carriera da parte mia e di tutta la redazione di Sbircia la Notizia Magazine!
Grazie a voi! Volevo anche ringraziare il sostegno del pubblico italiano che mi ha seguito in tutti questi anni. L’amore che ricevo è incredibile. Poco tempo fa è stato il mio compleanno e ho ricevuto un bellissimo bouquet da un fan italiana con una nota che mi ha fatto emozionare. Sono molto fortunata. Spero presto di poter visitare il vostro Paese e spero che sia a causa di una produzione italiana!
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva ad Iva Zanicchi che ripercorre alcune fasi salienti della sua...

La sua fama la precede, visto che ha da poco festeggiato i 55 anni di attività. Con le sue canzoni si sono emozionati e innamorati tutti gli italiani. Parliamo di Iva Zanicchi, cantante prestata anche alla tv, in qualità di conduttrice e attrice, dato che ha preso parte a diversi film e fiction di successo. Attualmente, ogni settimana è in onda, per due sere, con la nuova edizione dell’Isola dei Famosi condotta da Ilary Blasi, dove ricopre il ruolo di opinionista al fianco di Tommaso Zorzi ed Elettra Lamborghini. Iva si è raccontata a Sbircia la Notizia Magazine, ripercorrendo alcune fasi salienti della sua carriera.
LA NOSTRA INTERVISTA ESCLUSIVA

Con la preziosa collaborazione di Roberto Mallò
Iva, da poco ha festeggiato i 55 anni della sua carriera da cantante. E’ stata la voce di tante canzoni di successo, dall’iconica Zingara, passando per il suo primo grande successo Come ti Vorrei, versione italiana di Cry To Me di Solomon Burke, e Le Montagne (Ci amiamo troppo), il riadattamento di River Deep – Mountain High di Ike & Tina Turner che di recente ha ricordato all’Isola dei Famosi. La domanda sorge spontanea: quando è cominciata la sua passione per la musica?
“Ho iniziato a studiare musica a Reggio Emilia, quando sono andata da mio zio, il fratello di mia madre. Esattamente come capita anche oggi ai giovani che intendono fare carriera nel mondo della musica, mi presentavo ad ogni concorso, sia grande, sia piccolo, della provincia e nazionale. La grande occasione è arrivata grazie a Castrocaro, che però non ho vinto a causa di un calo di voce. Tuttavia, quella sconfitta è stata importante; perché è da quella esperienza negativa che ho cominciato a farmi le ossa. Da Castrocaro ho comunque avuto un contratto, in quanto finalista, ed ha preso il via la mia gavetta, che è sfociata poi anche a Sanremo, che ho vinto tre volte. Se devo però dirle quando è iniziata la mia passione per la musica, il merito va al grande Ermanno Olmi che, quando ero bambina, veniva ogni anno nel mio paese per portare in scena i suoi bellissimi spettacoli. All’epoca, ancora nessuno conosceva Olmi, né tanto meno poteva immaginare la carriera che avrebbe fatto. Ad ogni modo, è stato lui che mi ha fatto scoprire la passione per il teatro, per il canto, per la musica”.
Oltre all’attività di cantante, ha fatto sia la conduttrice, sia l’attrice. Quali esperienze le sono rimaste maggiormente impresse?
“Tra le esperienze televisive più importanti non posso non citare Ok, Il prezzo è Giusto, che mi ha visto padrona di casa per oltre dieci anni. Ci sono stati poi due spettacoli musicali, che ho condotto su Rete 4, ossia Testarda Io ed Io Tra di Voi. Avevamo un’orchestra dal vivo, in cui era presente il maestro Fabbri e abbiamo portato tante personalità del mondo della musica, tra cui Milva, la mia grande amica che è venuta a mancare qualche giorno fa. Le parentesi d’attrice, invece, mi hanno molto divertita. Con Virna Lisi, ad esempio, ho fatto Caterina e le sue figlie, mentre con la regia di Marco Risi sono stata tra i protagonisti de L’Ultimo Capodanno. Non è mancata nemmeno un’apparizione ne L’ispettore Coliandro, al fianco di Giampaolo Morelli. Tuttavia, e questo ci tengo a precisarlo, sia la conduzione, sia la recitazione non le considero il mio vero e proprio mestiere, anche se accetterei volentieri altre proposte in tal senso. Comunque sia, sono nata e continuo ad essere cantante. Anche adesso, sto facendo l’opinionista a L’Isola dei Famosi. Non è la mia professione, anche se mi diverto tanto”.

A proposito dell’Isola dei Famosi, dove ricopre come ha detto il ruolo di opinionista. Che rapporto ha instaurato con la conduttrice Ilary Blasi e con i suoi “colleghi” Elettra Lamborghini e Tommaso Zorzi?
“All’Isola dei Famosi sono tutti molto carini e simpatici; si lavora bene e mi sento completamente a mio agio. Ilary Blasi, oltre ad essere una professionista, è sempre molto carina e disponibile con tutti. E’ una persona schietta, ma questo non le impedisce di avere un rispetto profondo per le persone che lavorano con lei. In queste settimane, non ho mai assistito ad un suo scatto d’ira. E posso assicurarle che non è semplice mantenere la calma, soprattutto quando c’è una diretta, con tutti gli imprevisti che capitano, da affrontare. Spendo belle parole anche per Elettra e Tommaso. La prima ha un grosso seguito di follower perché è conosciuta anche a livello internazionale; è altruista, generosa, puntualissima negli orari da rispettare. Mi diverte tantissimo quando fa il twerking. Zorzi ha vinto di recente il Grande fratello vip; è il successo del momento. E’ colto; sa parlare benissimo e questo è senz’altro notevole. Credo che la conduzione sia davvero il suo futuro. Tra l’altro, sia Elettra, sia Tommaso hanno rispetto per le persone più grandi di loro. Questa è una bella qualità”.
Attualmente, lasciando da parte l’Isola dei Famosi, a quali progetti si sta dedicando?
“Lo dico in ogni intervista che faccio, ma spero di riuscire a fare quel programma, in due puntate, sulle reti Mediaset, con colleghi e amici, per celebrare i 55 anni della mia carriera, che inevitabilmente ripercorreranno anche quella che è stata la storia dell’Italia legata ai vari periodi che attraverseremo. Non c’è una data di messa in onda vera e propria, al momento; tutto dipenderà da come proseguirà la pandemia che ci ha colpito, ragion per cui potrebbe venire rimandato anche a settembre. Per questa occasione sto anche preparando un nuovo disco. Infine, mi è arrivata la proposta di fare un musical in teatro questo inverno”.

Ha vinto tre volte il Festival di Sanremo. Se capitasse, lo rifarebbe?
“Credo di no. Non lo dico perché voglio fare la snob. Parteciperei magari come ospite; alla mia età non me la sento però di tornare a gareggiare. Lascerei spazio agli artisti più giovani, dato che hanno bisogno di emergere e la vetrina di Sanremo resta molto importante”.
Che rapporto ha col suo pubblico?
“Ho molta riconoscenza verso chi mi segue; una riconoscenza che è totale. Mi mantengo in contatto con i miei fan anche attraverso i social. Faccio sempre un selfie o un video quando qualcuno mi incontra per strada e me lo chiede. Ricambio tutto l’affetto che loro mi danno”.

So che è una grande appassionata di piante. Come si occupa di loro? E, soprattutto, quali sono le sue altre passioni?
“Sì, mi prendo molto cura delle mie piante perché sono fermamente convinta del fatto che abbiano un anima, che ci sentano. Per il resto, posso dirle che non sto mai ferma. Sto scrivendo, in questi giorni, il mio quarto libro, fondamentalmente perché la scrittura mi appassiona tantissimo”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Coronavirus
Intervista esclusiva a Simona Tagli: «Nel mondo dello spettacolo ho avuto buoni rapporti...

È uno dei volti noti del piccolo schermo, con all’attivo 30 anni di attività professionale da conduttrice e non solo. Parliamo di Simona Tagli, spesso ospite in qualità di opinionista nei vari programmi in onda sulle nostre reti nazionali. Noi di Sbircia La Notizia Magazine l’abbiamo contattata per farle un’intervista, in cui ha ripercorso le fasi più salienti della sua attività in televisione ma anche da impeditrice, visto che ha rifondato lo storico marchio de La Vispa Teresa, uno dei saloni di parrucchiere più famoso di Milano.
Con la preziosa collaborazione di Roberto Mallò
Salve Simona, come si descriverebbe nella vita di tutti i giorni?
“Sono una mamma molto attenta e una donna impegnata, a 360°, in tutti i fronti. Affronto tantissime battaglie nella vita. Nei momenti di relax mi piace oziare nel dolce far niente perché credo che la noia, quando si è in vacanza, sia molto importante per rigenerarsi. Anche non far niente, ascoltare il silenzio, bella tranquilla in momenti di solitudine, è molto rigenerante. Tuttavia, mi descrivo sicuramente come una persona molto energica, impegnata, combattiva e volitiva”.

In che maniera si è avvicinata al mondo dello spettacolo?
“Guardando la tv. Sin da bambina, quando ero molto piccola, volevo lavorare nel mondo dello spettacolo. Mi piacevano le trasmissioni di Macario. Avevo due modelli: Raffaella Carrà per la televisione, Carla Fracci per il balletto classico. Da lì, ho mosso tutti i passi che dovevo fare, sia Alla Scala, dove sono stata presa anche se ad un certo punto ho dovuto lasciare perché sono tante le selezioni per diventare étoile, sia in televisione con il grande successo di Gianni Boncompagni a Domenica In. Ho ripercorso esattamente la strada che volevo fare, amando tantissimo la Carrà. Ho incontrato Boncompagni, che mi ha lanciato nel mondo dello spettacolo e mi ha fatto raggiungere la notorietà, anche se sin da piccola ho mosso i primi passi con gli spot pubblicitari. Ne ho fatti davvero tanti. Ci sono state poi altrettante trasmissioni; magari non come personaggio conosciuto ma semplicemente da Simona. Mi sono approcciata al mondo dello spettacolo in un tempo in cui era più semplice fare televisione, ma anche molto più difficile raggiungere i propri obiettivi perché non c’erano i social. Inoltre, arrivare alla conduzione di un programma o alla notorietà era un po’ come vincere un terno al lotto. Quest’ultimo l’ho vinto sia incontrando Gianni Boncompagni, sia Irene Ghergo”.
Sono passati trent’anni dall’inizio della sua carriera. Quali ricordi le sono rimasti più impressi?
“I ricordi sono sicuramente legati alle persone che, purtroppo, oggi non ci sono più: Gianni Boncompagni e Gigi Sabani. Ho incontrato due professionisti di serie A. Ho incontrato la Professionalità. Ho mosso i miei passi in una televisione d’altri tempi, perché ormai è profondamente cambiata, ed ho avuto la fortuna di lavorare con persone che hanno fatto la storia. Per me poi arrivare a Domenica In, alla Rai, a fare i balletti è stato fantastico. Mi sentivo inebriata e cosparsa da polvere di stelle. Anche se sono passati trent’anni, i ricordi sono freschi come se fosse ieri. Probabilmente perché sono una persona che ragiona poco con la testa e sente molto con il cuore, che non invecchia mai. Il mio cuore è ancora lì a Domenica In”.

Ha riaperto un salone di parrucchiere, La Vispa Teresa. Come è nata questa idea?
“In realtà, non so dire bene perché ho riaperto La Vispa Teresa. Sicuramente non considero il negozio un piano b rispetto alla televisione perché, oltre a fare quella, mi piace anche tagliare i capelli. Se avessi le prime serate in tv, mi presenterei comunque nel salone a tagliare i capelli ai bambini, sia perché li amo, sia perché mi piace tagliare i capelli. Forse, nel mio cognome esiste anche un percorso di vita: ‘I tagli della Tagli’. Ho recuperato La Vispa Teresa perché, insieme a Gianburrasca, era uno dei parrucchieri di riferimento per i bimbi di Milano negli anni ‘70. La mia idea, imprenditoriale, era quella di recuperare un marchio storico. In fondo, le bimbe di ieri sono le mamme di oggi, le mamme di ieri sono le nonne. E’ un ciclo perpetuo. Volevo quindi portare avanti una tradizione milanese, rivolta un po’ anche al sociale. Luogo dei tempi nostri, attuale, ma con un occhio al passato. Chissà, in futuro sarebbe bello poter far nascere altri negozi de La Vispa Teresa e divulgare il marchio. Al momento, data la situazione, siamo chiusi ma penso che andrà comunque tutto bene perché sono una persona ottimista”.
Il target di riferimento del salone qual è?
“Il core business è rivolto al bambino, perché il parrucchiere è per i bambini. Oggi, rispetto a La Vispa Teresa di ieri, da me possono fermarsi anche le mamme per una piega, per un colore. Ho unito i due target che continuano a rimanere e sono agli opposti. La mamma, come donna, rappresenta un target completamente diverso rispetto al bambino. Nasce un concetto di esperienza vissuta insieme nel momento in cui mamma e bambino vanno dal parrucchiere insieme e quindi è un’esperienza che condividono. E’ lì che nasce la sfida di mettere insieme due mondi così opposti”.

Le manca la televisione?
“Penso che la televisione manchi a tutte le persone che non la fanno. Rappresenta uno dei lavori più belli che ci sono. Per come ho sempre pensato di fare io tv, ossia con la polvere di stelle come segno della magia che ha intorno, mi manca. Tuttavia, nella vita di tutti i giorni ho sempre tantissimi progetti, compresi quelli televisivi. Oggi si fa tv, si fanno i social. I personaggi riescono a trovare delle forme d’espressione non solo televisive, sotto il punto di vista dell’immagine. I social, per esempio, aiutano molto in questo. Laddove non c’è una conduzione televisiva, oggi ci sono poi i reality. Ormai è diventato una professione fare anche gli ospiti. Insomma, non è più la televisione di una volta quando si combatteva per presentare Sanremo, piuttosto che un’altra trasmissione. Si potevano tracciare dei percorsi per arrivare a presentare dei programmi. Oggi purtroppo la televisione è condotta da pochi e tutto il resto è intorno. Segno dei tempi cambiati. La cosa importante è però che c’è posto per tutti. C’è una televisione più reale, rispetto ad un tempo. Non mi manca sicuramente la televisione del passato, perché il concetto è quello sempre di andare avanti e vivere nel presente. Mai nei ricordi”.
Esiste l’amicizia tra colleghi in televisione?
“Non credo che esista l’amicizia tra colleghi nel fare spettacolo. Tutti combattono. Lo spettacolo è un po’ come un’arena dove tutti combattono per apparire. Quindi io ho avuto buoni rapporti con tutti, ma amicizie con nessuno”.
Come hai vissuto questo tempo caratterizzato dal Coronavirus?
“Il Coronavirus è il virus della riflessione. Ci ha messo tutti nella condizione di fermarci in un momento non prefissato e arrivato inaspettatamente. Prima ci si muoveva in modo frenetico e di colpo abbiamo dovuto fermarci e chiuderci dentro casa, dove abbiamo potuto riflettere sulla nostra vita, sull’impossibilità di fare le cose e, di conseguenza, su come rendere possibile la nostra vita senza movimento. E’ una sfida che abbiamo fatto con noi stessi, che io ho fatto con me stessa, anche essendo una persona riflessiva e osservatrice delle cose che accadono. Sicuramente, il Coronavirus mi ha cambiato, così come ha fatto con tutti quanti, e non ci sarà più la possibilità, secondo me, di ritornare come si era. O per lo meno, torneremo tutti a fare le cose che facevamo, ma ci ricorderemo che quello che pensiamo sia scontato, in realtà, non lo è per niente. Riflettere su quanto è importante la vita e come viverla nel migliore dei modi, anche se si è impegnati in tantissimi progetti, questo è il grandissimo insegnamento che ci ha dato il Coronavirus. E’ su questo che io mi soffermerei; è il concetto della trasformazione. Quindi, trasformare la condizione in questi momenti è molto importante. La condizione anche della sofferenza. Punterei l’attenzione sul trasformare le cose che non ci piacciono in un qualche cosa di positivo, che abbia anche un perché. Il lockdown l’ho vissuto in questo modo. Cercando di trovare tutti gli argomenti immaginabili possibili per dare un senso a questo momento surreale, irreale, di sospensione. Ho reso possibile qualsiasi tipo di ragionamento intorno a una condizione che non ci ha dato nessun tipo di spiegazione, insomma. E’ arrivato così. Sparirà, speriamo presto, e noi siamo qua inermi a vedere che succede. Dobbiamo cercare di trovare tutte le parole, tutti i pensieri, tutte le introspezioni per dare un senso a questo momento di fermo mondiale”.

Li abbiamo già citati prima. Suppongo che le piacciano i reality…
“Credo molto nei reality. Mi piacciono. Mi sono creata il mio reality quotidiano, ossia La Vispa Teresa, dove scendo dal piedistallo e mi faccio conoscere per un mio hobby, una mia passione, che è quella di tagliare i capelli. Per cui, mi metto in luce con una mia caratteristica. I reality mi piacciono perché sdrammatizzano un po’ i personaggi. Dal Grande Fratello, che è bellissimo, a Pechino Express, piuttosto che L’Isola dei Famosi. Insomma, tutti questi reality sono significativi per quanto riguarda un personaggio che è sconosciuto agli occhi del proprio pubblico. Mettersi in luce e far conoscere parti intime e personali è, secondo me, molto importante nella naturalezza di una televisione come la si vede oggi. C’è meno impalcatura e più verità, che si ricerca. Ecco perché i reality imperversano. Non ho nessun tipo di preclusione al genere”.
Cosa fa nel tempo libero?
“Nel tempo libero, che ormai è diventato tantissimo, mi piace occuparmi di mia figlia, oltre che progettare, trasformare e pregare”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Coronavirus
Intervista esclusiva a Nadia Rinaldi: «Della mia esperienza all’isola voglio...

È tra le attrici italiane più conosciute del teatro, del cinema e della televisione. Parliamo della grandissima Nadia Rinaldi, che si è raccontata a Sbircia La Notizia Magazine attraverso questa intervista esclusiva, dove ci ha parlato anche della sua recente collaborazione con Medicanet, esperta in medicina integrativa per aiutare a migliorare il corpo anche di chi è un po’ pigro ad allenarsi o non può dedicare allo sport abbastanza tempo. Tra ricordi del passato e progetti nuovi, ecco quindi che cosa ci ha svelato la Rinaldi.
Con la preziosa collaborazione di Roberto Mallò
Salve Nadia, come si descriverebbe nella vita di tutti i giorni?
“Sono una donna normalissima, anche se sono consapevole di essere una persona che appartiene al mondo dello spettacolo pure quando cerco di essere un comune mortale. Me ne accorgo fondamentalmente perché il pubblico mi ricorda ogni giorno il mestiere che faccio. Questo mi lusinga perché puoi anche stare fuori dalle scene per molto tempo ma, se hai lasciato dei ricordi bellissimi e dei lavori belli fatti in passato, le persone conservano un prezioso ricordo di te. Mi definisco un’addetta del mondo dello spettacolo, che conduce una vita normalissima. Oltre al lavoro, che quest’anno è stato veramente poco, bisogna concentrarsi sulla famiglia, che è il punto più forte”.
Quando si è avvicinata per la prima volta al mondo dello spettacolo?
“A 20 anni, dopo il liceo artistico. E’ una passione che ho sempre conservato, sin dalle scuole medie. Andavo a scuola dalle suore. Per loro, il teatro era una disciplina molto importante. Grazie a loro, mi sono avvicinata a questo mondo meraviglioso. Non hanno mai fatto nulla per ostacolare questa mia passione. Sono state proprio loro che mi hanno portato a vedere gli spettacoli, all’età di 14 anni. Uno è stato l’Otello, al Teatro Quirino, con la regia di Alvaro Piccardi e con Vittorio Gassmann. Quando sono entrato nel laboratorio di Gigi Proietti, appena ventenne, Piccardi è stato proprio il mio insegnante. Tutto torna, insomma”.

Tra il cinema e il teatro che cosa preferisce?
“Tra il cinema e il teatro ho sempre preferito quest’ultimo. Nasco con il teatro e devo tutto al mio Maestro, che è stato Proietti. Ha creduto per primo in me quando, a 20 anni, ha preso per mano la capellona pienotta perché ha capito che aveva delle credenziali per continuare a studiare e a fare questo mestiere. Con le sue accortezze e la sua grande maestria, ha fatto in modo che io venissi a conoscenza delle mie capacità. Devo tutto a Gigi. Ad ogni modo, il Cinema è stato un grande riscontro, con Christian De Sica che è venuto a vedermi al saggio del diploma nel laboratorio di Proietti e mi ha chiamato per fare il provino Faccione. Sicuramente il cinema è magia. Si riescono a nascondere tante magagne e ti porta da un’epoca all’altra in breve tempo. Ti fa sognare. Si spengono le luci in sala ed entri. Il teatro è un lavoro più artigianale, dove la fatica è costante e tutte le sere la devi dimostrare sul palco. E’ bello perché tutte le sere il pubblico cambia, ma ti rendi conto, anche se reciti lo stesso copione, che anche tu fai uno spettacolo diverso”.
A quali colleghi del cinema e del teatro si sente maggiormente legata?
“Sicuramente con De Sica ho legato tantissimo; siamo affiatatissimi. Tuttavia, devo dire che con tutti i colleghi ho lasciato dei grandi ricordi e mi hanno lasciato dei grandi insegnamenti. A cominciare dal grande Nino Manfredi, con cui ho fatto la fiction Un Commissario a Roma con la prima regia di Luca Manfredi, con Alberto Sordi e tanti altri. In teatro, le cose più belle e meravigliose credo invece di averle fatte con Gigi Proietti. C’è stata una grande esperienza con Giorgio Strehler, nel 1994, con I Giganti della Montagna, dove tutti i pilastri del Piccolo di Milano facevano parte della compagnia. Mi sentivo onerata di stare in una grande macchina geniale, guidata da un Maestro”.
A causa del Coronavirus, come sono cambiate le sue abitudini?
“Il Coronavirus, ahi noi, ha cambiato le abitudini di tutti, in tutto il mondo. Ha messo delle regole nuove che sicuramente continueremo a seguire se saremo delle persone diligenti anche in futuro. Io credo che il mondo fosse un po’ stanco di essere sempre maltrattato. Non so se sia una guerra batteriologica, la terza guerra mondiale, ma siamo di fronte ad un grande mostro di cui dobbiamo avere paura. Seguire le regole non fa parte troppo della nostra etica. Vogliamo sempre dimostrare di essere liberi, ma ciò non significa non rispettare le regole. E’ grazie a quelle se il mondo diventa un posto migliore. Ovviamente, la pandemia mi ha cambiato tanto, perché conoscevo solo la vita prima. Con il Coronavirus ho dovuto prendere atto del fatto che la morte è all’angolo. Anche la persona che ti sta più vicino, a cui vuoi tanto bene, ti può contagiare. Non te ne rendi nemmeno conto e se hai poche difese immunitarie ne rimani gravemente colpito”.

Qualche anno fa è stata concorrente all’Isola dei Famosi. Che esperienza è stata?
“Mi dispiace che, in questo momento, non stiano chiamando nessuno delle edizioni passate per commentarla nei vari programmi che se ne occupano. E’ stata un’esperienza bellissima; voglio conservare solo i ricordi più belli. Mi dispiace di aver partecipato ad un’edizione che, in qualche modo, è stata intossicata. Ero andata a fare un’esperienza meravigliosa, che ho inseguito per tanti anni. Volevo confrontarmi con delle generazioni nuove perché sono convinta, e lo ero anche lì, che potevano insegnarmi qualcosa, visto che ho figli coetanei dei concorrenti che avevo accanto. Io, dall’alto della mia esperienza, avrei voluto trasmettere qualcosa a loro. Non è stato possibile perché le nuove generazioni si sentono forti e potenti. Credono di poter fare tutto da soli senza il consiglio di nessuno. Ci tornerei, perché in questo momento è l’unico modo dove non devi usare telefono, non ti metti le mascherine, non ti devi disinfettare. Ora l’isola sarebbe il posto più bello per andare a vivere”.
Come trascorre il suo tempo libero?
“Sistemo la casa, mi prendo cura delle cose a cui tengo e cerco di stare di più con mia madre, mia sorella, i miei nipoti e i miei amici più intimi, che non sono più tanti come una volta. Adesso faccio un po’ più di selezione. Le conoscenze le lascio da parte e tengo solo i rapporti più veri e sinceri”.
Attualmente è anche uno dei volti di Medicanet. Ce ne parli un po’.
“Certo. Dopo un percorso di dimagrimento, che ho voluto rendere pubblico per aiutare tutte quelle persone che sono convinte che non ce la si possa fare a risolvere un problema di obesità, perché volere è potere, ho utilizzato la chirurgia estetica ricostruttiva, almeno nel mio caso. Quando si perdono diversi chili, si deve andare a togliere quel tessuto che, anche col dimagrimento e con l’attività fisica, non si riesce più a fare aderire. Non smetterò mai di ringraziare il dottor Lorenzetti e tutto il suo staff, che si sono presi cura di me e hanno voluto rendere la mia immagine più armoniosa che mai. Proprio per questo, mi sono avvicinata a collaborare con la Medicanet, ossia la medicina integrativa. Hanno dei macchinari fantastici che, prima di arrivare ad intervenire chirurgicamente, possono dare ottimi risultati a chi magari è un po’ pigro ad allenarsi. Ovviamente, consiglio sempre una buona alimentazione e allenamento, ma con la Medicanet si ottengono dei risultati notevoli. A volte anche maggiori a quelli che si possono ottenere stando dalla mattina alla sera a fare squat in palestra”.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Ylenia Baglietto: «Ho sempre avuto una connessione speciale con...

È entrata da qualche settimana nelle puntate italiane della telenovela Una Vita, ma Maite Zaldua, insegnante di pittura interpretata dalla bravissima attrice basca Ylenia Baglietto, sta appassionando tutto il pubblico. Un personaggio complesso, ma tutto da scoprire, che scombussolerà la vita di Acacias, soprattutto quando intraprenderà una relazione con la giovane Camino Pasamar (Aria Bedmar). Un rapporto omosessuale e proibito, soprattutto nel 1913, che influenzerà gran parte delle dinamiche della soap: proprio come ci ha spiegato Ylenia Baglietto in questa intervista.
Con la preziosa collaborazione di Roberto Mallò per Massmedia Comunicazione
Ciao Ylenia, da qualche settimana stiamo vedendo Maite Zaldua, il personaggio che interpreti in Una Vita, anche in Italia. Immagino che per te sia una grande emozione.
Assolutamente sì. Una delle prime curiosità che avevo era quella di sentire la mia Maite doppiata in italiano. Per il resto, posso dire che non vedo l’ora di ricevere l’affetto anche di voi fan che abitate in Italia. Sono sicura che vi emozionerete per via della sua storia d’amore con Camino Pasamar, interpretata dalla bravissima Aria Bedmar. Se le Maitino sono state così forti e, soprattutto, apprezzate nel mondo è perché io e lei siamo riuscite ad instaurare un rapporto di profonda complicità. Quella ha fatto sì che i nostri personaggi si amassero davvero. Tra l’altro, credo che Maite mi abbia fatto fare dei passi in avanti per quella che è la mia carriera. Acacias 38 ha fatto sì che il pubblico spagnolo, così come quello internazionale, mi conoscesse più velocemente. Leggo sempre con piacere gli apprezzamenti su Maite, che arrivano davvero da diverse parti del mondo.
L’hai già accennato tu, poco fa. Penso che gran part del pubblico, anche per via degli spoiler, sappia che Maite vivrà una profonda storia d’amore con Camino. La soap affronterà dunque nuovamente la tematica LGBT+. Pensi ci sia bisogno di parlare di questa storyline?
E’ fondamentale. Il pubblico ha bisogno di vedere queste trame. Maite e Camino fanno vedere al pubblico che due donne che si amano esistono e che non c’è nulla di male in questo sentimento. E’ sempre sbagliato quando si ha paura a mostrare che esistono differenti modi di amare nel mondo. L’amore Maitino è bello e puro, ma affronterà diversi ostacoli prima di avere il lieto fine.
Quando hai incominciato a girare, ti aspettavi tutto questo successo?
Mentirei se ti dicessi che mi aspettavo un successo così grande. Ho intravisto la forza di Camino e Maite quando il pubblico iberico ha cominciato a conoscerle. Ho sempre cercato di fare del mio meglio, di scena in scena, e ad oggi capisco perché Maite e Camino siano così amate. Aiutano le donne che si sentono nella loro stessa condizione; da loro modo di accettarsi, di comprendere che non sono sole. Dà un messaggio alle persone, uomini e donne che siano, che non si sentono libere di amare chi desiderano.
Al di là di Maite, avresti voluto interpretare qualche altro personaggio, se ne avessi avuto la possibilità?
Mi piacciono tutti i personaggi di Acacias 38. Ognuno ha una trama interessante. Ovviamente sono grata per avere interpretato Maite Zaldua; credo di essere stata molto fortunata ad averla. Non so rispondere a questa domanda perché, fondamentalmente, sarei stata felice di interpretare qualsiasi personaggio di Acacias 38. C’è dietro un bel team: dagli sceneggiatori ai tecnici.
Entro maggio 2021, la soap saluterà, almeno in Spagna, il pubblico. Qual è stata la tua reazione quando hai scoperto che avrebbe chiuso i battenti?
E’ stata una notizia che mi ha procurato uno shock assoluto. E’ stata per tutti una notizia dura; nessuno se lo aspettava. Tuttavia, chi fa il mio mestiere lo sa: ogni serie ha un inizio e una fine. Acacias 38 finirà però con un sacco di gente che ancora la ama. Il gran finale sarà emozionante e speciale.

Quando hai deciso di recitare?
Ho sempre avuto una connessione speciale con tutta l’arte. Dai 4 ai 17 anni ho fatto ginnastica artistica. Ho Per tutta la mia gioventù sono stata connessa alla musica, al mio corpo, alla creatività. La svolta è arrivata quando ho dovuto lasciare la ginnastica artistica, perché ero diventata troppo grande. Tuttavia, volevo creare arte e continuare ad esibirmi di fronte ad un pubblico. Lo sprint iniziale me l’ha dato la serie Paso adelante, che poi è arrivata anche in Italia. Ho scoperto l’esistenza delle scuole di teatro, dove ai ragazzi veniva insegnato a recitare e ballare. Ho detto ai miei genitori che volevo fare quello e mi sono iscritta all’Accademia di Arte Drammatica.
A cosa ti stai dedicando in questo momento?
Al momento non posso dire granché, per via di una serie di ragioni, ma ho alcuni progetti teatrali, che spero di realizzare al più presto.
Nel tempo libero, invece, cosa fai?
Non mi fermo mai. Faccio di tutto; dallo sport all’andare al cinema, a teatro, nei buoni ristoranti. Mi piace tanto leggere, ascoltare musica, viaggiare, ballare, meditare. In linea di massima, riempio il mio tempo libero con le cose che mi fanno stare davvero bene.
So che sei felicemente fidanzata.
Si, sono fidanzata con Lander Otaola, anche lui attore. L’ho conosciuto quando entrambi studiavamo teatro. Studiavamo nella stessa scuola. Da allora è sorto in noi il desiderio di costruire qualcosa insieme. Mi sono sempre sentita molto fortunata in amore. Ho al mio fianco la persona che ho sempre sognato e desiderato. E’ stata una fortuna trovare un amore così bello, libero e facile come quello che ho con il mio compagno.

Chiuderei la chiacchierata con un’ultima domanda. Hai qualche sogno nel cassetto in particolare?
Certo. Sicuramente voglio specializzarmi sempre di più nella mia professione; interpretare dei personaggi complessi e diversi per mettermi in gioco. Vorrei vincere un Premio Goya, il più grande riconoscimento cinematografico spagnolo. Sogno in grande, motivo per cui mi piacerebbe lavorare, un giorno, con Woody Allen.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Coronavirus
Intervista esclusiva a Lara Sansone: «Mia nonna mi ha insegnato tanto»

Lara Sansone, nipote d’arte, attrice di teatro e regista attenta al sostegno ed alla tutela del repertorio classico del teatro partenopeo, ha fatto storiche formazioni teatrali con registi come A. Pugliese, G. Magliulo, G. Di Martino, L. Lambertini, F. Saponaro, E. M. La Manna, P. Barra, C. Di Palma, R. Canessa. È protagonista in testi di Viviani, Scarpetta, Petito, Aristofane, Plauto, Cechov, Moscato, Bovio, Di Giacomo, Patroni Griffi.
In qualità di regista ha allestito molte edizioni di Cafè Chantant diventato una forma reiterati di spettacolo per la città di Napoli che va avanti da molti anni. Per la trilogia Raffaele Viviani opere quali: Festa di Montevergine; Morte di Carnevale; Festa di Piedigrotta, Annella di Portacapuana di G. Davino; Masaniello di E. Porta e A. Pugliese. Si accinge ad allestire per la stagione 2021/2022 due opere liriche quali Suor Angelica di Puccini e Mese Mariano di U. Giordano per l’Opera Walloine di Liegi.

Dalla sua illustre nonna, Luisa Conte, ha ereditato il meraviglioso Teatro Sannazzaro di Napoli, di cui è attualmente la direttrice artistica. Ha realizzato iniziative quali il Festival per le Tradizioni che fanno Turismo nel mondo finanziato UE e Regione Campania.
Da tre anni Lara Sansone è nel cast della soap di Rai Tre “Un posto al sole” nel ruolo di Bice Cerruti. Noi l’abbiamo incontrata e abbiamo sfruttato l’occasione per farle qualche domanda: siamo felici di presentarvi la nostra intervista!
Ciao Lara, ti diamo innanzitutto il benvenuto su Sbircia la Notizia Magazine. Come ti descriveresti nella vita di tutti i giorni, quando sei lontana dai riflettori?
Nella vita di tutti i giorni, sono una persona timida e riservata, che ama la famiglia, i figli, il compagno ed il cagnolino ai quali dedico tutto il tempo che posso.
Il teatro è la tua vita, poi però è arrivato “Un posto al sole”. Come è nata questa esperienza?
Sono praticamente nata in teatro ed al teatro dedico tutta la mia vita lavorativa. Un posto al sole è arrivato all’improvviso. E’ un’esperienza bellissima, che mi ha fatto crescere e mi ha dato l’opportunità di farmi conoscere dal grande pubblico. E’ bellissimo che le persone che incontro nella vita di tutti i giorni mi salutino come una persona di famiglia. Merito del grande interesse che suscita questo incredibile progetto, che è un vero miracolo italiano.

Come ti trovi sul set di UPAS e con quale attore hai legato maggiormente?
Sul set di Upas mi trovo benissimo, siamo una grande famiglia. Gli attori sono tutti straordinari e con me sono stati da subito amichevoli ed accoglienti. Conoscevo molti del cast ma siccome giriamo spesso insieme ho legato molto con Antonella Prisco, Cosimo Alberti, Germano Bellavia e Luisa Amatucci.
Come hai scoperto la tua passione per la recitazione?
La mia passione per il teatro è nata molto presto. Mia nonna era attrice ed aveva una compagnia teatrale. Accompagnandola in teatro, assistendo ai suoi spettacoli sono stata rapita dalla magia del palcoscenico. Ho studiato molto per perfezionarmi: le lingue, il canto, la musica, la danza. Da giovanissima ho rinunciato a molto per dedicarmi alla mia passione. Non ho avuto un’infanzia comune, quando i ragazzi uscivano io lavoravo. Nutro grande rispetto per il mondo teatrale e sono convinta che non si smetta mai di imparare.
Riteniamo che in pochi possano rispondere a questa domanda meglio di te: quali sono le principali differenze tra il teatro e il cinema?
Teatro e cinema sono profondamente diversi. L’impostazione della voce, la mimica che in teatro sono calibrati per arrivare alle ultime file della sala si riducono notevolmente al cinema o in televisione. Il cinema ti permette di avere una recitazione più naturale, intima. Il teatro però ha il vantaggio di trasmettere all’attore l’energia degli spettatori che influenza ogni singola replica di uno spettacolo. E poi c’è una restituzione immediata del lavoro svolto, in positivo o in negativo.

In che modo ti piace trascorrere il tuo tempo libero?
Mi piace trascorrere il tempo libero con la mia famiglia e con gli amici. Sono una persona molto curiosa, mi piace viaggiare, leggere e vedere film e poi… amo il mare!
Quali sono le principali esperienze lavorative che hanno segnato la tua carriera?
Credo che tutte le esperienze fatte abbiano contribuito alla mia formazione lavorativa. Ovviamente ci sono ruoli che mi hanno offerto opportunità importanti come in Ragazze sole con qualche esperienza di Enzo Moscato per la regia di Francesco Saponaro o come la soubrette del Cafè Chantant, spettacolo che va avanti da molti anni con grande riscontro di pubblico. In qualità di regista invece, devo molto alla Festa di Montevergine di Raffaele Viviani ed al Masaniello di Elvio Porta ed Armando Pugliese. E poi naturalmente a Bice di Un posto al sole devo l’affetto del grande pubblico per il quale non finirò mai di ringraziare!
Dalle tue eccellenti performance, si evince che nelle tue vene scorre il sangue di una delle più grandi e famose attrici partenopee, tua nonna, l’intramontabile e indimenticabile Luisa Conte i cui interminabili applausi scroscianti nel teatro esaurito durante e in finale di spettacolo risuonano ancora oggi, negli occhi, nel cuore e nella mente di chi ha avuto la fortuna di presenziarvi. Tu, Lara, quanto hai ereditato della tua illustre nonna?
Mia nonna mi ha insegnato tanto, prima di tutto il rigore, il rispetto e l’impegno per il mio lavoro, ma anche la tenacia e l’umiltà che a mio parere sono alla base di tutto. Sono una che non si arrende, pur essendo molto critica verso me stessa.

In riferimento alla domanda precedente, come ha influito la sua fortunata presenza nelle scelte della tua vita?
La presenza di mia nonna è stata sicuramente fondamentale per il mio percorso formativo. Superfluo dire che avere l’opportunità di prendere parte da bambina a spettacoli importanti con artisti del calibro di Nino e Carlo Taranto, Enzo Cannavale, Giacomo Rizzo, Peppe e Concetta Barra, Leopoldo Mastelloni, Sergio Bruni sia stata una grandissima palestra. Naturalmente, come succede spesso a tutti i figli d’arte, ho dovuto lavorare di più per meritare il mio piccolo spazio.
Il Coronavirus ha colpito un po’ tutti, in particolar modo il settore della cultura e dello spettacolo: cinema e teatri sono stati i più penalizzati. Tu sei la direttrice artistica del prestigioso Teatro Sannazaro e stai vivendo questo periodo di forte crisi in prima persona, come state gestendo l’emergenza e in che modo vi state preparando per la ripartenza?
Al Sannazaro stiamo lavorando a moltissimi progetti. Purtroppo questo particolare momento ci ha costretti a riconsiderare il tutto molte volte. Il nostro intento è quello di riuscire a coinvolgere quanti più addetti ai lavori possibile, per provare tutti insieme a ripartire. Il nostro è un settore molto provato dalla pandemia, resistere ed immaginare soluzioni sono un imperativo! Con Salvatore Vanorio, il mio compagno, autentico pilastro del nostro teatro, abbiamo organizzato il Teatro Solidale, iniziativa ambiziosa per provare ad aprire le porte della nostra struttura ai piccoli teatri ed alle compagnie indipendenti, alla quale hanno aderito oltre quattrocento artisti. Stiamo lavorando a porte chiuse con le residenze artistiche del Cantiere Sartoria del Sannazaro, momento teatrale dedicato alle compagnie emergenti e stiamo preparando due progetti per un festival internazionale. Il tutto nella speranza di tornare presto in palcoscenico, per ritrovare l’affetto del nostro amato pubblico.

*Foto di Giuseppe D’Anna
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Interviste
Intervista esclusiva a Fabiola Balestriere: «Non vedo l’ora di prendere la patente e di...

Nata il 18 Febbraio 2003 sotto il segno zodiacale dell’acquario, ha appena compiuto 18 anni e già ha un curriculum di tutto rispetto, esordendo in TV nel 2007 nella celebre soap “Un posto al sole“. Stiamo parlando di Fabiola Balestriere: attrice e modella originaria di Castellammare di Stabia, a soli 8 anni ha recitato nel film internazionale per il cinema “Il Rito“, per la regia di Mikael Håfström, insieme all’attore Premio Oscar Anthony Hopkins.
Tra i suoi lavori anche i film “Babbo Natale non viene da Nord” (regia di Maurizio Casagrande), “Troppo Napoletano” (regia di Gianluca Ansanelli) e “Veleno” (regia di Diego Olivares), oltre alle serie TV “R.I.S. Roma 2“, “L’ombra del destino“, “Il Tredicesimo Apostolo“, “Squadra Antimafia“, “Sotto Copertura” e naturalmente “Un posto al sole“, dove interpreta Alice da 14 anni.
Noi di Sbircia la Notizia Magazine l’abbiamo incontrata e per l’occasione ci ha concesso un’intervista esclusiva in cui ci ha raccontato un po’ di se, del suo futuro, delle sue passioni, del suo lavoro e come se ciò non bastasse, abbiamo parlato anche di temi di attualità e molto altro.
Ciao Fabiola, benvenuta su Sbircia la Notizia Magazine. Siamo davvero felici di averti come nostra ospite! Iniziamo con la nostra fondamentale domanda di rito: come ti descriveresti nella vita di tutti i giorni, quando non sei sul set?
Ciao e grazie innanzitutto a voi per questa opportunità. Nella vita di tutti i giorni sono una “neo diciottenne”, quindi composta principalmente da scuola, studio, amici e famiglia. Amo stare con la mia famiglia ma altrettanto stare con le persone a cui voglio bene, quindi amici, cugini che per me è come se fossero amici, oltre al legame dei sangue che effettivamente abbiamo. Insomma, la mia vita è quella di una teenager qualsiasi: il fatto che io sia un’attrice non influenza in nessun modo la mia quotidianità.
Questo per te è un periodo molto importante, hai infatti compiuto 18 anni. Quali sono adesso le tue priorità? E quali sono le prime cose che farai ora che sei maggiorenne?
La prima cosa che veramente aspettavo da tantissimo è proprio quella di entrare, finalmente, a tutti gli effetti nel mondo dei grandi. Posso dire di essere stata a contatto sin da bambina con “il mondo dei grandi”, se così si può chiamare. Sono sempre stata circondata da persone molto adulte, ho sempre vissuto in ambienti diversi magari da quelli che frequentavano le ragazzine di 10 anni, 14 e così via. Per questo mi sono sentita sempre un po’ più grande rispetto agli altri, però effettivamente il fatto che io adesso abbia 18 anni è molto emozionate. Le mie priorità, attualmente, sono la patente come credo che lo sia per tutti coloro che compiono la maggiore età: sembra un po’ banale come cosa però per me è davvero un grande traguardo, un grande passo avanti perché è simbolo di libertà, un po’ come per dire al mondo “ci sono anche io adesso”. Un’altra cosa che aspettavo da molto tempo è il voto – sono molto appassionata della politica, non sono una sfegatata ma ho idee mie personali per quanto riguarda la politica ma questo è un altro discorso. In generale, quindi, ciò che mi entusiasma maggiorante è la patente, il voto e ovviamente la libertà di una persona che può avere a 18 anni. Non è un’indipendenza totale ma sicuramente un bel passo in più.
Adesso hai 18 anni ma quando sei entrata a far parte di Un posto al sole, nei panni di Alice Pergolesi, ne avevi solo 4. Come puoi descrivere questa tua prima esperienza che poi si è rivelata un successo che continua ancora oggi?
Quando ho iniziato Un posto al sole avevo circa 4/5 anni. Ero veramente piccolissima, era un mondo che non avevo mai avuto l’occasione di vivere fino ad all’ora perché a quell’età non pensi che sia quello il tuo futuro e anche adesso ho magari dei dubbi riguardo a questo, però in generale iniziare da bambina un percorso del genere mi ha segnata in tutti i sensi: mi ha aiutata proprio nella crescita personale. A 10 anni, ad esempio, sapevo molte più cose, molte più dinamiche, vivendo e lavorando nel mondo degli adulti, che mi hanno aiutata e che ancora adesso porto veramente nel mio cuore come esperienze di vita. Recitare sia in Un posto al sole che poi in tutti gli altri film mi ha aiutato, è stata per me un’esperienza che si è rivelata sicuramente un successo, che mi ha insegnato veramente molto e mi ha arricchita come persona.
Nonostante trasferte e trasferimenti, interpreti Alice da ben 14 anni. Quali sono i punti in comune tra te e il tuo personaggio che interpreti in UPAS?
I punti che ho in comune con Alice sono veramente tanti. Obiettivamente siamo due persone totalmente diverse, perché Alice è un un po’ una pazzerella ma è molto ribelle quasi quanto me e il rapporto un po’ conflittuale con la famiglia c’è ma penso che sia anche naturale a quest’età, sia per Alice che ha quattordici anni e sia per me ormai a diciotto. C’è sempre stato questo rapporto leggermente conflittuale ma è giusto così, in quanto questo è un periodo della vita in cui hai uno spirito di rivincita, uno spirito molto forte che devi far valere in un modo o nell’altro. Poi abbiamo entrambe una grande sensibilità, perché Alice è una persona molto sensibile che si nasconde dietro la sua figura ma in realtà è molto sensibile, un po’ come me.
Quali sono i valori più importanti per te che caratterizzano in modo particolare la tua vita?
Il valore più importante in assoluto per me è il rispetto, penso che sia una delle cose più importanti che i miei genitori mi abbiano insegnato e che continuo ad avere tutt’ora perché il rispetto è essenziale nella vita di tutti e soprattutto perché senza rispetto sono dell’idea che non si vada avanti in nessun modo. Bisogna sempre avere rispetto per gli altri, che sia un anziano, un amico, un animale, un familiare, le culture, una religione… Insomma, è indispensabile nella vita di tutti e quindi credo che sia uno dei valori più belli e quello su cui ho lavorato di più perché non è facile, magari in certi momenti in cui perdi il senno e inizi a delirare, a “svalvolare”, però sicuramente questo è il valore principale che mi ha insegnato la mia famiglia e che negli anni ho continuato a migliorare e a coltivare.
Quali tra le varie esperienze cinematografiche e televisive ti è rimasta particolarmente nel cuore e perché?
Tutte le esperienze lavorative che ho fatto mi hanno segnata, diciamo che ho lasciato un pezzo di cuore in qualsiasi cosa che io ho fatto. Come già ho detto prima, mi hanno aiutata a crescere, mi hanno fortificata, mi hanno aperto gli occhi dandomi lezioni di vita che un mio coetaneo magari non ha avuto o che ha avuto in maniera diversa. Io le ho avute proprio attraverso la recitazione, quindi sono veramente grata alla vita per tutte le esperienze che mi ha dato.
Come hai scoperto la tua passione per la recitazione e quali sono le altre tue più grandi passioni?
Io sono sempre stata dell’idea che la recitazione, un po’ come la musica, il canto, ecc o ce l’hai o non ce l’hai e io penso di averlo sempre avuto. Sono nata con questo modo di approcciarmi alle persone, sono una persona molto allegra, molto malleabile e quindi riesco sempre ad adattarmi nelle varie occasioni in cui mi trovo: questa è una delle caratteristiche che un attore deve assolutamente avere e io penso di esserci un po’ nata con questa “dote”, se così si può definire. Un’altra mia grande passione è sicuramente lo sport, perché mi ritengo una persona molto sportiva, anche se non sembra (ride, ndr) sono una persona molto dinamica che ama stare sempre in movimento. Amo la lettura e lo studio perché mi piace essere una persona acculturata ed avere un vocabolario più forbito, insomma mi piace molto documentarmi o se vogliamo possiamo definirla anche “curiosità”.
I tuoi genitori ti hanno sostenuta sin da subito o inizialmente erano scettici, magari perché questo è un mondo un po’ senza scrupoli, forse troppo impegnativo per una bambina?
I miei genitori mi hanno sostenuta sin da subito, mio padre forse era quello un po’ più scettico all’inizio perché ero piccola, entravo in un mondo “strano”, contorto, pericoloso sotto certi punti di vista. Però devo essere sincera, i miei genitori mi hanno subito permesso di fare questo lancio, sono stati diciamo il mio “trampolino” effettivamente, permettendomi di spiccare il volo. Poi da lì in poi me la sono vista diciamo “da sola”, loro per me ci sono sempre stati e ci sono ancora, anzi! Sicuramente senza il loro sostegno non sarei mai arrivata fino qui.
In che modo ami trascorrere il tuo tempo libero?
Amo trascorrere il mio tempo libero facendo qualsiasi cosa. Odio stare senza far niente, non mi piace poltrire perché è una cosa che mi distrugge emotivamente e psicologicamente, quindi sono una persona sempre sul molto sul pezzo, molto dinamica, molto attiva, nel senso che non sono una persona pigra che preferisce stare sul divano anziché uscire, fare una passeggiata, vedere un tramonto… Quindi il mio tempo libero lo trascorro principalmente con le persone a cui voglio più bene e soprattutto nei miei posti del cuore. Quando sono un po’ giù di morale e mi sento un po’ sola, amo scendere a piedi e farmi una lunga passeggiata sul “mio” lungomare, ovvero il lungomare della mia città.… Osservare le persone e il panorama mi rilassa.
In Un posto al sole vengono trattate spesso tematiche sociali importanti, ad esempio proprio la tua Alice è stata vittima di cyberbullismo. Ci racconti le emozioni che hai provato quando hai girato delle scene così intense? Che feedback hai ricevuto da parte dei telespettatori?
Grazie ad Un posto al sole ho avuto l’opportunità di trattare argomenti molto importanti e di attualità: ad esempio l’episodio in cui Alice è stata vittima di cyberbullismo. Non nego che anche io da piccola, più o meno nel periodo delle medie, ho affrontato una situazione del genere e quindi riportarlo effettivamente in scena, insomma quando le persone vedevano quelle scene un po’ di verità c’era, non era solo finzione e comunque tutto si basa bene o male sulla sensibilità dell’attore. Io ero molto legata ed appassionata a quel tema, a quello del cyberbullismo in particolare ma anche a quello delle situazioni in cui ci sono dei genitori divorziati oppure scene anche di altri film, come ad esempio Veleno e Squadra Antimafia in cui venivano trattati argomenti importanti come “la terra dei fuochi”, la mafia, la camorra. Tematiche sicuramente molto importanti che sono piaciute ai telespettatori, alcuni ragazzi mi hanno contattata per saperne di più, anche per avere un conforto, una “spalla su cui piangere” e alla fine è anche questo il bello: sapere che non sei solo e che ogni volta che fai viene vista bene o vista male, comunque viene captata dalle persone.
Nel 2011 hai recitato nel film “Il Rito” insieme all’attore Premio Oscar Anthony Hopkins, dove sei stata selezionata tra 350 bambine. Come ti è sembrato recitare con uno dei più grandi attori di fama internazionale?
Nel 2011 ho recitato proprio con Anthony Hopkins, ammetto che è stata una delle esperienze più belle. Mentirei a dire che “ricordo tutto come se fosse ieri”: non è così perché ero piccola, sono passati molti anni e per me era tutto un po’ un gioco. Forse non sapevo neanche chi fosse effettivamente Anthony Hopkins all’inizio perché non ero ancora proprio ben inserita in quel mondo e non ero un’amante del cinema come lo sono adesso. Poi negli anni ho pensato “caspita, ho lavorato con un attore pluripremiato e non con una persona qualsiasi” e questa vi giuro che è stata una delle esperienze più belle che forse porterò nel mio cuore veramente per sempre. Vincere un provino in Italia per un film girato all’estero (con attori, troupe e produzione americani), con delle audizioni che durarono tantissimo tempo e con tantissime persone, penso che sia stata una delle cose più belle della mia vita. Alla fine “vince” chi non va li per vincere, nel senso che io ero andata lì con la consapevolezza di poter perdere ma anche di poter vincere, insomma andai lì per divertirmi e questa credo che sia la cosa più bella che in realtà mi ha aiutata anche in tutti gli altri provini. Vedevo ragazze agitate ed impaurite che dicevano “io perderò, non mi prenderanno mai, ecc…”, io invece arrivavo lì e scherzavo, giocavo, facevo altre cose… Ma ancora adesso, magari leggo i copioni in macchina e dopo non li guardo proprio più, perché io sono molto sicura di me stessa e prendo tutto questo con una grande spensieratezza.
Tocchiamo anche un argomento spinoso ma più che mai attuale: il Coronavirus ha cambiato drasticamente le abitudini di tutti, in tutto il mondo. Che impatto ha avuto la pandemia, in particolare, sulla tua vita e come hai trascorso i due lockdown?
Questo del Coronavirus è sicuramente un tema importante e che mi è molto a cuore, perché mi ha destabilizzata molto. Diciamo che il primo lockdown l’ho preso abbastanza bene in quanto vedevo che con il passar dei giorni la situazione peggiorava e ringraziavo il cielo che io e la mia famiglia stavamo bene, nonostante mio padre e mia madre lavorino in ospedale. Molti della mia famiglia sono ospedalieri quindi erano sempre molto esposti al Covid. Questo mi ha un po’ aiutato, poi è arrivata l’estate che ha portato un po’ di spensieratezza e in seguito è tornato il terrore che ancora adesso stiamo vivendo e che purtroppo, non vi nego che non sto affrontando nel miglior modo possibile. Secondo me, il segreto è fare di tutta questa situazione un grande insegnamento, anzi uno dei più grandi insegnamenti che la vita ci possa dare, ovvero innanzitutto “vivere l’attimo” che è una cosa che ho anche tatuato, tra l’altro. Vivere l’attimo senza costruirsi falsi programmi, perché la vita è imprevedibile; da un momento all’altro può succedere una cosa del genere e tu sei disarmato, devi trovare la forza di amarti e dire a te stesso “ok, puoi farcela, perché gli altri sì e tu no?”. Non bisogna mai piangersi addosso, perché più lo fai, più stai male e non vivi bene e queste situazioni devono essere vissute con grande lucidità e tanta consapevolezza. Soprattutto io alla fine mi sento in dovere di dire un grande “GRAZIE” perché io sto bene, così come la mia famiglia e le persone a cui voglio bene e mi ritengo fortunata, a differenza di altre persone che, purtroppo, non possono dire altrettanto.
Ti iscriverai all’università? Quale facoltà sceglierai?
A Settembre, se tutto va bene, mi iscriverò all’università. Mi sto già preparando per i test di psicologia, ho scelto questa facoltà perché vorrei intraprendere un percorso nuovo, diverso da quello di attrice che sicuramente non accantonerò: anzi, andrò a Roma proprio per poter seguire corsi di cinema, di teatro e così via. Ma al di là della mia professione di attrice, vorrei iniziare a lavorare un po’ sul mio futuro che attualmente non può puntare tutto sulla recitazione, per questo alternerò i due percorsi e vedremo come va.
C’è qualche progetto per il futuro di cui puoi anticiparci qualcosa?
C’è un progetto per il futuro veramente molto bello, di cui però in questo momento ancora non posso dire nulla per ragioni contrattuali ma appena potrò dire qualcosa sarete sicuramente i primi a saperlo. Si tratta di un grande progetto a cui ho lavorato veramente molto che merita davvero (ne riparleremo appena possibile, ndr).
Sei nata e vivi a Castellammare di Stabia, una bellissima città con una lunga storia alle spalle e che tu ami follemente. In futuro, per avere maggiori sbocchi professionali, hai in programma di trasferirti in una città più grande?
Castellammare per me è la città più bella del mondo. Io questo lo dico sempre: ho viaggiato, anche se non tantissimo e vi dico che Castellammare di Stabia è una città bella, piena di cultura e di storia. Negli anni, studiando in questa città, ho avuto l’opportunità di scoprirla ancora meglio. Ogni piccola parte della mia città ha una storia che è molto affascinante, a partire dal Monte Faito, poi si affaccia sul Vesuvio, di fronte abbiamo lo Scoglio di Rovigliano, le Terme… E poi a pochi passi c’è Pompei, una città ricca di storia che con i suoi Scavi è visitata dai turisti di tutto il mondo. Anche Castellammare ha molti scavi: Villa Arianna, Villa San Marco, dei posti meravigliosi che dovrebbero essere pubblicizzati il più possibile e che prima o poi giuro che riuscirò a far riemergere. Ogni città merita di avere “un posto nel mondo” e qualcuno che se la ricordi per sempre. Io penso che Castellammare sia uno dei più bei ricordi che mi porterò per sempre; adesso non so dove mi porterà la vita, in quale posto abiterò, non so dove andrò. Magari rimarrò qui per tutta la vita, oppure andrò in America, all’estero… Non lo so, però da settembre se tutto va bene andrò a Roma, un’altra città che mi piace da morire: ci sono stata già molte volte perché molti provini e molti film li ho girati proprio lì. Però Castellammare rimarrà per sempre il mio posto del cuore, è la mia “casa”.
Quali consigli ti senti di dare ad un tuo coetaneo intenzionato ad intraprendere la tua professione?
Ai miei coetanei posso dire di seguire sempre il proprio cuore senza farsi influenzare dalle idee altrui, dai vostri genitori, dalla famiglia… Ognuno deve avere la libertà di seguire quello che vuole, tutti devono “rincorrere” qualcosa, ma qualcosa che effettivamente si vuole rincorrere perché quando qualcuno ti obbliga a fare qualcosa ma tu non te la senti, non vivrai mai bene. Soprattutto è importante lavorare e studiare, perché non è una cosa da prendere alla leggera – per diventare un attore, così come un regista, un cameraman, ecc studiare è fondamentale. È un mondo particolare che cambia giorno dopo giorno, quindi devi sempre essere pronto alle novità e ad interagire con gli altri.
Parliamo infine del web. Che rapporto hai con i social network e quanto credi che siano importanti, al giorno d’oggi e nel bel mezzo di una pandemia, social come Instagram e Facebook?
Il mio rapporto con i social è un po’ odio e amore, ci sono giorni in cui non ho proprio voglia di postare, né di vedere e fare stories. Invece ci sono altri giorni in cui ho proprio bisogno di sfogarmi con i miei follower, che non sono tantissimi perché non sono una persona che si lega molto ai numeri, anche perché alla fine il “numero” è una cosa molto relativa… C’è chi si impegna per avere milioni di follower, io invece penso molto di più alla sostanza. L’idea dei social è comunque bella perché è un mezzo importantissimo di comunicazione, di scambi di interessi, di dibattiti. Molto spesso mi ritrovo dei veri e propri dibattiti sui social che mi fanno stare veramente bene perché vedo persone che magari vivono dall’altra parte del mondo che però la pensano come me ed altre che, invece, la pensano diversamente e che mi fanno ragionare spiegandomi il loro punto di vista. In generale, i social si possono definire un’arma a doppio taglio però la verità è nel mezzo, quindi non bisogna fare un eccesso ma non bisogna neanche privarsene totalmente.
Tornando a parlare del cyberbullismo, ti va di approfondire un po’ questo tema?
Il cyberbullismo è qualcosa i terribile, è una piaga del mondo attuale perché ci sono persone che nella vita magari sono sole, frustrate che per alleviare un loro dolore devono prendersela con gli altri. Questa è una cosa che non ho mai capito, io sono dell’idea che la rabbia e lo sfogo possano essere incanalati in qualcosa di più bello e costruttivo. Dal dolore si sono creati dei capolavori, dalla sofferenza si sono creati i libri… La cattiveria è sbagliata, così come lo è agire d’impulso, perché a mio parere prima di fare qualcosa bisogna sempre contare fino a dieci. La stessa cosa vale anche per chi scrive dei messaggi dietro ad uno schermo, i soliti “leoni da tastiera” che alla fine magari nella vita sono un gruppo di persone emarginate, oppure chi non ha il coraggio di dire le cose in faccia. Io penso che parlare con una persona faccia a faccia sia la cosa più costruttiva che ci possa essere, perché hai una visione diversa quando parli con una persona guardandola negli occhi, anziché dietro ad un cellulare: in questo modo ti nascondi, ti crei una copertura, una corazza e questo non va bene perché in quel momento non stai facendo del bene, stai facendo del male. Quando vedi una persona stare male dal vivo, sono dell’idea che anche la persona più cattiva del mondo si fermi ed inizi in qualche modo a ragionare.
Qual è la tua filosofia di vita?
Io ritengo che credere in se stessi, prendersi cura dei propri sogni, lavorare per i propri obiettivi e amare se stessi sia fondamentale. Queste sono le cose che mi ripeto da diciotto anni, sono i miei promemoria di vita che giorno dopo giorno mi hanno resa la persona che sono oggi: forte, determinata, solare e soprattutto “sognatrice”.
Fabiola Balestriere è attiva su Instagram con il suo profilo ufficiale.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
CLICCA QUI PER LEGGERE TUTTE LE ALTRE NEWS E ANTICIPAZIONI SU UN POSTO AL SOLE
Coronavirus
Intervista esclusiva a Martina Socrate, la superstar di TikTok: «Credo che educare i...

Martina Lavinia Socrate è una tiktoker e creator italiana nata il 13 Ottobre 1998 a Busto Arsizio, studia Meditazione Linguistica e la sua più grande passione è la recitazione. Martina ha iniziato la sua avventura su TikTok, un po’ per gioco, pubblicando sul suo profilo dei video divertenti in cui interpreta alcuni personaggi, utilizzando la loro voce originale, donando loro il suo volto reinterpretandoli in modo originale. Il suo progetto per il futuro più importante? Semplicemente “essere felice“.
Ad oggi Martina Socrate conta oltre 1 milione di follower ed è tra le creator attive su TikTok più seguite in Italia. Noi proprio per questo abbiamo voluto conoscerla, per scoprire i segreti dietro questo grande successo su un social network spesso sottovalutato. A tal proposito, a seguito del provvedimento del Garante per la Protezione dei Dati Personali, TikTok sta chiedendo agli utenti di confermare la propria data di nascita: in questa intervista abbiamo pertanto affrontato anche un tema molto importante, ovvero quello della responsabilità sui social, analizzando la situazione non solo di TikTok ma dei social network in generale. Sarà un’intervista piuttosto interessante e vi consigliamo di non perdervela!
Ciao Martina, benvenuta su Sbircia la Notizia Magazine. Iniziamo con la nostra prima domanda di rito: chi è Martina nella vita di tutti i giorni?
Nella vita di tutti i giorni sono una studentessa di lingue straniere, molto sensibile e severa con me stessa. Sono fissata con le liste e ogni giorno ne faccio una per organizzare al meglio tutto ciò che ho da fare. Mi piace tanto cucinare, fare sport (keeps me sane) e passo il 50% della mia giornata ascoltando musica!
Come è nata la tua avventura su questo nuovo social?
Ho iniziato davvero per caso, era un periodo delicato della mia vita e ho voluto sfruttare quel momento di fragilità al meglio. È andata bene!

Che differenza c’è tra i contenuti che publichi su Instagram rispetto a quelli di TikTok?
TikTok e Instagram sono due social estremamente diversi. TikTok lo uso per esprimermi artisticamente, mentre Instagram è un po’ il mio diario giornaliero, soprattutto con le sue storie che utilizzo per farmi conosce un po’ di più dal mio pubblico.
Hai di recente collaborato con Chiara Ferragni. Come vi siete conosciute? Ci puoi raccontare questa esperienza un po’ più nel dettaglio?
Ho iniziato a scambiarmi messaggi con Chiara subito dopo aver collaborato con suo marito Fedez nell’aprile/maggio 2020. Lei è sempre stata molto carina con me e essere arrivata a lavorarci insieme è stato davvero un enorme traguardo. Io e Chiara abbiamo collaborato a livello creativo per una campagna che doveva portare avanti lei. Io ho proposto le mie idee per l’evoluzione di ogni video e poi ho ripreso e montato personalmente il tutto.
Quando hai pubblicato il tuo primo video su TikTok, hai mai immaginato di poter avere tutto questo seguito e che potesse diventare un lavoro vero e proprio? Come ti è sembrato quando hai visto il tuo contatore dei follower aumentare sempre di più?
Assolutamente no, non ci pensavo nemmeno lontanamente. Appunto come ho detto prima, era un momento delicato per me e TikTok lo utilizzavo principalmente per distrarmi, mi aiutava molto. Non ho dato peso al contatore dei follower, non mi ci sono mai concentrata e non lo faccio nemmeno ora. Mi fa tantissimo piacere vedere i numeri crescere, ma per me non è tutto!

Quali sono le tue più grandi passioni?
Sono appassionata di cinema, recitazione, sport, lettura… tutte queste cose sono molto presenti nella mia vita, le mie passioni mi danno linfa, le nutro ogni giorno e per quanto riguarda cinema e recitazione spero un giorno di farli diventare un vero e proprio lavoro!
Martina, Tik Tok ultimamente è oggetto di grandi critiche, anche da parte del Garante della Privacy. Sembra che, a differenza di altri social, su Tik Tok ci siano meno controlli per impedirne l’utilizzo per scopi illeciti. Ritieni che queste critiche siano fondate o il livello di sicurezza è pari a quello di altri colossi come Instagram e Facebook? Cosa ne pensi di ciò che sta succedendo e quale consiglio daresti ai genitori per evitare che i propri figli possano cadere in vere e proprie “trappole”?
Ritengo che il problema dell’età non verificata esista su TikTok come su qualsiasi altro social: da Facebook a Instagram, a Youtube e così via. È un problema concreto, certo, ma demonizzare TikTok come è stato fatto nelle ultime settimane mi sembra una maniera poco responsabile di “spostare” il problema. Ciò che intendo è, i giovani di oggi vivono con i social e io non sono dell’idea che debbano essere tenuti lontani da questo mondo fino alla maggiore età, come spesso succede. Al contrario, trovo che educare i ragazzi all’utilizzo intelligente di questi mezzi, accompagnandoli in questo percorso e monitorando i loro movimenti (in maniera discreta, senza far percepire loro mancanza di fiducia) sia la cosa migliore da fare.
Il Coronavirus ha avuto un impatto devastante, in particolar modo sul mondo dello spettacolo e della cultura. Come hai vissuto i lockdown e in che modo questa pandemia ha cambiato le tue abitudini?
Devo ammettere che il secondo lockdown l’ho affrontato diversamente rispetto al primo, con più consapevolezza. Non che non ne avessi affatto durante il primo, ma è stato pesante fare i conti per la realtà e accettare per una seconda volta questa situazione, soprattutto perché nessuno si sarebbe immaginato che a distanza di un anno ci saremmo trovati ancora in questa circostanza. Non è facile per nessuno, tantomeno per i giovani, infatti per quanto riguarda le mie abitudini mi rendo conto che queste sono cambiate e non poco… Mi piacerebbe proprio svegliarmi una mattina e sentirmi libera di andare all’aeroporto e prendere un aereo. Mi manca la libertà di poter pensare una cosa del genere, senza alcun limite.

La popolarità ha i suoi pro e i suoi contro. Tra gli aspetti negativi c’è sicuramente la possibilità di abbattersi con degli haters, sempre più numerosi sul web e spesso con profili totalmente falsi. Ti è mai capitato di essere insultata sui social? Come reagisci quando ti capita di leggere commenti sgradevoli?
Devo essere sincera, ho dei follower meravigliosi e mi capita raramente di imbattermi in commenti poco carini e cattivi. Quando capita, non riesco mai a capire cosa spinga una persona a sentirsi autorizzata a giudicarne gratuitamente un’altra. A me in primis capita di vedere cose che non mi piacciono sui social, ma non mi sognerei mai di insultare gratuitamente il diretto interessato. Commento se qualcosa mi piace, se non è così preferisco tacere invece che ferire.
Quale consiglio ti senti di dare ai tuoi coetanei intenzionati ad intraprendere la tua professione?
È una professione estremamente stimolante, io mi sento costantemente spinta a fare del mio meglio e ciò mi piace da morire. Per chi volesse intraprendere questa carriera, è importante non sentirsi mai arrivati, evolversi costantemente, rimanere “affamati”. E soprattutto, è fondamentale fare tutto questo con l’idea di farlo perché si ama farlo, non con l’obiettivo della fama o dei grandi numeri.

Per seguire Martina Socrate vi rimandiamo ai suoi profili ufficiali, TikTok e Instagram.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Coronavirus
Intervista esclusiva a Francesco Vitiello: «Diego e Francesco ormai sono un’unica...

Entrato nel mondo dello spettacolo a 5 anni con la pubblicità, Francesco Vitiello nel 1996 debutta come attore nella soap opera in onda su Rai 3, Un posto al sole, interpretando dalla prima puntata Diego Giordano. Da sempre con la passione per lo spettacolo, prima di iniziare a lavorare in TV ha frequentato un corso di teatro e recitato a scuola.
Dopo il debutto televisivo, tra il 1997 e il 1998 lavora in teatro ne I veri figli di Filumena M, Corpus Cristi e Se cantar mi fai d’amore, tutti per la regia di Enrico Maria Lamanna; nel 2002 recita ne Il letto, regia di Pino L’ Abbate, e nel 2004 ne La capra, ancora una volta diretto da E. M. Lamanna. Per la televisione ha lavorato anche nella serie tv di Canale 5 Distretto di Polizia 4 (2003), regia di Monica Vullo e Riccardo Mosca, in cui interpreta il ruolo dell’agente scelto Corrado Esposito. Sul grande schermo è apparso nei film: Capo Nord (2003), regia di Carlo Luglio, Nemici per la pelle, opera prima di Rossella Drudi e Viva Franconi, regia di Luca Verdone e Liberarsi – Figli di una rivoluzione minore, regia di Salvatore Romano.
Nel 2012 torna a Un posto al sole curando la regia di alcuni episodi. È tra gli ideatori della serie web SOMA – La Serie. Dal dicembre 2017 è rientrato a far parte del cast di Un posto al sole. Noi lo abbiamo incontrato e vi proponiamo, in esclusiva, una bellissima intervista. Buona lettura!
Ciao Francesco, benvenuto su Sbircia la Notizia Magazine. Iniziamo con la prima domanda di rito che poniamo a tutti i nostri ospiti: chi è Francesco nella vita di tutti i giorni, lontano dal set?
Francesco è un quasi quarantenne senza troppi grilli per la testa ma con ancora tanti sogni da realizzare. Mi piacciono le cose semplici e cerco di curare affetti e amici. Molto esigente verso me stesso ma consapevole dei miei limiti. Sono anche tanto curioso quanto pigro.
Prima di rientrare nel cast nel 2017, sei stato assente da Un posto al sole per tanto tempo. Come mai?
Ho iniziato upas quando avevo ancora 14. Sono passato dal fingere di aver studiato al fingere per lavoro senza neanche rendermene conto. Avevo bisogno di conoscere il mondo reale e me stesso spogliato dai panni che avevo vestito fino a quel momento.
Sei stato regista di alcuni blocchi di upas, come ti è sembrato stare dall’altro lato della telecamera?
Ho sempre desiderato occuparmi di regia, in primis perché recitare mi prosciuga e poi perché amo ogni singolo aspetto di questo lavoro: dalla cura dell’immagine alla scrittura, dal dirigere gli attori al montaggio. Recitare non mi basta.

Il tuo personaggio, Diego, è cambiato molto negli anni. C’è qualcosa che vi accomuna?
Non ho mai capito dove finisce Francesco e dove inizia Diego. Ormai sono un’unica strana entità.
Oltre Un posto al sole, quale esperienza lavorativa ti ha lasciato un segno indelebile e perché?
Ogni esperienza lavorativa ti lascia qualcosa, nel bene e nel male. Quella che più di tutte mi ha reso orgoglioso è Soma. Si tratta di una serie web che ho realizzato con un gruppo di amici e colleghi totalmente autoprodotta e che ha ottenuto importanti riconoscimenti internazionali.
Tornando ancora a parlare di upas, fai parte del cast dalla prima puntata. Dopo 25 anni ti senti ancora motivato?
Ho attraversato periodi di scarsa motivazione, quando lavori per così tanti anni allo stesso prodotto credo sia fisiologico. Ultimamente però ho ritrovato entusiasmo e forti motivazioni. Sicuramente mi è servito allontanarmi per qualche anno e dedicarmi ad altro.

Cosa ne pensi delle storie che gli autori stanno scrivendo per il tuo Diego?
Sono rientrato con due storie bellissime: prima il problema cardiaco che ha quasi stroncato la vita di Diego e poi la storia dell’ossessione per Beatrice. Quest’ultima in particolare ha raccontato i lati oscuri e le fragilità del mio personaggio come mai era successo prima, é stato dolorose ma anche entusiasmante.
La Napoli raccontata nella soap secondo te rispecchia la realtà?
Attraverso la complessità ed eterogeneità dei suoi personaggi, upas riesce a raccontare Napoli meglio di tante altri prodotti, che spesso si focalizzano solo su pochi aspetti di questa incredibile e affascinante città.
Il Coronavirus ha avuto un forte impatto soprattutto sul mondo della cultura e dello spettacolo. Un posto al sole, ad esempio, per la prima volta si è fermato per oltre tre mesi. Come ha cambiato le tue abitudini la pandemia?
La pandemia ci ha colti tutti di sorpresa, ancora oggi siamo nel pieno della seconda ondata. La paura inizialmente è stata fortissima poi, lentamente, ha lasciato il posto al senso di responsabilità e al desiderio di riprendere a vivere, costruire e sognare. Le mie abitudini sono cambiate moltissimo e mi mancano molto i miei amici, poter viaggiare e poter abbracciare i miei genitori senza temere per la loro salute.

Come ti vedi tra dieci anni?
Ho vissuto così tanti alti e bassi nella mia vita che potrei vedermi sotto un ponte o tranquillamente a capo della FremantleMedia. “Comm’ ven accussì c’ha pigliamm'”
Quali sono i tuoi sogni nel cassetto?
Non ho sogni nel cassetto, ne ho di nuovi ogni settimana e molti li ho già realizzati.
*Ph Giuseppe D’Anna
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
CLICCA QUI PER LEGGERE TUTTE LE ALTRE NEWS E ANTICIPAZIONI SU UN POSTO AL SOLE
Interviste
Intervista esclusiva a Montserrat Alcoverro: «Di Ursula mi piace tutto»

Il pubblico di Una vita, la soap spagnola più vista e amata di canale 5, ha imparato ad apprezzarla e ad amarla nonostante la cattivissima dark lady a cui presta il volto. Parliamo dell’attrice Montserrat Alcoverro, originaria di Barcellona e interprete, da più di quattro anni, della perfida Ursula Dicenta, la temibile e arcigna istitutrice capace di macchiarsi di atroci delitti. Tra qualche mese, per i telespettatori italiani arriverà però il momento di dire addio all’iconico personaggio della soap opera iberica, dato che Montse ha deciso di tuffarsi in nuovi ed importanti progetti, proprio come ha raccontato a Sbircia la Notizia Magazine in questa intervista esclusiva.
Ciao Montse, tutta l’Italia ti conosce per il ruolo di Úrsula Dicenta in “Una Vita”. Cosa ti è piaciuto di più di questo personaggio diabolico?
Tutto, di Ursula mi piace tutto, è una creatura creata per essere goduta nella sua complessa struttura mentale. Mi piace quando mente, quando manipola, quando minaccia, quando sadicamente tortura fisicamente o psichicamente e mi piace anche quando è vulnerabile, debole, mentalmente sfidata e disorientata, con rimorsi e lacrime, con amore (a modo suo) e supplica. Mi piace!!!
Qual è la trama relativa a Ursula che ti ha colpito di più?
La trama della mia famiglia, con i flashback dei miei genitori, in quella lontana Russia, i ricordi di una giovinezza offuscata, il ricongiungimento con mia figlia Blanca e successivamente l’apparizione di Olga… tutto è stato molto emozionante e sorprendente. È stato un ottimo lavoro da parte dei creatori e sceneggiatori.

Quali sono gli attori con cui sei stato più legato?
Ovviamente con gli attori che hanno interpretato personaggi legati alla mia storia: per esempio, con la mia cara Inma Pérez Quirós (Fabiana), la nostra vecchia e perenne rivalità con un passato molto doloroso e con il mio caro Carlos Olalla (Mr. Alday), che ho sottomesso costringendolo a sposarmi…
Presto vedremo la partenza di Ursula dalla scena. È stata una tua decisione lasciare il cast?
No, è stata una decisione della società di produzione e hanno preparato una morte all’altezza di un personaggio iconico come Doña Úrsula Dicenta. Sono molto grata a loro.
Che rapporto hai con i tuoi fan? Ti aspettavi che Úrsula apprezzasse così tanto il pubblico?
Molto bene, mi sento profondamente amata e adoro i messaggi e le espressioni di affetto delle persone che mi seguono.
Come sei entrato nel cast di Acacias 38?
Ho fatto un’audizione a Barcellona. All’inizio, la mia partecipazione a “Una Vita” era di tre mesi e, infine, ho finito quattro anni e mezzo dopo. Poche settimane dopo le riprese, mi hanno chiamato dal regista per proporre continuità e condividere le loro intenzioni per dare più risalto al personaggio. Ci siamo messi subito d’accordo e sono molto grata a loro per essersi fidati così tanto di me.
Passiamo a te come attrice. Quando è nata la voglia di agire?
In realtà è stato un caso! Volevo tornare a ballare e dato che lavoravo di giorno, potevo farlo solo di notte. Nella scuola di Performing Arts dove sono andata per iscrivermi non c’erano più posti per la danza e invece c’erano posti per il teatro. Mi hanno chiesto di iscrivermi a teatro e dopo un trimestre, se ci fossero state posti nella danza, avrei potuto cambiare. Quando sono salita sul palco e ho sentito che non solo potevo comunicare con il corpo ma anche con la parola, ho deciso di restare e studiare Arte drammatica.

Ci sono stati altri personaggi, oltre a Ursula, che hanno segnato la tua carriera?
A livello televisivo, la serie che ho girato “Secretos de Shanghai” (una coproduzione di TVC e Shanghai Film Studio) è stata una sfida e un’esperienza indimenticabile. C’erano 23 capitoli in inglese e l’80% girato a Shanghai e il resto a Barcellona. In “El cor de la Ciutat”, anche il mio personaggio “Maise Sendra” è durato quattro anni e ho ricordi meravigliosi di lui e di tutta la squadra. Ma non credo che nessuno di loro sia stato così intenso e con trame così varie e vitali come in “Una Vita” e nella nostra Ursula Dicenta.
C’è un ruolo di cui ti senti più capace?
Amo rischiare e sperimentare, non escludo nulla!
Progetti futuri di cui puoi parlarci?
Ora sto vivendo la pandemia a casa e lavoro su progetti teatrali personali. Per la televisione parteciperò il mese prossimo a una nuova serie.
Cosa fa Montse Alcoverro quando può guadagnare tempo per se stessa?
Ebbene, mi piace camminare, andare a vedere il mare, cucinare per i miei ospiti, curare le mie piante, leggere e, quando possibile, andare a teatro e al cinema. Ora è tutto molto complicato, ma seguo su Internet quello che sta succedendo con la mia professione.
Come va l’amore? Sei impegnata?
Condivido la mia vita con un uomo meraviglioso.

Hai animali domestici?
No, purtroppo in un tipo di lavoro come il mio, dove si viaggia molto, non posso assumermi questa responsabilità.
Sei mai stata in Italia? Cosa ti è piaciuto di più della nostra nazione?
Ho visitato l’Italia sin dalla mia giovinezza, ricordo che le mie prime città sono state Roma, Firenze e Pisa, poi Venezia, Toscana, Napoli, Sardegna, ancora Roma… Sempre pronta a tornare!
Come hai vissuto il 2020, fortemente segnato dalla pandemia?
L’ho vissuto con stupore. Ho finito di girare “Una Vita” alla fine di ottobre e ho impiegato un po’ di tempo fino a dopo Natale per riposarmi e riprendermi. Ma già a gennaio e febbraio sono stati spostati nuovi progetti che, a marzo, con l’inizio del lockdown e dell’incertezza, si sono arrestati. È stato difficile per me trovare il mio ritmo dopo aver trascorso più di quattro anni a 300 km orari (come l’AVE che ho preso ogni settimana per andare a Madrid a lavorare), poiché la frenata è stata molto scioccante.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Coronavirus
Intervista esclusiva ad Agnese Lorenzini: «Basta poco per rendermi la persona più felice...

Agnese Lorenzini è un’attrice italiana che nasce a Genzano di Roma nel 1990. Dopo aver conseguito la laurea in Filosofia, si diploma all’accademia Cassiopea, coltivando anche la sua passione per il canto. Debutta per la prima volta nel lungometraggio The Tape (2013), affacciandosi nel mondo del teatro nel 2014 con lo spettacolo “Le figlie di Magdalene“. In seguito, Agnese è diventata nota al grande pubblico nella soap “Un posto al sole“, dove interpreta dal 2016 il ruolo di Susanna Picardi, una giovane avvocatessa con la passione per la magistratura. Per quanto riguarda la vita privata, Agnese è molto riservata e condivide ben poco dei suoi momenti personali sui social ma ha una grande passione per il nuoto, la danza e l’atletica. Per conoscerla un po’ meglio noi l’abbiamo incontrata, ecco la nostra intervista!
Ciao Agnese e benvenuta su Sbircia la Notizia Magazine. Cominciamo con la domanda di rito che facciamo un po’ a tutti i nostri ospiti: chi è Agnese nella vita di tutti i giorni?
Nella vita di tutti i giorni mi servono poche semplici cose per rendermi la persona più felice del mondo: il calore dei miei amici e del mio ragazzo, una cosa a scelta tra un bel film o uno spettacolo teatrale o un libro e l’aria aperta. Amo passare il tempo nella natura, che sia per una passeggiata, un’escursione o una nuotata al mare (e per questo mi batto per difenderla quotidianamente dal consumismo e l’egoismo in cui viviamo). E le apparenze ingannano: sono decisamente più “folle” di quanto non sembri, anche perché sennò avrei sbagliato mestiere!

Per diventare attrice ti sei diplomata all’accademia Cassiopea di Roma, come e quando hai scoperto la tua passione per la recitazione?
Non c’è un momento preciso. Se devo fidarmi di quello che mi dice l’istinto, mi sembra che da sempre fosse chiaro dentro di me questo desiderio e questa passione. Sicuramente già alle elementari come attività extrascolastica preferivo il corso di teatro allo sport e non vedevo l’ora di salire sul palcoscenico. Mi divertivo un mondo.
Fai parte di Un posto al sole ormai dal 2016 ma lavori molto spesso anche a teatro. Preferisci la tv o il teatro?
Sono due mondi diversi ma complementari. Per quanto mi riguarda sono due strade altrettanto belle e entusiasmanti ma che partono dallo stesso punto. Se proprio devo esprimere una preferenza, dico il teatro ma semplicemente perché il primo amore non si scorda mai!
Oltre la recitazione, quali sono le tue più grandi passioni?
Come ho già detto, la cosa che mi entusiasma di più oltre alla recitazione, è stare nella natura e tenermi in movimento. Mi intristisco tantissimo se passo troppo tempo ferma o al chiuso! E poi adoro leggere, perlopiù quando posso prendermi giornate intere per farlo, perché assaporo meglio le storie. E ho una passione per la fantascienza!

Parliamo un po’ del tuo personaggio che interpreti in Upas: cosa c’è di te in Susanna e viceversa?
Condividiamo la determinazione nel seguire un obiettivo che è anche una passione: per lei la magistratura, per me la recitazione. Non sono cose a cui ti dedichi per soldi, per calcolo o per tornaconto. Lo fai perché non hai alternative, ti piace troppo e non puoi rinunciarci e credi nel valore di quello che fai. Per il resto siamo parecchio diverse. Susanna, anche per il suo passato, è abbastanza fredda negli affetti, come se avesse sempre paura di buttarsi in qualcosa di troppo intenso, io invece se provo affetto per qualcuno ho bisogno di dimostrarlo. E poi una cosa che dico sempre… Susanna è sempre in ordine, precisa anche nel curare il suo aspetto: ecco, il mio opposto direi!!! Se non ne ho esigenza, non mi trucco e mi metto addosso la prima cosa che capita!
In un posto al sole, Susanna ha avuto una sbandata per un altro uomo proprio nel momento in cui stava pianificando il proprio matrimonio. Cosa ne pensi di questa storia e soprattutto, come si sarebbe comportata Agnese nella vita reale?
Ho imparato a non esprimere giudizi su questioni del genere. Può capitare una sbandata, può capitare tutto nella vita e poi siamo tutti così diversi, è impossibile che quello che secondo me è giusto lo sia per tutti. Io, personalmente, se mi fossi resa conto a pochi passi dall’altare di avere dei dubbi e addirittura il sospetto di amare qualcun altro, ne avrei parlato col mio compagno. Io credo e ho imparato nel tempo che l’unica chiave per un rapporto autentico è comunicare, dire cosa ci fa stare male, dire ad alta voce anche i dubbi che abbiamo e aspettarsi lo stesso dall’altro. Finora, per me, ha sempre funzionato e anche quando le cose sembravano davvero nere, parlarne ha rimesso in moto l’ingranaggio e ha sempre costituito un salto di qualità del rapporto. Per crescere insieme bisogna stare insieme e quindi rendersi partecipi di tutto, anche delle cose brutte.
Vivi a Roma ma sei spesso a Napoli per lavoro. Come descriveresti Napoli e i napoletani?
In una parola? CALDI. Se penso a Napoli penso al calore di una città che ti abbraccia e ti coinvolge, sempre in fermento!
Con quale collega hai legato particolarmente?
Il mio amore per Marina Crialesi non è un segreto per nessuno ormai (ride, ndr). Siamo entrate insieme, eravamo insieme il nostro primo giorno in redazione e poi sul set. È nata una bellissima amicizia: in Marina ho trovato una compagna di camminate folli, una folle compagna di scherzi e un punto fermo nel momento del bisogno. Siamo molto diverse per alcune cose, ma quelle che ci accomunano sono tanto più forti.

Parlaci un po’ della tua esperienza sul set di un posto al sole…
Questi passati sul set di Upas sono stati anni molto belli: è un set che sicuramente in alcuni momenti può essere faticoso, perché hai tanto materiale da girare e ci sono stati dei mesi di andirivieni da Roma, in cui mi dividevo tra il set e il teatro che mi hanno messo a dura prova. Ma la fatica fisica è sempre ripagata dal calore dei fan e anche dal gioco di squadra con i colleghi, i registi e i tecnici. È bello andare a lavoro se trovi un ambiente accogliente e positivo.
Un posto al sole ma non solo: ti va di raccontarci qualcosa di più sul tuo percorso artistico?
Beh diciamo che a parte qualche esperienza lavorativa che mi è capitata già durante l’accademia, la mia carriera è iniziata dopo gli studi, soprattutto col teatro e poi con Un Posto al Sole. In teatro ho trovato la mia dimensione con la compagnia Nogu Teatro, ma ho collaborato anche con altre realtà, perché pensavo fosse importante sperimentare il più possibile.
C’è un desiderio in particolare che vorresti si realizzasse?
Sì, due in realtà. Mi piacerebbe nel prossimo futuro cambiare casa e trovare un posticino più adatto a me e a Francesco. E poi ovviamente il grande schermo: quando arriverà sarà sicuramente il coronamento del mio lavoro e mi piacerebbe che fosse un progetto di qualità!

Che impatto ha avuto il Coronavirus sulle tue abitudini?
La quarantena, nonostante tutto, l’ho vissuta abbastanza bene, perché ho la fortuna di convivere serenamente col mio compagno e soprattutto la letalità del virus non ha toccato amici o parenti (questo ha fatto tanto la differenza). E lì per lì ha migliorato le mie abitudini: mangiavo bene, mi allenavo e ho letto una caterva di libri. A uno sguardo più generale, però, è stato devastante: un periodo così pieno di progetti da accantonare, di frustrazione, di confusione. Mi sono sentita inutile per la società, superflua, il mio lavoro improvvisamente rischiava di perdere ogni senso. Questo nei momenti più bui, ma quando riuscivo ad essere positiva, vedevo che il Coronavirus non ha fatto altro che rafforzare in me il desiderio di perseguire la mia strada e ha dato ancora più senso al nostro lavoro.
Le foto pubblicate sono di Giuseppe D’Anna / FremantleMedia / Rai
Per seguire Agnese Lorenzini su Instagram, vi rimandiamo al suo profilo ufficiale.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
CLICCA QUI PER LEGGERE TUTTE LE ALTRE NEWS E ANTICIPAZIONI SU UN POSTO AL SOLE
Coronavirus
Intervista esclusiva a Roberto Chevalier: «Sono una persona che ama la semplicità e la...

Attivo sin da bambino nel cinema e soprattutto in televisione, Roberto Chevalier a 9 anni diede la voce a Lucky nel lungometraggio della Walt Disney La carica dei 101 e a 13 anni divenne noto al grande pubblico impersonando il giovane David Copperfield nell’omonimo sceneggiato televisivo della Rai. Presta la sua voce a molti attori internazionali, tra cui Tom Cruise, Tom Hanks, Andy García, Dennis Quaid, John Travolta, Kurt Russell e molti altri. Chevalier iniziò a doppiare Tom Cruise nel 1986, nel film film Top Gun. Dopo oltre 30 anni, nel 2021, arriverà nelle sale cinematografiche il sequel di Top Gun, dove Roberto ha diretto il doppiaggio. Chevalier è inoltre direttore del doppiaggio e dialoghista delle serie tv CSI: Scena del crimine, CSI: Miami e CSI: NY, partecipando come attore, alla terza e alla quarta stagione di Distretto di polizia. È stato direttore di doppiaggio di circa 100 film, tra i quali Moulin Rouge!, La cena dei cretini, Ma mère, L’apparenza inganna, Juno, Transamerica, Little Miss Sunshine, The Core, Blade e Il grande match. Nel luglio 2006 ha vinto il premio Leggio d’oro per la miglior interpretazione maschile dell’anno per il doppiaggio di Tom Hanks ne Il codice Da Vinci. Ma questo è solo un accenno della sua biografia: noi lo abbiamo incontrato e ci ha concesso una bellissima intervista, raccontandoci in esclusiva un po’ di se, della sua vita, dei suoi progetti e di molto altro…
A cura di Junior Cristarella e con la preziosa collaborazione di Sante Cossentino per Massmedia Comunicazione
Ciao Roberto e benvenuto su Sbircia la Notizia Magazine. Chi è Roberto Chevalier nella vita di tutti i giorni, fuori dalla sala di doppiaggio?
Beh, chi è Roberto Chevalier… Sono una persona normale, con valori importanti quali onestà, rispetto, famiglia… Amo l’attenzione ai dettagli e conduco una vita senza eccessi. Sono legato a questi valori e cerco di tenerli sempre presenti, perché sono le cose importanti della vita. Parlando di famiglia, l’amore per i figli per me viene prima di ogni altra cosa. Ma soprattutto, io sono una persona che ama la semplicità e la tranquillità, la serenità soprattutto.
Quali sono le differenze sostanziali tra doppiaggio e recitazione?
Il doppiaggio è fatto di recitazione, per quanto più sai recitare, tanto più è facile poi applicarlo con le tecniche del doppiaggio. Il doppiaggio richiede una discreta conoscenza delle tecniche del mestiere che sono quelle del sincrono, quelle delle regole di sala e di sapere usare la voce… Ma la recitazione è alla base di tutto e saper recitare ti permette di immedesimarti appunto nel personaggio/attore che segui sullo schermo, di cui devi dare una corretta reinterpretazione al pubblico italiano. Bisogna quindi saper innanzitutto recitare per entrare in empatia con l’attore sullo schermo e applicando le tecniche di doppiaggio, restituire un’interpretazione fedele all’originale.

Come hai scoperto la tua passione per il doppiaggio?
Non è che ho scoperto la passione per il doppiaggio: il doppiaggio è una specializzazione dell’essere attore che è venuta nel cammino artistico che ho intrapreso sin da bambino. Quindi come ho imparato a recitare, a stare sul palcoscenico, a dar vita a personaggi quando faccio l’attore, così ho imparato a fare il doppiatore e a migliorare studiando sempre, naturalmente, perché per migliorarsi bisogna sempre studiare. Andando avanti nella carriera ho scoperto nuove sfide, nuovi attori e nuove interpretazioni con le quali cimentarmi.
Sei ormai la voce ufficiale italiana di Tom Hanks e Tom Cruise, ma hai anche doppiato Andy García, Dennis Quaid, John Travolta ed altri volti ben noti. Hai mai incontrato qualcuno di loro?
Ho doppiato tantissimi attori ma ne ho incontrati pochissimi. Ho incontrato Greg Kinnear; John James, l’attore che ho doppiato in Dynasty ma soprattutto, il mio incontro fondamentale è stato con Tom Cruise. Ci siamo incontrati tantissime volte, lui è stato sempre molto carino con me: abbracci, strette di mano, chiacchierate… Il momento più lungo in cui ci siamo incontrati è stato nel 2000 a Taormina quando io ho preso il Nastro D’Argento per averlo doppiato in Magnolia, lo ha ricevuto nello stesso tempo anche lui alla carriera e insieme abbiamo presentato sul palcoscenico il primo Mission Impossibile. Poi siamo stati a chiacchierare per parecchio tempo… E’ una persona molto gradevole, alla mano, disponibile ed è un attore senz’altro in ascesa ancora ma che deve, secondo me, ritornare a film con le storie. Perché ha dimostrato di essere un grande attore e che desse spazio alla storie e non solo ai muscoli, anche pensando al futuro… perché non andiamo ringiovanendo (ride, ndr).

Ci racconti qualche aneddoto divertente successo in sala di doppiaggio?
Beh, aneddoti divertenti ce ne sono a decine, a centinaia… Potremmo starci le ore a parlarne. Aneddoti divertenti che riguardano ad esempio il doppiatore non molto “smart” oppure gli scherzi che si fanno in sala di doppiaggio che mi sono stati fatti e che talvolta faccio anche io ai colleghi (ride, ndr)… Ce ne sono una miriade, ma la cosa più importatane, secondo me, è che il nostro è un lavoro, si, ma che va fatto anche con leggerezza… Ti devi divertire quando lavori, quindi se ogni tanto riesci a spezzare l’atmosfera estremamente professionale con qualche battuta, con qualche scherzo, con qualche calembour, l’atmosfera si alleggerisce e quindi anche la fatica diventa minore e si affronta tutto con il sorriso sulle labbra.
Stai organizzando dei corsi di doppiaggio, come è nata questa idea? Parlaci un po’ di questa iniziativa…
I miei corsi di doppiaggio sono nati casualmente, nel senso che io ho imparato a fare appunto il doppiaggio perché c’erano grandi direttori, grandi registi che ti insegnavano la professione e fino a qualche anno fa c’era tempo per poter crescere i nuovi doppiatori, nel senso che tu vedevi un giovane di talento e allora cercavi di insegnargli il mestiere e di migliorarlo. Oggi, purtroppo, c’è sempre meno tempo in sala in quanto i programmi di doppiaggio sono sempre molto intensi, per contenere i costi per la fretta dei clienti, eccetera e quindi c’è poco tempo per poter formare le nuove leve. Questo è un mestiere che va anche tramandato e di conseguenza gli attori e doppiatori con i quali lavoro quando faccio il direttore mi hanno dato l’idea di insegnarlo: ed è così che è nato questo nuovo filone professionale. Ho il mio sito (www.robertochevalier.it) dove do indicazioni con una mail dedicata (lezioni@robertochevalier.it), dove appunto attingere informazioni per iscriversi ai vari corsi, che sono divisi in due categorie: uno per principianti e l’altro avanzato, che è dedicato a chi viene già da altre scuole di doppiaggio, oppure è già un attore o doppiatore professionista che vuole migliorarsi o un doppiatore alle prime armi che vuole approfondire. Ci sono quindi varie tipologie di possibilità di accedere, sempre previa audizione, svolgendo un colloquio conoscitivo e fornendo il proprio curriculum, non solo professionale ma soprattutto per i principianti anche un curriculum “di vita” perché aiuta a conoscere la persona che si ha di fronte. Ormai sono una decina di anni che insegno e lo faccio proprio come l’hanno insegnata a me, aborrisco i corsi on-line perché chi fa un corso on line millanta credito. Insomma, non si può insegnare il doppiaggio on-line e quindi nel mio piccolo cerco di fare quello che vorrei fosse fatto per tutti, cioè insegnare il doppiaggio, la recitazione applicata al doppiaggio, l’aderenza all’attore guida, nelle migliori condizioni possibili e con la maggiore professionalità possibile per tramandare questa tradizione italiana.
Anche i tuoi figli si sono appassionati a questo mestiere, come è successo?
I miei figli si sono appassionati forse all’inizio un po’ per imitazione: David era particolarmente bravo ma quando era bambino io l’ho un po’ fermato perché non volevo che gli fosse sottratta la vita da bambino come è successo a me. Poi ha ripreso dopo qualche anno e l’ho rifermato un’altra volta… A 18 anni ha espresso il desiderio di volerlo fare come professione e allora gli ho detto “ti faccio fare il militare, ti insegno io in maniera rigida e severa come si fa, dopo vedrai che sarà tutto in discesa” perché appunto nessuno meglio di un padre, con amore, dedizione e soprattutto con una certa severità, può darti i giusti insegnamenti. Crescere ed educare un figlio non vuol dire essere cattivi ma vuol dire insegnare certi principi che poi ti aiutano nella vita, quindi se con me superi certi ostacoli poi tutto il resto ti sembrerà, come dicevo, in discesa. Le bambine, Fiore ed Arlena, invece, si sono appassionate però poi Arlena ha perso un po’ la passione ed ha intrapreso altri studi, coltivando nuovi interessi: adesso ha 17 anni ed ha smesso da due o tre anni. Mentre invece Fiore che ne ha 13 continua, anche perché è una commediante nata nella vita e vedremo se anche a lei passerà la voglia oppure continuerà nella formazione. Comunque anche per loro due ho sempre limitato il tempo di lavorazione, perché non volevo che fossero sottratte sia alla scuola che alla vita di bambine.

Sei doppiatore ma anche attore: avevi solo 5 anni quando hai cominciato a recitare per il grande schermo. Adesso ti stai dedicando solo al doppiaggio o continui anche a lavorare come attore?
Continuo sempre la mia carriera professionale ma soprattutto come doppiatore. Ogni tanto faccio ancora qualcosa come attore ma molto poco perché, a parte che il doppiaggio mi assorbe molto ma anche perché ormai sono un po’ fuori da certi giri, da certi casting, da certe conoscenze dell’ambiente che aiutano molto a rimanere inseriti come attori.
Che impatto ha avuto il Coronavirus sul mondo del doppiaggio?
Il Coronavirus ha avuto un impatto devastante, come in tutto il settore artistico. Nel senso che sono diminuite le occasioni di lavoro e pur lavorando in sicurezza, le modalità di lavoro sono cambiate e si lavora dieci volte in meno rispetto a prima. Questo è un danno non solo per il settore del doppiaggio e per tutte le maestranze coinvolte ma anche per i teatri, per i cinema e per la televisione – è tutto un settore che coinvolge migliaia di persone che è in crisi profonda. Già era un po’ in crisi prima e adesso ne sta sprofondando, speriamo quindi che tutto questo finisca presto.

C’è qualche progetto in cantiere per il breve o lungo termine?
Ci sono molti progetti in corso. Ho diretto un film molto bello con Johnny Depp, dal titolo “Minamata” che non so quando e se uscirà al cinema. Ho doppiato Tom Hanks in un film bellissimo che si chiama “Notizie dal mondo“, che probabilmente finirà su Netflix. Ho diretto un altro film di un giovane autore italiano dal titolo “American Night” ma anche in questo caso non si sa se uscirà al cinema o andrà sulle piattaforme. Adesso sto dirigendo l’integrazione dei dialoghi di una serie molto bella “La fuggitiva” che il regista Carlo Carlei ha preparato e che dovrebbe andare in onda in televisione, spero presto. Con Carlei, per esempio, ho lavorato come attore sia nella serie “Padre Pio” con Sergio Castellitto che ne “Il confine” e ho diretto molti altri suoi doppiaggi televisivi e non. Poi siamo qui in attesa che passi questo maledetto virus per poter riprendere la nostra professione con il giusto valore che da alla cultura e all’intrattenimento, perché la gente ha bisogno anche di distrarsi e di vivere in maniera libera e diversa da questo momento che stiamo attraversando. Quindi viva il mondo dell’arte, viva la cultura e speriamo di riprenderci tutti quanto prima.
Per seguire Roberto Chevalier su Instagram, vi rimandiamo al suo profilo ufficiale.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Coronavirus
Intervista esclusiva ad Alessia Quaratino: «Mi nutro di emozioni»

Nata sotto il segno zodiacale dei Pesci, Alessia Quaratino è una giovane ma determinata attrice campana che, dopo il successo in “Un posto al sole”, abbiamo avuto modo di apprezzare in altri cortometraggi, fiction e film di successo. Recentemente l’abbiamo vista nel film “Un giorno all’improvviso”, nei panni di Sara. Ma nel suo curriculum troviamo anche altri lavori come “Distretto di Polizia”, “Sotto Copertura” e “I bastardi di Pizzofalcone”, per citarne alcuni. Vi proponiamo la nostra intervista in cui Alessia ci racconta un po’ di se, del suo lavoro e delle sue esperienze. Buona lettura!

Ciao Alessia e benvenuta su Sbircia la Notizia Magazine. Nella vita di tutti i giorni, chi è Alessia?
Sono una persona semplice, riservata e romantica. Mi nutro di emozioni, è il modo principale per sentirmi viva. Ho anche un lato ribelle e dispettoso. Ammetto di essere diffidente, ho bisogno di conoscere le persone per poi decidere se raccontargli qualcosa di me.
Come ti sei appassionata al mondo dello spettacolo?
Sin da piccola. Essendo figlia unica, passavo gran parte del mio tempo a guardare film, ma soprattutto più che vederli mi interessava memorizzare le battute per poi rifare la scena a modo mio.
Hai recitato in “Un posto al sole” per ben due anni, come descriveresti questa esperienza?
Unica, è stata la mia prima vera esperienza lavorativa. Daniela, una ragazza piena di colori, difficile da interpretare. Grazie a lei ho affrontato una tematica importante trasmettendo un messaggio sociale. Non c’è cosa più gratificante per un attore, quando si riesce a lasciare una riflessione sulla vita, attraverso l’interpretazione del personaggio. Ricordo con piacere la grande famiglia di Un posto al sole che mi ha fatto sentire sempre a mio agio.

Ci parleresti un po’ del tuo percorso formativo che ti ha portata ad essere un’attrice?
Ho frequentato corsi di cinema e teatro presso la Ribalta di Castellammare di Stabia per molti anni. Attualmente studio metodo Strasberg con laboratori intensivi diretti da Antonio Milo. Credo nella formazione, pertanto continuo a sperimentare tutt’ora su me stessa.
Hai partecipato a numerose fiction di successo e di recente ti abbiamo vista anche al cinema. Quali di queste esperienze ti ha segnata particolarmente?
Le esperienze che ho fatto mi hanno lasciato tutte qualcosa, sia per la crescita professionale che personale. La più recente, che sento ancora viva è stata quella di Un Giorno All’Improvviso. Poter lavorare su un progetto di cinema d’autore è stato un regalo bellissimo, Ciro D’Emilio ha scommesso su di me e con la sua delicatezza mi ha diretta nel ruolo di Sara.
Ci racconti un aneddoto divertente successo sul set?
Ho imparato a portare il motorino 30 minuti prima di una scena. Dovevo essere alla guida e con dietro una ragazza, ovviamente la scena era in un’area riservata e in un posto sicuro, è stato un momento divertente ed impegnativo.

Tv, cinema o teatro? Cosa preferisci?
Sono emozioni diverse. Mi piace ogni forma di espressione. Prediligo la qualità nei tre ambiti.
Cosa non può mancare nella tua routine giornaliera?
Una buona dose di caffè. Non mi basta mai.
Quali sono i tuoi gusti musicali?
I Negramaro sono il mio gruppo preferito. Inoltre alcuni grandi come: Lucio Dalla, Pino Daniele, Franco Battiato e Francesco De Gregori.
Con quale regista ti piacerebbe lavorare?
Sicuramente essendo napoletana, vorrei lavorare con: Sorrentino, De Angelis, Garrone e Martone. Ritrovarmi sul set con Ciro D’Emilio mi farebbe piacere.

Come ha cambiato le tue abitudini il Coronavirus?
In realtà più che le mie abitudini, questo virus ha cambiato la mia visione di vita. Mi ha fatto capire che è necessario vivere il presente. È giusto porsi degli obiettivi futuri ma bisogna godere di ogni attimo, così la vita ha un sapore diverso.
Come ti vedi tra dieci anni?
Non lo so, mi piace scoprirlo. In una parola direi “felice”, è l’unica cosa che veramente auguro a me stessa.
*Foto di Perla Navarra
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Coronavirus
“Libere di essere”, un progetto di Maximiliano Gigliucci: la nostra intervista

“Libere di essere” è un progetto ideato da Maximiliano Gigliucci, con il sostegno di personaggi della cultura, dello sport e dello spettacolo come segno di partecipazione attiva alla Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne, prevede la partecipazione dei ragazzi di tutte le scuole superiori d’Italia, cui è richiesto di realizzare con i loro smartphone video sulle varie tematiche della violenza sulle donne.
I lavori potranno essere inviati all’indirizzo mail: maxi@buuuball.com scaricando il bando di partecipazione dal sito www.buuuball.com, entro il 20 aprile 2021.

Tra tutti quelli realizzati, una giuria di tecnici del settore (registi, produttori, sceneggiatori e attori) selezionerà i migliori. Le categorie sono: regia, interpretazione, montaggio, idea, musica e grafica. I vincitori saranno premiati durante la tavola rotonda che concluderà l’evento di due giorni e si svolgerà presso l’auditorium Paganini di Parma – Capitale della Cultura 2020-2021 – a maggio del prossimo anno (è stato rimandato a causa dell’emergenza Covid). La tavola rotonda sarà moderata da Marco Liorni e vedrà la partecipazione, tra gli altri, di Roberto Ciufoli e Sandra Milo. Noi abbiamo incontrato Maximiliano Gigliucci, l’ideatore del progetto, per saperne qualcosa di più.
Ciao Maximiliano, come è nata l’idea del progetto “Libere di essere”?
Avviato il 25 novembre con una conferenza stampa promossa dal Comune di Parma (assessore Ines Seletti) e Zonta International Palermo Zyz, il progetto “Libere di Essere” promosso dall’associazione Buuuball off Colors che si occupa di contrasto alla violenza, a partire da quella che si manifesta all’interno degli stadi.
Ci puoi parlare un po’ più nel dettaglio di questa iniziativa?
Marco Liorni, Tullio Solenghi, Gabriele Cirilli, Ciro Immobile, Gianmarco Tognazzi, Andrea Lo Cicero, Jimmy Ghione, Filippo Volandri, Emanuele Salce, Luigi Pelazza, Alessio Sakara, Massimiliano Bruno, Mirko Frezza, Corrado Tedeschi sono solo alcuni dei volti noti e popolari che hanno prestato la loro immagine per diffondere e sostenere la campagna di sensibilizzazione promossa dall’associazione culturale BuuuBall off Colors nell’ambito del progetto sociale contro la violenza sulle donne “Libere di essere”. L’evento di due giorni e si svolgerà presso l’Auditorium Paganini di Parma Capitale della Cultura a maggio del prossimo anno. La tavola rotonda sarà moderata da Marco Liorni e vedrà la partecipazione, tra gli altri, di Roberto Ciufoli e Sandra Milo, testimone di violenza. Il progetto “Libere di Essere” si prefigge di realizzare, nella giornata del 25 novembre di ogni anno, un evento che vuole comunicare l’importanza delle donne nella nostra società. In Italia i numeri sono spietati e molto spesso il reato di violenza viene considerato “un fatto di famiglia”. Libere di Essere esprime la volontà di supportare le donne in difficoltà attraverso varie iniziative con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica anche con il supporto di personaggi dello spettacolo e della cultura che si sono messi in prima linea attraverso video-messaggi che fanno riflettere.
“Libere di essere” è rivolto ai giovani, qual è il feedback che stai ricevendo?
L’importanza di rivolgersi ai giovani delle scuole superiori degli istituti italiani sta nel fatto che riteniamo siano il presente e futuro della nostra società. Saranno impegnati su un tema importate, raccontare la violenza domestica, psicologica e fisica attraverso dei video prodotti con i loro smartphone della durata massima di 5 minuti in cui potranno raccontare con i loro occhi ed il loro linguaggio questa piaga sociale che continua ad aumentare anche in questo periodo di difficoltà in cui, complice i vari lockdown causa COVID, le donne sono costrette a subire violenze.
Sempre in riferimento alla violenza sulle donne, come descriveresti la situazione in Italia?
Negli ultimi 10 mesi i numeri parlano chiaro, 30% in più di femminicidi e 70% di violenza domestica. Essere uniti è la nostra forza ed è l’unica strategia per combattere qualsiasi tipo di violenza e pregiudizio. Questo progetto ha un grandissimo valore educativo, la rete che abbiamo creato ci dà forza e alimenta nuove progettualità.
Ci vuoi parlare di qualche altro progetto?
Il prossimo progetto sarà contro il razzismo negli stadi sostenuto da molti personaggi dello spettacolo, cultura e spettacolo come Luca Argentero, Vittorio Sgarbi, Alessandro Meluzzi, Serena Rossi, Marco Liorni, Paolo Belli, Samuel Peron, Beppe Convertini, Enrico Varriale, Paola Minaccioni, Paolo Calabresi, Ivan Zazzaroni, Maurizio Casagrande, Franco Oppini, Elisabetta Gregoraci, Massimo Lopez, Pino Strabioli e tanti altri. L’iniziativa si chiama buuuball perché nasce da quei buuuu razzisti che siamo costretti a sentire in ogni partita di calcio. Come capofila del messaggio e testimonial sono anche i giocatori della S.S Lazio, i quali si sono messi a disposizione per realizzare foto con frasi slogan.
Per seguire Maximiliano Gigliucci su Instagram, vi rimandiamo al suo profilo ufficiale.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Coronavirus
Intervista esclusiva a Ludovica Pagani: «In questo periodo ho rivalutato le mie priorità»

Classe ’95, nata sotto il segno zodiacale del Cancro il 25 Giugno, Ludovica Pagani, conduttrice, influencer, modella, deejay e scrittrice, ha conquistato la scena in ambito televisivo e social con la sua grande energia ed inesauribile creatività. Si diploma al Liceo Linguistico ad indirizzo Giuridico ed Economico e successivamente intraprende il percorso di studi che la porta alla laurea in management a Milano. Nel 2016 ha iniziato la sua attività di influencer: ad oggi conta oltre 2,6 milioni di follower su Instagram.

Ha condotto la web serie “We love shopping” e ha co-condotto Milanonow, programma trasmesso da Telelombardia. Nel 2017 co-conduce il programma sportivo “Go-Kart TV” su Sport Italia. Nello stesso anno è stata più volte inviata nel programma “Quelli che il Calcio” su Rai2. Nel maggio 2018 nasce il suo canale YouTube che vanta oltre 15 milioni di visualizzazioni con 292.000 iscritti. Sempre nel 2018 esce il suo primo libro, “Semplicemente Ludovica”, edito Mondadori. Nel 2019 ha preso parte ad una fiction per Rai “Riccione” e ad una serie TV su MTV “Involontaria”. A settembre dello stesso anno, ha iniziato un programma radiofonico “Versus” su Rds Next. A Novembre è uscito il suo calendario su Chi e TV Sorrisi e Canzoni con sold out e ristampa.
Passiamo ora al 2020: oltre ad aver ideato e condotto il format “Casa Pagani“, che è stato pubblicato sul suo canale ufficiale su YouTube, durante il lockdown ha presentato un programma su Sportitalia “Fuori dal balcone” con interviste a sportivi e personaggi dello spettacolo. Il sabato e la domenica, dalle 16 e le 18, possiamo ascoltarla su Radio 105 nel suo programma “105 Casa Pagani“. Ludovica è anche testimonial per Opsobjects, Motorola ed altri brand di moda.

Caio Ludovica, benvenuta su “Sbircia la Notizia Magazine”. Innanzitutto, grazie per aver accettato la nostra intervista. Se ti chiedessimo di descriverti, in breve, come lo faresti?
Grazie a voi… Non è facile descrivere se stessi, credo comunque di essere sicuramene di cuore, vera, solare, impulsiva, molto ansiosa e paranoica. Sono pronta a tutto per inseguire i miei sogni. La parlantina non mi manca certo e qualche volta riesco a convincere il mio interlocutore anche solo per sfinimento: parlo velocissima, sparo parole a raffica, ma non perché sono agitata, ho sempre parlato così! Ogni tanto qualcuno mi chiede: “Ma non hai mai bisogno di prendere fiato?”, e quindi mi devo sforzare di rallentare… Mi piacerebbe che tutto il mondo andasse alla mia velocità! Ho scritto un libro autobiografico, “Semplicemente Ludovica”, in cui parlo di me, delle mie passioni e di tutto ciò che è il mio mondo.

Ci racconti come è iniziata la tua carriera?
La mia carriera è iniziata appassionandomi ai social e passo dopo passo, inviando proposte di collaborazione prima nel campo della moda e poi anche nel settore turistico e commerciale in genere. Man mano che la mia visibilità cresceva con articoli inerenti alla moda su riviste o affiancandomi a youtuber per video per lo più comici, sono arrivate anche le ospitate in TV e la richiesta di presenziare nelle discoteche, il che mi ha portato a voler imparare a suonare alla consolle come dj.
Sei giovanissima e su Instagram hai già un grandissimo seguito: hai oltre 2,6 milioni di follower ed un numero infinito di fanpage! Come lo vivi tutto questo successo?
Il tutto nel modo più naturale possibile perché in effetti io mi sento quella di sempre. Non mi vedo così famosa! Ma sicuramente avere così tanti fans che mi vogliono bene, mi riempie il cuore di gioia.

Nella tua biografia hai scritto la frase in inglese “non lasciare che i tuoi sogni restino solo dei sogni”, tu i tuoi li stai realizzando?
Ho scelto questa frase perché mi rispecchia molto. Inseguo sempre i miei sogni e giorno dopo giorno si stanno realizzando, anche più di quanto immaginavo… ma ce ne sono altri nel cassetto che spero si possano realizzare presto!
Cosa non può assolutamente mancare nella tua routine giornaliera?
La musica. Nelle mie giornate non può mancare… è il mio mondo!

Ognuno di noi ha dei “segni particolari” e tu hai una cicatrice sulla guancia che porti con orgoglio, senza mai cercare di nasconderla. Come te la sei procurata e cosa rappresenta per te?
La cicatrice me la sono procurata quando avevo 6 anni, giocando a scuola e nel cadere ho battuto la guancia e sono dovuta correre subito al pronto soccorso con la mia mamma. Siccome era un taglio profondo, nonostante le varie cure non è mai sparita del tutto ma ad oggi sono contenta perché mi ci sono affezionata, sono sicura che mi contraddistingua e che non toglierei mai.
Hai dei tatuaggi? Cosa significano per te?
Si, ne ho tanti e tutti hanno un significato: 3 con le mie migliori amiche, uno sul braccio “alis volat propiis” “vola con le tue ali”, tre cuori simbolo dell’amore con un’onda del mare sopra il gomito mentre sul braccio porto la parola “lighthouse” che significa faro. Poi ho la parola “endless” che ho con la mia amica Martina, poi ancora una scritta lungo la spina dorsale e una data in numero romano che ho uguale con la mia amica Jessica. Ne ho anche uno sul polso, un diamante (indistruttibile e prezioso, come vorrei essere), una coccinella sul tallone e un altro pure sul piede con le iniziali dei miei genitori e di mio fratello.

Durante il periodo del primo lockdown hai presentato su Sportitalia il programma “Fuori dal balcone”, ci racconti questa esperienza?
Sicuramente condurre in diretta per la prima volta un mio programma è stato molto entusiasmante, un’esperienza bellissima che mi ha dato la certezza che è una cosa che voglio ripetere.
Sei stata l’ideatrice, nonché la protagonista del format “Casa Pagani”, in cui hai ospitato diversi personaggi del mondo dello spettacolo. Ci saranno altri episodi?
Certo, a breve uscirà la seconda stagione!! Non vedo l’ora…

Quale intervista di “Casa Pagani” ti ha particolarmente colpita?
Non ne saprei scegliere una in particolare, tutte mi hanno lasciato qualcosa dentro… Ognuna è stata a modo suo importante.
Sei conduttrice, modella, influencer ma anche DJ. A tal proposito, le discoteche sono chiuse da un po’ a causa del Covid-19, cosa ne pensi delle scelte del Governo in merito alle restrizioni sui locali da ballo?
Preferisco non espormi sulle scelte governative, posso solo dire che suonare mi manca davvero tantissimo… Così come mi manca la normalità, mi manca poter vedere la gente dal vivo ed abbracciarla…

Quando le discoteche riapriranno tornerai a mixare o ti prenderai una pausa da questo mestiere?
Nessuna pausa, anzi! Appena riapriranno non vedo l’ora di poter tornare a suonare, perché questa è la mia passione.
Su Instagram ricevi sempre tanti complimenti, a volte forse un po’ insistenti. Ti fa piacere di riceverli?
Mi fa piacere quando mi fanno i complimenti sulla mia persona, quella è l’unica cosa che mi rende davvero orgogliosa… Poi essere apprezzati fa sempre piacere a tutti..

Hai degli haters? Qual è la cosa più spiacevole che ti hanno scritto?
Fortunatamente devo dire che di haters ne ho davvero pochi e tutti molto poco originali, ciò che mi da più fastidio sono gli insulti sulla mia persona senza nemmeno sapere o minimamente conoscermi…
Che impatto ha avuto sulle tue abitudini il Coronavirus, a cominciare dal lockdown?
In questo periodo ho sicuramente rivalutato le mie priorità: al primo posto ci sono sicuramente gli affetti, che ho sempre ritenuto importanti ma a volte dati per scontati, anche i piccoli gesti quotidiani e il non poter vedere il sorriso delle persone che incontri.
Progetti per il futuro?
C’è qualcosa che bolle in pentola ma per scaramanzia preferisco non dire nulla, intanto potete ascoltarmi nel mio programma “105 Casa Pagani” su Radio 105, il sabato e la domenica dalle 16 alle 18.

Per seguire Ludovica Pagani su Instagram, vi rimandiamo al suo profilo ufficiale e al canale ufficiale su YouTube.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Coronavirus
Intervista esclusiva a Vincent Riotta: «L’Italia ha tutto quello che un cittadino...

Vincent Riotta è un attore di fama internazionale che nasce in Inghilterra, ad Hartford, da genitori siciliani. Il suo percorso nel mondo dello spettacolo inizia a soli 8 anni interpretando un anziano giapponese, un ruolo molto curioso che gli ha permesso di scoprire la sua passione per la recitazione, segnando l’inizio di una lunghissima e straordinaria carriera. Ha frequentato la prestigiosa Royal Academy of Dramatic Art, vincendo nel 1982, a 22 anni, il premio come “migliore attore più promettente“. Tra i riconoscimenti più recenti troviamo il Premio Internazionale Vincenzo Crocitti, nella categoria “Carriera Internazionale“.
Elencare tutti i film in cui è stato protagonista è davvero impossibile, in quanto Vincent Riotta ha lavorato in tantissime produzioni, sia in Italia che in Gran Bretagna ma anche negli Stati Uniti: Sotto il sole della Toscana, con la regia di Audrey Wells; Rush ed Inferno diretti da Ron Howard, solo per citarne alcuni. Noi abbiamo avuto il piacere di incontrarlo e siamo lieti di presentarvi la nostra intervista che ci ha concesso in esclusiva.
Con la preziosa collaborazione di Sante Cossentino per Massmedia Comunicazione
Salve Vincent, benvenuto su Sbircia la Notizia Magazine. Lei è un attore e regista italo-britannico, ci può raccontare qualcosa di più sulle sue origini?
Certo, mia mamma è nata a Cammarata, in provincia di Caltanisetta e papà a Mussomeli, sempre in provincia di Caltanisetta. Sono immigrati in Inghilterra nel 1957 e io sono nato a Hartford, in Gran Bretagna, nel 1959.
Cosa le piace dell’Italia?
L’Italia ha tutto quello che un cittadino vorrebbe: sole, mare, una storia unica, viste incredibili, cibo meraviglioso, gente piena di vita e di creatività e di umanità. Ovunque vado nel mondo, quando dico che sono italiano, sono felice di conoscermi soltanto per questo. L’unico peccato dell’Italia è che ha un sistema politico che tiene tutto al minimo della potenzialità del popolo.

La sua vita si svolge principalmente in Italia o in Gran Bretagna?
Ultimamente sono maggiormente in Italia, ho casa a Roma e lavoro spesso qui. Ma la Gran Bretagna mi ha regalato una cultura ricca e intelligente, sarò sempre grato al paese dove sono nato.
Quando ha scoperto di essere appassionato al mondo dello spettacolo?
Avevo 8 anni e mi hanno convinto a fare la parte di un giapponese di 80anni. Dopo che ho provato la paura, ho visto e capito che la gente era colpita della mia interpretazione, o almeno me lo ricordo così. Forse non ero bravo per niente!
Nel 1982 ha vinto il Premio come migliore attore più promettente, cosa ci può raccontare del suo esordio?
Era surreale. Giornali, interviste televisive e sulla radio. Un ragazzo di origine siciliana, di soli 22 anni, uscito dalla Royal Academy of Dramatic Art come miglior attore! Non ci credevo, così come le persone intorno a me. È stato anche un momento di paura, pensavo che le persone vicine mi guardassero diversamente. Poi però uno si abitua, si rende conto che la fama e il successo sono un’illusione che dura per un po’, poi vanno via. E se sei fortunato avrai altri momenti di successo.
Quale esperienza in particolare, da quando ha iniziato la sua carriera, per lei è stata più significativa?
Devo dire che ho realizzato un sogno quando sono stato invitato a Hollywood per la prima di “Sotto il Sole della Toscana”, sul red carpet, con tutti queste attori, registi, produttori che hanno riconosciuto la mia performance.

Lei ha lavorato un po’ in tutto il mondo, quali differenze ha notato tra le produzioni cinematografiche italiane, inglesi e americane?
Allora, per me, ci sta poca differenza ormai al livello artistico. I soldi che hanno le produzioni americane, ovviamente, ti fanno sentire come se fossi a cena al tavolo dell’imperatore, ma se sono con gli italiani sto in famiglia. Infine, gli inglesi hanno una professionalità e sincerità che ti forza ad avere integrità come attore.
Nella vita di tutti i giorni, lontano dai riflettori, chi è Vincent?
Un uomo con dei difetti che sta provando tutti giorni di riconoscerli al più presto per eliminarli appena me ne rendo conto. Non siamo mai quelli che vogliamo essere, ma sto provando con tanta difficoltà ad accettare che ormai sono quello che sono. E spero di avere delle cose in me che mi salvano.
Con quale suo collega, sul set, ha legato particolarmente?
Per quanto sembra pretenzioso, sono costretto a dire Anthony Hopkins. Non so veramente perché, ma devo dire che ci siamo trovati. Forse la sua rabbia che ha dentro l’ha portato a riconoscere la mia.
Quale consiglio si sente di dare ad un giovane con la passione per il mondo della recitazione, intenzionato ad intraprendere questa professione?
Di lavorare sodo, tutti giorni, per migliorare il talento e la carriera. Di scrivere, di imparare tutti gli elementi del nostro business. Non solo la recitazione: bisogna fare corsi di regia, di montaggio e di recitazione con tanti maestri. Così si avranno chance maggiori per avere una lunga carriera.

In questo momento è impegnato su qualche set?
No, ho avuto dei ruoli durante il lockdown che non mi aspettavo mai: un eremita, un prete che lavora per la CIA, uno scienziato. Sono stato veramente fortunato, normalmente quando tutti lavorano, io no, Quindi forse toccava a me.
Come ha cambiato le sue abitudini il Coronavirus?
Come tutti, mi sono dovuto adattare in tutto, in questo brutto momento nella storia dell’umanità.
Nuovi progetti all’orizzonte?
Per scaramanzia, non mi piace parlarne finché non è tutto confermato. Spero che tutti usciamo fuori da questo momento con la salute e un mondo nuovo e migliore.
Per seguire Vincent Riotta su Instagram, vi rimandiamo al suo profilo ufficiale.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Coronavirus
Intervista esclusiva a Miriam Candurro: «Spero che tutto questo finisca il prima...

Miriam Candurro, attrice e scrittrice, è nata a Napoli, sotto il segno della Bilancia, il 10 Ottobre 1980. Laureata in Lettere Classiche all’Università degli Studi di Napoli Federico II, esordisce in TV nel 2004 nel film pluripremiato “Certi bambini” di Andrea e Antonio Frazzi, in cui Miriam ha vinto il Premio Domenico Rea, come miglior attrice esordiente.
Successivamente partecipa a numerose fiction, Don Matteo e La Squadra, per citarne alcune. In seguito, nel 2008, torna sul piccolo schermo nella serie “Capri” e nel 2012 entra nel cast di Un posto al sole, nei panni di Serena Cirillo. Nel frattempo ha preso parte anche di altre fiction, come I bastardi di Pizzofalcone, Sotto Copertura e Che Dio ci aiuti. Ma Miriam oltre ad essere attrice è anche scrittrice: nel 2018 ha scritto un libro dal titolo “Vorrei che fosse già domani” ed è attualmente in fase di lavorazione un secondo romanzo.
A distanza di otto anni, Miriam è ancora tra i protagonisti di “UPAS“, perché il suo è uno dei personaggi più amati dal pubblico. Vi proponiamo di seguito la nostra intervista, in cui Miriam ci ha raccontato un po’ di se, dei suoi progetti e della “sua” Serena.

Ciao Miriam e benvenuta su Sbircia la Notizia Magazine. Nella vita di tutti i giorni, fuori dal set, chi è Miriam?
Una mamma prima di tutto! Impegnata con i miei bimbi e soprattutto in questo periodo, cerco di essere sempre presente.
Durante il periodo del lockdown di marzo hai creato un blog “1000km rossi”, come è nata questa idea?
È nata dalla voglia di far sapere alle persone che stavamo vivendo tutti le stesse emozioni, le stesse paure. Un desiderio profondo di condivisione, perché credo che i problemi se condivisi possano sembrare meno preoccupanti.
Hai scritto un libro dal titolo “Vorrei che fosse già domani” che racconta un forte legame tra Paolo e Cristina. Come ti è venuta l’idea di scrivere questo romanzo?
Stavo ragionando sull’idea di raccontare la diversità come opportunità e non come problema. Il desiderio di scrivere un libro lo avevo da tanto tempo, ma mi mancava una storia convincente. Poi ho immaginato Paolo e Cristina… e tutto è successo in modo molto naturale.

Quanto c’è di Miriam nei due personaggi?
Come Paolo ho avuto, in passato, il desiderio di diventare invisibile e qualche volta confesso di averlo ancora! Come Cristina credo di avere soprattutto la voglia di far stare bene gli altri.
Da cosa è scaturita la scelta del titolo “Vorrei che fosse già domani”?
Da una delle mie canzoni preferite, “La Fine”, scritta da Nesli e cantata da Tiziano Ferro, che mi è sempre sembrata scritta “su di me”.
Sappiamo che è in cantiere un nuovo libro. Ci puoi svelare qualcosa?
Racconta di un uomo che si ritrova a tornare in un luogo che da tempo aveva cercato di evitare con tutte le sue forze. La memoria e la maturità lo aiuteranno a capire quello che tempo prima non aveva capito, sia di sè sia di ciò che aveva vissuto. Il libro è finito, ma in alcuni passaggi non mi convince. Devo ammettere che sono molto pignola, ma finché non piace a me non potrò mai mandarlo in lettura!

Attrice o scrittrice? Quali sono le differenze e quale dei due mestieri metteresti al primo posto?
Sicuramente l’attrice è al primo posto perché è il mio lavoro “ufficiale”. Con questo lavoro uso il mio corpo e le mie espressioni per emozionare chi mi guarda. Come scrittrice faccio la stessa cosa, cerco di emozionare ma con le parole, lasciando molta più libertà a chi legge di immaginare i volti, i luoghi e di rendere quella storia che racconto anche un po’ “sua”.
Sei anche mamma di Vittoria e Fabrizio, come gestisci i tuoi impegni tra set, scrittura e famiglia?
Come ti dicevo, cerco di essere sempre presente per la mia famiglia, il che significa fare i salti mortali, come d’altra parte ogni mamma che lavora. Ho la fortuna di non lavorare sul set tutti i giorni, quindi posso essere più spesso con loro. Scrivere è più impegnativo, ho bisogno di varie ore di silenzio e concentrazione, per questo ci sono lunghi periodi in cui non riesco a scrivere nulla, perché la “vita” non mi permette di estraniarmi per trovare il silenzio giusto. Ma prima o poi ce la farò!
Interpreti Serena Cirillo in “Un posto al sole” dal 2012. Il tuo personaggio è molto amato e ormai anche nelle storie è diventato sempre più importante. Adesso sei ormai tra i personaggi fissi, 8 anni fa te lo aspettavi che il tuo personaggio diventasse così amato, a tal punto da instaurarsi nelle storie principale e non uscirne più?
Assolutamente no, anche se lo speravo. Mi piaceva l’idea di poter essere quotidianamente nelle “case” degli spettatori, di poter creare un rapporto di continuità con il pubblico. Ora come ora sono davvero felice di quello che è successo e spero di poter continuare ad essere Serena Cirillo per tanto tempo!

Cosa c’è di Serena in Miriam e viceversa?
C’è tanto di Miriam in Serena, perché ovviamente diventa difficile separare i due piani. Quello che vorrei imparare da lei è la pazienza infinita, che a me a volte manca!
Con quale tuo collega hai legato maggiormanente?
Con Michelangelo, anche perché lavoriamo insieme quasi sempre. Ci troviamo bene, c’è rispetto e affetto e ci divertiamo molto tra una scena e l’altra. Abbiamo resistito anche ad una vacanza insieme con le nostre rispettive famiglie.. al punto da pensare di rifarla!
In questi mesi è andata in onda una storia molto importante che coinvolge Serena, Filippo e Leonardo. Ormai è chiaro che Serena e Filippo non abbiano mai smesso di amarsi ma allo stesso tempo lei è rimasta incinta di Leonardo, poi però ha perso il bambino. Una storia molto complessa che ha tenuto i telespettatori con il fiato sospeso, tra chi faceva il tifo per Leonardo e chi invece ha sempre sperato che Serena e Filippo tornassero insieme. Ti è piaciuta questa storia? Miriam nella vita avrebbe agito come Serena?
Ho amato questa storia, piena di emozioni contrastanti da dover interpretare, un vero lusso per un attore. Nella vita no, non avrei agito come Serena, soprattutto nei confronti di Leonardo. Avrei prima di tutto evitato di portare avanti una storia in cui non credevo fino in fondo. Su questo Serena è stata forse un po’ superficiale. Ma soprattutto non sarei riuscita a perdonare così velocemente Filippo!

Come ha cambiato le tue abitudine e quelle della tua famiglia il Coronavirus?
Il Coronavirus ha stravolto la nostra famiglia così come tutte le altre. La delicatezza della situazione in cui ci troviamo ci rende fragili, anche se cerchiamo di non darlo a vedere ai nostri figli. Spero con tutto il cuore che tutto questo finisca il prima possibile.
C’è qualche progetto per il futuro di cui puoi parlarci?
Ce ne sono un paio ma assolutamente top secret per il momento!
Ti piacerebbe entrare a far parte del mondo della politica?
No, non sarei capace di espormi politicamente. Non ho neanche mai preso in considerazione l’idea, non credo di esserne in grado.

Per seguire Miriam Candurro su Instagram, vi rimandiamo al suo profilo ufficiale.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
CLICCA QUI PER LEGGERE TUTTE LE ALTRE NEWS E ANTICIPAZIONI SU UN POSTO AL SOLE
Coronavirus
Intervista esclusiva a Milca Gili: «Amo l’Italia, mi sento a casa!»

Milca Gili è una ex modella Argentina, proprietaria dell’azienda immobiliare “Gili Propiedades“. A 19 anni si è trasferita in Italia insieme a Belén Rodriguez, sua migliore amica, iniziando la sua carriera di modella. Ha lavorato nel mondo della moda a Milano per 15 anni, quando un cancro ha stravolto i suoi piani. Milca ha così iniziato a lavorare per Real Estate, addentrandosi in un mondo del tutto nuovo in cui arte e design sono i protagonisti. Mettendo insieme ciò che ha imparato negli anni, ha dato vita ad una sua azienda, unendo tre delle sue grandi passioni: l’architettura, il design e l’arte. Ha anche lavorato in TV nel programma Argentino “Me gusta la Tarde“. Noi l’abbiamo incontrata e non vogliamo anticiparvi troppo di ciò che ci ha raccontato: abbiamo parlato della sua carriera di modella, del suo magico rapporto con il nostro Paese, delle sue abitudini e di tanto altro… Vi proponiamo quindi la nostra intervista in cui Milca si racconta, in esclusiva, per la prima volta su un magazine italiano.

Ciao, Milca! Benvenuta su “Sbircia la Notizia Magazine”. Iniziamo con una domanda introduttiva: chi è Milca Gili?
Ciao, prima di tutto grazie. Io sono una persona come tante altre: piena di emozioni e amore da dare e da ricevere… Commetto degli sbagli, errori e di tanto in tanto, ho le mie insicurezze. Mi piace godermi la vita, assaporando il meglio di ogni attimo. Sono una persona genuina e spero di riuscire a trasmettere questo alle persone che mi conoscono e che mi seguono.
Cosa non può mancare nella tua routine giornaliera?
Non mi fermo mai durante il giorno, mi alleno spesso e faccio sempre tante cose, ma ho due abitudini irrinunciabili: prendo il mate, un infuso che prepariamo in Argentina con le foglie di erba mate, una pianta originaria del Sud America… E il caffè, così come lo preparate in Italia e non all’americana. Queste sono le abitudini che non possono mai mancare durante l’arco della mia giornata.

Hai lavorato come modella per molti anni, come hai iniziato?
Questa è la mia storia, ma anche di Belén: abbiamo iniziato a fare le modelle l’ultimo anno del liceo a Buenos Aires, poi un giorno lei mi ha detto che facevano un casting per lavorare in Italia: siamo andate insieme e ci hanno preso… È stata un po’ tutta una follia, anche per i nostri genitori e fidanzati. Avevamo 19 anni quando siamo venute in Italia, senza sapere la lingua e con soli 1000 euro. Inizialmente siamo state a Bologna e poi a Riccione, io ho fatto quattro sfilate a Milano, mi sono trovata un appartamento attraverso l’agenzia di moda e ho detto a Belén “la moda è Milano, andiamo lì!”. Lei piangeva perché voleva vivere sull’Adriatico. A quel punto le ho detto “io vado via”. Lei piangeva sul serio ed io le ho risposto “io parto da sola, non voglio convincerti ma per lavorare dobbiamo andare a Milano”. Mi chiamò 12 ore dopo e la trovai a Milano con le valigie sotto casa mia, che da quel momento diventò casa nostra. Abbiamo vissuto insieme per anni, condividendo anche il letto. Non abbiamo mai litigato, è un’amica veramente sincera e speciale. Non posso fare altro che amarla.


Sappiamo che hai affrontato un brutto male, ti va di raccontarci come hai vissuto questa fase della tua vita?
È molto doloroso parlarne… Ho avuto cancro all’intestino, per questo motivo ho lasciato la moda. Una decisione scaturita dalla chemioterapia e dal fatto che sia stata per un lungo periodo senza capelli, mi sono sentita debole e debilitata. Mi manca la moda ma ho sempre pensato positivo, anche quando ero ricoverata all’Istituto Europeo di Oncologia. Non avevo sintomi, solo un’anemia molto forte. Mi hanno ricoverata per due mesi, mi hanno fatto molte trasfusioni di ferro e non sono riusciti a trovare la giusta diagnosi. Fino a quando, attraverso la colonscopia, hanno rilevato un tumore maligno. L’operazione è stata doppia, per via laparoscopica mi hanno tagliato l’intestino, poi lo hanno ricollegato e cucito con fili di seta e ganci, con la tradizionale chirurgia a cielo aperto. I medici erano gentili ed accoglienti, facevano il loro mestiere con amore e per questo mi sentivo come in un albergo 5 stelle, perché non c’era posto migliore che stare lì. Stavo davvero male ma non ho mai perso l’ottimismo, cercando di guardare sempre il lato positivo. Non è stato facile e non sono parole fatte o finte. Perché è una malattia lunga, non è un momento o un emozione, è stata parte della mia vita e la vita è un percorso che decidi tu come vivere. Bisogna essere forti ed avere fede, è un lungo percorso e questo ci fa attraversare tutti gli stati d’animo, mi ci è voluto quasi un anno per guarire. Abbiamo sconfitto il cancro come una squadra, dobbiamo fidarci dei dottori, perché il cancro ha una cura: dobbiamo avere molta fede ed essere positivi, anche ridere e pensare cose carine guarisce. Non ho mai smesso di sorridere ed io ingrazio tutto il personale medico che mi ha aiutata a non perdere mai la speranza.
Qual è il tuo colore preferito che ti piace indossare durante un’occasione speciale?
Un po’ come tutte le bionde (ride, ndr), amo il nero. Ma in generale mi piace indossare un po’ tutti i colori…

Sei la proprietaria dell’azienda “GILI Propiedades”, come sei passata da modella ad imprenditrice immobiliare?
Ho dovuto lasciare la passerella, purtroppo, a causa del cancro. Alla fine della chemioterapia mi sono trasferita in Argentina, ed ho iniziato per caso a lavorare in Real Estate per servire il caffè e rispondere al telefono. Mi sono innamorata del settore immobiliare, perché io amo l’arte, il design e l’architettura… E mi piace molto il business. Nella moda impari che un mese guadagni zero mentre l’altro può andare bene e guadagnare tantissimo. Impari a gestirti i soldi, a lavorare per obiettivi. La moda mi ha insegnato tanto. Ho approfittato così di quei 15 anni nel mondo della moda per sviluppare un’attività commerciale che mette insieme le mie passioni. Nonostante la leggera malinconia nel sapere che non potrò più sfilare, porto sempre nel cuore la felicità di aver fatto parte di questo ambiente e vado quasi ogni anno alla Fashion Week, anche se dall’altro lato della passerella. Ma adesso la mia vita ha preso un’altra direzione e mi sento realizzata. Come ti dicevo, quando sono venuta in Italia avevo solo 19 anni, sono cresciuta lavorativamente lì e devo ammettere che avete una cultura di lavoro molto forte che porto nel sangue. Tutti gli italiani che sono arrivati in Argentina nella guerra hanno creato aziende importanti, che vanno tutt’oggi ancora avanti. Anche per questo io amo l’Italia.

Hai avuto qualche esperienza in TV?
Ho lavorato in TV, Radio ed anche al Cinema, ma sono più le offerte che ho rifiutato che quelle che ho accettato. Mi piaceva di più fare la modella perché viaggi tanto, impari altre lingue e conosci il mondo. Ho vissuto anche a New York e sono stata in tutti i continenti. Adesso che non posso fare più la modella per la mia età, sto facendo qualcosa in TV: ho girato una serie per Sony che si chiama “El Ángel de Hamburgo” ed ho lavorato in un magazine che va in onda tutti i sabato in Argentina: “Me gusta la Tarde”. Si, insomma, sono sempre più aperta a questo mondo, perché con gli anni bisogna sapersi reinventare.

Sei fidanzata?
No, attualmente non ho un compagno… Ma mi piacerebbe tanto. Magari, un giorno, troverò la persona giusta che mi farà battere il cuore.
Cosa fai per mantenerti sempre così in forma?
Penso che alla fine, la genetica sia tutto. In ogni caso pratico sempre dello sport, bevo tanta acqua e soprattutto cerco di mangiare bene, niente surgelato, niente fast food, tutto più naturale, fresco e fatto in casa: condurre un sano regime alimentare porta sicuramente i suoi giovamenti ad anima e corpo. La vecchia scuola mi piace ed il cibo italiano è l’ottava meraviglia del mondo!

A proposito di cibo, qual è il tuo piatto preferito?
Non è una domanda semplice questa… Dunque, tra i piatti argentini scelgo l’asado, un arrosto di carne mista tra cui le salsicce che noi chiamiamo chorizo, aromatizzate alla paprica. Per quanto riguarda, invece, i piatti italiani… Che dire, per me andrebbe bene anche aria fritta! Qualsiasi cosa che preparate in Italia, per me è perfetta! Vi amo! Grazie per la cultura gastronomica che avete!
Su Instagram hai oltre 123mila follower. Che rapporto hai con loro?
Non ho mai usato Instagram per sponsorizzare prodotti o per fare l’influencer, non è questa la mia professione. Per me é una compagnia, abito da sola e mi piace guardare cosa succede nel mondo, perché uno dei principali vantaggi dei social network è che ti mettono in contatto con persone che vivono anche a migliaia di chilometri di distanza… Questo è davvero molto bello. Sono molto presente, ma non lo uso per fini lavorativi: lo utilizzo con il cuore e questo le persone che mi seguono lo percepiscono. Fortunatamente non ho mai avuto haters, anzi ci sono molte persone che mi fanno sempre tanti complimenti.

Sei Argentina ma ami molto Milano, tanto che ci hai vissuto per molti anni della tua vita. Adesso però è già un anno che ti sei trasferita nel tuo Paese natale. Tornerai in Italia? Raccontaci un po’ il tuo legame con questo Paese…
Mi fai piangere e non è la prima volta che piango quando penso a questo. Avevo programmato di tornare in Italia a Marzo ma questo virus ha stravolto i miei piani: vedevo le persone che si chiudevano in casa per il lockdown, che cantavano sui balconi e subito dopo i camion dell’esercito che portavano i morti al crematorio. Mi sono spaventata tantissimo, in Argentina hanno anche chiuso l’aeroporto. Ciò che sta succedendo è tremendo, non avrei mai immaginato che potesse accadere. Ma ho passato cose peggiori, come dicevamo prima ho avuto un cancro e questo ha segnato profondamente la mia vita, che è totalmente cambiata. Tutti i miei amici stavano bene ed io male, questo virus invece è solidale, per una volta ci rende tutti uguali, con le stesse fragilità e gli stessi limiti. Ma rispondendo in breve alla tua domanda: la mia azienda ha sede in Italia, la mia vita è in Italia… Amo l’Italia, mi sento a casa e non vedo l’ora di poter tornare!
Sei mai stata a Napoli? Come descriveresti questa città?
Sì, certo! Ci sono stata tantissime volte. Napoli è… come dire, sempre “vicina”. Ci vado molto spesso e mi sento davvero a mio agio. Napoli è una festa, un posto unico, il cibo è eccezionale e la gente ha una passione per amare, per scherzare, per la musica, per vivere… e tutto ciò mi arriva dritto al cuore, forse per il fatto di essere Argentina, la trovo molto simile a noi.



Sei molto legata a Belén Rodriguez, tanto da pubblicare molto spesso foto che vi ritraggono insieme. Come state gestendo il vostro legame ora che non vi vedete da tanto?
Te ne ho parlato poco fa, Belén è speciale. Basta che parliamo un attimo al telefono o che ci vediamo anche via webcam e sembra che il tempo non sia mai passato. Andiamo sempre d’accordo, abbiamo anche vissuto insieme. Tra noi non c’è nessun tipo di gelosia e sappiamo essere felici senza fare programmi, perché semplicemente stare insieme già lo è. Se andiamo alla festa di Vogue, alla sfilata di Prada o a prendere un panino in piedi, per noi è indifferente. Insieme scherziamo, ridiamo, piangiamo, ci confidiamo… Amicizia e rispetto reciproco, sempre. Queste sono le cose che contano davvero per noi.
Come ha cambiato le tue abitudini il Coronavirus?
A volte mi sento un po’ come in galera e penso che questo sia un cambio di paradigma socio-economico. L’Italia ha una forte cultura di lavoro, tanto che la Repubblica è stata fondata sul lavoro stesso. Chiedere alle persone di rimanere in casa è durissimo, perché nonostante lo “smart working”, nulla è più come prima.
Quali sono i tuoi sogni nel cassetto?
Un mio grande sogno che spero si possa realizzare presto, è poter portare a termine la scrittura di una serie che ho iniziato a scrivere con Belén, di cui purtroppo non posso svelare i dettagli perché è un progetto ancora in fase di sviluppo.

Per seguire Milca Gili su Instagram, vi rimandiamo al suo profilo ufficiale.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
Coronavirus
Intervista esclusiva a Marina Crialesi: «Volevo fare il medico»

Nata a Lamezia Terme sotto il segno zodiacale della Bilancia, con uno sguardo ammaliante e un sorriso contagioso, Marina Crialesi ha conquistato il cuore di gran parte degli italiani con il suo talento e la sua innata bellezza. Dopo aver studiato un anno all’università, Marina si rende condo di avere una grande passione: la recitazione, un po’ come una vocazione, “con tutta la sua urgenza di concretizzarsi“. Ed è così che lascia gli studi a Milano per poi diplomarsi presso la scuola di recitazione Teatro Azione di Roma. Al cinema abbiamo avuto modo di vederla nel film “Made in Italy” di Luciano Ligabue, mentre in TV tra i suoi lavori possiamo citare “I Bastardi di Pizzo Falcone“, “Il Confine” di Carlo Carlei, Duisburg – Linea di sangue e ZeroZeroZero.
Attualmente è impegnata sul set di “Un posto al sole“, dove da più di 4 anni interpreta Beatrice, un’avvocatessa ambiziosa e determinata.
Abbiamo avuto il piacere di intervistare Marina e tra una chiacchiera e l’altra, ci ha raccontato un po’ di se.
Sei nata a Lamezia Terme, ti sei trasferita a Rimini ed ora spesso ti trovi a Napoli per lavoro. Sei molto legata a quest’ultima città?
Esatto, mi sono spostata abbastanza, direi… Lamezia, Rimini, Milano, Roma, Napoli. Ma il Sud rimane il posto del mio cuore, forse perché è qui che mi sento a casa veramente. A Lamezia ci sono nata, i profumi della mia terra e del suo mare, il suo essere contrastante, il suo essere selvaggia e affascinante, fanno parte del mio DNA.
Napoli ha lo stesso sapore: è tremendamente affascinante, contrastante, mistica. Napoli mi è esplosa nel cuore. È una città che mi emoziona e che mi commuove profondamente. Quando abbiamo ricominciato le riprese di upas sono andata sul lungomare di Napoli e di fronte a quella immensa bellezza così prepotente, così mistica, mi sono ritrovata con gli occhi pieni di lacrime. Ecco, questa è Napoli. Ti esplode dentro, ti emoziona e ti travolge profondamente senza un preciso perché.

Prima di fare l’attrice ti sei preparata per il test di ammissione a Medicina, poi però il mondo dello spettacolo ha avuto il sopravvento. Come è iniziato il tuo percorso di attrice?
Ebbene si, volevo fare il medico e ho studiato un anno all’università di Milano. Poi qualcosa è cambiato. A distanza di tanti anni ancora non so cosa, ma sta di fatto che una mattina mi sono svegliata sentendo dentro di me questa vocazione, con tutta la sua urgenza di concretizzarsi. L’ho seguita d’istinto e anche con tanta paura, perché mi ha stravolto la vita e i piani che avevo. E per me che fino ad allora avevo pianificato ogni cosa nella mia vita, lo sport ad alti livelli, lo studio con una media scolastica ben precisa, la mia futura carriera da medico, è stato destabilizzante. Mi ci è voluto del tempo per imparare a gestire la mia emotività di fronte all’immensità di Roma, delle sue dinamiche, dei suoi infiniti input. Costanza , tantissimo studio e duro lavoro mi hanno ripagata.
Il tuo personaggio che interpreti in “Un posto al sole” ha subito molti cambiamenti in questi anni di permanenza. Quale aspetto del suo carattere condividi e quale invece no?
Cerco di non giudicare mai il mio personaggio, mi impedirebbe di dargli vita e verità. È ovvio che siamo due entità distinte e separate. Non bisogna confondere attore e personaggio e questo vale tanto per il pubblico quanto per l’attore stesso. Ad ogni modo mi piace il personaggio di Beatrice, mi mette sempre in una condizione di ricerca emotiva. A tratti severa, rigida, a tratti sensibile, tanto da volerla mascherare, quasi ad auto proteggersi. A volte sembra persino voler rinnegare a se stessa la sua fragilità, la sua emotività, non si vive profondamente il suo dolore, non ci sta. Penso che questa condizione appartenga in realtà a molte persone, specie nei nostri giorni. Lo stesso Bauman, importante sociologo, ci mette di fronte a questa realtà e ci spiega come siamo arrivati ad essere così distaccati dai nostri sentimenti, specie quelli di sofferenza e cosa ne comporta nella vita di ognuno di noi.

Con quale tuo collega di “Upas” hai legato maggiormente?
La fortuna di lavorare in una produzione come Upas è che si entra a far parte di una grande famiglia e si creano dei legami bellissimi. Ho legato con tutti, ma se proprio volete sapere chi ha conquistato il mio cuore più di tutti, allora vi rispondo con Riccardo Polizzy Carbonelli. Un artista grandissimo con un cuore ancor più grande. È una persona meravigliosa, sempre attento alla sensibilità altrui. Insomma, un uomo di altri tempi. Poi c’è Agnese Lorenzini ovviamente, Michelangelo Tommaso e Samanta Piccinetti che sono un uragano di positività, allegria e generosità. Marina Giulia Cavalli, Marina Tagliaferri, Nina Soldano, Luca Turco… e poi tanti altri che lavorano dietro le quinte, che vi assicuro sono la colonna portante di Upas.
Il bello di questo mestiere è che puoi metterti nei panni anche di un ruolo lontano anni luce dal tuo carattere. Che tipo di personaggio ti piacerebbe interpretare?
Proprio perché questo mestiere ti permette di indossare i panni di un personaggio lontano da te stesso che non voglio avere limiti. Sono incuriosita da tutto ciò che riguarda l’essere umano. Ma se c’è un qualcosa che particolarmente mi piacerebbe approfondire è la follia.

Con quale regista ti piacerebbe lavorare?
Oddio che domandona. Non riuscirei a sceglierne uno. Da Garrone ad Almodovar, passando per Lars Von Trier , Aronofsky, Castellitto , Mainetti, Crialese, Costanzo, Dolan. Possono bastare?
Come ha cambiato le tue abitudini il Coronavirus?
Penso che questo coronavirus abbia cambiato le abitudini di tutti in maniera molto simile. Partendo dagli abbracci, dal godersi una serata in compagnia fuori, al lavoro soprattutto. C’è tanta preoccupazione e paura per il presente e per il futuro. Bisogna rispettare il distanziamento sociale e usare la mascherina. Per ora è la nostra unica arma.
Per seguire Marina Crialesi su Instagram, vi rimandiamo al suo profilo ufficiale.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
CLICCA QUI PER LEGGERE TUTTE LE ALTRE NEWS E ANTICIPAZIONI SU UN POSTO AL SOLE
Coronavirus
Intervista esclusiva ad Ilenia Lazzarin: «Questo è un periodo storico di dura prova»

Originaria di Busto Arsizio, si trasferisce a Napoli a 18 anni, entrando a far parte della più longeva produzione seriale italiana “Un posto al sole“. Stiamo parlando di Ilenia Lazzarin, che ormai dopo ben 19 anni può ritenersi a tutti gli effetti una napoletana doc. La sua carriera è stata segnata da numerose esperienze, anche oltreoceano: ha infatti recitato insieme alle celebri gemelle Olsen nel film “Due gemelle a Roma“, che è stato interpretato in lingua inglese – curioso il fatto che in italiano sia stato doppiato e che la voce di Ilenia non sia quella originale.
Ilenia ha condotto la seconda e la terza edizione della trasmissione “Il contadino cerca moglie“, in onda su Fox Life e nella nostra chiacchierata ci ha confessato che la conduzione è stata per lei una bellissima esperienza. Noi l’abbiamo incontrata per voi e ci ha concesso un’intervista esclusiva, in cui abbiamo parlato dei recenti avvenimenti, di come sia cambiata la sua vita con l’arrivo del piccolo Raoul e tanto altro. Buona lettura!
Ciao Ilenia, grazie per aver accettato di rispondere alle nostre domande. Desideriamo iniziare con un tema molto delicato ed impossibile da ignorare: il 2020 è un anno molto difficile per tutti i settori, a partire dalla ristorazione fino ad arrivare al mondo del turismo. Il settore dello spettacolo ne sta risentendo in modo particolare, anche considerando le recenti misure restrittive per cinema e teatri. Cosa ne pensi di ciò che sta succedendo nel nostro Paese a causa della pandemia da Covid-19?
Penso che sia un periodo storico di dura prova. Come ce ne sono stati prima, non vissuti dalla nostra generazione. Penso che se non avessi il piatto da mettere a tavola per mio figlio sarei andata anche io in strada a protestare contro il lockdown. Condannando ogni forma di violenza e delinquenza, mi metto nei panni di quelli che sono “sopravvissuti” al primo lockdown, che hanno cambiato tavoli, disposizioni, investito soldi che non avevano in sanificazioni, plexiglass e dispositivi. Hanno speso soldi per adeguarsi e ripartire, ma adesso si vedono di nuovo bloccati. Ne conosco molti ed io stessa ho un cugino con un pub. La vedo una ingiustizia enorme, credo che a questo punto se vogliamo “chiudere” un Paese si deve bloccare tutto, ad esempio nemmeno i nostri governanti e parlamentari dovrebbero percepire alcuno stipendio per i giorni prestabiliti. O tutti, o nessuno. Ad oggi odio chi si sostituisce a virologi e statisti non avendone le competenze, promuovendo soluzioni, ma questa non mi sembra una soluzione buona. Sembra che si stia decidendo se morire di Covid o di fame. E il popolo ha scelto di preoccuparsi da sè, di se stesso. Non ho le competenze per proporre una soluzione. Mi sembra solo di constare che, a mio avviso, al momento, questa non lo sia.
Come hai vissuto, insieme alla tua famiglia, il periodo del lockdown di Marzo?
In maniera frenetica. Non ci si fermava mai: dalle pulizie della casa alla cucina, a far giocare il bimbo, pappa, nanna e ritmi scanditi dalla sua giovane età; è stato sicuramente molto frenetico. Cercando di organizzare “lavori” ipotetici per la ripresa, a distanza. La nota positiva è che ci siamo gustati il piccolo nei mesi di crescita veloce in cui ogni giorno c’era una novità: una parolina in più, un gioco capito, una interazione.

Come ha influenzato le tue abitudini il Coronavirus?
Mi ha messo addosso uno stato di allerta che prima non avevo, per questo capisco lo spropositato utilizzo e vendita di ansiolitici dal primo lockdown. Ho fatto tante notti in bianco, non sempre perché il bimbo mi teneva sveglia ma per l’ansia di non sapere nulla sul futuro nostro e suo, lavorativo e di salute. La mascherina la indosso volentieri,non mi pesa, so che mi protegge. E sto già cercando di farla indossare a Raoul, che a fine dicembre farà 2 anni, come se fosse un gioco, un travestimento. Una buona abitudine che avremo per qualche anno secondo me.
Cosa ne pensi della chiusura di cinema e teatri?
Da quando hanno riaperto le sale e i teatri c’è stato un solo caso di contagio segnalato dalle Aziende Sanitarie Territoriali. I teatri non sono mai tornati al regime precedente, nonostante le perdite del settore. Non si è mai ripreso dopo il primo lockdown, sono rimasti “aperti” per offrire occasioni di cultura, ma sono 8 mesi che la maggior parte delle persone che lavorano nel settore sono senza stipendio. Se servisse ad abbassare la curva dei contagi, allora sarebbe un provvedimento saggio, ma fino ad oggi i dati dimostrano che questo provvedimento non sarà d’aiuto a ridurre il problema sanitario. Però sicuramente ridurrà la spensieratezza, la cultura e una fonte di distrazione attraverso la cultura di cui c’è invece grande bisogno.
Come ha cambiato la tua vita l’arrivo del piccolo Raoul?
Stravolgendola letteralmente in meglio! Una GIOIA INDESCRIVIBILE, anche se una responsabilità molto grande. Mi informo, leggo libri sulla psicologia infantile e pedagogia da quando è nato. D’altronde era già una passione, sono Laureata in Scienza dell’Educazione.
Sappiamo che il tuo regime alimentare esclude ogni tipo di carne, come mai questa scelta?
Non ho mangiato carne per 5 anni. Quando ho scoperto di essere incinta ho ricominciato per non far mancare nulla al mio bambino che cresceva dentro di me. E da lì ho ricominciato definitivamente. Ammetto di non amarla particolarmente perché mi immedesimo nella sofferenza degli animali, in quanto sono a conoscenza dei danni ambientali degli allevamenti intensivi, delle sofferenze di creature che nascono per morire, predestinati a gabbiette o a capannoni in sovraffollamento con altri animali: una vita che non si augura a nessuno. La compassione spero porti me e tutto il mondo a cambiare radicalmente abitudini alimentari, considerando le buonissime alternative vegane e di legumi a cui spesso mi concedo.

Eviti anche i derivati come, ad esempio, i latticini?
Quella è una cosa che riesco ad evitare quasi completamente. Ovviamente in famiglia non posso imporre le mie abitudini a tutti, quindi cucino per mio marito con formaggio a volte. Ma ho imposto a mio figlio da quando è nato e si è staccato dal mio seno (13 mesi) ogni tipo di latte vegetale, cocco, riso, avena, soia, farro, Kamut, mandorla e li trova tutti sani e gustosi. La sofferenza delle mucche da latte per la richiesta e produzione del latte supera addirittura quella dell’industria della carne. Considerando mastiti, antibiotici, agnellini strappati alle madri e uccisi per non fargli succhiare il latte destinati ad uso umano, etc.. invito le persone a farsi una ricerca personale e decidere per se stessi la propria “educazione alimentare coscienziosa”
Passiamo adesso al tuo lavoro: come ti sei trovata nei panni di conduttrice del programma “Il contadino cerca moglie”?
Ho adorato quel programma e mi è piaciuto tanto condurre. Vorrei avere altre possibilità di sbocchi attraverso programmi d’inchiesta, cronaca o intrattenimento. Speriamo di trovare presto spazio anche per me.
Come e dove ti vedi tra 10 anni?
Tra 10 anni ne avrò 48, mi piacerebbe essere più improntata sul giornalismo o se la carriera sceglierà per me, su altri set di fiction e cinema che sono il mio primo amore. Spero di avere, se la vita me lo concederà, un altro figlio, magari femmina questa volta! O altri 2. Posso sognare ancora?

E noi, cara Ilenia, ti auguriamo di realizzare tutti i tuoi sogni. In bocca al lupo per la tua carriera, non vediamo l’ora di scoprire tutti i tuoi progetti futuri! Prima di salutarti, desideriamo dedicarti questa frase del celebre filosofo tedesco, Arthur Schopenhauer: “La vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro. Leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare.”
Per seguire Ilenia Lazzarin su Instagram, vi rimandiamo al suo profilo ufficiale.
*Per le foto si ringrazia il fotografo Alessandro Peruggi.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.
CLICCA QUI PER LEGGERE TUTTE LE ALTRE NEWS E ANTICIPAZIONI SU UN POSTO AL SOLE
Coronavirus
Intervista esclusiva a Ludovica Nasti: «Resto sempre me stessa»

Sbircia la Notizia Magazine, da blog a testata giornalistica. Abbiamo iniziato la nostra avventura ad Agosto e dopo circa due mesi, siamo felicissimi di annunciarvi che il nostro sito è ora, ufficialmente, una testata giornalistica iscritta presso il Registro della Stampa. Per festeggiare questo nuovo grande inizio, abbiamo pensato di partire in grande: siamo orgogliosi ed entusiasti di presentarvi la nostra prima intervista. Abbiamo avuto il piacere e l’onore di incontrare una piccola ma grande artista che, a soli 14 anni, ha già fatto parlare di se in tutto il mondo.

Coraggiosa e dal cuore nobile, dai capelli neri, occhi verde smeraldo come il mare di Pozzuoli che l’ha vista nascere e con una forza interiore con cui sfida il mondo, lei adora Sophia Loren, ama giocare a calcio e, nonostante il successo che l’ha travolta, non smette mai di rimanere se stessa… Di chi stiamo parlando? Stiamo parlando di una “piccola guerriera” per aver affrontato tante importanti sfide nella sua vita, di cui preferiamo non entrare nei dettagli, uscendone sempre vincitrice. Ed è così che noi la vogliamo descrivere, perché lei speciale e geniale lo è per davvero. Siamo orgogliosi di aver intervistato, in occasione della nostra inaugurazione, Ludovica Nasti.

Piccola star internazionale, Ludovica ha fatto il suo esordio sul piccolo schermo a soli 11 anni, interpretando il ruolo di Raffaella “Lila” Cerullo nella serie evento “L’amica Geniale“, con la regia di Saverio Costanzo. La serie è stata doppiata in tutte le lingue ed è andata in onda in tutto il mondo. Da quel momento in poi, Ludovica non si è più fermata ed ha iniziato la sua scalata verso il successo, passando anche per la più longeva soap italiana “Un posto al sole“. Ma Ludovica non si è limitata alla recitazione – si, perché lei è un’artista a 360 gradi: non solo attrice ma anche modella, cantante e scrittrice.

Il successo musicale
Nel 2020, in un anno molto particolare per tutto il mondo a causa della pandemia da Covid-19, Ludovica è andata avanti come un treno in corsa – sono stati infatti pubblicati i suoi primi due brani, su tutte le piattaforme musicali: “Qualcosa di Geniale” e “Mamma non è niente“, scritte da Ornella Della Libera e Gino Magurno. Entrambe le canzoni parlano di temi molto importanti: “Qualcosa di geniale” è un inno all’amicizia, mentre “Mamma non è niente” parla del bullismo e di quanto sia difficile parlarne anche con i propri genitori. Sono canzoni che trattano argomenti molto forti e meritano di essere ascoltate con molta attenzione, per questo vi proponiamo il testo integrale di entrambe. Con questi due singoli, Ludovica esordisce nelle vesti di cantante, che per lei rappresenta un nuovo mondo che ha iniziato gradualmente a scoprire – anche se, in ogni caso, fare l’attrice è ciò che più le piace.

Il testo di “Qualcosa di Geniale”
A scuola ho imparato che la parola geniale è un aggettivo che si usa per indicare qualcuno dotato di un talento eccezionale: per esempio Leonardo da Vinci, Verdi, Leopardi, Marconi, Elsa Morante, Pino Daniele, Rita levi Montalcini e perché no anche chi ha inventato il personaggio di Bing.
Ma per me geniale è una parola speciale
Perché mi fa pensare alla mia amica del cuore
Geniale sei tu che mi sai capire
E con te voglio dividere la voglia di sognare
Geniale è il tuo sorriso quando mi sento giù
Mi guardo allo specchio e vedo tutti i miei difetti
Ma tu mi tiri su come solo tu sai fare
E diventano pregi perché tu mi accetti
Noi e non più io da oggi in poi
Noi e non più io qualunque cosa
Noi e non più io dovunque andremo
Noi e non più io
Geniale è chi da tutto senza chiedere niente
Chi ti capisce a volo da uno sguardo solamente
E quando stai lì ad un passo dal mollare
Ti dice non smettere mai di lottare
Faccio parlo sogno facciamo parliamo sogniamo
Ma lo senti come suona meglio il plurale che invenzione geniale
Finiscono tutti con la parola amo
Noi e non più io da oggi in poi
Noi e non più io qualunque cosa
Noi e non più io dovunque andremo
Noi e non più io
Comme è bell’ ‘a matina quann’ te scit’ sapenn’
Che tien’ ‘n’amica pe’ sparter’ tutt’e suonn’
Te sient’ chiù fforte e nient’ chiù te fa paura
È ‘na ricchezza che vale assaje chiù de’ renar’
Pecchè quann’ si aller’ spart’ pur’ ‘a felicità
Ma divent’ ‘o doppio nun divent’ ‘a mità
E si coccos’ te va stuort’ sai cu’ chi puo’ parla’
Pecche’ pe’ te juorn’ e notte essa semp’ ce sta
Noi e non più io da oggi in poi
Noi e non più io qualunque cosa
Noi e non più io dovunque andremo
Noi e non più io
Perché un’amica vera è come un film in bianco e nero che per magia si colora
È come il sole che appare all'improvviso in certi giorni bui e ti fa ritrovare il sorriso
È quel bicchiere che seppure è vuoto ti sembra mezzo pieno
Per questo l’amicizia è qualcosa di geniale
Non è stato pubblicato il videoclip ufficiale di “Qualcosa di geniale“, ma la canzone può essere ascoltata su YouTube, Spotify, Apple Music e su tutte le principali piattaforme musicali.
Il testo di “Mamma non è niente”
Mamma non è niente non ti preoccupare
È solo un po' di mal di testa un po' di stanchezza
O forse sono i sintomi dell'influenza
O è solamente voglia di una tua carezza
Quegli stronzi che non mi lasciano in pace
Hanno spento il mio sorriso hanno spento la mia luce
Eppure non gli ho fatto mai niente di male
Vorrei gridare aiuto ma non so come fare
Mamma non è niente non ti preoccupare
Non so che cos'è ma non mi va di studiare
Ho solo voglia di rimanere un po' da sola
E domani ti prego non voglio andare a scuola
Sognavo la mia adolescenza libera di sognare
Libera d'indossare quello che mi pare
Ma qualcuno vuole cambiare la mia sceneggiatura
Da un film d'amore a un film di paura
Mamma ma perché ce l'hanno con me
Mamma ma perché ce l'hanno con me
Mamma ma perché ce l'hanno con me
Mamma ma perché ce l'hanno con me
Mamma non è vero che va tutto bene
È solo una bugia per non farti soffrire
In questi giorni sto vivendo in un inferno
Al punto di pensare che è meglio morire
Mamma non è vero che va tutto bene A-I-U-TO
Mamma non è vero che va tutto bene A-I-U-TO
Pare sol' 'na brutta storia 'a storia pe' 'nu film
Ma si po' succede a te t'accuorge ca nunn è 'nu film
Te sient' 'a guerra 'ncap' ma è 'na guerra pers' in partenza
Si nun parl' cu' chi te sap' da 'a speranza
Mamma ma perché ce l'hanno con me A-I-U-TO
Mamma ma perché ce l'hanno con me A-I-U-TO
Mamma ma perché ce l'hanno con me A-I-U-TO
Mamma ma perché ce l'hanno con me A-I-U-TO
C'è una sola parola per uscire dal tunnel A-I-U-TO
C'è una sola finestra che può far tornare il sole A-I-U-TO
Per non cadere nel buio della solitudine A-I-U-TO
Perché nessuno ha il diritto di rubare il tuo sorriso A-I-U-TO
Qui di seguito il videoclip ufficiale della canzone “Mamma non è niente“, che può anche essere ascoltata su Spotify, Apple Music e su tutte le principali piattaforme musicali.
Ludovica e il suo “Diario Geniale”
Attrice, cantante e… scrittrice! Ebbene si, a 14 anni Ludovica ha scritto anche un libro. Un libro colorato e ricco di foto in cui parla della sua vita, intitolato “Diario Geniale“. Voi vi chiederete, probabilmente, cosa si possa scoprire della vita di una ragazzina così piccola? Beh, molte cose! Ludovica, prima ancora di essere una bambina prodigio, come vi abbiamo anticipato, è stata una guerriera. Ha affrontato una grande sfida con grinta, coraggio, impegno e caparbietà. Prezioso è stato il sostegno di mamma Stefania, del papà Vittorio, della sorella Martina, del fratello e di tutta la sua famiglia che si è stretta intorno a lei. Ludovica ce l’ha fatta e ha voluto raccontare questo e tanto altro della sua vita nel suo “Diario Geniale“. Sì, perché Ludovica geniale lo è per davvero e la sua storia merita di essere raccontata. Tra i vari argomenti, nel libro si parla anche di bullismo e di quanto sia importante chiedere “aiuto“. Il libro può essere acquistato su Amazon, Mondadori e in tutte le librerie.

I progetti al cinema
Ludovica è impegnata anche al cinema con diversi progetti, alcuni in lavorazione ed altri già usciti nelle sale. Tra i suoi lavori troviamo “Rosa pietra stella“, un film diretto da Marcello Sannino che è stato presentato il 21 Agosto 2020 alla 50esima edizione del Giffoni Film Festival; “Fame“, un cortometraggio diretto da Alessio Nuzzo, presentato nel 2020 all’Ischia Film Festival; ed altri progetti in divenire, come il film su Anna Frank, simbolo della Shoah, “Il nostro nome è Anna“, diretto da Mattia Mura, dove Ludovica interpreterà la protagonista e “Mondocane“, diretto da Alessandro Celli (attualmente in fase di lavorazione). Personaggi per niente semplici da interpretare, con mille sfaccettature diverse, ma è proprio questo che piace particolarmente a Ludovica di questo mestiere.




Le premiazioni
Giovanissima e pluripremiata. Elencare tutti i premi è impossibile, perché Ludovica ne ha ricevuti davvero tanti, in Italia e all’estero. Tra i più importanti c’è il “Premio Virna Lisi – V edizione come migliore attrice dell’anno“, “Premio Magna Grecia Awards“, “Premio Penisola Sorrentina Arturo Esposito 2019“, Premio Attrice Rivelazione ai Sassi d’Oro di Matera“, “Magna Grecia Awards“, tra cui anche il prestigioso premio oltreoceano “Best Talent all’Italian Movie Award di New York“. Ha inoltre vinto il premio internazionale “Ennio Flaiano” per la sua interpretazione di Lila e l’ambitissimo “Globo D’Oro” come Giovane Promessa. Tra i più recenti, vi è il premio consegnato dal Sindaco di Pozzuoli, Vincenzo Figliolia, durante la presentazione del film breve “Fame” all’Arena Puteolana al Rione Terra di Pozzuoli “Giovane talento, orgoglio della Città di Pozzuoli“.






Ludovica a Venezia
Parliamo della presenza di Ludovica alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia: Ludovica è stata protagonista per ben due edizioni, sia nel 2018 per “L’amica geniale” nel corso della 75ª edizione che nel 2020, per presentare il film breve “Fame” durante la 77ª edizione. Insomma, si tratta di un Festival ambitissimo e Ludovica ne ha già preso parte per due volte, dimostrando di essere sempre all’altezza di eventi prestigiosi, confermandosi, ancora una volta, una piccola ma grande artista. Pubblichiamo qualche scatto di entrambe le edizioni – quest’anno (2020) indossa un elegantissimo abito bianco, cucito da mamma Stefania, che noi troviamo spettacolare.





Un po’ di Ludovica…
Ludovica è una ragazza con un talento fuori dal comune, è praticamente una piccola star internazionale e in tutto il mondo è conosciuta in particolar modo per il suo ruolo nella serie “L’amica Geniale” – ma dietro a tanto successo c’è una ragazza semplice ed umile, originaria di Pozzuoli e che tifa per il Napoli, che nel tempo libero va a danza e ama giocare a calcio con gli amici.
Classe 2006 (più precisamente, Ludovica è nata a Pozzuoli il 26 Settembre 2006), sguardo penetrante e occhi verde smeraldo profondi come il mare che le ha dato i natali, capelli scuri e carnagione ambrata, Ludovica ha dentro di se una forza con cui sfida il mondo. Ludovica, considerando le numerose esperienze lavorative, ad oggi può essere considerata senza alcun dubbio un astro nascente del cinema e della televisione italiana. Tenace, combattiva e di carattere, è una bambina dal piglio sicuro, che sembra già aver capito come funziona la vita.

Ludovica non ha mai perso la semplicità, nonostante il successo l’abbia praticamente travolta: tutte le volte che finisce di girare, tra un’ospitata e l’altra, è sempre tornata a scuola, dai suoi compagni, dalla migliore amica e dalla sua famiglia, sempre presente e affettuosa. Spesso passa le serate in compagnia di mamma Stefania a guardare i film di Sophia Loren. Gioca a calcio con i suoi amici in una squadra sia femminile che maschile e il suo sogno è continuare a fare l’attrice. Nella serie “L’amica geniale” ha letteralmente bucato lo schermo e il suo sguardo magnetico, difficile da dimenticare, è arrivato dritto al cuore di tutti, grandi e piccoli.

La carriera di Ludovica Nasti è iniziata molto presto, innanzitutto come modella per la boutique di famiglia “Loren Moda“. Successivamente partecipa al programma “Quattro mamme” andato in onda su FoxLife per poi iscriversi ad un’agenzia di casting, Studio Emme di Roma: da qui in poi, per Ludovica, si è meritatamente aperto il mondo del piccolo e del grande schermo. Pensate che per interpretare Lila, nella serie “L’Amica Geniale“, è stata scelta tra oltre 9.000 ragazzine in oltre 7 mesi di casting.

Per interpretare Lila, Ludovica ha dovuto studiare non solo i copioni ma anche la lingua napoletana, in quanto molte scene sono recitate rigorosamente in napoletano stretto. Ma Ludovica ha fatto anche qualche sacrificio, ha infatti dovuto tagliare i capelli per adeguarsi al personaggio e questa per lei è stata la cosa “più difficile”, perché Ludovica ci tiene davvero tanto. Per lei doverli tagliare è stato molto faticoso: il motivo? Preferiamo non entrare nello specifico, ma nel suo “Diario Geniale” sicuramente avrete modo di scoprirlo.
Ludovica è molto attiva su Instagram, dove ha più di 106mila follower. Il suo profilo possiede anche il badge blu che ne indica l’autenticità, si tratta di un riconoscimento che viene assegnato dalla piattaforma solo ad alcuni personaggi pubblici, non solo per evidenziarne l’unicità, ma anche la popolarità. Durante il periodo del lockdown, Ludovica ha intrattenuto i suoi seguaci con alcune dirette, rispondendo alle domande, cantando, raccontando un po’ di se, invitandoli anche ad interagire in video. Diciamo pure che Ludovica i suoi fan se li coccola in tutto e per tutto!

Un’altra cosa che dovevamo necessariamente evidenziare è che Ludovica adora Sophia Loren, per lei rappresenta un modello e ritiene che “da una così ci sia solo da imparare“. La Loren, con un messaggio, ha fatto i suoi complimenti a Ludovica per la sua grandiosa interpretazione:
“Mi ha commosso la storia di Ludovica Nasti. Non si poteva scegliere bambina migliore di lei per interpretare il ruolo di Lila, che fa benissimo. Le auguro di cuore un grande successo e tutto il bene del mondo.” (Sophia Loren)
D’altronde, Ludovica e Sophia hanno molte cose in comune. Sono entrambe originarie di Pozzuoli e sicuramente non sarà sfuggita, agli osservatori più attenti, l’incredibile somiglianza: occhi chiari, pelle olivastra, capelli scuri e labbra carnose – tutto ciò è testimoniato da una foto pubblicata sul profilo ufficiale (link).

Come abbiamo avuto modo di scoprire nell’approfondimento precedente, Ludovica, oltre ad essere attrice, è anche cantante e scrittrice, con il suo libro “Diario Geniale” ed i suoi due brani musicali, “Qualcosa di Geniale” e “Mamma non è niente“. Ludovica odia il bullismo e la violenza e fa di tutto per combatterli, proprio per questo sia nel libro che nei suoi brani sono due temi che vengono trattati con particolare attenzione.
La storia di Ludovica è quella di una ragazza “geniale“, forte e determinata, che non si ferma davanti a nessuna difficoltà pur di inseguire i suoi sogni. Per questo noi vi invitiamo, ancora una volta, a leggere il suo “Diario Geniale“. Pubblichiamo di seguito due foto insieme alla sua famiglia, la prima insieme a mamma Stefania e alla sorella Martina, la seconda con Martina, papà Vittorio e Gennaro, il suo nipotino (eh si, è anche zia; in realtà ha anche un’altra nipotina, Elena, di pochi mesi). Sono immagini che abbiamo voluto pubblicare perché, per Ludovica, la famiglia è molto importante – tanto da definirla, nella nostra chiacchierata “il rifugio più sicuro“.


La nostra intervista esclusiva
Siamo pronti! Dopo una lunga ma necessaria introduzione, vi proponiamo la nostra intervista che Ludovica ci ha concesso in esclusiva.

Ciao Ludovica, per noi di “Sbircia la Notizia Magazine” è la prima intervista e siamo molto emozionati di averti a bordo. Partiamo dalle basi. Chi è Ludovica?
Ciao a tutti, anche io sono molto emozionata e ci tengo moltissimo a ringraziarvi. Ludovica è una ragazza di soli 14 anni che ama la vita in tutte le sue sfaccettature, ovvero sia i lati positivi che quelli negativi che spesso ci rendono più forti. In primis, Ludovica è una ragazza che cresce nei valori come la famiglia, che per lei sono il rifugio più sicuro. Crede nell’amicizia e soprattutto crede che con la semplicità e l’umiltà si possa percorrere ogni tipo di strada. Ma Ludovica, cosa più importante, è una ragazza che ama il cinema.
Sei giovanissima, eppure reciti, canti e hai anche scritto un libro. Come stai vivendo tutto questa popolarità?
La vivo semplicemente con tanta gioia nel cuore che al tempo stesso mi dona quel senso di serenità e di gratitudine nei confronti della vita. Non smetterò mai di essere me stessa, sempre, in ogni circostanza e in ogni nuova opportunità, con i piedi ben saldi a terra.

Riesci a conciliare il lavoro con la scuola? Come gestisci i tuoi impegni lavorativi e scolastici?
Sì, certo! Riesco sempre ad organizzarmi, pianificando e incastrando tutto. Per me lo studio è fondamentale e viaggia di pari passo con i miei impegni di lavoro. Dopotutto, quando si ama profondamente una passione, come per me il cinema, la macchina da presa, il set e i copioni, nulla intorno risulta sacrificante e impossibile da superare.
Sappiamo che il calcio è una tua grande passione, nel tempo libero continui a coltivarla?
Il calcio è stata la mia prima passione, che poi col tempo è diventato un hobby. Nel tempo libero gioco spesso, per me è un modo per scaricare e liberare tutti i miei penserei e soprattutto perché mi diverto tantissimo!


In campo le formazioni sono solo femminili o giochi anche contro i maschi?
Qualche anno fa giocavo in una squadra femminile, la “Napoli Dream Team”, adesso invece faccio parte in una squadra sia femminile che maschile. Però la maggior parte delle volte giochiamo contro i maschi visto che le squadre femminili della mia età non sono tantissime.
Alla tua età non deve essere semplice restare a casa senza poter vedere i propri amici, tu come hai vissuto il lockdown?
Il lockdown è stato per me, ma come credo un po’ per tutti, qualcosa di surreale, direi anche di immaginario ma siamo comunque qui a parlarne per cui ecco, tutto si “supera”!! Sicuramente non è stato facile: inizialmente, un nuovo “modo” di fare scuola, stare lontani dai parenti e dagli amici di sempre e non poter vivere il set. Ma guardando sempre il bicchiere mezzo pieno, posso dire che stare a casa mi ha permesso di vivere in pieno l’unione della mia famiglia, mi ha permesso di interagire attraverso i social con il mondo esterno condividendo seppur in modo “nuovo” il mio tempo, le mie passioni, la mia vita privata e in alcune occasioni anche il mio lavoro. Si perché “Diario geniale” e “Mamma non è niente” possiamo dire che siano “figli” di questo periodo complicato ma al tempo stesso anche la speranza di questo lockdown che, nonostante tutto, pur avendo spezzato le ali di molti di noi, ci ha permesso comunque di continuare a credere di poter volare.
Il successo ti ha cambiata? Che rapporto hai con i tuoi coetanei?
Assolutamente no, io rimango sempre me stessa. Il successo ha cambiato solo gli orari, il tempo da gestire e riuscire ad incastrare tutto. Continuo a vivere la mia vita con i miei amici, come ho sempre fatto. Il successo non mi ha cambiata, io sono e sarò sempre LUDOVICA.

Sophia Loren, che è il tuo mito, in un messaggio ti ha fatto i complimenti, affermando che non si poteva scegliere bambina migliore per interpretare Lila. Cosa hai provato quando lo hai saputo?
Beh, cosa ho provato… Innanzitutto ancora non ci credo, è qualcosa di inspiegabile nel vero senso della parola. Mi batte il cuore ogni volta che ne parlo e che realizzo che è tutto vero!
Penso: “Sophia Loren“, il mio più grande mito, che ha visto me, proprio me, che ha parlato di me… Che mi ha fatto i complimenti, possibile? Credetemi, al solo pensiero mi tremano ancora le gambe, ecco! Il mio più grande sogno è quello di poterla ringraziare un giorno, da vicino, di poterle dire quanto la ammiro e perché no magari chiederle anche qualche “segreto del mestiere” da imparare e da custodire gelosamente nel cuore.
Hai scritto un libro dal titolo “Diario geniale”, di cosa parla?
Si, “Diario Geniale” parla di me e diciamo di tutto quello che spesso non dico o non viene detto, ma tratta comunque argomenti importanti: uno tra i tanti è il bullismo o tutto quello che riguarda le violenze in generale e lo scopo di lanciare messaggi importanti per tutti i giovani che devono chiedere aiuto. Nel Diario c’è anche il testo della canzone “MAMMA NON È NIENTE” che è un altro modo per gridare AIUTO.

Non solo attrice ma anche scrittrice e cantante, sei praticamente un’artista veramente a 360 gradi: qual è la tua più grande passione?
Attrice, si, lo confesso! È sicuramente la mia più grande passione a cui mi dedico principalmente. Per quanto riguarda il mio essere stata scrittrice e cantante, beh… Come prima esperienza sicuramente è stata una formidabile avventura che mi ha emozionata e allo stesso tempo mi ha arricchita, diciamo che principalmente ho voluto fortemente lanciare dei messaggi ai miei coetanei: messaggi di speranza e di coraggio, perché l’unione fa la forza.
L’unione fa la forza…
È meraviglioso credere che in tutte le battaglie della vita, con la forza dell’unione che sia della famiglia, che sia degli amici o anche semplicemente delle persone che ci vogliono bene, uniti ce la si può fare, SEMPRE!
I tuoi brani “Qualcosa di geniale” e “Mamma non è niente” sono stati scritti da Ornella Della Libera e Gino Mogurno. Ti sei trovata bene a lavorare con loro?
Beh, certo! Senza di loro tutto questo non sarebbe stato possibile, Ornella e Gino sono davvero delle persone incredibili e straordinarie, quindi grazie anche a loro per aver creduto in me.

Sei entrata anche nel cast di “Un posto al sole” nei panni di Mia Parisi, una produzione che va in onda dal 1996. Come ti sei trovata sul set?
Se dovessi descrivere con una sola parola la mia esperienza in “Un posto al sole” dico FAMIGLIA e aggiungo anche l’aggettivo GRANDE. Si, perché è davvero una grande bella famiglia! Per quanto riguarda Mia Parisi, ecco, come ogni mio personaggio anche lei è un po’ “complicato” o meglio, ha una storia forte alle spalle. Devo riconoscere che adoro vestire i panni di personaggi così, viene fuori tutta la mia grinta e la forza di affrontare anche le situazioni più difficili. Questo, per esempio, è anche uno degli aspetti principali del mio carattere che mi porto dietro e che amo donare ad alcuni personaggi che interpreto, in questo caso a Mia.
Al cinema è uscito il film “Rosa pietra stella” che ti vede protagonista insieme a Ivana Lotito. Come hai vissuto questa esperienza?
È stata un’esperienza senza dubbio forte. Ecco, a proposito dei personaggi complicati di cui parlavamo prima, anche Maria, il mio personaggio, è sicuramente forte – diciamo dalla pelle dura. Ho vissuto un set che mi ha lasciato tanto, mi ha arricchito perché ho imparato ancora. Ivana Lotito (che nel film ha interpretato Carmela, la madre di Maria) è una donna, attrice e professionista eccezionale. Diciamo pure che di questa nuova esperienza, ho conservato nel mio “bagaglio dei ricordi” le emozioni che mi porto dentro e che mi hanno fatto crescere come attrice. Si, le porto con me, lungo il cammino della strada che sto percorrendo.

C’è qualche nuovo progetto per il futuro che bolle in pentola, di cui ci puoi accennare qualcosa?
Ci sono diversi progetti stupendi a cui sto lavorando, purtroppo non posso ancora rivelarli ma prometto che vi stupiranno… Non vedo l’ora di poterne parlare!
E se ti chiedessimo di descriverti con tre aggettivi positivi e tre negativi?
Dunque… Gli aspetti positivi del mio carattere sono la determinazione, la generosità e la genuinità. Per quello che riguarda quelli negativi, invece, so di essere un po’ testarda, ma a mia discolpa, cerco di fare sempre quello che mi dice il cuore, per gli altri aspetti negativi… Chiedete a chi mi vive ogni giorno, sono sicura che sapranno farvi un elenco dettagliato!
Qual è la tua definizione della parola “geniale”, che caratterizza molto la tua vita?
Se associamo la parola “Geniale” alla mia vita, come mi hai chiesto, ti rispondo che per me geniale è saper affrontare la vita con la genialità di saper guardare sempre il lato positivo, di apprezzare le piccole cose, di essere semplici e sopratutto se stessi, di avere coraggio nelle sfide impossibili, di credere in se stessi e nelle proprie capacità e infine di amare.
Sì, amare la VITA!
Ludovica, ti ringraziamo per aver risposto alle nostre domande. Ti auguriamo di inseguire sempre i tuoi sogni e di riuscire in ogni caso a realizzarli. Grazie per la tua disponibilità e umiltà che da sempre ti contraddistinguono. Nella vita non si smette mai di crescere e noi siamo certi che, un giorno, diventerai la Sophia Loren del futuro – anche perché avete tante cose in comune. In bocca al lupo per tutto ciò che farai, non abbiamo alcun dubbio che la strada che percorrerai lungo il tuo cammino sarà sempre in salita e che continuerai a brillare come hai sempre fatto, perché tu sei una piccola ma grande stella!

Per seguire Ludovica vi rimandiamo al suo profilo Instagram e alla sua pagina Facebook. Un ringraziamento speciale a mamma Stefania per il prezioso contributo nella realizzazione di questa intervista.
© Sbircia la Notizia Magazine, è vietata qualsiasi ridistribuzione o riproduzione del contenuto di questa pagina, anche parziale, in qualunque forma.